BURP! #6

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Il dittatore e il bianco visitatore di Jacopo Frey e Nicola Gobbi HU di Daria Gatti Il suo participio passato e’ affettato ma mi piace pensare che sia affetto di ap Mondo Zombie - L’ultimo di Joe Tondelli e Nicola Gobbi Crociera a cinque stelle di Joe Tondelli Mondo Zombie - L’amore ai tempi di mondo zombie di Joe Tondelli e Cisco Sardano Otto mesi per otto giorni di Valerio Camposeo e Kira.0 Haze di Manu Cafferini Intervista ANTIFAnzine Primtemp di Ileana Longo Goffo Catene di Francesco Teddy Tedeschi e Francesco Francini Domani sara’ peggio di Valerio Camposeo Diario da Roma di Fuipp a.k.a. Disgrà e Andrea DEF Medda Le rose per Mira di Matteo Poppi Muto di Ileana Longo Goffo e Andrea DEF Medda I Biodomestici di Tommy Di Lauro Gigi & Gianni di Andrea DEF Medda

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FINALMENTE e’ USCIT*! “Ammazza oh, ce ne avete messo di tempo per uscire!” - chiederà il lettore - “ perchè tu non potevi entrare?” risponderà l’autore di BURP! Tutto preso a controllare che la propria storia sia venuta stampata bene. Sono passati due anni ma la passione è la stessa. Quando abbiamo iniziato ad incamminarci sul marciapiede delle autoproduzioni bolognesi si stava larghissimi, non c’era praticamente nessuno. Oggi anche grazie al nostro lavoro la situazione è un po’ diversa, se ci camminate occhio alla cacca che potreste pestare. Per fortuna non tutto è merda e gli intervistati speciali di questo numero ne sono la dimostrazione esatta, abbiamo infatti come ospiti i cugini romani della Cortocomix crew che ci parlano della neonata rivista ANTIFAnzine che farà tremare tutti i fasci non ancora rientrati nelle fogne! Tra di loro nomi tutt’altro che neonati da Alessio Spataro, allo zio Claudio Calia fino alle giovani mani a nostro avviso tra le migliori nel panorama nazionale Zerocalcare, Gianluca Romano e Toni Bruno. Proprio Zerocalcare ci onora di uno spettacolare toy che è tutto un programma di come gli antifanzinari (e non solo loro) intendano le lotte. La nascita di realtà quali Cortocomix ci spingono davvero ad andare avanti ed anche grazie a loro BURP! c’è. Nonostante non vi siano ne una periodicità fissa, ne un formato, ne una struttura abbiamo voglia di continuare a fare fumetti da cesso tanto per citare la storia di DEF e Disgrà sulla manifestazione del 14 dicembre scorso a Roma, che trovate su questo numero. Noi

cambiamo forma: siamo prima gazzelle, poi leoni, poi rinoceronti poi aquile. Arrivando a questo numero 6 partirei dalla “esagerata” copertina del nostro sir Ryan Lovelock, impegnato nel disegnare mostri al chilo con un’attenzione maniacale al dettaglio che faccio fatica a descrivervi d’altronde se state leggendo quest’articolo lo sapete già. Poi il sempre più presente Joe “fuck yeah” Tondelli che lancia una specie di what if sul pianeta terra partendo in questo numero con la serie Mondo Zombie, alla quale daremo ampio spazio in futuro. Il tutto si apre con un prequel disegnato da un Nicola Gobbi perfettamente a suo agio nel rendere i non morti. Da non perdere. Poi La nostra Kira.0 in coppia con Valerio “sub comandate campos” Camposeo ci aprono gli occhi sulla triste realta dei manicomi e del t.s.o. Ancora sulle nostre pagine il ritorno della Manu Cafferini alla sua terza pubblicazione sul BURP! poi un nuovo fotoromanzo dell’eclettico Tommy Di Lauro, suoi i Biodomestici. Autore tra l’altro col progetto Protobom dei mini spot che annunciavano l’uscita del numero che avete in mano. La romantica Ileana Longo Goffo illustra un racconto di Ap ma non solo e poi la bravissima Daria stavolta da sola e tanta, ma tanta roba ancora. Che aspettiamo quindi, lo leggiamo sto numero 6 o no? Cisco Sardano

Redazione: ap, Kira.0, Ryan Lovelock, Cisco Sardano, Joe Tondelli Illustrazione di copertina: Ryan Lovelock Hanno Collaborato: Manu Cafferifini, Tommy Di Lauro, Francesco Francini, Jacopo Frey, Daria Gatti, Nicola Gobbi, Ileana Longo Goffo, Andrea Def Medda, Francesco Tedesco Stampa: Tipografia Irnerio - Bologna La redazione ringrazia: Sisto, Richard modello insostituibile, ai writers che colorano le nostre città perchè nn siano perseguitati

