
9 minute read
Food rules DIRITTO ALIMENTARE
Il food delivery alla prova della food safety
Food delivery under the test of food safety
Advertisement
Several Italian courts have dealt with riders, as they were called upon to define, in specific cases, the nature of the employment relationship established between operators and organisations that digitally collect orders and often directly collect and sell food. However, the rider profile has never been addressed from the point of view of guaranteeing food hygiene and correct information to the consumer. In this article, the author analyses the elements that should lead the legislator to draw up a set of rules also for these aspects that are still neglected at a national level.
RIFLESSIONI GIURIDICHE SULLA SICUREZZA ALIMENTARE NELLE CONSEGNE A DOMICILIO DI ALIMENTI LEGAL CONSIDERATIONS ON FOOD SAFETY IN HOME FOOD DELIVERIES
di Giuseppe Maria Durazzo Avvocato esperto in diritto dell’alimentazione
Per introdurre il tema non serve nemmeno ricorrere alle seppure precise statistiche secondo cui, dopo i picchi registrati durante le fasi pandemiche, nel 2022 il 9,8% degli italiani ha scelto il food delivery (“Il valore economico e sociale della distribuzione Horeca nel post Covid-19”, rapporto realizzato dal Censis in collaborazione con Italgrob, marzo 2022). La consegna a domicilio è di certo un’attività economica a sé stante, ma anche una significativa modalità di vendita di prodotti per taluni operatori del sistema alimentare. Della figura del rider si sono occupati oramai diversi tribunali italiani chiamati a definire, nei casi specifici, la natura del rapporto di lavoro tra gli operatori e le organizzazioni che raccolgono digitalmente gli ordini e sovente incassano e vendono direttamente gli alimenti. Rimando, per gli aspetti giuslavoristici, a diversi studi sulla recente giurisprudenza di settore, come quello di Matelda Lo Fiego(1) .


Igiene sanitaria e tutela del consumatore
Attenti agli aspetti di legislazione alimentare, non sfugge che, ad esempio, coesistano la consegna a domicilio della spesa (fatta online presso una struttura fisica aperta al pubblico o di persona nel locale commerciale o attraverso una mediazione online) e la più recente consegna tramite rider di alimenti pronti per l’immediato consumo, ma non solo; si tratta di fenomeni che nella loro diversità per tipo di organizzazione, distanza, volumi del consegnato e via dicendo, sono tutti sottoposti alle norme di tutela igienico-sanitaria e di tutela del consumatore. Anche a prescindere dal tema che più di tutti ha coinvolto le autorità giudiziarie, cioè quello della natura del rapporto di lavoro tra impresa e rider, dei diritti e dei doveri conseguenti, e anche si sostenesse la tesi che afferma che quella del rider è un’attività autonoma, dal punto di vista del consumatore l’igiene alimentare e la corretta informazione devono essere sempre garantiti sia che la consegna dell’alimento avvenga tramite uno studente che arrotonda le proprie entrate economiche, sia dall’imprenditore che si reca al domicilio dei suoi migliori clienti. L’incombenza degli obblighi generali, quale l’Haccp, prescinde, a mio modo da vedere, dalla natura legale di chi consegna l’alimento nel quadro di un’attività professionale che, al minimo, con la logistica integra quella di vendita effettuata dal produttore. Se anche la distribuzione senza fini di lucro è sottoposta a un quadro di obblighi, seppure molto ridotto rispetto a quello generale, la “piccolezza” o la natura de minimis della consegna di una pizza o di un piatto freddo non mi pare possa godere di guarentigie che la escludano dall’assoggettabilità alla legislazione di settore.
L’IGIENE ALIMENTARE E LA CORRETTA INFORMAZIONE AL CONSUMATORE DEVONO SEMPRE ESSERE GARANTITI
La recente Comunicazione della Commissione relativa all’attuazione dei sistemi di gestione per la sicurezza alimentare riguardanti le corrette prassi igieniche e le procedure basate sui principi del sistema Haccp, compresa l’agevolazione/la flessibilità in materia di attuazione in determinate imprese alimentari (2022/C 355/01), prevede esplicitamente che “la dirigenza si accerta che il personale che partecipa ai processi pertinenti dimostri di avere competenze sufficienti e sia a conoscenza dei pericoli identificati (se del caso), dei punti critici nella produzione, nel magazzinaggio e nel processo di trasporto e/o di distribuzione”. Mutatis mutandis, a prescindere dall’organizzazione aziendale, chi opera la consegna deve possedere e dimostrare di possedere competenze specifiche alla propria attività. Le condizioni di trasporto, le temperature, la pulizia dei contenitori di trasporto, i tempi del trasporto, l’igiene personale, la conformità dei materiali a contatto, l’abbigliamento, il punto di rifornimento rispetto al laboratorio di manipolazione dell’alimento, l’identificazione dei prodotti attraverso la denominazione di vendita, l’identificazione del rider come operatore alimentare, per non parlare della tracciabilità (o del “piatto testimone”, obbligatorio in Francia per alcune forme di ristorazione), sono alcuni temi di semplice evidenza. Il tutto, insomma, deve essere inquadrato in un sistema di autocontrollo. Ammesso e non concesso che talune attività di trasporto, quindi di ritiro, trasporto e consegna del prodotto al consumatore, siano caratterizzate da


