Il giro del mondo in ottant'anni - ed. brossurata

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il giro del mondo in ottant ' anni di Bud Spencer con Lorenzo De Luca Edizione Brossurata

© 2025, Burno © Smile Production srl Tutti i diritti riservati. Collana Grandi, 3

Correzione bozze: Ada Maria De Angelis

Progetto Grafco della Copertina: Sebastiano Barcaroli Service Grafco: Ruslan Viviano

Prima edizione cartonata, settembre 2022. Seconda edizione brossurata, aprile 2025. Questa è la seconda edizione.

Stampato presso Rotomail Italia S.p.A. Vignate (MI) – aprile 2025

Burno è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA) burno.it

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BUD SPENCER – LORENZO DE LUCA

IL GIRO DEL MONDO IN OTTANT’ANNI

Lasciatemi passare: sto attraversando la mia vita lunga e fortunata, molto spesso felice.

Avvenimenti, ricordi, persone mi tornano alla memoria come scene di un flm di cui non ricordo di essere stato protagonista e che ormai non mi appartiene più: perché sono proiettato verso un futuro, in questa o in un’altra vita, che sarà la mia più eccitante avventura.

bud spencer

La vecchiaia è come un aereo che punta su una tempesta: una volta a bordo, non ci puoi fare più nulla.

golda meir

Introduzione

Ottantasei anni: non pochi, per un singolo essere umano come me, ma nulla se consideriamo l’inizio della vita su questo pianetino che si chiama Terra, inserito nel magico meccanismo di un universo infnito.

Seneca disse che: «Per l’uomo non v’è certezza e la fortuna non lo porta per forza alla vecchiaia, bensì lo congeda a suo piacimento».

Be’, io ignoro quando la fortuna o gli dèi dell’Olimpo decideranno di congedarmi, ma nemmeno intendo preoccuparmene.

Facessero un po’ loro, ho altri casi a cui pensare.

A costo di apparire spaccone e bugiardo, debbo anche dire che non me ne spavento: la morte in sé stessa non mi dà gran pensiero.

Per fortuna ogni giorno è foriero di cose e ogni alba porta sorprese, non ultima quella del mio primo libro: non mi sarei mai aspettato che quel diario di confdenze, pubblicato ormai qualche anno addietro, avrebbe suscitato una così entusiastica accoglienza, al punto che quando lo buttai giù col mio collaboratore di lunga pezza, Lorenzo De Luca, decidemmo di omettere un sacco di aneddoti divertenti e perfno qualche rifessione passabilmente seria. Sapevamo, senza falsa modestia, che saremmo partiti con uno zoccolo duro di ammiratori, ma davvero, nelle più rosee aspettative, non pensavo che potessero essere così tanti.

Né che fossero così avidi di saperne ancora, a giudicare dalla mole di posta che ha fatto seguito a quella pubblicazione: c’era chi chiedeva più cose sul cinema, chi più dettagli sulla famiglia di Bud Spencer, chi voleva saperne di più sui viaggi, sulle mie tante avventure e su tanto altro ancora. In fondo in ottanta e passa anni vissuti in maniera travolgente come ho fatto io, di cose da raccontare ce ne sono molte.

E allora perché no? Perché non continuare a raccontare? Nel primo libro ci concentrammo sulla prima parte della mia vita, quella precinematografca, ma pizzicando anche tutto quel che c’era da pizzicare, e ce n’è davvero tanto, della mia bizzarra esistenza. Già, perché una cosa è certa: nessuno può sapere cosa gli riserva il destino a meno di poter rileggere tutto quello che è avvenuto nel trascorso della sua esistenza. Qui, al di là dei tanti episodi avvincenti, cercherò di andare più in profondità.

La realizzazione di un libro somiglia un po’ a quella di una produzione cinematografca: assai meno dispendiosa rispetto al flm dove le voci di spesa sono molteplici, ma maggiormente estesa in termini di tempo, ché un flm lo giri in poche settimane o pochi mesi di alacre lavoro, mentre un libro può richiederti anni, perché per raccontare una vita può volerci davvero… Una vita.

