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ASTRONAUTICA
ASTRONAUTICA
DI PATRIZIA CARAVEO
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IL FUTURO DEGLI ASTRONAUTI
I COSTI E I RISCHI DELL’AVVENTURA UMANA NELLO SPAZIO POTREBBERO PORTARE AD AFFIDARSI SOLO AI ROBOT
Proprio mentre seguiamo il programma Artemis, che promette di (ri) portare uomini e (finalmente) donne sulla Luna, mentre si favoleggia di colonie lunari e di esplorazioni umane di Marte, si levano voci scettiche su una massiccia presenza umana nello spazio. Considerando di voler fare esperimenti in orbita oppure di visitare altri corpi del Sistema solare, è meglio puntare anche sugli esseri umani, oppure conviene affidarsi solo ai robot? Il problema non è nuovo ed è stato già ampiamente dibattuto con i fan degli astronauti, secondo i quali solo la presenza umana galvanizza l’attenzione del pubblico, oltre a fornire un livello di flessibilità che è fuori dalla portata anche dei migliori robot. Lo prova l’attenzione riservata al programma Artemis, rispetto alle molte missioni robotiche che lo hanno preceduto e a quelle che vengono svolte in contemporanea. Eppure, non fa mai male rivisitare criticamente il passato, con un occhio al futuro, per chiedersi se, e in che modo, l’esplorazione dello spazio debba dipendere dal rischiosissimo e costosissimo fattore umano. Donald Goldsmith e Martin Rees affrontano queste problematiche con un libro dal titolo provocatorio: The end of Astronauts (“La fine degli astronauti”), con un sottotitolo che sembra non lasciare scampo: Why robots are the future of exploration (“Perché i robot sono il futuro dell’esplorazione”).
I VANTAGGI DEI ROBOT
I due autori hanno una posizione che permette loro di andare controcorrente e dire chiaramente come la pensano. Nello stile dell’esposizione vedo la firma inconfondibile di Martin Rees, grande astrofisico dell’Università di Cambridge, nominato lord per i suoi meriti scientifici. Già presidente della Royal Society, Rees ricopre la posizione di Astronomer Royal, l’astronomo che ha il compito di aggiornare la Corona britannica sulle novità nel campo dell’astronomia. Un personaggio di indiscussa autorevolezza, che mette da parte la trattazione di argomenti di astrofisica fondamentale per cimentarsi con i pro e i contro dell’esplorazione umana dello spazio. Con uno stile senza sbavature e senza retorica, il libro vuole dimostrare che i progressi in corso nella robotica e nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale renderanno le macchine sempre più performanti, riducendo il vantaggio competitivo dell’essere umano rispetto ai robot. I quali possono contare su diversi punti a loro favore, dato che non devono respirare, bere e mangiare, possono lavorare nel vuoto cosmico senza bisogno di protezioni e non rischiano di ammalarsi nel corso di lunghi viaggi interplanetari. Il programma Artemis per il ritorno alla Luna si basa su un mix di esplorazione umana e robotica portata avanti da rover lunari che dovranno fare il lavoro di prospezione con particolare attenzione alla localizzazione del ghiaccio nascosto nella profondità dei crateri polari il cui interno è sempre in ombra. Tuttavia, è sugli astronauti, uomini e donne, che si concentrerà l’attenzione mediatica, anche se portare esseri umani nello spazio è molto complicato. La nostra specie si è evoluta sul pianeta Terra, protetta dalla sua atmosfera e dal suo campo magnetico. Basta allontanarsi dal suolo di poche centinaia di chilometri per scoprire quanto lo
ASTRONAUTICA

» Sopra: un rendering della nuova stazione spaziale russa, attualmente in fase di progetto.
A destra: l’astronomo inglese e Astronomer Royal Martin Rees.
spazio sia inospitale. Fuori dalla nostra atmosfera, il vuoto cosmico è bollente al Sole e gelido all’ombra, nulla ferma la pioggia di particelle cariche e di micrometeoriti che possono mettere in pericolo la salute degli esseri umani. La microgravità disorienta i nostri circuiti dell’equilibrio e provoca mal di spazio. Tutto diventa difficile e, per lavorare all’esterno delle stazioni spaziali, occorrono scafandri scomodi e costosissimi, che devono mantenere gli astronauti a temperature e pressioni accettabili. Morale: fare volare gli esseri umani in condizioni di relativa sicurezza (ma sempre con grandi rischi) è un esercizio costosissimo. Per dare un’idea del prezzo che si paga, possiamo usare il metodo semplice ma efficace proposto da Goldsmith e Rees. Dividendo i costi totali della
Stazione spaziale internazionale
(Iss) per i giorni di occupazione da parte di tutti i suoi inquilini, si ottiene la cifra di oltre sette milioni di dollari al giorno. I conti andrebbero fatti in modo più accurato, ma la sostanza non cambia, anche perché la Iss, ha prodotto molti risultati scientifici, ma nessun risultato commerciale degno di nota, nonostante le grandiose aspettative di ritorni economici. La presenza degli astronauti e cosmonauti non si è ripagata.
UNA STAZIONE SPAZIALE ROBOTICA
Forse sulla scorta di questa constatazione, parlando della nuova stazione spaziale che i russi stanno pensando di costruire, il direttore di volo del segmento russo della Iss Vladimir Solovyov ha dichiarato che la Ross (Russian Orbital Service Station) non sarà una struttura presidiata con continuità da cosmonauti, i quali faranno solo visite periodiche per controllare l’operato dei robot che sono molto meno costosi (vedi Cosmo n. 31). Non so se Solovyov abbia letto The end of Astronauts, ma si direbbe che la sua lunga esperienza lo induca a condividere, almeno in parte, la filosofia. Il libro non è contro gli astronauti, che sono professionisti molto preparati che sanno di svolgere un lavoro molto rischioso, ma vuole farci riflettere sulle grandi possibilità offerte dai robot guidati dalla sempre più potente intelligenza artificiale. Forse questa accoppiata non colpisce l’opinione pubblica come gli astronauti, ma nella scienza bisogna essere oggettivi e considerare il rapporto costi benefici. E se poi proprio vorremo mandare esseri umani su Marte, magari lo faremo sulla scia del lavoro fatto dai robot.

» The end of astronauts è pubblicato da The Belknap Press of Harvard
University Press, disponibile al prezzo di 23,50 euro presso bit.ly/3zZrsF1.