Genova Impresa 2025 n.3

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editoriale

FABIANO GOLLO

Costruire futuro

l’intervista

MARIA ANGHILERI

Giovani, ma non solo

GENOVA IMPRESA

Bimestrale

Confindustria Genova

N. 3 / 2025

Editore AUSIND

Via San Vincenzo 2 - 16121 Genova

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SOMMAR IO

COSTRUIRE FUTURO di Fabiano Gollo

CONFINDUSTRIA

FINANZA ALLEATA

L’INTERVISTA

GIOVANI, MA NON SOLO di Piera Ponta

MITOGENO

MEGLIO ALL’ESTERO

18 GENOVA STARTUP UNTOLD GAMES di Matilde Orlando

Fabiano Gollo
Maria Anghileri

22 SVILUPPO E COMPETITIVITÀ

EURONEXT di Elettra Pescetto

CREDITO D’IMPOSTA R&S&I di Giuseppe Giordano

PORT SECURITY

DAL “PAIN POINT” ALLA SOLUZIONE di Andrea Caridi

GREEN, CIRCOLARE, CONCRETA

SPARKLE ACCENDE

L’ENERGIA CONDIVISA di Roberto Catanzariti

LIFE COMPANY di Filippo Agazzi

44 ESG

CAMBIO DI PARADIGMA di Barbara Cavalletti

46

CONFINDUSTRIA IMPERIA

OPPORTUNITÀ CONCRETE di Gilberto Manfrin

48

CONFINDUSTRIA LA SPEZIA

QUANTO È PROFONDO IL MARE

50 UI SAVONA

A SCUOLA COME IN AZIENDA di Gilberto Volpara

52 PICCOLA INDUSTRIA

FACCIAMO IL PUNTO SUL NUCLEARE

58 COMUNICAZIONE

CHI COMUNICA È SOVVERSIVO! di Mariarosaria Murmura

60 CSR

L’ITALIA CHE CRESCE È QUELLA SOSTENIBILE

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FONDAZIONE ANSALDO

PIONIERE E VISIONARIO di Matteo Trotta

68 LA CITTÀ

A TU PER TU CON LE STELLE di Massimo Morasso

72 CULTURA E SOCIETÀ

TRA ACQUA E TERRA di Luciano Caprile

QUALE, TRA I CINQUE?

LA GRANDE FAMIGLIA

BELLA ATMOSFERA

87 INDUSTRIA E LETTERATURA

L’AVVENTURA DI UN MANAGER di Massimo Morasso

In copertina Rapallo (Genova), il Chiosco della Musica sul Lungomare Vittorio Veneto

EDITORIALE

Essere giovani imprenditori in Liguria oggi significa avere il coraggio di sfidare un contesto complesso, ma anche la straordinaria opportunità di riscrivere le regole del gioco. La nostra regione, storicamente culla dell’ingegno e della tenacia, ci chiede oggi di compiere una scelta: restare spettatori del cambiamento oppure diventarne protagonisti.

Come Giovani Imprenditori di Confindustria Liguria, abbiamo scelto la seconda strada. Una strada fatta di impegno, visione, alleanze, ma soprattutto di responsabilità. Non possiamo permetterci di attendere che il futuro si presenti alle nostre porte. Dobbiamo andargli incontro, con pragmatismo e passione.

Viviamo in un’epoca di trasformazione accelerata. La transizione ecologica, la digitalizzazione, le nuove filiere industriali e il mutato rapporto tra lavoro e persone stanno ridisegnando l’impresa contemporanea. Per la Liguria, regione dalla forte identità industriale e logistica, tutto questo rappresenta una sfida che può diventare un trampolino.

Le infrastrutture, ad esempio, sono da sempre un tema centrale. I ritardi storici pesano, ma oggi abbia-

mo finalmente progetti concreti, finanziamenti e una consapevolezza nuova. Come giovani imprenditori, siamo chiamati a far sentire la nostra voce affinché questi cantieri non siano solo opere pubbliche, ma leve strategiche per la competitività del nostro territorio.

In parallelo, dobbiamo investire sulle competenze. L’incontro tra domanda e offerta di lavoro è sempre più difficile, non perché manchino le opportunità, ma perché manca spesso un linguaggio comune. Dobbiamo formare, attrarre, trattenere i talenti. Ma dobbiamo anche imparare a comunicare meglio il valore delle nostre imprese e delle professionalità che cerchiamo.

Fare impresa non è un atto solitario. È, sempre di più, una sfida collettiva. La Liguria ha bisogno di un ecosistema che favorisca la nascita di nuove imprese, la crescita di quelle esistenti, l’innovazione diffusa. Come Giovani di Confindustria, crediamo in un modello che metta in rete imprese, università, centri di ricerca, incubatori e istituzioni. Non esistono compartimenti stagni: il futuro è nella contaminazione. Penso al mondo del digitale, alla blue economy, alla

robotica applicata alla manifattura, all’agritech nelle nostre valli, al turismo esperienziale e sostenibile. Sono mondi diversi ma connessi, che parlano la stessa lingua: quella dell’innovazione e dell’impresa. Dobbiamo essere capaci di vederli come un sistema, non come segmenti separati. Il nostro Movimento non è solo un laboratorio di idee, ma anche un acceleratore di leadership.

Oggi più che mai, il sistema Confindustria ha bisogno della voce dei giovani per restare connesso con i nuovi paradigmi. Noi portiamo energia, coraggio, visione. Ma serve anche metodo, capacità di costruire e di dialogare con tutti gli attori sociali.

Essere giovani non significa solo avere meno anni, ma interpretare con autenticità il cambiamento. Le imprese che nascono oggi non sono più, necessariamente, verticali e gerarchiche. Sono fluide, orizzontali, basate su fiducia, trasparenza, impatto. I Giovani Imprenditori devono essere i portatori di questa cultura all’interno delle nostre associazioni e nei territori.

Tanti giovani oggi scelgono di non restare. Alcuni perché trovano opportunità migliori altrove, altri perché percepiscono la Liguria come una terra difficile, poco dinamica. A loro voglio dire una cosa: abbiamo bisogno di voi. La Liguria

può essere una regione per giovani, ma solo se i giovani scelgono di abitarla, viverla, cambiarla.

Per questo, il nostro impegno come Gruppo regionale è chiaro: costruire occasioni di confronto, dare visibilità alle esperienze di successo, alimentare un network che faccia sentire ogni giovane imprenditore parte di un progetto più grande. Un progetto che non si esaurisce in un mandato, ma che punta a lasciare un segno duraturo.

Siamo imprenditori, e per noi le idee valgono solo se diventano realtà. Ecco perché dobbiamo lavorare ogni giorno per trasformare l’energia generazionale in valore concreto: per le nostre aziende, per i nostri collaboratori, per le comunità in cui viviamo.

Fare impresa, oggi, è anche un atto civico. Non possiamo più separarci dalla società, dai territori, dalle sfide ambientali e sociali. La responsabilità d’impresa non è più solo una scelta, ma una condizione necessaria. I giovani imprenditori devono essere portatori di questa nuova consapevolezza. Genova, la Liguria, l’Italia hanno bisogno di noi.

E noi abbiamo bisogno di credere che il nostro impegno, le nostre idee, il nostro lavoro quotidiano possano fare la differenza. Costruire futuro non è una frase ad effetto, ma un dovere. E noi siamo pronti a farlo, insieme.●

CONFINDUSTRIA Finanza alleata

Presentato il Position Paper di Confindustria Genova su “Pianificazione finanziaria per lo sviluppo e la valorizzazione del tessuto imprenditoriale locale”.

Maria Caterina Chiesa

Il documento completo può essere consultato o scaricato online: https://bit.ly/position-paper-finanza

Confindustria Genova ha sempre condiviso con le Istituzioni e il sistema finanziario locale l’importanza di intraprendere azioni comuni per sviluppare una visione di politica industriale a medio lungo termine, mettendo a disposizione delle imprese strumenti e soluzioni per il loro rafforzamento. La finanza, in particolare, si conferma sempre più strategica al servizio della competitività del sistema imprenditoriale, con impatti diretti nei settori dell’internazionalizzazione, del sostegno delle filiere, della ricerca e innovazione, nonché della sostenibilità e valorizzazione della qualità del credito.

Il Position Paper di Confindustria Genova, a cura della Vice Presidente con delega a Finanza e Internazionalizzazione, Maria Caterina Chiesa, affronta le principali dinamiche economico-finanziarie delle aziende del territorio, con un focus sugli strumenti a supporto della crescita, della sostenibilità e della competitività.

Nelle pagine che seguono riportiamo alcune delle proposte approfondite nel Position Paper.

Le PMI sono da sempre il motore dell’economia ligure. Per favorirne una crescita sostenibile, è fondamentale rafforzare la loro struttura finanziaria, stimolando l’accesso a nuovi strumenti di capitale e sostenendo la loro competitività sui mercati globali.

[...] Per attivare processi di de-leveraging delle imprese (ovvero il complesso delle operazioni attuate per ridurre il livello di debito rispetto al capitale proprio attraverso la raccolta di nuovo capitale di rischio o attraverso l’estinzione del debito in essere) in un sistema ancora troppo banco centrico, occorre un progressivo ridursi del debito bancario accompagnato però da un aumento sufficiente della patrimonializzazione delle aziende. È quindi necessario, per colmare potenziali lacune, promuovere l’ingresso di nuovi investitori attraverso la finanza alternativa, per sostenere l’equity delle PMI locali.

Tra le nostre proposte, l’istituzione di uno sportello digitale per supportare l’apertura del capitale delle PMI, tramite la pubblicazione di podcast sull’adozione di strumenti come private equity, venture capital e prestiti partecipativi, per supportare la crescita e l’innovazione delle aziende. Inoltre, dovrebbe essere prevista una sezione dedicata all’M&A con l’obiettivo di monitorare (in modo anonimo e riservato), operazioni di finanza straordinaria (vendita o acquisto di imprese), al fine agevolare e favorire il contatto tra soggetti interessati. Una vera e propria bacheca di annunci M&A, a cui un’impresa, un potenziale investitore o un advisor interessato a segnalare operazioni di finanza straordinaria (Sell-Side o BuySide), compilando un form viene contattato dallo sportello digitale M&A di Confindustria Genova. Il Servizio dovrebbe essere sviluppato attraverso l’utilizzo di IA in tutta la fase propedeutica all’incontro tra le parti. La piattaforma dovrebbe essere anche un canale specializzato nella divulgazione e informazione di tutte le iniziative in materia finanziaria dell’Associazione e dei principali operatori finanziari attivi sul nostro territorio, con i quali sviluppare accordi specifici per attività di sup-

Genova Impresa - Maggio / Giugno 2025 7

porto alle PMI nonché seminari di sensibilizzazione su temi come la governance aziendale e la capitalizzazione.

[...]. Le difficoltà legate ai tradizionali processi di richiesta di finanziamento, che possono risultare lunghi e complicati, sono un ostacolo significativo per molte imprese. Per rispondere a questa esigenza, bisogna rivolgere lo sguardo anche a iniziative innovative, pensate per semplificare l’accesso al credito e ottimizzare le opportunità di finanziamento per le PMI, attraverso l’utilizzo di piattaforme digitali di mediazione creditizia. L’obiettivo principale dell’iniziativa è supportare le PMI nell’ottenere soluzioni di finanziamento vantaggiose e tempestive, sfruttando la potenza delle tecnologie digitali. Le piattaforme di mediazione creditizia digitale, offrono una risposta efficace a molte delle problematiche legate all’accesso al credito, rendendo il processo più semplice, sicuro e trasparente.

La nostra proposta è, quindi, predisporre accordi con piattaforme di mediazione creditizia al fine di: semplificare la ricerca di soluzioni di finanziamento su misura per le PMI; offrire alle aziende un accesso immediato a diverse opzioni di credito, riducendo i tempi e migliorando l’efficienza complessiva; garantire che tutte le PMI possano fare scelte consapevoli e informate, confrontando diverse offerte senza costi aggiuntivi o conflitti di interesse.

Le piattaforme digitali consentono alle PMI di inviare le richieste di finanziamento in modo rapido e sicuro, ottenere risposte rapide e sottoscrivere le migliori offerte senza oneri aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal prodotto di credito scelto. Inoltre, tali piattaforme operano in totale indipendenza dai finanziatori, garantendo una comparazione imparziale delle offerte di credito. •••

Il Position Paper dedica ampio spazio al sostegno alle filiere sostenibili e alla digitalizzazione nelle piccole e medie imprese.

Per rafforzare la posizione delle PMI e promuovere la transizione verso filiere sostenibili e digitalizzate, si propone la creazione di accordi intersettoriali con le grandi imprese, che fungano da catalizzatore per l’accesso al credito e per migliorare la gestione finanziaria delle PMI, avvicinandole al mondo della finanza avanzata.

L’iniziativa potrebbe ispirarsi al progetto di Banca d’Italia “Piccole Imprese Scelte Grandi”, incentrato sull’alfabetizzazione finanziaria delle PMI, attraverso la messa a disposizione di moduli formativi su piattaforme digitali e tutor. Analogamente, sarebbe previsto un percorso di tutoraggio pensato per guidare le PMI nella gestione avanzata della loro struttura finanziaria con l’obiettivo di rafforzarne la capacità di attrarre risorse finanziarie grazie al miglioramento della loro solidità economica e della loro reputazione creditizia.

cato dei capitali. L’emissione di Basket Bond potrebbe essere supportata da risorse dedicate a garanzie, provenienti da Regione Liguria, a beneficio degli investitori istituzionali. In pratica, l’intervento regionale potrebbe avvenire nelle seguenti forme: garanzia parziale sul capitale investitoovvero, la Regione potrebbe offrire una garanzia sul capitale investito da parte degli istituti finanziari, garantendo una parte del valore dell’obbligazione in caso di insolvenza da parte di una PMI emittente. Questo aumenterebbe la fiducia degli investitori istituzionali, incentivando il loro ingresso nel mercato delle obbligazioni delle PMI); garanzia sugli interessi, assicurando che gli investitori ricevano il ritorno finanziario promesso. Ciò sarebbe particolarmente utile in un contesto di alta volatilità economica o di incertezze settoriali che potrebbero influire sui ritorni delle PMI coinvolte nel Basket Bond; co-investimento pubblico-privato, dove l’ente pubblico partecipa direttamente agli investimenti, con il fine di allinearsi agli investitori privati, riducendo il rischio complessivo e migliorando la qualità dei progetti sostenibili; fondo di garanzia per progetti ESG, specificatamente orientato verso iniziative di sostenibilità, a beneficio di chi investe in progetti innovativi legati alla transizione verde e all’inclusione sociale. Questo incentivo porterebbe a un circolo virtuoso, favorendo la crescita delle PMI sostenibili e allineando gli investimenti alle politiche pubbliche in tema di sostenibilità. Quali i benefici delle garanzie regionali per gli investitori istituzionali? 1) Maggiore attrattività dell’investimento: gli investitori istituzionali, come fondi pensione e compagnie assicurative, sono solitamente avversi al rischio, specialmente quando si tratta di PMI. Le garanzie regionali riducono i rischi associati a un investimento in un Basket Bond, facendo sì che questi strumenti diventino più attraenti e accessibili; 2) aumento della liquidità nel mercato delle PMI: con il supporto delle garanzie, gli investitori sono più disposti a diversificare i loro portafogli con investimenti in PMI, incrementando la liquidità del mercato e consentendo alle PMI di attrarre più facilmente capitali per i loro progetti; 3) accesso più facile a finanziamenti verdi e sostenibili: le PMI che operano nel campo della sostenibilità avranno accesso facilitato ai finanziamenti verdi grazie alla combinazione di garanzie regionali e strumenti come i green bond. Gli investitori istituzionali, sempre più orientati verso la finanza sostenibile, saranno incentivati a partecipare a questo tipo di operazioni, contribuendo al successo della transizione ecologica.

L’implementazione di queste politiche, a supporto del Basket Bond, rappresenterebbe un passo fondamentale per creare un ecosistema finanziario più inclusivo, dove le PMI non solo sopravvivono ma prosperano, contribuendo al benessere economico e ambientale a lungo termine.●

[...] Un altro concetto introdotto dal Position Paper è il Basket Bond, ovvero la creazione di un portafoglio di obbligazioni emesse da più PMI con caratteristiche comuni: una soluzione innovativa per facilitare l’accesso delle PMI al mer-

Photo: Giuseppe Cella

Per la Presidente degli under 40 di Confindustria è prioritario il superamento del gender gap.

Giovani, ma non solo

“ Ogni giovane talento che emigra e non rientra è una perdita per l’intero Paese”

“ In Italia, le startup fanno fatica a crescere e a consolidarsi; la difficoltà maggiore è l’accesso al credito ”

“ Servono servizi stabili e strutturati per liberare il tempo e le carriere delle donne”

Maria Anghileri

Maria Anghileri classe 1987 alla guida dei Giovani Imprenditori di Confindustria dal 30 novembre scorso. Alle prese con il primo convegno nazionale, l’appuntamento di Rapallo giunto alla 54esima edizione dal titolo “Passione d’Impresa. In ogni sfida, un inizio”.

Secondo l’ISTAT, nel 2024 su 191.000 italiani che hanno lasciato il Paese, 156.000 erano giovani sotto i 35 anni, spesso con titoli di studio elevati; e secondo la Fondazione Migrantes le partenze giovanili sono sempre più spesso definitive. Qual è la sua opinione al riguardo? Quali misure si possono attuare per trattenere i giovani e per attrarne dall’estero?

I dati parlano chiaro: 21mila laureati hanno lasciato l’Italia nel 2023 e 97mila in 10 anni. Quando un giovane talento emigra e non trova spazio per rientrare, è una perdita per l’intero Paese. Per questo, dobbiamo andare oltre la superficie e affrontarne le cause strutturali: le politiche di attrazione e rientro sono fondamentali. Un’Italia dinamica, competitiva e innovativa è l’unica condizione per trattenere chi

resta e attrarre sia gli expat sia giovani talenti dall’estero. Dobbiamo smettere di considerare i giovani come un problema e iniziare a riconoscerli per quello che sono: la nostra vera ricchezza, presente e futura. Purtroppo, la realtà ci racconta altro: i numeri su “fuga dei cervelli”, NEET, disoccupazione giovanile, povertà educativa e declino demografico lo dimostrano chiaramente. Un esempio emblematico: secondo Nature, tra le prime 50 università al mondo con facoltà STEM, solo 3 sono europee, contro le 21 degli Stati Uniti e 15 della Cina. Nel 2000, la Cina non ne aveva nemmeno una. Tutto questo dimostra che in Italia non si investe sui giovani mentre invece servono cambiamenti profondi. C’è bisogno di un nuovo approccio: investire sull’istruzione, garantire servizi stabili invece che bonus temporanei, promuovere la formazione continua. Per i giovani che vogliono fare impresa, è cruciale rimuovere ostacoli come la burocrazia, la scarsa accessibilità al credito e l’assenza di una reale concorrenza. Noi non ci tiriamo indietro: siamo consapevoli di dover contribuire nel creare le condizioni perché i giovani restino e si realizzino in Italia. Dobbiamo ripensare un mercato del lavoro che oggi non offre abbastanza opportunità.

Passaggio generazionale, partecipazione alla governance, presenza nei Consigli di Amministrazione: momenti topici nella vita dell’impresa e traguardi importanti per i giovani che li vivono in prima persona. Ci può raccontare la sua esperienza in azienda, quali difficoltà - o resistenze - si deve essere pronti a superare?

Nel nostro caso, il passaggio generazionale in Eusider è stato affrontato in modo strutturato e lungimirante, grazie a un Patto di famiglia voluto e formalizzato da mio padre in occasione del suo 70º compleanno. È stato un gesto non solo di responsabilità, ma anche di fiducia verso la nuova generazione. Io e mio fratello Giacomino siamo cresciuti respirando azienda fin da piccoli. Dopo la mia laurea in giurisprudenza alla Bocconi e tre anni di esperienza in uno studio legale specializzato in diritto societario, è stato proprio lui a propormi di affiancarlo in azienda. Così è iniziato il mio percorso all’interno di Eusider, partendo dai vari dipartimenti per arrivare oggi a seguire l’area finanziaria. Eusider nasce dall’iniziativa imprenditoriale di mio padre Eufrasio e di mio zio Antonio, che l’hanno fondata da giovanissimi e oggi è un punto di riferimento nel panorama siderurgico italiano. Il nostro contributo, come nuova generazione, è stato portare un’accelerazione su alcuni fronti chiave. Abbiamo avviato nuove acquisizioni, potenziato l’exportche oggi rappresenta il 35% del fatturato - e investito con convinzione nella formazione delle persone. La sinergia tra generazioni è uno dei nostri punti di forza: un dialogo continuo tra chi ha fondato l’azienda e chi la sta facendo evolvere. Per arrivarci servono maturità, ascolto e la capacità di coniugare tradizione e innovazione.

Siamo alla quarta edizione di Talentis, il progetto dei Giovani Imprenditori di Confindustria nato con l’obiettivo di sostenere nuove idee d’impresa, startup, scaleup e di favorire il contatto tra imprese, innovatori e investitori. Anche alla luce dell’adesione a Talentis e dei feedback ricevuti in questi anni, quali sono, a suo parere, i punti di forza e i punti di debolezza dell’ecosistema startup in Italia?

Il problema principale in Italia è che le startup fanno fatica a crescere e consolidarsi: negli ultimi dieci anni abbiamo perso ben 153.000 imprese guidate da under 35. La difficoltà maggiore riguarda l’accesso al credito, perché le imprese giovani - soprattutto quelle innovative - sono per loro natura considerate più rischiose e sono meno supportate dal mondo bancario. Anche a livello europeo, il mercato unico presenta forti frammentazioni. Basti pensare che per fondare una startup ci sono oggi 27 normative diverse. È per questo che guardiamo con grande interesse all’annuncio del cosiddetto “28º Stato”, un’iniziativa che punta a creare un quadro normativo uniforme per chi vuole avviare un’impresa innovativa e operare su scala europea con regole comuni. Se non si compie questo passo, continueremo ad assistere all’acquisizione delle migliori realtà europee da parte di fondi extra-UE, in particolare americani, con il risultato di indebolire il tessuto imprenditoriale del nostro continente. Per invertire questa tendenza, come Giovani Imprenditori abbiamo Talentis, un programma che mira a fare sistema nel mondo dell’innovazione. L’obiettivo è mettere in connessione startup e imprese mature, favorendo collaborazioni in cui le prime possono offrire soluzioni all’avanguardia e le seconde fungere da partner industriali e commerciali. Allo stesso tempo, creiamo ponti con il mondo finanziario, affinché le startup possano crescere anche qui, senza essere costrette a cercare capitali solo all’estero.

