
5 minute read
DOMANDE E RISPOSTE
i
SCRIVI A BFCSPACE.COM/INVIA-LA-TUA-DOMANDA
Advertisement
IL “RITARDO” DELLE PERSEIDI
D.
DI NICOLA MORANDI Vorrei capire il motivo del ritardo che la Terra accumula nel suo incontro con la scia della cometa Swift-Tuttle, progenitrice delle meteore Perseidi. Il massimo dello sciame arriva sempre un po’ più in ritardo rispetto al 10 agosto, giorno dedicato a San Lorenzo, da cui deriva il nome tradizionale di questo sciame meteorico, le “Lacrime di San Lorenzo”. Quest’anno il massimo si è verificato nella notte tra il 12 e il 13 agosto. Questo ritardo viene in genere attribuito al movimento dell’asse terrestre che è all’origine della precessione degli equinozi. Ma che cosa c’entra quel lento movimento del nostro asse con quello di rivoluzione? A meno che la Terra non diminuisca la sua velocità orbitale, non vedo perché dovrebbe arrivare in ritardo al suo appuntamento con la scia cometaria. Inoltre, il nostro calendario è perfettamente in grado di mantenersi in linea con le stagioni, riuscendo a compensare il movimento di precessione. Quindi, perché nel giro di qualche secolo il massimo delle Perseidi è passato dal 10 al 13 agosto?
(Nella foto in alto, una Perseide solca il cielo sopra il Very Large Telescope in Cile, Ndr).

R.
DI WALTER FERRERI
Lo sciame delle Perseidi deriva dall’incontro della Terra con particelle e detriti della cometa Swift-Tuttle (dal nome dei due scopritori) da cui sono state generate. La lenta disgregazione della cometa ha fatto sì che tutta la sua orbita si riempisse di questi detriti. Una volta l’anno, quando la Terra attraversa l’orbita della Swift-Tuttle, le particelle penetrano nell’atmosfera a velocità di svariate decine di chilometri al secondo e bruciano come fuochi d’artificio. Si chiamano Perseidi perché il loro “radiante” (il punto del cielo da cui sembrano provenire) si trova nella costellazione del Perseo (figura in alto), mentre l’attribuzione della loro origine alla cometa Swift-Tuttle è merito dell’astronomo italiano Giovanni V. Schiaparelli. Il nostro calendario si mantiene in linea con le stagioni, riuscendo a compensare il movimento di “precessione”, la lenta ma continua variazione dell’orientamento dell’asse di rotazione terrestre. Questo fenomeno, scoperto da Ipparco intorno al 130 a.C. produce uno spostamento delle coordinate dei corpi celesti. Ma il calendario è legato a tali coordinate, così da mantenere costante la data dell’inizio delle stagioni. Per percorrere un grado lungo la sua orbita, la Terra impiega circa un giorno. L’intervallo di spazio rimane lo stesso, ma le coordinate di tale intervallo variano a causa della precessione. Quando la Terra raggiunge un certo punto il 10 agosto, 70 anni dopo lo raggiunge l’11 agosto, 140 anni dopo il 12 agosto e così via, perché il sistema di coordinate su cui si basa il calendario slitta lentamente in avanti, verso ovest. Per lo stesso motivo, all’inizio della primavera il Sole si trova nella costellazione dei Pesci, ma prima di Cristo si trovava nell’Ariete e dal prossimo secolo sarà nell’Acquario. Sempre a causa della precessione, con i millenni cambia anche la posizione del Polo nord celeste, che nella nostra epoca punta una direzione vicina a quella della stella Polare.
LE PRIME GALASSIE E LE PRIME STELLE CON IL WEBB TELESCOPE
D.

DI SALVATORE PELLEGRINO Il 12 luglio finalmente abbiamo potuto vedere la prima immagine dello spazio profondo fornita dal Webb Telescope e confrontarla con quella fornita precedentemente dal telescopio spaziale Hubble. Grazie alla possibilità di osservare nel vicino e medio infrarosso, si sono potute vedere galassie invisibili a Hubble a causa del redshift cosmologico che arrossa la loro emissione. Per catturare la loro luce ha dovuto sfruttare le lenti gravitazionali generate da ammassi di galassie o è stato capace catturare la luce senza questi aiuti? Vedremo con il Webb le prime galassie e soprattutto le prime stelle (le sfuggenti di Popolazione III) o per vederle dobbiamo aspettare un altro telescopio ancora più potente? Potrebbe essere necessario per vedere con il Webb le prime stelle un allineamento perfetto fra sorgente-lente-osservatore prodotto da un grande ammasso di galassie che implicherebbe una grande amplificazione della luce?

R.
DI GIUSEPPE DONATIELLO
Il Webb presenta una superficie di raccolta luce circa sette volte maggiore di quella di Hubble, e questo è un bel passo in avanti. Pertanto, è più portentoso di Hubble, grazie alla maggiore potenza sia per raccolta luce che per risoluzione. Il confronto tra le immagini degli stessi soggetti permette già di apprezzare notevoli differenze. Sull’ammasso Smacs 0723 (vedi foto nella pagina a fianco) è emersa una maggiore visione dei dettagli in tutti gli oggetti presenti nel campo, così come nella profondità della stessa con la presenza di sorgenti assenti nella prima. In verità, un confronto tra Hubble e Webb è leggermente improprio, perché i due strumenti operano in regioni spettrali leggermente differenti, ma sono anche figli di tecnologie diverse, dato che Hubble utilizza elettronica risalente agli anni 80-90. Tutto questo si traduce nella possibilità di ottenere immagini di qualità in tempi molto più brevi: la ripresa dell’Ultra Deep Field di Hubble aveva richiesto giorni, mentre l’immagine di Smacs 0723 è stata ottenuta dal Webb in sole 12 ore. Gli astronomi si aspettano pertanto che Webb riesca a scorgere le luci di sorgenti a ridosso dell’Era Oscura, stirate dall’espansione cosmica nell’infrarosso. La scelta di far operare il telescopio in tale banda spettrale deriva anche da questo. Hubble ha mancato la rilevazione della fantomatica Popolazione III, ma potrebbe riuscirci il Webb. Questo non significa che si debba guardare necessariamente a distanze cosmologiche, poiché tali stelle potrebbero trovarsi anche in galassie vicine. Di recente ha destato clamore la mia scoperta della galassia nana ultradebole Pegasus V (al centro nella foto in alto, ripresa dal Gemini Observatory). È un lontano satellite di M31 ma leggermente più vicino a noi, che sembra essere una reliquia dell’era della reionizzazione. Pegasus V si è formata molto presto e altrettanto presto ha smesso di produrre stelle. Le sue stelle a bassissima metallicità si sono formate con gas contaminato dalle primissime stelle, compresa la Popolazione III. Stelle che avevano in genere masse enormi e che sono quasi tutte esplose dopo pochi milioni di anni. Ma qualcuna di piccola massa potrebbe essere sopravvissuta sino alla nostra epoca. Il Webb dovrebbe essere in grado di registrare queste debolissime nane rosse e di analizzare il contenuto delle loro atmosfere (magari indagando proprio Pegasus V). Saranno certamente sfruttate le lenti gravitazionali per sbirciare più a fondo nello spazio-tempo. Questi “telescopi cosmici” amplificano le sorgenti più lontane e consentono di spingersi sino all’alba cosmica, intorno a 13 miliardi di anni fa (vedi l’articolo a pag. 38). Di allineamenti ottimali ce ne sono tantissimi e sicuramente sarà fatto.