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Containing increases in basic products in order to minimise the negative impact on the purchasing power of families, especially low-income households. As well as preventing the current inflationary surge from becoming structural. These are the main objectives of the Memorandum of Understanding called “AntiInflation Quarter”, proposed by the Government and the Ministry for Business and Made in Italy to a number of Associations, including Italmopa. The MoU, agreed with the large-scale retail trade, will start on the 1st of October and will concern a series of food and non-food products that will be sold at moderate prices for three months.
SULL’INIZIATIVA PROMOSSA DA GOVERNO E MIMIT DOUBTS ABOUT THE VIABILITY OF THE INITIATIVE PROMOTED BY THE GOVERNMENT AND MIMIT di
Come noto, il Governo, e il Ministero delle imprese e del made in Italy in particolare, hanno proposto ad alcune Associazioni, tra le quali Italmopa, che rappresentano l’Industria della trasformazione alimentare di sottoscrivere, in nome e per conto delle
imprese a loro associate, e unitamente al settore della distribuzione organizzata un Protocollo d’intesa denominato “Trimestre anti inflazione”. L’iniziativa si pone quale obiettivo di tutelare i consumatori in generale - e le fasce sociali più esposte in particolare - costretti a comprimere drasticamente
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i loro acquisti a fronte delle spinte inflattive in atto. A tal fine, il Mimit ha invitato le Associazioni interessate a sottoscrivere appunto un Protocollo che le impegna a promuovere presso le loro associate, un’iniziativa volta a offrire nel periodo di decorrenza del Protocollo, ovvero da ottobre a dicembre 2023 con possibile prorogabilità del trimestre a ulteriori periodi dello stesso arco temporale, prezzi calmierati su una selezione di articoli ivi compresi quelli rientranti nel cd. carrello della spesa e a “non aumentare il prezzo” di tale selezione nel periodo di riferimento. Non possiamo ovviamente non condividere le sacrosante ragioni evidenziate dal Governo ma, come evidenziato in una lettera congiunta delle Associazioni della trasformazione alimentare interessate al Presidente del Consiglio Meloni, la sottoscrizione del Protocollo non appare percorribile per una serie di ragioni che attengono sia a questioni di carattere formale e giuridico, sia ad aspetti di tipo sostanziale.
Da un lato, le Associazioni di rappresentanza, per Statuto, non sono autorizzate a entrare nel merito delle scelte e delle politiche commerciali della loro base associativa, che compete solo ed esclusivamente alle singole aziende. Questa considerazione è intimamente collegata al rispetto della normativa antitrust, che vieta qualunque intesa restrittiva della concorrenza, tanto meno se favorita dalle Associazioni di riferimento. Dall’altro lato, è impensabile
che la determinazione o l’impegno sul valore del prodotto finito possa prescindere da un coinvolgimento di tutti gli operatori della filiera alimentare e quindi di tutti coloro che, a vario e diverso titolo, contribuiscono a formare i costi di produzione e concorrono dunque a comporre il valore finale del prodotto. Tanto più che il periodo di forti turbolenze delle quotazioni delle materie prime, siano
esse agricole o meno, non sembra certamente archiviato e ogni impegno a “non aumentare il prezzo” degli articoli selezionati può risultare quanto meno avventuroso in un contesto già caratterizzato da una reddittività marginale delle Aziende per via del vorticoso aumento dei costi di produzione costatati nel corso degli ultimi anni.
Altresì è opportuno ricordare che le nostre aziende operano in un mercato a concorrenza “quasi perfetta” e provvedono costantemente ad adeguare i propri listini sfarinati al rialzo o al ribasso, seguendo da sempre gli andamenti del mercato. Per conseguire lo scopo che si prefissa il Ministero sarebbe forse preferibile stimolare la concorrenza tra le imprese che operano nei settori nei quali il “mercato” non sempre costituisce l’unico riferimento per la formazione dei prezzi.
Alla luce di queste considerazioni, il Protocollo, nella formulazione proposta dal MIMIT, appariva e appare del tutto inattuabile e la richiesta di sospensione dell’iniziativa avanzata dalle Associazioni interessate inevitabile, fermo restando la piena disponibilità ad avviare tutti i confronti del caso per valutare altre misure di più ampio respiro e con più esteso coinvolgimento delle filiere produttive, che consentano di approntare le necessarie tutele per il consumatore.
Andrea ValenteLa tecnologia è l’espressione delle persone che la sviluppano. Il nuovo sensore di livello radar VEGAPULS 6X è il risultato dell’impegno di circa 1800 preziosi collaboratori, di oltre 60 anni di esperienza nel campo della tecnica di misura e dei valori a cui si ispira VEGA.
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Secondo Italmopa, il clima di inizio estate ha minato la qualità della produzione 2023 di frumento duro italiano. L’andamento climatico ha mutato il quadro di una prospettiva che fino alla fine di aprile risultava particolarmente favorevole. “I volumi produttivi che stimiamo in circa 4,2 milioni di tonnellate - ha detto Enzo Martinelli, presidente della sezione Molini a frumento duro di Italmopa - appaiono ridimensionati rispetto alle aspettative iniziali. Ma sono i risultati qualitativi del raccolto a destare grandi preoccupazioni, visto che tutti i principali parametri, dal tenore proteico al peso elettrolitico, devono purtroppo essere considerati chiaramente insoddisfacenti”. Questa situazione non potrà non influire sulle strategie di approvvigionamento dell’industria molitoria italiana con maggiore ricorso alle importazioni.
Fava, già in Storci dal 1995 al 50%, ha completato l’acquisizione dell’azienda di Collecchio, dando vita così a un gruppo da oltre 100 milioni di fatturato e circa il 40% della quota globale di impianti per la pasta (con oltre mille impianti attivi nei più importanti pastifici del mondo). La fusione permetterà di creare sinergie e migliorare l’efficienza lungo tutta la supply chain e nei processi produttivi sui 40mila mq dei due siti, mentre la nuova struttura commerciale integrata coprirà in modo più capillare tutta la piazza mondiale dei pastifici, anche artigianali, con una gamma di prodotti che comprende macchinari per la produzione di pasta sia secca sia fresca e linee per produrre piatti pronti secchi (instant pasta), freschi e surgelati.
Ilsottosegretario al Masaf, Luigi D’Eramo ha firmato il decreto che dà il via al nuovo Piano nazionale delle sementi biologiche. Sarà uno strumento che permetterà di qualificare ulteriormente il lavoro delle aziende sementiere italiane in questo comparto. Assosementi accoglie con favore questa normativa che individua e rende disponibili una gamma sempre più ampia di sementi biologiche, migliorandone sia l’aspetto qualitativo sia quello quantitativo. “Ora serve dare vita a una collaborazione tra tutti gli attori - ha detto Alberto Lipparini, segretario dell’associazione che ha collaborato sin dall’inizio alla stesura del documento - per superare la criticità delle deroghe all’uso delle sementi convenzionali e garantire la tracciabilità lungo tutta la filiera”.
Tra gennaio e maggio 2023 i listini di vendita dell’industria alimentare sono scesi del 7,5%. Lo afferma Federalimentare, sottolineando che “la spirale inflazionistica su energia e materie prime sta diminuendo progressivamente con evidenti benefici sulla produzione industriale”. I recenti dati Istati indicano infatti un rallentamento dei prezzi alla produzione dell’industria alimentare. Si è passati dal + 14,8% di gennaio al +7,4% di maggio, con una riduzione di 7,4 punti percentuali sui listini di vendita. Emergono indicatori disomogenei nella catena complessiva. Al consumo, i prezzi dell’alimentare lavorato sono scesi del +14,9% di gennaio al + 11,9% di giugno con un taglio di 3 punti. Ciò evidenza come vi sia una differenza da parte della filiera distributiva di adeguare i listini, dovuta in larga parte al cosiddetto “effetto scorte”.
Èstato proficuo l’incontro dello scorso 20 luglio tra i rappresentanti di Cia-agricoltori Italia (Puglia) e il Ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida. A seguito del confronto, si legge in un comunicato di Cia Puglia, il Masaf ha avviato un percorso di concertazione sul dossier grano aprendosi all’attivazione immediata della Cun (Commissione unica nazionale del grano duro), dando inizio a una campagna promozionale della pasta 100% italiana, attivando un tavolo di concertazione di filiera per l’avvio delle misure Granaio Italia e Registro Telematico e prevedendo aiuti triennali da 300 euro a ettaro per i produttori di grano tenero. “L’auspicio - ha detto Gennaro Sicolo, presidente di Cia Puglia - è che questi impegni trovino un riscontro concreto in un cronoprogramma serrato”.
Nuovo traguardo per il percorso toscano di valorizzazione dei grani locali che punta all’obiettivo della sovranità e della sicurezza alimentare con il sostegno delle produzioni e delle materie prime 100% locali. A luglio è stato infatti siglato l’accordo tra Filiera Agricola Italiana e il pastificio Chelucci, lo storico marchio pistoiese che dal 1912 produce pasta nello stabilimento di Piteccio. L’accordo si attiverà da settembre con la fornitura, da parte dei produttori di Filiera Agricola Italiana di 1.500 quintali di grano duro. Accordi del genere, come quelli già siglati sempre in Toscana da Barilla, Molitura Umbra e Pastificio Fabianelli, servono a stabilizzare la filiera, a incentivare il ritorno alla coltivazione del frumento, nonché a mettere al riparo cittadini e imprese dai pesanti condizionamenti delle speculazioni finanziarie e dalle tensioni internazionali dovute alla guerra e al clima.
Maria Bianca Farina (foto) è la nuova presidente del Consiglio di Amministrazione di Cai, l’Assemblea di Consorzi Agrari d’Italia Spa, primo soggetto nazionale totalmente integrato nella filiera agroindustriale. La manager vanta una lunga esperienza in importanti ruoli dirigenziali in diversi settori e contribuirà all’implementazione delle strategie di crescita del Gruppo. L’amministratore delegato, il consigliere delegato, i componenti del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale di Cai, esprimono i più sentiti ringraziamenti al presidente uscente - l’avvocato Giuseppina Ivone - per l’attività profusa nello svolgimento del suo incarico, supportata dalla sua esperienza e professionalità.
Secondoquanto riferito da Assalzoo, la produzione mangimistica italiana chiude l’anno in rosso con una contrazione del giro di affari di oltre 650mila tonnellate. Se ne è parlato nel corso dell’Assemblea annuale dell’associazione svoltasi a Milano nei giorni scorsi. Dai dati emerge una contrazione a livello produttivo del 4,3% sull’anno precedente, che significa una riduzione di circa 668 mila tonnellate. Il settore maggiormente colpito dal rallentamento produttivo è stato quello avicolo (-10,5%). Un leggera contrazione si segnala anche nella filiera suinicola (-1,4%). Tiene e mette a segno una crescita, invece, la filiera bovina (+1,3%). Buono anche l’andamento del pet-food (+1,3%), mentre ritorna in positivo il settore dell’acquacoltura (+11,5%) dopo un 2021 poco brillante.