Presidente, oltre ai giovani, nel suo programma di mandato ci sono le donne e la volontà di impegnarsi per contribuire a superare il gap tra occupazione maschile e femminile. Posto che il problema non è solo culturale ma anche economico, con quali iniziative il mondo delle imprese può contribuire a invertire la tendenza? È innegabile che esista un divario salariale di genere, in particolare in alcuni settori della nostra economia e in alcuni territori. Risolverlo è una priorità, perché portare le donne al lavoro, e garantire loro pari opportunità di carriera e salariali, significa creare valore collettivo per tutta l’Italia. Portare 3,3 milioni di donne nel mercato del lavoro - chiudendo così il gap fra il tasso di occupazione femminile che nel 2023 era il 52,5%, fino ai livelli di quello maschile, 70,4%, potrebbe aumentare il PIL italiano di circa il 12,5%. Serve agire su diverse direttrici: prima di tutto riequilibrare il carico di cura familiare, che ancora pesa in maniera fortissima sulle donne e porta, spesso, alla scelta obbligata del part-time. Non è solo un problema culturale ma anche materiale. Servono asili nido, scuole a tempo pieno, strumenti e strutture di cura potenziate per anziani e disabili. Insomma, servizi stabili e strutturati su cui poter contare per liberare il tempo e le carriere delle donne. Bisogna, poi, agire su istruzione e competenze: serve orientare le giovani ragazze alla formazione tecnica scientifica e a percorsi universitari STEM perché i profili più qualificati e richiesti dal mercato sono anche più remunerati dalle aziende, nella normale logica di domanda e offerta. Non servono misure spot, come è stato fatto negli ultimi anni. Infine, dobbiamo aggiornare i modelli organizzativi alle esigenze delle nuove generazioni: flessibilità, equilibrio tra vita e lavoro, attenzione alle famiglie giovani. Il welfare aziendale ha un potenziale enorme, ancora in gran parte inesplorato, e sarà un tema centrale del nostro impegno come Giovani Imprenditori.●

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L’indagine a cura di Assolombarda, Confindustria Genova, Unione Industriali Torino ed Eumetra sul rapporto tra giovani e mondo del lavoro.

Meglio all’estero

La ricerca “Giovani e lavoro”, presentata il 10 giugno scorso a Milano, nella sede di Assolombarda, mette a fuoco il rapporto tra i giovani e il mondo occupazionale, in un momento storico segnato da incertezza, cambiamenti sociali e transizioni economiche. L’indagine - a cura di Assolombarda, Confindustria Genova, Unione Industriali Torino ed Eumetra - si concentra, in particolare, su un campione di 1.800 giovani tra i 18 e i 26 anni e si estende, quest’anno, alle province di Genova, Torino, Milano, Pavia, Monza e Brianza e Lodi. I risultati, illustrati nella cornice di Mi.To.Ge.NO, l’iniziativa promossa dalle tre Associazioni del Sistema Confindustria per sviluppare una piattaforma di confronto permanente per la crescita del Nord Ovest, offrono uno spaccato in cui valori e aspirazioni lucidamente delineati si affiancano a dubbi e tensioni.

Istruzione e lavoro: pilastri imprescindibili per i giovani Il 67% dei giovani considera l’istruzione un valore molto

importante (secondo solo alla famiglia, al 74%), e per il 34% rappresenta addirittura il valore da mettere al primo o al secondo posto nel ranking. Per quanto riguarda l’istruzione, la componente femminile (73%) e i residenti nella provincia di Milano (72%) sono i due target che hanno espresso una preferenza sopra la media. Il lavoro si posiziona anch’esso tra i capisaldi: il 38% lo colloca tra i primi due valori personali, in crescita rispetto al 30% rilevato nel 2023. La connessione tra studio e futuro professionale è tangibile: il 56% sceglie il proprio percorso di studi in base all’interesse personale, ma il 44% si lascia guidare dalle prospettive di carriera, e il 38% dal desiderio di ottenere un impiego ben remunerato. A livello territoriale, si evidenziano sostanziali differenze: le province di Milano e Monza e Brianza presentano percentuali particolarmente elevate di studenti convinti di iscriversi all’università (73% e 76% rispettivamente); nella provincia di Pavia il 44% degli studenti cercherà un’occupazione alla fine delle superiori. Inoltre, nelle province di Genova, Pavia, Torino e Lodi si regi-

L’indagine completa può essere consultata o scaricata online: https://bit.ly/ricerca-giovani-e-lavoro

stra una importante fetta di indecisi (46%, 37%, 34% e 31% rispettivamente).

Instabilità percepita e bisogno di certezze I giovani intervistati che giudicano il proprio stato di benessere complessivo come nettamente positivo sono pari al 38%, una percentuale che risulta particolarmente bassa se confrontata con il dato Istat per la popolazione generale del Nord-Ovest Italia, che è pari al 48%. A fronte di tale condizione personale, probabilmente acuita da un contesto attuale molto complesso e con pochi punti di riferimento chiari, i giovani reagiscono cercando una stabilità nel mondo del lavoro. Infatti, il 31% dei ragazzi si immagina per il proprio futuro un lavoro da dipendente. Non manca però una volontà di essere protagonista, tanto che ben il 52% del campione si immagina imprenditore o libero professionista. Per quanto riguarda il luogo in cui i giovani vorrebbero lavorare, in tutti i territori di analisi, la preferenza più elevata (36% in media) è rappresentata dai

rispettivi capoluoghi di regione, soprattutto per quanto riguarda Genova (39%) e Torino (38%) e in misura leggermente minore con riferimento a Milano (35%). La stabilità del posto di lavoro è ricercata soprattutto dai residenti della provincia di Genova (38%, vs 33% in media), rispetto alla possibilità di autonomia e responsabilità che è indicata solo dal 19% dei ragazzi della provincia (contro il 25% della media). I giovani della provincia di Torino mostrano un profilo differente: si posizionano sopra la media nel desiderare un posto di lavoro che dia la possibilità di essere autonomi e di assumersi responsabilità (26% degli intervistati), mentre sono sotto la media nella preferenza riguardante la stabilità del posto di lavoro (30%).

Estero: tra sogno, critica e opportunità

Il 60% dei giovani esprime insoddisfazione verso il sistema lavoro italiano, giudicato inadeguato a valorizzare competenze e titoli. In questo quadro, il 58% ritiene che l’estero offra migliori prospettive occupazionali, pur in calo rispetto

al 68% del 2023. Tuttavia, l’attrazione rimane forte: il 51% dei laureati dichiara l’intenzione di trasferirsi fuori dall’Italia entro 18 mesi, principalmente per condizioni salariali e migliori opportunità di carriera. Europa e Regno Unito restano le mete preferite.

Manifattura e percezione economica: un settore in bilico tra innovazione e sfide narrative Nonostante l’Italia sia la seconda potenza manifatturiera d’Europa, solo il 15% dei giovani individua in questo comparto il motore dell’economia nazionale, preferendogli il turismo (38%). Percentuale più alta della media (21%) se si considerano i residenti nei grandi centri urbani di Milano, Torino e Genova. Eppure, il 47% riconosce alle aziende manifatturiere un’alta richiesta di esperienza e competenze tecniche e il 40% le collega a buone opportunità per occupazioni sostenibili e stimolanti. Il termine “innovazione” è associato al settore dal 40% degli intervistati, ma cresce anche la percezione negativa: il 25% parla di “arretratezza”, in aumento rispetto al 2023.

Un quadro sfaccettato: flessibilità, indecisione, ma grande vitalità

La generazione intervistata si muove tra richieste di flessibilità e bisogno di punti fermi. Alla conciliazione tra vita pri-

vata e lavoro sono legati elementi come l’orario flessibile (47%), la disponibilità di tempo libero (41%) e la possibilità di lavorare in smart working (37%). Quest’ultimo è apprezzato per i suoi vantaggi gestionali (55%) e per il miglioramento della qualità della vita (51%), pur non esente da criticità relazionali e organizzative. Colpisce anche un certo grado di indecisione progettuale: il 19% non sa in quale settore vorrebbe lavorare (in aumento rispetto al 13% del 2023) e il 16% non ha preferenze geografiche. Questa incertezza, tuttavia, non si traduce in passività: il 76% dei giovani ha già avuto almeno un’esperienza lavorativa, anche saltuaria. Il 30% ha lavorato in ruoli tipici dell’occupazione giovanile (ristorazione, assistenza, promozione), evidenziando una disponibilità concreta a mettersi in gioco.●

Alessandro Spada

La ricerca restituisce un’immagine dinamica e realistica di una generazione sospesa tra ambizioni forti, consapevolezze acute e un contesto sociale ed economico non sempre all’altezza delle aspettative. In un’Italia che invecchia la voce dei giovani assume un valore strategico, imprescindibile. Non possiamo permetterci di ignorarla, né di sottovalutarla. Se è positivo che istruzione e lavoro siano tra i valori cardine per i ragazzi,

Per passione e interesse personale verso gli argomenti

Per una prospettiva di carriera professionale

Per trovare un lavoro ben remunerato

Per fare qualcosa di utile per gli altri e per il sociale

Per trovare un lavoro velocemente

Perché mi è stato consigliato da genitori e parenti

Perché mi è stato consigliato dagli insegnati delle scuole precedenti

Perché mi è stato consigliato da esperti del settore

da dipendente

Libero professionista

Imprenditore

Altro

Non so

2025 2023

Lavoro
FONTE:

Distribuzione delle risposte su ricerca di personale e difficoltà di reperimento

(% calcolata sul totale aziende)

24%

Nessuna ricerca

23%

Ricerca con dinjicoltà 4% Non risponde

Ricerca senza dinjicoltà

Tipologia di competenze/mansioni in cui si è registrata difficoltà di reperimento

(% calcolata tra chi ha segnalato difficoltà di reperimento, possibili più risposte)

Competenze tecniche

manuali (es. operai, turnisti)

Competenze digitali

Competenze trasversali (soft skills)

Competenze manageriali

FONTE: INDAGINE SUL LAVORO 2025

Note: I dati, raccolti tra metà febbraio e fine marzo 2025, si riferiscono alle province di Milano, Monza e Brianza, Lodi, Pavia, Genova e Torino (433 risposte).

ciò che colpisce in negativo è che solo il 15% di loro individua la manifattura come motore dell’economia nazionale. Un dato che ci deve far riflettere sull’attrattività delle nostre imprese e che fa il paio con un altro risultato: il 19% dei giovani, in aumento rispetto al 13% registrato nel 2023, non sa in quale settore vorrebbe lavorare. È il segno che l’orientamento professionale, la connessione tra scuola e impresa, l’accessibilità dei percorsi di crescita sono ancora troppo deboli. Qui si apre lo spazio della corresponsabilità: scuola, università, imprese e istituzioni devono continuare a lavorare insieme, in modo strutturato, per restituire ai giovani una bussola credibile.

Giorgia Garola

Vicepresidente con delega Internazionalizzazione e Attrazione Investimenti Unione Industriali Torino

La fotografia che emerge dall’indagine sul rapporto tra i giovani dell’area Nord Ovest e il lavoro, oltre a evidenziare i segni di un momento storico contraddistinto da incertezza e trasformazioni importanti, delinea un panorama in cui coesistono forti aspirazioni, valori solidi e, al contempo, sintomi di smarrimento e insicurezza rispetto al futuro. Come Unione Industriali Torino, riteniamo che da questa lettura debba scaturire un impegno concreto delle nostre organizzazioni, teso non soltanto a rafforzare la connessione tra scuola e impresa, ma a rendere l’orientamento un processo strutturato, continuo e realmente accessibile a tutti. La sfida è culturale prima ancora che tecnica: dobbiamo rimuovere barriere informative e sociali che ancor oggi limitano le scelte di tanti ragazzi e ragazze. L’accessibilità ai percorsi formativi non è solo questione di offerta, ma anche di accompagnamento, di ascolto nonché di alleanze tra attori educativi ed economici. Oltre a colmare il mismatch tra domanda e offerta di competenze, dobbiamo perseguire l’obiettivo di dar vita a un ecosistema in cui i giovani si sentano concretamente protagonisti del sistema produttivo, in cui il lavoro sia vissuto come spazio di realizzazione personale e contributo attivo all’avvenire del Paese.

Umberto Risso

Presidente Confindustria Genova

Davanti a tendenze demografiche disastrose e alle difficoltà di trovare lavoratori da parte delle imprese, l’attenzione verso i giovani che approcciano il mondo del lavoro è cruciale. Questa attenzione è bene parta proprio dalle aspettative dei giovani e dal loro giudizio sul mondo delle imprese. Dalla ricerca emergono molte indicazioni confortanti, ma anche un po’ di disorientamento e alcuni dubbi. Nel panorama italiano le imprese, volenti o nolenti, stanno progressivamente assumendo sempre più un ruolo sociale al fine di superare le attuali carenze dei sistemi formativi, del welfare statale e dell’accompagnamento al lavoro. Gli sforzi fatti dal sistema imprenditoriale sono sotto gli occhi di tutti e siamo ben intenzionati a continuare a impegnarci in questa direzione, sia per garantire la nostra operatività sia per contribuire al miglioramento della struttura sociale, rendendo più attraente per i giovani vivere e lavorare sui nostri territori.

GENOVA STARTUP UntoldGames

Spazio per innovare

di Matilde Orlando

Anche il mondo dei videogiochi può essere profondamente reale, specialmente quando è al centro del proprio lavoro. Ce ne parla Elisa di Lorenzo, co-founder di Untold Games.

Se dovessi mettere in luce tre caratteristiche di Untold Games in altrettante parole, quali sceglieresti? E perché? Creatività, innovazione e passione. Creatività perché siamo sempre alla ricerca di nuove idee e soluzioni originali; innovazione perché vogliamo portare una ventata di novità nel mondo dei videogiochi e dello storytelling interattivo, con un occhio sempre rivolto all’evoluzione continua delle tecnologie; passione perché amiamo profondamente quello che facciamo e mettiamo il cuore in ogni progetto, sia nostro che dei clienti.

Entriamo nel dettaglio: quale idea imprenditoriale è alla base di Untold Games e quali riscontri hai ottenuto fino a oggi dal mercato? Ho fondato l’azienda insieme ad alcuni compagni di università appena terminati gli studi in Informatica. Avevamo il forte desiderio di lavorare in questo settore, ma all’epoca non c’erano molte opportunità in questo paese, per cui la scelta era tra trasferirsi all’estero oppure cercare di creare qualcosa di nuovo rimanendo qui sul territorio. Ha aiutato il fatto che la barriera d’ingresso per sviluppare per il settore dei videogiochi si era abbassata molto, con tecnologie e piattaforme che erano diventate accessibili anche senza grandi capitali, permettendoci di muovere i primi passi nel mondo dei videogame e crescere passo passo. L’obiettivo che abbiamo è quello di creare esperienze di gioco uniche e coinvolgenti, che vadano oltre il semplice intrattenimento e in cui i videogiocatori abbiano l’impressione di vivere una storia unica per loro, dove le loro azioni fanno davvero la differenza. Il nostro videogioco “City 20”, attualmente in accesso anticipato su PC, è un simulatore di vita e di sopravvivenza in ambientazione distopica, che trae ispirazione dalla fantascienza europea degli anni ’70 e ’80, ed è un primo passo in questa direzione: è un titolo molto ambizioso, con un ambiente simulato che si adatta alle azioni del giocatore. Ad esempio, ogni personaggio in gioco vive costantemente la propria vita, in base ai propri bisogni e

desideri, indipendentemente dalle azioni del giocatore. È presente anche un’intera simulazione di ecosistema, composta da piante e animali, che si adatta ai cambiamenti che il giocatore causa all’interno del gioco. È il frutto di anni di ricerca che l’azienda ha fatto nel campo dell’IA per i videogame e che prevediamo di espandere e adattare negli anni a venire con il miglioramento delle tecnologie. Oltre a lavorare sui nostri prodotti, l’azienda fornisce anche servizi di sviluppo per terze parti. Oggi ci occupiamo principalmente di co-development (cioè sviluppiamo un gioco insieme al team principale) o porting (cioè adattiamo un gioco esistente su una piattaforma specifica) per videogiochi, con una forte specializzazione nell’uso di Unreal Engine (un game engine che oggi viene utilizzato ampiamente anche in ambiti come il cinema, ad esempio per realizzare i set virtuali delle serie tv di Star Wars) e sulla piattaforma Nintendo Switch. In pratica siamo un partner tecnico al quale sviluppatori e publisher di videogiochi si rivolgono per sviluppare i loro giochi, portarli su nuove piattaforme o risolvere le problematiche tecniche che incontrano. Come per molti piccoli studi di sviluppo in Italia, in passato il lavoro per terze parti era principalmente nel settore b2b, al di fuori del settore dei videogiochi. Ad esempio, abbiamo sviluppato esperienze immersive in realtà virtuale sia per scopi di training che di marketing per clienti come Ansaldo, Leonardo o ABB. Negli anni più recenti ci siamo però maggiormente focalizzati sul nostro settore, sia perché è più vicino alla nostra passione di fondo, sia perché siamo riusciti a mettere insieme un portfolio che ci ha resi via via sempre più attrattivi per grosse realtà che portano quindi progetti di profilo sempre più alto ed estremamente più grandi delle commesse per cui lavoravamo nel settore b2b in Italia. La proiezione per l’anno in corso è che la maggior parte del nostro fatturato arriverà dal lavoro realizzato per partner negli USA. Tra i progetti di clienti con i quali abbiamo collaborato negli ultimi anni, ci sono titoli come “It Takes Two” (edito da Electronic Arts, Game of the Year ai The Game Awards 2021: noi abbiamo realizzato la versione per Switch), “Batman: Arkham Trilogy” (edita da Warner Bros: abbiamo partecipato come team di supporto al porting su Switch), ma più di recente abbiamo collaborato anche a titoli come “Split Fiction” o “High on Life”. Nel 2024, sia-

Elisa di Lorenzo

mo stati premiati come Outstanding Italian Company agli Italian Videogame Awards, un riconoscimento che celebra il nostro impegno e la nostra attenzione nei confronti delle oltre 30 persone che hanno scelto di lavorare con noi.

A quali esigenze o nuove opportunità la startup intende rispondere e come?

Per quanto riguarda il medium dei videogiochi in generale e lo sviluppo per i consumatori, vogliamo rispondere all’esigenza di giochi più profondi e significativi, che offrano un’esperienza più completa e appagante. Crediamo che ci sia spazio per innovare nel settore e proporre qualcosa di diverso rispetto all’offerta tradizionale; c’è una forte richiesta da parte dei giocatori di esperienze che diano maggiore senso di libertà. Allo stesso tempo, però, siamo anche in grado di fornire un ottimo supporto tecnico, altamente specializzato, come partner affidabile, flessibile e reattivo, in un ambiente che è sempre estremamente dinamico e in continua evoluzione.

Quale percorso personale e professionale ti ha portato qui e quali sono le altre professionalità coinvolte in Untold Games?

Ho avuto una forte passione per i videogiochi e per i computer fin da quando ero bambina. Ho imparato a programmare da sola quando andavo alle elementari e per me studiare informatica è stato un percorso naturale. Ho trovato non solo delle menti affini ma un gruppo che si completa a vicenda con i miei co-founder, con cui ho avuto la fortuna di poter intraprendere quest’avventura. Credevo sarei diventata una programmatrice di videogiochi ed è stata quella la spinta iniziale che mi ha portata su questa strada, ma ora faccio decisamente un lavoro molto diverso, gestendo un’azienda e la sua strategia di sviluppo. Le professionalità coinvolte in Untold Games, così come nel settore dei videogiochi in generale, sono molteplici. A volte chi vede il settore da fuori non si rende conto di quanto variegate siano le figure coinvolte, quanto altamente tec-

niche e preparate siano, ma anche quanto diverse possano essere da uno studio all’altro in base a fattori come il tipo di servizi forniti, il tipo di videogiochi in cui ci si specializza, il tipo di piattaforme o di modelli di business. Essendo un team ad alta vocazione tecnica, molto incentrato sullo sviluppo, quasi la metà dei nostri addetti sono programmatori (spaziano da gameplay programmer a engine programmer, passando per AI programmer), poi abbiamo un reparto artistico composto sia da 3D artist che da technical artist, animatori, game designer e narrative designer, addetti alla QA, producer (figure analoghe per certi versi ai project manager), sound designer...

Guardando al futuro, quali sono le ambizioni di sviluppo e i progetti per la startup?

Per quanto riguarda i nostri progetti interni, l’obiettivo principale è quello di continuare a espandere la tecnologia adattiva alla base del nostro gioco “City 20”, che potrà essere applicata a diverse tipologie di giochi, anche molto diversi dal nostro come genere e tematiche, ma potrebbe anche essere potenzialmente sfruttata in altri settori.

Una riflessione conclusiva: quali esperienze pregresse o inclinazioni personali ti sono state utili nel lavoro di startupper e, viceversa, cosa hai imparato in Untold Games che vuoi portarti anche “a casa”?

La mia curiosità, la mia capacità di adattamento e la mia costante voglia di imparare sono state molto utili. Tendo inoltre ad annoiarmi facilmente, il che può certamente rappresentare una sfida in alcuni contesti. Allo stesso tempo, però, questa caratteristica è anche una spinta costante a crescere: mi porta a cercare sempre nuovi stimoli, a esplorare approcci diversi e a trovare soluzioni creative ai problemi. In un certo senso, penso sia ciò che alimenta la mia curiosità e il mio desiderio continuo di migliorare. Da Untold Games ho imparato molto, non solo sulla gestione di un’azienda, ma anche sul lavoro di squadra e soprattutto sull’importanza della perseveranza.●

La principale infrastruttura del mercato dei capitali europeo per la crescita delle PMI.

di Elettra Pescetto

Nell’attuale contesto di mercato, le PMI italiane necessitano di un importante supporto per poter perseguire la propria strategia e i progetti di crescita. La diffusione di una cultura dell’equity, inteso non solo come diversificazione delle fonti di finanziamento, ma anche come concreta opportunità per finanziare la crescita, rappresenta una risposta a questa esigenza.

