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LA LUNA E OLTRE

LA LUNA E OLTRE

DI PATRIZIA CARAVEO

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UN PICCOLO PIONIERE LUNARE CHIAMATO CAPSTONE

LA SINGOLARE ORBITA CISLUNARE PROGETTATA PER IL LUNAR GATEWAY

» La piccola sonda Capstone, lanciata per testare l’orbita e altre funzioni del prossimo avamposto lunare.

LA LUNA E OLTRE

Il programma Artemis che riporterà essere umani (uomini e donne) sulla Luna è costellato da novità grandi e piccole rispetto al proramma Apollo di oltre mezzo secolo fa. Prima di tutto, non sarà un progetto solo della Nasa, ma avrà una importante componente internazionale; in secondo luogo, verrà costruita una piccola stazione spaziale, il Lunar Gateway, che dovrà servire come base operativa per il supporto degli equipaggi; infine, nell’ambito di Artemis la Nasa acquisterà molti prodotti grandi e piccoli “chiavi in mano” dall’industria privata che potrà poi venderli anche ad altri clienti, nell’ottica di fare sviluppare una nuova economia lunare.

LA STRANA ORBITA DEL GATEWAY

Nei piani originali della Nasa, la costruzione del Gateway avrebbe dovuto essere il primo passo, perché la stazione spaziale avrebbe dovuto fungere da base per accogliere gli astronauti che arrivavano da Terra e poi funzionare da spazioporto per la Luna. Poi, l’accelerazione del progetto, voluta dal presidente Trump per pure finalità politiche, aveva indotto la Nasa a puntare su un viaggio Terra-Luna stile Apollo, anche se ora gli astronauti troveranno in orbita lunare un modulo di allunaggio, costruito da SpaceX, nel quale si dovranno trasferire per la discesa sulla Luna. Che avverrà, se tutto andrà come da previsioni (secondo molti alquanto ottimistiche), nel 2025. Mentre l’attenzione di tutti è concentrata su Artemis I, che deve eseguire un test generale senza equipaggio, per mettere alla prova il mastodontico razzo vettore Space Launch System (Sls) alto 96 metri e la capsula Orion, i lavori alla costruzione del Gateway proseguono. In parallelo alla costruzione dei moduli, che vede una significativa partecipazione italiana, occorre fare delle verifiche sulla stabilità dell’orbita che la stazione dovrebbe percorrere, perché è assolutamente nuova ed è stata studiata per permettere agli astronauti di raggiungere punti diversi sul suolo lunare. Si tratta di un’orbita ellittica molto elongata, chiamata Near Rectilinear Halo Orbit (Nrho), praticamente perpendicolare al piano dell’orbita della Luna intorno alla Terra, che sorvola il Polo nord lunare all’altezza di poche migliaia di chilometri e poi si allontana fino a oltre 70mila km. Ci vorrà circa una settimana a percorrerla ed è stata scelta perché in questo modo la stazione non passa mai dietro alla Luna e così è sempre in vista della Terra. È una Halo Orbit perché è influenzata dalla gravità di due corpi (la Terra e la Luna) e questo la rende particolarmente stabile, minimizzando la quantità di propellente necessario per le correzioni. Inoltre, questo tipo di orbita è vantaggiosa dal punto di vista della propulsione, perché i trasferimenti per raggiungere la Luna e poi per tornare indietro richiedono meno energia di quella necessaria nel caso si consideri un’orbita circolare.

IL PRIMO CUBESAT

IN ORBITA LUNARE

Il fatto che nessuna sonda avesse mai seguito un’orbita di questo tipo ha spinto la Nasa ad acquistare un

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DI PATRIZIA CARAVEO

piccolo satellite di test da inviare in avanscoperta, per essere sicuri che si tratti veramente di un’orbita stabile. È questa la ragione di essere della sonda Capstone (Cislunar Autonomous Positioning System Technology Operations and Navigation Experiment), grande come un forno a microonde, ma un vero e proprio concentrato di novità gestionali. La Nasa ha finanziato la missione che, insieme al lancio, è costata 30 milioni di dollari; però la sonda risulta essere di proprietà della Advanced Space, una piccola società con sede a Denver che sarà responsabile della gestione orbitale. Il lancio è avvenuto il 28 giugno scorso dalla Nuova Zelanda grazie alla Rocket Lab, una società con una componente americana e una neozelandese. Capstone sarà il primo satellite della classe dei CubeSat ad andare in orbita lunare. Tecnicamente, con i suoi 25 kg, è l’equivalente di due dozzine di CubeSat (la cui unità di misura è un cubetto di 10 cm di lato) e vuole essere il primo test delle scelte orbitali adattate per il Gateway all’interno del programma Artemis. Capstone è anche rappresentativo del nuovo modus operandi della Nasa, per la quale affidarsi ai privati è diventato un vero e proprio mantra. Parliamo al futuro del suo arrivo in orbita lunare, perché è stata scelta una traiettoria molto “risparmiosa” che minimizza la quantità di propellente, ma allunga i tempi di viaggio a circa 4 mesi. La traiettoria di Capstone si chiama Ballistic Lunar Transfer ed è determinata dall’attrazione gravitazionale di Sole, Terra e Luna, le cui posizioni reciproche sono sempre diverse (ma perfettamente prevedibili). La sonda descrive una serie di spirali il cui asse maggiore è pari a cira tre volte la distanza Terra-Luna e il suo arrivo è previsto il 13 novembre, quando la sonda si dovrà inserire nella Nrho, compiendo una manovra che il sito della Nasa paragona a quella di un trapezista che salta dall’arco descritto da un trapezio a quello descritto dall’altro con tempismo perfetto. Oltre a percorrere un’orbita nuova, Capstone farà anche test di posizionameno cislunare, dove non ci sono satelliti Gps per misurare con precisione la posizione della sonda. È una tecnologia alla quale Advanced Space sta lavorando da diversi anni perché diventerà strategica per l’esplorazione della Luna e, più avanti, di Marte. In effetti, questa è la prima sonda di Advanced Space, che finora aveva solo scritto software per il posizionamento Gps. Capstone comunicherà con la sonda Lunar Reconnaissance Orbiter in

