Chi paga il conto?

Page 1


Chi paga il conto?

L’Economia che nessuno vuole spiegarti di Angelo Vaccariello © 2025 Burno per questa edizione Tutti i diritti riservati Collana Saggistica, 14

Progetto grafico e cover design: Sebastiano Barcaroli Impaginazione: Ruslan Viviano Correzione bozze: Martina Gargano Stampato presso Rotomail Italia S.p.A. Vignate (MI) – GIUGNO 2025 Burno

è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 –84025 Eboli (SA) burno.it @burnoedizioni

La casa editrice e gli autori con questa opera intendono assolvere a una funzione di informazione.

ANGELO VACCARIELLO

CHI PAGA IL CONTO?

L’Economia che nessuno vuole spiegarti

A Paola e Andrea: ispirazione, gioia e ragione di vita

I pasti gratis sono fniti

Conoscere l’economia è fondamentale per ogni uomo contemporaneo. No, non si tratta di una frase a effetto, ma della conseguenza della globalizzazione che ha portato in maniera dirompente l’economia nella vita di tutti i giorni.

In realtà, l’uomo è sempre stato “oeconomicus”. Solo che in Italia abbiamo delegato lo studio di numeri, cifre e proiezioni ai professionisti oppure ai docenti. Il risultato? Secondo le migliori stime, almeno sette italiani su dieci non conoscono la differenza tra un prestito a tasso fisso o variabile; la parola “spread” è di uso comune ma un uso distorto, che la traduce più come “estorsione”, nel filo del vittimismo tipico del nostro Paese, che come differenziale di rendimento.

Questi sono solo alcuni esempi, ma si potrebbe continuare per pagine e pagine.

Il libro che avete tra le mani vuole essere un semplice manuale, un rapido volume da consultare per chiarire alcuni concetti fondamentali in cui è permeata la vita di tutti i giorni.

Per i più curiosi, magari, potrà essere l’inizio di un lungo viaggio nell’affascinante mondo dell’economia.

Tratteremo, inoltre, alcuni dei temi più spinosi dell’economia italiana: l’euro, le privatizzazioni degli anni Novanta, la divisione tra la Banca d’Italia e il ministero del Tesoro, e ancora la svendita del Banco di Napoli e il mito della Cassa del Mezzogiorno.

Accenderemo un focus sui principali problemi del sistema locale: cosa tiene bloccate le aziende, perché tanti giovani vanno via e, soprattutto, quali sono le prospettive per il futuro del nostro Paese.

Senza dimenticare un concetto riportato in auge alla fine degli anni Settanta da un importante economista statunitense, Milton Friedman: «Non esistono pasti gratis».

Questa frase, secondo la tradizione, è nata nei bar o saloon americani di fine Ottocento dove campeggiavano cartelli con la scritta: “Compra una bevanda, ricevi un pasto gratis”1. Ovviamente il pranzo non era affatto gratis, anzi il suo costo era compreso nella bevanda oppure i ristoratori usavano un trucco più sottile: servire piatti molto salati. Con il tempo, clienti e giornalisti si accorsero della “truffa” e il primo a parlarne apertamente fu Walter Morrow in un celebre articolo sul «New York Times».

La metafora fu utilizzata da Friedman per spiegare che la spesa pubblica aveva un enorme peso sulle tasche dei cittadini.

In Italia per decenni abbiamo ignorato questa definizione credendo che lo Stato “papà” potesse sopperire a tutte le necessità del popolo. Pensioni anticipate, bonus elargiti a destra e a manca, opere pubbliche iniziate e mai finite, enti pubblici

1 “Buy one drink, get a free lunch”, oppure: “Free lunch with your drink”.

utilizzati come ufficio di collocamento per le promesse elettorali, assenza di controllo politico sulle scelte di spesa. Il risultato: l’enorme debito pubblico che si staglia come un fardello sulle spalle dei nostri figli.

Conoscere tutto ciò consente di capire cosa si dicono le classi dirigenti, i motivi di alcune scelte politiche e dove è diretta la traiettoria di quello che è il Paese più bello del mondo ma che, come leggeremo, è pieno di problemi.