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World News è la rassegna delle notizie dall’Europa e dal mondo sull’agroalimentare. Un punto di vista aggiornato e puntuale su quanto accade in sede comunitaria ed extra-comunitaria, per essere sempre informati sulle dinamiche internazionali in ambito politico, economico e scientifico. Brevi flash che possono risultare di interesse per la filiera - italiana ma non solo - della trasformazione dei cereali.
Secondo il Global Agricultural Information Network del Foreign Agricultural Service dell’Usda (Fas), il Sudafrica sta attualmente raccogliendo il suo quarto raccolto di mais consecutivo e il suo secondo più grande di sempre. La Fas prevede una produzione di mais di 17 milioni di tonnellate nella campagna 2022/23: questo - sempre secondo la Fas - perché la produzione è trainata principalmente dal miglioramento delle rese e dalle condizioni climatiche favorevoli. Non solo, ma “i raccolti di mais del Sudafrica sono raddoppiati negli ultimi 20 anni con l’uso di nuove tecnologie di produzione e pratiche agricole più efficienti ed efficaci”, ha proseguito la Fas. Quest’anno il raccolto eccezionale mette il Sud Africa in grado di esportare 4 milioni di tonnellate di mais, un vero un record.
Le zone di coltivazione del frumento e dell’orzo in Algeria soffrono per un secondo anno consecutivo di umidità inferiore alla media, con una conseguente riduzione della produzione del Paese per la campagna 2023/24. Date le prospettive sfavorevoli dovute alla siccità e al calore in corso, la Fas Post Algeri ha rivisto le previsioni di produzione per la campagna in corso, scendendo a 2,7 milioni di tonnellate per il frumento e a 1,02 tonnellate per l’orzo. Nel 2022/23, si stima che la Nazione nordafricana abbia prodotto 3,3 milioni di tonnellate di grano e 1,4 milioni di tonnellate di orzo. L’Algeria continua ad acquistare una grande quantità di grano per rafforzare le riserve interne. Secondo le relazioni commerciali, l’Ufficio algerino dei cereali (Oaic) ha effettuato diversi acquisti sul mercato internazionale, per lo più frumento tenero macinato proveniente principalmente dalla Russia.
l’ultimo aggiornamento trimestrale dell’International Grain Council (Igc), la Turchia dovrebbe esportare 5,4 milioni di tonnellate di farina (equivalente frumento) nella campagna 2023/24. Il più grande esportatore mondiale di tale materia prima dovrebbe incrementare le importazioni di frumento a 600.000 tonnellate rispetto al 2022/23. “Con una domanda probabilmente più lenta dall’Iraq, un acquirente chiave di farina turca, le consegne dovrebbero essere in parte spostate verso altre destinazioni in Medio Oriente e nell’Africa subsahariana”, ha detto l’Igc. “L’aumento delle esportazioni da parte della Turchia dovrebbe compensare le piccole spedizioni attese da altri fornitori significativi, in particolare Kazakistan e India”.
Lasocietà Alapala Holding Group (Alapala Foreign Trade) è stata inserita tra i “Top 1000 esportatori della Turchia” nel 2022 dall’Assemblea degli esportatori turchi; si tratta dell’unica società di fresatura presente nella lista. Alapala è leader mondiale nella produzione di macchinari e nella fornitura di soluzioni chiavi in mano di tecnologie per la lavorazione degli alimenti dal 1954. L’azienda ha una comprovata esperienza in progetti con oltre 1.000 referenze in quattro continenti e oltre 120 paesi in tutto il mondo. Oggi Alapala costruisce impianti integrati per l’industria dei cereali, dei mangimi e della pasta.
Usa sta investendo in pratiche di agricoltura rigenerativa attraverso la sua catena di fornitura del marchio DiGiorno pizza per ridurre l’impronta di carbonio complessiva dell’azienda. Secondo la multinazionale, quasi due terzi delle emissioni di carbonio della società provengono da approvvigionamento di ingredienti, in gran parte basato in pratiche agricole. L’investimento della società avrà un impatto su oltre 100.000 acri di terreni coltivati a grano, che è quasi il doppio della superficie utilizzata per coltivare il grano proveniente dai prodotti DiGiorno. L’iniziativa sostiene il piano di Nestlé per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050, a partire dall’obiettivo di ottenere il 20% degli ingredienti da terreni agricoli rigenerativi entro il 2025 e il 50% degli ingredienti dallo stesso entro il 2030.
Sulsito del Ministero della Salute sono stati di recente pubblicati i risultati relativi al 2021 del Piano nazionale di controllo ufficiale sulla presenza di organismi geneticamente modificati negli alimenti. Questo Piano nasce da una consolidata collaborazione tra il Ministero della Salute, il Centro di referenza nazionale per la ricerca degli Ogm (Crogm) e l’Istituto superiore di sanità al fine di facilitare la programmazione e il coordinamento delle attività di controllo svolte dalle Autorità sanitarie regionali e provinciali. Attività di controllo svolta in applicazione sia della normativa quadro del settore degli Ogm, i regolamenti (Ce) n. 1829/2003 e 1830/2003, sia del regolamento (Ue) n. 625/2017. Per quanto riguarda la programmazione territoriale, nel 2021 i controlli per la ricerca degli Ogm negli alimenti sono stati eseguiti in generale secondo le indicazioni fornite dal Piano nazionale.
Dall’elaborazione dei dati presenti nel database nazionale risulta che il numero complessivo dei campioni appartenenti a diverse matrici alimentari, prelevati e analizzati nel 2021, è stato di 628, di cui 66 all’importazione. Nel corso dell’attività di controllo sul territorio sono stati campionati prodotti trasformati e materie prime/intermedi di lavorazione principalmente a base di mais, di soia e di riso. Relativamente alle matrici analizzate si osserva che:
• il 52,6% (336 campioni) ha interessato granelle, creme e farine di mais, di riso e miste;
• il 11,7% (75 campioni) latte vegetale e prodotti a base di latte vegetale;
• il 9,4% (60 campioni) prodotti della pasticceria, panetteria e biscotteria;
• il 5,9% (38 campioni) pasta e noodles;
• il 4,3% (28 campioni) snacks, dessert e altri alimenti, fino ad arrivare a diverse matrici quali radici e tuberi, preparazioni gastronomiche, integratori alimentari, prodotti per lattanti e bambini, legumi e semi oleaginosi Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte, hanno posto una maggior attenzione al circuito biologico rispetto alle altre Regioni, effettuando un maggior numero di campioni di prodotti bio.
Tenuto conto dei risultati complessivi ottenuti anche per il 2021, si può confermare che sul mercato italiano nei prodotti alimentari la presenza di Ogm autorizzati negli alimenti continua a essere decisamente limitata e a concentrazioni estremamente basse, inferiori al limite di quantificazione e che vengono rispettati i requisiti d’etichettatura previsti dalla normativa vigente.
Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Serie generale n. 131 del 7/6/2023 è stata pubblicata l’intesa 10 maggio 2023, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge n. 131 del 5 giugno 2003 e in attuazione dell’articolo 115 del regolamento Ue n. 2017/625, tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, concernente l’adozione del “Piano nazionale di emergenza per alimenti e mangimi”.
L’obiettivo principale del piano di emergenza è garantire la sicurezza alimentare e la protezione della salute dei consumatori. Esso si basa sulla cooperazione tra il governo centrale, le regioni
e le Province autonome per adottare misure tempestive ed efficaci in caso di emergenze legate agli alimenti e ai mangimi. L’intesa riflette l’impegno delle Autorità nel garantire la massima sicurezza alimentare, sia nella produzione che nella commercializzazione degli alimenti. Attraverso la collaborazione tra enti centrali e locali, si mira a sviluppare una risposta coordinata e tempestiva in situazioni di crisi che potrebbero mettere a rischio la salute pubblica. Il piano nazionale di emergenza per alimenti e mangimi sarà attuato attraverso la definizione di procedure operative standardizzate, la creazione di un sistema di
a cura di Tullio Pandolfi Italmopa
Piano nazionale di controllo ufficiale sulla presenza di organismi geneticamente modificati negli alimenti. Risultati anno 2021
allerta rapida e la promozione di una stretta collaborazione tra i vari attori del settore alimentare, dalle autorità competenti alle imprese e agli operatori del settore. Tra gli aspetti più rilevanti del piano rientra la prevenzione e il controllo degli agenti biologici, chimici e fisici che possono contaminare gli alimenti e i mangimi. Saranno attuate misure di sorveglianza, monitoraggio e analisi dei rischi, al fine di individuare tempestivamente eventuali pericoli per la salute pubblica e adottare le azioni necessarie per prevenirli o affrontarli efficacemente. Inoltre, il piano prevede anche l’organizzazione di esercitazioni e simulazioni per testare la preparazione e la risposta delle autorità e degli operatori del settore in caso di emergenze alimentari. Queste attività di formazione e addestramento mirano a migliorare la capacità di risposta e a garantire un’efficace gestione delle crisi. La collaborazione tra Enti centrali e locali è fondamentale per affrontare le sfide legate alla sicurezza alimentare in modo efficace. Infatti, soltanto attraverso un coordinamento stretto e una risposta tempestiva alle emergenze alimentari, si può garantire la fiducia dei consumatori e tutelare il sistema agroalimentare italiano.
Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 138 del 21/6/2023, è stato pubblicato il Regolamento di esecuzione (Ue) 2023/1195 del 20 giugno 2023 che stabilisce norme relative ai dettagli e al formato delle informazioni che gli Stati membri sono tenuti a mettere a disposizione sui risultati delle indagini ufficiali relative ai casi di contaminazione con prodotti o sostanze il cui uso non è autorizzato nella produzione biologica. Il regolamento (Ue) 2018/848 stabilisce infatti che le autorità competenti degli Stati membri devono documentare i risultati delle indagini e le misure adottate in caso di presenza di prodotti e sostanze non autorizzati per l’uso nella produzione biologica a norma dell’articolo 9, paragrafo 3, primo comma, di detto regolamento gli stessi Stati membri devono condividere con gli altri Stati membri e con la Commissione le informazioni sulle misure adottate al fine di formulare migliori prassi e su eventuali ulteriori misure volte ad evitare la presenza di prodotti e
sostanze non autorizzati per l’uso nella produzione biologica. Al fine di evitare la duplicazione dei mezzi con i quali gli Stati membri trasmettono alla Commissione e agli altri Stati membri tutte le informazioni richieste dal regolamento (Ue) 2018/848, i dettagli e il formato stabiliti per la comunicazione delle informazioni potrebbero essere utilizzati anche per la trasmissione delle informazioni di cui all’articolo 29, paragrafo 9, dello stesso regolamento. A tal fine è opportuno che gli Stati membri utilizzino il sistema informativo sull’agricoltura biologica (Ofis).
Dovrà inoltre essere utilizzato il formulario di cui all’allegato del regolamento per mettere a disposizione degli altri Stati membri e della Commissione i risultati documentati delle indagini ufficiali svolte a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (Ue) 2018/848, delle eventuali misure adottate dalle autorità competenti al fine di formulare migliori prassi e delle ulteriori misure volte a evitare la presenza di prodotti e sostanze non autorizzati nella produzione biologica.