Borsa Italiana incoraggia chi fa impresa ad avere una visione di lungo periodo, siano famiglie o squadre manageriali, e gioca un ruolo strategico per la crescita sostenibile del Paese, in quanto permette di canalizzare gli investimenti di investitori istituzionali domestici e internazionali verso le imprese che innovano e aggregano, accompagnando un vero e proprio rinnovamento imprenditoriale. Borsa Italiana promuove una crescita trasparente, con regole chiare e presidi che tutelano gli investitori, contribuendo allo sviluppo di professionalità manageriali e irrobustendo le società nei confronti dei competitor. Inoltre, il mercato dei capitali rende possibile anche una crescita condivisa, perché permette a una popolazione di investitori di partecipare alla creazione di valore delle società quotate.

Borsa Italiana dal 2021 è parte del Gruppo Euronext, la principale infrastruttura del mercato dei capitali europeo, nonché il più grande bacino di liquidità del continente, con oltre 1.800 società quotate e oltre 6 trilioni di capitalizzazione di mercato aggregata.

Con 7 sedi di negoziazione - Amsterdam, Bruxelles, Dublino, Lisbona, Milano, Oslo e Parigi - società italiane e investitori globali hanno a disposizione un’unica piattaforma di negoziazioni e un’infrastruttura di mercato efficiente. Borsa Italiana propone mercati accessibili a società di diversa dimensione, per poter servire al meglio le grandi, le medie e le piccole imprese.

Nel 2009 è stato lanciato il mercato Euronext Growth Milan, con l’obiettivo di avvicinare alla Borsa le PMI dinamiche e competitive, con solidi e ambiziosi progetti di crescita, grazie a un approccio regolamentare equilibrato.

Euronext Growth Milan offre un percorso di quotazione calibrato sulla struttura delle PMI, basandosi sulla figura centrale di un consulente - lo Euronext Growth Advisorche accompagna la società durante l’ammissione e per tutta la permanenza sul mercato.

Questo mercato si caratterizza dalla semplicità di accesso (ad esempio, tra i requisiti è richiesto un flottante minimo del 10%, non è presente una capitalizzazione minima, né

un numero di anni di esistenza della società), da una burocrazia snella (come il Documento di Ammissione, la Due Diligence svolta dallo Euronext Growth Advisor) e da adempimenti post quotazione adeguati alle PMI.

Dal 2009 oltre 330 società si sono quotate sul mercato Euronext Growth Milan e hanno raccolto a livello aggregato oltre 6 miliardi di euro. I settori più rappresentati, in termini di peso sulla capitalizzazione, sono l’industriale, i beni di consumo discrezionali e la tecnologia.

Al 30 aprile 2025 il mercato conta 204 società, una capitalizzazione aggregata pari a circa 8 miliardi di euro, media pari a 40 milioni di euro e mediana pari a 18 milioni di euro: Euronext Growth Milan è uno dei mercati più dinamici in Europa, mostrando una accelerazione significativa negli ultimi anni, non solo in termini di numero di società quotate, ma anche per il costante ampliamento dell’ecosistema a supporto.

Alcuni incentivi stanno contribuendo allo sviluppo del mercato. La Legge di Bilancio 2018 e le successive fino alla Legge di Bilancio 2025 hanno previsto la concessione di un credito di imposta del 50% - fino a un importo massimo nella misura di 500.000 euro - per costi di consulenza sostenuti fino al 31 dicembre 2027, finalizzati alla quotazione in Borsa delle PMI Italiane, secondo la definizione europea 2003/361/CE. Si definisce PMI una impresa che ha meno di 250 occupati e, alternativamente, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il totale attivo non supera i 43 milioni di euro.

La Regione Lombardia ha lanciato “Quota Lombardia”, una misura per le PMI lombarde che hanno intrapreso o stanno per intraprendere un percorso di quotazione su Euronext Growth Milan: un contributo a fondo perduto pari al 50% delle spese complessive ammissibili, nel limite massimo di 600.000 euro per i costi relativi alla quotazione in Borsa, di cui massimo 300.000 euro per i costi legati all’ammissione e 300.000 euro per i costi dei servizi di consulenza correlati, sostenuti nei 3 anni successivi alla quotazione.

Anche la Regione Liguria si è mossa in questa direzione, stanziando 4 milioni di euro finalizzati al rafforzamento patrimoniale delle PMI che decidono di quotarsi in Borsa, sul mercato Euronext Growth Milan. Anche qui si prevede la concessione di un contributo a fondo perduto per un massimo di 600.000 euro a domanda, a copertura del 50% dei costi legati all’ammissione alla quotazione e per le spese correlate nei 3 anni successivi.●

Verifiche, contestazioni e strategie di prevenzione per le imprese.

R&S&I Credito d’imposta

Il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, successivamente evoluto in ricerca, sviluppo e innovazione (R&S&I), ha rappresentato, nell’ultimo decennio, una delle agevolazioni fiscali più significative per le imprese che investono in attività innovative.

La normativa che ha prima introdotto e poi modificato questa agevolazione ha subito negli anni continue evoluzioni, con modifiche riguardanti sia le modalità di calcolo e l’entità del beneficio, sia la qualificazione delle attività ammissibili. Tali aggiornamenti sono stati accompagnati da progressivi chiarimenti e indicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate e dal Ministero delle Imprese e del Made In Italy, volti a supportare le imprese nell’applicazione corretta dell’agevolazione.

L’Amministrazione finanziaria svolge controlli approfonditi al fine di garantire il corretto utilizzo del credito d’imposta R&S&I da parte delle imprese. Le principali aree di verifica riguardano la qualificazione delle attività, la conformità della documentazione a supporto delle spese sostenute e le modalità di utilizzo dell’agevolazione. In particolare, nell’ambito dei controlli relativi alla qualificazione delle attività, le imprese sono tenute a dimostrare che le attività dichiarate siano effettivamente riconducibili a quelle agevolabili, in conformità ai criteri stabiliti dalla normativa vigente e

richiamati nei principali riferimenti internazionali, quali il Manuale di Frascati e il Manuale di Oslo.

Dal punto di vista tecnico, le attività possono essere oggetto di contestazione quando vengono considerate come semplici miglioramenti di processi o prodotti esistenti, anziché come innovazioni significative.

Ulteriori elementi di contestazione possono riguardare, ad esempio, lo sviluppo di nuovi prodotti in assenza di chiari riferimenti allo stato dell’arte del settore, oppure le attività finalizzate al miglioramento della gestione dei processi interni, che non soddisfano i requisiti richiesti per essere qualificate come ricerca e sviluppo, così come le attività di sviluppo software.

Negli ultimi anni, l’Agenzia delle Entrate ha intensificato le attività di verifica relative all’utilizzo del credito d’imposta R&S&I. Tale incremento è stato motivato dalla mancanza, nei primi anni in cui è stata introdotta l’agevolazione, di indicazioni chiare sulla corretta qualificazione delle attività agevolabili, che ha indotto molti contribuenti ad adottare interpretazioni talvolta “estensive” delle definizioni di progetti ammissibili, portando a indebiti utilizzi dei crediti d’imposta. A tal proposito, si evidenzia che le linee guida per la corretta qualificazione delle attività agevolabili sono state pubblicate dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy

di Giuseppe Giordano

soltanto nel luglio 2024, quasi dieci anni dopo l’introduzione dello strumento agevolativo.

Come rispondere o prevenire eventuali contestazioni?

La certificazione ai sensi dell’art. 23, commi 2, 3, 4 e 5 del D.L. n. 73/2022 è sicuramente lo strumento più efficace per attestare la qualificazione delle attività agevolate. Tale certificazione può essere rilasciata solo da un soggetto iscritto all’albo dei certificatori ed esplica effetti vincolanti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. La procedura di certificazione non è, però, accessibile nei casi in cui l’Amministrazione abbia già constatato delle violazioni in merito all’utilizzo dei crediti d’imposta con processo verbale di constatazione. Tuttavia, nel caso di una verifica già avviata, in cui l’Amministrazione finanziaria abbia sollevato dubbi sulla qualificazione delle attività, ma non abbia ancora formalizzato tali contestazioni mediante un processo verbale di constatazione o altro atto impositivo, la procedura di certificazione risulta teoricamente accessibile. Tale procedura può essere utilizzata per acquisire elementi tecnici a supporto della corretta qualificazione delle attività, mantenendo il medesimo effetto vincolante nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

Come richiesto da più parti, sarebbe auspicabile l’introduzione di una procedura formale che consenta, in caso di

attivazione della certificazione, la sospensione temporanea della verifica in corso. Ciò permetterebbe all’impresa e al certificatore di disporre del tempo necessario per completare l’iter di certificazione e attendere l’eventuale controllo da parte del Ministero, che può essere effettuato entro novanta giorni dal caricamento della certificazione sul portale ufficiale.

In assenza di una previsione normativa in tal senso, l’emissione di un processo verbale di constatazione o di altro atto impositivo prima del completamento della procedura di certificazione rischia di comprometterne la piena efficacia, rendendo di fatto inutilizzabile lo strumento.

Rimane, poi, sempre l’opportunità di ottenere tale certificazione anche a seguito del ricevimento di un processo verbale di contestazione, ad esempio nell’ambito di un ricorso, in quanto, sebbene non vincolante nei confronti dell’amministrazione, è comunque un documento predisposto da un soggetto terzo indipendente e qualificato nella materia, quindi in grado di fornire una valutazione tecnica nel merito che può rispondere alle contestazioni sollevate dall’Amministrazione, la quale non può essere necessariamente competente in tutti i casi di specie.●

Giordano è Partner dello Studio Tributario e Societario Deloitte

Giuseppe

Por t

Security

Sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale per rilevare eventi pericolosi in tempo reale e supportare le attività dei responsabili della sicurezza: è il risultato dell’innovativa soluzione di videosorveglianza che Aitek ha realizzato per il terminal PSA SECH nel Porto di Genova.

All’interno di un terminal portuale, l’utilizzo di sistemi tecnologici per il rilevamento automatico e in tempo reale di eventi o situazioni che possono rappresentare una minaccia per la security delle aree operative è imprescindibile. Tuttavia, il solo impiego di impianti di video sorveglianza “standard” non è più sufficiente e soprattutto non garantisce adeguati standard di protezione, specie in un contesto particolarmente sensibile come quello portuale, in cui i margini di rischio devono essere ridotti al minimo.

Per questo, anche PSA SECH, uno tra i principali terminal container del Porto di Genova e dell’intero Mediterraneo, con circa 250 mila TEU movimentati ogni anno, si è affidato all’esperienza Aitek nella progettazione e sviluppo di soluzioni tecnologiche basate sull’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale. Per garantire le massime prestazioni in termini di qualità e affidabilità, il sistema per il monitoraggio video dei 205.000 metri del Terminal PSA SECH utilizza i componenti della piattaforma di videosorveglianza AiVu di Aitek. Dal software di video management AiVu-VMS ai dispositivi per la videoregistrazione digitale AiVu-NVR, fino agli AiVu-Client D per la visualizzazione dei flussi video sui monitor della control room di PSA SECH, il risultato è una soluzione allo stato dell’arte tecnologico appositamente progettata per applicazioni mission-critical come la sicurezza di un terminal portuale.

L’intera gestione del sistema, composto da circa 80 telecamere digitali posizionate nei punti nevralgici del terminal, è affidata al software di Video Management AiVu-VMS, capace di garantire la piena conformità ai dettami normativi, ma anche capace di dare risposte efficaci a qualsiasi esigenza di sicurezza. AiVu-VMS è l’applicazione di centro per la gestione, la visualizzazione e la trasmissione dei flussi video provenienti dalle telecamere e dagli apparati che compongono un sistema di videosorveglianza. È una soluzione di video management affidabile e ad elevate prestazioni che comprende tutte le funzionalità per la configurazione delle telecamere e dei dispositivi, la gestione degli utenti, la distribuzione dei video, lo storage delle registrazioni, la diagnostica del sistema. La sua interfaccia offre agli operatori una

serie di funzionalità come la visualizzazione delle immagini live, la configurazione di ronde di telecamere per la visualizzazione ciclica di inquadrature predefinite, l’accesso contemporaneo alle immagini provenienti da più telecamere e la consultazione dell’archivio delle registrazioni per ricostruire eventi particolari e scaricare i filmati. Inoltre, l’utilizzo di

L’introduzione dell’innovativo sistema di videosorveglianza basato su algoritmi di intelligenza artificiale ha rappresentato per PSA SECH un salto tecnologico notevole. Il preesistente sistema di rilevamento basato su motion detection è stato rimpiazzato con una soluzione allo stato dell’arte tecnologico che ci consente di rilevare automaticamente e in tempo reale qualsiasi movimento anomalo di persone all’interno delle aree operative, con una percentuale di errore praticamente nulla. Inoltre, la possibilità di visualizzare automaticamente degli allarmi su monitor rappresenta un notevole supporto per gli addetti alla sicurezza, poiché permette al personale di concentrarsi immediatamente su quanto sta accadendo senza la necessità di visualizzare simultaneamente le immagini provenienti da più telecamere per ricostruire gli eventi. Grazie ai continui investimenti in tecnologie innovative, PSA SECH ha raggiunto un livello di eccellenza per i sistemi di port security: un risultato ottenuto grazie anche alla qualità delle soluzioni Aitek, un partner affidabile che garantisce un supporto continuo, una costante attenzione alle evoluzioni tecnologiche e una visione a lungo termine nelle attività di integrazione dell’intelligenza artificiale nei nostri sistemi di video sorveglianza.n

Saverio Dalbis

Security Manager Terminal Contenitori

Porto di Genova SpA - PSA SECH

mappe e piantine delle aree sorvegliate sulla quale sono evidenziate le telecamere posizionate all’interno del terminal permette di avere un quadro di insieme della situazione, facilitando ulteriormente le attività di monitoraggio. Per raggiungere un livello eccellente di prestazioni, la soluzione integra le funzionalità “standard” di video sorveglianza con algoritmi di video analisi di ultima generazione capaci di elaborare le immagini provenienti dalle telecamere, per ottenere funzionalità evolute come il tracking di persone all’interno di piazzali, banchine e magazzini, il rilevamento automatico e in tempo reale di intrusioni e di altre situazioni di potenziale pericolo. A oggi, sedici telecamere sono impiegate per la video analisi: i flussi video vengono acquisiti da due apparati AiVu-NVR dedicati su cui risiedono gli algoritmi che rilevano situazioni di potenziale pericolo in maniera automatica. Gli algoritmi generano in tempo reale gli allarmi ogni volta che si verificano eventi di interesse con la massima affidabilità e precisione, eliminando eventuali segnalazioni non veritiere o ridondanti.

Come in tutte le applicazioni di ultima generazione, anche per la soluzione sviluppata per PSA SECH sono stati impiegati algoritmi di video analisi basati sul deep learning, la tecnica di intelligenza artificiale che si basa sull’addestramento di reti neurali per raggiungere un’altissima affidabilità nell’analisi di immagini e filmati in ogni condizione di ripresa. Grazie al suo approccio data-driven basato sull’addestramento, la rete neurale migliora le proprie prestazioni man mano che gli eventi da cui apprendere aumentano nel tempo, permettendo all’algoritmo di adattarsi dinamicamente a situazioni nuove.

Nella pratica, in che modo l’intelligenza artificiale supporta gli operatori del terminal PSA SECH? I responsabili della security possono accedere ai flussi video e - in base ai diritti di cui dispongono - alle funzionalità di gestione e configurazione del sistema direttamente dalle workstation dotate

del software AiVu-Client D all’interno della control room del terminal. Con semplici operazioni di configurazione è possibile suddividere i monitor in riquadri e visualizzare le telecamere di interesse. Per supportare al meglio il compito degli addetti alla sicurezza, il sistema genera automaticamente una segnalazione di allarme ogni volta che gli algoritmi di intelligenza artificiale rilevano un evento: l’attenzione degli operatori viene richiamata da segnali visivi e sonori che evidenziano il riquadro nel quale sono visualizzate le immagini correlate all’allarme.

Gli algoritmi di video analisi hanno il compito di rilevare persone all’interno di aree sensibili, ad esempio in prossimità di mezzi operativi o in movimento all’interno dei piazzali, la cui presenza può aumentare il rischio di incidenti e collisioni. In caso di allarme, il sistema avvia automaticamente il tracking dei soggetti rilevati: sul monitor vengono visualizzati simultaneamente le immagini live della telecamera in allarme e, in modalità Picture-in-Picture, lo zoom di dettaglio della persona; il tracking segue costantemente gli spostamenti all’interno dell’inquadratura, adattandosi dinamicamente per mantenere la sagoma del soggetto tracciato al centro della porzione di immagine.

Una soluzione innovativa ma facile da usare, che consente di seguire ogni movimento di persone all’interno delle aree monitorate in modo totalmente automatico. Infatti, per gli operatori della sala controllo non è più necessario accedere a diverse telecamere per individuare e seguire il soggetto all’interno dell’area monitorata o effettuare continue operazioni manuali di pan-tilt-zoom.

In questo modo, gli operatori potranno concentrarsi sulle procedure legate alla presa in carico di un allarme, ad esempio segnalando via radio o dispositivi mobili la presenza di persone agli addetti alla movimentazione di gru o macchinari o inviando personale sul posto per intercettare eventuali intrusi.●

Dal “pain point” alla soluzione

La piattaforma Granted semplifica la pianificazione, la gestione e la rendicontazione di progetti finanziati.

Dieci anni fa (e poco più) il mondo iniziava a trasformarsi sotto i nostri occhi: Alexa faceva il suo ingresso nelle case come il primo assistente vocale AI-driven di Amazon, mentre sui nostri smartphone assistevamo (e partecipavamo) all’ascesa di Instagram, dando inizio a nuovi modi di connettersi e condividere. Nello stesso periodo, il settore produttivo muoveva i primi passi verso l’automazione, gettando le basi dell’Industria 4.0, che a sua volta avrebbe lasciato il passo a una riformulazione umanocentrica della stessa, con la versione 5.0.

Dst, un’ispirazione dalla Silicon Valley

In questo fermento tecnologico, i founder di Dst decisero di immergersi nell’ecosistema delle startup più avanzate, partecipando al Silicon Valley Study Tour per imprenditori, che proprio da Genova ha preso le mosse. Fu un’esperienza rivelatrice: non si trattava solo di codici e server, ma di design dell’esperienza, di interfacce pensate per le persone e di soluzioni che rispondessero a bisogni concreti. Al ritorno in Italia, quella visione diede inizio all’esperienza di Dst: una Creative Tech Company in cui l’utente e il design digitale sono al centro di ogni progetto, che sin dall’inizio si è mossa all’incrocio tra mondo tech, della comunicazione digitale e dell’intelligenza artificiale. L’obiet-

tivo era chiaro: ideare soluzioni affidabili e funzionali per aiutare le imprese a muoversi in un mondo sempre più liquido, mutevole e interconnesso, con un approccio ibrido, capace di far convergere solidità tecnologica e visione creativa. Questo modello ha reso negli anni Dst partner di riferimento per grandi imprese e pubbliche amministrazionia livello nazionale e non - per la fornitura di servizi e soluzioni digitali allo stato dell’arte e scalabili, pensate per generare valore misurabile, con una profonda componente di innovazione. Innovazione che da sempre costruiamo in sinergia con filiere virtuose, come quella ligure e di Genova: industriale per tradizione e vocazione, con un ecosistema produttivo che si fa forza di una cooperazione storica fra Università, CNR, IIT, startup, PMI e grandi imprese, vivace e fortemente collaborativo.

Finanziamenti europei e innovazione

Quando si costruisce una strategia territoriale di innovazione, non si può prescindere dai finanziamenti erogati dalla Comunità Europea, che da decenni sostengono investimenti in R&D e programmi di crescita in tutto il continente. In Dst, dal principio, partecipiamo a bandi locali ed europei per rafforzare la nostra capacità di creazione, sperimentazione e consolidare il nostro vantaggio competitivo: abbia-

mo sperimentato direttamente che ottenere i fondi è solo il primo passo e che gestire l’andamento dei progetti richiede un enorme sforzo, non solo nella realizzazione dei cosiddetti deliverable, ma anche nella pianificazione e nella rendicontazione di risorse e costi.

Per questo, alcuni anni fa, abbiamo deciso di chiedere supporto al programma POR FESR 2014-2020 di Regione Lombardia, per progettare una piattaforma per semplificare i processi complessi di pianificazione e rendicontazione, che si è poi evoluta in Granted, quando abbiamo preso coscienza che il nostro pain point era condiviso da molte realtà del nostro territorio e abbiamo deciso di mettere la nostra innovazione a disposizione dell’ecosistema.

Cos’è Granted

Granted è una piattaforma collaborativa, modulare e personalizzabile, per la gestione efficace e dinamica delle risorse coinvolte nei progetti finanziati, creata da esperti di progettazione europea per rispondere alle esigenze specifiche di questo settore.

Granted si rivolge alle realtà aziendali che accedono abitualmente a fondi comunitari per finanziare attività di ricerca, innovazione e sviluppo (R&I, R&D), per consentire a figure chiave quali HR manager, Project Manager e personale

amministrativo di pianificare e monitorare l’andamento dei progetti, sia dal punto di vista del budget, sia dell’allocazione delle risorse; per esempio, verificando le presenze e le assenze rispetto alla pianificazione e per produrre la documentazione utile alla rendicontazione in modo guidato, rapido e preciso. Il valore di efficienza, affidabilità e semplicità che sintetizza Granted è riconosciuto dalle aziende e dagli enti - di ogni dimensione - che già lo utilizzano e che lo hanno introdotto con successo nei flussi di lavoro, rilevando una forte riduzione degli errori e una sensibile diminuzione dei tempi di gestione.

La nostra visione

Il nostro impegno oggi è rendere Granted strumento di riferimento per una gestione ottimale e senza frizioni dei progetti finanziati su tutta la filiera: aziende, enti di ricerca, consorzi, consulenti e associazioni.

Il nostro sogno è che questa iniziativa, nata grazie al supporto dei fondi europei, abiliti un percorso standardizzato e accurato per velocizzare tempi e modalità di interazione anche verso gli enti gestori, a vantaggio della qualità del processo e dell’efficacia delle azioni sul territorio.●

Green, concreta circolare,

La chimica che guida il cambiamento sostenibile e resiliente.