Per risolverli basterebbe davvero poco: le varie classi dirigenti dovrebbero smetterla di proporre ricette avveniristiche e mettere il Paese davanti alla situazione reale. Salari bassi, produttività al palo, costi energetici fuori controllo, Mezzogiorno in perenne ritardo, imposizione fiscale record e servizi pubblici scadenti sono alcune delle priorità che andrebbero affrontate per il bene comune subito.

Rinviarle vuol dire non aver compreso la gravità della situazione.

Senza dimenticare che per gli italiani i “pasti gratis” sono finiti da un pezzo.

Prima lo capiamo, meglio sarà per tutti.

L’economia

I bravi, quelli che insegnano nelle università o che vedete nei talk show la sera a ora di cena, dicono che l’economia è una scienza sociale che riguarda molti ambiti.

La definizione precisa e accademica la trovate facilmente su qualsiasi motore di ricerca.

Tutti, però, possono concordare su una cosa: l’economia è lo studio delle relazioni che nascono quando si ha tra le mani una materia o un bene scarso.

La scarsità, intesa nel senso del limite quantitativo oggettivo, è alla base di qualsiasi studio e analisi economica.

La scarsità dei prodotti genera il loro prezzo di vendita.

La scarsità del lavoro è l’elemento base dei salari.

La scarsità, pertanto, genera valore. E il valore è il principale elemento di cui si occupa lo studio economico in senso stretto.

È possibile, comunque, suddividere l’economia in tre grandi ambiti: la politica economica, l’economia aziendale e la finanza.

La politica economica

Lo studio della politica economica (o economia politica) è la principale materia di cui si occupano sia gli esperti della materia che i politici quando sono al governo della cosa pubblica.

Essa, in modo particolare, ha lo scopo di regolare lo sviluppo di sistemi economici complessi, la cosiddetta macroeconomia, e di incidere sulle vite dei singoli cittadini o operatori economici, la microeconomia.

In modo particolare, la politica delle Nazioni, siano esse singole o associate, come l’Unione Europea, si occupa soprattutto di analisi economica e di muovere le leve pubbliche per migliorare la situazione personale dei cittadini o dell’intera collettività.

Scegliere se diminuire le imposte a una parte dei cittadini, il cosiddetto intervento selettivo, o abbassarle a tutti causa forti cambiamenti nelle scelte delle famiglie. Aumentare l’IVA su determinati prodotti comporta conseguenze diverse a seconda dei livelli di reddito.

Su questa scia, allora, diventa chiaro che ogni decisione di chi ci governa riguarda le nostre tasche sia in maniera diretta (prelievo o aumento delle imposte sui redditi) che in maniera indiretta, come l’introduzione di pesi fiscali su determinati beni o servizi.

Di tutto questo, con le relative conseguenze sociali e finanziarie, si occupa la politica economica.

Economia aziendale

Tutte le operazioni che riguardano le aziende, i professionisti, il ceto produttivo e il lavoro rientrano nell’ambito dell’“economia aziendale”.

Una volta, questa materia era relegata al mero studio della “ragioneria”. Nel tempo, però, se ne è compreso il valore e l’ampiezza ed è dunque diventato uno di quei rami dell’economia di cui non si può fare a meno al giorno d’oggi.

Dalla costituzione di un’azienda alla richiesta di un prestito; dall’organizzazione aziendale alle politiche di marketing; dalla contabilità industriale alla determinazione del prezzo di vendita: l’economia aziendale tratta tutte le sfaccettature della vita di un’impresa o di un singolo professionista.

Non si tratta di conoscere solo le fondamentali regole di contabilità, ma bisogna conoscere le norme relative agli scambi, all’incrocio tra domanda e offerta, capire e applicare i concetti di efficienza ed efficacia, stimolare la creazione di aziende ad alto valore aggiunto (cose che spiegheremo meglio nel corso di questo volume). Ebbene, di tutto ciò si occupa l’economia aziendale.

Finanza o politica monetaria

La finanza o politica monetaria è un ramo molto ampio dell’economia. Secondo molti esperti, esse dovrebbe essere ricomprese nella politica economica.

Questo ragionamento non mi trova molto d’accordo per un motivo molto semplice. Al giorno d’oggi il decisore monetario, di solito la Banca Centrale (vedi Banca Centrale Europea o Federal Reserve o Bank of Japan), è totalmente distinto, è cosa a sé rispetto al decisore politico.