Regolamentazione in materia di produzione biologica - Casi di contaminazione con prodotti o sostanze il cui uso non è autorizzato nella produzione biologica - Informazioni che gli Stati devono mettere a disposizione sui risultati delle indagini ufficiali
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha di recente pubblicato le linee guida: “Best practice for crisis communicators - How to communicate during food or feed safety incidents”. L’espressione “incidente” o “crisi urgente” è utilizzata secondo la definizione dell’Efsa e del quadro normativo europeo, ed è definita al punto 1.2. L’Efsa, in consultazione con la rete degli esperti di comunicazione (Communications Experts Network - Cen), ha elaborato queste raccomandazioni per incoraggiare l’adozione uniforme delle migliori prassi durante gli incidenti connessi al suo mandato. L’obiettivo è fornire raccomandazioni pratiche e chiare per la comunicazione con il pubblico esterno durante un incidente legato agli alimenti o ai mangimi. Le raccomandazioni si riferiscono principalmente ai ruoli di comunicazione dell’Efsa e degli Stati membri durante un incidente o una crisi. Il documento risulta interessante in termini informativi e di conoscenza delle procedure da seguire, tra l’altro, per sviluppare una comunicazione efficace durante un incidente (al riguardo il Capitolo 2 concernente il flusso di lavoro della comunicazione).
Theeconomic situation of the milling industry is far from easy. Recent news from the Russian-Ukrainian conflict bring further difficulties in this sector due to the blockade imposed on local ports, especially for the movement of soft wheat and oilseeds from that area. However, it may be useful to highlight the recovering trend of Italian food industry exports to Russia since 2023. In any case, if one considers the domestic market, its persistent struggle should be emphasised. In fact, the domestic market is still sluggish, with a drop in volume sales of -4.7% in the January-May 2023/22 comparison.
Il contesto congiunturale in cui si muove il comparto molitorio è tutt’altro che facile. Le notizie che provengono dal conflitto russo-ucraino recano ulteriori difficoltà in prospettiva, per il blocco imposto ai porti locali, soprattutto per la movimentazione di grano tenero e semi oleosi provenienti da quello scacchiere. Può essere utile comunque segnalare il trend di recupero recato dal 2023 alle esportazioni
di Luigi Pelliccia Responsabile Ufficio Studi e Mercato di Federalimentare
dell’industria alimentare italiana verso la Russia. Nei primi quattro mesi dell’anno esse segnano, infatti, un tendenziale del +18,2%, ribaltando i segni negativi di inizio anno e il -4,1% del consuntivo 2022. Un fenomeno analogo si delinea d’altronde anche per l’Ucraina, che segna nel quadrimestre una ripresa del +34,1% delle esportazioni del settore, dopo il -20,6% accusato in chiusura 2022.
In ogni caso, guardando al mercato domestico, va sottolineata la perdurante fatica che lo caratterizza. Esso continua a languire, con un calo delle vendite in volume del -4,7% nel confronto gennaiomaggio 2023/22. È evidente, perciò, che esso di tutto ha bisogno fuorché di ulteriori tensioni di prezzo destinate a deprimere la domanda e allertare le Autorità di Governo. I confronti avvenuti alla fine dello scorso luglio, fra i Ministri Urso e Lollobrigida, da un lato, e i rappresentanti della produzione pastaia e della grande distribuzione, dall’altro, sono emblematici della grande attenzione che sul tema prezzi alimentari si è generata nel Paese, anche ai
massimi livelli. In merito può essere utile ricordare, in ogni caso, quanto evidenziato dagli indici Istat. E cioè, che i prezzi alla produzione di “pasta, cous cous e prodotti farinacei simili” nel confronto gennaio 2023-maggio 2023 (ultimo mese disponibile) sono diminuiti del -0,3%. E questo, mentre i prezzi al consumo di “pasta e cous cous”, nel confronto gennaio 2023-giugno 2023 (ultimo mese disponibile), sono aumentati del +2,6%, mentre sul gennaio 2023-maggio 2023 sono cresciuti del +2,0%.
Intanto, la produzione molitoria mostra nel 2023 chiari segni di fatica. A maggio, essa ha segnato un -2,9% sullo stesso mese 2022, mentre nel confronto sui primi cinque mesi 2023/22 ha accusato un -8,6%. Sono trend peggiori della media dell’industria alimentare, la quale ha registrato in parallelo un -0,4% a maggio e un -1,8% sui cinque mesi. Per fortuna, le esportazioni molitorie, anche se stanno rallentando il passo, sembrano tenere. Nel 2022 esse avevano raggiunto quota 567 milioni di euro, con un +29,5% per effetto prezzi sull’anno
precedente, e una incidenza dell’8,5% sul fatturato di comparto. Nei primi quattro mesi 2023 esse hanno toccato quota 200,1 milioni, con un +12,7%, che rientra dopo il +20,1% segnato nel trimestre, ma si mantiene comunque in linea e anzi un po’ sopra il passo valutario segnato in parallelo dall’industria alimentare nel suo complesso, pari al +11,7%.
In quantità, tuttavia, l’export quadrimestrale del molitorio accusa un calo del -5,2% sullo stesso periodo 2022, più pesante di quello registrato nel complesso dall’industria alimentare (-3,2%). Il taglio del molitorio viene, d’altra parte, dopo il +4,0% registrato dall’export in quantità
Utilizzata nel settore molitorio per il passaggio del prodotto (semola, farina etc.) viene realizzata in acciaio inox aisi 304 BA sp. 10-12/10 elettrosaldata e saldata a tig con trattamento di lucidatura esterna, nei diametri 105-120-150200-250-300 mm e nei vari componenti quali tubi, settori, settori girevoli, valvole, giunzioni.
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di comparto nel 2022. Il valore unitario indicativo dell’export molitorio (esito del confronto fra i delta in valore e quantità) segna un apprezzamento unitario indicativo di 17,9 punti. E questo dopo i 25,5 punti di apprezzamento unitario indicativo registrati a consuntivo 2022.
Ma sul “passo” delle esportazioni alimentari nazionali va spesa qualche parola. Il grande “driver” infatti è sempre questo. Ebbene, il consuntivo dell’industria alimentare aggregata registra, nei primi quattro mesi dell’anno, una quota export in valuta di 16.406,4 milioni di euro. Ne esce un +11,7% sul 1° quadrimestre 2022, in rientro rispetto al +15,2% registrato nel 1° trimestre e al +18,5% del consuntivo 2022.
Va pure sottolineato che il -3,2% registrato in quantità dall’export quadrimestrale del settore alimentare aggregato, viene dopo il -1,0% del trimestre e, soprattutto, dopo il +3,2% registrato a consuntivo 2022. Il valore unitario indicativo dell’export del macro-settore alimentare cresce così, sui quattro mesi, di 14,9 punti, dopo i 15,3 punti del consuntivo 2022.
Va pure aggiunto, a questo punto, che la pesantezza dell’export, invece di alleggerirsi, sembra purtroppo destinata a crescere, alla luce delle anticipazioni diffuse dall’Istat. Queste ci dicono infatti che le vendite all’estero dei “prodotti di consumo non durevole” (rappresentati in gran
parte proprio dai prodotti alimentari) hanno segnato a maggio un aumento tendenziale in valore del +7,7%, mentre sui cinque mesi hanno registrato un +10,5%. In sostanza, sono in vista nuovi rallentamenti dell’export. E questi, uniti alla debolezza del mercato interno, spiegano le decelerazioni tendenziali registrate dalla produzione in quantità dell’industria
alimentare aggregata, prima segnalate, pari al -0,4% di maggio e al -1,8% dei cinque mesi.
Insomma, i fenomeni cui abbiamo accennato indicano profili congiunturali non esaltanti nella seconda metà dell’anno. I quali rischiano purtroppo di radicarsi e di influire negativamente anche sull’avvio del 2024, alla luce delle tendenze riflessive del commercio internazionale. Intanto, nei primi quattro mesi dell’anno, come principali sbocchi esteri del molitorio si confermano, nell’ordine: la Germania, con 33,0 milioni di euro (+8,6%); la Francia con 31,9 milioni (+23,2%); la Spagna, con 17,4 milioni (+18,4%); gli Stati Uniti, con 15,0 milioni (+3,8%) e il Regno Unito, con 11,3 milioni (+12,9%).
Fra le destinazioni di rincalzo emergono i forti spunti espansivi registrati dalla Slovenia (+90,3%), dall’Arabia Saudita (+53,8%) e dagli Emirati Arabi Uniti (+34,1%). Sono delta che andranno ovviamente monitorati in prosieguo di tempo, per verificarne la tenuta. In ogni caso, la diversificazione degli sbocchi, specialmente in un periodo di mercato difficile, appare più che mai come un obiettivo strategico importante. E questo, tanto più per un comparto baricentrico, ma non particolarmente export oriented, come il molitorio.
Luigi PellicciaMatterof little interest for food law so far, the relationship between deforestation and forest degradation will enter the sector’s legislation with force; it will be applied as from 30 December 2024 and six months later for operators who were established as micro or small enterprises on 31 December 2020. From that date on, the “commodities concerned”, i.e. cattle, cocoa, coffee, oil palm, rubber, soya and wood, and the related “products concerned” will only be allowed to enter the EU, circulate there and possibly be exported if they comply with Regulation (EU) 2023/1115. In practice, the operator or trader will have to ensure that the products concerned: a) are zero deforestation; b) have been produced in accordance with the relevant legislation of the country of production; and c) are subject of a due diligence statement.
