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SOMMAR IO
Marco Romussi
Maurizio Marchesini
4
6
EDITORIALE
LEVE PER LA CONTRATTAZIONE di Marco Romussi
CONFINDUSTRIA
COESIONE E CRESCITA
VISIONE, STRATEGIE E PROPOSTE ROUND THE WORLD
12 L’INTERVISTA
CAMBIO DI PASSO di Piera Ponta
16
MITOGENO
GRANDI IMPRESE E PMI di Guido Conforti
18 GENOVA STARTUP NO STRESS di Matilde Orlando
22 SVILUPPO E COMPETITIVITÀ
SERVIZI INNOVATIVI VALORE di Maria Rosa Riso
HR IN EVOLUZIONE
DATI PREZIOSI di Piera Ponta
REINTEGRATION ECONOMY
TECNOLOGIA RFID
ARTE BIANCA
A LEZIONE DI BORSA di Elettra Pescetto
RISTRUTTURARE PER RICOMINCIARE di Giuseppe Caruso
DATI SANITARI SENZA FRONTIERE di Paolo Torazza
MENS SANA... di Massimo Servadio e Cecilia Sistini
LIGURIA di Lorenzo Costa
GENOVA CAPITALE MONDIALE DELLA SALDATURA
I 100 ANNI DI ENTE BACINI
56 CONFINDUSTRIA IMPERIA
STORIE VERE di Fabrizio Pepino
58
CONFINDUSTRIA LA SPEZIA
MADE IN ITALY, ALLA SPEZIA di Mario Gerini
60 UI SAVONA
LA ROTTA DEI PORTI SAVONESI di Gilberto Volpara
62 PICCOLA INDUSTRIA
LE GRANDI INIZIATIVE DELLA PI
64 GIOVANI PREVEDERE di Riccardo Manuelli
66 COMUNICAZIONE
LA PIÙ UMANA
TRA LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE di Simona Stoppino
70 FONDAZIONE ANSALDO
DIALOGO TRA ARCHIVI di Claudia Cerioli
74 LA CITTÀ
COLTURE HIGH-TECH
DOLCI PER TUTTI di Paola Iacona
SI VOLA!
80 CULTURA E SOCIETÀ
MAGIE DI CONOSCENZA E RI-CONOSCENZA di Luciano Caprile
AUTORI, LIBRI E LIBRAI
87 INDUSTRIA E LETTERATURA
IN DIRETTA DALLA FABBRICA di Massimo Morasso
In copertina Imperia, Duomo di San Maurizio
Leve per la contrattazione
Viviamo in un’epoca decisamente complessa, caratterizzata da grandi problemi sociali derivanti da una serie di fenomeni destinati a impattare notevolmente su imprese e persone. Viviamo in un Paese sempre più vecchio, che sta attraversando un vero e proprio inverno demografico e, nonostante questo, per la prima volta, all’interno dei luoghi di lavoro, abbiamo ben 4 generazioni che devono lavorare fianco a fianco. Viviamo in pieno l’era della digitalizzazione e dell’Intelligenza Artificiale e il lavoro sta evolvendo a un ritmo e a una velocità che non hanno precedenti. Tutti questi sono fenomeni che, se non gestiti in maniera adeguata, potrebbero essere fonte di tensioni e problematiche sociali. E anche da un punto di vista economico la realtà con cui ci dobbiamo confrontare è costituita da molti settori produttivi in grande difficoltà, come emerge da tutti gli indicatori più importanti, dalla produzione industriale all’export agli ordinativi. In tale contesto credo che sia interessante capire quali sono le leve che la contrattazione può usare per tentare di superare o almeno di fronteggiare questa situazione. Questi sono
anni nei quali è essenziale governare le transizioni, la trasformazione dei modelli di business e dei modelli del lavoro, e per far ciò i contratti collettivi dovranno sempre più ispirarsi a un fondamentale principio di sostenibilità, sia economica che sociale, ponendosi nei confronti del mondo del lavoro con un atteggiamento meno ancorato a stereotipi del passato. Occorrono idee e proposte che possano, da una parte, dare risposte importanti alle persone e alle famiglie, anche in prospettiva, e, dall’altra, che possano rappresentare un supporto concreto per la competitività delle aziende. I princìpi della solidarietà, della tutela della persona, della valorizzazione delle diversità, della protezione dell’ambiente, dell’inclusione, del supporto alle famiglie e alle fasce più deboli devono necessariamente diventare la base dei rinnovi dei contratti collettivi, andando così a incidere direttamente sull’organizzazione del lavoro e sullo svolgimento delle attività in azienda. Questi sono concetti innovativi e da valutare in un’ottica di sviluppo, per rendere le aziende più competitive in un mercato globale sempre più sfidante e difficile,
di Marco Romussi
anche per effetto di fattori esogeni non controllabili, come quelli vissuti negli ultimi anni, dalla pandemia fino alle più recenti guerre e tensioni geopolitiche. Entrando nel merito delle questioni, vediamo brevemente alcune leve su cui potrebbe insistere sempre di più in futuro la contrattazione partendo dalla “Previdenza Complementare”, che rappresenta un fondamentale pilastro per fornire un concreto aiuto alle persone in una fase spesso difficile della vita, la vecchiaia. L’invecchiamento progressivo della popolazione, che emerge chiaramente dai trend demografici, rende necessario il potenziamento della previdenza complementare per realizzare una solida rete di protezione. È necessario intervenire, in modo particolare, nei confronti delle donne, che hanno un’aspettativa di vita maggiore, o prevedere incentivi per l’adesione delle nuove generazioni, anche se, in generale, è essenziale un potenziamento della previdenza complementare per tutti i lavoratori. Occorre, quindi, migliorare le previsioni già contenute in molti contratti e innalzare, nei limiti delle compatibilità economiche disponibili in ogni rinnovo contrattuale, il contributo a carico delle aziende destinato a questi fini. Un altro tassello sul quale fare leva nei contratti è rappresentato dalla Tutela della non autosufficienza. L’allungamento dell’aspettativa di vita e la solitudine, che inevitabilmente riguarderà un numero sempre maggiore di persone, rendono necessario affrontare problemi, come la non autosufficienza, che potrebbero diventare, nel tempo, difficili da gestire con un impatto negativo non solo affettivo, ma anche economico e organizzativo nelle aziende. Le parti sociali devono e dovranno sempre più mettere in campo, nella contrattazione collettiva, misure di natura integrativa rispetto al pubblico, al fine di attenuare il più possibile le conseguenze di queste situazioni. Occorre intervenire in maniera concreta e sostanziale andando a contrastare criticità attuali così come potenziali gravi problematiche future. Immaginare che i contratti prevedano una copertura assicurativa, a totale carico aziendale, che garantisca le lavoratrici e i lavoratori con una rendita mensile in caso di insorgenza di situazioni di non autosufficienza, avrebbe costi accettabili per le aziende con in più quel carattere di innovatività e sguardo rivolto al futuro di cui parlavo prima. Pensiamo poi all’Assistenza Sanitaria Integrativa, che rappresenta un fondamentale strumento di tutela del bene primario della salute delle persone, un supporto sia per le persone che per le famiglie da un punto di vista sociale ed economico. Anche in questo caso, sempre nell’ambito delle compatibilità economiche disponibili, occorrerebbe garantire un miglioramento delle prestazioni per i dipendenti con l’incremento del contributo aziendale che, grazie all’economia di scala realizzabile con la massa critica costituita dalla forza lavoro totale dei diversi settori industriali, potrà portare, ad esempio, a una riduzione delle franchigie e a un miglioramento delle prestazioni. Altra leva da azionare è rappresentata dal Welfare Aziendale. I flexible benefits costituiscono uno strumento dall’importante valore economico destinato a supportare i consumi delle persone comportando, al contempo, indubbi vantaggi grazie alla detassazione, che consente un abbattimento del cuneo fiscale. Una soluzione futura adottata dai contratti potrebbe essere quella di incrementare il valore dei flexible benefits, ormai previsti dalla quasi generalità dei contratti stessi, nel caso
di utilizzo di servizi aventi valore sociale e ambientale. In questa maniera si potrebbe, ad esempio, incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico da parte dei dipendenti e dei loro familiari per promuovere la mobilità sostenibile, supportare la genitorialità (asili nido, libri ecc.), prevedere il sostegno per assistenza anziani. Altro ambito interessante e molto attuale nel quale intervenire è quello della Diversità, dell’Inclusione Sociale e dei Lavoratori migranti. Occorre pensare, in questo caso, a sistemi che consentano di valorizzare le diversità e favorire l’inclusione dei lavoratori provenienti da Paesi lontani, introducendo e rafforzando le misure già previste per rispondere ai bisogni familiari e personali di queste categorie di lavoratori definendo, ad esempio, particolari modalità di fruizione di ferie e permessi annui retribuiti. Sarà opportuno, inoltre, prevedere corsi di lingua italiana per l’inserimento e l’integrazione. A mio avviso, infine, occorrerà dedicare ampio spazio alla Formazione, che sicuramente sarà sempre più un elemento caratterizzante dei rinnovi contrattuali. In realtà molti contratti prevedono già obblighi formativi nei confronti dei lavoratori. Dove ciò non avviene, si potrebbero introdurre tali obblighi, mentre, dove siano già esistenti, si potrebbe pensare di ampliare ulteriormente il valore della formazione aumentando la qualità degli interventi formativi con una formazione mirata e ben strutturata che può generare un ulteriore valore aggiunto se indirizzata verso situazioni che hanno valore sociale, ipotizzando, in particolare, trattamenti migliorativi per specifiche casistiche socialmente rilevanti, come, ad esempio, il personale femminile in rientro dalla maternità o il personale che rientra da lunghi periodi di assenza dovuti a malattia. Per finire, un accenno alla Parte economica dei CCNL che, ovviamente, occorre sottolinearlo, mantiene la sua importanza, la sua essenzialità. A tale riguardo, possiamo notare come il meccanismo di adeguamento dei minimi tabellari, adottato dalle parti sociali nel 2009 e confermato nel 2018 con la sottoscrizione del Patto per la Fabbrica, ha garantito la tenuta del sistema in un’epoca segnata da avvenimenti che hanno portato a picchi di inflazione che sarebbero stati difficilmente prevedibili; nel sistema confindustriale, i rinnovi contrattuali sono avvenuti con tempistiche fisiologiche, con dinamiche salariali che hanno comportato mediamente un recupero pressoché completo del dato inflattivo. Un dato interessante ci dice che attualmente i lavoratori dipendenti ai quali viene applicato uno dei CCNL del sistema Confindustria sono 5,8 milioni e che a quasi il 90% di loro si applica un CCNL rinnovato in meno di 24 mesi. Quindi, nonostante la fiammata inflattiva degli ultimi due anni abbia inciso in maniera considerevole nelle tornate di rinnovo contrattuale, il sistema si è dimostrato sostanzialmente efficace. Per concludere: ferma restando l’importanza dell’aspetto economico, esistono anche altre leve contrattuali che danno ritorni importanti ai lavoratori e, al contempo, consentono alle aziende di sostenere costi compatibili con il mantenimento della competitività sul mercato. L’invito non può essere che quello di muoversi in questa direzione per trovare soluzioni compatibili con le esigenze dei lavoratori e delle aziende.●
Marco Romussi è Responsabile Area Relazioni Industriali di Confindustria Genova
Coesione e crescita
Il programma del nuovo Gruppo Territoriale.
L’assemblea costitutiva del 3 marzo scorso ha dato il via al nuovo Gruppo Territoriale Valle Scrivia e Alta Val Polcevera di Confindustria Genova, che comprende a oggi una cinquantina di aziende attive in tutti i settori merceologici rappresentati dall’Associazione.
Presieduto da Andrea Ratto, CEO di Ratto Fixing Srl (azienda che produce e sviluppa sistemi di fissaggio nel suo stabilimento di Busalla), il Gruppo si propone come un punto di riferimento per tutte le imprese locali, con l’obiettivo di favorire la crescita del tessuto economico e industriale della Valle Scrivia e dell’Alta Val Polcevera. Il presidente Ratto ha delineato e condiviso un programma strategico che parte dall’impegno a favorire una maggiore coesione fra le imprese e le 14 Amministrazioni locali. Ciò significa costruire una rete solida di collaborazione e supporto reciproco tra le aziende, che vada oltre la competizione, per tradursi in opportunità condivise, in progetti comuni e in una visione collettiva per un futuro prospero. Il nuovo Gruppo lavorerà intensamente per assicurare un dialogo costante e costruttivo con le Amministrazioni locali e rafforzare, così, un’alleanza strategica per lo sviluppo del territorio.
Altro punto cardine della missione del nuovo Gruppo è far conoscere la realtà della Valle Scrivia e dell’Alta Val Polcevera, mettendone in evidenza peculiarità, opportunità e risorse, e svolgere un ruolo da “catalizzatore” sia di partnership tra le imprese già presenti, sia di nuovi investimenti, in un tessuto produttivo dinamico e variegato. Tra i temi che il Gruppo ha posto al centro della propria agenda c’è la formazione professionale, consapevole che nei prossimi anni questa sarà una delle sfide più urgenti per il mercato del lavoro. Sembrano, infatti, destinate a crescere le difficoltà a reperire personale qualificato; l’obiettivo è tornare a essere un punto di riferimento per la formazione, creando una connessione diretta tra mondo della scuola e mondo delle imprese - connessione che, che negli anni, si è persa. Solo così sarà possibile garantire una risposta adeguata alle reali esigenze del mercato del lavoro e sostenere la competitività delle imprese. Prioritario è anche promuovere e accelerare il processo di digitalizzazione delle aziende locali attraverso il potenziamento della banda larga (finanziato dal PNRR a livello nazionale). Nel mondo globalizzato di oggi, l’efficienza delle infrastrutture digitali è un elemento dirimente per il suc-
cesso e la competitività delle imprese: dalla gestione quotidiana delle attività aziendali all’implementazione di nuove soluzioni tecnologiche, non si può prescindere da una connessione stabile e veloce. Per questo il nuovo Gruppo di Confindustria Genova si impegnerà a garantire che tutte le aziende presenti nei 14 comuni della Valle Scrivia e dell’Alta Val Polcevera possano accedere a una rete dati sicura e con prestazioni elevate.
Sul tavolo del presidente Ratto e del Consiglio direttivo ci sono, inoltre, le opere infrastrutturali - con particolare riguardo al progetto di demolizione e ricostruzione della rampa autostradale del Casello di Busalla presentato da Società Autostrade e condiviso con Regione Liguria e con il Gruppo stesso, di cui si attende il via libera del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti -, l’avvio di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e la promozione di incentivi regionali per le aree interne.
Il piano di attività del Gruppo è ambizioso, ma concreto; nessun dubbio sulla determinazione di Andrea Ratto e del Consiglio a portare a casa il risultato.●
Il Consiglio Direttivo
Presidente
Andrea Ratto, Ratto Fixing Srl
Vice Presidente
Ivan La Manna, La Duellepi Srl
Consiglieri
Giovanni Ardossi, Iplom Spa
Lucio Demartini, Gaioni Gino Franchi Srl
Elisa Grandi, Grandi Calcestruzzi Sas
Maria Beatrice Lucco, S.I.A.S. Srl
Stefania Risso, Technogea Srl
Pietro Tegli, Leonardo Informatica Srl
Ivano Vallarino, Ecopower Srl
Visione, proposte strategie e
Il 17 marzo scorso, Confindustria Genova ha presentato il suo Position Paper sul Lavoro. Ne pubblichiamo l’introduzione.
Il lavoro è una delle parti fondamentali del vivere umano, dell’esistenza delle società e della funzionalità dei rapporti economici.
Troppo spesso assistiamo a effetti di eccessiva parcellizzazione di qualche fenomeno connesso allo sviluppo delle dinamiche del lavoro in un’epoca storica totalmente in trasformazione e di fronte alla quale i modelli di comportamento dei diversamente interessati appaiono fuori misura.
Uno dei ricorrenti esempi è quello del cosiddetto “mismatch ”, ossia dell’evidente disequilibrio tra domanda e offerta nel mondo del lavoro, rispetto alla quale le difficoltà interpretative e di intervento efficace sono al tempo stesso concrete e di ardua soluzione, se non collocate in un contesto più generale. L’attuale Position Paper di Confindustria Genova, illustrato pubblicamente il 17 marzo scorso, in occasione del convegno “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Visione, strategie e proposte per Genova e la Liguria”, è stato formalizzato al fine di discutere e sperabilmente concordare visioni e linee di azioni comuni. A questo proposito riteniamo essenziale che l’approccio motivi anche la congruità di alcune azioni eseguite e verificabili oggettivamente, ma sia anche propenso a cambiare attitudine e sistema di gestione, se questo è necessario. Il mondo cambia e cambia rapidamente, appunto. Agire come sempre e secondo modelli inaffidabili è sempre meno utile e soprattutto impedirebbe di essere portatore della necessaria fiducia con cui affrontare il futuro.
Non a caso, quindi, nello stesso evento pubblico, il riferimento principale da cui siamo partiti è l’art. 1 della Costituzione italiana che incardina l’esistenza stessa dell’Italia nel fatto che essa ha queste tre caratteristiche essenziali e cioè di essere: 1) Una Repubblica; 2) Democratica; 3) Fondata sul lavoro. La visione di Confindustria Genova interpreta la questione lavoro da questa partenza fondamentale, con ulteriori 10 punti base.
1. Il lavoro è parte costituente della società: citare l’art. 1 della Costituzione italiana appare un assioma che potrebbe chiudere ogni discorso, ma una lettura non solo storica del dibattito dei Padri Costituenti porta certamente a farci concordare che senza l’attività lavorativa, basata sul valorizzare le competenze personali, ivi comprese quelle etiche, e sul metterle a disposizione degli altri concittadini, la società di fatto non esisterebbe. Se la società fosse fondata su relazioni e interessi di tipo diverso, o comunque prioritario rispetto al lavoro, sarebbe un’altra cosa.
2. Il lavoro è anzitutto soddisfazione dei propri bisogni, che è vincolata solo dalla volontà degli offerenti e/o dalla fattibilità economica: la società umana evolve dalla pura dinamica di riproduzione sviluppando le specifiche capacità personali dei singoli individui, ovvero delle loro organizzazioni, di specializzarsi nella messa a disposizione di beni o servizi per la vita degli altri. Rispetto a ciò la domanda di beni e servizi può essere variamente esaminata (v.
ad es., Piramide di Maslow), ma di base essa non ha limiti se non riconducibili alla dimensione dell’offerta, ai canali di transazione e, nel caso di transazione economica, ai redditi e ai patrimoni disponibili.
