Pasta&Pastai Gennaio/Febbraio 2023

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GENNAIO/FEBBRAIO 2023

Biologico: recenti aggiornamenti nazionali Dalla pasta “con legumi” a quella “da legumi”

Conoscere le qualità nutrizionali della pasta

ANNO XXVIII
L’INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER LA PASTA FRESCA E SECCA ISSN 1824-9523

Pasta&Pastai n. 193

ANNO XXVIII - GENNAIO/FEBBRAIO 2023

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Colophon
n EDITORIALE Pasta&Pastai “partner” della Ritsumeikan University di Kyoto ................... 2 di Mia Marchini n RUBRICHE Mondo pasta 4 Pasta e dintorni ............................................ 6 n ARTICOLI TECNICHE DI PRODUZIONE La produzione di “pasta” da legumi 8 di Andrea Bresciani e Alessandra Marti DIRITTO ALIMENTARE Biologico: ulteriori aggiornamenti in sede nazionale ........................................ 20 di Valeria Pullini STUDI Qualità nutrizionale della pasta 28 di Marika Dello Russo FOCUS Prosegue il crollo del prezzo del grano duro ........................................... 36 di Mariangela Latella n BUYERS’ GUIDE Le aziende informano ................................... 40 pagina 20 pagina 28
Sommario 1
PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023

Pasta&Pastai

“partner”

della Ritsumeikan University di Kyoto

Il professor Masayoshi Ishida sarà supportato in una ricerca sull’etimologia di alcuni tipi di pasta

Il convegno internazionale “From Seed to Pasta IV” svoltosi a novembre 2022 ha fornito un fondamentale aggiornamento sullo stato dell’arte della ricerca scientifica mondiale sul grano duro verso una filiera della pasta più sostenibile e resiliente, in grado di migliorare la sicurezza alimentare, nutrizione e salute dei consumatori. La partecipazione di Pasta&Pastai al convegno ha portato alla richiesta di collaborazione con il College of Gastronomy Management della Ritsumeikan University di Kyoto, da parte del Professor Masayoshi Ishida, già presidente di Slow Food Giappone, nonché uno dei principali studiosi dell’enogastronomia alimentare italiana in Giappone. Ispirata ai principi dell’associazione internazionale Slow Food e alla mission dell’Università degli studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con cui ha stipulato un accordo di collaborazione, la Ritsumeikan University è la prima università giapponese specificamente dedicata all’approfondimento del

sapere gastronomico internazionale. Il Professor Ishida ha recentemente coordinato, insieme al suo gruppo di ricerca, uno studio in collaborazione con Pasta Cuomo per approfondire la conoscenza della pasta di Gragnano. L’interesse per la pasta quale eccellenza italiana nel mondo ha spinto quindi all’approfondimento storico, culturale, enogastronomico ed etimologico dei tipi di pasta presenti sul mercato giapponese. L’indagine, che fa parte di uno studio più ampio volto a cogliere il processo di diffusione, trasformazione e affermazione dell’enogastronomia italiana nel mondo, è sostenuto dalla Fondazione Iijima Tojuro, il cui fondatore è Yamazaki Pan, uno dei più grandi produttori nipponici di pane. L’enogastronomia italiana - e la pasta in particolare - ha iniziato a diffondersi in Giappone fin dal periodo Meiji (1868-1912) e si è sempre più radicata nella cultura alimentare giapponese subendo trasformazioni uniche. La ricerca ha lo scopo di unificare le denominazioni dei vari formati di pasta

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di Mia Marchini Coordinatore tecnico scientifico di Pasta&Pastai

in Giappone, comunicare le denominazioni ufficiali su una piattaforma digitale che impartisca anche nozioni a carattere storico e culturale e proponga piatti diffusisi nel Paese rendendoli disponibili e consultabili a livello mondiale. A tal proposito, nel corso del 2021 sono state condotte ricerche preliminari volte alla costituzione di un database dei formati di pasta diffusi in Giappone e un’analisi delle ricette sul territorio. Pasta&Pastai ha colto con entusiasmo la proposta e si è attivata coinvolgendo il Dottor Andrea Maraschi, docente dell’Università di Bari ed esperto di storia dell’alimentazione, e interpellando il Dottor Giancarlo Gonizzi, curatore della Biblioteca gastronomica di Academia Barilla, coordinatore dei Musei del Cibo della Provincia di Parma e membro dal 2003 della Commissione Toponomastica del Comune di Parma.

Molteplici sono le storie sulle origini della pasta e prodotti simili a essa realizzati nel tempo. Dalla “miscela” etrusca, alla “Macaria” napoletana (una pasta di farina di orzo e acqua essiccata al sole); dalla passione di Cicerone per le “laganas”, alla città di Palermo, considerata la prima vera capitale della pasta. Del resto, è siciliana la prima testimonianza storica della produzione di pasta artigianale e industriale (IX secolo): nel ricettario di Ibran ‘al Mibrad sono descritti diversi formati e tipi di pasta. Ancora, ne “Il libro di Ruggero”, testo composto intorno al 1154 dal geografo arabo Al-Idrisi, si legge che a 30 km da Palermo si fabbricava “tanta pasta in forma di fili che se ne esporta in tutte le parti”. Certo è che, con il passare del tempo, la pasta ha continuato ad apparire sulle tavole d’Italia, peraltro con nomi diversi. Se nel ‘400 essa si chiamava “lasagna” con riferimento al termine “lasagnare” relativo alla pastificazione, nel ‘800 il nome mutò in “vermicelli”, da “vermicellai”. E ancora, “fideli” (fili di pasta cilindrica), con i pastai che divennero i “Fiderari”. Purtroppo, l’interesse per i fatti della vita quotidiana e per i riflessi linguistici, relativamente alla storia dei cibi e dell’alimentazione non ha avuto molta fortuna in Italia. Parimenti, nel 2011 è stato redatto il primo “Vocabolario etimologico della pasta italiana” di Franco Mosino, filologo, grecista e intellettuale italiano, che ha offerto uno strumento di ricerca sulla storia del cibo più squisitamente italiano. Nel vocabolario compaiono riferimenti all’ambito linguistico, cosa che rende questo scritto un unicum.

Colpiscono certamente la straordinaria varietà e la diversità diffusa circa i nomi della pasta in Italia. In esso, per esempio, si apprende l’etimologia del nome “tagliatelle”, dal verbo “tagliare”. Il bolognese Augusto Majani, più noto con lo pseudonimo di Nasica, disegnatore e scrittore, per condurre una violenta polemica contro Marinetti, sistematico nemico della pasta asciutta, inventò una fittizia commemorazione della nascita delle tagliatelle, create da un certo Mastro Zefirino, celebre cuoco medievale. La storiella fu accolta da molti, anche perché aveva tutte le possibilità della verosimiglianza… Le tagliatelle appartengono non solo ai cristiani, ma pure agli ebrei. Questa è una loro ricetta di confezione delle tagliatelle: “Mise un poco di farina sul tavolo e vi aggiunse dodici uova e dodici misure d’uova di acqua. Incomincia ad impastare” (E. Loewenthal).

Le “trenette”, invece, sono tipiche genovesi: si tratta di una specie di spaghettini schiacciati a sezione lenticolare, solitamente abbinati a una salsa di pesto di basilico. Dalla voce genovese “trena” = “stringa, cordoncino” migrato anche nei dialetti settentrionali con la voce “tarnèti”. Il termine “ravioli” deriva forse dalla voce genovese ravièu “merlo”. Secondo un’altra etimologia la voce “raviolo” discenderebbe dal latino medievale “rabiola” = “piccola rapa”: se ne parla in una lettera dell’arcivescovo Giraldo, presso Matteo Parigino, con il senso di “manicaretto”. Secondo una terza ipotesi la voce sarebbe invece una variante di “robiola”, italiano settentrionale con il significato, di “formaggio, di capra”. I Liguri, fino all’Ottocento avanzato, considerarono i ravioli cibo di ricorrenza per il capodanno e per il carnevale. Quest’ultima festa è ricordata da un proverbio genovese: “L’urtimo giorno da Carlevà / de ravieu se ne fa unna pansà”. In Lombardia, fino ai primi del Novecento, corsero due modi di dire: “Andà in fumm de ravioeu” (di cosa o progetto, che svanisce) e “Battezzàa con l’acqua di ravioeu” (si dice di persona sciocca). Proprio per questa straordinaria varietà linguistica, impossibile da codificare in forma completa, Pasta&Pastai supporterà il Professor Masayoshi Ishida, che dal Giappone si è posto un obiettivo tanto virtuoso quanto arduo nel cercare di comprendere e interpretare l’etimologia dei diversi formati di una eccellenza tutta italiana.

Editoriale
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Frescobaldi: dal vino alla produzione di pasta secca

Frescobaldi ha fatto il suo ingresso nel mondo della pasta secca premium. “Tirrena” è il nome della linea per la quale l’azienda produttrice di vino toscano entra nel settore. La pastificazione - che impiega solo grani antichi (Senatore Cappelli, Khorsan e Evoldur), con essiccazione naturale per conservare le proprietà organolettiche - è affidata al Pastificio Artigiano Fabbri. Le materie prime sono coltivate nei terreni di proprietà di Frescobaldi a sud ovest di Firenze, dove sono favoriti da un clima mite. “La filosofia della nostra azienda - ha commentato il presidente di Marchesi Frescobaldi, Lamberto Frescobaldi - è quella di esaltare il territorio. […] Dagli anni ’80 abbiamo portato tale filosofia anche al mondo dell’olio extra vergine di oliva, lanciando il marchio Laudemio. Oggi pensiamo di trasferire gli stessi valori e parlare di terroir anche per la pasta”.

Lo chef “re della carbonara”

apre un pastificio

Luciano Monosilio, uno dei più giovani chef italiani a essere insignito della stella Michelin, nonché pasta ambassador conosciuto a livello internazionale come “King of Carbonara” ha deciso di aprire un pastificio agricolo a Maccarese, sul litorale laziale, presso Fiumicino. I lavori inizieranno a fine marzo e sarà composto da due aree. Una dedicata alla produzione della pasta e una per gli uffici, in più ci sarà una grande sala degustazione. Il grano sarà in parte autoprodotto visto che il pastificio avrà almeno dieci ettari di terreno, mentre il restante sarà acquistato da quelli prodotti nell’area limitrofa. L’obiettivo di Monosilio è quello di creare una Igp Lazio per un prodotto che sia autoctono.