ENTRATO IN VIGORE IL REGOLAMENTO UE CONTRO I PRODOTTI CHE CAUSANO DEFORESTAZIONE EU REGULATION ENTERS INTO
Materia fino a ora di scarso interesse per il diritto alimentare, il rapporto tra la deforestazione e il degrado forestale entrerà di prepotenza nella legislazione di settore applicandosi dal 30 dicembre 2024 e sei mesi dopo per gli operatori che al 31 dicembre 2020 erano costituiti come microimprese o piccole imprese. Da quella data le “materie prime interessate”, vale a dire bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia
e legno e i relativi “prodotti interessati” (TABELLA) potranno entrare nell’Ue, ivi circolare ed eventualmente essere esportati esclusivamente se conformi al Reg. (Ue) 2023/1115. In pratica l’“operatore”, vale a dire la persona fisica o giuridica che nel corso di un’attività commerciale immette i prodotti interessati sul mercato o li esporta, o il “commerciante”, la persona nella catena di approvvigionamento, diversa dall’operatore, che nel corso
Tutti i risultati lo confermano: con la ricerca Fava la pasta raggiunge livelli di qualità eccezionali, garantendo soluzioni straordinarie per il settore. La nuova gamma di linee per pasta lunga e corta, GPL 180 e TCM 100, sono un esempio degli importanti sviluppi tecnici e tecnologici che, insieme all’innovativo laboratorio R&D e agli evoluti servizi a valore, dimostrano gli esclusivi vantaggi della nostra specializzazione.
di un’attività commerciale mette a disposizione i prodotti interessati sul mercato, debbono far sì che i prodotti interessati: a) siano a deforestazione zero; b) siano stati
prodotti nel rispetto della legislazione pertinente del paese di produzione; e c) siano oggetto di una dichiarazione di dovuta diligenza. Se l’impianto normativo unionale
0102 21, 0102 29 Animali vivi della specie bovina ex 0201 Carni di animali della specie bovina, fresche o refrigerate ex 0202 Carni di animali della specie bovina, congelate ex 0206 10 Frattaglie commestibili di animali delle specie bovina, fresche o refrigerate ex 0206 22 Fegati commestibili di animali della specie bovina, congelati ex 0206 29 Frattaglie commestibili di animali della specie bovina (esclusi lingue e fegati), congelate ex 1602 50 Altre preparazioni e conserve di carni, di frattaglie o di sangue della specie bovina ex 4101 Cuoi e pelli greggi di bovini (freschi, o salati, secchi, calcinati, piclati o altrimenti conservati, ma non conciati né pergamenati né altrimenti preparati), anche depilate o spaccate ex 4104 Cuoi e pelli conciati o in crosta di bovini, depilati, anche spaccati, ma non altrimenti preparati ex 4107 Cuoi preparati dopo la concia o dopo l’essiccazione e cuoi e pelli pergamenati, di bovini, depilati, anche spaccati, diversi da quelli della voce 4114.
1801 Cacao in grani, interi o franti; greggi o tostati
1802 Gusci o pellicole (bucce) ed altri residui di cacao
1803 Pasta di cacao, anche sgrassata
1804 Burro, grasso e olio di cacao
1805 Cacao in polvere, senza aggiunta di zuccheri o di altri dolcificanti
1806 Cioccolata e altre preparazioni alimentari contenenti cacao.
0901 Caffè, anche torrefatto o decaffeinizzato; bucce e pellicole di caffè; succedanei del caffè contenenti caffè in qualsiasi proporzione.
1207 10 Noci e mandorle di palmisti
1511 Olio di palma e sue frazioni, anche raffinati, ma non modificati chimicamente
1513 21 Oli greggi di palmisti o di babassù e loro frazioni, anche raffinati, ma non modificati chimicamente
1513 29 Oli di palmisti o di babassù e loro frazioni, anche raffinati, ma non modificati chimicamente (esclusi oli greggi)
2306 60 Panelli e altri residui solidi di noci o mandorle di palmisti, anche macinati o agglomerati in forma di pellets, derivanti dall’estrazione di grassi od oli di noci o mandorle di palmisti
ex 2905 45 Glicerolo, con un grado di purezza pari o superiore al 95 % (in peso, calcolato sul prodotto anidro)
2915 70 Acido palmitico, acido stearico, loro sali e loro esteri
2915 90 Acidi monocarbossilici aciclici saturi e loro anidridi, alogenuri, perossidi e perossiacidi; loro derivati alogenati, solfonati, nitrati o nitrosi (esclusi acido formico, acido acetico, acidi mono-di-o tricloroacetici, acido propionico, acidi butanoici, acidi pentanoici, acido palmitico, acido stearico, loro sali e loro esteri, e anidride acetica)
3823 11 Acido stearico, industriale
3823 12 Acido oleico, industriale
3823 19 Acidi grassi monocarbossilici industriali; oli acidi di raffinazione (esclusi acido stearico, acido oleico e acidi grassi del tallolio)
3823 70 Alcoli grassi industriali.
GOMME
4001 Gomma naturale, balata, guttaperca, guayule, chicle e gomme naturali analoghe, in forme primarie o in lastre, fogli o nastri
ex 4005 Gomma mescolata, non vulcanizzata, in forme primarie o in lastre, fogli o nastri
ex 4006 Gomma non vulcanizzata, in altre forme (per esempio: bacchette, tubi, profilati) e in altri oggetti (per esempio: dischi, rondelle)
ex 4007 Fili e corde di gomma vulcanizzata
ex 4008 Lastre, fogli, nastri, bacchette e profilati, di gomma vulcanizzata non indurita ex 4010 Nastri trasportatori e cinghie di trasmissione, di gomma vulcanizzata
ex 4011 Pneumatici nuovi, di gomma
ex 4012 Pneumatici rigenerati o usati, di gomma; gomme piene o semipiene, battistrada per pneumatici e protettori (“laps”), di gomma ex 4013 Camere d’aria, di gomma
è stato oramai delineato, al momento manca il dettaglio, in parte nazionale (e quindi diverso da Paese Ue a Paese Ue) relativo all’infrastruttura pubblica di raccolta delle
ex 4015 Indumenti e accessori di abbigliamento (compresi i guanti, mezzoguanti e muffole), di gomma vulcanizzata non indurita, per qualsiasi uso ex 4016 Altri lavori di gomma vulcanizzata non indurita, non nominati altrove nel capitolo 40 ex 4017 Gomma indurita (per esempio: ebanite) in qualsiasi forma, compresi cascami e avanzi; lavori di gomma indurita.
1201 Fave di soia, anche frantumate
1208 10 Farine di fave di soia
1507 Olio di soia e sue frazioni, anche raffinati, ma non modificati chimicamente
2304 Panelli e altri residui solidi, anche macinati o agglomerati in forma di pellets, dell’estrazione dell’olio di soia.
4401 Legna da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie, fascine o in forme simili; legno in piccole placche o in particelle; segatura, avanzi e cascami di legno, anche agglomerati in forma di ceppi, mattonelle, palline o in forme simili
4402 Carbone di legna (compreso il carbone di gusci o di noci), anche agglomerato
4403 Legno grezzo, anche scortecciato, privato dell’alburno o squadrato
4404 Liste di legno per cerchi; pali spaccati; pioli e picchetti di legno, appuntiti non segati per il lungo; legno semplicemente sgrossato o arrotondato, ma non tornito, né curvato né altrimenti lavorato, per bastoni, ombrelli, manici di utensili o simili; legno in stecche, strisce, nastri e simili
4405 Lana (paglia) di legno; farina di legno
4406 Traversine di legno per strade ferrate o simili
4407 Legno segato o tagliato per il lungo, tranciato o sfogliato, anche piallato, levigato o incollato con giunture di testa, di spessore superiore a 6 mm
4408 Fogli da impiallacciatura (compresi quelli ottenuti mediante tranciatura di legno stratificato), fogli per compensati o per legno simile stratificato e altro legno segato per il lungo tranciato o sfogliato, anche piallato, levigato, assemblati in parallelo o di testa, di spessore inferiore o uguale a 6 mm
4409 Legno (comprese le liste e le tavolette [parchetti] per pavimenti, non riunite) profilato (con incastri semplici, scanalato, sagomato a forma di battente, con limbelli, smussato, con incastri a V, con modanature, arrotondamenti o simili) lungo uno o più orli o superfici, anche piallato, levigato o incollato con giunture di testa
4410 Pannelli di particelle, pannelli detti “oriented strand board” (Osb) e pannelli simili (per esempio: “waferboard”), di legno o di altre materie legnose, anche agglomerate con resine o altri leganti organici
4411 Pannelli di fibre di legno o di altre materie legnose, anche agglomerate con resine o altri leganti organici
4412 Legno compensato, legno impiallacciato e legno simile stratificato
4413 Legno detto “addensato”, in blocchi, tavole, listelli o profilati
4414 Cornici di legno per quadri, fotografie, specchi o articoli simili
4415 Casse, cassette, gabbie, cilindri e imballaggi simili, di legno; tamburi (rocchetti) per cavi, di legno; palette di carico, semplici, palette-casse e altre piattaforme di carico, di legno; spalliere di palette di legno (esclusi materiale da imballaggio usato esclusivamente come materiale da imballaggio per sostenere, proteggere o trasportare un altro prodotto immesso sul mercato)
4416 Fusti, botti, tini e altri lavori da bottaio e loro parti, di legno, compreso il legname da bottaio
4417 Utensili, montature e manici di utensili, montature di spazzole, manici di scope o di spazzole, di legno; forme, formini e tenditori per calzature, di legno
4418 Lavori di falegnameria e lavori di carpenteria per costruzioni, compresi i pannelli cellulari, i pannelli assemblati per pavimenti e le tavole di copertura (“shingles” e “shakes”), di legno
4419 Articoli di legno per la tavola o per la cucina
4420 Legno intarsiato e legno incrostato; cofanetti, scrigni e astucci per gioielli, per oggetti di oreficeria e lavori simili, di legno; statuette e altri oggetti ornamentali, di legno; oggetti di arredamento, di legno, che non rientrano nel capitolo 94
4421 Altri articoli di legno. Pasta di legno e carta dei capitoli 47 e 48 della nomenclatura combinata, con l’eccezione di prodotti a base di bambù e materiali da riciclare (avanzi o rifiuti)
ex 49 Libri stampati, giornali, immagini e altri prodotti della stampa; manoscritti, dattiloscritti e piani, di carta
ex 9401 Mobili per sedersi (esclusi quelli della voce 9402), anche trasformabili in letti, e loro parti, di legno
9403 30, 9403 40, 9403 50, 9403 60 e 9403 91 Mobili di legno, e loro parti
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dichiarazioni degli operatori economici, di scambio d’informazioni tra Paesi e di gestione, controllo e sanzione in applicazione della novella.
Per raggiungere gli obiettivi della norma, che sono il “ridurre al minimo il contributo dell’Unione alla deforestazione e al degrado forestale nel mondo, contribuendo in tal modo a ridurre la deforestazione globale” e il “ridurre il contributo dell’Unione alle emissioni di gas a effetto serra e alla perdita di biodiversità a livello mondiale” il meccanismo giuridico introduce ampi obblighi in capo a ogni soggetto della filiera dei “prodotti interessati”, parzialmente alleggeriti per in particolare per le Pmi1. L’obbligo basilare è l’esercizio della dovuta diligenza (con apposita “dichiarazione di dovuta diligenza”), prima di immettere i prodotti sul mercato, ma non soltanto in occasione della prima immissione sul mercato, bensì in ogni atto di “fornitura di un prodotto interessato per la distribuzione, il consumo o l’uso sul mercato dell’Unione nel corso di un’attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito”. Nella catena di informazioni l’operatore comunica agli operatori e ai commercianti a valle della catena di approvvigionamento dei “prodotti interessati” che ha immesso sul mercato o esportato tutte le informazioni necessarie per dimostrare che è stata esercitata la dovuta diligenza e che il rischio riscontrato è nullo o trascurabile. Mentre l’operatore che è una Pmi (“operatore Pmi”) è esentato dall’obbligo di
esercitare la dovuta diligenza per i “prodotti interessati” contenuti nei “prodotti interessati” o fabbricati a partire da essi che sono già stati oggetto di dovuta diligenza, gli altri operatori operatore possono fare riferimento alle dichiarazioni di dovuta diligenza che sono già state presentate per il prodotto, ma solo dopo aver accertato che la dovuta diligenza relativa ai “prodotti interessati” contenuti nei “prodotti interessati” o fabbricati a partire da essi è stata esercitata conformemente alla norma. La dovuta diligenza comprende: a) la raccolta delle informazioni, dei dati e dei documenti necessari per adempiere agli obblighi d’informazione e b) le misure di valutazione del rischio.
