Azione 35 del 12 maggio 2014

Page 17

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 12 maggio 2014 ¶ N. 20

18

Ambiente e Benessere

Saltano, ma non sono pulci Entomologia Vivono su ghiacciai e nevai: sono infatti ospiti abituali del regno del freddo,

di luoghi deserti e inabitabili per qualsiasi altro essere vivente

Alessandro Focarile Verso il 1700, al culmine della «piccola era glaciale», i primi studiosi che avevano non solo la curiosità, ma anche il coraggio di avventurarsi e percorrere le immense solitudini ghiacciate a quell’epoca presenti sulle Alpi, già allora scrivevano sugli insetti delle nevi. Tuttavia, questi personaggi non potevano immaginare che un ghiacciaio potesse ospitare forme di vita in permanenza, e pensavano che questi minuti esseri, i Collemboli, fossero caduti dal cielo. Ma nel 1839, il geologo svizzero Edouard Desor scopriva sul ghiacciaio del Gorner – al disopra di Zermatt, nel Vallese – che la pulce dei ghiacciai era un ospite abituale di quei luoghi deserti e inabitabili per qualsiasi essere vivente, e regno del freddo. Successivamente, il nostro Collembolo fu ritrovato in molte località delle Alpi nelle stesse situazioni ambientali.

Desoria od Isotoma saltans di Agassiz vive sui ghiacciai alpini in società e fu detta (Calloni 1885) «pulce dei ghiacciai» Con prosa vivace, l’abate Antonio Stoppani (1824-1891), il ben noto autore del fortunato libro Il Bel Paese, faceva conoscere al grande pubblico colto di fine Ottocento l’esistenza di questi singolari insetti e il loro significato nel grandioso teatro della Natura alto-alpina. Durante quegli anni, il gentil sesso cominciava a comparire timidamente nell’ambiente dei rudi frequentatori della montagna. Per queste ragioni, il bravo abate doveva trattare l’argomento «pulci» con particolare riservatezza, per non urtare la pruderie di donzelle in veletta, che si avventuravano tra crepacci – robustamente incordate da guide barbute – e che non gradivano incontri sconvenienti. Successivamente, decenni di studi e ricerche sul terreno e in laboratorio permisero di meglio conoscere e documentare la vita di questi singolari insetti anche in alta montagna, scoprendo le loro insolite e straordinarie prestazioni fisiologiche che permettono loro di vivere, di nutrirsi e di procreare anche in situazioni climatiche estreme. I Collemboli sono gli insetti più primitivi attualmente conosciuti. I primi esemplari furono scoperti in Scozia entro strati di roccia datata oltre 400 milioni di anni or sono, attribuita al periodo Devoniano dell’era Paleozoica. Essi hanno costituito un campo di ricerca molto prolifico di risultati, i quali hanno permesso di mettere in luce le loro inusuali capacità fisiologiche, che consentono loro di vivere in

Il ghiacciaio del Basodino in ritiro. (Alessandro Focarile)

situazioni termicamente estreme e di saltare per spostarsi in quell’ambiente così ostile. Ma quali sono le caratteristiche essenziali dei Collemboli, unici sotto molti aspetti nel vasto mondo degli insetti? Sono lunghi da 1 a 4 millimetri, quasi sempre muniti di occhi formati di pochi elementi (ommatìdi) – salvo le specie che vivono nel terreno – e soprattutto non sono pulci, con le quali non hanno nulla da spartire. Conosciamo attualmente oltre 3000 specie, una ben modesta aliquota di quelle realmente esistenti sulla Terra. Sono stati rinvenuti dalla Groenlandia all’Antartide, pullulano nelle foreste dove sono un anello essenziale della catena composta dai demolitori della materia vegetale, penetrano nelle grotte più profonde, dove sono rappresentati da minute specie bianche e prive di occhi. Sono stati trovati fino a 6300 metri di altitudine nella catena himalayana, spesso in un numero enorme di individui e dove formano la parte più cospicua del popolamento animale permanente vivente a quelle altitudini. Nei terreni forestali, negli ammassi di fogliame e di fieno, nei muschi, nei licheni e nei funghi, i Collemboli vivono dappertutto, anche nelle zone desertiche, costituendo un gruppo animale di successo attraverso milioni di anni. Grazie al forte sviluppo della muscolatura dei femori posteriori, il salto è un meccanismo di difesa che consente a molti insetti – ricordiamo le cavallette – di sottrarsi ai predatori sempre in agguato. Il record mondiale del «salto

in lungo» è detenuto da una cicalina, cugina delle grandi cicale: 70 centimetri che rappresentano 100 volte le dimensioni del loro corpo, che è di 7 millimetri. Anche tra i Collemboli vi è un numero consistente di specie saltanti, capaci di performances altrettanto notevoli, considerate le loro minute dimensioni: 2 millimetri è la statura delle pulci dei ghiacciai, che vivono in superficie. Queste sono munite di un organo particolare: la furca (foto) che facilita il salto. Si tratta di un meccanismo strutturalmente molto semplice, essendo una molla la cui contrazione consente all’insetto di spostarsi velocemente. Per contrasto, un altro numeroso gruppo di specie – evolutivamente primitivo – è privo della furca (foto). Bianchicce e sprovviste di occhi, vivono nel terreno a varie profondità, si spostano