3. L’offerta di lavoro passa anche tramite volontà personali e gratuite: non tutte le transazioni tra domanda e offerta di beni e servizi messi a disposizione tramite il lavoro avvengono sulla base di decisioni e dinamiche di tipo economico. La volontarietà di occuparsi dei bisogni degli altri in maniera diversa e quindi senza necessario contraccambio (compreso il baratto, oltre che lo scambio di denaro o qualunque altro genere di obbligazioni, impegni, promesse ecc.) fa parte delle dinamiche in essere di tipo personale e sociale, che in un mondo in profonda trasformazione stanno anch’esse trasformandosi.
4. L’offerta economica di beni e servizi ne è parte e si esprime/concretizza attraverso attività autonoma e/o imprenditoriale, a sua volta artigianale o industriale, in questo caso con lavoro dipendente: al di là degli spazi esistenti e fondamentali, ma non risolutivi, salvo casi del tutto eccezionali, il mercato dello scambio economico di beni e servizi è parte principale dell’origine dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro per dar luogo alla produzione di beni e servizi da scambiare. In tale contesto; quindi, le competenze personali dei singoli individui hanno il principale ambito di applicazione, ma sono anche confinate alla produzione di beni e servizi limitati nella quantità e varietà. Nella maggior parte dei casi, la domanda chiede che il lavoro si esprima attraverso formule organizzative di tipo imprenditoriale che, in primo luogo, coinvolgono come parti essenziali gli imprenditori e, in secondo luogo, il lavoro dipendente all’interno dell’attività imprenditoriale che è in grado di organizzare lavoro e capitale in processi e secondo condizioni di sostenibilità generale nel contesto operativo.
5. Tutti i rapporti inerenti al lavoro come modalità di gestione della società sono quindi da valutare e gestire: tanto più in un periodo di profonda trasformazione delle dinamiche mondiali e culturali; domanda e offerta di beni e servizi ottenuti tramite il lavoro sono quindi da sempre un elemento identificativo e costitutivo di qualsiasi società, ma è indubbio che la transizione epocale che il mondo sta attraversando in funzione della rivoluzione tecnologica digitale, della sostenibilità ambientale, dell’evoluzione delle dinamiche globali, del venir meno dei modelli ideologici di comportamento e della effettiva capacità di gestire l’ipercomplessità (volendosi fermare ai primi 5 temi ragionevoli), impone che tutti i diretti interessati e sperabilmente le loro diverse parti di rappresentanza agiscano positivamente in questa direzione.
6. Documenti figli di impostazioni simili, quali il presente Position Paper di Confindustria Genova, ma soprattutto gli effetti e le collaborazioni in essere che potranno seguire con Soggetti in linea di azione comune, riguardano in particolare l’esercizio del lavoro dipendente: il mismatch è certamente un fatto che deve e può essere esaminato in maniera congrua e motivante, non soltanto limi-
tandosi alle percentuali di sintesi del fenomeno. Ma in genere, la propensione delle persone in età di lavoro a esercitare le proprie competenze in questa direzione, nei tempi e nei modi previsti dal lavoro dipendente non è né così assicurata, né così esercitata secondo modelli in corso di parziale o totale superamento.
7. Primo elemento da analizzare sono le dinamiche demografiche per capire le ricadute sulle dinamiche del lavoro: quindi, dati e dinamiche demografici relativi a Genova e alla Liguria; avere a disposizione dati, possibilmente strutturali e non relativi a micro fenomeni normalmente ingigantiti da enti pubblici e privati, e diffusi dagli organi di comunicazione in modi che spesso impediscono di capire e affrontare nella maniera più efficace i fenomeni reali.
8. Secondo elemento è definire la migliore visione comune all’interno della quale disegnare politiche e individuare strumenti di intervento per le istituzioni educative e formative (queste ultime in un orizzonte temporale che abbracci l’intera vita lavorativa) delle persone sui territori (in primis Genova e la Liguria): l’incrocio tra le politiche, gli investimenti e le azioni già fatte con la realtà, quantitativa oltre che qualitativa, degli elementi in trasformazione sono evidenti e dovrebbe essere di interesse comune di tutte le parti interessate realizzarlo in partnership e con obiettivi comuni improntati alla fiducia e alla costruzione del futuro. Ancorché fiducia necessaria da alimentare con flessibilità, coerenza e capacità di innovare, se il contesto di riferimento muta.
9. Terzo elemento è la gestione più corretta del mondo del lavoro: nel 2025 non si parla solo di contrattazione, dove l’unica reale contropartita è costituita dallo scambio tra retribuzione e orario di lavoro, ma evidentemente molto di più, secondo modelli che il Sistema Confindustria propone da tempo a livello nazionale, e Confindustria Genova propone a livello locale. Anche in questi casi la sede degli accordi, soprattutto con le altre Parti Sociali, sarà fondamentale, ma la Pubblica Amministrazione potrà, per quanto riguarda le proprie competenze, integrare almeno alcuni di questi aspetti con iniziative complementari importanti.
10. Quarto elemento è l’attuazione pratica dei piani di intervento, la verifica e il miglioramento continuo in partnership con il maggior numero possibile di parti interessate: forse, rispetto ad altri componenti della società, per chi rappresenta il mondo delle imprese la gestione di ciò che si fa è parte essenziale, ma la speranza è che le proposte del Position Paper siano condivise da tutti gli interessanti e quindi si concordi un’organizzazione di partnership in grado di ideare, progettare, ottenere risorse congruenti, attuare, verificare e di seguito migliorare di continuo ciò che si realizza.●
Il documento completo può essere consultato o scaricato online: https://bit.ly/position-paper-sul-lavoro
CONFINDUSTRIA
Le proposte di Confindustria Genova per sostenere la crescita delle aziende sui mercati esteri e per favorire gli investimenti internazionali sul nostro territorio.
Round the world
Nell’incontro “Nuovi assetti geopolitici. Le sfide del mondo che cambia”, il 20 marzo scorso, Marco Ansaldo, Consigliere scientifico Limes, ci ha offerto l’occasione di comprendere e di approfondire le cause e gli effetti dei mutamenti che scuotono gli equilibri tra le potenze mondiali, con conseguenze a cascata fino all’agire quotidiano. In quella cornice, è stato presentato il Position Paper di Confindustria Genova sull’internazionalizzazione, “Proposte a sostegno dello sviluppo del business delle imprese sui mercati internazionali e dell’attrazione di investimenti esteri”, realizzato a cura di Maria Caterina Chiesa, Vice Presidente con delega a Finanza e Affari Internazionali. Dedichiamo lo spazio che segue proprio al capitolo “Le nostre proposte”, mentre il documento completo può essere scaricato inquadrando il Qrcode.
Desk internazionalizzazione
Confindustria Genova sta sempre più intensificando i contatti con la rete della diplomazia economica
(Ambasciate, Consolati, Rappresentanze Permanenti e Uffici delle Agenzie del Sistema Italia - ICE Agenzia, Cassa Depositi e Prestiti, SACE, Simest), con istituti di credito con presenza capillare all’estero, con riconosciute società di consulenza e, non ultimo, con le rappresentanze estere di Confindustria, per attivare continuamente nuove “antenne” a supporto delle esigenze di internazionalizzazione delle imprese. Un patrimonio di relazioni che possono vantare quasi tutti i soggetti coinvolti nelle attività di internazionalizzazione e sul quale si potrebbe costruire un Desk internazionalizzazione sempre più integrato fra Confindustria Genova, Regione Liguria con Liguria International, Comune di Genova, Camera di Commercio di Genova, Corpo Consolare e altre realtàcome l’Università di Genova o l’Autorità di Sistema portuale del Mar Ligure Occidentale - che volessero portare il proprio contributo e la propria fattiva esperienza di internazionalizzazione. Desk che dovrebbe lavorare, secondo noi, seguendo poche, ma chiare direttive: condivisione delle relazioni diplomatiche
del territorio; circolazione e condivisione di informazioni su iniziative a supporto dell’internazionalizzazione delle imprese; sviluppo delle filiere di PMI all’estero anche attraverso il supporto di SACE e Simest; condivisione di una rete di esperti sulle diverse problematiche doganali, fiscali, societarie; costruzione di un “data lake” per l’archiviazione dei dati finalizzati all’implementazione della mappatura dell’internazionalizzazione delle imprese e al problem solving; implementazione di una piattaforma per l’organizzazione di exhibit e B2B virtuali allo scopo di presentare i propri prodotti/servizi o di fare scouting di potenziali buyer/vendor sui mercati esteri, anche con una funzione propedeutica alla partecipazione in presenza a un dato evento - con il vantaggio di verificare e selezionare in anticipo gli interlocutori da incontrare, ottimizzando agenda e tempi.
Attrazione investimenti esteri
Come ha evidenziato Anna Ruocco, direttore Osservatorio Imprese Estere dell’Advisory Board Investitori Esteri di Confindustria, nell’introduzione al 6º Rapporto pubblicato nel mese di febbraio 2025, “l’interazione tra le piccole e medie imprese italiane e le imprese estere genera un ciclo virtuoso di benefici reciproci che eleva l’attrattività dell’Italia come polo per investimenti internazionali e supporta le PMI nel loro percorso verso l’internazionalizzazione e l’innovazione. Questa cooperazione si traduce non solo nell’accesso alle reti di produzione internazionali, facilitando l’inserimento delle PMI italiane nelle catene globali del valore, ma anche nell’espansione in nuovi mercati. Agendo come ponti, le imprese estere permettono alle PMI italiane di esportare i loro prodotti e servizi a livello globale, ampliando la loro base di clienti e la loro diversificazione di mercato”. Qui si apre il capitolo di cosa rende, in generale, un territorio attrattivo per un investitore estero e, nel caso specifico della città metropolitana di Genova, quali sono i driver su cui, a nostro parere, si può puntare in un’ottica di internazionalizzazione. Partiamo dall’ecosistema dell’innovazione. L’Università di Genova è impegnata a intensificare e ad ampliare le relazioni internazionali con le migliori università estere (a oggi sono circa 200 gli accordi siglati) con l’obiettivo, tra gli altri, di offrire agli studenti stranieri più motivati l’opportunità di intraprendere un periodo di studi presso l’ateneo genovese. Sono circa un migliaio gli studenti stranieri che si immatricolano ogni anno per frequentare principalmente i corsi in lingua Inglese (2 corsi di laurea triennali e 20 di laurea magistrale) attivi nell’area dell’economia e delle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Gli studenti esteri che si laureano a Genova e che ritornano al proprio Paese creano un ponte tra la nostra città e il mondo, stringono legami con i propri compagni di corso che perdurano nel tempo e sono la base per future relazioni professionali internazionali. L’Istituto Italiano di Tecnologia - IIT è di per sé un “campione” di internazionalizzazione, con uno staff di circa 1900 persone provenienti da 70 paesi del mondo. La presenza dell’Istituto anche nel Parco Tecnologico degli Erzelli può avere un effetto volano per attrarre altre realtà produttive internazionali, così come il consolidamento a Genova di spin-off quali Movendo Technology, BeDimensional o Corticale. Lato Confindustria Genova, tra i propri associati vi sono numerose aziende for-
temente internazionalizzate che sviluppano o impiegano alta tecnologia e che sono di riferimento per il proprio settore a livello globale. Ricordiamo, infine, che Genova è punto di approdo di infrastrutture per le comunicazioni globali, costituite dai cavi sottomarini Unitirreno, BlueMed, 2Africa e Medloop che attraversano il Mediterraneo: quali sono, a oggi, le ricadute in termini di nuovi insediamenti di imprese che devono operare in prossimità dei data center? Altri elementi di possibile attrazione di investimenti sono il knowhow sull’energia, grazie alla presenza sul territorio di aziende operanti nei settori energetici tradizionali (reattori nucleari SMR e ADR e per tecnologie di fusione) e di frontiera (sviluppo di progetti per produzione idrogeno; la logistica, uno dei punti di forza dell’Europa, che Genova può valorizzare attraverso il suo essere città-porto del Mediterraneo - perché cambieranno le rotte e cambieranno i flussi, ma le merci andranno comunque spostate. A questo si aggiunge il piano di rilancio dell’Aeroporto di Genova in ottica cargo, a cura di GOAS, il gruppo di spedizionieri con capofila Spediporto; il trading, settore nel quale Genova vanta competenze “storiche”, collegate a un network di operatori internazionali di altissimo livello: un esame dei possibili fattori abilitanti utili a valorizzare l’expertise presente sul territorio quale elemento di sviluppo di relazioni internazionali potrebbe offrire nuovi spunti alle strategie di marketing territoriale. Per “trattenere”, oltre che per attrarre, sarà necessario istituire uno sportello unico per gli expat, per offrire una proposta di servizi di accoglienza e a supporto dell’integrazione nella comunità genovese di imprenditori, manager, lavoratori, accademici, ricercatori, studenti stranieri chiamati a concorrere alla realizzazione del progetto di investimento nella nostra città o comunque coinvolti nello sviluppo di partnership internazionali con aziende del territorio. La proposta di servizi - da mettere a punto con i soggetti di riferimento nonché “destinatari finali” degli expat (Università, Centri di ricerca, imprese attraverso le Associazioni datoriali...) - dovrà comprendere, a titolo esemplificativo: il supporto nell’ottenimento di visti e permessi; servizi di mediazione culturale; affiancamento nell’interlocuzione con rappresentanti e funzionari delle istituzioni locali e della Pubblica Amministrazione; prima consulenza legale e fiscale a investitori e imprenditori; collegamento tra aziende e stranieri in cerca d’impiego; orientamento per studenti o giovani in cerca di un tirocinio; assistenza nell’organizzazione della vita quotidiana: dai corsi di lingua al disbrigo delle pratiche per il trasferimento di residenza, dalla ricerca dell’alloggio alla scelta del medico di base, all’iscrizione a scuola dei figli. Così come per la promozione delle relazioni internazionali finalizzate all’espansione delle nostre imprese sui mercati esteri, anche le iniziative mirate al marketing territoriale dovrebbero essere coordinate da un unico soggetto, in comunicazione continua con tutti gli stakeholder, in modo da “capitalizzare” le best practice e la gestione delle criticità.●
Il position paper sull’internazionalizzazione è consultabile e scaricabile online: https://bit.ly/paper-internazionalizzazione
di Piera Ponta
Per il vice presidente di Confindustria per il Lavoro e le Relazioni industriali, il confronto sindacale deve superare le vecchie logiche conflittuali e ripartire da un set di regole condivise.
Cambio di passo
“ È indispensabile puntare su upskilling e reskilling delle persone, mirati alle necessità delle trasformazioni in atto”
“ Dobbiamo evolvere da relazioni industriali focalizzate su rapporti di forza nella distribuzione della ricchezza”
“ Garantire una contrattazione collettiva di qualità significa creare i presupposti per un’occupazione stabile e regolare”
Maurizio Marchesini
Il Position Paper sul Lavoro di Confindustria Genova, presentato il 17 marzo scorso, offre interessanti spunti di discussione con particolare riguardo al mismatch occupazionale, a un nuovo modo di intendere le relazioni industriali, al ruolo delle associazioni di rappresentanza che, in una società complessa come quella di oggi, si confermano soggetti fondamentali nella composizione di interessi eterogenei e facilitatori del dialogo sociale. Ne abbiamo parlato con Maurizio Marchesini, presidente di Marchesini Group (azienda leader nel packaging dei prodotti farmaceutici e cosmetici, con circa 2000 dipendenti), e vice presidente di Confindustria con delega al Lavoro e alle Relazioni industriali.
Nel rinnovo dei contratti collettivi di questi ultimi anni si è posto sempre più “la persona al centro”, riservando grande attenzione alla formazione con l’aggiornamento
e l’acquisizione di nuove competenze, alla parità di genere, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, e prevedendo numerose iniziative e prestazioni di welfare. Al di là degli aspetti economici, su quali altri elementi si focalizzeranno le future trattative di rinnovo?
La gran parte dei contratti collettivi del Sistema Confindustria si esercita ormai da tempo su temi relativi alla parità di genere, alla conciliazione tra vita privata e lavoro, al welfare. Con specifico riferimento a quest’ultimo tema, iniziative come la previdenza complementare e l’assistenza sanitaria si sono diffuse nella gran parte delle imprese associate a Confindustria, come rilevato dalla nostra Indagine annuale sul lavoro, anche sulla spinta di quanto previsto dai contratti collettivi. Si tratta di iniziative virtuose e socialmente responsabili in quanto integrano utilmente il welfare pubblico, promuovendo una migliore tutela della salute e la crescita della cultura previdenziale dei lavoratori. Occorre però che lo Stato riconosca adeguatamente anche dal punto di vista della regolamentazione questo sforzo, non banale, sostenuto da parte delle imprese, specialmente nel comparto industriale e dei servizi avanzati. In secondo luogo, è necessario che la contrattazione collettiva si concentri ancor più su elementi decisivi per la competitività del sistema produttivo. In primis, stanti le difficoltà che le nostre imprese incontreranno nel futuro in termini di reperimento delle competenze, è indispensabile puntare su upskilling e reskilling delle persone, mirati alle reali necessità delle trasfor-
mazioni in atto, dettate anche dalle transizioni che imporranno le tematiche dell’ambiente e della digitalizzazione, immaginando anche legami più stretti con il sistema formativo. Il secondo livello di contrattazione, poi, è il livello ideale al quale definire modelli di organizzazione del lavoro in grado rispondere alle esigenze reciproche di imprese e lavoratori, sempre avendo come obiettivo il miglioramento della produttività. In questo contesto, l’impatto crescente dell’intelligenza artificiale richiederà un ripensamento attento di ruoli e processi. Naturalmente, accanto a ciò, la sicurezza sul lavoro resta una priorità assoluta e richiede un impegno costante e condiviso per diffondere la cultura della prevenzione. In sostanza, la contrattazione del futuro dovrà essere uno strumento sempre più strategico per governare il cambiamento, collegando il benessere individuale ad una crescita economica duratura e sostenibile.
Per Confindustria le relazioni industriali devono essere funzionali alla creazione delle condizioni che possono portare a un mondo del lavoro dinamico, inclusivo e favorevole allo sviluppo personale e professionale, unitamente alla crescita della produttività del sistema economico. L’obiettivo è ambizioso: come raggiungerlo? Parto con il dire che l’obiettivo di creare un mondo del lavoro dinamico, inclusivo, favorevole allo sviluppo e capace di trainare la produttività è senza dubbio ambizioso, ma è un obiettivo irrinunciabile per il nostro Sistema. Se, come io
credo sia opportuno, le relazioni industriali vogliono giocare un ruolo importante nel perseguimento di questo obiettivo, serve un vero cambio di passo e un impegno condiviso, fondato su alcuni presupposti chiave. Innanzitutto, i contratti nazionali devono continuare a fornire una cornice di tutele comuni per i lavoratori e di condizioni per la leale concorrenza tra le imprese ma, soprattutto, devono scaturire da un confronto sindacale costruttivo basato non più su vecchie logiche conflittuali ma su un set di regole condivise e sulla relazione tra le parti. La contrattazione di secondo livello, ovvero quella aziendale, può poi disegnare soluzioni “su misura” per collegare efficacemente salari, welfare e organizzazione del lavoro alla produttività specifica e all’innovazione. In sintesi, dobbiamo evolvere da relazioni industriali focalizzate su rapporti di forza nella distribuzione della ricchezza a relazioni industriali capaci di generare nuovo valore condiviso. Il presupposto di questo sistema di relazioni industriali moderno rimane sempre lo stesso: un quadro di regole chiare. Il richiamo è alla necessità di portare a compimento la misura della rappresentanza sindacale e di realizzare la misura della rappresentanza datoriale.