Maurizio Turci

In un mondo in cui la sostenibilità è diventata una necessità e non più un’opzione, Italmatch Chemicals si distingue come un esempio virtuoso di industria chimica moderna. Con oltre 1.100 dipendenti, 20 stabilimenti nel mondo, 7 centri di ricerca e sviluppo e un fatturato di circa 700 milioni di euro, l’azienda è oggi un punto di riferimento globale nei settori del trattamento acque, lubrificanti, specialità chimiche per l’energia e l’economia circolare. «Italmatch, pur avendo adottato fin dall’inizio un approccio innovativo, non è certo nata come una startup californiana con la tavola da surf in ufficio» racconta Maurizio Turci, Direttore Generale Corporate di Italmatch Chemicals. «Affonda le sue radici in un’idea manifatturiera tradizionale nella quale quasi trent’anni fa il nostro CEO, l’Ingegner Sergio Iorio, ha introdotto un modello visionario: integrare business solidi con iniziative ESG, puntando su crescita internazionale, innovazione attraverso R&D e acquisizioni, adottando strumenti di finanza alternativa come il Private Equity. Oggi Italmatch è una realtà radicata nel tessuto industriale globale, attiva nel B2B e partner dei principali player chimici mondiali. I suoi prodotti non si trovano sugli scaffali dei supermercati, ma sono alla base di molti degli oggetti che utilizzate nella vita di tutti i giorni».

Una chimica diversa: green, circolare, concreta La chimica, settore spesso al centro di pregiudizi, è in realtà il motore silenzioso della transizione ecologica. Italmatch lo dimostra con una forte identità ESG fin dai primi anni di attività: «La nostra è una chimica green e circolare, tutt’altro che un “ossimoro” Basti pensare alle nostre origini come formulatori di prodotti antifiamma “green” privi di alogeni oppure ai progetti che portiamo avanti in ambito europeo in collaborazione con aziende, università e centri di ricerca. Uno di questi è FlashPhos, consorzio per il recupero del fosforo dai rifiuti urbani e industriali che vede coinvolta l’Università di Stoccarda. Oppure il progetto IPCEI - European Battery Innovation, che mira a costruire una filiera di batterie per l’auto elettrica in Europa e nel quale siamo leader del tavolo di lavoro che riguarda un innovativo progetto IoT per lo smaltimento e riciclo delle batterie esauste» afferma Turci.

Dai fiammiferi alla leadership globale nella chimica di specialità

La storia di Italmatch inizia a Spoleto nel 1998, dove un’intuizione trasforma uno stabilimento dell’ex SAFFA da produttore di materie prime per i fiammiferi a

innovatore nella chimica del fosforo. «Grazie a un Management Buyout supportato da fondi di Private Equity nasce un percorso di crescita che trova il suo cuore pulsante a Genova. Il capoluogo ligure, con il suo capitale umano d’eccellenza e una logistica in espansione, era per noi la base ideale per lo sviluppo dell’azienda» ricorda Turci. Da sempre la strategia di Italmatch si fonda su due pilastri: innovazione interna e acquisizioni mirate. Da un lato, l’azienda investe in ricerca e sviluppo con oltre 100 persone nel mondo e un team dedicato alla “Beyond Innovation”, focalizzato su soluzioni sostenibili a medio-lungo termine. Dall’altro, ha realizzato 17 operazioni di M&A dal 2007, espandendosi in mercati complementari acquisendo aziende con business consolidati ma anche realtà ad alto potenziale, come Magpie (recupero dei metalli), Aubin (energie rinnovabili), Eco-Inhibitors (soluzioni eco compatibili e circolari derivate dagli scarti del salmone) e Alcolina (trattamento acque).

Private equity: un alleato strategico Il Private Equity, e più recentemente anche investimenti provenienti da bond in borsa, ha rappresentato per Italmatch un acceleratore di crescita, in termini di presenza geografica, portafoglio prodotti e modello organizzativo: «Se la chimica può essere definita come il motore dell’industria, la finanza ne è la benzina. In 27 anni, il gruppo ha attraversato sette operazioni di secondary buyout, passando da 2 prodotti a oltre 50 famiglie brevettuali, da un Adj. EBITDA di 6 milioni nel 2005 a circa 140 milioni nel 2024. Oggi Italmatch è presente in quattro macro-regioni (Americhe, Europa, Medio Oriente, Asia-Pacifico) e continua a espandersi grazie alla presenza di Bain Capital, che ha acquisito la maggioranza del gruppo nel 2018. Successivamente si è affiancato Dussur, parte del fondo sovrano saudita PIF, investitore in progetti industriali che dal 2023 possiede una quota di minoranza insieme al Management» sottolinea Turci.

Le quattro leve strategiche per il futuro

Guardando avanti, Italmatch punta su quattro direttrici: 1. M&A strategici: continua la ricerca di nuove acquisizioni,

anche di medie e grandi dimensioni, con possibilità eventuale di quotazione in Borsa.

2. Sostenibilità: l’azienda ha ottenuto riconoscimenti da EcoVadis (Gold), CDP (A-) e ha fissato obiettivi di riduzione delle proprie emissioni che sono stati approvati da Science Based Targets initiative, integrando analisi ERM sul climate change e secondo le linee guida TCFD.

3. Digitalizzazione: in un mondo volatile e complesso, che produce ogni anno 140 zettabyte di dati e conta 40 miliardi di dispositivi interconnessi, Italmatch vede la trasformazione digitale come integrazione tra capitale umano e tecnologico, un cambiamento trasversale tra diverse aree del business e dei processi aziendali: Supply Chain, HR, Finance, Operations, Corporate, con attenzione all’uso responsabile dell’Intelligenza Artificiale.

4. Formazione e persone: Italmatch investe in progetti di reverse mentoring, upskilling e leadership development, valorizzando il dialogo tra generazioni sia nelle competenze che nelle meta-competenze, con progetti mirati di talent mapping. Un approccio testimoniato dai recenti risultati positivi secondo Great Place To Work e da un’analisi del Financial Times - Statista.

«In tutto questo, una comunicazione strategica diventa non solo fattore critico di successo ma soprattutto abilitatore al cambiamento. Per questo, stiamo portando avanti un importante progetto di Rebranding del gruppo» aggiunge Turci.

Italmatch è la dimostrazione che l’industria chimica può essere protagonista della transizione ecologica coniugando innovazione, sostenibilità e solidità finanziaria. Una realtà che guarda al futuro con visione e valori, ma secondo modelli societari e industriali resilienti: «Gli stessi che ci hanno permesso di superare alcuni importanti “cigni neri” negli ultimi 25 anni e ciò che ne è conseguito: l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, la crisi finanziaria globale del 2008-2009 e la tempesta perfetta del sistema dazi in Cina, la pandemia nel 2020 e seguente crisi della supply chain. Mondi sempre più VUCA e BANI dove sostenibilità e resilienza saranno le parole chiave» conclude Turci.●

con l’obiettivo di rendere il sistema elettrico più flessibile, sostenibile e digitale.

di Roberto Catanzariti

La transizione ecologica richiede strumenti concreti, intelligenti e condivisi. In questo scenario nasce SPARklE (Smart Platform for Aggregated Renewable Energy Communities), un progetto di innovazione tecnologica finanziato nell’ambito del programma PE2-NEST - Network for Energy Sustainable Transition, promosso dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) - NextGenerationEU. A guidare il progetto è WellD Italia, software house di eccellenza con sede a Genova, affiancata in un’Associazione Temporanea di Scopo (ATS) da IESolutions, AXPO Energy Solutions Italia e Creta Energie Speciali.

SPARklE si pone un obiettivo chiaro e ambizioso: fornire una piattaforma digitale per la gestione avanzata delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), capace di aggregare dati, ottimizzare la produzione e il consumo di energia e favorire l’erogazione di servizi di flessibilità verso i Distribution System Operator (DSO). In vista dell’entrata in vigore del nuovo regolamento TIDE (Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico), SPARklE rappresenta uno strumento chiave per abilitare una partecipazione attiva delle comunità al mercato dell’energia.

La piattaforma sarà basata su Google Cloud Platform, permettendo una scalabilità sicura e sostenibile. Grazie all’integrazione di algoritmi di intelligenza artificiale, modelli predittivi e dispositivi IoT, SPARklE monitorerà in tempo reale la produzione da fonti rinnovabili, i consumi domestici e industriali e la gestione di inverter ibridi dotati di sistemi di accumulo, ottimizzando l’energia condivisa tra gli utenti. Il tutto attraverso interfacce intuitive, sistemi di notifica, cruscotti analitici e logiche di gestione economicamente premianti.

Tra i casi d’uso più rilevanti di una piattaforma come SPARklE rientrano scenari già sperimentati in contesti reali, come quelli delle comunità energetiche in borghi, distretti industriali, condomini e centri commerciali. In questi contesti, la possibilità di monitorare in tempo reale la produzione da impianti fotovoltaici condivisi, incrociandola con i profili di consumo dei singoli membri, consente una ripartizione dinamica ed efficiente dell’energia prodotta. SPARklE permette inoltre di simulare scenari futuri di autoconsumo, programmare interventi di load shifting e ottimizzare l’impiego di batterie di accumulo, migliorando la resilienza locale e riducendo la dipendenza dalla rete nazionale. Nelle comunità con più impianti e soggetti ete-

rogenei - famiglie, PMI, enti pubblici - la piattaforma agevola la governance energetica, favorendo la trasparenza dei flussi e la rendicontazione economica. Un ulteriore ambito applicativo riguarda l’abilitazione di servizi ancillari di rete, che le CER potranno erogare nei nuovi modelli di dispacciamento, generando entrate aggiuntive e contribuendo alla stabilità del sistema elettrico

Ma SPARklE non è solo tecnologia: è anche visione sistemica. Il progetto si articola su cinque Work Package che vanno dall’analisi dei requisiti normativi e tecnici, fino allo sviluppo e alla validazione su un sito pilota reale, scelto tra gli impianti di AXPO. Ogni partner contribuisce con le proprie competenze: CretaES per la sensoristica e i prototipi hardware, IESolutions per l’ottimizzazione energetica, AXPO per la gestione operativa e l’integrazione sul campo.

Centrale nel progetto è il ruolo WellD Italia, responsabile dell’ideazione architetturale e dello sviluppo software. L’azienda, fondata nel 2010, vanta un solido posizionamento nei settori della digital energy e delle soluzioni cloud-based. Da anni sviluppa piattaforme di monitoraggio, supervisione e controllo per utility nazionali e internazionali, distinguendosi per l’adozione di tecnologie avanzate, per la centralità data ai temi dell’efficienza e per l’alta specializzazione dei team interni.

In SPARklE, WellD ricopre il ruolo di capofila e leader tecnologico, coordinando lo sviluppo della piattaforma, la progettazione software e l’integrazione con i dispositivi sul campo. Il progetto rappresenta una naturale estensione del know-how maturato, ma anche una spinta verso nuove frontiere di innovazione digitale per la sostenibilità.

Grazie a SPARklE, l’energia prodotta localmente potrà essere monitorata, gestita e valorizzata in modo intelligente, promuovendo un uso più consapevole delle risorse, favorendo l’inclusione energetica e abilitando nuovi modelli di business. A beneficiarne sarà non solo il mercato, ma anche il territorio: si prevedono ricadute occupazionali, nuove competenze, investimenti in tecnologie verdi e un ampliamento delle opportunità per imprese, cittadini e amministrazioni.

Con SPARklE, WellD conferma il proprio ruolo di partner affidabile per l’innovazione sostenibile, contribuendo con passione e competenza alla costruzione di un futuro energetico più intelligente, collaborativo e resiliente.●

Life Company

Efficienza industriale e sostenibilità ambientale al servizio dei territori.

Aprica rappresenta una realtà storica nella gestione dei servizi ambientali. Attiva in oltre 240 Comuni tra Liguria, Lombardia e Valle d’Aosta, serve quotidianamente più di 1,5 milioni di persone, integrando efficienza gestionale, presenza capillare e attenzione alla sostenibilità: un sistema strutturato che si traduce in un contributo tangibile alla qualità della vita nei territori in cui opera.

Parte di una realtà industriale più ampia, la Società con i suoi 1.600 dipendenti si inserisce nel perimetro del Gruppo A2A, primo player in Italia nell’ambito dell’economia circolare e del teleriscaldamento e secondo operatore energetico nazionale per capacità installata ed energia elettrica distribuita. Quotato in Borsa e contando circa 15.000 persone, il Gruppo gestisce la generazione, la vendita e la distribuzione di energia e la vendita e la distribuzione di gas, il teleriscaldamento, il ciclo dei rifiuti, la mobilità elettrica e i servizi smart per le città, l’illuminazione pubblica e il servizio idrico integrato. Nel Piano Industriale al 2035 sono previsti 22 miliardi di euro di investimenti, di cui 6 destinati all’economia circolare.

A partire da questa visione condivisa, Aprica interpreta il proprio ruolo con un approccio operativo e territoriale, orientato all’efficacia e alla relazione con le comunità. La sua azione si articola lungo tre direttrici strategiche - standard elevati di servizio, innovazione continua e dialogoche si traducono in una gamma ampia e integrata di attività: dalla raccolta differenziata sia domiciliare che stradale allo spazzamento, dal ritiro degli ingombranti a domicilio

alla cura del decoro urbano, fino alla gestione dei Centri di Raccolta e del Riuso, veri presìdi di prossimità distribuiti capillarmente per incentivare la corretta separazione dei materiali.

Il nostro approccio è sartoriale. Sviluppiamo soluzioni su misura, calibrando modalità e frequenze dei servizi in funzione delle caratteristiche urbanistiche, demografiche e ambientali di ogni Comune, con l’obiettivo di mantenere la vivibilità degli spazi pubblici. Un esempio significativo è rappresentato dal Golfo del Tigullio, in Liguria, dove siamo presenti dal 2018 e l’organizzazione del servizio prevede un rafforzamento stagionale in linea con l’intensificarsi dei flussi turistici per assicurare la piena efficienza anche nei periodi di massima affluenza. Un piano operativo disegnato per rispondere con precisione alle esigenze di contesti costieri a forte vocazione turistica: abbiamo introdotto contenitori ad accesso controllato, installato segnaletica informativa bilingue, distribuito materiali nei campeggi e predisposto campagne di comunicazione per supportare il giusto conferimento dei rifiuti anche da parte dei turisti. In stretta collaborazione con le Amministrazioni Comunali, promuoviamo iniziative di educazione ambientale, attività nei mercati, eventi di pulizia partecipata come plogging e cleaning day, oltre che incontri nelle scuole, al fine di consolidare una cultura della sostenibilità radicata e condivisa. A supporto del nostro operato, un meccanismo di controllo qualità avanzato e un servizio di customer care multicanale assicurano trasparenza e continuità relazionale con le utenze.

Genova Impresa - Maggio / Giugno 2025 41
di Filippo Agazzi

Inclusione, digitalizzazione e formazione rappresentano, infatti, pilastri fondamentali della strategia di Aprica. L’interazione con i cittadini è facilitata da strumenti digitali evoluti, tra cui il portale istituzionale, l’app PULIamo e il contact center, che consentono di gestire in modo diretto e semplice prenotazioni, segnalazioni e informazioni. Parallelamente, sviluppiamo percorsi formativi per i nostri operatori e progetti educational rivolti agli studenti, con proposte didattiche, modulate per ciascun ordine e grado, che affrontano i temi dell’economia circolare.

Un’attenzione specifica è dedicata all’inclusività: grazie al progetto degli Ambasciatori Multiculturali, operatori appositamente formati facilitano il dialogo sulla gestione responsabile dei rifiuti nella lingua d’origine degli interlocutori, come i ragazzi degli istituti multietnici, rendendo il messaggio accessibile a tutti.

Aprica è un’azienda che cresce in sintonia con i territori, con una vocazione industriale ma profondamente radicata nella comunità. Alla base del nostro impegno vi è una visione a 360 gradi che comprende l’intero ciclo integrato dei rifiuti, dalla raccolta alla valorizzazione finale, nel rispetto dei principi che guidano la transizione ecologica. Grazie agli impianti di A2A, possiamo trasformare i rifiuti in risorsa, recuperandoli sotto forma di materia ed energia e riducendo l’impatto ambientale, attraverso la promozione di un uso consapevole delle risorse naturali. Fare parte di questo Gruppo ci permette di mettere a disposizione non solo competenze consolidate, ma anche un orientamento condiviso verso un futuro sempre più sostenibile: una Life Company che investe per generare valore positivo e duraturo, a beneficio dell’ambiente, delle persone e dei sistemi locali.●

Filippo Agazzi è Amministratore Delegato Aprica - Gruppo A2A

Cambio di paradigma

Dall’ambiente al capitale naturale: nuovi modelli economici per la sostenibilità.

Il Green Deal europeo, la Strategia per la biodiversità al 2030 e il percorso verso la neutralità climatica al 2050 hanno impresso una svolta significativa all’indirizzo strategico dell’Unione: la natura non è più vista come limite esterno alla crescita, ma come condizione abilitante e base produttiva. La biodiversità, il capitale naturale e i servizi ecosistemici diventano centrali non solo come beni da proteggere, ma come infrastruttura portante per la produzione del reddito e del benessere umano.

Gli ecosistemi generano flussi di beni materiali, come legname o il pesce, e flussi di servizi, di regolazione, come il sequestro del carbonio o la protezione costiera, e culturali, come tutte le attività che nascono dall’interazione uomo-ambiente a fini ricreativi - un bagno al mare o una passeggiata in montagna - e di conoscenza, come la ricerca scientifica. I benefici che ne derivano però restano spesso fuori dal sistema dei prezzi, invisibili nei mercati e nella contabilità nazionale, e quindi sottovalutati. È da questa invisibilità che nasce l’urgenza di un nuovo linguaggio contabile.

Per rendere misurabile il contributo della natura allo sviluppo, sono nate nuove metriche coerenti con il paradigma del valore ecologico.

A livello macro, il System of Environmental Economic Accounting - Ecosystem Accounting adottato dall’ONU nel 2021 è la metrica per rendicontare gli avanzamenti negli SDGs (Sustainable Development Goasls, ndr) e integra i servizi ecosistemici nei conti economici ufficiali, restituendo alla natura un ruolo esplicito nei processi di decisione politica.

A livello micro, la crescente diffusione dei criteri ESG fornisce agli investitori e alle imprese strumenti per valutare la sostenibilità economica e finanziaria nel lungo termine, tenendo conto anche della dipendenza e dell’impatto sul capitale naturale.

In entrambi i casi, la complessità e l’interdipendenza tra gli SDGs, in un caso, e la relazione dinamica tra economia e ambiente, nell’altro, richiedono forme di governance orientate agli obiettivi e non solo ai processi. In questo cambio di prospettiva, l’impresa innovativa è parte di un’attività collettiva che avviene attraverso una rete di attori e i loro collegamenti e relazioni, e dove la cooperazione tra soggetti e natura produce valore non solo economico ma anche collettivo.

L’applicazione di nuove metriche ha favorito la diffusione di nuova consapevolezza: le imprese sostenibili gestiscono meglio i rischi, attraggono più investimenti e si adattano più facilmente alle trasformazioni in corso.

Dall’iniziativa del Global Compact alle recenti normative sulla finanza sostenibile, la sostenibilità emerge come leva di competitività piuttosto che un vincolo.

Le crisi ambientali, come i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, si stanno confermando come potenziali fattori di instabilità finanziaria sistemica, con ripercussioni concrete sull’economia reale.

Secondo il Joint Research Center della Commissione Europea, circa l’11% dei portafogli europei è esposto a rischi climatici. Le imprese colpite da alluvioni hanno un 30% in più di probabilità di default nei due anni successivi all’evento, e le banche alzano i tassi nelle aree a rischio; un altro studio mostra che quando le imprese affrontano rischi significativi dovuti alla perdita di biodiversità, la loro affidabilità creditizia può risultare compromessa con ripercussioni significative sul costo del credito.

Se parte del PIL è generata indirettamente dal funzionamento della natura, allora l’economia deve evolversi. Si diffondono così modelli come l’Economia Verde, l’Economia Circolare, quella Funzionale e la Perfoming Economy , che condividono l’obiettivo di valorizzare l’uso rigenerativo delle risorse e decarbonizzare la crescita.

Tuttavia, nonostante l’alto rendimento socio-ambientale, investire nel capitale naturale è una leva sottovalutata e rimane ancora marginale. Il deprezzamento dei macchinari è contabilizzato, quello del suolo o delle acque no. I prezzi di mercato non riflettono il costo della degradazione ecologica. Servono strumenti adeguati: Pagamenti per i Servizi Ecosistemici, branding territoriale, mercati volontari, finanza blended , strumenti informativi che allineino valore, informazione e comportamento.

Per un cambiamento reale, occorre superare la frammentazione delle metriche, delle politiche e delle responsabilità: servono istituzioni capaci di integrare la natura nella governance economica e finanziaria, di trasformare i dati in conoscenza e la conoscenza in decisioni.

Le imprese possono essere agenti di trasformazione: incorporando il capitale naturale nei modelli di business, possono anticipare i rischi, generare impatti positivi e costruire vantaggi competitivi duraturi. Ma per farlo, devono superare la logica estrattiva del breve termine e assumere un ruolo attivo nella rigenerazione dei territori, delle risorse e delle relazioni.●

Barbara Cavalletti è professoressa associata presso il Dipartimento di Economica dell’Università di Genova

CONFINDUSTRI A IMPERIA

Sono stati ufficialmente inaugurati nella mattinata di giovedì 29 maggio, presso la nuova sala immersiva “Realtà Virtuale e Aumentata” all’interno del Polo Digitale Imperiaware di Imperia, sei innovativi laboratori tecnologici all’avanguardia. L’iniziativa, promossa e sviluppata dall’ITS Accademia Ligure Agroalimentare di Imperia, rappresenta un importante traguardo per la formazione tecnica superiore in Liguria, con una particolare attenzione al settore agroalimentare, oggi sempre più connesso alle nuove tecnologie digitali.

L’ITS Accademia Ligure Agroalimentare - unico Istituto Tecnologico Superiore nel settore agroalimentare della Regione Liguria - si conferma una realtà di eccellenza nella formazione post-diploma, in grado di creare un ponte concreto tra l’istruzione tecnica e il mondo del lavoro, grazie a percorsi professionalizzanti pensati in stretta sinergia con le imprese locali e nazionali. Il progetto, reso possibile grazie a un finanziamento di 1,6 milioni di euro provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), mira a integrare pienamente le tecnologie più avanzate nella preparazione dei futuri tecnici, quadri e dirigenti del comparto agroalimentare.

Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti numerose autorità regionali e locali, tra cui l’assessore regionale alla Programmazione del Fondo Sociale Europeo Marco Scajola, il vicepresidente della Regione Liguria Alessandro Piana, l’assessore comunale di Imperia Mattia Sasso, il presidente dell’ITS Enrico Zelioli, il direttore dell’ITS Luca Ronco, il direttore di Confindustria Imperia Paolo Della Pietra e il presidente nazionale del Collegio dei Periti Agrari Mario Braga. Tutti gli intervenuti hanno sottolineato l’importanza strategica dell’iniziativa per lo sviluppo del territorio e per la crescita sostenibile del settore agroalimentare ligure. «Questo innovativo spazio, progettato per rispondere alle esigenze del territorio - ha dichiarato il presidente dell’ITS Enrico Zelioli - rappresenta un importante traguardo nel nostro percorso di sviluppo tecnologico e formativo. I nuovi laboratori sono dotati delle più moderne attrezzature e offriranno ai nostri studenti esperienze pratiche altamente qualificate, in settori chiave come il marketing, la gestione dei dati e l’automazione dei processi. Il legame con le imprese del territorio, in particolare delle province di Imperia e Savona, è un elemento fondamentale per formare professionisti pronti ad affrontare le sfide del futuro».

Genova Impresa - Maggio / Giugno 2025
di Gilberto Manfrin

A illustrare nel dettaglio il funzionamento dei nuovi spazi è stato il direttore dell’ITS, Luca Ronco: «Questo progetto rappresenta un passo decisivo verso una formazione tecnica realmente integrata con il mondo produttivo. La competenza tecnologica, cuore pulsante di questi laboratori, è la chiave per rendere il settore agroalimentare sempre più competitivo e sostenibile. Vogliamo che i nostri studenti non solo acquisiscano conoscenze teoriche, ma sviluppino competenze concrete, spendibili fin da subito nel mercato del lavoro».

I sei nuovi laboratori tecnologici inaugurati si distinguono per varietà, innovazione e specializzazione.

Eccoli nel dettaglio:

- Microbirrificio professionale (sede Istituto G. Ruffini, via Gibelli 4, Imperia): uno spazio didattico dedicato alla filiera brassicola, dotato di impianti automatizzati con una capacità produttiva di 1.500 litri per ogni cotta. Gli studenti possono seguire l’intero ciclo produttivo, dalla fermentazione all’imbottigliamento, in un ambiente conforme alle normative igienico-sanitarie.

Laboratorio di microbiologia e serre didattiche (sede ITS, via Terre Bianche 2, Imperia): pensato per lo studio dei cicli biologici e per l’analisi delle acque, comprese quelle reflue, questo laboratorio include anche serre in microcosmo, che permettono la simulazione controllata di ambienti di crescita vegetale, attraverso il monitoraggio di umidità, luce e temperatura.

Spazio per la sperimentazione sul campo (Oliveto Sperimentale di Imperia): un’area attrezzata con droni professionali (fino a 25 kg) e sistemi robotici per l’agricoltura di precisione. Qui gli studenti possono cimentarsi nell’uso pratico delle tecnologie per il monitoraggio ambientale, la mappatura dei terreni e l’ottimizzazione delle colture.

- Area ICT 4.0 (sede ITS, via Terre Bianche 2, Imperia): due aule informatizzate dotate di postazioni individuali e strumenti per l’insegnamento delle tecnologie digitali, in particolare per l’utilizzo dei software ERP e per la gestione informatizzata delle filiere produttive, logistiche e commerciali.

- Cucina tecnologica 4.0 (sede E.L.Fo. - Ente Ligure di Formazione, regione Carrà, Albenga): un laboratorio avanzato per la trasformazione alimentare, il packaging e la sperimentazione culinaria in chiave tecnologica e sostenibile. Le attrezzature di ultima generazione permettono agli studenti di confrontarsi con le tecniche più moderne di preparazione e conservazione dei prodotti agroalimentari.

- Aula immersiva con realtà aumentata e virtuale (sede Imperiaware, via Delbecchi 22, Imperia): uno spazio innovativo dotato di visori 3D, proiettori a 360º e stampanti 3D, pensato per la simulazione, il controllo da remoto e la progettazione di campagne di marketing digitale nel comparto agroalimentare. Un ambiente che consente agli studenti di sperimentare strumenti all’avanguardia in scenari reali simulati.

Attraverso questa iniziativa, l’ITS di Imperia dimostra come la formazione tecnica possa essere un potente strumento di innovazione, capace di attrarre giovani talenti e offrire loro opportunità reali di inserimento nel tessuto produttivo regionale e nazionale.●

Quanto è profondo il mare

Il Polo Nazionale della Dimensione Subacquea alla Spezia: un’opportunità strategica per imprese, università e ricerca.

Nel dicembre 2023 è stato istituito alla Spezia il Polo Nazionale della dimensione Subacquea (PNS), un’infrastruttura strategica al servizio del Paese, nata con l’obiettivo di valorizzare e rafforzare le competenze italiane nel campo della subacquea.

In un’ottica di piena collaborazione e sinergia nella diffusione della conoscenza e delle finalità del PNS, Confindustria La Spezia ha organizzato lo scorso 4 giugno un evento tecnico. Grazie all’intervento dell’Ammiraglio Ispettore Cristiano Nervi, Direttore della Struttura Operativa del PNS e del Centro di Supporto e Sperimentazione Navale (CSSN) della Marina Militare Italiana, è stato possibile approfondire ruolo, funzioni e obiettivi del Polo, nonché illustrare i nuovi bandi di ricerca e sviluppo recentemente pubblicati, aprendo alle imprese opportunità concrete di partecipazione a progetti di innovazione ad alto contenuto tecnologico. Il PNS nasce per facilitare la collaborazione tra strutture pubbliche e private, civili e militari, promuovendo la ricerca tecnico-scientifica, l’innovazione industriale e la competitività nel dominio subacqueo. Il tutto salvaguardando la proprietà intellettuale generata da tali attività.

La scelta della Spezia come sede non è casuale: il territorio

spezzino rappresenta da tempo un ecosistema virtuoso, in cui convivono realtà industriali, centri di ricerca, università, centri di formazione e infrastrutture dedicate alla dimensione marittima e subacquea. Una vocazione naturale che si traduce in una concreta capacità di generare valore. Due gli obiettivi cardine del PNS: la sovranità tecnologica e la competitività della nostra industria nella dimensione subacquea. La capacità di operare compiutamente negli abissi marini è mirata alla salvaguardia delle infrastrutture strategiche subacquee (gasdotti e dorsali di cavi per il trasposto di dati ed energia) e al conseguente accesso a risorse energetiche e minerarie al momento inaccessibili. Se con il primo batch di bandi si è voluto far emergere le realtà nazionali operanti nella dimensione subacquea e il secondo ha avuto come scopo quello di internalizzare prodotti e soluzioni tecnologiche già disponibili sul mercato estero, il batch 3 vuole espandere l’ecosistema di realtà nazionali attive nell’underwater, andando a coinvolgere e aggregare anche quelle, sempre italiane, non ancora operanti in tale settore.

I 18 progetti avviati dal PNS in un anno e mezzo hanno contribuito alla realizzazione di due assetti fondamentali,

chiave d’accesso all’ambiente sottomarino: un sistema di controllo e sorveglianza subacqueo e un veicolo autonomo multi-missione.

Alle prime 8 call hanno partecipato oltre cento realtà industriali e accademiche e, a partire dal 2026, saranno disponibili i primi prototipi sviluppati dalle società aggiudicatrici, tra cui si annovera la presenza di PMI e università.

Tre dei progetti a bando, per un importo medio di 10 milioni di euro ciascuno (è previsto il co-finanziamento al 50%), riguardano lo sviluppo di effettori in grado di proteggere le infrastrutture subacquee, di un sonar ad apertura sintetica e di un sistema di propulsione innovativo per veicoli autonomi subacquei.

Due progetti, per un importo rispettivamente di 5 e 6 milioni di euro ciascuno (anch’essi co-finanziati al 50%), riguardano lo sviluppo di materiali idonei a operare in ambienti subacquei estremi e di un Lidar (strumento di imaging ottico attivo basato su tecnologia LASER) in grado di migliorare la qualità dell’immagine a distanze superiori rispetto ai sonar. I restanti progetti (due da 1 milione di euro, uno da 2 milioni di euro e l’altro da 4 milioni di euro, tutti co-finanziati al 50%) sono aperti all’iniziativa dei proponenti. L’obiettivo è raccogliere proposte di ricerca innovative, sia a basso livello di maturità tecnologica (TRL-Technology Readiness Level), mirate a esplorare nuovi percorsi o tecnologie ancora in fase iniziale, sia a TRL elevato, volte ad accelerare la validazione in ambiente operativo di dimostratori già consolidati. Per le imprese, in particolare le PMI, queste call rappresentano un’occasione per investire in innovazione, accedere a reti qualificate e avviare collaborazioni con partner scientifici e industriali. Confindustria La Spezia supporta le aziende nel processo di avvicinamento alla candidatura, offrendo orientamento, assistenza tecnica e attività di networking. Il PNS rappresenta anche un volano per università e centri di ricercar. Infatti, uno degli elementi distintivi del Polo è la sua apertura verso il mondo accademico e scientifico. Le università e gli enti di ricerca pubblici e privati possono partecipare ai bandi come partner o capofila, contribuendo con competenze avanzate e strutture di laboratorio a progetti congiunti.

In sostanza, il PNS promuove una vera e propria integrazione tra formazione, ricerca applicata e industria, stimolando la nascita di dottorati industriali, stage, percorsi di alta formazione e tesi di laurea su temi ad alta specializzazione. Un’occasione per formare nuove competenze e rafforzare il trasferimento tecnologico tra ricerca e impresa. Con il suo baricentro operativo alla Spezia, il PNS coinvolge attivamente l’intera Liguria, dove operano poli universitari e centri di ricerca di eccellenza nel campo dell’ingegneria navale, della robotica, dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie marine, ma la sua visione è nazionale.

In questo contesto, Confindustria La Spezia lavora in stretta sinergia con il sistema confindustriale ligure e nazionale per favorire la massima partecipazione delle imprese del territorio, valorizzando le competenze già esistenti e promuovendo nuove filiere tecnologiche.

Le tecnologie sviluppate grazie al PNS avranno applicazioni in settori cruciali per il futuro del Paese, quali: la protezione delle infrastrutture critiche sottomarine, l’esplorazione sostenibile delle risorse marine, i sistemi di comunicazione

e navigazione avanzati, il monitoraggio ambientale e la gestione delle emergenze.

Investire nella dimensione subacquea significa contribuire a un’Italia più autonoma, resiliente e competitiva. Significa anche creare occupazione qualificata, attrarre capitali e sviluppare soluzioni per le grandi sfide ambientali e di sicurezza del nostro tempo.

Come associazione di rappresentanza industriale del territorio sede del PNS, Confindustria La Spezia si impegna a informare, orientare e accompagnare imprese e centri di ricerca nell’accesso alle opportunità del PNS. Un impegno che si traduce in attività di informazione - come l’evento dello scorso 4 giugno - e di supporto ai partenariati progettuali e promozione delle competenze territoriali.

Il Polo Nazionale della dimensione Subacquea: è un catalizzatore di innovazione, un motore di sviluppo tecnologico, un punto di incontro tra mondo produttivo e ricerca. È anche una straordinaria occasione per posizionare La Spezia, la Liguria e l’Italia come protagonisti nello scenario globale della subacquea. Per cogliere appieno questa opportunità, è necessario un impegno collettivo. Confindustria La Spezia è pronta a fare la propria parte, insieme alle imprese, alle università e ai centri di ricerca. Il futuro passa anche da qui: sotto la superficie del mare, ma ben visibile nella traiettoria dell’innovazione.●

Per maggiori informazioni sui bandi e sulle modalità di partecipazione, è possibile consultare il sito ufficiale del Polo Nazionale della dimensione Subacquea: www.pnsitalia.com

di Gilberto Volpara

Unione Industriali

della Provincia di Savona

A scuola

come in azienda

Il nuovo laboratorio professionale CNC-CAD/CAM allestito

grazie alla collaborazione tra Unione Industriali della Provincia di Savona, Banco Azzoaglio e Fondazione De Mari.

Accanto al laboratorio di torneria con macchine tradizionali, l’Istituto d’Istruzione Superiore Federico Patetta di Cairo Montenotte, da oggi, dispone di un nuovo laboratorio CNC-CAD/CAM che consente d’utilizzare il computer per comandare le operazioni di una macchina utensile, nello specifico un tornio a controllo numerico. Gli studenti saranno in grado di progettare al computer lavorazioni meccaniche di forme complesse, che potranno essere realizzate con estrema precisione e accuratezza. Il nuovo laboratorio, che dispone di venti postazioni di lavoro, sarà utilizzato sia dagli studenti dei percorsi professionale MAT (Manutenzione e Assistenza Tecnica, ndr) che da quelli del percorso tecnico Meccanico-meccatronico. L’importo complessivo per l’allestimento del nuovo laboratorio CNC-CAD/CAM è di 135 mila euro, di cui 97 ottenuti grazie al contributo di Unione Industriali della Provincia di Savona, Banco Azzoaglio e Fondazione De Mari.

Un progetto ambizioso rimasto a lungo accantonato e, ora, realizzato attraverso una collaborazione tra più realtà del territorio per un apprendimento innovativo che garantisce un’opportunità unica a favore degli studenti in grado di poter sviluppare le competenze necessarie all’inserimento nel mondo del lavoro.

La soddisfazione di Monica Buscaglia, dirigente scolastica dell’Istituto Patetta: «Importante sottolineare che non si tratta di un allestimento di tipo didattico, in quanto le macchine e il software acquisiti sono di tipo professionale e, quindi, permettono la realizzazione di esercitazioni che riproducono quanto avviene in azienda. Siamo particolarmente orgogliosi di questo risultato, che testimonia l’ottima collaborazione e il mutuo riconoscimento tra Istituto Patetta e le realtà produttive del territorio».

Parole che trovano la conferma di Caterina Sambin, presidente dell’Unione Industriali della Provincia di Savona:

«Raggiungere questo obiettivo era tra le priorità del nostro mandato. Essere giunti a questo momento rappresenta un grande orgoglio per quello spirito percorso dall’Unione, ormai da decenni, attraverso progetti didattici che traguardano alla competitività del mondo scolastico savonese in riferimento alle necessità del settore industriale. Sono davvero fiera dell’inaugurazione, perché ho dedicato all’iter tanto tempo fin dal precedente mandato della nostra Associazione. Ho seguito il sogno di un’intera comunità dalla gestazione fino alla maggiore età. Un percorso costellato da molteplici tappe e non poche difficoltà, in cui la determinazione della scuola e la disponibilità dei soggetti coinvolti sono stati ingredienti vitali per centrare qualcosa di non comune al servizio della collettività e nel rispetto dei tempi prefissati».

Il plauso è anche quello di Luciano Pasquale, presidente di Fondazione De Mari: «Un investimento che rientra nella nostra filosofia volta all’innalzamento qualitativo del patrimonio sociale del territorio. Quanto avvenuto in quel laboratorio segna un salto di qualità importante nel solco di quelle capacità tecniche fondamentali, affinché il Savonese mantenga il ruolo di bacino competitivo nella modo professionale ed economico».

La sintesi di Erica e Simone Azzoaglio, rispettivamente Presidente del Consiglio d’Amministrazione e Presidente del Comitato Esecutivo del Banco Azzoaglio: «Siamo felici d’aver sostenuto, insieme all’Unione Industriali della Provincia di Savona e alla Fondazione De Mari, questa importante iniziativa volta a sviluppare un progetto di crescita per i ragazzi dell’Istituto Patetta di Cairo Montenotte. L’introduzione del laboratorio CAD/CAM rappresenta un impegno verso la preparazione dei giovani alle sfide professionali del futuro».●

sul nucleare Facciamo il punto

Lo stato della tecnologia e le opportunità per le imprese della filiera.

Lo scorso 12 maggio , la Piccola Industria di Confindustria Genova ha organizzato un incontro dedicato ad approfondire lo stato della tecnologia e le prospettive di produzione di energia da fonte nucleare in Italia, oltre che le opportunità che la ripresa del settore offrirà alle imprese della filiera.

All’incontro, moderato da Giuseppe Zampini, già CEO e Presidente di Ansaldo Energia e Past President di Confindustria Genova, sono intervenuti Daniela Gentile, CEO Ansaldo Nucleare, e Guglielmo Lomonaco, Professore associato, docente del corso di Impianti nucleari avanzati presso il Dipartimento di ingegneria meccanica, energetica, gestionale e dei trasporti (DIME) dell’Università di Genova.

Qui di seguito, proponiamo una sintesi delle presentazioni dell’ing. Gentile e del prof. Lomonaco.

Daniela Gentile

CEO Ansaldo Nucleare

Nel contesto della transizione energetica e della crescente domanda di elettricità prevista entro il 2050, il nucleare torna al centro del dibattito europeo come soluzione strategica per garantire sicurezza energetica, decarbonizzazione e competitività industriale, all’interno di un portafoglio bilanciato di energie rinnovabili.

Secondo le proiezioni europee, la domanda di elettricità aumenterà drasticamente nei prossimi decenni, spinta dall’elettrificazione dei consumi finali e dalla crescente potenza computazionale richiesta da tecnologie come l’intelligenza artificiale, i data center e il calcolo quantistico.

Un esempio dell’impatto in termini di consumi energetici del comparto digitale è il consumo del Supercomputer “Leonardo” di Bologna, pari al consumo elettrico dell’intera città di Modena.

In questo contesto, il nucleare rappresenta una fonte di energia elettrica stabile, a basse emissioni, capace di sostenere la transizione energetica.

Inoltre, l’energia prodotta da fonte nucleare è quella con il minor contenuto di materie

critiche non disponibili in Europa. Il 97% delle materie prime necessarie per il nucleare presenta un supply risk di bassa entità pertanto l’energia nucleare si può definire a minore dipendenza da fattori geopolitici. Tre sono gli scenari delineati da Nuclear Europe, l’associazione europea degli operatori del settore nucleare, per il 2050: uno “business as usual” con il mantenimento di 100 GW di capacità nucleare, pari a quella attualmente installata, uno intermedio da 150 GW (coerente con gli obiettivi Net Zero) e uno più ambizioso da 200 GW. Considerando lo scenario intermedio, sarà quindi necessaria un’attività di estensione vita utile degli impianti che nei prossimi 15 anni arriveranno al termine della loro vita utile, la sostituzione di quella parte che andranno in chiusura e una componente significativa pari a circa 50 GW di nuovi impianti nucleari modulari di piccola taglia (Small Modular Reactor).

Il modello di Business degli SMR offre vantaggi significativi potendo contare sulla produzione di serie di componenti e su modello di realizzazione dell’impianto “a moduli”, che consentono tempi ridotti, maggiore sicurezza e flessibilità di utilizzo essendo concepiti per potere erogare energia termica per usi industriali o energia elettrica in funzione delle necessità. Inoltre, essendo di dimensioni inferiori ai grandi impianti, possono essere installati su siti dismessi. A livello globale, si prevede che la domanda di SMR potrà arrivare a 375 GW nel 2050.

L’Italia, pur non avendo attualmente centrali nucleari operative, può giocare un ruolo da protagonista grazie a una filiera industriale altamente specializzata.

Il nostro Paese ha mantenuto competenze in tutti i segmenti della supply chain per impianti nucleari, dalla progettazione alla produzione di componenti e sistemi alla gestione dei rifiuti. Nel 2022, il settore nucleare ha generato un fatturato di 457 milioni di euro, con 2.800 occupati su circa 70 aziende.

Secondo le stime dello studio condotto da Edison, Ansaldo Nucleare con THEA, lo sviluppo del nuovo nucleare considerando la potenza installata prevista dal PNIEC (11%20%) potrebbe generare un impatto economico superiore a 50 miliardi di euro entro il 2050, pari al 2,5% del PIL, considerando anche la partecipazione alla realizzazione di impianti in Europa. Significativo sottolineare che il moltiplicatore del valore aggiunto generato è 3,4.

Per cogliere queste opportunità, è però necessario agire subito. Sono necessari

investimenti nel settore industriale affinché possa incrementare la capacità di produzione necessaria per innescare il ciclo virtuoso dell’economia di serie, investimenti in formazione delle competenze necessarie a livello universitario e istituti tecnici.

È inoltre fondamentale sviluppare un quadro normativo chiaro, promuovere azioni di divulgazione delle informazioni in maniera chiara e trasparente affinché i cittadini possano prendere coscienza dei vantaggi in maniera consapevole e realizzare infrastrutture necessarie quali il Deposito Unico Nazionale per i rifiuti radioattivi.

Di grande importanza sarà la definizione di un processo di “licencing”, ovvero autorizzazione alla realizzazione degli impianti, che potendo contare sulla replica di impianti uguali, sia più snello e contribuisca la riduzione dei tempi di realizzazione.

Un mix energetico bilanciato composto da Rinnovabili tradizionali (eolico, fotovoltaico, geotermico, idroelettrico) e nucleare rappresenta una leva strategica per il futuro energetico e industriale dell’Italia abilitando la produzione di un’energia decarbonizzata a un costo più competitivo e contemporaneamente incrementando lo sviluppo dei settori industriali necessari per la realizzazione degli impianti.

Guglielmo Lomonaco

Professore associato di Impianti Nucleari presso l’Università di Genova

L’energia nucleare rappresenta una delle fonti alternative più promettenti per affrontare le sfide energetiche del futuro. Essa si basa su due processi fondamentali: la fissione e la fusione nucleare. Entrambi i meccanismi permettono di ottenere grandi quantità di energia a partire da piccole masse di materia, secondo il principio espresso dalla celebre equazione di Einstein: E = mc².

Ma mentre sul primo meccanismo si basa una fonte energetica già da decenni industrialmente disponibile, il secondo è alla base di un potenziale promettente sviluppo che, purtroppo, molto difficilmente potrà dare un qualche contributo significativo alla produzione energetica nella prima metà di questo secolo.

Di fronte al vivace dibattito sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica, ci si chiede quindi se abbia ancora senso considerarla una risorsa strategica per il futuro, oppure se si tratti ormai di una tecnologia destinata a rimanere nel passato o confinata in un futuro più o meno indefinito.

C’è chi ritiene che le fonti rinnovabili, da sole, possano soddisfare la domanda energetica globale e risolvere le principali criticità ambientali ed energetiche. Tuttavia, se da un lato è evidente che i combustibili fossili non potranno rappresentare una soluzione sostenibile nel lungo periodo,

dall’altro è altrettanto chiaro che le rinnovabili, almeno allo stato attuale, non sono sufficienti a coprire da sole il fabbisogno energetico mondiale (a meno di accettare di moltiplicare i costi e diminuire la sicurezza energetica, cercando di ovviare alla loro aleatorietà con complessi e onerosi sistemi di accumulo e di gestione delle reti).