Nel mio caso ne sono serviti almeno un’ottantina perché raccogliessi tutto quello che ho da raccontare, e un anno e mezzo intero per metterlo su carta, per poi tagliare un po’ di roba che ho invece ripristinato in questo nostro secondo appuntamento, aggiungendovi molto altro materiale inedito che mi auguro vi darà un’immagine tridimensionale (oggi che il 3D va tanto di moda!), quella di un Bud Spencer un po’ diverso e che non è solo scazzottate e mangiate.

E poi i giovani, specialmente quelli di oggigiorno, giustamente non pensano mai che i vecchi siano stati un tempo giovani anche loro.

I miei nipoti a volte ridono quando vedono qualche mio flmato da nuotatore, quando ero ragazzo: credevano fossi nato già così, grasso, grosso e barbuto, e ignorano che anche noi vecchi abbiamo fatto un po’ di cose, qualcuna anche sensata, che possono costituire un serbatoio non dico di saggezza, ma almeno di rifessione, fosse anche solo per ricavarne una risata. Soprattutto se si pensa che la mia generazione ha vissuto a cavallo di due mondi: quello nel quale non c’era nulla, neanche da mangiare – ahimè – durante la guerra e quello dove basta digitare un tasto di computer per avere informazioni anche dalla Papuasia.

Per molti di voi questa della tecnologia è una cosa data per scontata, essendo nati nell’era iperinformatica dei cellulari intelligenti o almeno della TV interattiva, ma per me, che reputo una conquista aver fatto funzionare il mio terzo lettore dvd dopo aver spaccato a cazzotti i primi due, se mi sofermo a pensare a questa evoluzione, ancora oggi ne resto sbigottito. Ammesso che ne avessi avuto voglia, ai miei tempi sapere cosa c’era stato prima della mia venuta al mondo, era un desiderio che potevo soddisfare solo ascoltando i racconti di nonna bresciana («Vien qui, bel patanfùn della nonna!», ricordate?) o sfogliando un libro di storia.

E ignoravo beatamente anche cosa accadeva fuori, nel resto del mondo, contemporaneamente a me. Lo ignoravamo tutti, allora. Ho assistito alla nascita della televisione, allo sviluppo della radio, alla moltiplicazione dei quotidiani, all’evoluzione dei mass media fno ai fax e a internet, al passaggio dall’automobile arcaica al primo passo umano sulla Luna e alle sonde spaziali su Marte. E come me ce ne son tanti che hanno vissuto a cavallo fra queste evoluzioni: noi eravamo quelli che guardavano la Luna come un satellite buono che ispirava poeti romantici oppure storie di lupi mannari. Oggi pensano di costruirci dei resort per villeggianti miliardari e buontemponi.

Ma la nostra legione di testimoni del tempo si assottiglia anno dopo anno per inesorabile legge biologica, sicché dovreste starci a sentire di più, fno a che siete in tempo.

Già Platone ai suoi tempi si lamentava che i giovani non rispettavano i genitori e i professori, ma io aggiungo che non è detto che l’età vada automaticamente rispettata. Il rispetto bisogna meritarselo e a prescindere dall’età. E tuttavia non ho alcun dubbio che la maggior parte dei nonni, categoria alla quale mi onoro di essere appartenuto, ha ancora tanto da dire. Dunque prendete questa sorta di Bud Spencer Story – Te Sequel come una favola raccontata da un nonno che ha il torto di avere un cervello qua e là da minorenne; un nonno mezzo matto, se volete, ma sempre in buona fede.