Le informazioni che debbono essere raccolte e conservate riguardano la descrizione dei prodotti interessati, la quantità, il
paese di produzione, la geolocalizzazione di tutti gli appezzamenti nei quali sono state prodotte le materie prima, la data o periodo di produzione (sapendo che qualsiasi forma di deforestazione degli appezzamenti dove è avvenuta la produzione esclude la possibilità dell’immissione in commercio del prodotto), i contatti dei fornitori e dei clienti, le informazioni “probanti e verificabili” secondo cui i prodotti interessati sono a deforestazione zero, le informazioni “probanti e verificabili” secondo cui le “materie prime interessate” sono state prodotte nel rispetto della legislazione pertinente2 del paese di produzione, compresi eventuali accordi che conferiscono il diritto di adibire l’area specifica alla produzione della “materia prima interessata”. Le informazioni sopra indicate debbono essere verificate e analizzate al fine della valutazione del rischio3 che i prodotti interessati destinati a essere immessi sul mercato o esportati siano non conformi. Pertanto l’operatore “non immette sul mercato o esporta i prodotti interessati, salvo se la valutazione del rischio rivela un rischio nullo o trascurabile che i prodotti interessati siano non conformi”. Il processo di “attenuazione del rischio” prevede l’attivazione obbligatoria (salvo che per le Pmi) di una funzione di audit indipendente e l’adozione di
politiche, controlli e procedure “adeguati e proporzionati per attenuare e gestire con efficacia i rischi individuati di non conformità”, ricorrendo a modelli di pratiche di gestione dei rischi, comunicazione, tenuta dei registri ecc. Tra gli strumenti ai quali l’operatore può ricorrere vi è “una descrizione del processo di consultazione dei popoli indigeni, delle comunità locali e di altri titolari di diritti fondiari consuetudinari o delle organizzazioni della società civile presenti nella zona di produzione delle materie prime interessate e dei prodotti interessati”.
Conseguono immaginabili obblighi in capo all’operatore che definisce e mantiene aggiornato un insieme di procedure e misure che gli consente di garantire la conformità, riesamina il sistema di dovuta diligenza almeno una volta l’anno, elabora ogni anno una relazione sul proprio sistema di dovuta diligenza, ivi comprese le misure adottate per adempiere ai propri obblighi, e ne dà la più ampia diffusione possibile, anche sul web. La “dovuta diligenza semplificata” è prevista per l’operatore che immette sul mercato i prodotti interessati o li esporta, e non è tenuto ad adempiere agli obblighi di valutazione e attenuazione del rischio se, dopo aver valutato la complessità della pertinente catena di approvvigionamento e il rischio di elusione del presente regolamento o di commistione con prodotti di origine sconosciuta o aventi origine in paesi o parti di paesi ad alto rischio o a rischio standard, ha appurato che tutte le materie prime interessate e tutti i prodotti interessati
sono stati prodotti in paesi o parti di paesi classificati come a basso rischio. In tali casi, “l’operatore mette a disposizione dell’autorità competente, su richiesta, la documentazione pertinente attestante un rischio trascurabile di elusione del presente regolamento o di commistione con prodotti di origine sconosciuta o aventi origine in paesi o parti di paesi ad alto rischio o a rischio standard”.
Il rapporto tra certificazioni private di conformità a principi in parte sovrapponibili
a quelli imposti dalla normativa Ue e obblighi giuridici in tema di deforestazione potrà essere sinergico qualora la certificazione volontaria non sia in contrasto con gli obblighi legali. Tale possibile sinergia dovrà essere gestita, se presente, secondo le regole generali in particolare in tema di corretta informazione del consumatore; si pensi, in caso contrario a quanto dispone l’art. 7 del Reg. Ue 1169/2011 in tema di pratiche leali d’informazione ove si vieta il suggerimento destinato al consumatore circa il fatto che l’alimento possieda “caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche”.
La novella se da un lato appare non semplificare l’attività delle Pmi, dall’altro al momento non permette neppure semplificazioni, ad esempio, per gli scambi di prodotti infragruppo a livello di singolo Paese o a maggior ragione di Ue, obbligando a tante identiche attività, per lo stesso prodotto. Il commercio on-line dei “prodotti interessati” sarà anch’esso soggetto alla norma come chiarito al considerando 30 del Regolamento anche se il tema non viene giuridicamente approfondito.
Dal punto di vista del lettore della disposizione, debbo rilevare l’uso, come in altre norme prevalentemente recenti, della dizione “dovuta diligenza” la quale utilizzando termini quasi contraddittori (la debenza, quale obbligo stabilito per legge di dover fare qualcosa4 che si associa alla diligenza quale “Cura attenta e scrupolosa, premurosa esattezza
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nell’operare diligenza”5) va oltre l’italica “diligenza del buon padre di famiglia” (ove in termini di diritto privato si fornisce un criterio valutativo di un comportamento), regolando e misurando (anche ai fini sanzionatori) un comportamento obbligatorio, quindi già di per se stesso richiedente un livello di adesione per lo
meno sufficiente al raggiungimento del precetto fissato dal Reg. Ue 2023/1115. L’aspetto della diligenza, se da un lato sembra servire a far adempiere obblighi dai contorni parzialmente incerti in parte derivanti anche dall’autoreferenzialità del Legislatore Ue rispetto alle sovranità e alle legislazioni dei Paesi extra Ue,
dall’altro si presta a introdurre nello specifico una zona grigia che poco assomiglia al principio basilare della certezza del diritto. I nuovi possenti obblighi, a parere del sottoscritto, risuonano come una voce nel vuoto visto che l’autodeterminazione dell’Ue, non avendo rilevante seguito, almeno al momento, tra gli altri Paesi, sembra destinata a creare evidenti distorsioni a livello di mercato globale, a danno delle aziende unionali, che incideranno anche sulle aziende che direttamente non trattano i prodotti interessati, ma che usano pallet di altrui produzione, dépliant o materiale commerciale stampato su carta e altro ancora.
Giuseppe Maria Durazzo1. Categorie di imprese e di gruppi ai sensi del Reg. Ue 1023/34, art. 3:
1. Nell’applicare una o più opzioni di cui all’articolo 36, gli Stati membri definiscono microimprese le imprese che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti:
a) totale dello stato patrimoniale: 350 000 EUR;
b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 700 000 EUR;
c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 10.
2. Sono piccole imprese le imprese che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti:
a) totale dello stato patrimoniale: 4 000 000 EUR;
b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 8 000 000 EUR;
c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 50.
Gli Stati membri possono stabilire soglie superiori rispetto alle soglie di cui al primo comma, lettere
a) e b). Tuttavia le soglie non sono superiori a 6 000 000 EUR per il totale dello stato patrimoniale e a 12 000 000 EUR per i ricavi netti delle vendite e delle prestazioni.
3. Sono medie imprese le imprese che non rientrano nella categoria delle microimprese o delle piccole imprese e che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti:
a) totale dello stato patrimoniale: 20 000 000 EUR;
b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40 000 000 EUR;
c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250.
2. Legislazione pertinente del paese di produzione: le leggi applicabili nel paese di produzione per quanto riguarda lo status giuridico della zona di produzione in termini di:
a) diritti d’uso del suolo;
b) tutela dell’ambiente;
c) norme relative alle foreste, comprese la gestione delle foreste e la conservazione della biodiversità, ove direttamente connesse alla raccolta del legno;
d) diritti di terzi;
e) diritti dei lavoratori;
f) diritti umani protetti a norma del diritto internazionale;
g) principio del consenso libero, previo e informato, compreso quanto previsto nella dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni;
h) disciplina fiscale, sull’anticorruzione, commerciale e doganale.
3. Ai sensi dell’art. 10 della novella la valutazione del rischio tiene conto in particolare dei criteri seguenti:
a) rischio attribuito al paese di produzione in questione o a parti di esso conformemente all’articolo 29;
b) presenza di foreste nel paese di produzione o in parti di esso;
c) presenza di popoli indigeni nel paese di produzione o in parti di esso;
d) consultazione e cooperazione in buona fede con i popoli indigeni del paese di produzione o di parti di esso;
e) esistenza di segnalazioni debitamente motivate dei popoli indigeni basate su informazioni oggettive e verificabili riguardanti l’uso o la proprietà della superficie utilizzata ai fini della produzione della materia prima interessata;
f) diffusione della deforestazione o del degrado forestale nel paese di produzione o in parti di esso;
g) fonte, attendibilità e validità delle informazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, nonché collegamenti con altra documentazione disponibile;
h) preoccupazioni inerenti al paese di produzione e di origine o a parti di esso, ad esempio a livello di
corruzione, diffusione di pratiche di falsificazione di documenti e dati, carenze nell’applicazione della legge, violazioni dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale, conflitti armati o esistenza di sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o dal Consiglio dell’Unione europea; i) complessità della catena di approvvigionamento e fase di trasformazione dei prodotti interessati, in particolare difficoltà nel collegare i prodotti interessati all’appezzamento in cui sono state prodotte le materie prime interessate; j) rischio di elusione del presente regolamento o di commistione con prodotti interessati di origine sconosciuta o che sono stati prodotti in una zona in passato o tuttora oggetto di deforestazione o degrado forestale;
k) conclusioni delle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione che sostengono l’attuazione del presente regolamento, pubblicate nel registro dei gruppi di esperti della Commissione; l) indicazioni comprovate presentate a norma dell’articolo 31 e informazioni sui precedenti di non conformità al presente regolamento di operatori o commercianti lungo la pertinente catena di approvvigionamento;
m) qualsiasi informazione che indichi il rischio che i prodotti interessati siano non conformi; n) informazioni complementari sulla conformità al presente regolamento, anche provenienti dalla certificazione o da altri sistemi di verifica da parte di terzi, compresi i sistemi volontari riconosciuti dalla Commissione a norma dell’articolo 30, paragrafo 5, della direttiva (Ue) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (21), purché tali informazioni soddisfino i requisiti di cui all’articolo 9 del presente regolamento.
4. https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/ debenza/ consultato da ultimo il 18 giugno 2023.
5. https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/ diligenza/ consultato da ultimo il 18 giugno 2023.
The most frequently consumed cereal products in Europe are baked foods made from white wheat flour, such as bread, which cause a very rapid increase in blood sugar levels. In recent years, due to worldwide health concerns, great interest has emerged in the prevention and control of glucose absorption due to starchy foods intake.
Baked foods can be classified
according to their digestibility, which is usually characterised by the speed and duration of the glycaemic response. Since its introduction in the 1980s, the glycaemic index (GI) has been accepted as a basic comparative parameter for assessing physiological responses to the intake of carbohydrates derived from different foods.