La rivista è sottoposta a Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia


Il dittatore e il bianco visitatore di Jacopo Frey e Nicola Gobbi (Liberamente ispirato a un racconto di Stefano Benni)





HU ! (una linea retta è solo una piccola parte di un infinito cerchio) di Daria Gatti



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di ap Illustrazione di Ileana Longo Goffo

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desso torno a casa e ti affetto. Sì sì ti affetto. A strisce in lungo e largo, tutto il corpo. Poi ti appendo legando ogni pezzo ad uno spago, e ti lascio essiccare. Raccoglierò tutto in un secchio, sgocciolerai lì. Prenderò un coltello da macellaio, di quelli con la lama grossa. Qui all’angolo c’è il macellaio, entrerò come un leone e mi prenderò il coltello. Cappuccio su, mani fuori dalle tasche e vorrei quel coltello laggiù, può prestarmelo? Non è stupito il macellaio, che sottolinea che sia sporco e non è igienico. Sul banco ci sono delle fette belle grosse e spesse, sarà forse un bue? No non posso usare un coltello da bue. Voglio un coltello speciale. Vagherò per tutta la città. C’è una nebbia impressionante. Non vedo neanche il mio naso, come farò? Mi servirebbe un cappello da minatore, quelli con la lucetta sopra, almeno evito di scontrarmi con i passanti che camminano

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senza vedere dove mettono i piedi. Se ci fosse una buca cadrebbero tutti. Potrei urlare attenti c’è una buca! Seminare il panico e vederli correre, così squarcerebbero questa nebbia e potrei rivedere il mio naso. Mi darebbe sicurezza. Non vedo, non vedo dove sto andando ma ci sono dei fari fermi. Sembrerebbe una macchina. No è un autobus, vuol dire che devo attraversare e tra un pò c’è la piazza. A naso vado di qui che dovrebbe esserci un macellaio, magari ha un coltello non da bue. Ma con tutta questa nebbia dove vanno questi esseri?Non hanno una casa loro dove stare? Guardateli sono insignificanti pieni di orgoglio e arroganza. Mi fate schifo bllllllll. Puzzate di vecchio, di chic, di orrenda pretesa. Statevene a casa vostra o vi metto una bomba nella cassetta della posta. Gli alberi sono già spogli, vuol dire che sta arrivando l’autunno e gli uccellini partiranno. Un lungo viaggio per loro, sciarpa e cappello per me. Dopo, tutto torna. E ritorna il sole, prima quello timido poi quello sfrontato da cui bisogna nascondersi nell’ombra a volte. Questo impermeabile è gelido e sento la lama che porto dietro nella tasca urtare con la mia carne. Sento tutto il freddo del metallo e il manico continuare a bussare alla mia colonna di vertebra. Ho paura per me, questo coltello può uccidermi ancor prima di arrivare da te. Come l’anatra e la sua morte, se non fosse così triste sarebbe la mia storia preferita. L’anatra che ignora la morte, si accorge ad un certo punto della sua presenza. Non si conoscono, ma bastò poco. E poi quella battuta all’anatra venne la pelle d’oca?Io ho riso per bene. E quando si guardano solo per un attimo è fatale, ma non in senso di fine. Sì c’è anche il tulipano, ora ricordo. Devo fare in fretta non è proprio comodo camminare con una lama del genere. Con tutta questa nebbia vedo appena. No. No. No. No. No. Noooo. Mi è caduto il coltello dalla tasca. Faccio finta di niente e continuo a camminare. Cuore smettila di correre, di superare il mio passo. Mi agiti così. - Signoreeee? Si fermi? Qualcosa è cascato dalla sua tasca. Signore? Bastardo. Qualcosa? Potrei sgozzarti se non la smetti. No non mi volto neanche, adesso giro di qua e se continua a seguirmi dirò che non è mio. E così neanche oggi ti affetto.