Prima di immaginare scenari futuri, è fondamentale partire da un’analisi realistica del presente. Il fabbisogno energetico globale è in costante crescita, spinto anche dalle legittime aspirazioni di sviluppo e benessere di ampie aree del pianeta, come Cina, India e Africa. La figura seguente sintetizza il contributo che già oggi l’energia (da fissione) nucleare è in grado di fornire.

Le proiezioni energetiche future devono tenere conto di due fattori chiave: la crescita della popolazione mondiale e l’aumento della domanda di energia, sia in termini quantitativi che qualitativi, legato all’elettrificazione e al miglioramento delle condizioni di vita.

Di fronte a queste sfide, le fonti energetiche disponibili oggi e in futuro devono essere valutate rispetto a tre criteri fondamentali: disponibilità, sostenibilità economica e impatto ambientale e sociale. Tuttavia, questi aspetti sono strettamente interconnessi e non possono essere affrontati separatamente.

Gli impianti nucleari per la produzione di elettricità sono stati sviluppati a partire dai primi anni ’50 del secolo scorso. Tale sviluppo è generalmente distinto in fasi o “generazioni”: Generazione I, prototipi sperimentali; Generazione II, reattori attualmente in funzione (principalmente PWR e BWR); Generazione III/III+, reattori avanzati con maggiore sicurezza ed efficienza (es. EPR, AP1000, ABWR); Generazione IV, sistemi futuri in fase di sviluppo, con obiettivi di sostenibilità, sicurezza intrinseca, economicità e resistenza alla proliferazione.

Tra i progetti della Generation-IV si annoverano sei filiere principali, tra cui i reattori veloci al sodio, al piombo e i reattori a sali fusi e a gas.

Gli impianti che con ogni probabilità verranno sviluppati a partire dagli anni ’30 di questo secolo saranno perlopiù riconducibili all’una o all’altra delle filiere oggetto della Generation-IV Initiative.

Negli ultimi anni si è assistito a un crescente interesse verso gli Small Modular Reactors (SMR), i Micro Modular Reactors (MMR) e gli Advanced Modular Reactors (AMR). Questi sistemi offrono vantaggi in termini di flessibilità, sicurezza e costi, e sono già in fase di implementazione in diversi Paesi.

L’energia nucleare non si limita alla produzione di elettricità. Può infatti essere impiegata anche per: produzione di idrogeno tramite elettrolisi, steam reforming o processi termochimici; desalinizzazione dell’acqua; produzione di calore industriale; propulsione navale.

In particolare l’idrogeno è un vettore energetico quindi, proprio come l’elettricità, deve essere prodotto con processi chimici e fisici che richiedono uso di energia.

Rispetto all’elettricità, però offre una più alta efficienza di stoccaggio. Inoltre come combustibile offre molteplici possibilità di impiego (sia in campo stazionario che mobile). Il suo uso su larga scala potrebbe consentire di agire in maniera complementare all’elettrificazione dei trasporti per

decarbonizzare questo settore che contribuisce per circa un terzo dei consumi energetici mondiali. Ovviamente questo ha senso purché la sua produzione avvenga in maniera sostenibile (es. senza consumare risorse fossili e senza emettere gas inquinanti e/o climalteranti), come ad esempio sfruttando il processo termochimico I-S associato a un HTR. Infatti va ricordato che, se sfruttata anche per la produzione dell’idrogeno, l’energia nucleare potrebbe considerevolmente contribuire a soppiantare i combustibili fossili nei trasporti.

Infine va ricordato che l’adozione degli AMR, grazie alle loro favorevoli caratteristiche, potrebbe consentire anche l’implementazione di un approccio cogenerativo (es. calore di processo o produzione di idrogeno + elettricità + desalinizzazione o teleriscaldamento) che ottimizzi lo sfruttamento dell’energia prodotta. Nonostante le difficoltà legate a eventi come l’incidente di Fukushima, l’energia nucleare continua a essere sviluppata in molti Paesi. L’innovazione tecnologica sarà cruciale per garantire un nucleare più sicuro, sostenibile e competitivo.

Tuttavia, sarà fondamentale anche investire nella formazione di nuove competenze nei settori chiave dell’ingegneria nucleare.

Quindi l’energia nucleare è un’opportunità o un rischio? Il dilemma non esiste, perché certamente c’è l’opportunità e ad essa, come in ogni azione umana, è connesso un certo rischio: per decidere è necessaria una valutazione costibenefici. Il nucleare è “pronto”, le tecnologie per farlo in sicurezza esistono e stiamo vivendo un periodo di rinascita. In definitiva quindi non si tratta di essere a priori “pro” o “contro” il nucleare: si tratta di riconoscere che l’energia nucleare ha un ruolo che può svolgere proprio adesso nel modo più efficace per rendere realmente sostenibile lo sviluppo della nostra società.

L’energia è una sfida centrale per le società moderne. Contribuire allo sviluppo di un nucleare responsabile non è solo un obiettivo scientifico, ma anche un impegno sociale e culturale. Anche se l’energia nucleare non può costituire (da sola) la soluzione al “rebus” energetico, non esiste oggi soluzione al problema senza il contributo del nucleare.●

i vo ! so versivo! Chi comunica

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Progresso e consapevolezza.

Nel 2019 il Governo nipponico introduce il concetto di Società 5.0, superando la nozione di innovazione tedesca, e lo fa nell’ambito del 5º programma base “Scienza e Tecnologia per una Società Futura”. Il Giappone aspira a creare una società basata sulla centralità dell’Uomo che cerca di bilanciare il progresso economico con la risoluzione dei problemi sociali tramite un sistema elaborato per integrare senza soluzione di continuità il cyberspazio con lo spazio fisico. Il concetto giapponese di sviluppo di una Società 5.0 promuove, quindi, l’idea di una Società Smart dove l’Information Technology e l’Intelligenza Artificiale andranno a delineare il profilo di una nuova società super-intelligente. Il progresso tecnologico insegna che non esiste una sola intelligenza. Anche nell’Essere umano, però, ne esistono di molti tipi. Quella cerebrale, ad esempio, include le capacità di calcolo, di immagazzinamento, catalogazione ed elaborazione delle informazioni. Per questo tipo di intelligenza, quella artificiale è uno strumento in grado di supportare il lavoro umano in maniera impareggiabile. Tuttavia, e ci si perdonino i toni poetici, non si sente quasi mai parlare dell’intelligenza del cuore, specie fra chi ha fatto della comunicazione la propria professione e, ancor di più, fra i comunicatori italiani.

La disponibilità di uno strumento che velocizzi il nostro lavoro creativo è senza dubbio allettante. Ma non sembra anche a voi che, ultimamente, tutto si sia omologato, appiattito come se a concepire praticamente ogni cosa sia una mano sola?

Che fine hanno fatto il coraggio, quel gusto per l’azzardo, quella genialità tipica e caratterizzante dell’animo italico? Dove è finita quella capacità di incantare il mondo, di risvegliare il potenziale umano ed elevare la coscienza collettiva per dar forma a nuove civiltà? Presi, come siamo, da scadenze e sfide quasi strettamente economiche, abbiamo perso di vista la nostra primaria responsabilità: comunicare, creare, essere il punto di incontro tra ciò che il mondo necessita e ciò che l’essere umano, attraverso il proprio lavoro, può esprimere nella sua forma più alta. A questo punto, una domanda chiave alla quale la costruzione di una Società 5.0 è chiamata a rispondere è: per cosa l’Uomo deve utilizzare queste tecnologie?

Ma ancor di più, per quanto ci riguarda, come pensiamo il nostro ruolo nella comunicazione odierna e in quella di domani? Forse non tutti ci rendiamo conto della grande responsabilità che ciascuno di noi ha ogni volta che crea nuovi contenuti. Siamo in un momento di transizione, è vero, ma non si tratta solo di transizione tecnologica né economica: stiamo attraversando un periodo di crisi culturale e “crisi”, come ormai sanno anche le formiche, è sinonimo di opportunità.

Abbiamo la responsabilità di riportare l’attenzione su valori quali verità, giustizia, dignità, bellezza e amore affinché la comunicazione non sia percepita né vissuta come esercizio da imbonitori o, peggio, quale mera manipolazione.

La competizione cui siamo ormai assuefatti è, di fatto, espressione di mediocrità in ambienti in cui la mediocrazia (intesa quale governo dei mediocri) impera. L’innovazione, sovente, riguarda unicamente la tecnologia, omologando e appiattendo tutto ciò che tocca, senza curarsi dell’Uomo. Oggi, più che mai, è necessario lavorare alla costruzione di un sistema sociale che metta al centro il bene comune, la cultura, il pensiero critico prima ancora della libertà di pensiero. Il profitto, così come l’intelligenza artificiale, è un mezzo, non il fine. Una comunicazione umanistica, incentrata sull’Essere umano, sui suoi bisogni reali e sulla verità del messaggio, è forse l’unica risposta alla schiavitù finanziaria, prima che politica, che è sotto i nostri occhi.

La comunicazione etica e consapevole sia la nostra via. Comunichiamo con verità, giustizia, bellezza e amore, valori che, non a caso, Adriano Olivetti riteneva i quattro pilastri spirituali della società umana. Mille e mille case history ci insegnano che, prima delle parole, è necessaria un’azione cosciente e concreta. E noi siamo responsabili delle parole che pronunciamo e che scriviamo.

Se cambiassimo il focus del nostro servizio, forse, cambierebbe tutto, a partire dal senso che assumerebbe il nostro lavoro nel nostro quotidiano. Siamo al servizio o al soldo del cliente? Perché un nuovo potenziale cliente dovrebbe scegliere proprio noi? In che cosa risultiamo differenti dal mare magnum di professionisti della comunicazione? Che peso culturale ha il nostro lavoro? Con il nostro lavoro costruiamo una realtà migliore? La nostra esperienza può essere colta e sintetizzata da un algoritmo?

E poco importa se, con il nostro impegno, supportiamo una PMI, una grande azienda, una parte politica, una testata giornalistica, un’emittente radiotelevisiva, un podcast, un blog... allarghiamo i nostri orizzonti senza perdere di vista la dignità dell’Essere umano, il suo funzionamento meccanico e cosciente ché ogni nostra parola deve poter contribuire alla costruzione di un presente e di un futuro nei quali progresso e consapevolezza si evolvono parallelamente e ogni scelta rappresenta un’opportunità di crescita per tutti. È necessario ripensare il sistema in cui viviamo e lavoriamo alla luce di principi universali di progresso, equilibrio, sostenibilità e umanesimo, per ridefinire il modo in cui pensiamo e agiamo nella società, per rispondere in maniera efficace alle sfide del futuro e garantire un equilibrio tra innovazione, sostenibilità e benessere collettivo. E, per fortuna, qualcuno ci sta già lavorando: pensiamo alla Grateful Foundation e all’economia sferica® di Oscar di Montigny. In alto i cuori! La Trasformazione digitale ci fornisce la magnifica opportunità di dedicarci quasi completamente alla creatività, alla bellezza, al valore essendo, contemporaneamente, ispiratori e attori del cambiamento.

E il cambiamento non può fare a meno di noi.●

Mariarosaria Murmura è comunicatore, formatore, counselor

che cresce sostenibile L’Italia è quella

Per l’ASviS, con la transizione ecologica e digitale il Pil a +1,1% nel 2035 e a +8,4% nel 2050. Le politiche industriali decisive per assicurare un impatto positivo sui settori produttivi.

Un Pil più alto dell’1,1% nel 2035 e dell’8,4% nel 2050, rispetto allo scenario base, con dinamiche positive per l’industria, l’agricoltura e i servizi, disoccupazione più bassa, riduzione del debito pubblico, nonostante l’aumento degli investimenti: sono solo alcuni degli effetti positivi per l’Italia se si decidesse di accelerare la transizione ecologica e digitale. È questo il quadro che emerge dal “Rapporto di Primavera 2025” dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile ETS (ASviS), presentato a Milano all’evento inaugurale del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025, che si è svolto tra il 7 e il 23 maggio con oltre 1.300 eventi organizzati in tutto il territorio nazionale.

Il Rapporto, dal titolo «Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità”, realizzato in collaborazione con Oxford Economics e contenente, per la prima volta, anche dati per i diversi comparti economici, dimostra che nello scenario Net Zero Transformation il sistema produttivo nazionale potrebbe registrare benefici già al 2035, con il Pil che potrebbe essere superiore dell’1,1% rispetto a quello dello scenario di base e il tasso di disoccupazione inferiore di 0,7 punti percentuali. Il trend positivo continuerebbe successivamente e nel 2050 il Pil sarebbe superiore dell’8,4% a quello tendenziale, grazie al rallentamento del riscaldamento globale, all’innovazione e all’aumento dell’efficienza energetica, che contribuirebbero anche a ridurre la spesa per i danni ambientali e ad aumentare le entrate fiscali. In questo modo, nonostante l’aumento degli investimenti pubblici, si registrerebbe anche un miglioramento del rapporto debito pubblico/Pil rispetto allo scenario di base.

«È a questo scenario virtuoso che dobbiamo guardare, rispetto agli altri tre analizzati (Net Zero, Transizione Tardiva, Catastrofe Climatica) - ha sottolineato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS. - Dobbiamo accelerare la transizione, non rallentarla, e sostenerla con investimenti innovativi a tutto campo, perché questo produrrebbe risultati positivi per tutti i settori sia al 2035, sia al 2050, con l’ovvia eccezione dell’estrazione e della produzione di combustibili fossili: rispetto allo scenario di base, il valore aggiunto della manifattura resterebbe invariato nel 2035, ma crescerebbe del 9,3% nel 2050; quello dei servizi aumenterebbe dello 0,5% nel 2035 e del 5,9% nel 2050; quello delle costruzioni del 6,9% e del 18,2%; quello dell’agricoltura resterebbe stabile nel 2035, ma crescerebbe del 7,1% nel 2050; quello delle utilities del 13,9% nel 2035 e del 52,6%

nel 2050 (con la ricomposizione a favore della generazione e distribuzione di energia elettrica da rinnovabili)».

In termini aggregati, il comparto industriale vedrebbe il valore aggiunto aumentare dell’1,7% nel 2035 e del 14,9% nel 2050, un valore maggiore di quello che sperimenterebbe la Germania nello stesso periodo. Anche per i servizi si registrerebbe un risultato complessivamente positivo, visto che essi presentano una bassa intensità energetica, che li rende più protetti dai costi della transizione energetica e dalla debolezza della spesa dei consumatori.

«La sostenibilità è una leva strategica per rafforzare il sistema produttivo e sociale del nostro Paese ed è sbagliato pensare che ci sia contrapposizione tra sostenibilità e competitività - ha commentato Pierluigi Stefanini, presidente dell’ASviS - Come dimostrano le simulazioni condotte con Oxford Economics, l’inazione ha costi crescenti, mentre investire nella sostenibilità conviene, perché aumenta la redditività delle imprese e genera benessere sociale».

Gli studi, già disponibili e citati nel Rapporto, dimostrano che le imprese italiane che investono in sostenibilità aumentano la produttività, la competitività e la solidità finanziaria. Ad esempio, se il 34,5% delle PMI e il 73,8% delle grandi imprese sono già impegnate in attività di tutela ambientale, quelle manifatturiere sostenibili registrano una produttività più alta del 5-8% rispetto alle altre. Quasi il 50% delle imprese italiane ha adottato almeno una pratica di economia circolare con risultati finanziari migliori, maggiori investimenti e minore indebitamento. Il 92% delle imprese familiari e l’89% delle non familiari riconosce che integrare

Enrico Giovannini
Pierluigi Stefanini

ANNO 2025

Nelle prossime settimane sarà pubblicata la ventunesima edizione del Premio per esperienze di partnership sociali tra imprese ed Enti del Terzo Settore (ETS), promosso da Celivo - Centro di Servizio per il volontariato di Genova e Confindustria Genova. Obiettivo? Favorire e valorizzare lo sviluppo di collaborazioni tra imprese e mondo del volontariato/terzo settore, da cui nascono progetti preziosi per il territorio. Presto maggiori dettagli ! n

la sostenibilità nel business porta benefici, a partire dalla reputazione e fiducia nel brand: per questo è tra gli obiettivi prioritari dei prossimi tre anni.

A livello globale, tuttavia, il contesto si complica, come mostrato nel primo capitolo del Rapporto: la crisi del multilateralismo, la disinformazione e il ritorno dei nazionalismi minacciano gli sforzi collettivi per affrontare le grandi sfide comuni, compresa quella climatica e quella sociale. L’Italia e l’Europa sono ad un bivio storico: continuare con interventi timidi o scegliere di guidare la trasformazione con scelte coraggiose e sistemiche. Anche alla luce dell’analisi delle politiche pubbliche condotte nel 2024, dello stato del PNRR e dei contenuti dell’ultima Legge di Bilancio (cui è dedicato il terzo capitolo del Rapporto), l’ASviS ribadisce che per il nostro Paese sarebbe un grave errore rinviare le scelte che vanno fatte oggi: infatti, nello scenario “Transizione Tardiva ”, le conseguenze per l’economia italiana sarebbero decisamente negative (il Pil sarebbe inferiore a quello tendenziale del 2,4% nel 2035), mentre nello scenario “Catastrofe Climatica” nel 2050 esso si ridurrebbe del 23,8%, con una tendenza all’ulteriore peggioramento nella seconda parte del secolo.

L’ASviS evidenzia la necessità e l’urgenza di elaborare un Piano di Accelerazione Trasformativo (PAT), già promesso dall’Italia in sede Onu nel 2023, e i cui contenuti (economici, sociali, ambientali e istituzionali), sono individuati e dettagliati nel quarto capitolo del Rapporto, grazie alla competenza degli oltre mille esperti che operano nei Gruppi di lavoro dell’ASviS in rappresentanza delle oltre 320 organizzazioni che ad essa aderiscono. Del resto, la transizione sostenibile non è solo un’opportunità economica, ma anche un impegno che affonda le sue radici nella Costituzione italiana, soprattutto dopo le modifiche intervenute nel 2022, anche grazie all’attività dell’ASviS. Le oltre 1200 iniziative inserite a oggi nel cartellone del Festival dello Sviluppo Sostenibile sono la testimonianza di una mobilitazione capillare e senza precedenti sui temi dello sviluppo sostenibile.●

La versione integrale del Rapporto “Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità” è consultabile e scaricabile online: https://asvis.it/rapporto-scenari-analisi-di-bilancio

Pioniere e visionario

Giovanni Francia e la Centrale solare di Sant’Ilario.

di Matteo Trotta
Giovanni Francia fotografato tra gli specchi della centrale di S. Ilario, 1970

A pochi metri dal porticciolo di Nervi, immerso tra gli ulivi, si cela un capitolo della storia dell’energia rinnovabile: la Centrale solare di S. Ilario. Questa infrastruttura pionieristica, inaugurata nel 1965, rappresenta non solo un traguardo tecnologico di grande rilievo, ma anche un simbolo di lungimiranza e passione per l’innovazione. Quest’anno, infatti, vengono celebrati i 60 anni di questa storica invenzione, un’occasione per riflettere sull’importanza di un progetto che ha aperto la strada a un futuro più sostenibile e che ha visto tra i suoi protagonisti un uomo di straordinario talento e visione: Giovanni Francia. Giovanni Francia nasce a Torino il 15 luglio 1911, primo di quattro figli. Il padre, Pavido, farmacista con la passione per le invenzioni, nel 1904 brevettò un farmaco per la digestione, denominato Gastrol Francia, senza tuttavia riuscire a commercializzarlo. Trascorre la giovinezza vicino a Torino, a S. Germano Chisone e la morte improvvisa del padre provoca un drastico cambiamento di vita per tutta la famiglia causando gravi difficoltà economiche. Giovanni, contemporaneamente, si ammala di tubercolosi e decide di frequentare la facoltà di matematica, più breve, e non quella di ingegneria, come avrebbe voluto e che prevedeva la frequenza obbligatoria.

Infatti, a causa della malattia, trascorre quattro anni nel sanatorio Giovanni Agnelli, a Sestriere, dove studia da autodidatta. Nel 1937 si laurea in matematica e dal 1940 insegna come assistente ordinario presso l’Università di Genova. Durante il periodo genovese, alloggia in una pensione, nel quartiere di Nervi e, proprio qui, conosce Anna Colli, che sposerà nel 1943. Dal 1955 fino alla morte, registra 21 brevetti, di cui alcuni molto rilevanti anche dal punto di vista

economico, in diversi campi: automobilistico, aeronautico, spaziale, tessile ed elettromeccanico.

La metà di questi riguardano il campo dell’energia solare, che una volta esplorato non abbandonerà più e diventerà ragione di studio e di vita. Il suo metodo di lavoro si fonda su basi empiriche ed è volto a trovare la soluzione più semplice e vantaggiosa anche dal punto di vista economico, sfruttando le possibilità e le persone a disposizione. Francia brevetta un sistema frenante per autoveicoli, in grado di tenere sotto controllo l’aderenza alla strada in qualunque condizione metereologica, molto simile all’attuale ABS. L’invenzione desta l’interesse di varie case automobilistiche, come FIAT e Dunlop, e gli comporterà ingenti entrate economiche, che gli permetteranno, per molti anni, di finanziare le ricerche in ambito solare. Fin dagli albori degli anni Sessanta, comincia ad interessarsi alle potenzialità e al possibile sfruttamento dell’energia solare. Erano gli anni in cui in tutto il mondo si discuteva sulle tematiche legate al costo del petrolio e dell’imminente crisi, con la necessità di sfruttare fonti energetiche naturali.

Tra 1960 e 1961 realizza la prima stazione di prova a Cesana Torinese, sperimentando un apparecchio collettore e nell’agosto dello stesso anno presenta questi primi e importanti risultati, in occasione della Conferenza mondiale sulle nuove fonti energetiche, organizzata a Roma, dall’ONU. Due anni dopo, sperimenta un impianto solare utilizzando il concentratore Fresnel. Il primo concentratore verrà, invece, costruito a Marsiglia nel 1964, grazie a finanziamenti della NATO e del Centro di Ricerca francese.

Nel 1965 a S. Ilario, in provincia di Genova, verrà costruita la centrale che porterà il suo nome, dove la superficie ottica

Giovanni Francia insieme ad alcuni ingegneri nella Centrale Ansaldo al Georgia Techology Institute, 1977

a nido d’ape sarà trasformata in pannelli circolari a specchio, più piccoli e facilmente orientabili attraverso l’utilizzo di un unico cinematismo. S. Ilario, una zona collinare a terrazze, sopra il quartiere di Genova Nervi, sarà la sede di molti esperimenti. Quello del 1965 è infatti il primo di una serie di impianti dove Francia testerà diverse caldaie e pannelli, per aumentare le potenzialità e lo sfruttamento della centrale. La scelta di questo borgo di floricoltori liguri della prima riviera di levante, molto vicino alla sua abitazione, è determinata dalle favorevoli caratteristiche pedoclimatiche e dalla lunga esposizione solare. Infatti, non a caso, accanto alla centrale e tuttora esistente, sorge l’Istituto Agrario Bernardo Marsano.