Sul tema del calo demografico (ma si parla addirittura di “glaciazione demografica”) si innesta quello dell’esodo dei giovani, spesso altamente formati. A suo parere, quali politiche di attrattività e di retention dovrebbero essere messe in atto per arginare questo fenomeno?
La cosiddetta “glaciazione demografica” è già evidente nel mercato del lavoro e rappresenta forse il problema più urgente per il futuro del nostro Paese. Vi concorre certamente l’emigrazione di cittadini all’estero, ma la causa principale rimane la bassa natalità dei residenti. Dal nostro punto di vista, per farvi fronte, sono necessarie una visione di lungo periodo e l’elaborazione di un pacchetto organico di interventi strutturali, non semplici palliativi. Tra le misure non si può non contemplare il potenziamento dei servizi per l’infanzia, con asili nido accessibili in tutto il territorio, che favorirebbero una maggiore occupazione femminilein Italia ferma al 52,5% tra le donne in età attiva. Altrettanto importante è migliorare la qualità della vita attraverso servizi pubblici efficienti e un welfare aziendale robusto che supporti la genitorialità e la conciliazione. È cruciale investire massicciamente nell’intero ecosistema della conoscenza e delle competenze, allineandolo meglio alle esigenze delle imprese, specialmente nei settori chiave delle transizioni. Dobbiamo creare poli d’eccellenza, potenziando università e Istituti Tecnici Superiori, che si sono dimostrati capaci di generare talenti. Non dimentichiamo poi la necessità di politiche abitative mirate per i giovani, come sottolineato dal presidente Orsini. Infine, dobbiamo gestire in maniera dinamica e costruttiva i rapporti con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo puntando sulla formazione nei Paesi d’origine, in vista della creazione di canali di immigrazione regolare e qualificata che siano, altresì, il presupposto per efficaci politiche di integrazione.
In questi anni di transizioni, le associazioni di rappresentanza sembrano aver perso consenso e appeal, soprattutto tra i giovani, che non le giudicano in grado di tutelare a sufficienza i diritti della collettività. Qual è la sua opinione al riguardo?
Siamo consapevoli che in questi anni si è diffuso un clima di sfiducia verso i corpi intermedi in generale, e le associazioni di rappresentanza non ne sono state esentate. In effetti, la rapidità dei cambiamenti e le nuove forme di comunicazione possono talvolta generare una percezione di distanza. Ciononostante, resto profondamente convinto che il ruolo di organizzazioni come Confindustria sia oggi più fondamentale che mai. In società complesse come le nostre, infatti, i corpi intermedi sono indispensabili per ricomporre interessi eterogenei e dare loro voce in modo strutturato, oltre che per facilitare quel dialogo sociale vitale per la coesione e per governare processi complessi come le transizioni tecnologiche. Spesso si dimentica l’impatto concreto della nostra azione: limitandoci alle tematiche relative alla mia delega, ad esempio, andiamo dai contratti collettivi, che normano il lavoro di milioni di persone, alle iniziative per la formazione, a sostegno della competitività, alle forme di welfare bilaterale, che garantiscono maggior solidarietà e coesione sociale. Garantire una contrattazione collettiva di qualità significa anche cercare di creare i presupposti per un’occupazione stabile e regolare che possa aiutare le giovani generazioni a costruirsi un futuro. L’impegno per affermare la contrattazione di qualità e, quindi, un’occupazione qualificata, credo che sia uno degli impegni più concreti che si possano assumere per andare incontro ai bisogni delle giovani generazioni.●
Grandi Imprese e
Nuova competitività e nuove filiere.
di Guido Conforti
Da almeno un decennio è sempre più evidente a tutte le imprese che, qualunque sia l’ambito operativo e il mercato di riferimento, le ragioni con cui si costruiscono o, meglio ancora, si mantengono, con necessarie azioni operative, le proprie, specifiche condizioni di competitività, stanno profondamente cambiando.
Risalendo di un altro decennio, nel mentre della crisi emblema di Lehman Brothers, poi estesa all’economia generalizzata, Confindustria varò un’iniziativa quanto mai interessante di indagine su aziende che, nonostante tutto, mantenevano modelli gestionali di successo e che furono attentamente analizzate per consentire di trarne delle costanti, almeno potenzialmente utili all’universo delle imprese, a maggior ragione se PMI.
In tutta Italia si costruirono così dei “focus” capaci di esaminare le imprese reali e, di fatto, le catene del valore a cui le stesse partecipavano con obiettivi di sempre maggiore presenza e mantenimento nel futuro. Da tale punto di vista il concetto primario di “sostenibilità” è fin da allora esattamente questo, ossia il complesso delle azioni poste in essere da parte dell’azienda per affrontare adeguatamente una realtà in profondissimo divenire sotto molteplici aspetti, quali la trasformazione del mondo in un’Infosfera, la necessità di manutenere in maniera del tutto diversa l’ambiente terrestre e, non ultimo, le diverse modalità del genere umano di gestire la propria vita personale, ivi compresa quella lavorativa.
Con queste premesse, il Gruppo Piccola Industria di Confindustria Genova nel maggio del 2024 ha presentato pubblicamente un proprio position paper dal titolo “Catene di fornitura, digitalizzazione, transizione green: l’evoluzione delle filiere produttive e delle relazioni tra PMI e Grandi Imprese”
Il position paper parte dalla considerazione che non esistono condizioni operative comuni per tutti, ma soprattutto le Grandi Imprese, là dove operano e hanno maggiore dimestichezza sul proprio mercato e sul rendersi adeguate alle mutevoli condizioni di competitività certamente in funzione delle proprie evoluzioni interne, dovevano essere attive con altrettanta necessità anche sulla filiera di PMI aderenti al proprio modello produttivo, almeno quelle di sufficiente e non sostituibile importanza.
Alcune Grandi Aziende che, per ragioni di concreta o legittimamente attesa modificazione delle condizioni geopolitiche di globalizzazione, stanno operando in ambiti di backshoring, friendshoring o di reshoring, programmano necessariamente investimenti industriali e di partnership con PMI che hanno ricadute fisiche sul territorio. Altri effetti si trovano, viceversa, se si dà priorità al tema della digitalizzazione e dell’open innovation, con lo sviluppo di temi chiave quali i processi produttivi innovativi e personalizzati, le piattaforme digitali, la modellazione, l’uso concreto dell’Intelligenza Artificiale, l’alta efficienza e lo zero-defect, la valorizzazione delle risorse umane, la cybersecurity. Sotto gli aspetti della dimensione ecologica della sostenibilità delle filiere, i punti qualificanti sono certamente quelli dell’economia circolare, della transizione energetica e della mobilità sostenibile, in generale un ripensamento del ciclo di vita tout court di beni e servizi prodotti.
Sotto altro profilo, sempre più esteso alle Grandi Imprese, agli operatori finanziari e assicurativi, ma in fin dei conti all’interesse interno e primario delle stesse PMI, l’integrazione di considerazioni ambientali, sociali e di governance nelle procedure ESG (ambientali, sociali e di governance) di fatto possono promuovere pratiche economiche sostenibili e indirizzare i capitali verso investimenti che generano benefici a lungo termine per la società e l’ambiente, oltre che per gli investitori.
Il tema della rendicontazione di sostenibilità rappresenta quindi una delle sfide più immediate per le piccole e medie imprese. Dai primi atti legislativi dell’Unione Europea in tema di ESG emerge l’esigenza del legislatore europeo di mettere a disposizione degli investitori strumenti normativi per stabilire quali investimenti siano realmente ESG oriented e per contrastare pratiche di greenwashing.
In questa prospettiva generale del Position Paper del Gruppo Piccola Industria, Confindustria Genova ha iniziato a proporre e quindi a sottoscrivere accordi di collaborazione con Grandi Imprese associate che condividono sia i principi sia le applicazioni più specifiche relative alle proprie particolari esigenze.
Con tale obiettivo il primo accordo è stato firmato con Ansaldo Energia in occasione dell’Assemblea pubblica che si è svolta presso il loro stabilimento lo scorso 5 dicembre e successivamente altri hanno fatto seguito o sono in corso di predisposizione, ognuno ritagliato sulle specifiche e concrete necessità delle filiere produttive.
In questa logica Confindustria Genova sta investendo in tecnologia e riforma dei propri servizi per aiutare concretamente la messa a regime di iniziative che riguardino sia singole filiere, sia le attività di rating e successiva proposta di iniziative e investimenti per migliorare la condizione di sostenibilità di ogni singola PMI nei confronti di un grande cliente, di una banca, ma in generale del proprio mercato, al quale ci si rivolge come soggetto unitario e valutabile come tale. La maggiore efficienza nella gestione della PMI ha riflessi positivi sui diversi rating, calcolabili rapidamente con strumenti di AI, con benefici per tutte le parti coinvolte. Questo approccio costituisce uno dei temi che è in fase di sviluppo all’interno di MITOGENO, anzitutto per l’evidente realtà che le filiere produttive non si racchiudono all’interno di ogni singolo ambito dell’Associazione territoriale, ma si espandono certamente a livello macro-metropolitano come MITOGENO è. Altra prospettiva potrà, semmai, essere quella di allargarsi ancora a tutto il sistema Confindustria. Per rimanere all’ambiente di MITOGENO, un obiettivo non è solo quello di aiutare PMI torinesi, milanesi e dintorni a partecipare a progetti condivisi con grandi aziende genovesi, ma di proporre iniziative analoghe da parte di grandi aziende torinesi, milanesi e dintorni, che abbiano a Genova PMI della specifica filiera. Insomma, che si continui ad andare convinti verso un obiettivo condiviso che è quello di operare per migliorare la competitività di tutte le aziende facendo leva sulla loro presenza all’interno di filiere che sono chiamate a modificare, rapidamente, il proprio stato.●
Guido Conforti è Direttore Generale di Confindustria Genova
NOstress
Alla biancheria per gli ospiti ci pensa una startup.
di Matilde Orlando
Matteo Campodonico
Normalmente, quando entriamo in un bed & breakfast, ci accoglie il profumo di pulito e sembra che la casa stesse aspettando soltanto noi. Dietro al ricambio di lenzuola e asciugamani per ogni nuovo ospite si nasconde un lavoro delicato e puntuale, ed è qui che si inserisce bnbkit, startup che digitalizza, semplifica e gestisce il servizio biancheria per gli host dei b&b. Ce ne parla il Founder e CEO Matteo Campodonico.
Se dovessi mettere in luce tre caratteristiche di bnbkit in altrettante parole, quali sceglieresti? E perché? bnbkit nasce per dare risposta a un problema diffuso e molto sentito da chiunque si occupi di affitti brevi. Per questo motivo le caratteristiche “pilastro” su cui abbiamo basato questa prima fase di sviluppo sono: “Servizio no stress”, puntando alla creazione di un flusso operativo quanto più automatizzato possibile e che elimini qualsiasi preoccupazione legata agli ordini, alla logistica (far arrivare la bian-
cheria nelle singole case) e alla disponibilità della biancheria pulita, morbida e ben stirata. “Efficienza”, al fine di offrire un servizio rapido e ottimizzato per le esigenze degli host, semplificando la gestione della biancheria: efficienza delle consegne, efficienza amministrativa (ordini, pagamenti). “Affidabilità”, con gli obiettivi di gestire consegne puntuali e proporre un servizio sempre disponibile (nelle grandi città consegniamo tutti i giorni), permettendo ai nostri clienti di concentrarsi sulla gestione della loro struttura.
Entriamo nel dettaglio: quale idea imprenditoriale è alla base di bnbkit e quali riscontri hai ottenuto fino ad oggi dal mercato?
Il mondo degli affitti brevi è fatto da tre grandi tipologie di gestori: i piccoli host - che generalmente mettono a reddito la loro seconda casa -; i property manager, aziende professioniste che arrivano a gestire 10, 100 e persino 2000 case; e infine le imprese di pulizie specializzate. Per tutti loro la biancheria è uno degli aspetti più delicati, che “ruba” più tempo (lavare, asciugare, stirare 10/20/50 lenzuola e asciugamani tutti i giorni) o che crea più problemi logistici (pensate a chi fa le pulizie che deve trasportare 10/20 kg da una casa all’altra in un centro storico dove non si può parcheggiare, lasciare l’auto ecc.). I problemi veri iniziano quando il numero di case e di strutture cresce. È un po’ quello che è successo nel tempo agli hotel. Tanti anni fa gli hotel avevano le lavanderie interne, oggi quasi la totalità si affida a lavanderie industriali. E qui nasce - per noi - l’opportunità: le lavanderie industriali nascono per gestire grandi clienti e non sono attrezzate per gestire migliaia di piccoli clienti distribuiti sul territorio. Immaginate il camion di una lavanderia industriale che deve consegnare un pacchetto con 3 lenzuola in un centro storico di Genova o Milano... problemi di parcheggio, di dimensione dei mezzi, di accesso alle strutture. C’era un buco di mercato: una domanda crescente da parte dei gestori di affitti brevi da un lato, e un’impossibilità da parte delle lavanderie industriali di soddisfare questa domanda. Con bnbkit, abbiamo creato un servizio di noleggio e consegna che elimina questi problemi, garantendo una soluzione flessibile e su misura attraverso un servizio dedicato e molto, molto tecnologico: ordini online, collegamento automatico ai sistemi di prenotazione, app del rider che aiuta a gestire le consegne, un software di logistica che aiuta a organizzare le consegne giornaliere. Semplificando un po’, bnbkit funziona così: il nostro cliente X domani ha 5 check-out in 5 case diverse. Se il cliente ci ha consentito di connettere il suo sistema di prenotazioni non deve fare niente, noi sappiamo che domani ha 5 checkout, e domani tra le 11 e le 15 (tra il check-out e il checkin successivo) i nostri rider ritireranno casa per casa i kit di biancheria sporca e lasceranno i kit di biancheria pulita. Se il cliente non ha connesso il suo channel manager, farà gli ordini a mano entro la mezzanotte di oggi (5 letti liberati = 5 kit da ordinare). Ordine automatico, possibilità di last minute, nessun minimo di ordine, consegna a domicilio, facilità del processo. Il mercato ha risposto in modo molto positivo: dopo una sperimentazione pilota nel Tigullio, siamo partiti a Milano e abbiamo registrato una crescita costante, con un numero sempre maggiore di clienti che apprezzano la nostra affidabilità e il risparmio di tempo e
costi operativi. Oggi siamo arrivati a circa 1200 strutture gestite a Milano, stiamo aprendo a Roma e in Liguria (da Genova alle Cinque Terre). Speriamo di arrivare in un paio di anni in tutta Italia e, perché no, andare poi all’estero (Spagna e Francia sono molto simili all’Italia).
A quali esigenze o nuove opportunità la startup intende rispondere e come?
Il mercato degli affitti brevi è in forte evoluzione e si stanno affermando soluzioni che aiutano la gestione degli stessi. Pensate ai sistemi per il check-in automatico, o a quelli di aperture delle porte via app: all’inizio c’era il singolo host che faceva tutto da solo, oggi invece il singolo host si è trasformato in un professionista che ha imparato un mestiere e gestisce più case. E ha bisogno di servizi professionali. bnbkit risponde alla necessità di avere una gestione più agile e meno onerosa della biancheria, riducendo il carico di lavoro, ottimizzando i costi di trasporto e semplificando i processi. Inoltre, stiamo sviluppando nuove soluzioni per aumentare la sostenibilità del nostro modello, riducendo l’impatto ambientale e introducendo materiali e processi sempre più efficienti. Il nostro obiettivo è continuare a innovare per rispondere alle nuove esigenze del mercato dell’ospitalità.
Quale percorso personale e professionale ti ha portato qui e quali sono le professionalità coinvolte in bnbkit? Sono il founder di una startup tecnologica di successo con clienti in tutto il mondo e oltre 400 dipendenti al momento della exit (Wyscout). bnbkit nasce da un mix di esperienze nel settore dell’hospitality e della logistica; il tutto è poi fortemente guidato dalla tecnologia e dall’innovazione. Il nostro team unisce competenze diverse: dal management aziendale alla gestione operativa, con un focus sulla digitalizzazione dei processi. Questo ci ha permesso di costruire un servizio altamente scalabile e orientato al cliente. Collaboriamo con professionisti del settore extra-alberghiero, esperti di logistica e customer care, creando una rete solida che ci permette di offrire un servizio efficiente e di alta qualità.
Guardando al futuro, quali sono le ambizioni di sviluppo e i progetti per la startup?
Siamo una startup e rimaniamo con i piedi per terra. Perché anche se il modello di business è chiaro, poi ci sono i problemi e le difficoltà di tutti i giorni che ci dicono che la strada è comunque lunga e per niente scontata. Quando lanci una startup devi essere molto flessibile e disponibile a rimettere in discussione processi e scelte ogni giorno. Ed è quello che stiamo facendo. A oggi non abbiamo deciso con certezza assoluta il tipo di articoli che deve comporre il kit (a Milano lo abbiamo fatto in un modo, a Roma in un altro e in Liguria ancora diverso...), e stiamo cercando di capire quali siano i mezzi più adatti per ottimizzare i costi di consegna (furgoni, bici, cargo scooter...). Detto questo, come ho sottolineato prima, vogliamo arrivare a servire i b&b di tutta Italia e magari tra un paio di anni lanciare bnb kit all’estero. Ce la metteremo tutta!
Una riflessione conclusiva: quali esperienze pregresse o inclinazioni personali ti sono state utili nel lavoro di startupper e, viceversa, cosa hai imparato in bnbkit che vuoi portarti anche “a casa”?