E magari una delle ragioni per cui questa società vive uno dei suoi momenti di crisi forse sta anche nella tendenza a non ascoltare chi vuole raccontarci una storia, nella tentazione di crederci già padroni del mondo per il solo fatto di starci, solamente perché siamo bravi a smanettare sul web. Perciò vi pregherei di disporvi con l’animo ricettivo di chi ha voglia di ascoltare un signore che sta solo passando e che ha sempre misurato l’esistenza non in anni, ma in esperienze: si può vivere qualcosa che dura un minuto e restarne segnati o esperire fatti quotidiani che scivolano addosso come acqua. Per qualche imperscrutabile motivo vi sono persone che nascono e muoiono in un istante, e altre la cui vita si prolunga decisamente oltre il lecito.

Ogni tanto spegnete quel computer e state un poco assieme ai vostri padri e ai vostri nonni, se ancora li avete, o a chi è più grande di voi e può raccontarvi una storia. O almeno fategli una telefonata, scambiateci due chiacchiere, e potreste sorprendervi a scoprire che la loro antica giovinezza tutto sommato, e a prescindere dalla tecnologia che avanza, somigliava parecchio alla vostra.

Io ho avuto una vita lunga e fortunata ma fareste un errore se vi limitaste a leggere questo libro solo perché scritto da un personaggio: chi è famoso ha la fortuna di avere un pubblico in partenza, ma sarei felice se quando avrete letto l’ultima pagina vi venisse voglia di ascoltare anche chi non è famoso ma a voi molto più vicino di me. A un tiro di abbraccio. Potreste scoprire che magari non avrà un passato da grande campione sportivo o da attore famoso, ma forse uno parimenti sensazionale, o semplicemente da persona con dei valori che fa sempre bene ascoltare.

Se invece lo avete già fatto allora rifatelo: un vecchio è un libro scritto senza inchiostro che ha la comodità di poter esser letto anche se siete irrimediabilmente miopi come il sottoscritto; bastano due orecchie e magari un po’ di senso del ridicolo, così, se vi accorgerete che le sta sparando grosse, la vostra risata lo farà ridimensionare. Ve lo ricordate il vecchio meccanico che lavorava con me in Altrimenti ci

arrabbiamo? In una scena diceva che ai suoi tempi era stato il capo d’una grande banda di gangster, poi, dinanzi al mio scetticismo, scendeva di pretesa fno ad ammettere di aver lavorato come cuoco nella banda. Ma era lo stesso un uomo buono cui prestare ascolto.

Se invece il vostro anziano amico vi narrerà la sua favola vera con onestà, be’, la vostra attenzione e le domande che vi stimolerà saranno una bella benzina per quel motore che si chiama Anima.

Non pretendete da lui, né da me, tutte le risposte che cercate: qualche quesito è giusto che aleggi irrisolto, come pure è giusto fare errori, che sono necessari e talvolta perfno belli. Se vi sembra una banalità osservate con attenzione la Torre di Pisa.

Buon viaggio!

Bud Spencer

I sogni sono illustrazioni dal libro

che la tua anima sta scrivendo su di te.

alan drew

Capitolo 1: SOGNO D’UNA NOTTE DI MEZZA GIUNGLA

Lettera dell’emigrante italiano in Venezuela Carlo Pedersoli alla

fidanzata Maria Amato, residente in Roma

Caracas, 23 agosto 1959

Cara Maria.

Come stai? Come sta la tua famiglia? Spero tutti bene, dai tuoi genitori, il dott. Peppino e consorte, alle tue sorelle.

Immagino sarai sorpresa nel ricevere questa mia, dal momento che non ho mai tempo di sedermi a scrivere una lettera. A dire il vero ne sono sorpreso pure io, ma sai com’è la vita che faccio qui in Venezuela. Di solito sono io a ricevere lettere, perché tu hai più tempo e soprattutto più pazienza, mentre io non sono uomo di penna, purtroppo («A Carlo non fatelo pensare, fatelo lavorare», diceva sempre mia madre).