Crescita di vendite per la pasta senza glutine

Nell’anno terminato a ottobre 2022, il mercato della pasta senza glutine ha registrato una crescita delle vendite a valore nei canali iper, super, liberi servizi, discount, pari al 6,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il relativo giro d’affari arriva a quota 52,1 milioni di euro, con una crescita di 3 milioni di euro rispetto all’anno precedente. Anche in termini di vendita al volume, la categoria mostra una crescita con trend pari al +4,2%, superando le 10.300 tonnellate (oltre 400 tonnellate in più rispetto al periodo corrispettivo). Nel mondo paste senza glutine, il segmento “altre paste” (mix di farine) ricopre un ruolo predominante, con una quota a volume pari all’88,4%. Una crescita del +4,7% e un incremento di oltre 400 tonnellate nell’ultimo anno.

Barilla e cerealicoltori: riconfermato l’accordo

Rinnovata l’intesa “Grano duro alta qualità” tra Barilla e cerealicoltori. Si tratta di un accordo triennale che prevede una filiera tutta emiliano-romagnola per la pasta Barilla che prevede oltre 360 mila tonnellate di grano duro in tre anni, un quinto del totale acquistato in Italia dall’azienda. Giunto al sedicesimo anno di applicazione, l’accordo coinvolge, oltre al Gruppo Barilla, la Società Produttori Sementi, le Organizzazioni di produttori e diversi Consorzi agrari. Barilla potrà contare su una varietà di grano appositamente selezionata e in stretta connessione con gli stabilimenti emiliano-romagnoli. Ai consumatori verrà invece garantito un prodotto finale di elevata qualità, coltivato con tecniche rispettose dell’ambiente.

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Mondo pasta 4
“Grano duro alta qualità”

Decreto sull’etichetta del grano/pasta? Per il Tar è legittimo

Nessuna illegittimità nel decreto con il quale il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e forestali e il Ministero dello Sviluppo Economico a metà 2017 avevano imposto ai produttori di pasta l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di coltivazione del grano e il Paese di molitura. La finalità era quella di garantire ai consumatori un’informazione completa e trasparente, funzionale a consentire una scelta libera e consapevole nell’acquisto dei prodotti agro-alimentari. L’ha deciso il Tar del Lazio con due sentenze con le quali hanno respinto altrettanti ricorsi di decine di produttori, ritenendoli peraltro infondati nel merito.

Un piatto di pasta al sugo nel 2023 costerà di più

L’anno in corso porterà un aumento del costo di un piatto di pasta al sugo. A prefigurare il rincaro del piatto emblematico della cucina italiana sono due indicatori. Il primo riguarda le trattative per stabilire il prezzo dei pomodori pelati da industria, che viene fatta ogni anno e che in questo periodo entra nel vivo. Quella per il bacino del nord Italia è in stallo: l’industria della trasformazione ha offerto ai produttori di pomodoro un incremento del prezzo del 20% rispetto al 2022, ciò nonostante gli agricoltori hanno ritenuto questo incremento insufficiente a coprire il rally dei costi subiti degli ultimi mesi. Il secondo, invece, riguarda i mugnai i quali hanno affermato che seppur la farina non manchi, ma vi è incertezza sui prezzi del futuro prossimo.

Semola di grano duro nella Borsa Merci di Foggia?

Arriva dalle associazioni di categoria pugliesi (tra cui CIA-Agricoltori Italiani de La Capitanata), la proposta di inserire nel listino della Borsa Merci di Foggia la semola di grano duro italiano. La missiva ufficiale è del 10 gennaio scorso e nasce per sostenere il valore qualitativo di tale prodotto e dell’intera filiera per garantire un equo riconoscimento alle imprese cerealicole e di trasformazione del territorio de La Capitanata. L’iniziativa punta a fare da apripista per l’intero Paese anche in funzione del ruolo di “granaio d’Italia” che ha Foggia. “I costi per la produzione del grano duro - spiega Angelo Miano, presidente di CIA-Agricoltori Italiani de La Capitanata - sono lievitati a 1.200 euro/ha, a fronte di una produttività di circa 23,5 quintali per ettaro. Senza l’inserimento della semola nella Borsa Merci, tutta la filiera rischia di saltare”.

Felicetti protagonista di “Identità Golose” a Milano

Tra i protagonisti della 18esima edizione milanese di “Identità Golose”, si segnala il pastificio Felicetti, una delle prime aziende a supportare la kermesse gastronomica ideata da Paolo Marchi. Nello stand-cucina allestito dal team dell’azienda trentina, le paste monovarietali della linea Monograno Felicetti sono state al centro del consueto appuntamento con “Identità di Pasta” di domenica 29 gennaio. Otto chef per sette lezioni verticali dedicate al prodotto simbolo del made in Italy, per omaggiarne l’assoluta centralità nella cultura gastronomica moderna. Tali prodotti sono molto apprezzati nel canale horeca vocato alla cucina di ricerca: la realizzazione con sole semole biologiche monorigine, coltivate su terreni circoscritti, garantiscono alla linea Monograno una qualità superiore percepibile al palato, sempre più amata dagli chef e dagli appassionati di cucina.

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Estrusione convenzionale o cottura-estrusione?

Icambiamenti climatici e il loro impatto sulle risorse idriche, e non solo, stanno aumentando la consapevolezza dei consumatori sull’impatto della propria dieta sul pianeta. Da qui la richiesta di riformulare gli alimenti più comuni, tra cui prodotti da forno, snack e pasta, sostituendo totalmente o parzialmente i cereali convenzionali con colture più sostenibili. Tra queste ultime, i legumi svolgono un ruolo chiave nella promozione di una dieta sana e sostenibile (grazie al loro impatto positivo sul suolo, sull’ambiente e sulla salute e il benessere dell’individuo). Questi ultimi infatti sono un’ottima fonte di proteine, amido resistente, fibra, vitamine, minerali, composti bioattivi tra cui acidi fenolici e flavonoidi; nel complesso, potrebbero aiutare a prevenire e/o gestire numerose patologie tra cui diabete, obesità

e malattie cardiovascolari, contribuendo positivamente sullo stato di salute e di benessere dell’individuo (Martini et al., 2021). Oltre a questi benefici, i legumi presentano interessanti caratteristiche agronomiche. Ad esempio, grazie alla capacità di fissare l’azoto atmosferico e a crescere in condizioni di siccità ed elevate temperature, i legumi richiedono un minor impiego di acqua, fertilizzanti e pesticidi rispetto alle colture convenzionali (Siddique et al., 2012). Nonostante i numerosi benefici nutrizionali, agronomici e ambientali, i legumi sono ancora poco consumati nei Paesi occidentali soprattutto a causa di alcuni aspetti, tra cui la presenza di oligosaccaridi indigeribili della famiglia degli zuccheri del raffinosio che provocano flatulenza, il gusto amaro o erbaceo, e i lunghi tempi di cottura. Un possibile approccio per aumen-

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di Andrea Bresciani e Alessandra Marti Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente (DeFENS), Università degli Studi di Milano

tare il consumo di legumi è quello di utilizzarli in formulazioni alimentari che ne limitino gli aspetti negativi sopra menzionati. A tal fine, recentemente sono stati sviluppati diversi prodotti a base di legumi (Bresciani & Marti, 2019; Pasqualone et al., 2020). Tra questi, la pasta è apprezzata in tutto il mondo grazie alla sua lunga conservabilità, alla semplicità di preparazione, al basso costo, nonché alle caratteristiche sensoriali e nutrizionali (Bresciani et al., 2022a; Sissons, 2022).

Dalla pasta con legumi alla pasta di legumi

Nei decenni passati, la pasta arricchita con legumi è stata proposta per aumentare il contenuto di fibra e proteine, nonché per migliorare l’equilibrio amminoacidico del frumento duro (Petitot & Micard, 2010; Petitot et al ., 2010). Il processo di estrusione convenzionale (sotto i 50 °C) è stato ampiamente utilizzato per produrre pasta a base

di frumento arricchita con legumi come soia, piselli, lenticchie, ceci, lupino e fagioli (Pedrosa et al., 2021). Un’indagine bibliografica sulla formulazione di pasta con legumi ha evidenziato come le percentuali di sostituzione maggiormente utilizzate non superino il 40%; valori superiori sono associati a un peggioramento del comportamento in cottura della pasta, a causa non solo della diminuzione della quantità di glutine ma anche dell’interferenza tra le proteine (non formanti glutine) e la fibra dei legumi con le proteine del glutine, e delle interazioni tra proteine e composti fenolici di cui i legumi sono ricchi (Bresciani et al., 2021a). Dal punto di vista sensoriale, sostituzioni fino al 30% sono accettate nel caso delle lenticchie rosse, ma meno gradite per quanto riguarda ceci e piselli (Wójtowicz & Mos´ cicki, 2014). Elevate percentuali di arricchimento con legumi richiedono importanti variazioni delle condizioni di processo. Ad esempio, all’aumentare del con-

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Tecniche di produzione

tenuto di legumi è necessario aumentare la velocità di rotazione dell’impastatrice e ridurre l’idratazione dell’impasto, e quindi aumentare la velocità della vite di estrusione (Monnet et al., 2019). Diagrammi di essiccazione ad alta temperatura sono generalmente consigliati al fine di migliorare l’interazione tra le proteine, siano esse tra cereali-legumi o solo legumi, favorendo la produzione di una pasta con una migliore struttura (Laleg et al., 2017). Attualmente, il continuo interesse per gli alimenti privi di glutine - così come la necessità di migliorarne il profilo nutrizionaleha spostato l’attenzione sulla formulazione di pasta di legumi al 100%. Le paste di legumi - soprattutto quelle ottenute da ceci o lenticchie - stanno guadagnando popolarità presso l’industria alimentare e i consumatori, soprattutto per l’elevato contenuto di proteine, fibra e amido resistente. Varie tipologie di pasta di legumi sono disponibili sul mercato italiano e non solo, con alcune differenze nel comportamento di cottura a seconda delle materie prime e delle condizioni di processo applicate (Bresciani et al., 2022b). In un recente lavoro, dal confronto tra paste di ceci e lenticchie rosse prodotte da due aziende italiane, sono emerse importanti differenze per quanto riguarda sia le proprietà di amido e proteine, sia il comportamento in cottura. Il miglior comportamento in cottura dei campioni di pasta prodotti da uno dei

due produttori è stato messo in relazione alla presenza di aggregati proteici stabilizzati da legami covalenti, a suggerire una maggiore compattezza della struttura proteica (Bresciani et al., 2022b). Considerando che - a parità di materia prima utilizzata - le due paste presentavano una simile composizione chimica, le differenze osservate tra i campioni dei due produttori - che appaiono più evidenti nei campioni di ceci rispetto a quelli di lenticchie rosse - potrebbero essere ascrivibili al processo produttivo.