All’inizio degli anni ‘70, resosi conto delle potenzialità del solare, Francia si dedica a un progetto innovativo. Con i due architetti Karim Armifeiz e Bruna Moresco progetta una Città Solare , che prevedeva una popolazione di 100.000 abitanti e doveva essere ripetibile, indipendente e autonoma dal punto di vista energetico. Il progetto, per l’epoca avanguardistico, destò molto interesse e sarà presentato a Nizza, durante il Congresso internazionale sull’energia solare. Francia sostiene dunque l’urgenza di ricorrere al solare, l’unico capace di non causare inquinamento termico. Negli ultimi anni di studio e di vita, riesce a otte-

nere una certa fama nazionale e internazionale, soprattutto grazie alla nuova coscienza che si stava sviluppando attorno al tema delle energie alternative. Dall’inizio degli anni ‘70, il dibattito in corso diviene motivo d’interesse per le grandi aziende italiane, alcune delle quali scelgono di impiegare risorse nella ricerca scientifica d’avanguardia. L’Ansaldo di Genova contatta Francia come consulente, finanziando parte dei suoi progetti e arrivando ad acquistarne tutti i brevetti, con l’idea di realizzarli su scala industriale. Grazie all’azienda, nel 1977, Francia riesce a vendere il prototipo del suo ultimo progetto di centrale solare al Georgia Technology Institute, negli Stati Uniti, e nel 1979, sperimentando ancora a S. Ilario, progetta una caldaia solare a gas, che utilizza come fluido di lavoro l’aria e non l’acqua. Lo stesso anno l’Ansaldo promuove e finanzia, insieme all’Enel, un progetto innovativo e unico al mondo, di centrale solare collegata alla rete elettrica. L’impianto Eurelios, costruito ad Adrano, in provincia di Catania, sarà progettato in base ai concetti e alle scoperte di Francia; ultimato nel 1981, resterà però in funzione solo 4 anni. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, infatti, l’Ansaldo e tutte le altre realtà industriali attive nel settore energetico avevano deciso di investire la maggior parte delle proprie risorse, sia umane sia finanziarie, nel settore elettrico - nucleare che in quel momento veniva visto come trainante del comparto. Il sessantesimo anniversario dell’inaugurazione della centrale solare di Sant’Ilario rappresenta non solo un importante traguardo storico, ma anche un potente richiamo alla rilevanza attuale e futura delle innovazioni nel campo delle energie rinnovabili. L’opera di Giovanni Francia, pioniere e visionario, ha aperto la strada a un dibattito fondamentale sulla sostenibilità ambientale, dimostrando come la ricerca e l’innovazione possano contribuire concretamente alla tutela del nostro pianeta. Questi studi, ancora oggi estremamente attuali, ci invitano a riflettere sull’importanza di investire in tecnologie pulite e di promuovere una cultura di rispetto e responsabilità ambientale, elementi imprescindibili per affrontare le sfide del domani. L’Istituto agrario Bernardo Marsano di Sant’Ilario, che ha ospitato questa invenzione all’avanguardia, continua a svolgere un ruolo cruciale nel panorama della formazione ambientale e agricola. La storia della centrale solare e di Giovanni Francia si intreccia così con il presente e il futuro di Sant’Ilario, testimonianza di come l’innovazione, la formazione e la passione possano generare un impatto duraturo e positivo sul nostro territorio e sul mondo intero. È un esempio di come il passato possa ispirare le soluzioni di domani, in un percorso di progresso sostenibile che non può più essere rimandato.●

Giovanni Francia con alcuni studiosi francesi nella stazione solare di S. Ilario, 1967
Sito solare Eurelios ad Adrano (CT), 1980
La Stazione solare Giovanni Francia a Genova S. Ilario, 1979

Tra i tanti illustri ospiti dell’edizione 2025 del Festival dello Spazio,anche Amalia Ercoli Finzi, ribattezzata la “signora delle Comete”, che riceverà la cittadinanza onoraria del Comune di Busalla.

A tu per tu

con le stelle

La nona edizione del Festival dello Spazio di Busalla è ormai alle porte. Eccellenza scientifico-divulgativa di rilievo nazionale, è di gran lunga la più importante rassegna nel nostro Paese dedicata all’esplorazione dello Spazio in tutte le sue declinazioni. Il suo programma è vasto e articolato e consta di panel tra i massimi esponenti dell’industria spaziale, conferenze, mostre, laboratori, esperienze sensoriali e spettacoli rivolti anche a un pubblico ampio. Organizzata anche quest’anno dall’Associazione Festival dello Spazio in collaborazione con il Comune di Busalla e capitanata, fin dal 2017, dal primo astronauta italiano, il busallese Franco Malerba, la kermesse avrà luogo fra giovedì 3 e domenica 6 luglio. Per quattro giorni, Villa Borzino - centro nevralgico della manifestazione - diventerà, ancora una volta, il “locus amoenus” prescelto dalla piccola, operosissima comunità degli attori italiani del comparto-spazio per narrare pubblicamente, in modo informale e senza eccessi di tecnicismi, le progettualità e le visioni che la muovono.

Dopo una prima mezza giornata dedicata interamente ai giovani che si stanno affacciando sul vasto perimetro ingegneristico e tecnologico dell’aerospazio, come da tradizione focus della giornata inaugurale del Festival (prevista venerdì 4 luglio) sarà la cosiddetta Space Economy. La locuzione “economia dello Spazio” indica un fenomeno ad ampio spettro, che caratterizza il nostro tempo e quello che ci aspetta dietro l’angolo. L’utilizzo dello Spazio, infatti, soprattutto lo Spazio vicino, sta diventando terreno d’azione tanto dei governi e delle loro agenzie quanto di alcune imprese private. Le attività legate in vario modo all’esplorazione, all’uso e al governo dello Spazio si stanno rivelando ogni giorno di più degli importanti motori di crescita economica, sia tramite la realizzazione di sempre nuovi prodotti e servizi, sia tramite l’innovazione tecnologica in molti settori economici tradizionali. Indicatore certo di questa maturazione del settore è la Legge Spaziale italiana, recentemen-

te varata dal Governo e discussa in Parlamento, che assegna definizioni e regole agli attori privati commerciali delle attività spaziali. Il primo dei focus programmatici della manifestazione di Busalla sarà incentrato proprio su questa importante e sintomatica “novità”. Al Festival debutterà una nuova associazione - “Contesto Spazio” -, un network di esperti di Spazio, di matrice piemontese, che annovera nelle sue fila giuristi, imprenditori e giornalisti, volonterosi osservatori delle opportunità che deriveranno dall’ormai prossima esistenza di una legislazione italiana dedicata allo Spazio. Nel panel sulla Legge spaziale è anche attesa la partecipazione da remoto dell’on. Alberto Gusmeroli, presidente della Commissione Attività Produttive della Camera e relatore della Legge.

Seguirà una sessione “Space Economy 2”, dedicata alla dimensione geopolitica dello Spazio, con Marcello Spagnulo (editorialista di Limes) e Stefano Gualandris, membro del CDA dell’Agenzia Spaziale Italiana.

Dal dibattito pubblico attorno alla rete Starlink anche l’uomo della strada ha scoperto, forse perfino brutalmente, quanto dobbiamo correre per poter rimanere a galla come Europa, nella competizione geostrategica mondiale. Anche i reportage dai terreni di guerra ci raccontano, non senza drammatica evidenza, come la natura duale di molte delle applicazioni spaziali - dall’osservazione alle telecomunicazioni - le abbiano rese fattori indispensabili della sicurezza delle infrastrutture critiche di ogni Paese, per cui i Governi (e quelli europei in particolare) sono chiamati urgentemente a investire...

La terza dimensione dell’Economia dello Spazio ci riporta agli ingredienti fondanti dell’imprenditorialità nello Spazio, in sintonia con un nuovo interesse di Regione Liguria, che ha recentemente aperto un bando per progetti industriali afferenti alla Space Economy. Al Festival verranno messe a confronto e a fattor comune esperienze di creatività, di supporto all’impresa e di capacità gestionale: alla panoramica, nella giornata d’avvio, sulla neonata iniziativa DOPE dei giovani startupper spaziali dell’Università di Genova, farà seguito, il giorno successivo, un dialogo fra il SIIT genovese e l’incubatore di imprese del Politecnico di Torino.

Il tema centrale del programma divulgativo del 5 luglio verterà sull’avventura spaziale più affascinante di questi anni, interpretata dal Programma NASA Artemis del ritorno alla Luna “per abitarvi, per restare”, un programma cui l’Italia ha da tempo aderito. Nei mesi scorsi si sono moltiplicate le notizie che riguardano l’impegno dell’industria italiana in tale ambizioso e non più soltanto “visionario” programma, attraverso la realizzazione del modulo abitativo lunare MPH (Multipurpose Logistic Habitat) voluto da ASI e progettato da Thales Alenia Space Italia (TAS-I) e del modulo di allunaggio Argonaut, definito dall’Agenzia Spaziale Europea e gestito pure da TAS-I, quale industria leader del progetto. A parlare di tutto questo e di altro interverranno ingegneri di Thales Alenia Space e Leonardo, oltre ad alcuni ricercatori coinvolti in diversi aspetti di una sfida che, dal “vivere e lavorare” a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, punta a preparare (entro il decennio!) le condizioni per poterlo fare in un habitat mille volte più lontano, dove mancano le infrastrutture di comunicazione e di navigazione di cui disponiamo nello Spazio nelle vicinanze del nostro pianeta.

Genova Impresa - Maggio / Giugno
Franco Malerba

Dopo aver guardato, all’inizio del Festival, nella “legge” (non solo morale) in noi e per noi, nella giornata conclusiva i presenti a Busalla potranno guardare ancora più lontano nel “cielo stellato” sopra di noi, con le conferenze di Roberto Ragazzoni, fisico e astronomo Presidente dell’INAF, e di Enrico Flamini, illustre astrofisico, già Chief Scientist dell’ASI e membro del Consiglio Scientifico del Festival. Dopo la premiazione del concorso dedicato a giovani studiosi messo a bando per la quarta volta dall’Associazione Festival dello Spazio e dal SISRI (Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare) ci sarà infine l’incontro con Amalia Ercoli Finzi, la “signora delle Comete”, la prima ingegnera aerospaziale italiana, docente del Politecnico di Milano, personaggio carismatico del settore spaziale, ormai nota anche al grande pubblico per il suo ruolo di ospite fisso del programma “Specchio Segreto” di RAI 3. Prima dei saluti e del rinvio alla decima edizione di questo piccolo gioiello ligure dal grandangolo cosmico, Ercoli Finzi riceverà la cittadinanza onoraria del Comune di Busalla.●

Il programma completo del Festival dello Spazio 2025 sarà pubblicato prossimamente sul sito ufficiale: www.festivaldellospazio.com

Tr a acqua

e terra

I 99 anni di Arnaldo Pomodoro.

Labirinto Ph. Dario Tettamanzi | Fondazione Arnaldo Pomodoro
Ritratto Arnaldo Pomodoro, 2014 | ph. Veronica Gaidoi | Fondazione Arnaldo Pomodoro

Il 23 giugno Arnaldo Pomodoro compie 99 anni e continua a frequentare, almeno col desiderio, la sua arte recandosi ogni tanto nello studio milanese che si trova sui Navigli. Il fatto di essere nato sotto il segno del Cancro ha condizionato la personale esistenza: «Questo segno mi piace molto: da ragazzo ho scoperto che il Cancro si colloca tra l’acqua e la terra. Io mi ritrovo molto in tutto questo». Non a caso molte sue sculture in bronzo colloquiano con l’acqua. Il motivo me l’ha svelato nel corso di un incontro di qualche tempo fa: «Quando mi si chiede un parere per la installazione di alcune sculture, desidero che siano legate all’acqua perché l’acqua è la fonte della vita». A tale proposito una delle sue opere più importanti è il “Colpo d’ala” realizzato nel 1988 per Los Angeles, sistemato su una base a pelo d’acqua per offrire un effetto di soave leggerezza agli osservatori. Una variante si trova all’interno dell’Ospedale San Martino di Genova, nel piazzale antistante l’ingresso dell’IST. Ed è l’unica sua espressione monumentale presente in città. Ovunque emerge la preziosità di queste composizioni dove l’armonica levigatezza della superficie anticipa il mistero della corrosione interna: «Mi piace che la superficie sia perfettamente liscia e lucida a mimare l’oro». Un’affermazione capace di ricondurlo agli esordi allorché col fratello Giò concepiva nella natia Montefeltro raffinati monili usando quel prezioso metallo.

La svolta avviene nel 1954 con la sua venuta a Milano: «Era stata organizzata una piccola mostra nella Galleria Montenapoleone con opere mie, di mio fratello Giò e di un amico. C’erano monili d’oro destinati alle signore e altri oggetti strani che piacquero. La galleria era frequentata da Lucio Fontana e da Bruno Munari». Da quel momento gli si spalanca un nuovo scenario e la possibilità di ampliare le sue straordinarie capacità espressive. Sotto tale profilo assumono una capitale importanza l’invito alla Biennale di Venezia del 1956 e i successivi viaggi a Parigi e soprattutto negli Stati Uniti dove ha modo di conoscere e di frequentare Barnett Newman, Mark Rothko, Louise Nevelson, Sam Francis...

La sua prima scultura importante è stata “La colonna del viaggiatore”: «Inizio nel 1959 a fare sculture che chiamo “colonne

Open Studio #2 | Ph. Carlos Tettamanzi | Fondazione Arnaldo Pomodoro

del viaggiatore” L’idea mi è venuta dalla “Colonna senza fine” di Brancusi: indica l’idea di cercare, di tentare lo spazio. Allora per me il viaggiatore si identificava con l’astronauta, il novello conquistatore dello spazio». E il significato di quelle misteriose “scritture” che incidono e corrodono la materia? «Sono sempre stato affascinato dai geroglifici e a un certo punto ho scoperto la necessità di incidere qualcosa nella materia».

In seguito le sue “colonne”, le sue “sfere” e le altre composizioni hanno conquistato il mondo: pensiamo per esempio alla “Sfera con sfera” collocata nel piazzale antistante il Palazzo dell’ONU a New York e l’altra “Sfera con sfera” ospitata nei Giardini Vaticani o al “Disco solare” di Mosca o al “Giroscopio del sole” di Tokyo o al “Grande disco” di piazza Meda a Milano.... Una vita ricca di successi e scandita da qualche rammarico: per esempio la mancata realizzazione del “Cimitero di Urbino”: «Quello è stato il più grande dolore artistico. Non sono riuscito a portarlo a termine. Comunque è uno dei miei progetti più citati». Un altro rammarico coinvolge invece Genova. Arnaldo Pomodoro realizza nel febbraio del 1987 per il Teatro Margherita (il Carlo Felice non è ancora agibile) i costumi e l’impianto scenico dell’“Alceste” di Gluck. Questa struttura suscita enorme interesse tanto che l’artista propone di tradurla in una grande, composita scultura da inserire in un ambiente del centro cittadino. Le spese di fusione verrebbero sostenute dall’Ansaldo e da alcuni sponsor. Pomodoro scrive a tale proposito una lettera al sindaco Cesare Campart e a luglio viene invitato a individuare lo spazio adatto ad accogliere la sua creazione. Dopo aver valutato, insieme all’architetto Cassini, vari ambienti collocativi, la scelta cade sui giardini di piazza Dante sovrastati da Porta Soprana. Tornato a Milano, Pomodoro invia una serie di disegni ottenendo il beneplacito da parte del sindaco. Poi cade il silenzio da parte delle autorità cittadine e non se ne fa più nulla. Un vero peccato. Qual è il giudizio sulla sua esistenza? «Sono stato fortunato. Ma oggi non riesco ad adeguarmi ai nuovi modi di vivere. Per esempio mi sento escluso da tutti questi nuovi strumenti, a partire dal computer...».●

Open Studio #3 | Ph. Carlos Tettamanzi | Fondazione Arnaldo Pomodoro
Cortile Fondazione | Ph. Carlos Tettamanzi | Fondazione Arnaldo Pomodoro Laboratorio | Ph. Andrea Cerabolini | Fondazione Arnaldo Pomodoro

Quale,

CULTURA E SOCIETÀ tra i cinque?

La Giuria dei Letterati ha scelto i finalisti della 63ª edizione del Premio Campiello. Ora tocca alla Giuria dei Trecento Lettori (anonimi) decretare il vincitore.

A contendersi la sessantatreesima edizione del Premio Campiello (voluto e finanziato da Confindustria Veneto) saranno Marco Belpoliti con Nord Nord (Einaudi), Wanda Marasco con Di spalle a questo mondo (Neri Pozza), Monica Pareschi con Inverness (Polidoro), Alberto Prunetti con Troncamacchioni (Feltrinelli) e Fabio Stassi con Bebelplatz (Sellerio). A definire la cinquina dei finalisti è stata anche quest’anno, come di consueto, una giuria tecnica, la cosiddetta “Giuria dei Letterati”, che ha operato le sue scelte dopo aver vagliato ottantuno candidature, sulle cinquecento pervenute. Ora, per i cinque autori selezionati si è aperto il tradizionale tour estivo in tutta Italia, prima del verdetto finale, che sarà affidato a una giuria di non “professionisti” della lettura: la Giuria dei Trecento Lettori anonimi, individuati in modo da rappresentare un ampio ventaglio di fasce sociali e professionali. Saranno loro, campioni esemplari del famigerato “lettore medio” - locuzione dietro alla quale si è soliti nascondere l’unico, benemerito lettore-tipo, in Italia, che non sia un addetto ai lavori della società letterata - a decretare il vincitore, il prossimo 13 settembre, sul palco del Teatro La Fenice di Venezia. Questa cinquina è e non è una sorpresa. I giurati “di mestiere” presieduti, da quest’anno, dal noto giornalista radiofonico e televisivo Giorgio Zanchini, l’hanno assemblata dando prova di buon gusto e libertà di giudizio (fra le sue qualità, il Campiello ha quella, invero rarissima, d’essere un premio che, pur “costeggiandole”, non segue a capo chino le

logiche di potere editoriale). Finalisti già al primo giro di consultazioni sono risultati i testi di Marasco, Pareschi e Stassi. L’ultimo a entrare nell’elenco è stato, invece, il tomo di Prunetti, al quinto giro di voto, dopo un serrato testa a testa con Silenzio di Melania Mazzucco. Fra gli esclusi per un soffio, risultano almeno i libri di due autori bravissimi e un po’ “anomali” - bravissimi “perché” un po’ anomali? -, Edgardo Franzosini e l’adelphiana genovese d’elezione Rosa Matteucci, che dispiace non ritrovare nel novero finale dei papabili...

Considerati dall’alto di uno sguardo d’insieme, i cinque libri prescelti avrebbero le caratteristiche a un tempo necessarie e quasi sufficienti per fungere da testi di riferimento in un laboratorio che volesse evidenziare dei modelli per la nostra narrativa contemporanea. Il “quasi” di cui sopra rimanda all’esclusione al fotofinish del romanzo di Mazzucco, che rappresenta bene il genere biografico à la page, con il suo affondo sulla vita di una star del cinema muto. Ma c’è, però, in quest’elenco, il romanzo (diciamo così) “tutto d’un pezzo”, quello di Marasco, con un uso calcolato e ben riattualizzato dell’intreccio, dove la narrazione vive di slanci drammatici, in un costrutto dinamico incentrato ad hoc su pochi, memorabili personaggi. E ci sono due libri che danno forma, con pathos vibrante e sapienza di mestiere, alla tendenza a raccontare storie che vivono al confine fra autobiografia, memoir e referto culturale; libri nei quali, a una trama lineare si preferisce un movimento rapsodico della voce narrante, come strumento ondivago per rileggere la memoria (propria e collettiva) alla luce di un viaggio a ritroso in uno spazio-tempo e in un territorio ben precisi - rispettivamente la notte del rogo dei libri a Berlino, nel 1933 (Fabio Stassi), e il Nord del Nord Italia (Belpoliti). E c’è, inoltre, fra le cose sorprendenti - ma poi, a pensarci bene, mica tanto -, un libro d’epica stracciona per collocare il quale si può tornare a impiegare l’aggettivo “militante” (Prunetti), dove ad aver voce è la classe operaia maremmana fotografata all’alba del fascismo: una proposta perfetta, dunque, per compiacere seguaci e simpatizzanti del pensiero antigovernativo del “pericolo nero” dietro l’angolo. Sorpresatutta-e-solo-sorpresa è, infine e soprattutto, la designazione fra i Magnifici Cinque di Inverness, un libro a firma di Monica Pareschi. Un primo aspetto che può dar ragione di tanto scialo di sorpresa è la scarsa notorietà della sua autrice. Un secondo motivo di sorpresa è poi il fatto che si tratta di un libro di racconti - le Cenerentole, quanto a vendite e attenzioni critiche, in un mercato che ha scarsa domanda già di suo. A spingere la sorpresa verso la stupefazione è, infine, la piccolezza della casa editrice indipendente che l’ha pubblicato, Polidoro Editore, che ha sede in quel di Napoli. Si è detto prima che il Campiello è premio largamente esente dal carosello triste degli inciuci, ma il ritrovare in cinquina (anzi: al secondo posto in classifica d’ingresso) la scommessa di un editore poco conosciuto (ai più), e per giunta del Sud, è una cosa straordinaria, frutto d’onestà e lungimiranza tanto degli organizzatori quanto degli undici giurati, e lo sarebbe in qualsiasi gran premio letterario ben attenzionato dai media: si guardi allo Strega per capire quale sia, di solito, l’uso “di piazza”, quando a un riconoscimento-evento legato a un prodotto editoriale può corrispondere un cospicuo ritorno in termini di fatturato, oltre che di visibilità.