una limitatezza di punti critici (CCP) rispetto ad altre attività di produzione e trasformazione alimentare, la Commissione, nella Comunicazione citata, insiste sull’applicabilità di criteri di flessibilità sia in tema di buone prassi di lavorazione (GHP), sia delle procedure basate sull’Haccp. Pertanto, almeno a livello di interpretazione della normativa unionale esistente, l’indirizzo fornito dalla Commissione è che sia possibile esercitare attività con rischi ridotti da assoggettare a sistemi che, adeguati alla natura dell’attività stessa, siano di fatto semplificati.
L’interpretazione nazionale
Principio apparentemente di ragionevolezza che si scontra con l’interpretazione nazionale la quale, in nome del generale interesse alla sicurezza alimentare a prescindere dalla dimensione dell’OSA, tende a escludere, seppure nella diversità dei sistemi Haccp applicabili nelle singole attività alimentari, strumenti di autocontrollo privi di CCP (si veda nello specifico la nota del Ministero della Salute del 28 dicembre 2010) o comunque fortemente semplificati. Tra gli aspetti di sicurezza alimentare rientra certamente il tema degli allergeni e dell’informazione al consumatore circa la loro presenza anche nei prodotti acquistati a distanza (art. 14 del Reg. Ue 1169/2011) e consegnati a domicilio. Peraltro, oltre alle informazioni in materia di sicurezza alimentare, il consumatore deve ricevere anche quelle imposte dalla normativa a seconda della natura dell’alimento, dell’imballaggio o, al contrario, della condizione di vendita allo stato sfuso. Senza contare, inoltre, la necessità del rispetto del divieto di somministrazione di bevande alcoliche a minori o a infermi di mente (art. 689 c.p.), previsione che forse potrebbe trovare applicazione anche in questa materia ai sensi dell’art. 14-ter della Legge 30 marzo 2001, n. 125.

Le responsabilità di chi consegna
Il tema della consegna a domicilio, se dal punto di vista oggettivo deve garantire le condizioni sopra accennate, va inquadrato anche nel concetto di responsabilità soggettiva dell’operatore. Se la consegna a domicilio viene effettuata dal produttore dell’alimento, la responsabilità sarà in capo alla persona che effettua il trasporto e all’organizzazione di appartenenza; se invece la consegna è effettuata da una persona o da un addetto di un’organizzazione diversa dal produttore, soggettivamente la responsabilità dovrà essere cercata in capo al rider e alla sua eventuale organizza-

NELLE CONSEGNE A DOMICILIO TUTTI I SOGGETTI DELLA FILIERA DEVONO AGIRE NEL RISPETTO DELLE NORME
zione di trasporto o vendita con trasporto. Non ritengo si possa escludere, almeno in via teorica, una responsabilità sia del trasportatore sia del produttore dell’alimento che autorizza (a prescindere dal tipo di contratto che lega produttore e trasportatore) il trasporto del proprio prodotto per la consegna domiciliare. In gioco, infatti, c’è l’affidamento del consumatore sul fatto che la filiera, che conclude il proprio lavoro con la consegna domiciliare dell’alimento, abbia agito - ciascun soggetto per quanto di propria competenza - nel rispetto delle norme. Così come è dovere pubblico controllare e sottoporre ad audit tali attività di consegna. In caso non si accedesse a questa interpretazione avremmo conseguenze paradossali (almeno in via potenziale). È di buon senso pensare che l’artigiano che affida a un operatore internazionale le consegne a domicilio non possa controllarne o discuterne l’azione, o che una consegna all’interno di un territorio ristretto, magari animata dalla semplice intenzione di offrire gratuitamente il servizio a un cliente anziano impossibili-