Le tecnologie di produzione della pasta di legumi

La caratterizzazione dei campioni presenti sul mercato rappresenta un interessante punto di partenza per comprendere la relazione tra struttura e qualità. Tale approccio però presenta alcuni limiti tra cui l’impiego di materie prime - con caratteristiche compositive e proprietà funzionali sconosciute e potenzialmente differenti - in processi le cui condizioni operative sono anch’esse non divulgate e/o oggetto di brevetti. Ne deriva la necessità di un lavoro di ricerca che permetta di mettere in evidenza l’effetto del processo produttivo (applicato alla stessa materia prima) sulle caratteristiche strutturali e la qualità in cottura della pasta di legumi.

Come accennato, i legumi sono una materia prima interessante per la produzione di pasta grazie all’elevato contenuto di proteine, fibra e composti

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Tecniche di produzione
La percentuale di legumi nella pasta secca non supera il 40%

con attività antiossidante. Inoltre, non contenendo glutine, i legumi rappresentano una valida alternativa, dal punto di vista nutrizionale, alle materie prime attualmente utilizzate per la produzione di pasta senza glutine. La mancanza di glutine rende certamente difficile la produzione di pasta di buona qualità, ma l’applicazione di opportuni trattamenti termici (come la pre-gelatinizzazione) e/o termo-meccanici (come la cottura-estrusione) ha permesso di modificare la componente amilacea dei cereali, in modo tale da strutturare lo sfarinato privo di glutine in una massa coesa (Marti e Pagani, 2013). Se nel caso di pasta 100% mais e 100% riso, è stata chiarita la relazione tra processo e qualità del prodotto finito (Marti et al., 2010; Marti et al., 2013; Bresciani et al., 2021b), nel caso dei legumi, non è ancora chiaro quale sia il processo più idonea alla produzione di una pasta dal buon com-

portamento in cottura. Per comprendere la relazione tra materia prima, processo produttivo e qualità della pasta di legumi, è stata valutata l’attitudine alla pastificazione di due tipologie di sfarinato di lenticchie gialle commercialmente disponibili: una farina tal quale ed una pre-gelatinizzata, prodotta dal medesimo lotto del campione tal quale. Utilizzando gli impianti pilota del DeFENS, sono state quindi prodotte tre tipologie di paste, come schematizzato nella Figura 1.

Le paste sono state prodotte (formato rigatoni) mediante estrusione convenzionale o cottura-estrusione, mentre la farina pre-gelatinizzata è stata utilizzata esclusivamente mediante il processo di estrusione convenzionale. Per estrusione convenzionale s’intende un processo in cui il materiale è dapprima estruso a 50 °C e poi essiccato in una cella utilizzando un diagramma di essiccazione a bassa temperatura (temperatura massima di 60 °C). Il processo di cottura-estrusione - condotto su impianto Progel-Braibanti - ha previsto la produzione di un intermedio di produzione (“pellets”) ottenuto mediante un primo trattamento a vapore in vasca (a 110 °C per 15 minuti) e successiva estrusione a 130 °C. I pellets hanno poi subito un secondo processo di estrusione (a 50 °C) ed essiccazione finale, come descritto per il processo convenzionale.

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Tecniche di produzione
Figura 1 Flow-sheet semplificato per la produzione della pasta di legumi
Niente pregelatinizzazione per pasta secca con lenticchie gialle

Obiettivo del processo di cottura-estrusione è quello di promuovere la gelatinizzazione dell’amido che, a seguito del raffreddamento, si riorganizzerà in una struttura semi-cristallina. È questa nuova organizzazione dell’amido nel prodotto finito che ne determina la struttura e il comportamento in cottura. Dopo cottura-estrusione della farina di lenticchia gialla, i pellets presentano un contenuto di amido gelatinizzato del 50%, quasi 18 volte superiore a quello della materia prima di partenza (Bresciani et al., 2021c). Nel caso della farina pregelatinizzata non è necessario gelatinizzare l’amido durante il processo di pastificazione, poiché l’amido è già andato incontro a gelatinizzazione durante il trattamento termico di pre-gelatinizzazione. Nel caso della lenticchia rossa, l’effetto della pre-gelatinizzazione sull’amido gelatinizzato è stato più contenuto rispetto alla cottura-estrusione, promovendo un incremento di tre volte, raggiungendo valori finali attorno al 40% (Bresciani et al., 2022c). A seguito del trattamento di pre-gelatinizzazione, gli sfarinati di legumi presentano una maggiore tendenza alla retrogradazione. Nella Figura 2 sono riportati i tracciati di gelatinizzazione e retrogradazione dell’amido (ottenuti mediante Micro-Visco-Amilografo di Brabender) di due farine di lenticchie rosse tal quali (nel riquadro superiore) e pre-gelatinizzate (nel riquadro inferiore) commercializzate da due molini italiani. Sebbene gli sfarinati tal quali presentino una differente tendenza alla gelatinizzazione, le differenze non sono più presenti dopo il trattamento di pre-gelatinizzazione (le cui condizioni non sono note agli autori di questo lavoro). In un recente lavoro sulle lenticchie rosse è stato evidenziato come un trattamento di pre-gelatinizzazione sia in grado sia di gelatinizzare l’amido sia di denaturare le proteine (Bresciani et al., 2022d). Simili cambiamentiseppur con intensità differenti - sono attesi indipendentemente dal legume utilizzato. Nel caso della lenticchia gialla, il trattamento di pre-gelatinizzazione ha permesso di migliorare le proprietà di idratazione dando origine a impasti più consistenti (Figura 3). Le modificazioni indotte dal pretrattamento a carico di amido e proteine sembrano aver favorito la loro interazione con l’acqua.

Tracciati micro-visco-amilografici di sfarinati di lenticchie rosse tal quali (in alto) e pre-gelatinizzate (in basso) di due fornitori

La qualità della pasta di legumi: focus sulla pasta di lenticchie gialle Diversamente da quanto osservato per le paste senza glutine da riso e mais, il presente studio ha mostrato come, nel caso di lenticchie gialle, sia

Tracciati farinografici di sfarinati di lenticchie gialle (linea continua) e pre-gelatinizzata (linea tratteggiata) a un livello di idratazione del 50%

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I trattamenti termici sugli sfarinati di legumi
Tecniche di produzione
Figura 3 Figura 2

possibile produrre pasta secca in una pressa continua senza sottoporre la materia prima al trattamento di pre-gelatinizzazione. Un risultato simile è stato ottenuto pastificando ceci e lenticchia rossa (Bresciani et al., 2022e). Indipendentemente dalla materia prima (tal quale o pre-gelatinizzata) e dal processo produttivo (estrusione convenzionale o cotturaestrusione) è stato possibile produrre un prodotto in grado di mantenere la propria integrità anche dopo cottura (Figura 4). Sebbene la cottura del prodotto sia determinante per l’accettabilità finale, la valutazione della qualità della pasta inizia già al momento dell’acquisto attraverso la valutazione visiva del prodotto crudo che deve avere un colore uniforme e, nel caso della pasta di semola, giallo ambrato (Marti et al., 2015). Il colore caratteristico delle lenticchie gialle le rende particolarmente idonee alla produzione di pasta che ricorda il colore della pasta di semola. L’aspetto dei tre campioni di pasta in Figura 4 è alquanto differente per quanto riguarda la presenza di punti bianchi sulla superficie del prodotto a suggerire una disomogenea idratazione durante la fase di impastamento. Tale difetto è assente nella pasta prodotta dallo sfarinato pre-gelatinizzato,

il quale ha mostrato durante il test farinografico una maggiore capacità di interagire con l’acqua dando origine a un impasto più consistente (Figura 3).

Le percentuali riportate in Figura 4 rappresentano l’eterogeneità superficiale misurata mediante analisi d’immagine: maggiore è il valore, più disomogenea è la superficie della pasta. La pasta da farina tal quale ed estrusione convenzionale presenta la maggiore eterogeneità superficiale, che si riduce a seguito del trattamento termico, che può avvenire durante il processo di pastificazione direttamente nel cuocitore-estrusore o a monte ottenendo la farina pre-gelatinizzata. Un risultato simile è stato riscontrato per la pasta prodotta da lenticchie rosse (Bresciani et al., 2022e). La cottura del prodotto maschera i difetti superficiali ma le differenze tra i campioni persistono.

Il comportamento in cottura della pasta di lenticchie gialle

La qualità in cottura della pasta viene generalmente valutata mediante la quantificazione del materiale rilasciato nell’acqua di cottura (parametro noto come perdite in cottura) e della consistenza del prodotto (Marti et al., 2015). In questo lavoro, la consistenza della pasta cotta è stata valutata mediante test strumentale, utilizzando

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La pasta da cottura-estrusione presenta una maggiore stabilità termica
Figura 4 Immagini dei campioni di pasta di lenticchie gialle prodotte su scala pilota

una cella di Kramer dotata di dieci lame che, mediante l’azione di compressione, taglio ed estrusione simula la masticazione del prodotto. Gli indici considerati forniscono informazioni sulla resistenza della pasta al primo morso (“consistenza” in Tabella 1) e alla completa masticazione (“lavoro” in Tabella 1).

Tabella 1

Comportamento in cottura dei campioni di pasta al tempo ottimale di cottura (6.5 min)

Lettere diverse nella stessa colonna indicano differenze significative (Tukey’s HSD test, p<0.05).

I campioni con il migliore comportamento in cottura sono quelli il cui processo produttivo ha previsto un trattamento termico della materia prima. Infatti, la pasta ottenuta dall’estrusione convenzionale della farina tal quale ha mostrato maggiori perdite in cottura, la minor consistenza e lavoro totale durante la compressione-taglio-estrusione della pasta cotta. A titolo d’esempio, le perdite in cottura di penne di lenticchie gialle presenti in commercio sono pari a 6.4% e la consistenza è intorno ai 540 N.