Essere founder di startup richiede una capacità di adattarsi rapidamente, di individuare soluzioni efficaci e di sfruttare al meglio le opportunità offerte da un mercato in costante trasformazione. Il vero motore della crescita non è solo l’idea innovativa, ma la capacità di esecuzione che arriva ed è possibile solo grazie alla costruzione di un team solido. Una visione chiara e condivisa è fondamentale per creare un servizio che risponda concretamente alle esigenze del mercato. Sono molto contento di quanto stiamo facendo. Insieme a me e al mio co-founder Maurizio Losi, lavorano un sacco di persone straordinarie, che stanno mettendo l’anima e le loro capacità nel progetto. Anche il recente round di investimento - 1,5 milioni di euro raccolti da investitori strategici - dimostra la fiducia nel nostro modello di business da parte di chi ci osserva dall’esterno. Faremo il massimo perché anche loro stessi possano dire “ci avevo visto giusto!” ●
IN COLLABORAZIONE CON
CON IL SOSTEGNO DI
HANNO PARTECIPATO
PARTNER ISTITUZIONALE
I CLUB TEMATICI SONO ORGANIZZATI CON IL CONTRIBUTO DI
di Maria Rosa Riso
Sottoscritto un Protocollo d’Intesa tra la Direzione provinciale INPS di Genova e Confindustria Genova, che prevede l’attivazione di un canale di consulenza specialistica per gestire tempestivamente le problematiche più complesse.
innovativi
Servizi valoreper creare
L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale da sempre si impegna a consolidare il proprio ruolo di facilitatore della coesione sociale, di inclusione, di sviluppo e di sostegno, attraverso l’impostazione sistemica di relazioni sinergiche. Sulla base di tali linee guida, anche sul territorio genovese, sono state avviate collaborazioni, tra le quali vi è quella con Confindustria Genova che, nell’ambito del proprio ruolo istituzionale, promuove la diffusione tempestiva di conoscenze e informazioni idonee a un’ottimale gestione delle tematiche previdenziali.
Tale collaborazione è finalizzata a individuare soluzioni che agevolino l’accesso ai servizi offerti dall’INPS, nonché a consentire una più rapida e fluida gestione delle attività di imposizione contributiva e di riscossione, con il comune obiettivo di assicurare la massima qualità e tempestività dei servizi. A tale fine, presso la Direzione provinciale INPS di Genova, è stato attivato un canale dedicato di consulenza specialistica per Confindustria Genova, attraverso il quale è possibile rappresentare e risolvere le problematiche più complesse, aderendo alla modalità “in presenza” o attraverso la piattaforma Teams.
La collaborazione sino a qui descritta è stata formalizzata
lo scorso 11 marzo con la sottoscrizione di un Protocollo d’Intesa con Confindustria Genova. Nella medesima giornata, presso la sede dell’Associazione, si è svolto un evento formativo, in linea con quanto disposto dall’articolo 3 del Protocollo. Relatori dell’evento, dal titolo “Strumenti di comunicazione con le imprese - Easy INPS e Fascicolo elettronico del contribuente”, sono stati Chiara Bifani, Responsabile dell’Agenzia Flussi, e Alberto Astengo, Responsabile dell’Unità organizzativa “Gestione del credito” della Direzione provinciale INPS di Genova. È stato quindi illustrato il progetto che ha vinto il Premio Innovazione 2024 Eccellenza Italiana, modello di innovazione per le Imprese e le Pubbliche Amministrazioni denominato Easy INPS - Servizio rivolto a intermediari e datori di lavoro per la risoluzione delle anomalie. In sintesi, al fine di offrire una maggiore trasparenza e semplificazione, si esplicitano all’interno delle Note di Rettifiche non solo le differenze del calcolo della contribuzione dovuta, ma anche le motivazioni, con tutte le informazioni necessarie, circa le cause che hanno generato le differenze di calcolo, tra quanto determinato dai soggetti contribuenti e quanto effettuato dall’Istituto. L’azienda viene informata, in maniera chiara, in merito alle
cause della nota di rettifica, ricevendo indicazioni su modalità di gestione ed evitando di incorrere, in futuro, nella stessa situazione, ottimizzando le interazioni con le sedi territoriali dell’Istituto.
La formazione è proseguita con l’illustrazione delle funzionalità del Fascicolo elettronico del contribuente. Il Cassetto previdenziale del contribuente permette la verifica delle principali informazioni sulla posizione contributiva tramite un unico canale di accesso. Nel cassetto previdenziale è presente un servizio denominato “Comunicazione bidirezionale” avente come principale obiettivo la realizzazione di una modalità strutturata di comunicazione tra l’Azienda e l’Istituto. Le aziende possono inviare alla Sede INPS di competenza una richiesta scegliendo un oggetto tra i vari disponibili. Questa forma di contatto con l’Istituto fa parte della strategia omnicanale dallo stesso adottata e in grado di offrire all’utente un ampio numero di opportunità relazionali, tra loro integrate e sinergiche che gli consentono di intrattenere con l’INPS un’esperienza personalizzata e coerente nel tempo. All’adozione di una strategia omnicanale è strettamente correlata una politica di comunicazione organizzativa che segue gli utenti lungo tutte le fasi della
loro esperienza con l’Istituto, assicurando che tutti i contatti da loro ricevuti nei diversi touchpoint siano chiari, pertinenti e coerenti nel tempo. I nuovi dispositivi tecnologici consentono, peraltro, che tale comunicazione sia costruita in modo bidirezionale e possa abilitare una partecipazione attiva di cittadini e imprese nelle politiche di costruzione del valore.
Sempre nell’ottica della collaborazione, un precedente e importante evento formativo si è tenuto nel mese di dicembre dello scorso anno, avente a oggetto “Le nuove funzionalità della piattaforma Ve.R.A. e Simula Durc” Anche in questo caso i relatori sono stati la d.ssa Bifani e il dott. Astengo, i quali ne hanno illustrato benefici e vantaggi, ovvero l’autonomia per le aziende nella verifica della propria situazione contributiva, in modo da poter intercettare preventivamente possibili irregolarità.
Il sistema Ve.R.A. (verifica regolarità aziendale) espone in dettaglio e puntualmente la natura del credito e il suo stato per consentire alle aziende e ai loro intermediari di poter verificare preventivamente le situazioni di irregolarità in funzione di una generale esigenza di regolarizzazione (es. rateizzazione, accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza ecc.). Significativa novità è rappresentata dal fatto che l’Istituto mette a disposizione delle aziende tutte le informazioni contenute nelle proprie banche dati, superando ogni asimmetria informativa tra INPS e contribuenti. La funzione SimulaDURC espone la situazione di irregolarità con la medesima struttura dati resa disponibile nella sezione Ve.R.A., ma secondo le regole contenute nel DM 30 gennaio 2015. Entrambi gli strumenti sono trasversali a tutte le gestioni contributive collegate al codice fiscale e si collocano all’interno della trasformazione digitale, progetto in cui l’INPS è impegnato da anni.
Il progetto volto alla digitalizzazione e revisione dei servizi / processi già esistenti prevede una revisione approfondita dei sistemi e delle procedure interne, nonché l’evoluzione dei punti di contatto digitali con cittadini, imprese e altre Pubbliche Amministrazioni, al fine di fornire agli utenti un’esperienza digitale senza soluzione di continuità. Gli obiettivi del progetto si sostanziano: 1) nell’evoluzione dell’attuale modalità di funzionamento ed erogazione, di accesso ai servizi da parte dell’utente; 2) nella riprogettazione dei processi core e delle modalità di offerta del servizio; 3) nell’aumento dell’interoperabilità e apertura dell’innovazione in chiave ecosistemica; 4) nell’integrazione dei diversi canali e touchpoint per offrire agli utenti un’esperienza personalizzata; 5) nella creazione di nuove modalità di rappresentazione aggregata dei dati.
L’obiettivo dell’Istituto è quindi quello di fornire strumenti sempre più aderenti alle esigenze dell’utenza, adottando un modello di servizio che rappresenta un insieme di elementi e processi che descrivono il modo in cui l’INPS intende creare valore per i propri utenti, in particolare, come relazionarsi con i diversi segmenti di utenza, quali servizi offrire e per quale motivo. La stessa architettura include anche le azioni e le leve che consentono di capitalizzare una parte di questo valore, sottoforma di gradimento degli utenti e crescita complessiva di fiducia nell’Istituto.●
Maria Rosa Riso è Direttore provinciale INPS di Genova
HR
Un percorso di alta formazione che offre un approccio pratico ed esperienziale affiancato dall’analisi di casi aziendali concreti e dal confronto con esperti del settore.
in evoluzione
Le aziende si trovano ad affrontare sfide profonde, che esigono nuove strategie e modelli organizzativi per restare competitivi. I cambiamenti culturali, sociali, demografici e tecnologici richiedono che la figura del responsabile HR sia sempre più in grado di gestire e guidare queste trasformazioni.
Il mondo del lavoro sta cambiando perché l’orientamento, le priorità e le aspettative delle persone stanno cambiando e nessuna innovazione può avere successo senza il coinvolgimento attivo delle persone che danno corpo alle imprese.
Per questa ragione il settore delle risorse umane è chiamato a evolvere attraverso una ridefinizione del proprio perimetro d’azione, per creare engagement, valorizzare le diversità e costruire un ambiente di lavoro positivo, in grado di attrarre e trattenere talenti.
Affrontare queste sfide richiede una formazione adatta a interpretare e a governare il nuovo scenario. Per centrare questo obiettivo nasce il percorso di Alta Formazione “Da Responsabile HR a Responsabile Engagement & Inclusion”, realizzato da Ausind Srl, Società di Servizi di Confindustria Genova, in collaborazione con Luiss Business School.
Raffaele Oriani
Dean Luiss Business School
Le aziende devono promuovere la collaborazione tra generazioni diverse, adottando modelli di business ibridi, senza dimenticare l’impatto di sostenibilità e inclusione sui processi. Non si tratta più solo di garantire efficienza e produttività, ma di creare una cultura aziendale capace di rispondere alle nuove sensibilità dei lavoratori, sempre più attenti al benessere personale all’interno del contesto aziendale, alla crescita professionale e alla coerenza tra i valori dichiarati e le azioni concrete delle imprese.
Il settore HR è, quindi, il punto di snodo per la competitività futura. Per questo, oggi più che mai, è necessario lo sviluppo di nuove competenze per interpretare il cambiamento in modo proattivo.
L’Executive Programme “Da Responsabile HR a Responsabile Engagement and Inclusion” pensato da Luiss Business School mira a rispondere concretamente alle esigenze delle imprese, aggiornando le competenze più richieste e offrendo strumenti operativi per supportare il cambiamento organizzativo. Il programma è rivolto a HR manager e a imprenditori di PMI che desiderano approfondire i trend della funzione HR e acquisire le tecniche e gli strumenti necessari per attrarre e trattenere persone di talento, sviluppare un clima aziendale positivo, promuovere una cultura inclusiva e costruire una “employee experience” distintiva. La capacità, inoltre, di elaborare politiche di sviluppo e valorizzazione delle persone, fondate su programmi di formazione personalizzati di upskilling e reskilling, permette alle risorse delle aziende di rispondere efficacemente alle nuove sfide tecnologiche e di mercato.
La metodologia didattica di questo Executive Programme si basa su un concetto chiave per tutti i percorsi targati Luiss Business School: l’apprendimento esperienziale. Infatti, ogni percorso nato in seno a Villa Blanc si fonda su una combinazione tra diversi strumenti didattici pensati per condividere best practice e interagire con i docenti, attraverso esercitazioni, simulazioni, challenge e role-playing. Il percorso si articola in sei moduli. Le tematiche sono: Cultura aziendale e benessere organizzativo (modulo 1); Selezione, gestione e valorizzazione dei talenti (modulo 2); AI e nuove tecnologie per le competenze del futuro (modulo 3); Leadership strategica e inclusiva (modulo 4); Programmi di Reward & Welfare per le PMI (modulo 5); Le nuove relazioni industriali (modulo 6).
L’Executive Programme rappresenta un’opportunità di crescita per i professionisti del settore e una leva strategica per quelle organizzazioni che vogliono affrontare il futuro con una gestione delle persone più efficace, moderna e orientata al valore.●
infoausind@ausind.it www.ausind.it
dalla sperimentazione sull’uomo la tecnologia sviluppata da Corticale per studiare il funzionamento e le patologie del cervello.
“Nata nel 2021come spin off del Laboratorio di Microtechnology for Neuroelectronics dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), guidato da Luca Berdondini, Corticale Srl, startup innovativa nel settore della neuroelettronica, ha iniziato a operare nel 2021 grazie al finanziamento di 2,5 milioni di euro di Giuseppe Santella, imprenditore e top manager in numerose aziende, che da allora ne è il presidente. Il primo obiettivo di Corticale (che oggi ha nel team, oltre a Santella e Berdondini, anche il CTO Fabio Boi e il CSO Gian Nicola Angotzi, tutti e 4 soci fondatori) è stato portare sul mercato la tecnologia SiNAPS (Simultaneous Neural Recording Active Pixel Sensor technology), che consente di realizzare dispositivi impiantabili, grandi quanto un capello, dotati di migliaia di sensori neurali in grado di registrare l’attività bioelettrica di un numero elevatissimo di neuroni in diversi circuiti cerebrali e quindi di offrire nuove opportunità per lo studio del funzionamento del cervello e delle sue patologie, con applicazioni in campo diagnostico, terapeutico e farmacologico. A quattro anni dalla presentazione di Corticale sulle pagine di Genova Impresa, abbiamo chiesto al presidente Giuseppe Santella e a CTO Fabio Boi un aggiornamento sulle attività in corso e sui progetti per il futuro.
A che punto siamo?
Abbiamo completato la composizione della squadra con l’assunzione di diverse risorse con competenze specifiche e avanzate, per far fronte alle necessità di sviluppo del primo triennio di attività di Corticale, e abbiamo ottenuto la certificazione ISO 13485, che apre la strada alla sperimentazione dei nostri prototipi sull’uomo - ovviamente in subordine all’autorizzazione del Comitato etico di riferimento.
L’obiettivo, ora, è proprio questo: dimostrare le straordinarie potenzialità della nostra tecnologia anche sull’uomo. Oggi siamo alla terza generazione di dispositivi impiantabili, sui quali possono essere presenti fino a 1024 sensori neurali indipendenti, con una capacità di raccolta dati significativamente superiore a quelli dei nostri competitor. Un “plus” che ci viene riconosciuto anche da laboratori di ricerca di fama internazionale. Il prossimo step è lo sviluppo di un elettrodo bidirezionale in grado di registrare e di stimolare allo stesso tempo, con miglioramenti attesi in malattie che beneficiano dell’elettrostimolazione profonda, come ad esempio il Parkinson, contribuendo a una drastica diminuzione dei tremori, o come l’epilessia, potendo prevenire e inibire le dinamiche neurali patologiche che generano gli attacchi. Una delle applicazioni più a breve della tecnologia di Corticale potrebbe riguardare proprio l’epilessia: infatti, nel caso di paziente epilettici farmacoresistenti, destinati al trattamento chirurgico dei tessuti in cui si genera il focolaio epilettico, l’utilizzo dei nostri dispositivi potrebbe consentire di individuare con maggior raffinatezza, rispetto alle tecnologie attualmente disponibili, l’area cerebrale che provoca la crisi, per procedere, poi, alla rimozione del tessuto cerebrale del focolaio. In tal senso, anche grazie ai fondi PNRR (tra il 2024 e il 2025 abbiamo vinto tre bandi a cascata, due dell’ecosistema MNESYS e uno dell’ecosistema RAISE), stiamo sviluppando un nuovo tipo di sonda neurale che, sfruttando la tecnologia messa a disposizione dalla nostra piattaforma, potrà registrare sia l’informazione clinica “classica”, tipica degli elettrodi stereo-EEG, sia quella micrometrica, ad alta intensità, captata dai nostri microelettrodi. Questo consentirà ai ricercatori, già partendo dai modelli
Fabio Boi Giuseppe Santella
animali, di avere una maggiore comprensione del segnale elettrofisiologico registrato in ambito clinico, fino a definire nuovi modelli digitali che favoriscano l’individuazione di quei casi che ancora sfuggono alle indagini effettuate con i metodi odierni. Un’ulteriore tecnologia proprietaria sulla quale stiamo investendo permetterà ai nostri elettrodi di essere totalmente wireless: un passo avanti importantissimo anche dal punto di vista della qualità della vita, soprattutto nella prospettiva di utilizzo del dispositivo in pazienti con patologie croniche e, quindi, con necessità di impianti a “tempo indeterminato”
Con quali soggetti state collaborando per testare e implementare tecnologicamente i vostri dispositivi? In ambito preclinico, abbiamo stipulato un accordo con l’Istituto Mario Negri di Milano, che ha come oggetto due studi: il primo studio riguarda i fenomeni epilettici susseguenti a traumi cranici (cosiddetti TBI); l’altro è focalizzato sulla capacità rigenerativa delle cellule neuronali dopo gli ictus emorragici. I risultati di questo studio potranno fornire informazioni fondamentali per lo sviluppo di farmaci che favoriscano la rigenerazione cellulare dove si è verificata la necrosi a seguito dell’ictus. Questa attività sarà portata avanti anche con il supporto di un nuovo collaboratore, esperto di calcolo computazionale, perché la raccolta di grandi volumi di dati richiede necessariamente anche competenze atte al trattamento degli stessi, attraverso algoritmi di Intelligenza Artificiale idonei alla loro classificazione e suddivisione in cluster, determinanti per la loro decodifica e analisi. Abbiamo inoltre in corso una collaborazione con l’IRCCS San Martino di Genova, su un progetto dell’ecosistema MNESYS, e un’altra con la Scuola Politecnica dell’Università di Genova, su ictus e sclerosi multipla. Siamo, inoltre, in una fase di trattativa avanzata per una collaborazione a tre con l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma e con l’Istituto Italiano di Tecnologia. Attualmente i nostri dispositivi vengono venduti ai laboratori di tutto il mondo da tre distributori: i leader di mercato Plexon e NeuroNexus e la società europea Atlas Neuroengineering, con la quale stiamo valutando la possibilità di proporre sul mercato non solo i dispositivi ma anche l’intera piattaforma necessaria a raccogliere, analizzare e decodificare i dati. Ma il nostro vero obiettivo per il prossimo triennio è passare dallo sviluppo di dispositivi per il settore preclinico a progettare, realizzare e poi distribuire sonde e sistemi per il settore clinico. Per tale motivo abbiamo attivato specifiche collaborazioni con l’ambizione di effettuare il primo esperimento su uomo entro la fine del 2025, al massimo entro la primavera del 2026. A questo scopo stiamo interloquendo con tre ospedali: uno in Italia, uno in Francia e uno in Germania.
