Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 10 febbraio 2014 • N. 07
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Volevo dirti che…
San Valentino Letteratura e cinema sono pieni zeppi di sdolcinate frasi che promettono l’amore eterno,
Mariarosa Mancuso I campioni contemporanei, a nostro insindacabile giudizio, sono due. Una dichiarazione d’amore prima, e una dichiarazione d’amore dopo. Nel senso che se uno ti vuole chiedere in moglie o in fidanzata (per carità non «compagna», fa davvero tristezza), darà fondo a lusinghe e carinerie. Se invece vuole celebrare un bel po’ di anni insieme da sposati o fidanzati (per «compagni» vale lo stesso interdetto) le parole vengono più difficili. La dichiarazione «prima» sta nel film Harry, ti presento Sally… Diretto da Rob Reiner e sceneggiato da Nora Ephron, una che della sua vita diceva «È tutto materiale che torna utile quando si scrive». Vale soprattutto per i momenti infelici: il secondo marito Carl Bernstein (sì, del Watergate) la lasciò mentre era incinta, e lei invece di piangersi addosso ne ricavò la sceneggiatura di Affari di cuore, diretto da Mike Nichols con Meryl Streep e Jack Nicholson. Ma non è detto: forse anche le dolcezze che Harry-Billy Crystal dice a Sally-Meg Ryan hanno un fondo autobiografico. (questo non autorizza anche voi a scrivere un romanzo sulle pene d’amore o sul corteggiamento andato a buon fine: la ricetta funziona solo se c’è talento, Nora Ephron ne aveva da vendere).
Dichiararsi è difficile, ma soprattutto rischioso, specie quando non si sa quale sarà la reazione... Cominciamo dal prologo, bello e adattabile: «Ti amo quando hai freddo e fuori ci sono 30 gradi. Amo la ruga che ti viene quando mi guardi come se fossi pazzo. Mi piace, dopo una giornata passata con te, sentire ancora il tuo profumo sui miei vestiti, e sono felice che tu sia l’ultima persona con cui chiacchiero prima di addormentarmi la sera». Pri-
ma – è un consiglio – prendete fiato e cercate di non confondervi, l’emozione fa brutti scherzi. Valutate se potete dire «ruga», non tutte gradiscono. Nell’incertezza, conviene saltare il prologo e andare al dunque: «Sono venuto qui stasera perché quando ti accorgi che vuoi passare il resto della vita con qualcuno, vuoi che il resto della vita cominci subito». La dichiarazione «dopo» sta nel romanzo La versione di Barney di Mordecai Richler, ed è rubata a William Shakespeare: «La donna che l’età non può sciupare né l’abitudine guastare». Barney la dice a Miriam, sua terza moglie, adocchiata e corteggiata mentre sposava la numero due. Divorziato dalla seconda signora Panofsky, Barney cerca di fare colpo mandando rose, invitando a pranzo, annotando su un foglietto gli argomenti di conversazione, imponendosi di non guardarle le tette, ordinando una bottiglia di champagne in camera, per poi chiedere di portarla via (l’appuntamento è al ristorante di un albergo, la ragazza potrebbe offendersi, non è come in un film francese – di cui ahimé abbiamo dimenticato il titolo – dove la frase «facciamo felice il cameriere» bastava per invitare la commensale nella stanzetta sopra il ristorante). Tornando indietro, ma è difficile di questi tempi trovare un gentiluomo all’altezza, c’è naturalmente Fitzwilliam Darcy in Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen: «Invano ho lottato. Non è servito. Il miei sentimenti non possono essere repressi. Dovete permettermi di dirvi con quanto ardore vi ammiro e vi amo». Era perfetto, al cinema, Matthew Macfadyen, nel migliore di tutti gli adattamenti (firmato Joe Wright, con Keira Knightley). Staccati, troviamo il Mark Darcy del Diario di Bridget Jones, che era Colin Firth. Oppure il Mr Darcy della miniserie Orgoglio e pregiudizio andata in onda sulla BBC, che era sempre Colin Firth, molto piaciuto alle spettatrici inglesi. Per pubblicità, in un laghetto di Londra
Keystone
ma attenzione a prendere la citazione giusta…
hanno messo una sua statua, immortalandolo mentre esce dall’acqua con la camicia bagnata. Sempre a Colin Firth tocca una delle dichiarazioni di Love Actually – L’amore davvero, diretto da Richard Curtis. In materia, una vera antologia. Ci sono due giovani controfigure che entrano in azione quando si girano le scene sexy: mentre lavorano, nudi, parlano del più e del meno, sarà amore quando si scambiano un bacetto vestiti di tutto punto. C’è il fotografo di matri-
moni che inquadra soltanto la sposa, di cui è segretamente innamorato: a lei lo rivelerà la notte di Natale, fingendosi un suonatore di strada e mostrandole una serie di cartelli dove ha scritto parole dolcissime (il marito sente solo la musica e non sospetta nulla). In Questione di tempo, sempre diretto da Richard Curtis, i maschi possono tornare indietro nel tempo – e lo fanno spesso – per aggiustare la dichiarazione venuta male. Il film dello scorso San Valentino era Warm Bodies di Jonathan Levine:
uno zombie innamorato di una fanciulla, che lo ricambia. Il film di questo San Valentino è Una storia d’inverno di Akiva Goldsman, con Colin Farrell e Jennifer Garner, tratto da un romanzo di Mark Helprin appena uscito da Neri Pozza (l’originale è del 1983). Tra i personaggi, «un magico cavallo bianco di nome Athanasor che veglia sul protagonista» e una fanciulla che muore di consunzione. Rivogliamo il Titanic, con quella straziante dichiarazione di amore eterno nell’acqua gelida.