E tuttavia ieri notte ho fatto un sogno così strano che avevo bisogno di condividerlo con qualcuno; e chi meglio di quella bellissima, dolcissima piccola ragazza conosciuta qualche anno fa a Roma che mi ha rubato il cuore, poteva avere la capacità di ascoltarmi? Anche se questa missiva ci metterà un mese e più a giungerti, e per allora sarà tutto passato.

È successo che durante il giorno ho sgobbato duro per la ditta, come sempre, in mezzo al caldo infernale, alle zanzare e alle rivoluzioni che quasi ogni giorno scoppiano qui facendo un sacco di rumore (il che rende difcile pigliare sonno la notte, quando senti all’improvviso scoppi e botti che pare di essere a Piedigrotta a vedere i fuochi d’artifcio, e invece sono bombe e spari!).

Alla sera gli abbiamo dato sotto coi miei colleghi a cena: spaghetti, bistecche, pesce, insalata, frutta… Be’, ammetto che ho fatto fuori tre tortine e mezza di pesce alla venezuelana, ma che vuoi, qua di giorno si suda come muli in un bagno turco. Perciò non sono andato a letto tanto leggero e sicuramente per questo ho fatto lo stranissimo sogno che mi ha indotto a prendere fnalmente carta e penna per scriverti: ho sognato di essere ancora a Roma, qualche anno fa, quando facevo il nuotatore abbastanza professionista e mietevo successi in barba a ogni regola di autodisciplina (ti ho già raccontato che mi presentavo in piscina con la sigaretta accesa).

Chissà per quale motivo mi ero attardato nella piscina coperta e non c’era più nessuno, a parte Carlo Pedersoli e la sua smargiasseria, quando a un tratto ho sentito dei passi e mi sono accorto che era entrato una specie di armadio con la barba, grande, grosso e grasso, dal passo un po’ claudicante (si aiutava con un bastone da passeggio).

Si è avvicinato e nel guardarlo ho notato una certa rassomiglianza con il sottoscritto, che però non ha né barba né pancia, e non l’avrà mai, perché immodestamente Madre Natura mi ha dotato del fsico che ho, e fgurati se potrò mai diventare uno scimmione come quello!

Però mi somigliava: due fli d’occhi verdi appena accennati e aveva anche lo stesso vocione accentato napoletano che ho io, solo più cavernoso, probabilmente per le migliaia di sigarette fumate nel frattempo.

È venuto a sedermisi accanto, guardandomi dall’alto in basso.

Per fartela breve, quel vecchio sosteneva di essere… Me!

Sì, sai come sono gli incubi, i sogni: qualcuno ha detto che sono desideri, qualcun altro sostiene che sono gli escrementi della coscienza,

ma io di questi intellettualismi non ci ho mai capito nulla; per me era la cena che avevo sullo stomaco, altro che coscienza. Diceva di chiamarsi Bud Spencer ma di essere me come sarò fra una sessantina d’anni, e ha aggiunto che era là perché io gli avevo telefonato dandogli appuntamento, un appuntamento col destino che fra l’altro lui si aspettava, essendo quello il giorno del suo ottantesimo compleanno, cioè il 31 ottobre 2009… Il 2009, ma ti rendi conto? Non so neanche immaginarlo, magari guideremo i dischi volanti per allora. Gli ho dato spago per vedere dove andava a parare e sono stato al gioco: il risultato è che mi ha snocciolato tutta la mia vita futura, raccontandomi l’esistenza che mi attenderebbe, secondo lui.

Un’esistenza invero a dir poco vivace: secondo lui, dopo il nuoto e il Sud America, sarebbero arrivati tempi duri – come se adesso me la stessi spassando! – e poi improvvisamente un successo pazzesco nel cinema… Come attore!

Io! No, dico: ma mi hai visto bene? Perfno tuo padre Peppino, che è un produttore di cinema, è il primo a non vedermi come attore. E io sono il secondo.