Relazione tra comportamento

in

cottura e proprietà dell’amido

Con l’obiettivo di chiarire l’effetto del processo di pastificazione sulle proprietà dell’amido e sul comportamento in cottura della pasta, lo studio di Bresciani et al. (2021c) si è focalizzato sui processi di pastificazione dello sfarinato tal quale. La pasta ottenuta dalla cottura-estrusione sembra essere caratterizzata da una maggiore stabilità termica (avendo una maggiore temperatura di inizio

gelatinizzazione) e dunque una maggiore resistenza alla sovracottura rispetto al prodotto ottenuto dalla stessa materia prima mediante estrusione convenzionale. Un comportamento simile è stato osservato per la produzione di pasta di riso (Marti et al., 2010; Marti et al., 2011). Inoltre, la pasta da cottura-estrusione ha mostrato una minore energia per promuovere la gelatinizzazione, essendo l’amido (per circa il 75%) stato gelatinizzato durante il processo di pastificazione, contro il 58% circa della pasta da estrusione convenzionale. Gli autori, sulla base dei risultati ottenuti, hanno ipotizzato che l’amido presente come “non gelatinizzato” nella pasta da cottura-estrusione presentasse una struttura più organizzata, come osservato una decina di anni fa per la pasta di riso. Il processo di cottura-estrusione sul riso aveva creato una regione esterna in cui l’amido è organizzato in una struttura amorfa e un nucleo interno caratterizzato da una struttura cristallina (Marti et al., 2011). La presenza di queste due regioni in cui l’amido è organizzato diversamente riflette il comportamento del prodotto durante il test microvisco-amilografico ( Figura 5 ). Il tracciato del campione da cottura-estrusione mostra un aumento della viscosità in due fasi - a circa 79 °C e 83 °C (evidenziati nel grafico dalle frecce) - e a temperature più elevate rispetto al prodotto da estrusione convenzionale. Anche la riorganizzazione

Tracciati micro-visco-amilografici dello sfarinato di lenticchie gialle (in giallo) e delle paste da estrusione convenzionale (in blu) e cottura-estrusione (in verde)

17 PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
Perdite incottura (g/100g) Consistenza (N) Lavorototale (N*mm) Estrusione convenzionale dello sfarinato tal quale 7.4b 530a 2448a Cottura-estrusione dello sfarinato tal quale 7.1b 609bc 2898a Estrusione convenzionale dello sfarinato pre-gelatinizzato 6.7b 636c 2736a
Figura 5
Tecniche di produzione

dell’amido - caratterizzata da un ulteriore aumento della viscosità durante il raffreddamento - avviene in due fasi, a circa 70 °C e 55 °C (Figura 5), a confermare la presenza di “popolazioni” di amido con proprietà di gelatinizzazione e retrogradazione differente.

Considerazioni conclusive

La comprensione degli effetti della formulazione e/o delle condizioni di processo sulle caratteristiche molecolari sembra essere strategica per definire la qualità del prodotto finale. Nel corso dei decenni, le relazioni struttura-qualità sono state studiate nella pasta di semola (Bonomi et al., 2012) e semola integrale (Bock et al., 2015; Marti et al., 2017), dove il glutine gioca un ruolo chiave nell’assicurare la tipica consistenza “al dente” del prodotto cotto, così come nella pasta

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senza glutine (Cabrera-Chavez et al., 2012; Barbiroli et al., 2013; Marengo et al., 2015), dove le modifiche dell’amido sono strategiche nel creare una struttura coesa. Al contrario, a oggi le informazioni disponibili sulla pasta di legumi - l’ultima innovazione nel settore della pasta - sono limitate. Sebbene l’amido sia il componente principale dei legumi, non vanno trascurati gli effetti del processo produttivo sull’organizzazione delle proteine e il suo ruolo nel definire il comportamento in cottura della pasta. Lavori futuri potranno approfondire il ruolo del processo di pastificazione sulla componente proteica e sulla digeribilità del prodotto finito, al fine di produrre una pasta di legumi sempre più apprezzata dal consumatore.

Andrea Bresciani e Alessandra Marti

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18 PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
di produzione
Tecniche

ÈNuovo decreto ministeriale recante le disposizioni per l’attuazione del regolamento (Ue) 2018/848

opportuno dedicare un nuovo articolo sul settore agroalimentare biologico a fronte dell’emanazione del recente Decreto Mipaaf (ora Masaf) n. 229771 del 20 maggio 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 151 del 30 giugno 2022 ed entrato in vigore il 1° luglio 2022. Con tale decreto:

- sono state introdotte specifiche disposizioni per l’attuazione del regolamento quadro n. 848/2018/Ue, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, in relazione agli obblighi degli operatori e dei gruppi di operatori per le norme di produzione;

- sono stati abrogati i precedenti decreti ministeriali: n. 6793 del 18 luglio 2018 (disposizioni nazionali di attuazione in materia di agricoltura biolo-

gica), n. 11954 del 30 luglio 2010 (sulle modalità di applicazione relativa alla produzione di animali e di alghe marine dell’acquacoltura biologica) e n. 34011 dell’8 maggio 2018 (riguardante la disciplina dei prodotti vitivinicoli biologici).

Campo di applicazione

Il nuovo decreto, come detto, contiene disposizioni per l’attuazione del regolamento (Ue) 2018/848 e ss. mm., nonché dei regolamenti delegati che lo integrano e regolamenti esecutivi, in particolare nelle seguenti materie:

a) conversione;

b) produzione vegetale;

c) produzione animale;

d) produzione di alghe e animali da acquacoltura;

e) produzione di alimenti trasformati;

PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
20
Diritto alimentare
di Valeria Pullini - Avvocato esperto in diritto alimentare

f) produzione del vino;

g) gestione delle deroghe;

h) adozione di norme eccezionali di produzione;

i) etichettatura;

j) adempimenti degli operatori ai fini del controllo;

k) trasmissione di informazioni.

Si nota che, con un successivo decreto del Masaf, sarà adottata la norma nazionale relativa all’etichettatura e al controllo dei prodotti provenienti da operazioni di ristorazione collettiva. Nelle more dell’adozione di tale disciplina nazionale, le eventuali norme private devono essere trasmesse al Masaf, il quale, entro 60 giorni dalla ricezione, ne riscontra la conformità ai parametri minimi dettagliatamente riportati nell’Allegato 1 del decreto qui in esame.

Alcuni cenni alle norme di produzione

Con riferimento alla produzione vegetale, l’art. 4 del nuovo decreto ministeriale prevede, per quan-

to qui interessa, che il mantenimento e il potenziamento della fertilità del suolo e la tutela della salute delle piante debbano essere ottenute tramite il succedersi nel tempo della coltivazione di specie vegetali differenti sullo stesso appezzamento, mediante il ricorso alla rotazione pluriennale delle colture. In caso di colture seminative, orticole non specializzate e specializzate in pieno campo, la medesima specie, al termine del ciclo colturale, è coltivata sulla stessa superficie solo dopo l’avvicendarsi di almeno due cicli di colture principali di specie differenti, uno dei quali destinato a leguminosa, coltura da sovescio o maggese, quest’ultimo con una permanenza sul terreno non inferiore a 6 mesi. In deroga a quanto poc’anzi riportato, un cereale autunnovernino può succedere a se stesso o a un altro

PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
21 Diritto alimentare
Un cereale autunno-vernino può avere al massimo due cicli colturali consecutivi

analogo per un massimo di due cicli colturali, che devono essere seguiti da almeno due cicli di colture principali di specie differenti, almeno uno dei quali destinato a leguminosa, coltura da sovescio o maggese, quest’ultimo sempre con una permanenza sul terreno non inferiore a 6 mesi. In ordine ai criteri da rispettare per la rotazione delle colture in ambiente protetto, il nuovo decreto rimanda all’allegato II, parte I, punto

1.9.2 b) del Reg. (Ue) 2018/848, il quale stabilisce: “nel caso delle serre o delle colture perenni diverse dai foraggi, mediante l’uso di colture da sovescio e leguminose a breve termine e il ricorso alla diversità vegetale”. Quanto ai concimi e ammendanti, il riferimento legislativo nazionale è rappresentato dall’allegato 13, parte seconda, tabella 1 “Elenco dei fertilizzanti idonei all’uso in agricoltura biologica”, del D. lgs n. 75/2010 e s.m.i.. Ai sensi dell’allegato II del regolamento (Ue) 2021/1165, i prodotti che sono “proibiti se provenienti da allevamenti industriali” possono essere utilizzati in agricoltura biologica, se accompagnati da apposita dichiarazione, rilasciata dal fornitore, attestante che la produzione degli stessi non è avvenuta in allevamenti industriali. Degno di nota, sempre in tema produttivo, è l’art. 7 del nuovo decreto, dedicato alla “Produzione di alimenti trasformati”. In esso si specifica e si chiarisce che, ai sensi dell’Allegato II, Parte IV, punto 2.1 del Reg. (Ue) n. 2018/848 per “prodotto ottenuto principalmente da ingredienti di origine agricola”, s’intende un prodotto dove questi rappresentano più del 50% in peso della totalità degli ingredienti. Inoltre, è autorizzato l’uso del nitrito di

sodio (E250) e del nitrato di potassio (E252) per la trasformazione dei prodotti a base di carne qualora sia dimostrato, in modo adeguato, che non esiste alcun metodo tecnologico alternativo in grado di offrire le stesse garanzie e/o di preservare le particolari caratteristiche del prodotto.

Adempimenti degli operatori per il controllo

Notevole importanza assume la previsione di cui all’art. 12 del decreto in esame nella parte in cui stabilisce, in senso decisamente limitativo per gli operatori, che quelli che abbiano notificato attività con metodo biologico ai sensi dell’art. 34, parag.

1 del Reg. (Ue) n. 2018/848, siano tenuti ad assoggettarsi a un unico Organismo di controllo, indipendentemente dall’ubicazione sul territorio delle unità di produzione, dal numero e dal tipo di attività da sottoporre al sistema di controllo. La stessa norma prevede poi che in conformità all’art. 34, parag.

3 del regolamento quadro, l’operatore o gruppo di operatori che intenda affidare lo svolgimento di un’attività a terzi deve indicare tale attività nel modello di notifica di produzione con metodo biologico, a meno che l’esecutore non sia un soggetto a

22 PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
Diritto alimentare
Le piattaforme online per prodotti bio sottostanno al sistema di controllo

sua volta inserito nell’elenco nazionale degli operatori biologici. In tal caso il mandatario conserva il certificato del soggetto esecutore. Nel caso in cui l’esecutore non sia un operatore notificato, l’impegno da parte di quest’ultimo di rispettare le norme relative all’agricoltura biologica e assoggettare le attività al sistema di controllo va previsto in forma scritta nel contratto tra operatore ed esecutore. Quanto alle piattaforme online che vendono prodotti biologici, esse devono essere assoggettate al sistema di controllo.