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Crociera a cinque stelle di Joe Tondelli Illustrazione di Kira.0

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orse non dovrei essere così fiducioso, aggrappato a un’asse di legno in mezzo all’oceano, ma non riesco a fare a meno di pensare che tutto si sistemerà. In fondo un viaggio non può andare così male, dopo tutte queste avversità sento che la fortuna sta girando dalla mia. La notte in mezzo all’oceano è di un buio difficile da immaginare, se non lo si è mai provato, e spesso è facile perdersi fra i ricordi. Quando ho iniziato questo viaggio non sapevo cosa mi avrebbe aspettato, sapevo solo di avere la mia piccola barca, e la voglia di partire. Non avevo nessuna destinazione in particolare, l’importante era raggiungere nuovi posti. Così, come un ragazzino incosciente, sono partito. I primi tempi sono stati meravigliosi. Viaggiavo lasciandomi trasportare dalla corrente, di tanto in tanto raggiungevo qualche isola dove approdare e fare rifornimenti. Ho conosciuto persone straordinarie, e i peggiori figli di puttana. Ho sentito centinaia di storie, avventure che mi hanno portato con la mente in ogni angolo del globo, alcune così assurde da risultare perfino più vere delle altre. Ho amato donne, e mi sono disperato per la loro perdita. A ripensarci ora avrei dovuto rendermene conto, che tutto quello non sarebbe durato per sempre. Avrei dovuto decidere una rotta ben precisa, o stabilire una fissa dimora in uno degli approdi che avevo raggiunto. Avrei dovuto pensare che, lasciandomi trasportare dalla corrente, era solo questione di tempo prima di raggiungere il posto sbagliato. Una palude melmosa, o una formazione di scogli acuminati. Il genere di posto dove, una volta incagliata la barca, non hai più speranza di muoverti per l’eternità. Oppure, cosa più semplice e probabile, avrei dovuto pensare che, lasciandomi trasportare dalla corrente, prima o poi mi sarei perso in mezzo all’oceano. Non avevo mappe, dopotutto non avevo neanche una meta, così quando la corrente mi ha trascinato troppo lontano da qualsiasi manifestazione di terra non me ne sono neanche accorto. Solo dopo molti giorni in cui avevo visto solo acqua mi sono reso conto di essere in pieno oceano. Può sembrare stupido, ma non mi ero mai fermato a pensare che il mio viaggio avrebbe potuto portarmi in mezzo al nulla. Non sono mai stato un tipo responsabile, ho sempre vissuto senza pensare troppo a quello che sarebbe venuto dopo. Così quando mi sono perso non ho sprecato molto tempo a disperarmi, ero convinto che, in qualche modo, tutto si sarebbe sistemato. I giorni passavano, e continuavo a non vedere terra all’orizzonte, o segni di vita. Ma nonostante questo la preoccupazione sembrava non sfiorarmi. Neanche quando il cibo ha cominciato a scarseggiare. Il tempo scorreva lento ma inesorabile, le giornate sempre identiche. E presto non era rimasto più niente da mangiare. Ma neanche in quel momento mi sono preoccupato. Non ne ho avuto il tempo. È in quel momento che è iniziata la tempesta. Un vento freddo gonfiava le onde intorno a me, e la pioggia batteva incessante sulla mia testa. Non puoi fare molto in una situazione del genere, cerchi solo di allontanarti più possibile dalla tormenta, e ti aggrappi alla tua piccola nave. Quello che ti sembrava un veliero destinato a rotte memorabili, ora ti appare come un patetico e impotente guscio di noce. La tempesta è andata avanti ininterrotta per tre giorni, e le onde hanno continuato a giocare con la mia barca come fosse una palla. Facendola a pezzi. E così, del mio fido battello, non è rimasto che un’asse di legno. Ed è così che mi sono ritrovato aggrappato ad essa, in mezzo all’oceano. Ma ancora adesso sono certo che ogni cosa si sistemerà nel migliore dei modi, non è per finire così che mi sono messo in viaggio. E, come premio per la mia incrollabile convinzione, una luce si accende. Come a indicare la fine di un tunnel che sembrava senza uscita, un bagliore giallastro appare sull’orizzonte nero dell’oceano notturno. Una gioia isterica mi assale, e con energie che non pensavo più di possedere inizio a sbracciare in direzione della luce, a cavallo della mia asse di legno. Presto il bagliore diventa più grande. È una nave, ora ne sono certo, e si sta dirigendo verso di me. Quando arrivo abbastanza vicino per poterne distinguerne i lineamenti non ho più forze. È enorme, una sfarzosa e monolitica nave da crociera. Sfinito, aspetto che i motori la trascinino più vicino a me. Più si avvicina e più mi sento piccolo, come un insetto di fronte a ciclopiche mura bianche. Sento il debole eco di una musica caraibica provenire dai ponti della nave, segno che sono abbastanza vicino da essere sentito. Allora, con tutte le forze che mi rimangono,