Iprodotti cerealicoli più frequentemente consumati in Europa sono alimenti da forno a base di farina di grano bianco, come il pane, che causano un aumento molto rapido del livello di glucosio nel sangue. Negli ultimi anni, nel contesto delle preoccupazioni per la salute a livello mondiale, è emerso un grande interesse per la prevenzione e il controllo dell’assorbimento di glucosio dovuto all’ingestione di alimenti amidacei. I prodotti alimentari cotti al forno possono essere classificati in base alla loro digeribilità, che è generalmente caratterizzata dalla velocità e dalla durata della risposta glicemica. Dalla sua introduzione negli anni ‘80, l’indice glicemico (Ig) è stato accettato come parametro comparativo di base per valutare le risposte fisiologiche all’ingestione di carboidrati derivati da diversi alimenti, nonostante alcune controversie. Gli alimenti con un Ig basso (<55) o moderato (<70) sono stati considerati più salutari, in particolare per quanto riguarda la riduzione del rischio di malattie metaboliche, come l’obesità e il diabete di tipo 2, e di malattie cardiovascolari (Jenkins et al., 2002).
L’amido è formato dalla molecola di amilosio, che è un polimero lineare di unità di α-D-glucosio legate da legami glicosidici α-1,4 e dalla molecola di amilopectina, che è un polimero ramificato di unità di α-D-glucosio legate da legami glicosidici α-1,4 e α -1,6 (Singh et al., 2010). Nella maggior parte dei prodotti da forno convenzionali, l’amido presente viene rapidamente digerito e assorbito, causando così un elevato indice glicemico. Il concetto di indice glicemico è stato introdotto per classificare gli alimenti in base alla loro risposta glicemica postprandiale. Infatti, l’indice glicemico è definito come l’area glicemica incrementale postprandiale dopo un pasto di prova, espressa come percentuale dell’area corrispondente dopo una porzione equi-carboidrata di un alimento di riferimento come il glucosio o il pane bianco. I problemi associati alla difficoltà di utilizzare l’indice glicemico come parametro indicativo sono il costo elevato, il tempo e la complessa metodologia di analisi. Per questo motivo, negli ultimi
anni sono stati proposti diversi metodi in vitro per la misurazione della risposta glicemica (Englyst et al., 2000; Angioloni e Collar 2011). L’indice di idrolisi dell’amido è stato considerato un buon predittore della digeribilità dell’amido e, quindi, della risposta glicemica.
Il metodo di digeribilità dell’amido in vitro è molto utile perché ha mostrato buone correlazioni rispetto alla risposta glicemica agli alimenti nei test in vivo dell’indice glicemico (Ronda et al., 2012). In particolare, il metodo si basa sulla digestione in vitro dell’amido, simulando le condizioni
gastriche e intestinali e misurando il rilascio di glucosio in tempi diversi. Nel caso dei derivati dei cereali, per questa stima è stato ampiamente utilizzato il metodo sviluppato da Englyst et al. (1992) e le sue successive modifiche, in cui l’amido viene classificato in tre diverse frazioni: amido rapidamente digeribile (Rds), amido lentamente digeribile (Sds) e amido resistente (Rs). L’amido resistente è stato definito come la porzione di amido che non viene idrolizzata dagli enzimi nell’intestino tenue e passa all’intestino crasso. I valori di Rds e Sds hanno mostrato una buona relazione con l’Ig nell’uomo, confermando l’affidabilità del metodo. L’indice di velocità di digestione dell’amido (Sdri) rappresenta un indicatore della digeribilità
dell’amido in vitro. Inoltre, è possibile calcolare l’indice di glucosio rapidamente disponibile (Rag), un predittore della potenziale risposta glicemica derivante dall’ingestione di questi alimenti.
Altri componenti presenti nella farina, come proteine, lipidi e polisaccaridi non amidacei, possono influenzare la digeribilità enzimatica dell’amido, considerando i possibili cambiamenti nelle interazioni tra queste sostanze durante le varie fasi di preparazione. L’amido digeribile viene principalmente idrolizzato dagli enzimi in glucosio attraverso diverse fasi. L’αamilasi salivare agisce sull’amido all’inizio della digestione, dopodiché l’amido viene rapidamente degradato nell’ambiente acido dello stomaco. Tuttavia, l’amido è maggiormente degradato dall’amilasi pancreatica, che viene rilasciata nell’intestino tenue attraverso il dotto pancreatico. L’α-amilasi (1,4 α-D-glucanoidrolasi, EC 3.2.1.1) catalizza l’idrolisi dei legami
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glicosidici α-1,4 nell’amilosio e nell’amilopectina (Lehmann e Robin, 2007). Le α-amilasi mancano di specificità per i legami di ramificazione α-1,6 nell’amilopectina, quindi la loro capacità di rompere i legami α-1,4 adiacenti al punto di ramificazione è ridotta principalmente a causa dell’ingombro sterico.
Cosa influenza la digeribilità dell’amido
I prodotti finali dell’idrolisi della digestione dell’amilosio sono principalmente maltosio, maltotriosio e maltotetraosio. Mentre i prodotti dell’idrolisi dell’amilopectina consistono principalmente in destrine o oligosaccaridi ramificati. Questi oligosaccaridi subiscono un’ulteriore idrolisi enzimatica nell’intestino. Negli anni passati, molti studi si sono concentrati su diversi metodi di digeribilità dell’amido in vitro,
come la diversa preparazione dei campioni e l’uso di amilasi e proteasi. La Tabella mostra alcuni studi recenti sulla digeribilità dell’amido in relazione a diversi amidi e composizioni alimentari. In effetti, il tasso di idrolisi dell’amido varia notevolmente tra i diversi alimenti, dal più basso per le lenticchie al più alto per le patate bollite. Pertanto, anche la natura dell’amido negli alimenti e la dimensione dei granuli di amido influenzano la digeribilità e di conseguenza la risposta glicemica (Kaur
et al., 2010). In generale, la maggior parte degli amidi alimentari contiene il 25/30% di amilosio e il 70/75% di amilopectina. Un contenuto più elevato di amilosio riduce la digeribilità dell’amido, poiché esiste una correlazione positiva tra il contenuto di amilosio e la formazione di amido resistente. Inoltre, in vari studi si è dimostrato che i granuli di amido più grandi hanno mostrato un tasso di idrolisi inferiore rispetto alle frazioni di granuli medi e piccoli. Ciò è dovuto a una minore superficie specifica dei granuli grandi, che riduce il legame con gli enzimi rispetto ai granuli piccoli. Inoltre, l’amido di frumento, rispetto ad altri tipi di amidi, presenta più pori nel granulo che facilitano l’ingresso delle amilasi per la digestione. Le diverse fasi di preparazione dei prodotti da forno causano un’alterazione della struttura del prodotto finale, influenzando la digeribilità dell’amido. È stato
Mishra et al. (2008); in vitro simulated gastric and small intestinal digest ion using pancreatin and amylogucosidase Sorghum
Cooked potatoes
and 40-47c Wong et al. (2009); in vitro starch digestion with pepsin and without pepsin pre-treatment using pepsin (porcine stomach mucosa) and amylase (bacterial; porcine pancreas; human saliva) Cooked rice
and 33d Koh et al. (2009); in vitro digestion using a-amylase from Aspergillus oryzae Waxy
Han and BeMiller (2007); in vitro digestion by the method of Engl yst et al. (1999) using pepsin, pancreatin and amyloglucosidase
et al. (1999); in vitro digestion using pepsin, pancreatin and amyloglucosidase
Frei et al. (2003); in vitro digestion by the method of Coni et al. (1997) using pepsin, α-amylase and amyloglucosidase from Aspergillus niger
Capriles et al. (2008); in vitro digestion by the method of Goni et al. (1997) using pepsin, α-amylase and amyloglucosidase Amylose-lipid complexes
Extruded amaranth seeds
Legume starches
Crowe et al. (2000); in vitro digestion using α-amylase and amyloglucosidase
j Hoover and Zhou (2003); treatment with porcine pancreatic α-amylase
Extruded beans 290-306k Alonso et al. (2000); in vitro digestion with pancreatic amylase
Autoclaved legumes 87-89l Rehman and Shah (2005); in vitro digestion with pancreatic α-amylase
a Expressed as rapidly and slowly d igest ible starch (%).
b Expressed as mg reducing sugar/h (with pepsin pre-treatment).
c Expressed as mg reducing sugar/h (without pepsin pre-treatment).
d Expressed as mg of maltose equivalent liberation per g of dough.
e Expressed as digestibility (%).
f Expressed as total glucose after 120 min incubation with enzymes.
g Expressed as digestible starch (%).
h Expressed as hydrolysis index.
i Expressed as conversion to glucose (%).
j Expressed as hydrolysis (%) .
k Expressed as starch digestibility (mg of maltose g-1).
l Expressed as starch digestibility (%).
dimostrato che vi è un aumento dell’idrolisi dell’amido con la cottura dell’impasto; infatti, quando le molecole di amido vengono riscaldate in presenza di acqua, le molecole di acqua si legano con un legame a idrogeno ai gruppi ossidrilici esposti dell’amilosio e dell’amilopectina, causando un aumento del rigonfiamento e della solubilità dei granuli, che è determinante per il grado di digeribilità dell’amido (Anguita et al., 2006). Infatti, la cottura aumenta il tasso di idrolisi gelatinizzando
l’amido e rendendolo più facilmente disponibile per l’attacco enzimatico, perché facilita la disponibilità dell’amido per la penetrazione dell’acqua e la conseguente azione dell’α-amilasi. Durante la gelatinizzazione dell’amido, la struttura cristallina dell’amilopectina si disintegra e le catene polisaccaridiche assumono una configurazione casuale, causando il rigonfiamento e la rottura dei granuli di amido. Oltre alla lavorazione, un altro fattore che influenza la digeribilità dell’amido e
la risposta glicemica è la presenza di proteine sulla superficie dei granuli di amido. La rete proteica può inibire il tasso di idrolisi nel lume dell’intestino tenue. Inoltre, frazioni proteiche come l’albumina, le globuline e le glutenine contribuiscono a legare i corpi proteici in una matrice che circonda i granuli di amido e che può agire da barriera alla digeribilità. Studi di digestione in vitro hanno dimostrato che la concentrazione dei prodotti totali della digestione dell’amido era significativamente più bassa per il pane bianco rispetto al pane senza glutine (Jenkins et al., 1987).
Anche la struttura fisica dei prodotti cerealicoli può influenzare la digestione dell’amido e l’assorbimento dei prodotti dell’idrolisi. Ad esempio, il lungo tempo di fermentazione può espandere la rete di glutine in cui è incorporato l’amido, per cui la riduzione della coesione tra l’amido e le proteine dell’impasto può aumentare l’accessibilità dell’amido all’α-amilasi, con conseguente aumento della digeribilità
(Garcia-Hernandez et al., 2022). Al contrario, la fibra alimentare è stata indicata come il fattore principale che influenza il rallentamento del rilascio di glucosio negli alimenti grazie alla sua elevata viscosità che rallenta lo svuotamento gastrico e l’assorbimento dei prodotti digeriti nell’intestino tenue.
