La volpe che amava i libri - ed. brossurata

Page 1


la volpe che amava i libri di Nicola Pesce © 2025, Burno

Tutti i diritti riservati. Collana Himself, 4

Progetto grafco di Nicola Pesce

Impaginazione e cover design: Sebastiano Barcaroli

Correzione bozze: Clara Serretta Stampato presso Rotomail Italia S.p.A. Vignate (MI) – aprile 2025

è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA)

burno.it instagram.com/BurnoEdizioni facebook.com/BurnoEdizioni #burno

Nota dell’autore: Mi è piaciuto far fnta che questo libro fosse come quei grossi volumoni russi che leggevo da bambino, con le note di traduzione a piè di pagina. Perdonatemi questo vezzo!

Nicola Pesce La volpe che amava i libri

C’era una volta – nell’immensa taiga russa – una volpe di nome Aliosha1. L’inverno si stava avvicinando, Aliosha se ne accorgeva dal fato che si faceva fumo quando –sull’uscio della sua tana – si guardava intorno per gli ultimi preparativi, prima del suo lungo letargo.

Quel giorno cadeva dal cielo una pioggerella leggera. Sulla punta di un suo baffo atterrò un focco di neve: era il momento.

Camminò in tondo due o tre volte, senza risolversi a entrare, infne varcò la soglia e sbarrò la porta di legno.

Dovete sapere che Aliosha era una volpe diversa dalle altre, perché amava i libri.

Non avrebbe saputo dire quando era iniziato il tutto. Forse quella volta che era a caccia di cibo in

paese e a terra aveva trovato uno di quegli assurdi oggetti degli umani.

Che cos’era? Era incomprensibile. Un dorso rigido dal quale partivano tante ali di carta.

La copertina, tutta umida e stropicciata, recava il disegno di un bimbo dai capelli biondi con un mantello.

Poi aveva sentito un profumino di patate alla brace e aveva girato la testa. Sdraiato nella neve, un povero vecchio beveva pochi metri più in là e gridava il nome di una donna.

Il vento impetuoso intanto aveva cercato di trascinare via il libriccino, ma lei aveva pur sempre i rifessi di una volpe e lo aveva bloccato con una zampina tra le pagine, senza volgere il capo, continuando ad annusare l’aria.

Quello che aveva visto quando era tornata a studiare l’oggetto l’aveva colpita: accanto all’impronta fangosa della sua zampetta, tra le pagine di quel libro, c’era il disegno di una piccola volpe che parlava col fanciullo biondo in un campo di grano.

Così, invece di rubare le patate, quel giorno si era ritirata alla tana con un libro!

1. In questo libro, il narratore parla dei vari personaggi talvolta al maschile, talvolta al femminile. Il traduttore ha ritenuto opportuno non modifcare questa circostanza.

Aliosha ad esempio è un nome maschile, diminutivo di Aleksej. Tuttavia, quando il narratore parla di lui in quanto volpe, tutti i riferimenti sono al femminile. Quando invece la narrazione riguarda qualcosa di molto personale per Aliosha, allora tutto è regolarmente al maschile.

era voluto un intero inverno per decifrare quei piccoli segni tra le pagine, un anno prima. In letargo nella sua tana di terra, del resto, avrebbe avuto ben poco da fare per una intera stagione.

Così lo aveva letto tre volte, scoprendovi ogni volta nuovi signifcati, via via più profondi, che alla lettura precedente non avrebbe sospettato.

Lo stupore più grande, tuttavia, lo aveva provato la primavera seguente. Dovete sapere infatti una cosa: Aliosha non aveva capito che ne esistessero altri, di libri! Del resto bisogna comprenderla: era una volpe!

Dapprima, sbirciando da una fnestra l’interno di una misera casetta, aveva notato un vecchietto tutto imbacuccato che leggeva un tomo molto più grande del suo. Non poteva essere lo stesso libro: aveva più del doppio delle pagine!

Quando l’umano era uscito fuori in cerca di altra legna da ardere, era sgattaiolata dentro – pur essendo una volpe – e senza pensarci due volte aveva rubato il libro così come era solita rubare le fette di carne.

Ma il vecchietto era tornato prima del previsto e si era dovuta nascondere.