La politica spinge, cerca di influenzare e di determinare le scelte del banchiere centrale, ma non ci riesce.

Ecco perché la politica monetaria può essere considerata materia a parte. Senza contare tutto ciò che riguarda il mondo della “finanza”, inteso sotto una duplice veste.

La prima è la finanza come materia, che riguarda la capacità di un’azienda o di un soggetto economico di trovare fonti di finanziamento. Detto in parole povere: la ricerca dei capitali.

La seconda è la finanza intesa come strumento di investimento, che permette al soggetto economico (famiglia, azienda o anche Stato) di lucrare valore sulle proprie attività finanziarie.

Su questa seconda funzione suggerisco già da ora per i più curiosi di trovare libri di storia economica e vedere come nei secoli la “finanza” ha sempre reinventato sé stessa, pur rimanendo fedele a due concetti fondamentali.

Il primo è che una moneta oggi ha più valore della stessa moneta domani: dunque bisogna agire per conservare o accrescere questo valore.

E perché si dice così? Per un motivo molto banale: non sappiamo cosa può succedere domani o tra un mese o un anno. Ecco perché bisogna scegliere sempre gli investimenti che garantiscono “qualcosa di più”.

Il secondo concetto, anche questo molto vicino ai luoghi comuni, è che “non esistono pasti gratis”.

È una definizione che ogni uomo impara quando abbandona la casa paterna e deve per forza di cosa cominciare a provvedere a sé stesso e alle persone che gli sono care.

Credo sia chiaro a tutti che, comunque vogliate leggere il concetto di economia, è evidente che essa permea le nostre vite: da quando apriamo gli occhi a quando li chiudiamo definitivamente.

Obiettivo di questo volume è condurre anche chi non mastica proprio nulla di economia in questo mondo affascinante, complesso e a volte terribile, che regola le nostre vite anche senza la nostra consapevolezza.

Il darwinismo fnanziario

Meglio cominciare subito a mettere sul tavolo concetti più o meno complessi. Ecco perché è necessario parlare subito di “darwinismo finanziario”.

È un concetto che si ritrova in numerosi studi antropologici, anche se viene spesso spiegato con locuzioni diverse da quella usata in questo libro.

In parole povere, possiamo dire che l’uomo tende ad accumulare ricchezze. Più ricchezze accumula, più ottiene potere. Spesso e volentieri queste due operazioni, accumulare ricchezza e ottenere potere, avvengono a scapito di altri uomini che si trovano in una posizione più debole.

L’uomo, insomma, si comporta nel mercato come una sorta di predatore. La differenza con i predatori naturali, però, è che l’uomo “uccide” anche se non ha fame, anche se la sua famiglia, il suo “branco”, è soddisfatto e ha mangiato. “Uccide” semplicemente per accumulare.

Il verbo “uccidere” è qui utilizzato in senso lato: non si tratta di veri e propri assassini. Bisogna, più che altro, assimilarlo al concetto di “fare soldi”.

Quindi l’uomo fa soldi anche se è riuscito a soddisfare tutti i suoi bisogni e quelli della sua famiglia e dei suoi discendenti. Fa soldi, accumula soldi, perché è il modo più rapido e diretto per avere potere.

Allo stesso tempo, l’uomo che opera sui mercati non ha pietà per i concorrenti, utilizza i fornitori in maniera cinica e spreme i clienti fino all’ultimo centesimo.

Questo atteggiamento, unito a una serie di deregolamentazioni dei mercati, ha consentito la creazione di multinazionali che gestiscono soldi e poteri come se fossero uno Stato indipendente e sovrano.

Facciamo un esempio.

Se la Mister X Corporation ha un fatturato di quasi un trilione di dollari (ovvero un uno con quindici zero), conta sedi sparse in tutto il mondo e vende e acquista a livello globale, quale autorità potrà mai sottometterla? Quale potere politico sarà così forte da condizionarla?

La risposta è banale: nessuno.

Anzi, sarà proprio la nostra Corporation a condizionare, indirizzare e controllare il potere politico che vorrebbe essere al di sopra di ogni altro potere.