Ma quell’ippopotamo parlante insisteva che avrei raggiunto la fama tramite dei flm (preparati, non cadere dalla sedia)… Western! Che c’è, sei caduta?

Sì, è ridicolo, quelle tortine di pesce chissà che ci avevano dentro, magari era avariato. Gli italiani che fanno flm western! Riesci a pensare a niente di più inverosimile?

Comunque quella è stata la cosa meno stramba che ha detto, perché ha anche aggiunto che io e te avremo tre fgli, un maschio e due femmine, un po’ di nipoti, tre autisti che si chiameranno Benito, Adolfo e Stalin (giuro!) e che io diventerò l’attore italiano più famoso del mondo. Perciò corri ad avvisare tuo padre che mi mettesse subito sotto contratto, così mollo il Sud America e divento un divo in Italia.

Ha anche detto che non saranno soltanto rose e fori (e ti pareva!) perché, con tutti i soldi guadagnati con il cinema, ne farò di tutti i colori.

Sarò un imprenditore poco avveduto con un sacco di iniziative sballate, nonché un pilota di piccoli aerei privati che dirà a sua moglie: «Tardo a pranzo!», e poi vola dritto dall’Italia all’America lasciandola lì ad aspettare alla fnestra.

Io, con la vista da aquila che tengo, è già tanto se guido la macchina e faccio qualche rally qui per conto della mia ditta, fgurati se guiderò mai un aereo.

Mi sono svegliato in preda a crampi di digestione mischiati alle risate che trattenevo a stento al ricordare quella ridda di corbellerie, ma il meglio credo verrà stanotte. Perché ci siamo lasciati in modo strano: il sogno si concludeva con quel pachiderma che mi sfdava a una nuotata in vasca.

È stato un sogno lungo e dettagliato che magari ti narrerò a voce quando rientrerò a Roma. Ti basti sapere che quando mi sono tufato anche io e l’ho battuto arrivando a bordovasca prima di lui, mi sono girato e non c’era più! E ho sentito un’omerica pernacchia riecheggiare nella piscina.

Al suo posto, dove stava seduto, ho trovato un foglietto scritto con una calligrafa che farebbe venire la labirintite a un calligrafo egiziano, ma che mi ha messo una grande curiosità. Già, perché pare che ’sto Bud tornerà stanotte a narrarmi il resto. Forse sto lavorando troppo e il sole mi ha cotto il cervello. Mi sento un po’ come quel tizio che sofriva di sdoppiamento della personalità, il Dr Jekyll/Mr Hyde. Non ho letto il libro, però mi ricordo quel flm con Spencer Tracy, il mio attore preferito… Che poi era anche il preferito di quell’omone barbuto; infatti diceva di aver preso da lui il cognome Spencer. Al risveglio ho trascritto parola per parola quello che c’era sul biglietto, prima che il ricordo del sogno si facesse meno nitido, e sono ansioso di andare a dormire, visto che l’amico ha promesso di tornare a raccontarmi altri dettagli sulla mia vita a venire. Ti sembro scemo? Ti do ragione, in fondo lo penso anche io, ma all’improvviso ho pensato che tu sei l’unica alla quale posso raccontare anche delle sciocchezze senza

dovermi preoccupare di fare brutte fgure perché sento che in qualche modo siamo legati. Boh, in fondo qui la vita è quella che è, niente svaghi, e alla fne uno si accontenta di buttarsi a letto dopo una giornata di lavoro, e di spassarsela almeno nei sogni. Comunque, ecco cosa c’era scritto nel biglietto:

hai molto da imparare, ragazzo, ma tornerò perché mi ero scordato di aggiungere un paio di cose e di approfondirne qualcun ’ altra. non mi illudo di cancellarti quel sorriso da schiaffi, ma almeno di farti una cosa importante: puoi essere forte quanto ti pare, ma prima o poi trovi quello più forte… e nel nostro caso, quello sono io!

Bud Spencer

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