Nella fase di sperimentazione clinica, quali caratteristiche deve presentare il paziente che acconsente di sottoporsi all’impianto di un vostro dispositivo? Parliamo, per esempio, di pazienti con una massa tumorale da asportare o di pazienti completamente tetraplegici nei quali siano state impiantate sonde di vecchia generazione e che, avendo già ottenuto l’autorizzazione dal Comitato etico di riferimento, possono sottoporsi a un nuovo intervento per ricevere elettrodi molto meno invasivi e decisa-
mente più performanti. A parte gli aspetti tecnici relativi all’utilizzo della nostra strumentazione in sala operatoria e il placet del Comitato etico, sarà decisiva la stretta collaborazione, fin dalle fasi propedeutiche, con il neurochirurgo. Il primo esperimento su uomo sarà “in acuto”: la sonda, cioè, rimarrà nel paziente solo per il tempo necessario a fare delle rilevazioni preliminari. Per arrivare a tale stadio, anche se non si tratterà ancora di sperimentazione di tipo cronico (di lunga durata), sarà comunque necessario effettuare tutti i test preventivi (biocompatibilità, sicurezza elettrica ecc.), determinanti per consentire al Comitato etico deputato, di valutare e autorizzare l’impianto del nostro dispositivo - che appartiene alla classe più restrittiva dei medical devices per complessità e dal punto di vista della sicurezza per il paziente. Con questa prospettiva, in collaborazione con le società liguri EES e Sanitas EG, specializzate nello sviluppo di piattaforme hardware, e la società Inmatica, quest’ultima specializzata in attività di System Integrator e fornitrice di Servizi Informatici, operante a Roma, Milano e Lecce, e grazie ai fondi RAISE, stiamo lavorando per rendere compliant con le normative vigenti tutta la tecnologia sviluppato fino a oggi. Il risultato sarà un primo prototipo funzionante che, una volta approvato dai Comitati etici dei tre ospedali con cui stiamo interloquendo, sarà inserito all’interno di procedure già in essere, ovvero per categorie di pazienti che dovrebbero comunque essere sottoposti a intervento neurochirurgico. Durante tale l’intervento, il nostro dispositivo verrà impiantato per un breve lasso di tempo per registrare i biomarcatori elettrofisiologici delle diverse patologie, che saranno poi analizzati attraverso specifici algoritmi di machine learning. I risultati così elaborati saranno utilissimi ai fini della ricerca e sviluppo (in tempi più rapidi e a minori costi) di nuovi strumenti e di nuove terapie.
Quali altre ricadute vi aspettate dall’applicazione della tecnologia SiNAPS sull’uomo?
Noi stiamo guardando con grande interesse alle interfaccia cervello-macchina. È un settore in grandissimo fermento: Morgan Stanley ha stimato in 400 miliardi di dollari il mercato del BCI (Brain Computer Interface, ndr) - solo negli Stati Uniti. Per quanto ci riguarda, Corticale ha interesse e obiettivi che prevedono l’utilizzo esclusivo di interfaccia cervello-macchina per uso clinico-terapeutico. Poniamo, infatti, grande attenzione nell’utilizzo etico della nostra tecnologia, rispettando quelli che oggi vengono definiti “neurodiritti” Questi rappresentano una nuova frontiera su cui ci siamo già interrogati in fase di costituzione di Corticale, con un’impostazione rappresentata in maniera molto chiara nei documenti costitutivi aziendali, attraverso l’inserimento proprio nello statuto “di precisi paletti”, che intendiamo rispettare e far rispettare dai nostri distributori. Per concludere: l’obiettivo è mettere la nostra tecnologia a disposizione della comunità scientifica, nel tempo più breve possibile, per il trattamento di patologie del sistema nervoso centrale e periferico. Per fare questo salto di qualità, le risorse dei bandi RAISE o MNESYS aiutano, ma non bastano; occorrono investitori capaci e lungimiranti, auspicabilmente italiani e magari del territorio, che comprendano le potenzialità della tecnologia di Corticale e il bisogno sociale che sta dietro a milioni di malati nel mondo.”●
Economy Reintegration
Piergiovanni Capellino
Tra gli obiettivi di Almo Nature, attiva nel settore degli alimenti per cani e gatti, non ci sono solo quelli di carattere finanziario: dal 2018 tutti i ricavi dell’azienda vengono destinati a Fondazione Capellino, a sostegno di progetti per la tutela degli animali e della biodiversità. Ne parliamo con Piergiovanni Capellino, fondatore di Almo Nature e presidente della Fondazione.
Piergiovanni può parlarci della nascita della Fondazione Capellino?
L’idea di creare la Fondazione non è nata dall’oggi al domani: è stata una riflessione lenta, durata cinque anni, un percorso della mente o - come direbbero altri - dell’anima, che mi ha accompagnato dal 2013 al 2018. Mi sono interrogato a lungo e in modo profondo sul significato del fare impresa, arrivando alla conclusione che non mi trovavo a mio agio nella figura dell’imprenditore-filantropo che distribuisce denaro alla collettività, ma piuttosto volevo che l’impresa a cui ho dato vita fosse la migliore realizzazione possibile di un progetto che andasse oltre la figura dell’imprenditore stesso, un’espressione viva di un attivismo capace di prendere posizioni anche scomode e abbracciare progetti di ampio respiro.
Qual è stata l’ispirazione dietro la creazione di questa iniziativa?
Dopo avere prelevato per decenni gratuitamente dalla natu-
ra senza mai pensare alle conseguenze, oggi le imprese devono incominciare a restituire. Riflettendo sul modo più opportuno per mettere in pratica questa convinzione mi sono reso conto di come fosse imprescindibile la ricerca di una coerenza assoluta, la precisa volontà di eliminare il conflitto di interesse tra il profitto che l’azienda crea e la sua destinazione finale. Da qui la scelta di donare, insieme a mio fratello Lorenzo, in modo irreversibile, Almo Nature alla Fondazione Capellino, che ha come finalità la salvaguardia della biosfera e della biodiversità, rinunciando per sempre al 100% dei diritti patrimoniali e al 100% dei diritti di voto dell’azienda. Oggi siamo forse l’unica Fondazione in Italia che si finanzia esclusivamente con il lavoro e non con una rendita o con donazioni. È un nuovo modello economico che abbiamo chiamato Reintegration Economy
La Fondazione Capellino si impegna in vari progetti a favore degli animali e dell’ambiente. Potrebbe parlarci di alcuni progetti chiave che sono stati realizzati finora? Il nostro modello d’azione è focalizzato su pochi progetti rilevanti, scientificamente supportati, in grado di avere un impatto concreto per l’accrescimento della biodiversità e la creazione di modelli replicabili, che vengono condotti avvalendosi di istituti di ricerca ed esperti di rilevanza internazionale. Mi piace ricordare due progetti, in particolare: il primo, in fase di realizzazione con la città di Firenze, in collaborazione con il Comune, vede il CNR come responsabile
scientifico e la partecipazione dell’Università di Firenze e di altri specialisti in botanica, biodiversità, ingegneria delle superfici, coordinati dal prof. Alberto Giuntoli. Riguarda la lotta agli effetti del cambiamento climatico di cui le città soffrono, in particolare le ondate di calore, a contrasto delle quali una maggiore biodiversità in città potrebbe davvero fare la differenza; il secondo è un nostro storico progetto, LIFE WolfAlps, appena concluso, dedicato a migliorare la coesistenza tra uomo e lupo sull’arco alpino mitigando i conflitti attraverso azioni coordinate in Italia, Francia, Austria e Slovenia, di cui siamo stati il secondo finanziatore dopo l’Unione Europea. Ma l’azione della Fondazione abbraccia tutta Europa, la dimensione culturale che ci appartiene: l’implementazione della Nature Restoration Law (la legge per il ripristino degli habitat degradati in Europa) nei diversi paesi ci spinge a lavorare per la creazione di corridoi di biodiversità che colleghino le aree protette del continente come un filo verde che segue la geografia degli habitat.
Il modello della Fondazione Capellino si intreccia con la filosofia di Almo Nature. Come si integrano le attività della Fondazione con quelle dell’azienda e in che modo lavorano insieme per raggiungere obiettivi comuni legati al benessere animale e alla sostenibilità?
È il nostro modello economico unico, la Reintegration Economy, che mette in relazione Almo Nature e la Fondazione Capellino. Il denaro che sostiene i progetti della Fondazione Capellino proviene da Almo Nature, un’attività a impatto negativo sul pianeta come tutte le attività economiche di oggi, ma con l’originalità effettiva di non trasformare il valore creato in ricchezza finanziaria bensì restituirlo in progetti di ripristino e salvaguardia della biodiversità. La Fondazione
è azionista di Almo Nature, a sua volta società Benefit, e ne indirizza le scelte strategiche in coerenza con le sue finalità e i suoi valori. Tenendo un piede nel sistema economico capitalista e l’altro nella dimensione dell’interesse generale senza scopo di lucro, viviamo la sfida (che non è marketing!) di lavorare quotidianamente per ridurre il nostro impatto, consapevoli, però, che non è dato alle singole imprese, bensì alle filiere, risolvere.
Guardando al futuro, quali sono i piani e le sfide che la Fondazione si prepara ad affrontare? Ci sono nuovi progetti all’orizzonte?
Il 2025 ci ha visto avviare il primo progetto sul continente americano contribuendo alla creazione di un ampio corridoio di biodiversità che si estende tra gli Stati Uniti e il Canada. L’obiettivo del progetto Yellowstone to Yukon (Y2Y) è, infatti, connettere e proteggere un vasto territorio di 3.400 km tra il Parco Nazionale di Yellowstone negli Stati Uniti e il Territorio dello Yukon in Canada. In autunno lanceremo il nostro primo bando europeo dedicato alla Community della Reintegration Economy (che segue quello di Companion for Life, promosso da Almo Nature in favore di cani e gatti, attivo fino al 3 giugno), per premiare progetti di associazioni europee che si occupano di salvaguardia della biodiversità. Il vero punto è che senza un reale cambiamento di mindset, un’ecologia della mente che coinvolga persone e imprese, non saremo in grado di arrestare l’apocalisse ambientale che abbiamo alle porte. Abbiamo poco tempo per farlo. C’è bisogno però di uno sforzo congiunto di tutti gli esseri umani e di una consapevolezza: di fronte alla scomparsa degli habitat naturali, la specie minacciata adesso siamo noi.●
RFID Tecnologia
Abilitare la digitalizzazione per aumentare la competitività.
Raffaele Cinaglia
SmartGate RFID
SmartSpin RFID
In un contesto di mercato sempre più competitivo, le aziende sono chiamate a rispondere a sfide sempre più complesse: rimanere al passo con i cambiamenti tecnologici, ottimizzare l’efficienza produttiva, aumentare la flessibilità operativa e ridurre i tempi di adattamento ai cambiamenti di mercato, senza mai perdere di vista la qualità e il servizio al cliente.
La tecnologia RFID (Radio Frequency Identification, ndr) rappresenta oggi il miglior alleato per affrontare queste nuove sfide: è uno degli strumenti più efficaci per raccogliere, monitorare e analizzare i dati in tempo reale sui flussi di lavoro, sui movimenti dei materiali e sulla produzione, per poi ottimizzare sia le risorse che i processi aziendali. Ne parliamo con Raffaele Cinaglia, CEO di Csolutions, azienda con sede a Orero specializzata nel guidare le imprese verso l’adozione di soluzioni RFID attraverso un percorso di consulenza, progettazione e sviluppo di hardware personalizzati.
«La tecnologia RFID ha enormi potenzialità, ma va modellata secondo le esigenze specifiche di ogni realtà aziendale, per questo partiamo sempre dall’analisi delle necessità del cliente, a cui segue uno studio di fattibilità tecnica ed economica. Successivamente, viene sviluppato un progetto pilota, che consente di testare l’efficacia della soluzione prima di passare alla sua implementazione su larga scala. Una parte cruciale del processo è l’analisi sul campo, che consente di definire la miglior combinazione di tag e dispositivi di lettura in base alle condizioni ambientali e del processo produttivo del cliente. In alcuni casi, a seguito di questa analisi, emerge la necessità di progettare uno o più hardware personalizzati, per garantire che la soluzione sia perfettamente adatta alle richieste e agli obiettivi dell’azienda», spiega Cinaglia. Per alcune aziende, la motivazione ad adottare la tecnologia RFID è dettata dalla necessità interna all’azienda, operazionale, di accelerare i processi e la produttività. L’RFID porta benefici concreti anche a livello interaziendale, in quanto la riduzione dei tempi di produzione e il conseguente aumento della flessibilità permettono di soddisfare meglio i requisiti delle aziende clienti. Raffaele Cinaglia aggiunge: «Se al momento la grande maggioranza delle aziende che adottano l’RFID sono motivate in primis da driver operazionali e intra-aziendali, il vero potenziale della tecnologia emergerà mano a mano che le aziende ne riconosceranno i benefici strategici e inter-aziendali. La promessa è di mettere in comunicazione l’intera supply chain, offrendo benefici a tutti gli attori coinvolti e garantendo al cliente finale maggiore tracciabilità e trasparenza sul prodotto acquistato».
Csolutions ha sviluppato hardware avanzati per migliorare l’affidabilità della lettura dei tag. Tra questi, lo SmartGate RFID è stato progettato per la scansione massiva, per garantire una precisione del 100%, superando così le problematiche legate agli errori di lettura, uno dei principali ostacoli all’adozione della tecnologia.
Paola Barletta, Business Developer di Csolutions, conferma: «Abbiamo notato che la variabilità nelle letture dei tag è tra i principali ostacoli all’adozione del RFID da parte delle aziende italiane. Garantire dispositivi in grado di leggere il 100% dei tag significa permettere alle aziende di accedere ai numerosi vantaggi garantiti dalla tecnologia».
Lo SmartSpin RFID nasce su base dello SmartGate RFID, e integra un componente rotante fino a 130º, risolvendo le difficoltà di lettura causate dalla polarizzazione del segnale. Questo consente all’operatore di movimentare facilmente la parte mobile per una lettura accurata, senza dover spostare ingombranti contenitori o pallet.
Per le operazioni di picking, Csolutions ha sviluppato lo SmartPick RFID, un sistema che identifica rapidamente i prodotti inseriti al suo interno, semplificando la verifica degli articoli nelle fasi di preparazione degli ordini.
La tecnologia RFID sta incontrando rapidamente una rapida diffusione e sempre più aziende riconoscono i numerosi vantaggi in termini di efficienza, produttività e competitività. Concludendo, Raffaele Cinaglia riassume: «L’adozione del RFID consente di sviluppare soluzioni che rendono le imprese italiane sempre più competitive, grazie a una tecnologia che assicura la corrispondenza esatta tra quanto avviene in azienda e quanto registrato nei sistemi informativi. La forza della tecnologia è di fornire dati in tempo reale, sui quali le aziende possono effettuare decisioni sia operative, ottimizzando i processi e aumentando la produttività, che strategiche».● (M.B.)
SmartPick RFID
Arte bianca
Profondo da sempre , ovunque, è il legame tra pane e territorio. Se è vero che la Liguria non ha un pane simbolo identitario e condiviso e che i liguri non sono grandi consumatori di pane, è anche vero che la nostra regione vanta la straordinaria tradizione delle focacce e del pandolce. Di tale peculiare tradizione si è fatta erede la Antica Forneria Genovese, una giovane realtà imprenditoriale che coniuga sapori autentici, innovazione e attenzione al sociale nel
segno della cosiddetta “arte bianca”. L’azienda è nata sei anni fa e ha sede in via Castel Morrone, a Bolzaneto. Il panificio si espande su una superficie di circa 600 mq, è stato costruito con macchinari innovativi di ultima generazione ed è dotato di sistemi energetici all’avanguardia, nel più assoluto rispetto per l’ambiente.
La modernità “up-to-date” degli impianti di produzione della Antica Forneria Genovese si sposa con la volontà di chi
Alfredo Maiolese Domenico Cadile
Giovanni Cadile
l’ha fondata e la dirige di sfornare quotidianamente del pane artigianale cotto con metodi tradizionali, appunto. Siano libretti, papere, michette o altri tipi di pane, quelli sfornati qui sono prodotti di qualità, fatti con ingredienti scelti e professionalità. Il pandolce è lavorato ancora con gli antichi criteri e ingredienti di una volta, quando si preparava l’impasto con le mani e si cuoceva nel forno a legna, e la focaccia, oltre agli ingredienti di prima scelta, ha il “valore aggiunto” - ovvero il valore rigorosamente “mantenuto”d’essere il frutto di una lievitazione lenta e naturale.
L’iter creativo, logistico e di marketing - che porta dalla scelta delle farine alla gestione della lievitazione, alla cottura, alla pronta distribuzione a varie catene di supermercati, mense e ristoranti - è un processo che sa unire con profitto storia familiare, passione, visione e resilienza.
L’incontro che abbiamo avuto con Domenico e Giovanni Cadile e Alfredo Maiolese, i tre soci della forneria, è stato utile per avere contezza della fruttuosità e della fertile coerenza di un’attitudine manageriale che sa muoversi a doppio binario, o meglio, forse, si direbbe, a “doppio sguardo”: andando dal presente verso il futuro, ma guardando sempre in tralice, tuttavia, al passato e ai suoi imprescindibili valori, che ne orientano le dinamiche.
Nella sua narrazione, Alfredo Maiolese ha tenuto a puntualizzare il fatto che la forneria è un’impresa sorta (relativamente) da poco, ma con oltre cinquant’anni d’esperienza alle spalle: «La società è attiva dal 2019, ma, in realtà, nel nostro DNA c’è un lascito importante. Mio padre Francesco era un maestro panificatore, molto stimato. Io non ho mai panificato, ma fin da piccolo ho assaporato l’atmosfera particolare che si respira vivendo accanto a un panettiere, fatta di sveglie anche prima dell’alba, mani impolverate e tanta passione, in lunghe giornate piene di sacrificio e artigianalità. Mio padre mi ha insegnato l’amore per il lavoro fatto bene».
Domenico Cadile ci ha informato invece della composizione del team che sta alla guida dell’azienda, e si è soffermato sia sul rapporto tra innovazione e tradizione che la caratterizza, sia sulle sue prospettive a medio termine: «Io sono l’Amministratore Unico e seguo in prevalenza l’attività commerciale. Mio fratello Giovanni si occupa della logistica e Alfredo cura l’amministrazione. Come ovvio abbiamo dei ruoli ben distinti, ma condividiamo ogni scelta. La nostra
forza è il gioco di squadra. Siamo tutti e tre convinti di doverci ispirare alla tradizione genovese, ma utilizzando macchinari moderni, il che ci consente di garantire qualità, sicurezza alimentare e costanza... Il piano del triennio 20252027 è ambizioso. Vogliamo consolidarci nella GDO (la Grande Distribuzione Organizzata, ndr) e puntare a nuovi mercati. Nel 2020, in pieno lockdown, sembrava tutto fermo. Ma oggi, grazie a un impegno quotidiano tradotto in visione aziendale, possiamo guardare avanti con fiducia. Di recente abbiamo acquistato un capannone accanto alla sede. Si tratta di un investimento necessario per sostenere la nostra crescita».