Collemboli onichiuridi privi di furca (1,5 mm). (Alessandro Focarile)

molto lentamente, cibandosi di minuscole alghe e di detriti vegetali. L’attenzione degli studiosi si è concentrata sulla presenza di particolari prodotti chimici creati dai Collemboli, che si possono riferire alla classe dei glicoli: i ben noti antigelo riscoperti dall’uomo (dopo molti milioni di anni...) per i motori dei suoi veicoli. Si tratta di proteine protettrici che impediscono la formazione di cristalli di ghiaccio nei tessuti dell’animaletto. Sostanze che provengono dalla sua alimentazione, costituita essenzialmente di alghe unicellulari resistenti al gelo durante la stagione invernale, e dall’immensa quantità di cibo che si deposita durante la buona stagione: pollini, spore, residui vegetali, insetti morti trasportati tutti dalle correnti ascensionali. L’insieme di queste particolarità consente ai Collemboli di poter vivere anche in situazioni termiche estreme: fino a –15°C /–20°C. La loro vita sessuale è ridotta ai minimi termini: il maschio costruisce un minuscolo supporto sul quale depone il proprio sperma, che la femmina si incaricherà di prelevare alla prima occasione durante i suoi vagabondaggi anche sul ghiaccio! Anni or sono ho avuto l’occasione di riferire in merito all’interessante e istruttivo ritrovamento da parte di Giovanni Kappenberger (il ben noto glaciologo, meteorologo e valente alpinista) sulla vetta del Valserhorn 2670 metri, a nord del Passo di San Bernardino in Mesolcina, in pieno inverno e con 14 gradi sotto zero. Un campione di terriccio era

stato prelevato a quella quota, completamente gelato e della durezza del cemento (prelevato con la piccozza!). La curiosità di Kappenberger era generata dal desiderio di appurare se, in quelle condizioni estreme, vi fosse qualche testimonianza di vita. Infatti, il campione prelevato conteneva una ricca rappresentanza di bianchi e minuscoli (1,4 millimetri) Collemboli, oltre ad altri piccoli invertebrati, tutti completamente inglobati e surgelati nel terriccio, e privi di ogni manifestazione di vita. L’esame successivo in laboratorio, nei giorni seguenti, consentì di verificare che questi minuti esseri erano soltanto «ibernati», grazie all’antigelo contenuto nel loro corpo. Pronti e ansiosi di riprendere la loro vita attiva quando la massa surgelata che li imprigionava sarebbe tornata a temperature meno severe. È stato previsto che, con le tendenze climatiche attuali, i ghiacciai alpini avranno ormai vita breve. Qualche decennio. Che cosa ne sarà della vita animale in alta quota, compresi quindi anche i nostri Collemboli, a seguito dei radicali mutamenti climatici? Questi esseri hanno una vita che affonda le radici in lontane epoche geologiche e hanno conosciuto, nel corso della loro lunga storia evolutiva, ben altri traumi ecologici a causa del ripetersi di più crisi climatiche. Le pulci dei ghiacciai (Gletscherfloh in tedesco) hanno avuto successo perché hanno scelto una nicchia ecologica biologicamente estrema, che ha evitato una loro drastica concorrenza per la sopravvivenza con le specie loro parenti. Probabilmente nel prossimo futuro non si ammireranno più i ghiacciai. Ma, per ragioni di altitudine, saranno sempre presenti dei nevai temporanei, e la sopravvivenza anche dei Collemboli non sarà compromessa. In fin dei conti, si accontenteranno di ben poco per vivere e prosperare, come hanno fatto finora con successo, e la loro perennità sarà assicurata. Bibliografia

Hermann Gisin, Collembolenfauna Europas, Muséum d’Histoire naturelle de la Ville del Genève, 1960, 312 pp. Silvio Calloni, Un naturalista dell’Ottocento, Armando Dadò editore (Locarno), 1993, 363 pp. Un Collembolo isotomide con la furca (3 mm). (Alessandro Focarile)

Diverse specie di Collemboli onichiuridi (1,5-2 mm). (Alessandro Focarile)


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.