Oggi si presta molta attenzione alla frazione Sds degli amidi per lo sviluppo di alimenti a basso contenuto di amido rapidamente digeribile e quindi a basso indice glicemico. La frazione Sds è infatti considerata benefica per il rilascio lento e prolungato di glucosio in disordini metabolici come il diabete o le malattie da accumulo di glicogeno e per la sazietà. Esistono diverse strategie per ridurre l’indice glicemico dei prodotti da forno, tra cui l’uso di cereali integrali e/o farine di cereali diversi dal grano, come segale, orzo o avena, l’arricchimento in fibre solubili, l’uso di amido resistente o l’aggiunta di amilosio nella formulazione. In un articolo, Östman et al. (2006), mostrano come sia possibile ridurre l’indice glicemico del pane di circa il 50% utilizzando contemporaneamente diversi approcci tecnologici, come l’uso di fibre e la
lievitazione a pasta acida. In alcuni studi, tuttavia, si suggerisce che l’impatto ipoglicemico dei pani ottenuti da impasti acidi, rispetto al pane tradizionale, sia attribuibile, almeno in parte, a un effetto degli acidi organici volatili che si formano durante il processo di lievitazione. La presenza di acido lattico nell’impasto comporta interazioni, stabilite durante il trattamento termico (cottura), tra amido e glutine a livello microstrutturale, che possono ridurre la digeribilità dell’amido. Inoltre, molti studi sulla fermentazione a pasta acida delle farine hanno mostrato un miglioramento della digeribilità proteica in vitro e una riduzione dell’indice glicemico. Infine, nello studio di Marangoni e Poli (2007), sono state valutate le risposte glicemiche di due tipi di pane preparati con farina di
frumento e con farina di frumento integrata con una miscela di fibre. L’analisi delle curve glicemiche ha mostrato che il pane preparato con farina arricchita di fibre porta a una riduzione del 21% dell’indice glicemico. L’evidenza sperimentale ha rivelato che le diete a basso indice glicemico hanno un potenziale effetto preventivo e terapeutico non solo nei soggetti diabetici, nei quali determinano prevalentemente un miglioramento della sensibilità all’insulina, con riduzioni significative dei valori basali di glicemia e di emoglobina glicosilata, ma anche nei soggetti con dislipidemia e persino nei soggetti sani, riducendo i livelli di colesterolo e di trigliceridi e aumentando la sensibilità all’insulina.
Clelia Covino
• Jenkins, D.J., Kendall, C.W., Augustin, L.S., Franceschi, S., Hamidi, M., Marchie, A., and Axelsen, M. (2002), Glycemic index: overview of implications in health and disease, “The American journal of clinical nutrition”, 76 (1), 266S-273S.
• Singh, J., Dartois, A., and Kaur, L. (2010), Starch digestibility in food matrix: a review, “Trends in Food Science and Technology”, 21 (4), pp. 168-180.
• Englyst, K.N., Hudson, G.J., and Englyst, H.N. (2000), Starch analysis in food, “Encyclopedia of analytical chemistry”, pp. 4246-4262.
• Angioloni, A., and Collar, C. (2011), Physicochemical and nutritional properties of reduced-caloric density high-fibre breads, “LWT-Food Science and Technology”, 44 (3), pp. 747-758.
• Ronda, F., Rivero, P., Caballero, P.A., Quilez, J. (2012), High insoluble fibre content increases in vitro starch digestibility in partially baked breads, “International Journal of Food Sciences and Nutrition”, 63 (8), pp. 971-977.
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• Kaur, M., Sandhu, K.S., and Lim, S.T. (2010), Microstructure, physicochemical properties and in vitro digestibility of starches from different Indian lentil (Lens culinaris) cultivars, “Carbohydrate polymers”, 79 (2), pp. 349-355.
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L.U. (1987), The effect of starch-protein interaction in wheat on the glycemic response and rate of in vitro digestion, “American Journal of Clinical Nutrition”, 45, pp. 946-951.
• Garcia-Hernandez, A., Roldan-Cruz, C., Vernon-Carter, E.J., and Alvarez-Ramirez, J. (2022), Effects of leavening agent and time on bread texture and in vitro starch digestibility, “Journal of Food Science and Technology”, 59 (5), pp. 1922-1930.
• Östman, E.M., Frid, A.H., Groop, L.C., and Björck, I.M.E. (2006), A dietary exchange of common bread for tailored bread of low glycaemic index and rich in dietary fibre improved insulin economy in young women with impaired glucose tolerance, “European Journal of Clinical Nutrition”, 60 (3), pp. 334-341.
• Marangoni, F., and Poli, A. (2008), The glycemic index of bread and biscuits is markedly reduced by the addition of a proprietary fibre mixture to the ingredients, “Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases”, 18 (9), pp. 602-605.
Geopolitically, India is an irreplaceable partner because it participates in every alliance aimed at containing Chinese expansionism in the Indo-Pacific region. On the economic level, it is a different matter. According to experts, India is not going to run too fast. Not only because of domestic food security problems but also because of India dependence on Russian fertilisers, which has to some extent affected its position towards belligerent Moscow.
L’india, secondo esportatore al mondo di grano, mette un tetto rigoroso alle esportazioni di questa derrata. Nel perseguimento di una politica di sicurezza alimentare interna, il governo di Narendra Modi ha varato nei mesi scorsi un provvedimento che limita a 6 milioni di tonnellate la quantità di frumento che può essere esportata dal Paese. Dietro questo limite al commercio globale ci sono una serie di ragioni tra le quali, il dubbio che, stanti le condizioni climatiche in precipitoso cambiamento, il Paese non riesca a reggere i livelli produttivi attuali nel lungo termine; la congiuntura economica sfavorevole che, negli anni passati ha visto i produttori preferire il mercato internazionale a quello interno per la vendita del grano al fine di ottenere remunerazioni migliori rispetto a quelle fornite dai pagamenti in rupia (moneta interna); e, non da ultimo, la corsa di questo colosso asiatico da quasi 1 miliardo e mezzo di abitanti, verso il posto di seconda potenza mondiale così come emerso nel corso del World Economic Forum di Davos di gennaio, con il raggiungimento dell’obiettivo di 10.000 miliardi di dollari di Pil entro il 2035. Un obiettivo che impone la necessità di sostenere la rapida crescita della classe media. Non a caso, a Davos, l’India è stata definita uno dei “punti luminosi” sulla scena mondiale.
Il tetto alle esportazioni, già dalle prime settimane di applicazione, sta creando un certo scompiglio sui mercati esteri anche
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perché questo avviene su uno scenario globale già particolarmente caotico per il commercio in generale e, in particolare, per quello cerealicolo, causato dal conflitto russo-ucraino. Le produzioni indiane erano infatti considerate una sorta di bilancia che serviva ad aggiustare gli scompensi del commercio mondiale di grano causato dalla suddetta guerra. Tuttavia, la situazione sarebbe sfuggita di mano al governo dal momento che con le quotazioni del grano schizzate alle stelle, negli ultimi anni di raccolto record, i coltivatori indiani hanno spinto sulle esportazioni preferendo i prezzi del mercato internazionale a quelli praticati per le vendite sul mercato interno. In sostanza, se sul piano geopolitico l’India è un partner insostituibile perché partecipa a ogni alleanza creata per contenere l’espansionismo cinese nell’Indo-Pacifico, su quello economico il discorso cambia o meglio, si rallenta. Secondo gli esperti, l’India non ha intenzione di correre troppo in fretta. Non solo per
i problemi di sicurezza alimentare interna, ma anche per la sua dipendenza dai fertilizzanti russi che ha in qualche modo influenzato la sua posizione nei confronti della belligerante Mosca.
In soli tre anni il governo ha dovuto fare un passo indietro sulla politica agraria per le proteste legate al primo pacchetto di leggi denominato “Farm Laws” del 2020.
Proteste che l’hanno portato a varare rapidamente una nuova riforma nel marzo di quest’anno, anche in considerazione del progressivo abbandono dei campi che ha riguardato circa 28 milioni di lavoratori. Questi, infatti, hanno lasciato l’attività nell’ultimo decennio a fronte di una crescita del settore, nello stesso periodo, del 3,5% trainata, però, dall’allevamento e dalla pesca. “Le leggi erano l’espressione di una logica di libero mercato applicata all’agricoltura”, spiega Tommaso Emiliani,
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analista geopolitico affiliato a Ispi e responsabile per le partnership strategiche presso la piattaforma europea d’innovazione agro-alimentare Eit Food. “Acquirenti e venditori potevano ora effettuare transazioni con un numero minimo di intermediari, stabilire prezzi determinati dal mercato e aprire gradualmente alternative al regime governativo dei prezzi minimi di sostegno (Msp). Nel redigere le leggi, i politici hanno dato per scontato due avvertenze apparentemente ovvie: in primo luogo, che gli intermediari e le reti sociali informali fossero un ostacolo per gli agricoltori, in secondo luogo, che la flessibilità disponibile avrebbe portato ai guadagni previsti in un mercato aperto. Le leggi sembravano rappresentare il connubio armonioso tra i guadagni del mercato e la supervisione dello stato sociale”.
Sebbene non siano state fornite proiezioni sui guadagni attesi, le “Farm Laws” dovevano servire a raggiungere l’obiettivo governativo di raddoppiare il reddito degli agricoltori entro il 2022. Le proteste hanno rivelato la forza delle reti sociali formali e informali che legano intermediari e agricoltori, ma soprattutto la sfiducia nei modelli agricoli privatizzati su larga scala. Hanno rimarcato altresì l’importanza del prezzo minimo di sostegno inteso come standard sia finanziario sia psicologico e la realtà inequivocabile che gli agricoltori
avevano chiaro in quale regime volevano lavorare. “Una serie di errori di calcoloprecisa Emiliani - tra cui l’approvazione affrettata delle Farm Laws e le dichiarazioni paternalistiche del governo sul benessere degli agricoltori, hanno aggravato le proteste e portato alla loro abrogazione. Era chiaro che la posizione di Modi, che puntava a introdurre investimenti privati nel settore agricolo del Paese, era impopolare. Non perché fosse intrinsecamente ingiusta, ma perché gli agricoltori diffidavano dello spettro delle grandi aziende che, a lungo termine, avrebbero potuto costringerli ad accettare margini svantaggiosi senza la rete di sicurezza degli appalti pubblici”. In tale frangente sono sostanzialmente due i dossier governativi ritenuti estremamente importanti per aumentare la produzione di cereali e migliorare la sicurezza alimentare globale.