Dell’evoluzione dell’impresa e della sua attenzione al sociale ci ha detto, infine, Giovanni Cadile: «Nel giro di sei anni siamo passati da 7 a 25 dipendenti. Nonostante la pandemia e i rincari energetici e delle materie prime, abbiamo reagito con molta determinazione. Accanto alla produzione tradizionale di pane, l’introduzione della focaccia secca ci ha consentito di entrare nella grande distribuzione. Sul piano del nostro impegno in iniziative sociali, sosteniamo da tempo alcune mense per persone in difficoltà. E supportiamo anche la manifestazione “Un calcio alla guerra”, promossa dalla European Muslims League con l’alto patrocinio dell’International Parliament for Safety and Peace - World Organization of States (IPSP-WOS). L’evento promuove la pace tra i popoli, le nazioni e le religioni. L’ultima edizione ha visto la partecipazione di autorità e ospiti internazionali. Era presente anche il Governatore della Liguria Marco Bucci che, in tale occasione, ha proposto di renderla una ricorrenza annuale».
“Buono come il pane”, si dice di una persona dall’animo gentile, mentre la punizione esemplare, storicamente, è sempre stata quella a “pane e acqua”. Insomma, il pane c’è stato, c’è e dev’esserci, nella buona o nella cattiva sorte. Ed è bene che, nel ricambio delle generazioni di chi lo fa, sia un pane capace di giovarsi della tecnologia e di rispondere ai nuovi criteri salutistici prestando fede, tuttavia, alle ragioni produttive e di gusto dell’antico, per evitare un appiattimento qualitativo. L’Antica Forneria Genovese mette insieme i valori tradizionali, la passione, l’impegno, la concretezza e la determinazione. Il mix che ne sortisce fissa le basi per una storia di successo, una parte del quale è ancora tutta da scrivere.● (R.M.R.)
di Elettra Pescetto
BORSA A lezione di
Workshop, coaching individuali, webinar e un campus internazionale: tutto questo è IPOready, il programma di Euronext dedicato alle aziende interessate ad approfondire il tema della quotazione.
IPOready è un programma internazionale organizzato da Euronext, la principale infrastruttura del mercato dei capitali europeo presente in Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo, disegnato e offerto gratuitamente alle società che sono interessate ad approfondire i temi della quotazione. È un programma di formazione e networking della durata di sei mesi che fornisce agli imprenditori gli strumenti e le conoscenze di cui hanno bisogno per realizzare una quotazione di successo.
IPOready è supportato da Workshop Partner e Sponsor locali e internazionali: banche, studi legali, società di revisione, società di comunicazione, advisor finanziari e altri operatori della community che operano sui mercati dei capitali. Il programma prevede la partecipazione delle società a workshop di approfondimento, coaching individuali, webinar e un campus internazionale, ed è realizzato in ciascuna geografia del Gruppo.
I Workshop di approfondimento sono quattro sessioni locali indirizzate a CEO, CFO e top management delle società e sono organizzati in ciascuna venue del Gruppo Euronext. Per Borsa Italiana si tengono presso la sede di Piazza Affari, a Milano. I workshop sono erogati da partner e sponsor e sono volti ad approfondire il tema della quotazione a tutto tondo. Si parte con le attività preparatorie ai fini della quotazione e si continua con le varie fasi del processo, la permanenza sul mercato, il rapporto e la comunicazione con gli investitori e i fattori ESG.
Ogni Workshop prevede la partecipazione di un rappresentante di una società quotata che racconta la propria esperienza di IPO alle società presenti in aula, stimolando ulteriormente il confronto e la partecipazione attiva all’interno della platea. I Workshop si tengono in un arco temporale che va da gennaio a giugno di ogni anno. IPOready ha l’obiettivo di avvicinare le società private ai partner e sponsor del programma e di mettere a disposizione la loro competenza e track record nelle operazioni di IPO. Le società che partecipano al programma, pertanto, possono richiedere a Partner e Sponsor coaching individuali e personalizzati su tematiche di specifico interesse; a titolo esemplificativo, si possono richiedere approfondimenti legali, consulenza sulla realizzazione di un piano industriale, focus sulla valutazione o sulla rendicontazione di sostenibilità. Il coaching può anche coinvolgere interi team della società. IPOready mette inoltre a disposizione delle società una serie di tre webinar, rivolti a tutte le società europee che partecipano dalle varie geografie del Gruppo, i cui contenuti sono concordati ed erogati dalla prestigiosa Business School Insead, con cui Euronext ha avviato una partnership. L’obiettivo è aggiungere una componente online dinamica, finalizzata ad arricchire il programma e a favorire stimolanti discussioni di
gruppo tra i partecipanti europei. I Webinar della classe 2025 riguardano tematiche specifiche, ovvero il passaggio da startup a scale-up, il coinvolgimento del CDA nella decisione della quotazione e la gestione del business durante il processo di IPO.
IPOready, infine, si conclude con un Campus internazionale rivolto a tutte le società europee, a partner e sponsor: una due giorni di deep dive, prevista nel mese di giugno, in una delle regioni in cui il Gruppo Euronext è presente - Lisbona è stata selezionata per la classe 2024/2025. Il Campus prevede una combinazione di workshop, interviste di gruppo, key note speech, testimonianze di società quotate ecc. ed è volto a massimizzare il networking tra le società partecipanti al programma.
IPOready offre a tutti i partecipanti l’accesso a una piattaforma web dedicata che permette di mettere in contatto le società, i partner e gli sponsor a livello europeo. Non si tratta di una semplice repository dei materiali e contenuti discussi in aula durante le sessioni di workshop, ma di un vero e proprio network digitale.
La classe IPOready italiana viene formata ogni anno dal team Primary Markets di Borsa Italiana, tramite la propria attività di origination e scouting svolta sul territorio e completata grazie al supporto di alcuni Selection partner che contribuiscono all’iniziativa.
IPOready coinvolge, per la coorte 2024/2025, oltre 160 società, di cui 26 provenienti dall’Italia, 50 dalla Francia, 23 dall’Olanda, 18 dal Portogallo, 15 dalla Spagna, 13 dall’Irlanda, 10 dalla Norvegia e 10 dal Belgio. Queste società vanno a unirsi a un network di oltre 1000 alumni che hanno frequentato questo programma dal 2015.
Per chi fosse interessato, IPOready è aperto a tutte le società italiane ed europee con dati economico-finanziari che mostrino ottime potenzialità di crescita, con significative necessità di finanziamento e che considerano la quotazione come opzione di crescita in un orizzonte temporale di medio termine. Il recruitment dei partecipanti a IPOready avviene tutto l’anno, tramite il Team Primary Markets di Borsa Italiana, per la classe italiana, e la domanda di adesione può essere presentata online, sul sito del Gruppo Euronext, ogni anno nei mesi di settembre e ottobre. Le classi, per ogni paese europeo, vengono formalizzate nel corso dell’autunno e nel mese di gennaio sono organizzate le sessioni locali di benvenuto. IPOready non finisce con la conclusione del percorso: Borsa Italiana e il Gruppo Euronext hanno costituito una community di Alumni che ricevono inviti a eventi, a sessioni di mentoring e networking, oltre ad avere l’accesso a contenuti esclusivi.●
Elettra Pescetto è Listing Senior Account Manager, Primary Markets di Borsa Italiana-Euronext Group
Ristrutturare
per ricominciare
In una fase di difficoltà aziendale, riorganizzare le risorse, le strategie e i processi può essere la soluzione vincente per affrontare le sfide future.
Raffaele Fiorella è senior partner di Erre Quadro Advisory, società di consulenza indipendente specializzata in servizi di Corporate Finance, Ristrutturazione Finanziaria, Gestione Procedure Concorsuali, M&A e Interim Management. Nell’intervista che segue, anche alcuni suggerimenti per affrontare con fiducia una fase di profondi cambiamenti e trasformare un momento di difficoltà in un’opportunità di rilancio.
La ristrutturazione aziendale è spesso vista come soluzione a una crisi, ma può essere un’opportunità per la crescita e la continuità. Come spiegare a un imprenditore che sta affrontando questo processo che la ristrutturazione non è una fine ma un nuovo inizio?
La ristrutturazione aziendale può essere interpretata in modi diversi a seconda della prospettiva. Da un lato, è spesso necessaria per affrontare crisi finanziarie, inefficienze operative o cambiamenti nel mercato. Dall’altro, per spiegare a un imprenditore che la ristrutturazione non è una fine, ma un nuovo inizio, partirei dal concetto di ciclo naturale di evoluzione del business. La ristrutturazione, infatti, non rappresenta un fallimento, ma piuttosto una tappa evolutiva e un’opportunità unica di trasformare in modo vincente la propria impresa. Nessun altro evento può consentire di
di Giuseppe Caruso
rivisitare e adattare le proprie strategie all’evolversi del mercato ed espandere il proprio business, di ottimizzare la propria struttura organizzativa, formando team agili e motivati e di migliorare l’efficienza operativa, anche investendo in nuove tecnologie. In altre parole, sto parlando di rinnovamento come opportunità di crescita. Potrei, infatti, paragonare la ristrutturazione a un processo di rigenerazione, un’azienda può aver bisogno di “rinnovarsi” per liberarsi di ciò che non funziona e costruire una nuova fase, più forte e più adattata alle esigenze del mercato. Quando un’azienda attraversa una fase di difficoltà, può essere il momento giusto per rivedere e rafforzare le proprie fondamenta. In questo senso, la ristrutturazione diventa una possibilità di riorganizzare le risorse, le strategie e i processi aziendali in modo più efficace. L’imprenditore ha l’opportunità di ripensare l’intera struttura per adeguarla ad affrontare le sfide future. Molte volte, durante una ristrutturazione, emerge la possibilità di introdurre innovazioni che altrimenti non sarebbero mai state prese in considerazione. È un’opportunità per guardare al futuro con una mente aperta, esplorando nuovi modi di fare business e sfruttando la tecnologia o nuovi modelli operativi. Inoltre, a mio avviso, la ristrutturazione valorizza la resilienza insita nello spirito imprenditoriale soprattutto nel nostro tessuto nazionale,
consentendo di rafforzare la capacità di adattamento e la mentalità di crescita dell’imprenditore, qualità essenziali per superare le sfide e navigare in acque turbolente.
Quali sono gli errori più comuni che le aziende tendono a ripetere durante il processo di ristrutturazione e come possono, invece, evitarli per garantire il successo a lungo termine?
Nella mia esperienza, parlerei di un solo grande errore che trova poi numerose declinazioni: l’improvvisazione. La ristrutturazione richiede una attenta pianificazione non solo a livello finanziario, ma che investe tutte le aree aziendali. Occorre analizzare cosa non ha funzionato per costruire su ciò che ha avuto successo, identificare e consolidare le aree principali di attività, permettendo di concentrare le risorse e gli investimenti dove possono avere il maggiore impatto, rivedere la struttura organizzativa, ottimizzando i ruoli e le responsabilità, migliorando la collaborazione e aumentando la motivazione dei dipendenti, identificare i potenziali rischi associati alla ristrutturazione e preparare piani di mitigazione e infine stabilire indicatori di performance per tracciare i risultati ottenuti e valutare l’efficacia delle misure adottate. La mancanza di una visione chiara e di un percorso ben definito porta solo a confusione e a decisioni incoerenti che mettono a rischio il buon esito della ristrutturazione. Inoltre, il coinvolgimento di professionisti specializzati nella gestione dei processi di ristrutturazione capaci di portare una ricca esperienza e una prospettiva innovativa può essere decisivo per gestire efficacemente le fasi cruciali. L’affiancamento al management garantisce infatti la capacità di valutare rapidamente la situazione, identificare le questioni chiave e implementare strategie efficaci per stabilizzare l’organizzazione. L’ingresso di professionisti consente poi di avere un punto di vista obiettivo libero da politiche interne e pregiudizi organizzativi consolidati.
Molti imprenditori, specialmente nelle piccole e medie imprese, temono la ristrutturazione come un passo verso la chiusura. Cosa consiglierebbe loro per affrontare con fiducia questo cambiamento e trasformarlo in un’opportunità di rilancio?
Nella mia esperienza penso che il fattore cruciale che distingue una ristrutturazione di successo da una fallimentare è la capacità di gestire il cambiamento. Consiglierei quindi di focalizzarsi su una serie di aspetti chiave. Qui ne indico otto: 1) strategia ben definita: una ristrutturazione di successo richiede una pianificazione accurata e una strategia chiara. Gli obiettivi devono essere specifici, misurabili e realizzabili, e ci devono essere indicatori di performance per monitorare i progressi; 2) leadership forte e visibile: la presenza attiva e il supporto da parte della leadership sono fondamentali. I leader devono dimostrare il loro impegno verso il cambiamento, guidando attraverso l’esempio e affrontando eventuali problemi in modo deciso; 3) comunicazione: la trasparenza e l’apertura nella comunicazione sono fondamentali. È essenziale che tutti i livelli dell’organizzazione comprendano il motivo della ristrutturazione, i benefici attesi e il loro ruolo nel processo. Una comunicazione efficace riduce la resistenza al cambiamento e aumenta l’impegno dei dipendenti; 4) coinvolgimento delle parti interessate: coin-
volgere attivamente i dipendenti nel processo di ristrutturazione, raccogliendo le loro opinioni e preoccupazioni, crea un senso di accettazione e di responsabilità condivisa. Questo implica anche integrazione dei leader informali e dei rappresentanti delle varie funzioni aziendali; 5) cultura del cambiamento: creare una cultura aziendale che accolga il cambiamento come parte naturale della crescita e dell’evoluzione è essenziale. Ciò significa promuovere una mentalità aperta all’innovazione e alla collaborazione; 6) formazione e sviluppo: investire nella formazione e nello sviluppo delle competenze dei dipendenti per prepararli al cambiamento. Questo non solo migliora la loro capacità di affrontare le nuove sfide, ma aumenta anche il morale e la motivazione; 7) monitoraggio e adattamento: monitorare continuamente i progressi e essere pronti ad adattare la strategia sulla base dei feedback e dei risultati ottenuti. La flessibilità è vitale per affrontare le incertezze e gli imprevisti; 8) gestione del rischio: prevedere e preparare piani di mitigazione per i potenziali rischi associati al cambiamento. Essere preparati a gestire le difficoltà può ridurre l’impatto negativo e mantenere la rotta verso gli obiettivi.
Guardando alla sua esperienza nella ristrutturazione di aziende, quale messaggio darebbe agli imprenditori che si trovano in difficoltà e hanno bisogno di un cambio di rotta per il futuro?
Per un imprenditore che si trova in difficoltà e ha bisogno di un cambio di rotta, il messaggio che darei è di non temere il cambiamento, ma di abbracciarlo con una visione chiara e strategica. La ristrutturazione di un’azienda richiede una combinazione di azioni concrete e una leadership ispiratrice che guidi il cambiamento. La prima cosa da fare è guardare la situazione con lucidità, senza negare i problemi, ma affrontandoli con onestà. Solo riconoscendo pienamente le difficoltà si può iniziare a risolverle. Non basta pensare alla sopravvivenza immediata. L’obiettivo deve essere quello di costruire una base solida per il futuro, creando valore e un piano che guardi oltre la crisi. Investire nel futuro è un atto di fiducia nell’azienda stessa. Serve quindi identificare i punti di forza e di debolezza: ogni azienda ha aspetti su cui può costruire, anche quando sembra che tutto sia in crisi. Trovare i punti di forza, sia nel team sia nel mercato, è fondamentale per ridisegnare una strategia vincente. Non si può poi pensare di uscire dalla crisi senza innovare. Le aziende che non si adattano alle nuove circostanze rischiano di rimanere indietro. A volte, la chiave del successo è un ripensamento completo del business, anche se implica andare in direzioni non esplorate in precedenza. Bisogna poi ricordarsi che nessun cambiamento avviene dall’oggi al domani, e una ristrutturazione può richiedere tempo. È fondamentale mantenere la resilienza, avere pazienza e non arrendersi di fronte alle difficoltà immediate. Le sfide fanno parte del processo di crescita. Infine, una leadership forte, che sappia comunicare chiaramente e motivare il team, è cruciale. Le persone vogliono vedere che chi guida l’azienda è pronto a fare sacrifici, ad ascoltare e a prendere decisioni difficili, ma necessarie. In sintesi, il cambiamento di rotta non è mai facile, ma con una visione chiara, un piano solido e la giusta leadership, è possibile uscire dalla difficoltà e trovare nuove opportunità di successo.●
di Paolo Torazza
Mentre l’Ue vara lo European Health Data Space, l’Italia avvia la transizione digitale in sanità con l’introduzione dell’Ecosistema Dati Sanitari: il cammino per la costruzione di un “data lake” sanitario comune è cominciato.
Dati sanitarisenza frontiere
La data del 5 marzo 2025 si può considerare storica per la digitalizzazione in campo sanitario. La giornata, infatti, ha visto la pubblicazione in gazzetta ufficiale UE e italiana di due importanti provvedimenti normativi dedicati all’accesso e utilizzo dei dati sanitari elettronici. Ma andiamo con ordine. L’atto normativo europeo (Regolamento UE 2025/327) istituisce lo spazio europeo dei dati sanitari (European Health Data Space - EHDS), introducendo disposizioni, norme e infrastrutture digitali comuni tra gli stati membri. Un insieme di regole, unite a un quadro di governance, che dovrà facilitare il futuro accesso ai dati sanitari elettronici per il loro utilizzo primario (diagnosi e terapia) e secondario (ricerca, innovazione tecnologica e politiche sanitarie). L’obiettivo è quello di favorire l’innovazione e la competitività nel settore sanitario, a beneficio di tutti i cittadini UE.
Lo spazio europeo dei dati sanitari si propone di creare un ecosistema sicuro e interoperabile per lo scambio transfrontaliero di dati sanitari (diagnosi, prescrizioni, esami e anamnesi). Ciò favorirà l’assistenza sanitaria in tutta l’UE promuovendo un autentico mercato unico per i sistemi di cartelle cliniche elettroniche. Contemporaneamente, il regolamento vuole creare un sistema coerente, affidabile ed efficiente per il riutilizzo dei dati sanitari in ambiti quali la ricerca, l’innovazione, l’elaborazione delle politiche sanitarie e le attività normative. Lo spazio EHDS consentirà di sfruttare appieno le potenzialità offerte da scambio, utilizzo e riutilizzo sicuri dei dati sanitari a vantaggio di pazienti, ricercatori, innovatori e autorità di regolamentazione consentendo l’accesso a cartelle cliniche anonime e pseudonimizzate di tutta l’UE. Beneficeranno della novità le attività correlate alla ricerca scientifica, compresa quella effettuata in ambito privato, lo sviluppo e l’innovazione e, a cascata, la produzione di beni e servizi nel settore sanitario e dell’assistenza. Si tratta di un aspetto di centrale importanza, atteso che a oggi gli operatori sanitari e i fornitori privati di servizi e soluzioni tecnologiche faticano ad accedere a tali risorse di dati, sovente, a cagione del timore di violare la normativa in materia di protezione dei dati personali dettata dal GDPR.
La costruzione di questo “data lake” sanitario comune richiederà un notevole lavoro di messa a punto implicando l’armonizzazione delle normative nazionali, il rafforzamento delle infrastrutture tecnologiche e la collaborazione tra gli Stati membri.