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inizio a gridare. Cerco di farmi sentire da uno dei passeggeri. Una nave del genere può contenerne centinaia, forse migliaia, qualcuno starà di certo osservando il cielo notturno lontano dalle feste da crociera. Qualcuno mi sentirà di sicuro. Così continuo a urlare, a chiedere aiuto a chiunque sia in ascolto. Ma il gigante bianco continua a scorrere indifferente al mio fianco, e la mia voce si fa sempre più debole. Solo quando mi ritrovo nella scia della nave realizzo che nessuno, ormai, può più sentirmi. Ma neanche ora riesco a disperarmi, la mia attenzione è catturata da quello che vedo intorno a me. Sono circondato da una schiuma biancastra e malsana, da cui affiorano rifiuti di ogni tipo. Resti di cibo che fino a poco fa doveva essere appetitoso, ma che ora sono ridotti a schifezze che neanche vorrei toccare. Scatole, cartoni e imballaggi di ogni tipo, come ritrovarsi all’interno di un supermercato morto. E merda, che lenta si scioglie nell’acqua dell’oceano, o che riaffiora con un ultimo guizzo d’orgoglio. Sono rapito dal movimento ipnotico di un pannolino in mezzo alla schiuma, quando la forza abbandona del tutto le mie braccia, e abbandono la presa sull’asse di legno. Senza rumore scivolo nell’acqua, inghiottito dalla bava e dai rifiuti che la nave ha lasciato dietro di sé. Solo quando i miei polmoni iniziano a riempirsi di liquido trovo il tempo di ripensare al mio viaggio. Volevo soltanto raggiungere approdi lontani, pensavo di essere destinato a grandi mete. Il solo fatto di esistere me lo garantiva. Ma in realtà nessuno mi aveva promesso chissà quali successi. In realtà tutto ciò che ho ottenuto è stato affondare in mezzo al nulla, sommerso dai rifiuti di una crociera a cinque stelle.

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L’amore ai tempi di Mondo Zombie di Joe tondelli e Cisco Sardano

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Otto mesi per otto giorno di Valerio Camposeo e Kira.0

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Haze di Manu Cafferini

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La resistenza grafica e’ arrivata Dopo varie presentazioni di libri e fumetti visto il clima politico della città di Roma Corto Comix Edizioni, la costola a fumetti del Corto Circuito esce con il numero 1 di ANTIFA!nzine. Il loro obiettivo è quello di criticare e denunciare le zone oscure della nostra società attraverso le loro opere. I loro nomi sono Toni Bruno, Claudio Calia, Semir Corirossi, Emiliano Rabuiti, Gianluca Romano, Alessio Spataro, ZeroCalcare e altri ancora. Abbiamo intervistato per voi gli eroi della resistenza grafica.

Intervista a cura di Burp!

Per rompere il ghiaccio vi giriamo subito la domanda che sistematicamente ci viene posta quando le interviste le fanno a noi: che senso ha autoprodursi oggi? [g] Nessuno, c’è Blogger! Metto i miei disegnini lì (bellini che sono) mi appollaio sul mio trepiedi davanti al bluscreen del laptop e aspetto che qualcuno mi peschi in questo mare di cose che non si possono toccare, disegni che non esistono, storie sospese nell’etere aspettando i click annoiati di polpette umane. Hey dico ma avete mai pensato che alla prima tempesta magnetica tutte ste robe non esisteranno più? No scherzi a parte, per le esperienze che abbiamo (e con noi intendo anche voi di Burp) la nobile pratica dell’autoproduzione serve a: 1)capire il processo della trasformazione dai disegnini immateriali che hai nel cervello ad un albetto vero e proprio che puoi regalare alla tua mamma o al tuo peggior nemico per farlo rosicare perché lui invece ha 3 lauree ma non lavora. Tutti i passaggi sono nelle tue mani, li impari, li segui e quindi cresci nella conoscenza del tuo lavoro. 2)Nel caso in cui tu faccia parte di un gruppo, allora la crescita è esponenziale, perché impari copiando quello più bravo di te, oppure vi scambiate nozioni o meglio ancora gli cionchi le dita così diventi tu il più bravo. 3)Sperimenti tecniche (ovviamente quasi sempre in b/n ahimè) stili di disegno e di narrazioni nuovi, ti cimenti in ardite ispezioni entropiche e racconti quel che vuoi come vuoi. Cosa c’è di meglio?