La difesa dell’industria nazionale è prioritaria nei programmi economici del primo ministro Modi: apertura sì, ma con cautela. È la nuova forma di protezionismo moderato praticato anche altrove, a ben guardare, non solo in India: la versione riformata della globalizzazione di ‘prima generazione’. La stagione 2022/23 ha
portato una serie di shock al mercato internazionale del grano. Inizialmente, l’India era considerata un importante fornitore di grano (è il secondo Paese esportatore al mondo) per bilanciare l’instabilità delle forniture provenienti dalla regione del Mar Nero. Tuttavia, la siccità che si è verificata in aprile e che ha portato a un calo del raccolto ha fatto sì che il governo indiano correggesse le sue previsioni: l’iniziale produzione di 110 milioni di tonnellate è stata ridotta a 106 milioni di tonnellate per l’anno 2021/22 e la previsione per la stagione 2022/23 è stata ridotta a 99 milioni di tonnellate, il che ha comportato una riduzione quasi doppia delle previsioni di esportazione: da 10 milioni di tonnellate a 6 milioni di tonnellate. Per la comunità internazionale questo è stato uno shock. Oltre al tetto alle esportazioni, tra i fattori chiave posti dal governo per il raggiungimento dell’obiettivo sicurezza alimentare ci sono politiche specifiche
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Causale: Acquisto e spese di spedizione 1 copia “Transizione ecologica in agricoltura”
interne per l’agricoltura e il sostegno alla rapida crescita economica della classe media che si allontana sempre più dal consumo di derrate primarie, che è rimasto stabile negli anni, e fa lievitare la domanda di alimenti di maggior valore come frutta, verdura, oli commestibili, prodotti caseari e carne. Rimane, peraltro, alta la parte di popolazione (circa il 22%, leggasi 300 milioni di abitanti) che secondo i dati del governo di Nuova Dehli, vive al di sotto della soglia di povertà. Secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (Usda), a oggi, l’India ha la più alta percentuale di popolazione mondiale in condizioni di insicurezza alimentare.
Negli ultimi sei anni, l’India ha registrato raccolti di grano record e, anche per la campagna 2022/23, si attende una conferma di questa tendenza al boom produttivo anche se non così rilevante come inizialmente previsto. Il Paese è uno dei principali importatori di oli commestibili, in quanto soddisfa il 61% del suo fabbisogno attraverso le importazioni, ed è secondo solo alla Cina nella produzione di riso. La produzione di grano nel 2022/23 è stimata in 100 milioni di tonnellate, con un calo di 6 milioni di tonnellate rispetto alla stima precedente e di 9 milioni di tonnellate rispetto al raccolto del 2021/22.
Tuttavia, si prevede che le piantagioni di grano siano in aumento. Secondo il Foreign agricultural service (Fas) dell’Usda, il ministero dell’Agricoltura statunitense, si attende che le semine di grano superino il record di 32 milioni di ettari. Gli agricoltori sono incoraggiati dai prezzi più alti e dal prezzo minimo di sostegno del governo. Le esportazioni sono stimate a 6 milioni di tonnellate, ma è improbabile che il governo autorizzi ulteriori esportazioni anche per controllare la spinta inflattiva.
Si prevede che i prezzi aumenteranno ulteriormente nei prossimi mesi, a meno che il governo non immetta altro grano nel mercato aperto, secondo quanto dichiarato dalla Fas. “Le fonti riferiscono che il governo dispone di ulteriori 4/4,5 milioni di tonnellate di grano in stock - chiarisce Emiliani -, dopo aver soddisfatto gli impegni esistenti nell’ambito dei programmi di sicurezza alimentare e le normali scorte di
riserva. Secondo le stime Usa, le crescenti preoccupazioni per l’inflazione alimentare e le notizie di una robusta semina di grano per la prossima stagione potrebbero consentire a Modi di immettere altro grano sul mercato tramite la vendita ai mugnai privati, mantenendo così i prezzi interni sotto controllo. Restano ferme le preoccupazioni sulla produzione. I ricercatori dei principali centri di ricerca indiani sono preoccupati per la vulnerabilità di questa coltura agli effetti del cambiamento climatico. Tra questi, l’inizio dell’estate più precoce del normale e l’aumento di piogge abbondanti non stagionali.
Le temperature medie dell’aprile 2023 nel nord dell’India e del Pakistan, dove si produce il grano, sono state le più alte da quando sono iniziate le registrazioni 122 anni fa. In vaste zone del Paese si sono registrate temperature superiori ai 40 °C. “Questo dato - spiega Tommaso Emilianiè in linea con le previsioni degli scienziati circa gli effetti particolarmente precoci e potenti del cambiamento climatico sull’Asia meridionale. Un quarto della popolazione mondiale, quasi due miliardi di persone, vive in questa regione. Un rapporto del 2018 della Hsbc colloca l’India al primo posto tra i grandi Paesi più minacciati dal cambiamento climatico. Molto più imminente, tuttavia, è il pericolo per l’agricoltura dell’Asia meridionale se le attuali
traiettorie climatiche dovessero continuare”. Secondo gli scienziati del Massachusetts Institute of Technology, a temperature sostenute superiori a 40 °C, la coltivazione del riso crolla. Per ogni aumento permanente di un grado delle temperature medie, la resa dei cereali diminuisce di circa il 10%. Inoltre, se le temperature molto elevate si combinano con l’umidità (il cosiddetto effetto “bulbo umido”), il lavoro prolungato all’aperto diventa fatale per gli esseri umani. Gli effetti nocivi del caldo estremo sull’uomo non si limitano al suo benessere fisico. “Se questi fattori vengono messi insieme - afferma Emiliani -, se il cambiamento climatico continua a non essere controllato, ci troviamo di fronte alla prospettiva di un declino catastrofico dell’agricoltura indiana, con prospettive disastrose per le centinaia di milioni di persone che lavorano in questo settore e per le forniture alimentari globali. Ad aggravare la situazione c’è la crescente carenza d’acqua in alcune zone dell’India meridionale, dovuta all’eccessivo sfruttamento delle acque sotterranee e agli effetti di una siccità pluriennale”. La banca mondiale prevede che, entro il 2030, il cambiamento climatico farà sprofondare 62 milioni di indiani in condizioni di profonda povertà e che, entro la metà di questo secolo, potrà potenzialmente paralizzare la crescita economica del Paese.
L’India si sta aprendo alle Nbt e sta testando le applicazioni del genome editing in agricoltura che, per definizione giurisprudenziale (una sentenza di quest’anno),
non saranno considerate Ogm. Questo apre potenzialmente la porta a nuove tecniche di breeding già in fase di test, come la Crispr che si basa sull’impiego della proteina Cas9, una sorta di forbice molecolare in grado di tagliare un dna bersaglio, che può essere programmata per effettuare specifiche modifiche al genoma di una cellula, sia questa animale, umana o vegetale. Se applicata alla coltivazione delle piante, potrebbe, in sostanza, renderle immuni alle malattie o agli stress abiotici come la mancanza di acqua o l’eccesso di calore. “Questa decisione giurisprudenziale - ha specificato Emiliani - è coerente con la politica di ritorno alle origini e di marcia verso il futuro delineata dal primo ministro Modi in occasione della riunione dei ministri dell’Agricoltura del G20 presieduta dall’India di giugno 2023, in cui ha sottolineato l’importanza della tecnologia e delle pratiche agricole rigenerative tradizionali come misure per migliorare la resilienza del settore e rafforzare la produzione. D’altra parte, in termini di politica estera, Nuova Delhi ha esortato le potenze del G20 a rafforzare la cooperazione multilaterale e a intraprendere azioni collettive per raggiungere la sicurezza alimentare mondiale, in particolare trovando il modo di rafforzare le catene di approvvigionamento globale di fertilizzanti”.
Secondo quanto spiegato da Emiliani: “Poco prima dell’inizio della guerra, nel febbraio 2022, l’India stava conducendo le prime trattative governative con la Russia per la fornitura a lungo termine di
fertilizzanti. L’obiettivo era di proteggersi dall’instabilità geopolitica e dagli alti prezzi globali. Nuova Delhi è uno dei principali importatori di urea e di altri nutrienti per il suolo necessari per alimentare il suo enorme settore agricolo, che impiega circa il 60% della forza lavoro del Paese e rappresenta il 15% dell’economia da 2.700 miliardi di dollari. Le aziende indiane hanno, comunque, già concluso un accordo di importazione di 400mila tonnellate di Dap, ossia fosfato biammonico, con Mosca”. Nel 2021 alcuni Stati indiani hanno dovuto far fronte alla carenza di fertilizzanti dopo le restrizioni alle esportazioni imposte dalla Cina e l’impennata record dei prezzi globali, innescata da fattori quali gli alti costi dell’energia e le sanzioni occidentali contro la Bielorussia, che peraltro è il secondo produttore mondiale di potassio. “La dipendenza dai fertilizzanti russi e bielorussi - specifica Emiliani - contribuisce a spiegare la riluttanza del governo indiano a condannare apertamente Mosca per le sue azioni in Ucraina. Inoltre, subito dopo l’inizio della guerra, Egitto, Israele, Oman, Nigeria e Sudafrica si sono rivolti all’India per assicurarsi le forniture di grano. In un’ottica stabilizzatrice, Nuova Delhi ha anche cercato di perseguire con restrizioni specifiche le nazioni importatrici di grano che tradizionalmente non avevano mai fatto affidamento sul grano indiano, come la Turchia, l’Azerbaigian, il Sudan, il Marocco, la Tunisia e il Libano”. Sebbene il colosso economico governato da Modi sia il secondo produttore mondiale di grano con una quota di circa il 14,14% della produzione globale, fino al 2020 rappresentava meno dell’1% delle esportazioni globali di grano.
Altro fattore da considerare. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha costretto l’India, il più grande importatore di oli alimentari al mondo, a rivolgersi all’Argentina e al Brasile, a migliaia di chilometri di distanza, per mantenere a galla l’economia della sua cucina, posto che il tradizionale fornitore, l’Indonesia, ne aveva bloccato le esportazioni. Tra il novembre 2021 e il marzo 2022, l’India ha acquistato il 45% in più di olio di soia rispetto all’anno precedente, dai due maggiori esportatori del prodotto, secondo i dati di Solvent Extractors Association of India. Gli acquisti dal Brasile sono volati di quasi sette volte in più anche grazie ad un accordo commerciale preferenziale che l’India ha con il Mercosur, blocco composto da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay.
Il settore molitorio organizzato indiano comprende 1.300 mulini di medie e grandi dimensioni con una capacità di circa 25/28 milioni di tonnellate all’anno, secondo la Fas. La maggior parte dei mulini opera al 55/60% della propria capacità,
lavorando 15/16 milioni di tonnellate di grano all’anno. Tuttavia, la maggior parte del grano viene macinato in piccoli mulini di quartiere che sfuggono alle statistiche del network di comparto. Il grano è il principale cereale di base nell’India centrale e nordoccidentale, che sono le regioni tradizionali per questa coltivazione. Il suo consumo compete con il riso che, invece, è prodotto nell’India meridionale e orientale. Le famiglie e i ristoranti locali
consumano l’80% del grano sotto forma di atta (farina integrale) e maida (farina bianca). Circa il 12/15% del grano viene utilizzato per la produzione di pane lievitato, biscotti e altri prodotti da forno. Secondo l’analisi della Fas, esiste anche un piccolo mercato per il grano di alta qualità per la pasta in stile occidentale e per i prodotti da forno e dolciari.
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