Il Rapporto Draghi del settembre 2024, dedicato al futuro della competitività Europea, sottolinea, ad esempio, come l’apertura all’uso secondario dei dati sanitari a fini di ricerca abbia
un potenziale significativo per l’ancoraggio delle attività di R&I del settore farmaceutico all’interno dell’UE. La relazione, pertanto, raccomanda di accelerare la digitalizzazione dei sistemi sanitari e la creazione dello spazio EHDS attraverso il sostegno dell’UE agli investimenti nazionali abilitanti l’accesso e la condivisione delle cartelle cliniche elettroniche.
Attualmente, il Regolamento UE sulla protezione dei dati (GDPR), che disciplina le modalità con cui le aziende e le altre organizzazioni trattano i dati personali, consente l’uso dei dati sanitari per fornire assistenza sanitaria o sociale, per esigenze di salute pubblica e per finalità scientifiche riconosciute dal diritto dell’UE o nazionale. I dati, dunque, possono essere trattati senza consenso esplicito dei pazienti, a condizione che vengano adottate misure adeguate e specifiche per salvaguardare i diritti e le libertà degli interessati.
Purtroppo, le normative nazionali degli stati UE non si sono rivelate uniformi rispetto alla possibilità di un utilizzo secondario dei dati sanitari. La legislazione nazionale di alcuni Stati consente già di beneficiare di queste possibilità di utilizzo secondario dei dati, altri Paesi hanno fatto scelte regolatorie differenti e ciò ostacola un utilizzo secondario efficace dei dati sanitari. Per superare questa sfida, la Commissione UE ha elaborato il regolamento sull’EHDS decidendo di sfruttare le possibilità offerte dal GDPR nel contesto di una legge europea specifica che offrisse particolari garanzie. Nella primavera del 2024, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto l’accordo politico sulla proposta di regolamento.
Sui media è quanto mai attuale il dibattito sull’impatto dell’intelligenza artificiale (AI): un insieme di tecnologie che consente ai computer di eseguire una serie di funzioni avanzate, tra cui l’analisi dei dati, fornendo suggerimenti, previsioni o classificando le informazioni. Ebbene, l’accesso ai dati dei pazienti è un prerequisito per l’ulteriore sviluppo dell’IA in sanità. L’accesso a dati di qualità è fondamentale per addestrare gli algoritmi. L’IA generativa non può dare risultati senza un’adeguata architettura dei dati. Le aziende del settore life sciences dovranno costruire un livello di IA in grado di comprendere aspetti quali le strutture molecolari, le operazioni cliniche e i dati dei pazienti. Per quanto riguarda l’acquisizione dei dati sui pazienti, la digitalizzazione dei sistemi sanitari nazionali è un fattore chiave per sfruttare appieno le potenzialità dell’EHDS. I sistemi sanitari dell’UE sono soggetti a un graduale processo di digitalizzazione, ma c’è ancora un grande potenziale per completare questa transizione del sistema sanitario europeo entro il 2030. A luglio 2024, la Commissione Europea ha ela-
borato la relazione “Digital Decade 2024: e-Health Indicator Study”, che presenta lo stato di avanzamento dei paesi dell’UE27 (più Islanda e Norvegia) per raggiungere l’obiettivo e-Health del decennio digitale, ovvero il 100% dei cittadini dell’UE con accesso alle cartelle cliniche elettroniche entro il 2030.
L’Italia si è avviata alla transizione digitale in sanità con l’introduzione dell’Ecosistema Dati Sanitari (EDS), un progetto chiave della Missione 6 del PNRR, finalizzato a garantire il coordinamento informatico e l’erogazione di servizi sanitari omogenei su tutto il territorio nazionale. Il Decreto di Salute, Mef e Innovazione Tecnologica, che mira a centralizzare, proteggere e ottimizzare la gestione dei dati sanitari, è stato pubblicato anch’esso, quasi in virtù di una studiata strategia di comunicazione, lo scorso 5 marzo.
Il sistema EDS offrirà servizi evoluti e innovativi per raccogliere, archiviare e gestire le informazioni sanitarie personali, rendendole accessibili in modo sicuro ai pazienti e ai professionisti autorizzati. I cittadini potranno consultare il proprio Fascicolo Sanitario Elettronico, aggiornato in tempo reale con referti medici, prescrizioni, vaccinazioni e informazioni diagnostiche provenienti da ospedali, farmacie, professionisti sanitari e strutture ambulatoriali pubbliche e private.
I pazienti cronici potranno consultare i propri dati relativi a parametri clinici, indicando il relativo valore soglia e il suo eventuale superamento o valore di interesse.
I pilastri dell’Ecosistema dei Dati Sanitari sono tecnologia e sicurezza. L’intero sistema è stato progettato nel rispetto delle normative europee in materia di protezione dei dati personali e i contenuti sono blindati nel rispetto della normativa in materia di cybersicurezza. Operatori sanitari e utenti riceveranno una formazione specifica per ridurre al minimo i rischi legati alla gestione dei dati.
L’EDS non è solo uno strumento per i cittadini: offre vantaggi significativi anche agli operatori sanitari e alle istituzioni. I curanti avranno accesso a informazioni aggiornate e dettagliate sui pazienti, favorendo una diagnosi più accurata e una gestione ottimale delle terapie. Previo consenso dell’assistito, i professionisti sanitari potranno consultare i dati di sintesi e visualizzare le informazioni relative al quadro clinico del paziente, filtrarle su base temporale o setting clinico e accedere rapidamente a dati importanti, ad esempio ricercare e consultare referti provenienti da eventi di ricovero e accessi di pronto soccorso. I medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta avranno a disposizione un apposito servizio di supporto alla compilazione del “profilo sanitario sintetico” dell’assistito insieme al “dossier farmaceutico” per monitorare aderenza alla terapia del paziente e l’efficacia delle prescrizioni. Il sistema favorirà la programmazione sanitaria a livello regionale e nazionale, fornendo dati preziosi per l’elaborazione di politiche sanitarie mirate e per il monitoraggio dell’efficacia delle cure.
La piena implementazione dell’EDS richiederà un lavoro di coordinamento tra Regioni, Ministero della Salute e Agenas per realizzare l’adeguamento tecnologico e l’uniformità dei servizi offerti su tutto il territorio nazionale. Il progetto è stato finanziato nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) con una dote di 200 milioni di euro. Con un traguardo fissato al 31 marzo 2026 per la piena
operatività del sistema, l’EDS promette di trasformare il panorama sanitario italiano, rendendolo più efficiente, digitale e inclusivo.
Per sostenere la transizione digitale sanitaria dei singoli stati europei, la Commissione Europea sta cofinanziando una serie di progetti strategici. Tra questi il progetto pilota HealthData@EU, che mira a testare e implementare il trasferimento sicuro di dati sanitari tra i Paesi UE, e l’azione comune Xt-EHR, che offre sovvenzioni dirette agli Stati membri per favorire l’interoperabilità dei sistemi elettronici sanitari. Il Regolamento EHDS, ad esempio, contiene due importanti allegati. Il primo definisce le caratteristiche delle categorie di dati sanitari elettronici per l’uso primario, operazione fondamentale per garantire che i dati siano interoperabili e accessibili in modo sicuro in tutta l’UE. Il secondo allegato indica le specifiche fondamentali che i sistemi di cartelle cliniche elettroniche (EHR) devono soddisfare per essere conformi.
Attraverso strumenti come MyHealth@EU, i cittadini europei potranno visualizzare, scaricare e condividere le proprie cartelle cliniche con facilità e sicurezza. L’accesso centralizzato ridurrà la necessità di duplicare esami e analisi, risparmiando tempo e risorse sia per il paziente che per il sistema sanitario. La possibilità di accedere a dati interoperabili attraverso piattaforme condivise garantisce diagnosi più accurate e interventi più efficaci, soprattutto in situazioni di emergenza o in contesti transfrontalieri.
Tornando al Regolamento sullo Spazio Europeo dei Dati Sanitari, il provvedimento è entrato in vigore il 26 marzo 2025, ma la sua implementazione completa richiederà diversi anni. L’avvio graduale consentirà agli attori coinvolti (operatori sanitari, aziende med-tech, autorità nazionali) di adeguarsi progressivamente alle nuove regole garantendo un’attuazione efficace. Il testo prevede un’applicazione generale a due anni dall’entrata in vigore, con tanti altri step differenziati nel tempo (molti obblighi matureranno l’applicazione solo dopo 4 e 6 anni).
Il progetto è assolutamente ambizioso, come molte delle recenti innovazioni regolatorie europee. Complessa sarà la sua integrazione in ambiti normativi preesistenti, e ciò metterà alla prova la sua concreta attuabilità. Fondamentale sarà la compliance con il GDPR e con le altre normative UE inerenti alla protezione dei dati (ad es. l’atto europeo sulla governance dei dati - DGA).
La piena realizzazione degli obiettivi dell’EHDS richiederà un impegno congiunto da parte degli Stati membri, delle istituzioni europee e degli attori del settore sanitario. Fondamentale sarà che tutti gli stakeholder collaborino per superare le sfide ancora presenti come la frammentazione delle infrastrutture, la protezione dei dati personali e la necessità di standard comuni.
Le innovazioni introdotte, come l’interoperabilità, l’accesso sicuro e l’utilizzo strategico delle informazioni sanitarie per la ricerca e l’innovazione tecnologica, rappresentano risposte concrete alle esigenze di una società sempre più interconnessa e complessa. I benefici non si limitano alla sfera tecnologica: includono un impatto sociale significativo, con il potenziale di accelerare la diagnosi precoce, personalizzare le terapie e contrastare disuguaglianze nell’accesso alle cure.●
Un nuovo paradigma per il successo organizzativo delle aziende.
Mens sana...
di Massimo Servadio e Cecilia Sistini
Negli ultimi anni, il tema della salute mentale sul posto di lavoro ha acquisito una rilevanza crescente. Le aziende stanno progressivamente comprendendo che il benessere psicologico dei dipendenti non è solo una questione etica, ma anche un fattore strategico determinante per la produttività e la competitività. Stress, ansia e burnout possono influenzare negativamente le performance lavorative, generando costi elevati per le organizzazioni in termini di assenteismo, turnover e ridotta efficienza.
Uno stato di benessere mentale adeguato consente ai lavoratori di esprimere al meglio le proprie competenze, migliorando la collaborazione, la creatività e la capacità di problem solving. Al contrario, un ambiente lavorativo poco attento alla salute psicologica dei dipendenti può portare a una minore motivazione, a un incremento delle tensioni interne e a una scarsa capacità di gestione dello stress. Secondo diverse ricerche, le aziende che investono nel benessere mentale dei propri dipendenti registrano una riduzione significativa delle giornate di malattia e un aumento della soddisfazione lavorativa. Inoltre, un ambiente sano favorisce la fidelizzazione del personale, riducendo il tasso di turnover e i costi legati alla formazione di nuove risorse. Molti studi dimostrano che i dipendenti che operano in un contesto lavorativo attento alla loro salute mentale tendono ad avere un livello di engagement più elevato, il che si traduce in una maggiore proattività, senso di appartenenza e motivazione nel raggiungimento degli obiettivi aziendali. Le principali cause di stress lavorativo possono essere ricondotte a carichi di lavoro eccessivi, mancanza di riconoscimento, relazioni interpersonali conflittuali e scarsa chiarezza nei ruoli aziendali. Questi fattori, se trascurati, possono tradursi in disturbi psicologici come ansia, depressione e sindrome da burnout, con effetti negativi non solo sulla vita lavorativa, ma anche su quella personale. D’altra parte, il costo della scarsa attenzione alla salute mentale non è solo umano, ma anche economico: le aziende che non affrontano questi problemi vedono aumentare i costi sanitari, le richieste di permessi per malattia e il calo delle prestazioni complessive. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il costo globale legato ai disturbi mentali sul posto di lavoro ammonta a miliardi di
Mental Health in Azienda
Con il nuovo servizio Ausind Srl, Società di Servizi di Confindustria Genova, supporta la creazione di un ambiente di lavoro sano, prevenendo il burnout e promuovendo una cultura organizzativa sostenibile. Grazie a psicologi qualificati, i dipendenti - dai collaboratori operativi ai dirigenti - possono accedere a: - sessioni individuali anonime e riservate - consulenza online per massima accessibilità - percorsi di gestione dello stress e del cambiamento per favorire il benessere e la crescita professionale. Il servizio di supporto psicologico aziendale è comprensivo di progettazione del servizio e consulenza psicologica.n
euro ogni anno, dimostrando come trascurare la questione possa avere ripercussioni finanziarie considerevoli. Per favorire un ambiente di lavoro sano, le aziende possono adottare diverse strategie, tra cui: promuovere la cultura del benessere, quindi sensibilizzare i dipendenti e i manager sull’importanza della salute mentale attraverso campagne di comunicazione e formazione specifica; migliorare l’equilibrio tra vita privata e lavoro, implementando politiche di flessibilità oraria, smart working e gestione sostenibile dei carichi di lavoro; creare spazi di ascolto e supporto, dove offrire servizi di supporto psicologico e momenti di confronto per prevenire e affrontare situazioni di disagio; favorire un clima lavorativo positivo, incentivando il lavoro di squadra, la collaborazione e la valorizzazione delle competenze individuali; monitorare il benessere dei dipendenti attraverso sondaggi, feedback periodici e strumenti di analisi del clima aziendale. A queste strategie si possono aggiungere percorsi di coaching e mentoring per aiutare i dipendenti a sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva e a gestire in maniera più efficace le sfide professionali. Inoltre, la creazione di programmi di welfare aziendale che includano l’accesso a servizi di supporto psicologico può rappresentare un investimento fondamentale per la salute mentale dei lavoratori. Il benessere mentale non può essere relegato a una questione individuale, ma deve essere una priorità aziendale. In questo contesto, i leader e i manager giocano un ruolo chiave nel promuovere una cultura organizzativa che valorizzi il benessere psicologico. Una leadership empatica e consapevole può fare la differenza nel creare un ambiente in cui i dipendenti si sentano supportati e motivati. I leader dovrebbero essere formati per riconoscere i segnali di disagio nei propri collaboratori e intervenire tempestivamente attraverso un dialogo aperto e costruttivo. L’adozione di un approccio basato sull’ascolto attivo e sull’empatia può contribuire in modo significativo a migliorare il clima aziendale e a prevenire situazioni di stress cronico. Investire nella salute mentale dei dipendenti non è solo un dovere etico, ma una scelta strategica vincente. Le aziende che pongono attenzione al benessere psicologico del proprio personale non solo migliorano la qualità della vita lavorativa, ma ottengono anche benefici tangibili in termini di produttività, efficienza e reputazione. In un mondo del lavoro in continua evoluzione, la cura della mental health non può più essere considerata un lusso, ma una necessità imprescindibile per il successo aziendale. L’attenzione deve essere necessariamente anche posta alla scelta dei professionisti fiduciari che erogheranno il servizio: le competenze ed esperienze nel campo della psicologia del lavoro e delle organizzazioni e del supporto psicologico rappresentano infatti dei fattori essenziali per la riuscita del progetto. Il futuro del lavoro dipenderà sempre più dalla capacità delle aziende di creare ambienti inclusivi, sostenibili e incentrati sul benessere delle persone. Solo attraverso un impegno costante e strategie mirate sarà possibile garantire un equilibrio tra esigenze aziendali e qualità della vita lavorativa, ponendo la salute mentale al centro delle politiche organizzative.●
Massimo Servadio e Cecilia Sistini sono Psicologi ed esperti in Psicologia della salute organizzativa e del Lavoro presso Servadio & Partners Srl
di Lorenzo Costa
In un mondo che corre verso la digitalizzazione, la Liguria non sta a guardare. Anzi, accelera. È con questo spirito che nasce LigurIA, il progetto promosso dal Digital Innovation Hub Liguria per monitorare, analizzare e promuovere l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel tessuto imprenditoriale regionale. LigurIA si fonda su tre linee d’azione - denominate “pillar” - che lavorano in sinergia per dare impulso all’adozione dell’IA.
Il pillar “Osservatorio” ha l’obiettivo di censire e raccogliere le applicazioni di IA già in atto o in fase di sviluppo sul territorio. Questo significa creare una banca dati regionale dei progetti e un catalogo di fornitori di soluzioni IA, strumenti cruciali per offrire visibilità, stimolare sinergie e orientare le imprese nei propri percorsi di innovazione.
Il secondo pillar è l’“Awareness”: LigurIA si propone anche come punto di riferimento culturale e informativo. Sono previsti convegni periodici e un evento annuale, progettati per accompagnare le imprese alla scoperta delle potenzialità dell’IA, affrontandola da diversi punti di vista: tecnologico, economico, etico e giuridico. Il piano prevede 12 eventi, da maggio 2025 a marzo 2026, che toccheranno vari luoghi della regione, portando l’IA a contatto diretto con i territori e le filiere produttive.
Nel terzo pillar, “Follow up”, attraverso un assessment di maturità digitale e cybersecurity (con addendum IA), le imprese possono ricevere una vera e propria roadmap personalizzata per l’adozione di tecnologie innovative, anche in ottica di accesso a bandi e incentivi. Questo approccio pragmatico mira a valorizzare sia le PMI, con focus su efficienza e tempi rapidi di ritorno, sia le grandi imprese, stimolate a progettare iniziative disruptive a medio termine. A rendere solido il progetto è anche il coinvolgimento di un network eterogeneo e competente. Quattro team tematici - tecnico-scientifico, economico-imprenditoriale, etico-filosofico e legale-normativo - supportano la parte di awareness, garantendo un approccio multidisciplinare. Inoltre, il Comitato Tecnico Scientifico del DIH Liguria svolge un ruolo cruciale nell’analisi dei moduli raccolti, individuando eventuali interconnessioni tra le soluzioni proposte e le iniziative già attive sul territorio. I soci del DIH Liguria, infine, sono coinvolti in modo trasversale, contribuendo con la loro esperienza e competenza nelle differenti fasi del progetto.