4)Costruisci solide relazioni umane (a meno che tu non sia uno sfigato del cazzo) con gli altri autori che come te si spaccano la schiena per la propria passione e questo dovrebbe essere la cosa più importante per chi come noi sta solo a casa a disegnare come poveri dementi: costruire relazioni con gli altri fumettisti. Sempre per quella storia della crescita professionale. 5)Credere fermamente che il mettere in mano ad un’altra persona il volumetto “costruito” con le tue manine sia quanto di più appagante ci sia per un fumettista (dopo il ricevere i pagamenti dovuti). 6)La malcelata passione feticista per il simulacro materico dei nostri fantastici disegnini. Quant’è bello mettersi sul cesso, sfogliare prima tutta la rivista, fermarsi sulla pagina che ci garba e via, sfogliare ancora e ancora (magari leggerla qualche pagina ogni tanto anche) questi i perché dell’autoprodursi oggi! Antifanzine esce in occasione dei vent’anni del centro sociale Corto Circuito di Roma. Da qui l’etichetta cortocomix. Perchè fare fumetti in un centro sociale e non al bar? Beh, perché quello è il nostro mondo di riferimento! Per la precisione sono 21 gli anni di occupazione. Tanta strada fatta cercando di costruire un altro mondo possibile con le tante e i tanti che negli anni hanno intrapreso percorsi di autogestione, riscatto e liberazione. Esperienze di autoreddito e autoformazione per uscire dal giogo di un lavoro salariato sempre più precario, produzione di cultura “altra” per contrastare l’aridità in cui versano le periferie, lo sport popo-

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lare praticato in una palestra che diventa fucina di competenze e professionalità oltre a sfornare campioni. Questo il contesto in cui Corto Comix nasce dopo circa un anno e mezzo di presentazioni di fumetti (libri e riviste) al Corto Circuito. Da qui è nata l’idea di realizzare una rivista “nostra”. E per le analogie di percorso, insomma autogestione ed autoproduzione sono sorelle no? ll nostro paese sta prendendo tristi derive destrorse. Quando avete pensato ad antifanzine pensavate a un pubblico “militant” o vedete la fanza come una possibilità per parlare di cultura antifa anche a chi non ne è coinvolto in maniera diretta? Un po’ tutti e due. Nel senso: ovviamente il nostro target come lettore è quello del “militante”, e dunque avvicinare al fumetto, attraverso una tematica sociale e politica l’attivista e, al contrario, avvicinare il lettore di fumetto alle tematiche a noi care, come in questo caso l’antifascismo. Come vivete i tentativi di legittimazione da parte di gruppi organizzati di destra di alcuni noti personaggi dei fumetti? Quali sono invece i vostri riferimenti? Ti riferisci ad esempio all’incontro organizzato da Ca$$a Pound dall’emblematico titolo “Camerata Corto”? E’ l’ennesimo tentativo, loro, di utilizzare personaggi altri per fare il loro sporco proselitismo. Così come ci hanno provato con Rino Gaetano o, addirittura, Che Guevara. Non avendo (poveretti!) nessun riferimento culturale da utilizzare cercano di saccheggiare figure che con loro nulla hanno a che fare. I nostri riferimenti sono le nostre vite: precarie, incerte, senza sbocchi e coercise quotidianamente, Spongebob, Obi Wan, Yoda, Chewbecca, Spartaco, Argo Secondari e Carla Capponi...... Se non aveste la vostra base operativa a Roma credete che trattereste lo stesso argomento? Probabilmente sì. E’ vero che a Roma questa gente ha appoggi e finanziamenti istituzionali e dunque si sentono legittimati a fare ciò che vogliono, garantiti da un’impunità totale ma anche nel resto d’Italia non è che stiamo messi meglio, basta pensare, per limitarci agli ultimissimi accadimenti, agli accoltellamenti di studenti da parte di fascisti all’Università

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Orientale di Napoli o le spedizioni punitive a Milano. Quello che ci fa maggiormente incazzare è che questi gruppi, che a parole si dicono “contro il sistema”, invece dal sistema si fanno finanziare e proteggere (a quanto pare nel bilancio del comune di Roma verranno stanziati svariati milioni di euro per acquistare la loro sede principale), garantendogli in cambio il “lavoro sporco” in zone e quartieri in cui l’amministrazione pubblica trova un’opposizione di popolo. Fomentando, in nome della sicurezza, rappresaglie e raid xenofobi oppure, in nome di presunti “valori” aggressioni ai danni delle comunità glbtq. L’ultimo esempio è stata la finta occupazione a scopo abitativo a Montesacro. Sgomberati il giorno stesso (avevano occupato una scuola elementare in restaurazione) è stato loro “concesso” un altro posto, che nulla ha di abitativo (non ci vive nessuno) e da cui sappiamo si muoveranno (anzi lo hanno già fatto) per compiere le azioni che li caratterizzano meglio: aggressioni e pestaggi, di solito in tanti contro pochi, di solito armati di lame, di solito coperti dalla polizia. Come e quali sono i vostri rapporti con la scena del fumetto indipendente romana? Beh, direi che noi siamo una parte di questa scena dato che alcuni dei nostri autori e redattori sono tra gli animatori della stessa. A Roma poi si tiene il Crack, il festival di fumetto indipendente organizzato tutti gli anni al Forte Prenestino che funge da vetrina e collante di tante realtà dell’autoproduzione, non solo romana, ma italiana e internazionale. Mostra molto importante per conoscere, conoscersi e scambiarsi il più possibile. Quella è una grande spinta e noi ovviamente ci saremo. Tutti i nomi presenti su Antifanzine son in qualche modo già noti, ma non solo alla questura come starete pensando voi, anche al grande pubblico. Pensate al collettivo in forma chiusa o vi aprirete a nuove collaborazioni? Per il momento pensiamo agli autori come ad un gruppo, dunque per i prossimi numeri saranno gli stessi. Ma non diamo nulla per definitivo: il motto zapatista d e l “camm i nare doman-