Storie di donne Pubblicazioni Storia e teoria del giallo anglosassone in un molto femminile libro di P.D. James Stefano Vassere «Se devo scrivere di un personaggio afflitto da una tale timidezza che ogni nuovo lavoro, ogni incontro diventa un tormento, penso sia una benedizione non aver mai dovuto patire questa infelicità. Ma dagli imbarazzi e dalle incertezze conosciuti nell’adolescenza so quale sensazione questa timidezza può dare, e il mio lavoro diventa farla rivivere e trovare le parole per esprimerla». Leggendo questo sapiente e delicato A proposito del giallo. Autori, personaggi, modelli viene da pensare che il giallo è una questione di donne e da donne. Perché il libro è scritto con maestria dalla donna P.D. James (che si ostina a usare le sole sigle ma che si chiama in verità Phyllis Dorothy ed è una tosta, e anche dame, cioè membro della Camera dei Lord), perché ha un paio di capitoli centrali dove si parla delle donne autrici e protagoniste nei romanzi della Golden Age gialla anglosassone e anche
perché gran parte di quello che si può dire sulla teoria del genere poliziesco ha sì a che fare con morti ammazzati e vari malfattori, ma dichiara pure una certa eleganza femminile. Le stesse tesi di una maestra del noir come Dorothy L. Sayers, secondo la quale «gli investigatori dovrebbero concentrare le loro energie sugli indizi senza lasciarsi distrarre dal fascino femminile», presuppongono che queste vicende abbiano da qualche parte un seppur deleterio e maledetto fascino femminile. Ci sono, in questo libro, le conosciute ma originali distinzioni: c’è il giallo in senso tradizionale, che si svolge preferibilmente nella campagna inglese, e vuole un esito affidato alla perspicacia di eleganti investigatori e un contesto che alla fine torna pacificato, «un romanzo della ragione e della giustizia». E ci sono gli esiti del più americano e maudit hard-boiled alla Raymond Chandler, che non presentano riconciliazioni perché tutto rimane nel mar-
ciume di prima e i detective sono assuefatti quando non organici a quel mondo del male, «azione cruda, personaggi vividi ed eccessivi, uno stile spietatamente sfrondato d’ogni fioritura». E poi c’è anche spazio per i compendi storici del-
L’attrice inglese Margaret Rutherford nei panni di Miss Marple, Anni ’50. (Keystone)
le varie modalità dell’assassinio, le regole per l’efficacia di una detective-story, uso della prima persona, dei punti di vista, degli ambienti, considerazioni sui lettori (perché ci piace tanto il giallo? È vero che il giallo può finire per ispirare il crimine?), sul tessuto sociale dove nascono i romanzi, poliziotti di ieri e poliziotti di oggi. E le donne? In questo le donne brillano, per la loro stessa assenza o almeno per il loro statuto di minoranza, seppur notevole, nella compagine degli investigatori: c’è un breve sipario dedicato alle investigatrici donne e a Miss Marple di Agatha Christie, «la cui vita sessuale, ammesso che esista, è misericordiosamente avvolta nel mistero» ma che fu certo avanguardia di qualche altra figura femminile posteriore; dice P.D. James che quasi mai queste protagoniste sono descritte come belle donne. Un po’ di giustizia è pur resa anche alle mogli degli investigatori, «placide e piacevoli signore che se ne stanno sedute a sfer-
ruzzare, per nulla turbate, in apparenza, dalla propensione del coniuge a indagare sugli omicidi». Cambierà ovviamente molto nel noir americano, ambientato nello schifo, dove, saltati gli equilibri sociali e microsociali, le mogli saranno sempre più spesso ex mogli, o prostitute, o attraenti consorti di qualche sanguinario capobanda, o madri irresponsabili, se già non saranno decisamente defunte. In fondo, la tesi sul genere prettamente femminile del romanzo poliziesco non è nuova e non della sola P.D. James: sul pruriginoso rapporto tra crimine e donne è fondata per esempio gran parte dell’opera del maestro James Ellroy e proprio Caccia alle donne si intitola il suo ennesimo intenso romanzo-testamento di qualche anno fa. Bibliografia
P.D. James, A proposito del giallo, Autori, personaggi, modelli, Milano, Mondadori, 2013.