Ora, potrete immaginare da soli l’assurdità della scena se vi fgurate un signore in ciabatte un po’ svampito che cerca il libro dappertutto – persino sotto una tazza di thé! – guardando e riguardando più volte negli stessi posti, borbottando in un russo via via più spazientito, mentre una volpe con un grosso libro in bocca se ne sta nascosta dietro al sofà! Se il vecchietto ciabattando faceva il giro del sofà, anche lei lo faceva, fnché i loro sguardi si erano incrociati mentre il fuoco del camino disegnava a terra la lunga ombra della volpe. Dopo diversi secondi di stupore l’umano si era ripreso e – dandole della “birbantella” – aveva cercato di raggiungerla.

Il portone era chiuso e così Aliosha era dovuta scappare in un’altra stanza. C’era una fnestra socchiusa e da lì, un attimo dopo, sarebbe fuggita, ma cosa aveva visto in quella stanza!

Una piccola biblioteca!

Questa cosa di leggere in un primo momento l’aveva sottovalutata. Certo, le piaceva molto, ma non avrebbe mai immaginato le terribili conseguenze che avrebbe avuto nella sua vita.

Quando a primavera aveva incontrato nuovamente altre volpi, si era pian piano resa conto che tra loro si era scavata una grande distanza.

Per esempio, un giorno che con delle amiche aveva attraversato un campo di grano, a un tratto si era accorta di provare un certo piacere e anche una certa malinconia. In lei c’erano stati infatti non uno, ma due campi di grano: quello reale e quello di cui aveva letto.

Aveva rallentato il passo crogiolandosi nei pensieri, assaporando quello strano riverbero. Aveva notato che il sole che stava tramontando gettava i suoi

lunghi raggi obliqui con maggiore dolcezza. Intanto le altre volpi erano corse molto più avanti. Avrebbe voluto spiegare loro ogni cosa, ma come avrebbe potuto fare? Loro un libro non l’avevano mai letto!

A un certo punto – peggio ancora! – i campi di grano erano diventati tre! Infatti si era riscoperta a vedere la scena dall’alto, come fosse un uccello: c’erano delle volpi che si rincorrevano tra le spighe; un sole rosso acceso in lontananza e una volpina cento arshin1 più indietro, seduta a rifettere e a guardarle, mentre un corvo attraversava il cielo stagliandosi contro il sole. E quanta tenerezza in quella scena!

Ma quale prodigio era accaduto? Il mondo si era fatto più grande e più bello. C’erano cose da pensare, cose da guardare, cose da ricordare!

Eh sì, perché allora era apparso anche un quarto campo di grano: quello del ricordo. E proprio in quel momento era stata percorsa da un brivido e si era messa a correre per scrollarselo di dosso, raggiungendo le altre.

Leggere in primavera, con quel bel sole che scioglieva le brine, le era stato più diffcile, eppure aveva trovato il tempo di fnire quel grosso tomo rubato da poco. Cominciando l’estate, le era parso normale riportarlo sull’uscio di casa del vecchietto. Rubare il cibo era una cosa, rubare un

libro un’altra. Non poteva sapere che il vecchietto l’aveva vista!

Il giorno dopo, passando di lì, quale non fu la gioia! Su quel gradino c’era un altro libro ad aspettarla!

1. Antica misura di lunghezza usata nell’Impero russo, equivalente circa a settanta centimetri.

La sua tana era piccola e accogliente. C’era un piccolo foro d’ingresso, scavato ai piedi di una betulla. Siccome sulla betulla cresceva rigogliosa un’edera di un verde intenso, in primavera per entrare bisognava passare con la testa tra le foglie, come attraverso una tendina.

In inverno sarebbe stato diverso: l’edera avrebbe temporaneamente seccato, e la neve avrebbe ricoperto tutto.

Dopo uno stretto corridoio che scendeva nella terra per poco più di un sazen 1, una splendida porticina chiudeva quel mistero.

Se le altre volpi avessero potuto sbirciarvi dentro, che stranezze avrebbero visto!

C’era un piccolo letto, dove lei si accucciolava facendo sempre prima un po’ di giri su sé stessa.

Un fuocherello nel camino le dava il calore e le candele alle pareti la luce giusta per leggere.

Davanti al focolare c’era un bel divano, un po’ vecchiotto ma comodo. Alle pareti qualche pentola vecchia di terracotta e soprattutto, gioia dei suoi occhi e delle lunghe giornate di letargo, una piccola biblioteca!

Forse non erano molti libri, ma li aveva letti tutti e questo era più importante.

Un altro piccolo cunicolo conduceva alla sua dispensa.