dando” ce lo sentiamo addosso anche in questa esperienza. Possiamo solo anticiparvi che è certa una futura collaborazione con la rivista «Terranullius», un atelier narrativo che si presenta come un contenitore aperto e in copyleft. Vogliamo aprire la nostra rivista a linguaggi diversi dal nostro come la narrativa e l’epica. Avete già pensato ad un’altra uscita? avrà sempre come tema trainante antifascismo? Se per antifascismo intendi le pratiche quotidiane di resistenza, allora si. Resistenza alla violenza di chi non ascolta, di chi decide da solo per tutt*, di chi vieta, taglia, sgombera, chiude spazi di agibilità politica e apre bingo. Diciamo che vivere in italia oggi basta a sentirsi un antifascista perché ogni giorno qua tocca strigne i denti ma solo per il gusto di farlo, dato che di futuro c’è rimasto solo quello anteriore della mostra del Comicon. Per quanto riguarda il tema stiamo studiando una formula per dare un “taglio” alle storie della rivista più che un tema, che rischia a volte di ridursi al fumetto/compitino. Anche per questo restiamo per il momento un numero chiuso. Ci conosciamo, sappiamo come lavoriamo e dove vogliamo spostare i punti focali. Quello che ci interessa è tirare fuori le viscere,condirle, stamparle e portarvele a

casa fresche fresche. Quali progetti avete per Cortocomix come etichetta? Forse è prematuro parlarne ma ci piacerebbe, oltre alla rivista, realizzare anche volumi di singoli autori. La cosa è semplice, vendiamo tante ANTIFA!nzine, facciamo cassa e co-autoproduciamo un autore a volta. Ovviamente tocca aspettare un po’ ti tempo e tutto dipende da quanto andrà bene la fanza. Inoltre sarebbe fantastico riuscire a creare una rete di distribuzione autogestita e “confederata” che coinvolga noi e riviste come la vostra per esempio con altre realtà di autogestione e autoproduzione come possono essere appunto gli infoshop dei centri sociali o altri gruppi di fumettisti sparsi in giro, inoltre metteremo la rivista in copyleft scaricabile da internet perché pensiamo che il nostro lavoro meriti una condivisione libera (soprattutto dalle catene della SIAE) e anche in questo ci affideremo all’esperienza del collettivo «Terranullius» che da anni lotta nella speranza che le storie vengano liberate dalla morsa della proprietà intellettuale, ma questo è un lavoro che dobbiamo fare collettivamente. Voi che ne pensate?

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Catene di Francesco Teddy Tedesco, Chiara Zinani (lettering) e Francesco Francini

