BURP! #5

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Diabolik e tutto il resto, sei ancora motivato a prendere parte a un’esperienza così particolare? Sì, moltissimo. E’ un modo per dire; “io faccio anche questo, se ho un’idea letteriaria, filosofica, la posso esprimere attraverso i fumetti e lo voglio fare”. Non è che io abbia mai abdicato, perché Berlusconi mi ha detto così. No, semplicemente mi sono reso conto che c’era una sorta di narcosi che mi portava a fare determinate cose e non altre. E ho pensato: “ok, mi costerà fatica sudore e soldi..vabbé!”. Perché tanto, alla fine pagherà anche quello. Non so quando, non so a chi, ma prima o poi succederà. Passiamo al tuo modo di lavorare. Che abitudini hai quando disegni? Hai una colonna sonora standard? Di musica ascolto le cose più diverse quindi non ti saprei dire delle cose precise. Dalla musica greca anni Cinquanta, all’opera lirica, rock’n’roll, poi adesso che c’è youtube e vai. E’ tutto più semplice. Ultimamente sto sviluppando una natura multitasking, quando disegno metto un film o una serie tv. Quindi “vedo” anche cose che altrimenti non avrei il tempo di seguire. Anche perché nelle serie tv stanno facendo le cose migliori degli ultimi anni. Ci sono delle serie che sono veramente straordinarie: “Life on mars” versione BBC è quella che mi è piaciuta di più. La consiglierei a tutti.

stesse di quella degli anni Trenta. Però c’era molta preoccupazione. Poi da anni non facevo più qualcosa di tipo politico. Chiuse le riviste, in un certo senso, mi ero dato a un fumetto, che per quanto elaborato fosse, è Diabolik. Questo lavoro mi piace, mi permette di vivere, è un icona italiana e a me va benissimo. Diabolik mi paga il mutuo e siamo entrambi contenti, ma non è sufficiente per me. Quindi ho pensato che dovevo ricominciare a fare fumetti che mi portassero a interrogarmi su quello che stava succedendo. E poi è arrivato anche il divenire performance del fumetto… Sì, ho cominciato a fare storie anche durante performance che sono diventate un altro modo di fare fumetti. Questo apre una possibilità nuova, penso a un autore che forse è stato fondamentale per il mondo dei fumetti, Winsor McCay. Ecco, lui era un performer. Gli inizi del fumetto sono il modo con cui noi adesso possiamo ricominciare a farli. Quindi l’idea di fare una perfomance, durante la quale realizzo una storia e una cosa che non facevo piu’ da anni e che per me è diventata un modo di dire che sto andando in una direzione diversa a quella che il mercato mi porta a fare. Questo si può ampliare agli altri ambiti, altri spettacoli? Pierangelo di Vittorio, uno dei componenti del collettivo Action 30 è un filosofo, che ha deciso di spendersi in questo progetto perché era stufo di fare i suoi studi in modo accademico e aveva l’ambizione di rompere il format classico della comunicazione filosofica. Così ha pensato di poterlo fare attraverso i fumetti, la musica, il video. Anche quello è un modo per andare in una direzione obliqua rispetto al percorso che ha preso la cultura grazie al sistema televisivo. Ma come si arginano queste derive di Destra e di appiattimento dovute anche alla cultura televisiva? Non credo che con questo nostro lavoro abbiamo arginato la derive. Sarebbe bello poterlo dire. Pero’ intanto noi poniamo dei dubbi, se poi queste domande generano delle risposte, anche in ognuno di noi o nel pubblico è positivo. Magari uno puo’ dire, “per me questi sono dei cazzoni, preferisco il GF”, liberissimo di pensarla così. Però allo stesso tempo un’altra persona può invece pensare: “io vado a scuola oggi e parlo in un altro modo, prendo il programma e lo tratto da un altro punto di vista: magari adesso voglio parlare del ‘77 e porto Penthotal a scuola”. Insomma, questi sono atteggiamenti che poi cambiano le cose. Azioni che generano “mutazioni”. Action 30 infatti sta prendendo le forme più diverse, dalla performance, alla pubblicazione di un libro come “L’uniforme e l’anima”, l’anti libro di filosofia, con dentro fumetti e scritto in un modo diverso da altri libri di filosofia. Con una “scrittura creativa futurista”. Chiaramente poi c’è il nostro blog, che mette in collegamento i vari collaboratori e commentatori delle cose che diciamo, attraverso l’Italia e la Francia. Io spero che l’ambizione sia quella di fare venire dei dubbi, non di dare delle risposte. Dopo tutte le tue esperienze, le riviste,

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