Banche date

Nelle more della revisione della normativa nazionale in materia di banche dati per la disponibilità di materiale riproduttivo vegetale biologico, in conversione e per la concessione della deroga di cui all’Allegato II, Parte I, punto 1.8.5, del Reg. (Ue) n. 2018/848 per l’uso di sementi o di materiale di moltiplicazione vegetativa non biologici, valgono le modalità operative di cui al Decreto ministeriale 24 febbraio 2017, n. 15130, in particolare la procedura di gestione della BDS di cui al relativo Allegato 1.

Etichettatura

Infine, si segnalano alcune significative modificazioni introdotte al sistema di etichettatura degli alimenti biologici a livello nazionale. In particolare, l’art. 11 del nuovo decreto prevede che il nu-

mero di codice dell’Organismo di controllo che compare in etichetta è rappresentato unicamente dal codice attribuito dalla competente autorità del Masaf a ciascun Organismo di controllo al momento della autorizzazione a operare. Il numero di codice è composto dalla sigla “IT”, seguita dal termine “BIO”, seguito da numero di tre cifre, stabilito dal Masaf stesso. Ai fini della rintracciabilità dei prodotti in tutte le fasi della produzione, preparazione e distribuzione, ai sensi del D. Lgs. 23 febbraio 2018, n. 20, gli Odc attribuiscono un numero di codice a tutti gli operatori o gruppi di operatori controllati. Inoltre, qualora il logo biologico dell’Ue sia riportato in più parti di una confezione, l’obbligo di indicare le diciture previste dalla regolamentazione Ue riguarda uno solo dei loghi riportati sulla confezione. Per quanto sopra, a differenza di quanto precedentemente previsto dal DM n. 6793/2018, mentre rimane obbligatoria l’indicazione in etichettatura del numero di codice

24 PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
Diritto alimentare
In etichettatura non è più previsto l’inserimento del codice operatore

dell’Organismo di controllo, non è più previsto l’inserimento:

- del codice operatore (che viene, sì, attribuito dall’Odc, senza più alcuna previsione della relativa menzione in etichetta), e

- della dicitura “organismo di controllo autorizzato dal Mipaaf”.

In altri termini, viene meno l’indicazione della stringa così come formulata ai sensi dei precedenti decreti ministeriali, oggetto di abrogazione. Ora, il problema che si pone riguarda la possibilità o meno di inserire comunque il “codice operatore”, a titolo volontario. La questione non è peregrina, in quanto il nuovo decreto non prevede espressamente il venire meno dell’obbligo di tale indicazione, nel qual caso ne discenderebbe la possibilità per l’operatore di riportarla a titolo volontario (sotto la propria responsabilità); bensì dispone nuove regole di etichettatura prevedendo solo ciò che deve essere indicato in relazione ai codici, così implicitamente escludendo quanto dalla norma stessa non contemplato. Questo è avallato dal fatto che il nuovo decreto prevede, all’art. 14, specifiche disposizioni transitorie ai fini dell’adattamento alle nuove regole di etichettatura, disponendo quanto segue:

- i prodotti biologici etichettati in conformità al DM 18 luglio 2018 n. 6793 possono essere immessi sul mercato fino all’esaurimento delle scorte;

- le etichette già stampate in conformità al precedente DM 18 luglio 2018 n. 6793 possono essere utilizzate fino all’esaurimento delle scorte.

Sicché si comprende che solo quanto predisposto in vigenza dell’abrogato decreto può essere immesso in commercio e rimanervi sino a esaurimento scorte, mentre sotto la vigenza del nuovo decreto l’etichettatura deve essere conforme alle nuove disposizioni, cosicché il codice operatore non dovrebbe poter più essere indicato, nemmeno su base facoltativa. Ciò è ulteriormente suffragato dal fatto che, effettivamente, il Reg. (Ue) n. 848/2018, all’art. 32, prevede come obbligo di etichettatura l’indicazione del numero di codice dell’autorità di controllo o dell’organismo di controllo cui è soggetto l’operatore e non il codice attribuito all’operatore stesso. In tal senso, il nuovo decreto ministeriale parrebbe conformarsi maggiormente al preminente dettato normativo europeo. Un esempio di modifica da apportare in etichetta (secondo lo schema prima/dopo), proposto da CCPB nel proprio sito, può essere il seguente:

“Salve e invariate tutte le ulteriori regole di etichettatura previste dal regolamento quadro e dai relativi regolamenti delegati ed esecutivi, in precedenza analizzate”.

26 PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023 Diritto alimentare
Organismo di controllo autorizzato dal MiPAAF IT-BIO-xxx Agricoltura Italia
IT-BIO-xxx

I risultati dello studio Food Labelling of Italian Products in merito all’analisi nutrizionale della pasta venduta in Italia

Articolo estrapolato da: Dello Russo, M., Spagnuolo, C., Moccia, S., Angelino, D., Pellegrini, N., Martini, D., & Italian Society of Human Nutrition (SINU) Young Working Group. (2021), Nutritional quality of pasta sold on the Italian market: The Food Labelling of Italian Products (FLIP) Study, “Nutrients”, 13 (1), 171.

Con oltre 25 kg pro capite all’anno, gli italiani si confermano i principali consumatori di pasta, seguiti da tunisini (16 kg), venezuelani (12,2 kg) e greci (11,5 kg)1. Nonostante il suo consumo abbia subito un calo negli ultimi anni, anche a causa di alcune mode alimentari che raccomandano di evitare i cibi ricchi di carboidrati come “strategia” per perdere peso2, questo alimento risulta essere ancora

un componente base di modelli alimentari sani quali la Dieta Mediterranea, il cui consumo è stato positivamente associato a un più basso rischio di sovrappeso e obesità3-7. Ma cosa si intende per “pasta” in etichetta? La pasta è una categoria molto eterogenea di prodotti a base di farine di cereali o di altri ingredienti che spesso differiscono non solo per la forma ma soprattutto per gli ingredienti e, quindi, per la composizione nutrizionale. Tuttavia, le raccomandazioni nutrizionali riguardo porzioni e frequenza di consumo non tengono conto di questa variabilità. Va considerato, inoltre, che la pasta viene spesso consumata in associazione ad altri ingredienti quali olio, formaggio o sughi anche elaborati che possono in gran parte contribuire al valore energetico dell’intera porzione. La conoscenza della qualità nutrizionale delle varie tipologie dei

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Studi
PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
di Marika Dello Russo Ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione ISA-CNR Avellino

prodotti denominati “pasta” può essere utile per guidare i consumatori nel loro acquisto e consentire loro di fare scelte più sane e consapevoli.

Regolamento delle etichette dei prodotti alimentari

L’etichetta rappresenta l’interfaccia più importante tra il produttore e il consumatore al momento dell’acquisto. Essa fornisce informazioni relative al prodotto commercializzato per orientare al meglio la scelta del consumatore; è inoltre utilizzata dal produttore per valorizzare i propri prodotti mediante un’ampia varietà di messaggi, immagini e dichiarazioni. Secondo il Regolamento (Ue) 1169/2011, ogni etichetta dei prodotti alimentari deve specificare alcune informazioni e inserirle in modo indelebile in un punto facilmente visibile. Tra le informazioni obbligatorie ritroviamo le dichiarazioni nutrizionali, la denominazione di vendita, le condizioni di conservazione e uso, la du-

rabilità del prodotto e l’elenco degli ingredienti8 Secondo lo stesso regolamento, sulla confezione possono essere riportate altre informazioni volontarie quali indicazioni nutrizionali (nutritional claims, NC), la ridotta presenza o assenza di glutine (gluten free, GF) o la certificazione biologica8-10, al fine di valorizzare maggiormente il prodotto e dare al consumatore la possibilità di fare scelte più attente e in linea con le sue preferenze o necessità. Tuttavia, la ricerca ha evidenziato che la presenza di indicazioni nutrizionali o l’assenza di glutine in etichetta può essere erroneamente percepita come garanzia di una migliore qualità nutrizionale del prodotto11-14, influenzando le scelte alimentari e in alcuni casi comportando anche un loro consumo eccessivo15. Per questo motivo, se da un lato l’etichetta può essere uno

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Studi
L’etichetta valorizza i prodotti con messaggi, immagini e dichiarazioni

strumento utile a informare il consumatore sulle caratteristiche specifiche del prodotto - anche in termini nutrizionali e salutistici - dall’altro può generare confusione al momento dell’acquisto. In questo contesto si inserisce lo studio Food Labelling of Italian Products (FLIP), un progetto volto ad analizzare sistematicamente la qualità nutrizionale degli alimenti preconfezionati venduti sul mercato italiano.

Lo studio FLIP (Food Labelling of Italian Products) e la pasta

Il disegno dello studio ha previsto la selezione di tutti i prodotti preconfezionati disponibili sui siti di home-shopping dei maggiori rivenditori presenti sul mercato italiano. Sono stati esclusi i prodotti non preconfezionati o non disponibili online in fase di raccolta dati o con immagini della confezione parziale o dichiarazione nutrizionale poco chiara o elenco incompleto degli ingredienti. Tra i diversi prodotti alimentari, una sezione è stata dedicata alla pasta. Sono stati reperiti 756 diversi articoli di pasta, un numero elevato che conferma il primato degli italiani sia come produttori sia come consumatori di pasta a livello mondiale e che evidenzia il grande interesse delle aziende alimentari nel soddisfare le esigenze e le tendenze emergenti degli utenti, non solo in termini di formato ma soprattutto per gli ingredienti che possono es-

sere utilizzati. Per poter analizzare al meglio questo gruppo alimentare, sono stati innanzitutto individuati due macro-categorie di pasta: pasta fresca (n = 269) e pasta secca (n = 487) in base alla loro denominazione legale; per ciascuna di esse sono state selezionate e analizzate quattro tipologie di pasta: semola, all’uovo, ripiena e speciale. Tra la pasta fresca, la pasta ripiena aveva il maggior numero di articoli (n = 208), seguita dalla pasta all’uovo (n = 45) e dalla pasta di semola (n = 16), e solo una pasta speciale, quindi non considerata nella seguente analisi. Al contrario, nella categoria pasta secca, la pasta all’uovo prevaleva (n = 206), seguita dalla semola (n = 157), dalla pasta speciale (n = 119) e solo cinque paste ripiene.