I dati statistici relativi alla bibliografia creativa di Monica Pareschi stanno in poche righe. Sappiamo che prima di Inverness ha scritto soltanto l’intenso È di vetro quest’aria, uscito oltre dieci anni fa con un altro bravo micro-editore, Italic Pequod di Ancona (Premio Renato Fucini 2014). In effetti, quello che più colpiva di Pareschi fino a pochi mesi or sono, era che fa la traduttrice narrativa per le maggiori case editrici italiane e il fatto, perciò, di aver dato italica voce a gente come Thomas Hardy, Charlotte e Emily Brontë, Shirley Jackson, Doris Lessing, James Ballard, Bernard Malamud, Willa Cather, Edith Wharton, Muriel Spark, Christopher Isherwood, Paul Auster, Mark Haddon, Claire Keegan... vincendo, fra l’altro, un paio di premi importanti per la sua traduzione di Wuthering Heights - il che è credito che vale, anche da solo, un deferente inchino. Di Inverness la scheda editoriale parla di un’opera «contundente, corrosiva», fatta di una «costellazione di racconti [...] adamantini e taglienti, all’apparenza, ma che divaricano l’anima piano piano, come cristalli Swarovski». Afferma anche, la scheda, che la raccolta esplora per noi «il confine sottile tra il vedersi davvero e l’inorridire»: circostanza che intriga e spinge a una lettura poliziesca delle vicissitudini interiori tratteggiate nel libro. La costellazione di racconti è composta da otto corpi celesti. Riportarne di seguito i titoli può servire per dar conto in poche parole di molte cose, e dunque lo facciamo volentieri: I baci di Munch, o la perfezione dell’amore, Primo amore, Fiori, Troppo amore uccide, I gabbiani, Mors tua vita mea, Un bacio, ancora e Inverness Guardiamo all’occorrenza delle parole: troviamo amore per ben tre volte; baci per due; due nomi propri (uno di un pittore norvegese, l’altro della capitale delle Highlands scozzesi); fiori e gabbiani una volta, e due evocazioni mortifere, una delle quali - uccide - è l’unico verbo tirato in ballo dall’autrice in veste di titolista.

Non c’è spazio per addentrarci nella sciarada concettualeinterpretativa che si potrebbe azzardare sulla base di questi undici lemmi. Ciascuno può far da sé (è l’amore che uccide, il protagonista dei racconti? È la “invernità” che affiora nel vocabolo Inverness a far da sfondo psicologico e morale alle storie che si presumono di coppia? E così via...). Per dirne qualcosa in più e riassumere il libro in una cifra, appoggiamoci, pertanto, a qualche frase intelligente e sintomatica tratta dal già cospicuo catalogo delle recensioni. Per Michele Neri (dal “Foglio”) protagonista dei racconti non è, appunto, l’amore, ma «una mente oscillante tra ipersensibilità e disincanto, appartenente a generazioni femminili diverse: bambine, liceali, adulte, anziane. Una mente che esperisce la solitudine come conseguenze di entusiasmi traditi o mal riposti», mentre per Lisa Bentini (dal “Manifesto”) gli otto racconti compongono «un piccolo romanzo di formazione in cui le protagoniste [...] si scontrano con la feroce perfezione dell’amore, nonché con la crudele asimmetria delle relazioni, e infine con lo scandalo della carne che invecchia».

Speriamo che le falangi di lettori deputati dalla Fondazione Campiello a sancire quale sia, per loro, il migliore dei superfinalisti, abbiano occhi e orecchi fini.

E votino per uno dei due libri degni d’attenzione che sono ancora in lizza. L’altro non diciamo qual è, così i curiosi possono cercarselo.● (R.M.R.)

CULTURA E SOCIETÀ

Le voci degli emigranti italiani rivivono in un podcast che sa toccare il cuore.

Cristiano Barducci

Ci sono voci che il tempo non riesce a cancellare. Rimangono nascoste, sospese nell’aria come un’eco lontano, pronte a riemergere appena qualcuno si prende il tempo di ascoltarle. Voci che raccontano storie dimenticate, cariche di emozioni che attraversano le generazioni e sanno parlare ancora oggi con straordinaria intensità.

È il cuore pulsante di La grande famiglia , il podcast scritto e realizzato da Cristiano Barducci per Rai Play Sound, presentato di recente al Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana (MEI) di Genova.

Un viaggio sonoro che riporta alla luce una delle più affascinanti esperienze della radiofonia italoamericana del secondo dopoguerra. Tra il 1948 e il 1961, sulle onde dell’emittente WOV di New York, andava in onda La grande famiglia, un programma che permetteva agli emigrati italiani di ascoltare la voce dei familiari rimasti oltre oceano. Bastava inviare dieci etichette dei pomodori “Progresso” per mandare un inviato nei paesi d’origine: lì, armato di registratore, raccoglieva i messaggi destinati ai cari lontani. Le registrazioni venivano trasmesse in radio e poi la radio mandava alle famiglie un disco 78 giri con le voci dei cari, come ricordo. Un’idea semplice, ma straordinaria, capace di riannodare fili spezzati dalla distanza, in un’epoca in cui comunicare era ancora un privilegio raro.

Cristiano Barducci ha ricostruito con cura questa epopea dimenticata in sei episodi intensi, mescolando fonti storiche, registrazioni originali e testimonianze private. Il risultato è un racconto intimo, vibrante, capace di superare il tempo.

Tra le figure chiave di questa storia emerge Giuliano Gerbi, affermato giornalista dell’EIAR, che a causa delle leggi razziali fu costretto all’esilio in America. Sarà proprio il programma radiofonico The Big Family a offrirgli una nuova possibilità: tornare nella sua Italia per attraversarla in lungo e in largo alla ricerca di voci.

Il podcast si articola in sei tappe narrative, tutte già online sull’app o sul sito di Rai Play Sound. I primi tre episodi esplorano la figura di Giuliano Gerbi, il ritrovamento fortuito dei dischi da parte dell’etnologo newyorkese Joseph Sciorra e la storia della comunità ischitana emigrata in California. I successivi tre intrecciano storie di famiglie divise e amori transoceanici, come quella raccontata in John e Giovanni, dove un disco ritrovato nel Connecticut ha portato a riconoscimenti familiari fino a Mantova; o in La voce di Bianca, dove una registrazione del 1954 ha risvegliato la memoria collettiva di un piccolo paese veneto; fino a Vacanze romane, che ricostruisce una

storia d’amore transoceanica nata grazie a quelle onde radio. Durante la presentazione ufficiale del podcast, gli artefici del progetto hanno raccontato il loro percorso. Paolo Masini, presidente della Fondazione MEI, ha evidenziato come «Con La grande famiglia restituiamo voce a una parte fondamentale della nostra memoria collettiva. È un progetto che unisce storia, emozione e innovazione, dimostrando come i linguaggi contemporanei possano rileggere il passato con occhi nuovi». Cristiano Barducci ha ripercorso l’inizio della sua ricerca: «Ho scoperto per caso la storia di La grande famiglia e ho iniziato a cercarne i dischi. Quello che mancava erano le voci dei parenti dei migrati negli Stati Uniti: era chiaro che questa storia dovesse vivere attraverso l’audio». E ancora: «Il podcast nasce da un archivio sonoro inedito. Negli anni ‘50, un’azienda americana ebbe l’intuizione di raccogliere prove d’acquisto per mandare qualcuno a registrare i messaggi familiari. La mia ricerca è partita da lì: rintracciare quei dischi, recuperare quelle voci sospese nel tempo, ridare spazio a storie che rischiavano di scomparire» Un’azienda di origine italiana che con la sua intuizione riesce a far parlare di sé ancora oggi. Uno stimolo che anche ai giorni nostri può essere seguito dalle aziende italiane all’estero, per rafforzare il filo che lega radici e modernità.

Andrea Borgnino, responsabile dei Podcast Originali RaiPlay Sound e direttore artistico del progetto, ha raccontato: «Tentiamo sempre di partire da una piccola storia per raccontarne una più grande. Qui siamo partiti da una minuscola stazione radio di New York che ci ha aperto una finestra immensa sull’emigrazione italiana». E ha aggiunto: « Abbiamo lavorato sui suoni, sulle registrazioni originali. In un’epoca in cui molti emigrati non sapevano scrivere, quelle voci genuine e imperfette erano l’unico ponte possibile con chi era rimasto. Il podcast è il mezzo ideale per far rivivere tutto questo» Infine ha concluso: «Raccontare l’emigrazione italiana è fondamentale: ci aiuta a ricordare quanta fatica, dolore e speranza fossero racchiusi dietro ogni partenza. È un patrimonio che dobbiamo tramandare alle nuove generazioni».

La grande famiglia è più di un podcast: è un atto d’amore verso la memoria. Un’opera che, attraverso la forza della voce, ridà vita a storie che rischiavano di svanire. In un tempo in cui tutto è istantaneo e fugace, questi messaggi registrati settant’anni fa ci ricordano che un semplice solco inciso su vinile poteva contenere l’intensità di un abbraccio e il peso di un’attesa lunga una vita. Perché la memoria, quando trova una voce, non muore mai.●

CULTURA E SOCIETÀ Bella

Successo di pubblico e di addetti ai lavori. Nomi di spicco e grandi numeri, nel clima rilassato di Sestri Levante.

atmosfera

Casey Affleck, 2022 | Ph. Nicola Bottinelli
Valeria Golino, 2025 Ph. Lucrezia Corciolani
Baia del Silenzio Ph. Silvana Fico

Nato nel 2017 e reduce dal successo della nona edizione andata in scena dal 6 all’11 maggio scorsi, il Riviera International Film Festival di Sestri Levante si è ormai consolidato come una delle principali rassegne cinematografiche italiane e, in assoluto, come uno degli eventi di maggior richiamo internazionale a svolgersi ogni anno in Liguria. La mission del Festival consiste nel valorizzare il cinema indipendente e i suoi talenti di domani cui dedica il concorso principale, riservato ai film diretti da registi under 35 provenienti da tutto il mondo, con un occhio di riguardo anche per l’ambiente e il cambiamento climatico, al quale è invece rivolto il contest sui documentari.

Il Festival, organizzato dall’Associazione Culturale Riviera Cinema e nato nove anni fa con l’obiettivo di riportare il grande cinema in Liguria, sta andando incontro a un suc-

cesso crescente, costruito sulla qualità dei lungometraggi in arrivo da tutto il mondo e sul livello assoluto degli ospiti che si sono succeduti nel corso degli anni, contribuendo a certificarne la credibilità e il prestigio. Su tutti, spiccano i nomi di premi Oscar e autentiche leggende di Hollywood come Susan Sarandon, Casey Affleck, Matthew Modine, Yalitza Aparício, Kenneth Lonergan, Emily Mortimer e Andrew Dominik; mostri sacri delle professioni tecniche come il direttore della fotografia Dante Spinotti e il montatore Pietro Scalia, a loro volta insigniti dell’Oscar, e la costumista Joan Bergin, plurivincitrice degli Emmy; protagonisti del cinema italiano come Alessandro Gassmann, Raoul Bova, Luca Zingaretti, Gabriele Muccino, Claudia Gerini, Chiara Francini e Valentina Lodovini o, ancora, lo storico Antonio Scurati, la giornalista Rula Jebreal e l’artista Vanessa Beecroft. Quest’anno, tra gli altri, hanno brillato le stelle di Matt Dillon, Rufus Sewell, Valeria Golino, Matteo Garrone, Donato Carrisi e Matilda Lutz, protagonista del prossimo capitolo della saga Marvel, “Red Sonja”.

Ad aggiudicarsi la vittoria quest’anno è stato il film austriaco Moon della regista di origini curde Kurdwin Ayub e interpretato dalla stella giordano-libanese Andria Tayeh, grande protagonista che gli appassionati hanno potuto ammirare sul red carpet ma anche incrociare nelle stradine e piazze attorno alla splendida Baia del Silenzio, complice l’atmosfera rilassata che contraddistingue il Riff e ne costituisce un valore aggiunto nel paragone con altri festival certamente meno avvicinabili da parte del pubblico.

Per un’intera settimana, infatti, Sestri Levante vive dell’evento venendo pacificamente invasa da cinefili e semplici curiosi attirati dalla concreta possibilità di incontrare il proprio idolo seduto al tavolino accanto per un caffè o di incrociarlo durante una passeggiata sul lungomare: a essere coinvolta nella manifestazione è tutta la città, dal cinema Ariston teatro delle proiezioni all’ex convento dell’Annunziata che ospita le masterclass di professionisti di livello mondiale, passando per i talk e i panel tenuti nella centralissima piazza Matteotti e per la miriade di iniziative collaterali che animano la perla del Tigullio nei giorni della rassegna.

Genova Impresa - Maggio / Giugno 2025 83
Susan Sarandon, 2024 | Ph. Nicola Bottinelli
Matteo Garrone, 2025 | Ph. Nicola Bottinelli
Rufus Sewell, 2025 | Ph. Nicola Bottinelli Matt Dillon, 2025 | Ph. Nicola Bottinelli

Sul fronte delle presenze, l’edizione del Riff appena conclusa ha messo ancora una volta a referto numeri record: più di 10mila spettatori complessivi tra masterclass, talk e cinema, dove le sale hanno fatto registrare quasi sempre il tutto esaurito e, talvolta, c’è stata addirittura la necessità di programmare ulteriori proiezioni per i film e i documentari più richiesti.

Una vivacità che si riverbera sugli hotel e sulle strutture ricettive, quasi tutti sold-out, in una preziosa opera di destagionalizzazione dell’offerta e nella valorizzazione del territorio non solo in termini di presenze, ma anche di visibilità sui media - circa 150 le uscite sui media nazionali e internazionali a cui aggiungere le quasi 300 a livello locale - e ovviamente online: nel solo periodo del Festival, i social hanno superato 1,7 milioni di impression tra Facebook e Instagram e oltre 1,4 milioni di visualizzazioni per una copertura totale di 356.574 utenti, totalizzando 10.490 interazioni

con i contenuti, 24.363 visite ai due profili e 10.494 follower su Instagram.

La crescita del Riviera International Film Festival è testimoniata anche dall’apprezzamento degli addetti ai lavori, che riconoscono nell’evento di Sestri Levante un’importantissima occasione di networking per l’intera filiera dell’audiovisivo: a questo proposito risultano particolarmente significative le giornate Industry proposte puntualmente ad ogni edizione con il coinvolgimento delle associazioni di categoria e delle Film Commission più attive nel panorama italiano. Autentico fiore all’occhiello è poi il Riff Pitch Lab patrocinato dalla Commissione europea, un format innovativo ideato per offrire ai giovani registi l’opportunità di presentare e sviluppare i loro progetti lavorando a stretto contatto con tutor di eccezione, scelti tra professionisti del cinema di caratura internazionale, dai quali imparare a confezionare il “pitch” perfetto da sottoporre ai più importanti decision maker del settore. Tra i tanti per i quali il Riff ha rappresentato un prezioso trampolino di lancio, meritano di essere citati Gianluca Santoni, in gara a Sestri nel 2024 con Io e il Secco e candidato, quest’anno, ai David di Donatello per il miglior esordio alla regia; la norvegese Thea Hvistendahl e la lituana Marija Kavtaradze, entrambe poi protagoniste al Sundance Film Festival dove, quest’ultima, ha vinto il premio alla regia nel 2023; la regista ungherese Hajni Kis e il suo connazionale Tamás Topolánszky, oggi influente regista e produttore; la slovacca Tereza Nvotová, prossima a dirigere la sua prima produzione americana, la serie tv Our people; la tedesca Mariko Minoguchi, premiata in Baia nel 2020 per Relativity , e il produttore e attivista Wolfgang Knoepfler che, con il documentario Patrick and the Whale vincitore al Riviera un anno fa, è ora in corsa agli Emmy Awards. Un elenco che è certamente destinato ad aggiornarsi in vista del prossimo anno, quando il Riff toccherà il significativo traguardo delle dieci edizioni.●

Ph. Silvana Fico

L’av ventura

di un manager

Un romanzo sui rischi della resa del mondo produttivo alla finanza.

Quando uscì, nel 1989, Le mosche del capitale di Paolo Volponi non fu accolto con i riscontri che meritava. Si tratta, senza alcun dubbio, di una delle prove più significative di quel capitolo della letteratura del Novecento cui siamo soliti dare il nome di “letteratura industriale”. Come capita spesso, la critica (specie quella di taglio giornalistico) di allora si concentrò in prevalenza su elementi superficiali e, in fondo, estrinseci del romanzo. L’attenzione dei più si soffermò in primis sulla questione pruriginosa, al limite del pettegolezzo politico-mondano, che riguarda(va) l’identificazione dei personaggi reali che stavano dietro la facciata della fiction. La cosa, purtroppo, non sorprende più di tanto. Soprattutto in considerazione della caratura, della notorietà e del “peso” di alcuni dei pre-testi in carne e d’ossa adombrati per allegoria nel libro, la frequentazione dei quali aveva offerto allo scrittore urbinate la possibilità di riversare

sulla pagina parte della sua esperienza biografica e lavorativa - che lo aveva visto diventare dirigente e, in seguito, direttore delle relazioni aziendali (1966-1971) alla Olivetti prima, e consulente della Fiat a Torino poi (1972-1975), in qualità di specialista dei rapporti fra l’impresa e il territorio e direttore della Fondazione Agnelli. Certo, occorre ammetterlo, l’occasione era ghiotta. Posto che il racconto dell’ascesa e della caduta dell’alto dirigente Bruto Saraccini dell’azienda MFM presieduta da Ciro Nasàpeti, che a Saraccini finisce per preferire l’ingegner Sommersi Cocchi, nominandolo Amministratore Delegato in sua vece, e costringendolo, così, a cercare di proporre altrove (per la precisione: a Donna Fulgenzia e a suo nipote dott. Astolfo) il proprio piano visionario per una riforma in senso democratico e progressista di un’impresa, non era soltanto la trama di una “prosa di romanzo”. Era anche la trascri-

di Massimo Morasso

zione/traslazione narrativa dell’avventura professionale dell’autore in Olivetti e in Fiat. Ed era, innanzitutto, l’esito di un gesto e di un progetto di smascheramento e contrasto politico dei modi e delle logiche onnitrituranti della grande industria e dei suoi capitani. Poiché Nasàpeti e Sommersi Cocchi assomigliano tanto a Bruno Visentini, il longevo presidente della Olivetti, dopo la morte di Antonio Olivetti, per il ventennio che va dal 1964 al 1983, e al “rampante” Carlo De Benedetti, così come Donna Fulgenzia e il dott. Astolfo rimandano con trasparenza rispettivamente alla Fiat e a Umberto Agnelli... Tuttavia, mancherebbe il centro di un obiettivo critico degno di questo nome, chi si limitassecome pure è stato fatto - a interpretare quest’intensa opera volponiana come una sorta di j’accuse rivolto, da posizioni di sinistra, alla miopia di una classe padronale incapace di correggere le storture etiche dell’industrialismo spinto; un atto d’accusa, per di più, gravato dal peso di un risentimento personalistico prossimo al livore, coltivato e trascinatosi in Volponi, evidentemente, per circa un quindicennio. Sia come sia (stato) sotto il profilo psicologico di chi lo scrisse, dal punto di vista storico questo penultimo romanzo di Volponi può essere ritenuto, per molte ragioni, l’esito più estremo di un’attitudine che si era sviluppata sulla scena del romanzo italiano grazie all’influenza orientativa della coppia Vittorini-Calvino a partire dai primi anni ‘60. Secondo uno dei diktat del primo, come noto, il quid della letteratura di genere “industriale” non andava ricercato tanto nel tema - p.es. il tema dell’alienazione del lavoro seriale o il macro-tema della questione operaia - quanto nell’approfondimento critico sui processi di trasformazione in senso ampio “mentale”, agiti per così dire d’imperio sui lavoratori delle classi subalterne da attori e gestori del capitalismo avanzato e avanzante, in un contesto, per di più, il nostro italiano dei cosiddetti anni del boom, di atavica arretratezza e spaesatezza socio-culturale. Mentre nei primi anni ’60 la scrittura di molti si limitò, ciononostante, a registrare con buon senso, semplicità stilistica e piglio documentaristico i mutamenti in atto, l’arte tutt’altro che mimetica di Volponi era andata orientandosi fin da subito verso il racconto diversamente ri-creativo della storia della modernizzazione capitalista e dell’utopia del suo impossibile rovesciamento. Già la strana prosa in bilico tra afflato romanzesco, saggismo e lirismo autoriflessivo esibita nel trittico d’esordio del Volponi narratore, Memo-

riale, La macchina mondiale e Corporale, usciti fra il 1962 e il 1974 (da giovane, Volponi era stato anch’egli poeta di buona ispirazione), letta con il senno di poi basterebbe per far riconoscere questo atipico, battagliero scrittore come una delle più ragguardevoli eccezioni al neorealismo nelle sue molteplici varianti post-belliche. Ma è l’autore ben altrimenti maturo di Le mosche del capitale a offrirci l’esemplare più riuscito di una poetica oltranzista, per la quale la parola e la scrittura non pacificata che la veicola non ha tanto lo scopo di “rappresentare” la realtà, quanto di “romperla”. Piena di contorsionismi e minuziosità digressive, la lingua di Volponi dà prova qui di un virtuosismo immaginativo che non arretra neanche di fronte ai limiti imposti dal buon senso della realtà e, del tutto, anti-naturalisticamente, sfocia talvolta in un amarissimo “fiabesco” con toni che diremmo, a tratti, fantozziani: come quando, per enfatizzare in senso negativo lo strapotere della logica padronale, che abita e pervade ogni cosa che abbia a che fare con la macchina produttiva, fa prendere parola agli arredi e alle piante ubicate in azienda, che si dimostrano pur essi asserviti alle leggi dei “capi” Che lo si consideri profetico o apocalittico, filosofico o cervellotico, squisito o di cattivo gusto, Le mosche del capitale è un piccolo classico contemporaneo, che si colloca agli antipodi del prodotto letterario medio d’oggi, fatto per accontentare tutti o quasi. È stato scritto meno di trent’anni fa, ma, come da un tempo lontanissimo che incida ancora sull’adesso, ci parla dei rischi che comportano la dissociazione fra il fare industria e il fare comunità, l’oblio della preminenza del fattore umano in azienda, la resa del mondo produttivo al linguaggio della finanza. Fra quelle malinconico-poetiche e quelle imbevute d’irruento spirito d’engagement, il romanzo ha pagine rivelatrici, e pullula di considerazioni e frasi perentorie, che possono valere come un monito “sempreverde”, da tenere a mente. Come queste che Volponi ha messo in bocca al suo polemico alter ego: «L’industria italiana non pensa a svilupparsi ordinatamente: alla ricerca, alla perfezione della propria organizzazione, dei propri prodotti, a un confronto aperto e leale con il mercato, con la cultura industriale, con l’università [...] pensa alla propria comodità, nel senso che esclude queste reali ipotesi di ricerca per restare nell’ambito dell’esercizio del comando e basta [...] Produrre quel che sa produrre, vendere quel che sa vendere».●

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