Cosa non c’era lì dentro! Patate, fagioli, mele, salumi, soppressate, formaggi appesi al sofftto con un flo di spago, cioccolata, thé, tisane, infusi e, perché no, anche una bottiglia di vodka e qualche altro liquore!

Con tutto quel ben di Dio da mangiare, da leggere e da bere, che soffassero pure i freddi venti dell’inverno siberiano, che nevicasse, che facesse bufera, tempesta, che tardasse la primavera: non importava!

Aveva appena chiuso la porta dietro di sé; la legna scoppiettava nel camino; una candela accesa ardeva danzando e, una gocciolina di cera alla volta, andava preparandosi uno splendido abito da sposa intorno al collo della bottiglia nella quale era inflata.

Si accomodò sul divano, prese il libro accanto a sé e ne tolse la foglia secca che usava come segnalibro. Prima di iniziare a leggere mise una zampina fra le pagine, bevve un sorso di tisana calda alla cannella e sospirò felice: era giunto l’inverno!

1. Antica misura di lunghezza usata nell’Impero russo, equivalente a poco più di due metri.

Ma un pensiero la corrucciò per un momento. Prese la fogliolina secca e la mise fra le pagine; posò il libro sul tavolino e perse i suoi occhi nel fuocherello.

Si alzò, mise un altro ceppo sulle braci e, prima ancora di sedersi, sentì il crepitare della famma che lo avvolgeva.

In fondo Aliosha aveva sempre amato la solitudine. Ripensava a numerosi momenti primaverili, alle altre volpi, agli altri animaletti che nel corso della sua vita aveva incontrato.

Ricordava con eccessiva intensità alcune parole che le erano state dette. Che cosa avevano voluto dire? Altre volte pensava a parole che aveva detto lei stessa.

In fondo Aliosha era sempre stata troppo sensibile. Per esempio, una volta, quando lei era ancora

piccolina e il suo pelo era ancora chiaro come il miele, aveva invitato degli amichetti a casa. Si era in quella notte dell’anno in cui si dice che gli spiriti dei morti possano camminare di nuovo sulla terra.

Lei e i suoi amichetti giocavano a rincorrersi nella grande tana di suo padre. A un certo punto, coperta da un lenzuolo bianco con due fori al posto degli occhi, ululando in modo teatrale, una fgura era apparsa da un cunicolo.

I giovani già allora non conoscevano più la meraviglia. Ormai, per scoprirla, bisogna prima invecchiare molto, e avere molte delusioni, e non meno di due o tre grossi rimpianti.

E allora lei di fronte a quel fantasma bislacco cosa aveva detto, sentendosi osservata dai suoi amici? Aveva detto, con voce forte: «Bòsge mòi1, ditemi che non è mia madre, vi prego!». Si vergognava molto di sua madre e di quella messa in scena. Ma quando la propria voce aveva rimbombato forte in tutte le stanze della tana, Aliosha si era vergognata di sé stessa. No, a pensarci bene, allora non ci aveva badato, ma nel corso degli anni a venire spesso quell’eco l’aveva tormentata. La vecchia madre aveva riso di un riso triste, si era tolta il lenzuolo e scherzando era andata via, ma non le ridevano gli occhi.

Ora la rivedeva nelle braci del camino, curva

sotto il peso degli affanni e dei suoi troppi anni, allontanarsi fno a sfumare nell’oscurità.

Adesso che avrebbe voluto inseguirla e abbracciarla non era più tempo: un’altra oscurità l’aveva presa, e lei non aveva potuto dirle scusa e farle ridere gli occhi.

Sì, Aliosha era sempre stata troppo sensibile, e il passato le appariva come un frmamento di stelle tristi, attimi cui non avrebbe voluto pensare che pure tornavano a pungerla nelle lunghe notti dei suoi inverni, tra una pagina e l’altra.

Mentre era nel letto o mentre cucinava i fagioli, ecco che si ricordava ad esempio di sua madre. Era come se non fosse morta una sola volta, ma mille piccole volte. Mentre i fagioli borbottavano sul fuoco, le veniva in mente che non li avrebbe più cucinati insieme a lei; chiudendo la porta della tana per l’inverno si accorgeva che non l’avrebbe più chiusa insieme a lei, che lei non avrebbe più fatto quel verso buffo che faceva ogni volta per il freddo; che suo padre durante il letargo non l’avrebbe più mandata a controllare se nevicasse ancora e Aliosha non avrebbe più sentito la sua voce che rispondeva: «Nevica, nevica». Dove era fnita la voce di sua madre?