» Il grande razzo vettore Sls nella versione Block 1, pronto al lancio della missione Artemis I sulla rampa 39B del Kennedy Space Center in Florida.

» L’alloggiamento dei dieci CubeSat nella missione Artemis I. Sette sono americani, due giapponesi e uno italiano, ArgoMoon. Inquadra il QR per una presentazione della piccola missione italiana.

orbita lunare e con altri orbiter che arriveranno nei prossimi anni, realizzando delle triangolazioni che permetteranno di misurare la posizione. Inoltre, Capstone ha a bordo un orologio atomico che può confrontare le sue misure con quelle inviate da Terra, sfruttando le differenze derivate dai tempi di transito, per calcolare la posizione.

INIZI MINUSCOLI MA INNOVATIVI

Fare dei test della stabilità dell’orbita cislunare e sviluppare le tecniche per ottenere un buon posizionamento della sonda sono compiti strategici che valgono certamente i soldi investiti dalla Nasa su Capstone. Artemis e il Gateway avranno costi incomparabilmente superiori, ma tutte le grandi imprese hanno un inizio. Considerando Capstone all’interno del programma Artemis, l’inizio è minuscolo, ma certamente innovativo. Quando mai era successo che una missione lunare privata, finanziata dalla Nasa, partisse dalla Nuova Zelanda? È anche importante notare che, benché Artemis sia un programma di grande respiro (e di costo elevatissimo), guarda anche con occhio attento alle nuove opportunità offerte dai CubeSat e da tutti gli strumenti di piccole dimensioni. Per supportare Artemis e fare ricerche in situ, per esempio per la prospezione alla ricerca di ghiaccio nei crateri del Polo sud lunare, la Nasa ha fatto partire il Commercial Lunar Payload Services (Clps) con lo scopo di appaltare a compagnie private l’integrazione, il trasporto, l’allunaggio e le operazioni di una serie di piccoli strumenti dal costo contenuto, progettati per funzionare per una durata di tempo limitata. Secondo questa nuova filosofia, la Nasa finanzia lo sviluppo di piccoli strumenti, compresi dei rover, e poi affida ai privati il trasporto e la gestione in ambito lunare. Anche Artemis I punta sui CubeSat per un primo ritorno scientifico. Sono dieci e sono partiti fissati nella flangia di raccordo tra il lanciatore e la capsula Orion, insieme alla quale sono stati rilasciati nello spazio. Oltre all’italiano ArgoMoon, che dovrà usare l’intelligenza artificiale per riconoscere gli oggetti nel suo campo visivo e fotografarli, ce ne sono sette americani e due giapponesi, uno dei quali guarderà la Terra e l’altro cercherà di fare allunare piccolissimi lander. Due dei CubeSat americani sono dedicati alla mappatura del ghiaccio lunare, due faranno test di nuove tecnologie, uno si focalizzerà sul vento solare e un altro sull’effetto delle radiazioni su organismi viventi, nella fattispecie sul lievito. Il CubeSat che andrà più lontano è Nea Scout, che dispiegherà una vela solare e si farà spingere dalla pressione di radiazione solare fino all’asteroide 2020GE, che raggiungerà tra due anni (vedi la news su Cosmo n. 26). Peccato che i CubeSat siano stati integrati mesi fa e che solo ad alcuni la Nasa abbia dato il permesso di ricaricare le batterie; gli altri devono sperare di avere abbastanza energia per iniziare la loro missione aprendo i propri piccoli, ma importantissimi, pannelli solari. I responsabili dello Sls sono stati molto conservativi, perché temevano che si potessero sviluppare delle pericolose scintille. Non si può mettere a rischio un lancio che costa 4,1 miliardi di dollari per ricaricare la batteria di uno strumento che vale meno di un milione di dollari. Se funzioneranno, sarà un successo, altrimenti riproveranno, perché, quando si parla di CubeSat, failure is an option (“il fallimento è possibile”) ha dichiarato Bhavya Lal, l’amministratore della Nasa per la tecnologia, parafrasando la famosissima frase di Gene Kranz a proposito della missione Apollo 13. In quel caso, invece, il fallimento non poteva nemmeno essere considerato: Failure is not an option.

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