tato a uscire di casa, non dovrebbe essere gravata se non da minimi obblighi, ma il rischio attuale è che una larga fascia di un fenomeno di notevole diffusione si ponga al limite del rispetto di regole utili o, per lo meno, di doverosa osservanza; ciò creando disparità di trattamento rispetto ad altre forme di consegna a domicilio (con o senza vendita a distanza), in una frammentazione di comportamenti, di diversi livelli di rispetto della legge e di sottoposizione ai controlli ufficiali.
Un tema in forte evoluzione
La consegna a domicilio è anche l’elemento quasi sempre necessario rispetto ad alcuni recenti fenomeni commerciali che fondano la ricerca dei clienti, la vendita e i pagamenti sul web, quali i dark stores, le imprese fantasma, le cucine o ristoranti virtuali, tutte attività che, senza ricevere il pubblico o in una condizione ibrida tra il commercio e il laboratorio artigianale alimentare, devono assicurare le medesime garanzie del commercio a distanza, così come del commercio e della ristorazione tradizionale. Sul tema, in realtà, con un occhio di attenzione specialmente rivolto agli aspetti sociali, urbanistici e ambientali, si veda la proposta di risoluzione n. 203 dell’Assemblea nazionale francese del 9 agosto 2022. Il Legislatore Ue non ha ritenuto, al momento, di occuparsi specificatamente degli aspetti sanitari della consegna a domicilio, lasciando spazio a interventi nazionali come quelli emanati in Francia (che già nel 2011 ha adottato delle linee guida sulla consegna dei pasti a domicilio), o quelli della non-Ue Svizzera in alcuni territori. Pur sapendo che il tema qui trattato riguarda un mercato relativamente giovane e le problematiche connesse sono ancora in un momento di forte evoluzione, così che come potranno risolversi talune incongruenze altre potranno sorgere, mi sembra che, nel rispetto del quadro regolatorio Ue, parrebbero auspicabili sia una disposizione nazionale illuminata da una semplificazione applicabile a tutti gli operatori del settore secondo criteri di proporzionalità, sia l’adozione di linee guida ufficiali che permettano un adattamento delle norme generali alla distribuzione domiciliare. Se pensiamo che non sia opportuno o igienico bloccare (con le forme e le tutele di legge) i riders sul ciglio delle strade per controllare la temperatura dell’alimento (con un controllo che di massima è distruttivo), o effettuare in quelle condizioni un prelevamento di campione da sottoporre ad analisi, o ancora interrogare l’operatore della consegna a domicilio per appurane il suo livello di cultura della sicurezza alimentare (ex Reg. CE 852/2004, all. II, cap. XI bis), ragioni di sicurezza alimentare e di equanimità tra operatori del settore alimentare consigliano una riflessione giuridica sul tema.
SULLA CONSEGNA A DOMICILIO DEGLI ALIMENTI IL LEGISLATORE UE NON È ANCORA INTERVENUTO
Giuseppe Maria Durazzo
(1) La Previdenza forense 1/2020 (“La disciplina del rapporto di lavoro dei riders”) prevede che: “Il rapporto di lavoro dei riders è una collaborazione etero organizzata, continuativa e personale. Ne consegue l’applicabilità dell’art. 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015, per cui la collaborazione dei riders deve ritenersi autonoma in quanto etero organizzata, dato che le caratteristiche del rapporto di lavoro dei riders sono la personalità della prestazione, l’inserimento funzionale nell’organizzazione del committente e la continuità del rapporto. Alla mancanza di subordinazione e di relativo contratto è collegata, inoltre, l’impossibilità del licenziamento. A questo rapporto di lavoro si applicano le disposizioni sulla sicurezza, sulla retribuzione, sull’inquadramento, sull’orario di lavoro, sui riposi, sulle ferie, e quelle previdenziali”.