«Mi costruirò una solitudine,» pensava Aliosha, «dove non penetrerà mai più il dolore. E se per

questo non dovesse penetrare neanche la gioia, pazienza! Non voglio vedere mai più nessuno!». Ma proprio in quel momento udì chiaramente: «Toc toc!».

1. «Oh mio Dio!».

«Chi può essere che bussa alla mia porta durante l’inverno?» pensò Aliosha senza muoversi dal divano, riponendo ancora una volta la fogliolina secca al centro del libro. «Andate via e non tornate più da queste parti. Non vedete che è tardi? Sono molto stanca e non mi sento bene. Non desidero altro che stare da sola. Andate via, non invadete la mia tana. È meglio se non entrate, perché potrei soltanto scappare fuori e nascondermi».

Ma proprio in quel momento si ripeté ancora: «Toc toc toc!» stavolta con maggiore premura. «Saranno solo i rami dell’edera, ormai rinsecchiti dal freddo, che una folata di vento troppo forte ha spinto a tentare la mia porta con le dita ossute. Sarà l’inverno russo che bussa alla mia tana?». Ma l’inverno non era.

«Sarà un amico che ha allungato la strada e ha pensato di passare a trovarmi? È bello che si sia ricordato di me. A volte nei momenti di profonda tristezza si ha la sensazione di essere soli al mondo, come un ciottolo sul fondo di un freddo fume infnito, dove ogni suono è ovattato ed è impossibile comunicare con chiunque».

Quando giunge l’inverno nel cuore di una volpe è come se ormai tutti i giochi siano fatti, e se la tana è vuota è vuota. Ed è vero che era stata lei a volerla vuota, ma ad Aliosha non sarebbe dispiaciuto che un amico l’avesse cercata.

Come per ogni vera creatura russa, oltre il pavimento dei propri desideri più forti e radicati c’era sempre l’abisso del loro opposto, dietro ogni solitudine il desiderio di essere voluti bene, dietro ogni sforzo per avere successo la profonda e perversa voglia di fallimento, dietro ogni virtù l’abisso della perdizione e viceversa.

E così, in quella terra, le creature più nobili erano quelle perdute, e i santi erano grandi peccatori, mentre gli ubriaconi erano puri come statue di luce. Anche le creature della foresta lo sapevano, che si poteva dormire sereni ai piedi dell’assassino e bisognava tenersi alla larga dal pacato commerciante.

Ma alla porta della volpe che amava i libri non

era stato un amico a bussare.

Senza fare alcun rumore, camminò in punta di zampette fno alla porta. Aveva paura che, se il visitatore l’avesse sentita, sarebbe rimasto poi a bussare per sempre!

Ma perché la disturbavano? Non aveva fatto del male a nessuno e voleva restare un intero inverno sola con i suoi libri, il suo thé e i suoi pensieri.

Sentì fschiare la tormenta con lunghi sibili, le batteva forte il cuore. Poteva essere suo fratello che l’aveva perdonata ed era tornato a trovarla?

Ma il fratello non era tornato.

Poteva essere lei stessa alla porta? Una Aliosha di tanti anni fa, quella che credeva ancora nelle cose?

Poggiò la fronte rovente contro il legno del portone e sentì che era ghiacciato. Poteva essere il suo amore che aveva ritrovato la strada?

Ma non era il suo amore. Aprì la porta. Un piccolo topolino tutto intirizzito dal freddo – con una specie di flo rosso attorcigliato intorno a una zampetta – spalancò due occhietti minuscoli come punte di spillo nel constatare, terrorizzato, che quella fosse la tana di una volpe, e svenne. Aliosha lo portò dentro e lo distese sul divano di fronte al fuoco.

Le opere di questo autore vengono adesso pubblicate dai seguenti editori:

Burno Edizioni:

Le cose come stanno, nov. ’19

Il fato di Edith, ago. ’20

La cura del dolore, gen. ’21

La volpe che amava i libri, apr. ’21

I Fiori del Bene, lug. ’22

In uscita a maggio 2025 per Burno Edizioni:

Il piccolo principe delle tenebre

Mondadori:

La volpe che amava le piccole cose, nov. ’22

Il sapore dell’albicocco, nov. ’23

La biblioteca dei libri dimenticati, nov. ’24 segui l’autore su

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.