Estrazione e analisi statistica dei dati

Per i prodotti selezionati sono stati registrati tutti i dati quali-quantitativi riportati in etichetta tra cui: ragione sociale, nome commerciale, nome descrittivo, energia, grassi totali, acidi grassi saturi (SFA), carboidrati, zuccheri, proteine, sale e fibre. Le analisi dei dati sono state eseguite sia per 100 g sia per porzione standard. Quest’ultima, tratta dai livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana (LARN), era di 80 g per tutti i tipi di pasta secca, 100 g per la pasta fresca di semola e all’uovo e 125 g per la pasta fresca ripiena16. Il confronto del contenuto in energia, macronutrienti e sale per 100 g nei prodotti con e senza dichiarazioni specifiche è stato eseguito solo su coppie di prodotti, con selezioni indipendenti per ciascuna delle tre dichiarazioni (biologico, GF, NC). Ad esempio, per ogni pasta fresca all’uovo GF è stata scelta una corrispondente pasta fresca all’uovo non GF della stessa marca. Quando non erano disponibili articoli della stessa marca ma senza la dichiarazione, è stato selezionato casualmente un articolo simile della stessa categoria e tipo ma di un’altra marca. Per quanto riguarda i prodotti GF, la selezione e la scelta degli abbinamenti è stata limitata ai prodotti a base di cereali, escludendo quindi la pasta a base di legumi per l’elevata eterogeneità in termini di contenuto nutrizionale tra queste due

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Studi
L’educazione alimentare deve essere il primo passo per tutelare i consumatori

tipologie di prodotti. Le differenze in termini di energia, nutrienti e contenuto di sale tra i diversi tipi di pasta sono state esplorate utilizzando il test di Kruskal-Wallis per campioni indipendenti con confronti multipli. L’analisi per 100 g è stata eseguita separatamente all’interno e non tra le due categorie di pasta (fresca e secca), per la differenza del loro contenuto di umidità. L’analisi per porzione è stata invece eseguita tra tutti i diversi tipi di pasta. Il test non parametrico di Mann-Whitney per due campioni indipendenti è stato applicato per il confronto di pasta biologica, GF o NC con le relative controparti.

Tabella 1

Quali differenze tra i diversi tipi di pasta?

Tra pasta fresca e pasta secca e tra i diversi tipi di pasta sono state riscontrate differenze nella composizione nutrizionale e di energia. Nella categoria della pasta fresca, la pasta all’uovo aveva un’energia mediana leggermente e significativamente superiore alla pasta ripiena e di semola (rispettivamente 293 (288-308); 274 (248-293); 272 (261-273); kcal/100 g). Tra i diversi tipi di pasta secca, il contenuto mediano di energia tra pasta all’uovo e ripiena non era differente (rispettivamente 369 (365-374) vs. 394 (393-403); kcal/100 g), entrambi erano significativamente più elevati rispetto alle paste speciali e di semola (rispettivamente 351 (347-358) vs. 354 (351357); kcal/100 g). I carboidrati erano i macronutrienti più abbondanti, dal 54% dell’energia nella pasta fresca ripiena al 71% dell’energia nella pasta secca di semola. Nella categoria della pasta secca, la semola e la speciale avevano un minore contenuto di grassi e proteine e una maggiore quantità di carboidrati rispetto alla pasta all’uovo e ripiena (Tabella 1).

La differenza osservata per la pasta ripiena è probabilmente dovuta principalmente al ripieno, il

Composizione in energia e nutrienti tra le categorie di pasta

Valori espressi come mediana (25 °-75 ° percentile). SFA: acidi grassi saturi. Per ogni categoria, differenti lettere nella stessa riga indicano differenze significative tra tipi di pasta (test di Kruskal-Wallis per campioni indipendenti con confronti multipli). # Numero di items che portano il contenuto in fibre: Pasta fresca (Tutti n.198; Semola n = 15; All’uovo n = 34; Ripiena n = 149), Pasta secca (Tutti n = 449; Semola n = 135; All’uovo n = 193; Ripiena n = 5; Speciale n = 116).

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Studi
PastafrescaPastasecca Tutti (n.269) Semola (n.16) All’uovo (n.45) Ripiena (n.208) Tutti (n.487) Semola (n.157) All’uovo (n.206) Ripiena (n.5) Speciale (n.119) Energia (kcal/100g) 280 (253 - 295) 272 (261 - 273)b 293 (288-308)a 274 (248 - 293)b 359 (352 - 368) 354 (351 - 357)b 369 (365 - 374)a 394 (393 - 403)a 351 (347 - 358)b Grassi (g/100g) 7.3 (4.7- 9.2) 1.3 (1.2 - 1.6)b 3.0 (2.6-3.4)b 8.1 (6.5 - 10.0)a 2.5 (1.5 - 4.0) 1.5 (1.3 - 1.9)c 4.0 (3.8 - 4.7)b 12.5 (12.2 - 13.0)a 1.8 (1.4 - 2.4)c SFA (g/100g) 2.7(1.6 - 3.8) 0.3 (0.3 - 0.3)b 1.0 (0.7-1.3)b 3.1 (2.4 - 4.1)a 0.7 (0.3 - 1.2) 0.4 (0.3 - 0.5)b 1.3 (1.2 - 1.5)a 3.0 (2.7 - 3.8)a 0.4 (0.3 - 0.5)b Carboidrati (g/100g) 39.9 (33.6 - 47.0) 54.9 (46.4 - 55.0)a 54.0 (52.0-57.8)a 37.2 (32.0 - 41.0)b 68 .0 (66.0 - 71.5) 71.0 (69.5 - 72.0)a 67.0 (66.0 - 68.0)b 51.7 (51.0 – 52.9)b 69.6 (64.0 - 76.0)a Zuccheri (g/100g) 2.4 (1.4 - 4.0) 1.5 (1.5 - 1.6)b 1.3 (1.1-1.5)b 3.1 (1.7 - 4.6)a 2.8 (2.2 - 3.2) 3.2 (2.9 - 3.5)a 2.8 (2.4 - 3.0)b 3.2 (2.0 -3.3)ab 1.4 (0.6 - 2.6)c Fibre (g/100g)# 2.4 (2.0 - 3.1) 2.5 (2.5 - 6.0)a 2.3 (2.1-2.4)b 2.5 (2.0 - 3.1)b 3.0 (2.8 - 3.8) 3.0 (2.7 - 3.6) 3.0 (2.8 - 3.5) 5.0 (3.3 – 7.5) 3.5 (2.2 - 6.5) Proteine (g/100g) 10.0 (9.0 - 12.0) 9.0 (9.0 - 9.2)b 11.0 (10.2-11.2)a 10.0 (8.9 - 13.0)a 14.0 (12.0 - 15.0) 13.0 (12.0 - 14.0)b 14.5 (14.0 - 15.0)a 15.3 (15.0 - 15.5)a 12.0 (6.8 - 14.0)b Sale (g/100g) 1.1 (0.6 - 1.4) 0.0 (0.0 - 0.0)b 0.1 (0.1-0.2)b 1..2 (0.9 - 1.4)a 0.0 (0.0 - 0.1) 0.0 (0.0 - 0.0)b 0.1 (0.1 - 0.1)a 1.0 (1.0 - 1.0)a 0.0 (0.0 - 0.0)b

cui peso rappresenta solitamente la metà del peso totale. Quasi tutti i prodotti di pasta ripiena reperiti (98,6%) erano caratterizzati da un contenuto di sale medio (tra 0,3 e 1 g di sale per 100g di prodotto) o alto (maggiore di 1 g di sale per 100 g di prodotto), trascurabile o minimo invece per tutti gli altri tipi di pasta. Una porzione di pasta ripiena, senza considerare il sale che si aggiunge poi durante la cottura e il condimento contribuisce a circa un terzo del limite massimo giornaliero di 5 g di sale raccomandato dall’OMS17. Vale la pena ricordare che un consumo eccessivo di sale nella dieta aumenta la pressione sanguigna e di conseguenza il rischio di effetti negativi sulla salute cardiovascolare18-19.

Qualità nutrizionale dei prodotti con specifiche dichiarazioni

La Tabella 2 mostra le differenze nutrizionali della pasta biologica, GF e NC e le rispettive controparti. I prodotti senza glutine presentavano un contenuto di carboidrati e grassi più elevato e un contenuto di fibre, zuccheri e proteine più basso rispetto ai prodotti contenenti glutine. I nostri risultati confermano i dati di altre indagini, una italiana e un’altra spagnola20-21. Risultati contrastanti in termini di contenuto lipidico sono stati trovati

invece in uno studio del Regno Unito che ha mostrato un contenuto di grassi totale e SFA inferiore rispetto alle controparti22. Da notare che il confronto dei prodotti GF non ha preso in considerazione le paste con farine di legumi, in quanto non esistevano controparti contenenti glutine per il confronto. L’uso di farine di legumi migliora il profilo nutrizionale dei prodotti GF, con conseguente aumento del contenuto di fibre e proteine e diminuzione di carboidrati rispetto alla pasta di semola convenzionale23-24. Per quanto riguarda il profilo nutrizionale dei prodotti che vantano NC, solo il contenuto di fibre era significativamente superiore rispetto ai prodotti senza indicazioni.

Ciò è plausibilmente dovuto al fatto che quasi tutti i NC trovati in questi prodotti erano correlati alle fibre (38 articoli vantavano l’indicazione “fonti o ricchi di fibre”, mentre solo 7 articoli vantavano un’indicazione NC relativa alle proteine). Anche nel confronto tra prodotti a base di grano convenzionale e quelli a base di grano biologico, in accordo con altri studi simili, si evidenziava solo un contenuto proteico significativamente inferiore e una maggiore quantità di fibre nella pasta biologica rispetto alla controparte convenzionale. Nel complesso, i nostri dati supportano l’ipotesi che le indicazioni nutrizionali non debbano essere considerate come marker della qualità complessiva dei prodotti alimentari, come già indicato in precedenti studi su diverse tipologie di prodotti2526. Ciò suggerisce che dovrebbero essere compiuti

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Figura 1 Contenuto in sale dei diversi tipi di pasta. I punti colorati si riferiscono alla classificazione per contenuto in sale: verde chiaro = bassissimo; verde = basso; giallo = medio; rosso = alto.

maggiori sforzi nell’educazione alimentare per evitare percezioni errate, che portano a scelte alimentari inappropriate e possibilmente a un loro consumo eccessivo27

Cosa cambia quando si prende in considerazione la porzione?