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Domani sara’ peggio

prima parte

l’uomo sotto ghiaccio di Valerio Camposeo illustrazione di Kira.0

“...solosolosolosolo... sono solo! mi hanno tagliato fuori da tutto, anche dal mio stesso corpo. Bastardi! mi avete tolto tutto” il tutto a cui si riferiva era appunto il suo corpo che al momento non poteva utilizzare in alcun modo, e col quale non poteva percepire nemmeno il contesto in cui si trovava, non pensava che la negazione della percezione tattile del proprio corpo fosse così devastante nella situazione complessiva in cui si trovava. Era la mancanza che sicuramente avvertiva con più frequenza. Non era la maggiore, nel completo isolamento, al quale era forzata la sua esistenza, ogni privazione al quale era costretto lo straziava, a volte si dilaniava mentalmente per la mancanza di cose che avrebbe solitamente definito sgradevoli. Nemmeno la mancanza del passare del tempo o meglio della tangibilità del suo scorrere (escludendo la possibilità di misurarlo con i propri pensieri, cosa che aveva provato subito a fare) lo assillava più frequentemente del non poter passarsi una mano sulla nuca, non poter guardarsi i palmi delle mani chiedendosi cosa gli toccherà di fare, non poter rosicchiarsi le unghie, non poter sentire il proprio odore, non poter sentire il battito del cuore attraverso il cuscino prima di addormentarsi. “nemmeno solo con me stesso! solo con metà di me che alla lunga diventerà la parte peggiore di me, il mio corpo mica si rovina come sta messo mò... e la testa ..ops! è la mente che si deteriora...loro lo sanno. Deve funzionare proprio così, non c’è via di scampo, non c’è evasione possibile. L’unica cosa che posso fare per fregarli è non andare a male, non del tutto almeno, è per questo che mi alleno, che ripasso, che invento e che ricordo. E tutto d’un tratto riebbe un naso per sentire l’odore dell’aria calda e umida che saliva lungo la parete della città dopo un temporale pomeridiano, degli occhi per vedere i nuvoloni che ogni giorno passavano scaricavano e se ne andavano lasciando cadere la luce sulle mastodontiche piramidi, era accaldato, in bocca gli si stava sciogliendo una pastiglia zuccherata, le mani massaggiavano la testa e i capelli cortissimi gli procuravano il solletico. Avrà avuto 12 anni. In quei momenti in cui riusciva a ripescare un frammento della sua vita e a ripercepirlo in prima persona, il suo pensiero rischiava uno shock per la felicità, ogni volta che si accorgeva di rivivere un attimo del passato aveva l’impressione che le linee del suo pensiero(l’unica cosa che al momento lo definiva) incominciassero una picchiata con avvitamento che lo avrebbero portato ad un epilessia cerebrale. In verità alla fine della picchiata brevissima tutte le sue attività mentali erano immerse nell’esperienza del ricordo puro. Appena l’ultimo odore svaniva, l’ultima sensazione si dissolveva, cercava di collocare il frammento breve o lungo che fosse nel periodo in cui l’aveva vissuto. Alle volte questo lo portava a capire perché quel dato ricordo gli fosse piovuto addosso in quel particolare momento. “quel giorno ero uscito dalla città perché stava andando tutto a rotoli, i miei vecchi avevano perso il diritto di avere un nucleo abitativo per famiglie, e venimmo sparsi nello stessa sezione ma in settori diversi. Mi sentivo irrecuperabilmente solo e ritrovandomi davanti ad un portello che dava all’esterno lo aprii e restai sul ballatoio della parete esterna per non incontrare nessuno, e all’improvviso capii che non dovevo lasciarmi sopraffare da quel problema sul quale non avevo nessun potere, ma per una sorta di sfida decisi che almeno avrei risolto i problemi scolastici, a sancire quella determinazione un pugnetto

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di pasticche per lo sviluppo delle facoltà di apprendimento. Proprio come poco fa, prima solitudine e amarezza e poi determinazione nel cimentarsi a risolvere almeno un problema. Come Stanislavskij con gli attori, per interpretare i personaggi dovevano ripescare dal loro vissuto dei momenti, degli stati d’animo che li avvicinino a quelli dei loro personaggi. How! Che botta! Pensa il giorno che mi scongelano che orgasmo … forse andrò in coma per sopraccarico di informazioni. Il giorno che mi scongelano... il giorno che mi scongeleranno... quando arriva? A che punto sto’? Avrò fatto metà del percorso? Sono a mezza cottura o mi stanno già bruciacchiando la crosta? Merdosi bastardi come cazzo mi volete? Crudo no! Metà cottura scotto o carbonizzato?” e il pensiero appena elaborato incomincio a trasformarsi in conati uscendo dall’idea che aveva della sua bocca, e proprio come il vomito comprime dall’interno la trachea anche questi rigurgiti mentali facevano male e gli laceravano le sinapsi, poi superate le labbra immaginarie si espanse in urlo lungo ore, forse giorni. Per quanto ne poteva sapere lui anche anni o secoli.

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Diario da Roma di Fuipp a.k.a. DisgrĂ e Andrea Def Medda

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Le rose per Mira di Matteo Poppi Illustrazione di Marco Salogni