Sebbene quello politico, infatti, sia un potere che deriva dall’investitura del popolo con libere elezioni, esso non può nulla contro un’Azienda che può movimentare miliardi con un click e chiudere fabbriche con un semplice comunicato.

La sola minaccia di chiudere uno stabilimento in un Paese diventa di per sé condizionante.

Negli ultimi trent’anni, di società come la nostra Mister X ne sono nate tantissime. E sempre di più si scontra la volontà dei singoli governi con la necessità delle aziende di fare soldi a prescindere dalle regole che ci sono.

Perché gli Stati sono destinati a soccombere in una sfida di questo tipo?

Perché mentre le multinazionali agiscono a livello globale, i singoli Stati non riescono a superare i propri confini e non trovano accordi tra loro per stabilire regole di governance globali.

Basterebbe osservare ciò che avviene nei mercati di capitali.

Al giorno d’oggi, uno speculatore può spostare miliardi di capitalizzazioni con un solo click. I soldi diventano più sfuggenti e chi conosce bene i mercati, soprattutto quelli meno esposti, può far sparire denaro come se niente fosse.

In questo sistema globale privo di regole ferree, sguazza la criminalità organizzata, i Paesi “canaglia” e gli speculatori senza alcuno scrupolo.

Quanto stanno per essere bloccati o sanzionati, spostano i soldi verso l’ennesimo paradiso fiscale dove agiscono come sovrani senza nessun bisogno di corona.

La cosa più grave è che la stessa ONU, che ogni anno certifica e denuncia questa situazione di capitalismo selvaggio, nulla può perché non tutti gli Stati sono d’accordo.

In questa situazione di anarchia globale, le multinazionali si dimostrano coerenti e serie rispettando un’unica, incondizionata legge: quella del profitto.

Ecco, dunque, che ci troviamo in presenza di un “mercato giungla”, in cui il predatore più feroce, quello più grosso, non solo

mangia tutto, ma accumula quel cibo per dare briciole agli altri animali i quali vivono in una perenne situazione di soggezione.

Sebbene la teoria darwiniana sembri condannarci tutti –non abbiamo scampo, saremo sempre inseriti in una catena alimentare – sarebbe opportuno che tutti si ricordassero che fine hanno fatto gli altri grandi e tremendi predatori della storia. Mi riferisco ai più terribili animali che mai abbiano calpestato il suolo terrestre: i dinosauri carnivori. Dominando il mondo, divennero sempre più grossi, fin quando non arrivò un asteroide a condannarli a morte.

Con questo, non ci stiamo augurando che un asteroide distrugga tutte le multinazionali. È una semplice metafora per definire il momento esatto in cui scoppia una bolla speculativa e qualcuno di questi giganti cade a terra rovinosamente.

Come insegnano tutte le leggi dell’economia, non si può accumulare all’infinito. Anzi, sarebbe cosa molto saggia redistribuire la ricchezza affinché la prosperità possa essere diffusa e consentire a tutti di stare meglio.

L’economia egoistica ha un limite enorme: a un certo punto non ci saranno più “clienti” sufficienti per comprare i prodotti. Anche se questa definizione ha un’eccezione: quella di creare bisogni diversi per aumentare le vendite.

Se il mercato dei telefoni cellulari è saturo, allora io invento un accessorio che migliora notevolmente il mio smartphone, come, ad esempio, le cuffie. O magari introduco un’app che per funzionare necessita di uno strumento aggiornato. E così via, all’infinito.

Peccato però che, come abbiamo detto all’inizio, in economia nulla esiste all’infinito, nemmeno la capacità di convincere i clienti.

Si arriva allora allo scoppio della bolla speculativa di cui parlavamo e che, a sua volta, genera povertà non nei gestori delle multinazionali ma, paradossalmente, ai clienti delle grandi aziende. Se, invece, si favorisce la redistribuzione, allora la ricchezza può davvero generare altra ricchezza. Il problema della “redistribuzione” ha generato vere e proprie guerre partite da elementi teorici e poi concretizzatisi in guerre reali. Cerchiamo di capire meglio di cosa stiamo parlando.

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.
Chi paga il conto? by Burno - Issuu