FLIP indaga la qualità

Al fine di indagare meglio il contenuto nutrizionale di tutti i tipi di pasta, considerati dai LARN16 valide alternative, è stata effettuata un’ulteriore analisi nutrizionale per porzione standard (Figura 2). La pasta fresca ripiena presentava un apporto energetico per porzione standard (342 (310-366) kcal/porzione) maggiore rispetto agli altri tipi di pasta. Nessuna differenza è stata invece rilevata tra la pasta di semola fresca (272 (258-273) kcal/porzione), pasta di semola secca (283 (281-286) kcal/porzione), pasta speciale secca (281 (278-286) kcal/porzione), e tra pasta fresca all’uovo (293 (288-308) kcal/porzione) e pasta secca all’uovo (295 (292-299) kcal/porzione). La pasta fresca ripiena e la pasta speciale secca mostravano una maggiore variabilità nel contenuto di

carboidrati per porzione standard. Il contenuto di fibre della pasta speciale essiccata presentava una grande variabilità e il suo contenuto mediano non mostrava differenze significative rispetto alla pasta di semola fresca e secca. La quantità media di proteine per porzione era significativamente più alta nella pasta ripiena rispetto alle altre, fatta eccezione per la pasta all’uovo secca. Riguardo al contenuto di sale per porzione standard, solo la pasta fresca ripiena presentava una quantità mediamente elevata di sale (1,5 g/porzione).

Conclusioni

Questo è il primo studio che ha analizzato in modo completo la composizione nutrizionale di un’ampia gamma di prodotti a base di pasta fresca e secca venduti sul mercato italiano. Le tipologie di pasta attualmente in commercio sono molto diverse in termini di profilo nutrizionale e non proprio comparabili. I dati hanno evidenziato, da un lato, l’importanza dell’educazione alimentare e della crescente conoscenza da parte della popolazione nel tenere in considerazione le dimensioni della porzione, che possono influenzare profondamente l’assunzione di nutrienti; d’altra parte, non solo il cibo in sé, ma anche la preparazione degli alimenti

su coppie selezionate di prodotti

° percentile). SFA: acidi grassi saturi; GF: senza glutine; NC: nutrition claim. Per ogni categoria, gli asterischi indicano differenze significative tra gruppi (test non-parametrico Mann-Whitney per due campioni indipendenti), p< 0.05. # Numero di items che portano il contenuto in fibre: biologico = 45/43; GF = 82/74; NC = 45/43; (sì/no).

PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023 34
Studi
BIOLOGICOGFNC Sì(n.49)No(n.49)Sì(n.90)No(n.90)Sì(n.45)No(n.45) Energia (kcal/100 g) 357 (351 - 365)359 (354 - 366)349 (283 - 358) 353 (291 - 356)350 (346 - 361)349 (346 - 359) Grassi (g/100 g) 2.0 (1.4 - 3.8)2.0 (1.4 - 3.9)2.3 (1.5 - 7.1)1.6 (1.4 - 6.0)*2.1 (1.5 - 3.3)2.4 (1.7 - 3.3) SFA (g/100 g) 0.6 (0.3 - 1.0)0.5 (0.4 - 1.3)0.7 (0.3 - 2.6)0.4 (0.3 - 2.4)0.4 (0.3 - 1.0)0.4 (0.3 - 0.9) Carboidrati (g/100 g) 70.6 (67.5 - 72.0)69.0 (67.0 - 70.8)73.7 (42.0 - 77.2)70.1 (42.0 - 71.5)*66.5 (64.6 - 68.0)66.0 (63.0 - 69.4) Zuccheri (g/100 g) 2.6 (2.4 - 3.5)2.9 (2.6 - 3.5)0.7 (0.4 - 1.3)3.2 (2.9 - 3.7)*2.7 (2.3 - 3.2)2.5 (1.5 - 3.0) Fibre (g/100 g)# 3.0 (2.8 - 3.4)2.8 (2.7 - 3.0)*2.3 (2.0 - 3.1)2.7 (2.5 - 3.0)*6.1 (3.4 - 7.0)4.0 (2.8 - 6.5)* Proteine (g/100 g) 12.0 (11.0 - 14.0)13.7 (13.0 - 14.6)*7.2 (6.5 - 8.5)12.6 (11.2 - 13.5)*13.0 (11.1 - 14.2)13.0 (10.5 - 14.0) Sale (g/100 g) 0.0 (0.0 - 0.1)0.0 (0.0 - 0.1)0.0 (0.0 - 0.8)0.0 (0.0 - 1.0)0.0 (0.0 - 0.1)0.0 (0.0 - 0.1) Valori espressi come mediana (25 °-75
complessiva degli
alimenti preconfezionati Tabella 2 Valori energetici e nutrizionali nei prodotti con e senza dichiarazioni specifiche,

Energia e nutrienti per porzione tra le diverse categorie di pasta: semola fresca, all’uovo fresca, ripiena fresca, secca speciale, semola secca, all’uovo secca. Differenti lettere indicano differenze significative tra i tipi di pasta

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(ad esempio l’aggiunta di sale all’acqua bollente), ha un ruolo chiave nell’assunzione giornaliera di nutrienti. Ad esempio, l’alto contenuto di sale nelle paste ripiene suggerisce di evitare l’aggiunta di sale all’acqua bollente, anche se solitamente non solo non è raccomandato sulla confezione ma in alcuni casi nei modi di preparazione si consiglia addirittura di aggiungere sale all’acqua. È, quindi, particolarmente cruciale consigliare di ridurre o evitare con attenzione l’aggiunta di sale nella cottura di questo tipo di pasta e di adattare le raccomandazioni dietetiche sulla dimensione della porzione e sulla frequenza di consumo ai diversi tipi di pasta. Infine, i dati ottenuti confermano che le dichiarazioni biologiche o i nutritional claims non possono essere un indicatore complessivo della qualità nutrizionale del prodotto e, quindi, questo argomento dovrebbe essere anche oggetto di una futura educazione alimentare mirata ai consumatori.

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35 PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023 Studi
2
Figura

Le quotazioni attuali inducono i cerealicoltori a lavorare sottocosto di circa 150 euro

Nella seduta del 1° febbraio scorso, si è verificato un crollo del prezzo del grano duro alla borsa di Foggia, con un picco di -25 euro registrati. A fronte di ciò, le associazioni di categoria del territorio hanno lanciato congiuntamente un allarme al governo. Tra le cause della perdita di terreno delle quotazioni, vanno segnalati l’apprezzamento dell’euro sul dollaro, l’aumento delle importazioni dal Canada e la crisi degli stoccatori che rendono le quantità di prodotto immesse sul mercato del tutto fuori controllo. CIA-Agricoltori italiani ha presentato al sottosegretario all’Agricoltura, Luigi D’Eramo, presente a Foggia lo scorso sabato 4 febbraio, una proposta, per il momento non formalizzata, che favorisca la tracciabilità della filiera del grano duro ita -

liano al fine di creare valore aggiunto e distintività rispetto alle produzioni di importazione. Da parte sua, il Ministro Lollobrigida ha promesso agli agricoltori in massima allerta, una prossima convocazione del tavolo cerealicolo nazionale che non viene riunito da anni, ben prima dello scoppio della pandemia.

La proposta di CIA Foggia

“Si sta assistendo a una sorta di pressione economica da parte degli importatori per ribassare il prezzo del grano - spiega a Pasta&Pastai, Angelo Miano, presidente di CIA-Agricoltori Italiani della Capitanata di Foggia -. Se la discesa delle quotazioni dovesse proseguire con questo ritmo, si giungerebbe a una soglia di irreversibilità dell’insostenibilità economica delle pro -

36 Focus PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
di Mariangela Latella giornalista professionista esperta del settore agroalimentare

duzioni cerealicole nostrane nel giro di due mesi. Secondo la Facoltà di Agraria dell’Università di Bari, che ha recentemente effettuato questo calcolo sulla base delle nuove variabili di mercato, il costo complessivo sostenuto da un cerealicoltore pugliese per seminare coltivare, curare e raccogliere il grano prodotto da un ettaro di terra, ammonta a 1.370 euro. Con le quotazioni odierne la redditività è già sottocosto di circa 150 euro e la situazione, se la discesa dei prezzi non si dovesse arrestare, è destinata a peggiorare. Un orizzonte manifestamente fosco per gli agricoltori che vede, tra le prospettive più nefaste, l’abbandono delle colture da parte dei cerealicoltori con i bilanci in rosso”. La proposta di CIA Foggia, inoltrata al sottosegretario D’Eramo, è quella di riattivare il finanziamento del registro telematico dei cereali, cosiddetto “Granaio Italia”, estromesso dall’ultima finanziaria. “Sarebbe un modo - precisa

Miano - per creare trasparenza sulle miscele di semola di grano duro che, a differenza di altre miscele, non viene identificata in base alla provenienza della materia prima che la compone. Sarebbero sufficienti 100-200mila euro, una cifra non impegnativa. Per questo abbiamo chiesto al Ministro Lollobrigida la pronta convocazione del tavolo nazionale che ci aspettiamo non avvenga più tardi delle prossime due o tre settimane, stante la sua disponibilità manifestata”.

I fattori alla base del crollo

“Il monitoraggio degli stock è sempre utile - afferma Filippo Schiavone, direttore di Confagricoltura Foggia commentando la richiesta di riattivazione del registro telematico dei cereali -, ma alla base della caduta in picchiata dei prezzi

37 Focus PASTA&PASTAI 193 GENNAIO/FEBBRAIO 2023
La CIA chiede la riattivazione del registro telematico di cereali

del grano duro a cui stiamo assistendo, ci sono molti fattori. La ragione principale è, innanzitutto, l’apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro che ci penalizza negli scambi commerciali. La seconda viene da lontano, ossia quando due anni fa il prezzo del grano canadese era aumentato perché l’export di quel Paese era diminuito notevolmente con la conseguenza che si è realizzato un significativo apprezzamento del grano italiano, europeo e, in genere, di tutta la fascia mediterranea. Quest’anno, il valore della produzione canadese è ritornata ai livelli normali e le esportazioni hanno ripreso a correre. Il terzo motivo è legato al forte taglio del primo pilastro della PAC che ha, di fatto, comportato un dimezzamento dei titoli e portato le aziende agricole a faticare a far quadrare i conti. Accordiamo piena fiducia al Ministro Lollobrigida nel sostegno a questa filiera, anche in funzione della convocazione del tavolo cerealicolo”. Intanto, nella seduta del 1° febbraio della Borsa Merci di Foggia, la discesa delle quotazioni ha

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Focus
La crisi del settore dello stoccaggio amplifica la volatilità dei prezzi
Angelo Miano presidente di CIA Capitanata

portato il grano duro ad assestarsi a -25 euro. Una vera e propria “mazzata” per gli agricoltori che, nel loro cahiers de doléances si vedono affiancati dai mugnai, per lo meno quelli della provincia di Foggia. Nella seduta precedente, quella del 25 gennaio, il calo era già stato di altri 20 euro. “In pratica, da giugno 2022, la quotazione del grano duro alla Borsa Merci di Foggia ha subito un vero e proprio crollo - si legge in una nota ufficiale di CIA-Agricoltori italiani -. Il biologico, allora, si attestava a 575 euro alla tonnellata; il fino toccava quota 562 euro. Se si guarda alla seduta di mercoledì 1° febbraio, il valore massimo del grano duro biologico è stato fissato a 445 euro, quello del ‘fino’ a 440”. Sono stati erosi, in pratica, 130 euro a tonnellata in sette mesi.