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e rose prendono vigore, nuova linfa, ai questi spilli di pioggia primaverile. ll loro nobile capo s’inchina, riconoscente, ad ogni goccia che il cielo stilla e s’inerpica al sole che riverbera, carezzevole, in minuscoli milioni di diamanti d’acqua. Le mie mani avvolgono gli steli; lisci come le gambe di Mira. Non ne avevo mai tenuto in mano una schiera cosi folta e bella, e mai e poi mai avrei pensato di camminare per le strade con una rosa in mano. Avverto sguardi che mi scrutano dal riparo dei portici, sguardi che aumentano la mia ecccitazione e scavano nel vuoto che sento qui, nel profondo del mio stomaco. A me non interessa ripararmi: se piove col sole è perchè la Natura ha deciso di innaffiarere le rose per renderle più belle e voluttuose. Non servono gli ombrelli in questo giorno in cui a tutto è concesso essere pulito e fresco: come il sorriso di Mira. Anch’io, finalmente dopo un lungo e spossante viaggio, sono fresco e pulito: ho fatto la poca barba che sempre le solletica il viso, messo il dopobarba del coinquilino trovato in bilico sulla lavatrice che centrifugava la mia camicia più bella. Le scarpe, leggermente consunte, sono tirate a lucido e ho cercato di domare i miei capelli stopposi al meglio, ho pensino messo due gocce di un profumo trovato sulla nave la settimana scorsa; tutti questi orpelli solo per i larghi occhi e per i sviluppati sensi di Mira. Mi rifletto sulla vetrina linda di un grande negozio, che ha le luci accese anche in questo giorno di festa e mi sorprendo invitante e riposato, pronto a questa nuova vita che appare voluttuosa e rigogliosa: come sotto il vestito i seni di Mira. Sono orgoglioso di portare a passeggio il mio amore scarlatto per questa grande città, ho la sensazione che tutti mi invidino e ammirino, anche se un rivolo di tensione e paura cerca di inquinare questo infinito oceano di volontà e d’amore. Mi ripeto che non vi un è motivo, non vi è una ragione che possa indurre a rifiutare le mie rose, ma un minuscolo acaro continua ad insinuarsi tra i petali dei miei pensieri e ne deturpa la superficie. Più mi avvicino alla meta e più l’acaro diviene enorme e famelico. Sono Appena sei anni che conosco Mira. A me paiono tre giorni. Un alone di mistero, un velo di Maja protegge e cela la sua profonda natura. Rimane sempre un che di inespresso, abbozzato, nascosto tra le pieghe dei suoi pensieri e negli accenti dalle sue parole. E’ come una divinità: non so se mai scorgerà il fondo nel lago dei suoi occhi, ma la difficoltà dell’impresa non mi scoraggia. anzi, mi sprona alla lotta. Vi sono istanti in cui m’è data la possibilità di attingere alla fonte di tutto il suo essere. ln questa continua ricerca mi è successo, seppur raramente, di scorgere un che di difficilmente esprimibile. come un istinto selvaggio e puro che non accetta di essere contaminato da nessuna esistenza esterna: la visione, seppur fugace come un felino di notte, mi fa capire che, se vorrà vivere il resto della mia vita con Mira, dovrà addomesticare quell’istinto. So, tuttavia che quando le rose mi daranno l’opportunità di passare la prima notte con Mira tutto si manifesterà e dipanerà alle carezze dei nostri corpi. La meta, un piccolo rione sui colli dove si ritrovano a chiacchierare e bere gli amanti, è ormai vicina - mi è stata consigliata da uno del luogo, lo stesso che mi ha dato le rose. E’ là che si deciderà se la mia esistenza potrà essere o no al fianco di Mira. Per scegliere dove cominciare, dove porre le fondamenta, del mio avvenire, mi sono recato sul posto, in avanscoperta, due giorni fa ed ho scelto il locale e persino il tavolo; non volevo lasciare nulla al caso, volevo che l’inizio fosse totalmente nelle mie mani, volevo essere artefice anche di un eventuale rifiuto ed arginare la colpa del destino. Eccomi arrivato. ll vuoto che sentivo all’inizio amplifica, come in un’enorme e buia caverna, il battito del mio cuore. Giro lo maniglia d’ottone del locale e in apnea mi getto nel suo ventre fatto di specchi, tavoli e lampadari. Cerco di imporre al mio incedere fermezza, compostezza e dignità. ll tavolo prescelto è occupato; mi dico che non significa proprio nulla, ma già questo mi risolleva. Sono cieco, mulo e sordo: non guardo nè occhi nè i vestiti nè sento voci. Esistono solo le rose che la mia mano si allunga ad offrire. Tutto è qui e ora, l’intero cosmo si è fermato a riposare per osservare me e le rose. L’attimo è eterno. Proprio quando il demone del rifiuto sembra essersi avventato su di me ecco la mano salvatrice che sfila tra le rose e se le porta al corpo. Eccomi fuori dal locale con tre rose in meno, qualche: soldo in tasca e nessun acaro in testa. Non piove più e un arcobaleno si staglia a proteggere la città da quassù sembra piccola e fragile. Ora che ho venduto le mie prime rose sono certo che un giorno non lontano potrà tornare presto da te Mira, perchè a queste tre rose seguiranno oceani di rose. A te, mio grande amore, non regalerà mai una rosa. Lo giuro.

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I biodomestici di Tommy Di Lauro

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