La crisi dello stoccaggio

In questo trend al ribasso, Coldiretti punta il faro sulla crisi degli stoccatori. “È innegabile - ha detto Marino Pilati, direttore di Coldiretti Foggia - che la precipitosa discesa del prezzo del grano desti preoccupazione per tutti quanti noi, ma è prematuro, in questo momento, parlare di crisi del grano duro anche perché molti agricoltori non lo hanno più perché lo hanno già venduto. Parlerei piuttosto di crisi di chi lavora nel settore dello stoccaggio che è in forte riduzione.

L’immagazzinamento del grano duro ha il potere di influire sul prezzo di mercato perché più prodotto si stocca, più si ha la possibilità di controllare quanto ce n’è in circolazione sul mercato e quindi i prezzi, per la legge della domanda e dell’offerta. La crisi del settore dello stoccaggio è un fattore che contribuisce ad amplificare la volatilità dei prezzi del grano duro. Per il resto, non vorrei fare previsioni sulla prossima campagna. Non ha senso farle adesso perché per farle bisognerebbe avere la sfera di cristallo e quindi qualsiasi dato pronosticato non avrebbe alcun fondamento logico”.

Tuttavia l’ombra dell’insostenibilità economica di questa coltura aleggia sui campi italiani. Il rischio non è certamente basso, posto che alle quotazioni attuali si sta già lavorando sottocosto di circa 150 euro. I forti ribassi hanno spinto i cerealicoltori foggiani, esasperati, a diffondere sui social un vero e proprio manifesto funebre e dal tono tristemente sarcastico che recita: “È mancato all’affetto dei suoi cari il Grano Duro Italiano: ne danno il triste annuncio il grano duro canadese, quello australiano, quello statunitense, il kazako e i parenti tutti”.

“Uno dei problemi del settore che contribuisce alla perdita di valore - chiosa Miano -, è legato alla disaggregazione dei produttori che preferiscono vendere il proprio raccolto ai commercianti, e quindi agli importatori, pur di avere un guadagno certo e programmato, che stoccarlo presso i Consorzi Agrari d’Italia o le Organizzazioni di produttori preposte, che hanno, tramite il sistema dei contratti di filiera, un prezzo medio di 51 euro a tonnellata, come suggeriscono tutte le associazioni di categoria. Prezzo che, senza dubbio, è in grado di creare redditività. Bisogna accelerare per il completamento della filiera italiana del grano duro che per il 76% è prodotto nelle regioni di Puglia e Sicilia ma che paga lo scotto di importazioni che si aggirano intorno alla metà del fabbisogno nazionale”.

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Il forte taglio del primo pilastro della PAC indebolisce le aziende

Più alti, più forti, più buoni: i grani antichi

L’uomo ha iniziato a coltivare i cereali e quindi a inserirli nella propria dieta, circa 10.000 anni fa. Tra questi il frumento, che ha avuto, nel corso del tempo, un’importanza particolare nell’alimentazione dei paesi occidentali. Negli ultimi cento anni, tuttavia, il cambiamento dei metodi agronomici ha dato inizio a una selezione genetica del frumento, che ha portato alla coltivazione degli attuali grani, definiti moderni, ottenuti con l’ausilio di fertilizzanti chimici industriali e attraverso l’irraggiamento con raggi gamma per facilitarne la raccolta con mezzi meccanici. Caratterizzati da elevate produttività, da basso costo e, da ultimo - ma non per importanza - da nanismo, i grani moderni sono piante alte circa 75/90 centimetri, contro gli oltre 180 dei grani antichi.

Nei primi decenni del Novecento infatti, con il dott. Nazzareno Strampelli, agronomo e genetista italiano, e l’appoggio del governo fascista, prese il via una selezione forsennata di varietà sempre più produttive e una continua modificazione genetica di tali graminacee. L’intento poté sembrare nobile in quanto la necessità primaria di quell’epoca era quella di poter sopperire velocemente alla carenza di cibo, a scapito però, della loro qualità organolettica e nutrizionale. Con lauti finanziamenti in favore della ricerca genetica in questo senso, si riuscì ad aumentare la produttività dei grani, che però, si fecero progressivamente sempre più bassi, processo graduale che modificò nel tempo anche l’aspetto delle nostre campagne.

Più basso significa, nella maggior parte delle piante in natura, anche con un impianto radicale

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proporzionalmente più piccolo e meno profondo e con un potere ridotto di assorbimento di acqua, di preziosi minerali e sostanze utili per la crescita. Il risultato è l’ottenimento di un chicco più povero sia a livello nutrizionale sia organolettico. I grani antichi, invece, si possono considerare dei veri e propri “superfoods”, che grazie anche alla profondità delle loro radici, assorbono dal terreno i micronutrienti di cui si nutre la pianta e li trasferiscono ai propri frutti, i chicchi con i quali si ottengono prodotti dal sapore distintivo, deciso e intenso. A livello nutrizionale, i grani antichi si differenziano dai moderni innanzitutto per il loro bassissimo indice di glutine, che li rende altamente digeribili e quindi adatti al consumo per chi ha difficoltà di assimilazione del glutine molto tenace dei grani moderni diverse dalla celiachia. A questo si aggiunge l’importante presenza di polifenoli antiossidanti e di minerali, quali ferro, zinco e manganese, veri e propri attivatori enzimatici, che concorrono a facilitarne la digestione e quindi l’assimilazione da parte del nostro organismo. Non va poi dimenticato l’elevato contenuto di fibre che rallentano la velocità di assorbimento degli zuccheri da parte dell’intestino. Infine, la coltivazione delle varietà antiche, più rustiche e meno bisognose di interventi da parte dell’uomo, si presta ai metodi e ai ritmi dell’agricoltura biologica che esclude l’impiego di sostanze tossiche come erbicidi e diserbanti di sintesi perché, proprio per la loro statura, risultano più forti e subiscono meno l’attacco di insetti e la presenza di infestanti. Terre e Tradizioni nasce nel 2012 per volontà di soci provenienti da settori ed esperienze diverse che hanno messo a fattore comune la scelta di recuperare e valorizzare varietà autoctone di grano quali Timilìa, Russello, Maiorca e Saragolla, tipiche dei rispettivi territori di provenienza coltivate secondo i metodi dell’agricoltura biologica, creando un progetto per la loro diffusione su scala nazionale, diventandone conservatore e “custode”. Successivamente, dall’incontro con un mastro pastaio, nasce l’idea di valorizzare questi grani elaborando una linea di pasta (e altri prodotti finiti) in cui ritrovare il profumo, il sapore e il valore di questi antichi cereali.

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Linee e macchinari per pasta fresca

Risale agli anni ’80 l’esperienza progettuale della Storci nella pasta fresca, quando Anzio Storci era ancora Presidente della Parmasei. Erano gli anni del sogno americano e proprio lì venne installato il primo impianto a navetta per tortellini, sia impasto sia ripieno, progettato da Anzio. L’impianto automatizzò, con l’alimentazione completamente in automatico, 28 tortellinatrici e 28 sfogliatrici, installando 4 linee da 7 macchine ognuna. Fu un progetto talmente innovativo da modificare il mercato della grande industria per tutto il decennio successivo. Oggi, le navette sono presenti ovunque, ma quando furono progettate per la prima volta erano straordinariamente all’avanguardia. Ciò che fu fatto, oltre a trovare una soluzione innovativa a un annoso problema, fu di inserire, in un mercato fino ad allora caratterizzato da molta manualità e crescita, che aggiungeva macchine su macchine, la visione industriale del settore della pasta secca, dove l’affidabilità, la continuità qualitativa e l’attenzione ai costi, erano pilastri già da anni. Negli anni, Storci è sempre stata protagonista di innovazioni importanti nel settore, per citare la Sfogliatrice Sottovuoto®, il sistema di impasto statico Beltmix®, l’utilizzo della rete in peek per non lasciare segni sul prodotto in fase di pastorizzazione ecc. Innovazioni che caratterizzano tutti i nostri impianti di pasta fresca in Italia e nel mondo. Oggi il nostro range di produzione parte da impianti con capacità orarie più piccole rispetto al passato: impianti multiformato con una produzione fra i 150 e 600 kg/h di pasta laminata, cappelletti mono sfoglia e ravioli doppia sfoglia anche con ripieni morbidi. L’ultimo impianto realizzato prevede in testa un gruppo Premix®, la nostra alternativa alle vasche impastatrici con dosaggio manuale. È un sistema di pre-miscelazione di materie prime brevettato, completo di dosatore volumetrico sfarinati e dosatore elettronico per ingre-

dienti liquidi, che permette di produrre diverse tipologie di pre-impasto in maniera automatica, flessibile e continuativa. La linea è poi equipaggiata di una sfogliatrice VSF 250.2 a due uscite da 250 mm. In questa specifica macchina, le due uscite sono utilizzabili per i ravioli doppia sfoglia ma una di esse può essere inibita quando si producono prodotti mono sfoglia o pasta laminata. Segue la raviolatrice RS 250 di ultima generazione, idonea a trattare ogni tipo di ripieno, alimentata da una pompa a lobi, che comprende due gruppi di laminazione con motorizzazioni separate, a basamento indipendente, per facilitarne la pulizia. Per la pasta laminata basta porre davanti alla sfogliatrice un calibratore CAL 400.1 montato su ruote che può portare la sfoglia fino a 0,5 mm. Il calibratore è provvisto di sistema di controllo d’ansa. In questo modo una singola linea può produrre sia prodotti laminati sia prodotti ripieni. Tutte le nostre macchine formatrici sono state dotate delle più recenti innovazioni tecnologiche, dai quadri di controllo in PLC, alla possibilità di fare ripieni morbidi, agli stampi montati su strutture indipendenti su ruote per rendere facilissimo il cambio formato, mantenere elevatissimi standard di sicurezza e per poter sanificare agevolmente tutte le parti a contatto con impasti o ripieni. Queste e tante altre innovazioni saranno messe a disposizione dei clienti, che potranno testare la risposta dei nostri macchinari, con le loro materie prime, nel nuovo centro di ricerca Storci Fresh Pasta Laboratory.

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