Il progetto ha preso ufficialmente il via il 13 marzo 2025, con un evento inaugurale tenutosi nella Sala della Borsa di Genova. L’incontro ha visto la partecipazione di oltre cento tra imprenditori, manager, ricercatori e rappresentanti istituzionali, segnando l’inizio di un percorso che si preannuncia centrale per il futuro della regione. LigurIA rappresenta molto più di un progetto: è una piattaforma di dialogo, condivisione e crescita. Un’iniziativa concreta per fare dell’IA non un totem di cui temere, ma uno strumento da comprendere e utilizzare consapevolmente, mettendolo al servizio dell’impresa e del lavoro. In una regione che ha già dimostrato di saper innovare, LigurIA punta a creare un ecosistema vivo e interconnesso, in grado di sfruttare le potenzialità dell’IA per affrontare le sfide del presente e cogliere le opportunità del futuro.●
ProgettoLigurIA
È già iniziata la raccolta delle prime soluzioni. Se la tua organizzazione ha sviluppato o implementato soluzioni IA, è possibile segnalarle compilando il modulo online all’indirizzo: https://it.research.net/r/ProgettoLigurIA
Le soluzioni raccolte saranno classificate per area di applicazione e tipologia di soggetto coinvolto nel supporto all’implementazione, promosse attraverso le attività istituzionali del DIH Liguria, e potranno essere valorizzate in eventi, report e pubblicazioni del progetto. Inoltre, il Comitato Tecnico Scientifico del DIH Liguria valuterà possibili sinergie con iniziative già attive, con l’obiettivo di favorire collaborazioni tra imprese, centri di ricerca e stakeholder dell’innovazione.n
capitale mondiale della
Genova saldatura
Aperte le iscrizioni alla 78ª Assemblea Annuale dell’International Institute of Welding (IIW) e alle Giornate Nazionali di Saldatura GNS 13.
Dal 22 al 27 giugno 2025 Genova ospita il più importante evento internazionale nel campo della saldatura e delle tecnologie di giunzione: la 78ª Annual Assembly & International Conference dell’International Institute of Welding (IIW) e la 13ª Edizione delle Giornate Nazionali di Saldatura (GNS 13). Un appuntamento imperdibile che unisce in un’unica, prestigiosa manifestazione due eventi di altissimo livello tecnico e scientifico, riconosciuti a livello nazionale e internazionale. L’evento è promosso dall’Istituto Italiano della Saldatura - IIS Ente Morale, organizzazione senza scopo di lucro e capofila di un gruppo composto anche da IIS CERT Srl e IIS SERVICE Srl, società interamente controllate. Con una struttura multidisciplinare che impiega oltre 240 professionisti e opera nei settori energia, oil&gas, trasporti, chimico, infrastrutture, elettromeccanico e manifatturiero, IIS rappresenta dal 1948 un punto di riferimento
per la formazione, l’innovazione tecnologica e la diffusione della conoscenza nel campo della saldatura e delle tecniche affini. Dal 2020, la Segreteria Generale dell’International Institute of Welding (IIW) è ospitata proprio in Italia, presso la sede IIS di Genova, a testimonianza del ruolo strategico assunto a livello internazionale.
L’IIW riunisce professionisti, ricercatori, aziende e istituzioni di oltre 53 Paesi, con l’obiettivo di promuovere la conoscenza, l’innovazione e la qualità nelle tecnologie di giunzione.
La cooperazione tra le comunità tecnico-scientifiche del mondo si concretizza ogni anno in progetti, pubblicazioni, attività normative e conferenze di rilevanza globale.
Durante l’evento di Genova, le attività si articoleranno in due grandi direttrici: Le GNS 13 - Giornate Nazionali di Saldatura (26-27 giugno) e la 78th IIW Annual Assembly & International Conference (22-27 giugno).
Le GNS 13 - Giornate Nazionali di Saldatura sono un’occasione unica di confronto e aggiornamento per i professionisti italiani del settore, con workshop tematici dedicati a Metallurgia dei Giunti Saldati, Controllo Qualità e Ispezione, Intelligenza Artificiale e Digitalizzazione, Tecnologia della Saldatura e Processi Affini, Fabbricazione di Strutture e Apparecchiature Saldate, Progettazione e Comportamento in Servizio e Tecnologie di Incollaggio. L’appuntamento globale con il mondo della ricerca e dell’industria della saldatura, 78ª IIW Annual Assembly & International Conference, includerà le riunioni delle Commissioni Tecniche IIW (con il lavoro di 21 commissioni tecniche suddivise per tematica), l’International Conference “Hydrogen Applications and Energy Transition”, dedicata alle sfide energetiche e alle applicazioni dell’idrogeno, il Symposium on Intelligent Manufacturing, sulle tecnologie digitali avanzate nella fabbricazione.
La concomitanza di GNS 13 e IIW 2025 rappresenta un’occasione senza precedenti per creare sinergie tra mondo accademico, industria e istituzioni, rafforzando il ruolo dell’Italia come hub strategico per le tecnologie di giunzione e l’innovazione nel settore.
Le iscrizioni sono aperte (gns.iis.it e iiw2025.com); per informazioni si può scrivere a: info@gns13.it.●
La galassia IIS
L’istituto Italiano della Saldatura - Ente Morale è capofila di IIS e svolge servizi di testing e sperimentazione attraverso il proprio Laboratorio; fornisce servizi di formazione teorica e pratica nel campo delle tecniche di giunzione e controllo e delle tecnologie affini e connesse; promuove il trasferimento tecnologico per favorire il progresso dell’industria, sia nella ottimizzazione dei processi produttivi, sia nella gestione della sicurezza di prodotti e impianti.
IIS CERT è Organismo di certificazione accreditato, fornisce servizi di certificazione di personale, procedure, aziende e prodotti e opera come Organismo Notificato per la certificazione di conformità alle Direttive comunitarie anche attraverso il CEC (Consorzio Europeo di Certificazione) controllato da IIS.
IIS SERVICE fornisce servizi di ispezione e diagnostica, ingegneria, assistenza tecnica per le nuove realizzazioni o per le fasi di manutenzione ed esercizio di componenti e strutture saldate, impianti e sistemi industriali, durante le fasi di progettazione, prefabbricazione, montaggio, collaudo e controlli in servizio.
H2 IIS SIDER è un laboratorio unico in Europa per l’esecuzione di prove in ambiente idrogeno gassoso secondo procedure standard e su misura per pressioni fino a 1500 bar.
CEC - Consorzio Europeo Certificazione si occupa di certificazione con riferimento alle Direttive comunitarie che portano alla marcatura CE di prodotto e svolge attività di ispezione di terza parte.n
00 anni
di Ente Bacini
Un convegno e un libro fotografico per celebrare l’importante traguardo della società “cuore” delle riparazioni navali.
Da un secolo al servizio del Porto di Genova, con lo sguardo ben rivolto al futuro: lo scorso 4 aprile Ente Bacini ha festeggiato il proprio centenario con il convegno “Celebrare il passato, costruire il futuro”, che ha chiamato a raccolta, alla Sala delle Compere di Palazzo San Giorgio, i principali rappresentanti delle istituzioni, delle imprese e dei lavoratori del mondo delle riparazioni navali. L’evento ha rappresentato anche l’occasione per la presentazione del volume “Ente Bacini 1925-2025. I primi cento anni al servizio del Porto di Genova” edito da Tormena, corredato da un ricchissimo archivio fotografico che ripercorre la storia dell’Ente e delle sue maestranze.
Costituitosi ufficialmente il 19 febbraio 1925, Ente Bacini è in realtà custode di un patrimonio ancora più antico. «La nostra storia - spiega la presidente Daniela Ameri - va di pari passo con quella del porto e della città, ed è una storia fatta di lavoro, tradizione e innovazione. Stiamo parlando, infatti, di un’infrastruttura strategica, capace di ospitare attività di eccellenza nel campo della cantieristica e del refitting, e contemporaneamente di un bene culturale tutelato dal Ministero per il suo intrinseco valore storico e archeologico, essendo i tre bacini più antichi risalenti addirittura alla fine del XIX secolo».
«Un patrimonio che poche città al mondo possono vantare e che, tuttavia, è ancora poco conosciuto agli stessi genovesi - aggiunge l’amministratore delegato Alessandro Terrile -. Ecco perché il Centenario rappresenta un’occasione imperdibile per accendere i riflettori sull’area delle riparazioni navali, svelarne la storia e presentare gli interventi messi in campo per rendere le lavorazioni sempre più efficienti e sostenibili dal punto di vista ambientale».
I bacini di carenaggio sono il cuore delle riparazioni navali. Una grande fabbrica con diverse aziende, lavoratori, competenze e professionalità, un’eccellenza nel mediterraneo e una grande risorsa di sviluppo e occupazione. La loro origine risale al 20 gennaio 1888, quando l’ingegnere e imprenditore svizzero Conradin Zschokke assunse dal Ministero dei lavori pubblici del Regno d’Italia l’appalto per la costruzione dei primi due bacini. Il 28 dicembre 1889 lo stesso Zschokke avrebbe poi costituito, insieme a Erasmo Piaggio, amministratore della Banca di Genova e dalla Società Navigazione Generale Italiana, la Società Esercizio Bacini, che avrebbe fatto da precorritrice, appunto, alla Società Anonima Ente Bacini nata, come detto, il 19 febbraio 1925. I bacini sorgono alle Grazie, a levante del molo vecchio. Una porzione di mare protetta dal Molo Giano a oriente e, a monte, dai muri di sostegno dell’attuale Corso Aurelio Saffi. Ai due ottocenteschi si aggiunsero, tra il 1928 e il 1937, anche il terzo e il quarto bacino, quest’ultimo dalle dimensioni eccezionali, per l’epoca, di 267 metri di lungheza per 40 di larghezza. Risale proprio a quegli anni l’allestimento del celeberrimo Rex. Pesantemente bombardate durante la seconda guerra mondiale, le riparazioni navali tornarono in esercizio già nell’estate del 1946 e negli anni sessanta, per fare fronte all’esigenza di ospitare navi sempre più grandi, vennero costruiti il quinto bacino in sede fissa e un ulteriore bacino galleggiante da 15mila tonnellate. Tra l’aprile e il maggio 1977 il bacino numero 4 accolse i transatlantici Michelangelo e Raffaello, le navi più lunghe mai ospitate.
Oggi Ente Bacini gestisce i cinque bacini di carenaggio del distretto delle riparazioni navali, un’area di oltre 230 mila metri quadrati costituiti da banchine, piazzali, edifici destinati alla manutenzione, costruzione e demolizione navale. Ente Bacini ha 48 dipendenti diretti e un indotto stimato in oltre 1.700 lavoratori delle 80 aziende che hanno sede nel distretto industriale del porto.
L’Ente è una società a prevalente partecipazione pubblica, controllata dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale. Dal 2021 ha bilanci in utile e non fa ricorso a risorse pubbliche per sostenersi. Impiega gli utili derivanti dalla gestione per sostenere le rilevanti attività di manutenzione e innovazione necessarie a mantenere le infrastrutture in perfetto esercizio. La storia centenaria di Ente Bacini prosegue, con l’impegno e la professionalità dei suoi lavoratori e delle aziende dell’industria navale genovese, che costituiscono un’eccellenza nel Mediterraneo.
Nel 2014 l’Ente Bacini ha ricevuto l’Autorizzazione Unica Ambientale impegnandosi sempre di più per garantire sicurezza, sostenibilità e rispetto dell’ambiente. Un depuratore raccoglie le acque reflue di lavorazione derivante da tutti e cinque i bacini. Un sistema di anemometri consente di sospendere le lavorazioni più impattanti per l’atmosfera in caso di vento forte. Dal 2016 è attiva l’elettrificazione delle banchine che rende possibile lo spegnimento dei motori delle navi ospitate nei bacini e agli ormeggi, evitando emissioni inquinanti. A partire dal 2023 vengono organizzate delle aperture straordinarie al pubblico dei bacini di carenaggio nell’ambito delle Giornate europee del Patrimonio, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di Genova.●
CONFINDUSTRIA IMPERIA
di Fabrizio Pepino
Storie
Grande affluenza e sentita partecipazione al convegno “Bilancio di sostenibilità: opportunità e vantaggi per le imprese” organizzato lo scorso 4 marzo, presso la sede dell’azienda Fratelli Carli società Benefit a Imperia, da Confindustria Imperia ed Elena Sparago, in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università di Genova e lo studio Parolini commercialisti società Benefit.
L’incontro è servito a fornire strumenti concreti per comprendere i vantaggi competitivi e strategici derivanti dall’adozione di un bilancio di sostenibilità, anche grazie all’intervento di alcuni esperti del settore che hanno illustrato le migliori pratiche e le opportunità offerte dalla transizione verso modelli di business più responsabili e sostenibili. Ma il vero polso della situazione lo hanno fornito gli imprenditori che già redigono all’interno delle loro aziende il bilancio di sostenibilità, le cui testimonianze sono andate al vero cuore del tema del convegno, in quanto hanno spiegato non tanto il come ma il perché hanno deciso di fare proprie simili pratiche.
Ad aprire il confronto è stata la presidente di Confindustria Imperia Barbara Amerio che, sottolineando l’importanza della sostenibilità come leva strategica per la crescita delle imprese, in quanto le supporta nella transizione verso modelli economici più sostenibili e competitivi, ha insistito su come sia fondamentale che il bilancio di sostenibilità diventi una prassi non solo per l’azienda capofila ma per l’intera filiera di suoi fornitori, altrimenti rischia di restare inefficace e di facciata. Rifacendosi all’esperienza dell’Amer Yachts, la Amerio ha portato l’esempio di come il contributo dei biologi marini, i “nemici” per antonomasia dei grandi yacht, sia fondamentale per cercare di cambiare l’atteggiamento di alcuni clienti riguardo al rispetto della sostenibilità del mare. A seguire è stata Claudia Carli, a nome della famiglia che guida l’omonima azienda, a raccontare di come i principi che stanno alla base del bilancio di sostenibilità siano stati da sempre all’origine dell’agire imprenditoriale dei Carli, ben prima che la pratica diventasse un obbligo di legge a cui dover sottostare. Un’intuizione, quella dei Carli,
che trae spunto dai valori di famiglia e che ha trovato poi conferma anche a livello imprenditoriale, in quanto l’andamento economico-finanziario dell’azienda è migliorato anche grazie alla loro messa in pratica. Tra gli interventi più attesi quello dell’imprenditore Walter Lagorio, che ha parlato sia della sua lunga esperienza alla guida del gruppo Unoenergy, sia della più recente iniziativa imprenditoriale diffusa in campo turistico-ricettivo. Lagorio è partito dall’importanza dei rapporti umani diretti, anziché di quelli impersonali dei call-center, per arrivare a lanciare il monito di come, su una partita come quella del bilancio di sostenibilità, sia importante non lasciare indietro nessuno, in quanto è facile che alcune aziende più strutturate facciano da apripista, rischiando però di lasciare un vuoto dietro di loro - un po’ come succede a volte nelle gare ciclistiche. Il convegno è proseguito alternando le case-history aziendali agli interventi degli addetti ai lavori. Riccardo Spinelli, docente di Business Ethics e Responsabilità Sociale delle Imprese dell’Università degli Studi di Genova, ha sottolineato come il report di sostenibilità sia uno strumento per creare fiducia, elemento fondamentale per il successo di un ambiente economico. Creare un clima di fiducia, infatti, diminuisce il rischio d’impresa e aumenta il business aziendale, sfatando il mito che sostenibilità e performance siano antitetiche ma piuttosto complementari. Riallacciandosi a quanto detto da Lagorio, Spinelli ha poi messo in guardia sul fatto che le imprese si scoraggino di fronte alla complessità di alcuni adempimenti e di come sia utile che ci siano soggetti capaci di assisterle e guidarle per raggiungere gli obiettivi.
Giovanna Zacchi, ESG Strategist di BPER, ha introdotto da remoto l’intervento in presenza della collega Rosalia Spagnarisi, responsabile territoriale Corporate Liguria Piemonte BPER. Se, da una parte, alle banche è stato chiesto di svolgere la funzione di accompagnamento delle aziende sui report di sostenibilità, dall’altra gli istituti di credito necessitano di conoscere a fondo le imprese per poter indirizzarle
sulla soluzione a loro più funzionale. L’esperienza di BPER insegna come gli imprenditori sono i primi a volere che il loro progetto aziendale sia sostenibile nel tempo, ma a volte le banche sono in difficoltà a personalizzare l’offerta perché si trovano a dover agire alla cieca.
La parola è passata ad Antonio Parolini, dello Studio Parolini commercialisti società Benefit, che è entrato nel vivo della rendicontazione di sostenibilità presentandone pro e contro per le aziende, forte della sua esperienza professionale quotidianamente a contatto con il mondo imprenditoriale. Tra i vantaggi di cui può beneficiare l’azienda, il miglioramento della propria reputazione, una facilitazione ad accedere a finanziamenti e agevolazioni (tema approfondito subito dopo l’intervento di Parolini da Raineri Villa di Deloitte, che ha fatto notare come gli incentivi sulla sostenibilità oggi rientrino a pieno titolo nella pianificazione industriale delle aziende), una crescita complessiva di competitività (soprattutto nel caso in cui il report di sostenibilità coinvolga anche la filiera dei suoi fornitori) e una maggior attrattività per la forza lavoro. Tutti benefit che rendono evidente come oggi per un’azienda è imprescindibile investire parte degli utili a vantaggio degli obiettivi ESG per la sostenibilità ambientale e la responsabilità sociale.
Dulcis in fundo, l’appassionata storia di vita e di impresa di Claudia Torlasco della Mastelli Farmaceutica società benefit, che ha raccontato come la prima lezione sulla sostenibilità l’abbia avuta da sua mamma, quando già negli anni ‘50 la “obbligava” a fare la raccolta differenziata e poi, nel 2010, a 95 anni, l’ha “costretta” a installare un impianto fotovoltaico sul tetto della casa di campagna. A livello aziendale la svolta in materia di sostenibilità è arrivata con la managerializzazione dell’impresa, fortemente voluta dalle tre figlie (una medico, una farmacista e una ingegnere) per sviluppare una sensibilità per le persone diversa dalle competenze tecniche di famiglia già presenti in azienda. Oggi la Mastelli Farmaceutica è una realtà che lavora con passione e piacere, fiera delle scelte fatte in materia di sostenibilità.●
Made in Italy,
alla Spezia
Superconductors, l’azienda della Famiglia Malacalza leader nel settore della superconduttività.
In occasione della Giornata Nazionale del Made in Italy, promossa dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), Confindustria La Spezia e ASG Superconductors, azienda leader nel settore della superconduttività, han-
no organizzato, lo scorso 16 aprile, l’evento “La superconduttività: un’eccellenza italiana nel mondo”. L’iniziativa, inserita nel calendario ufficiale degli eventi del MIMIT, ha rappresentato un’importante occasione per valorizzare una delle punte di diamante della tecnologia italiana, apprezzata e riconosciuta a livello internazionale. Durante l’incontro, imprenditori, rappresentanti delle istituzioni, studenti e cittadini hanno avuto la possibilità di conoscere da vicino un settore ad altissimo contenuto tecnologico, che unisce ricerca, innovazione e capacità industriale. Sono stati esposti i principali ambiti applicativi della superconduttività, dal settore medico a quello dell’energia, fino alle collaborazioni con i più importanti progetti scientifici internazionali. «Con questa iniziativa - dichiara Mario Gerini, Presidente Confindustria La Spezia - la nostra Associazione conferma il proprio impegno nel promuovere e sostenere le eccellenze produttive del territorio, valorizzando il patrimonio industriale locale e il ruolo strategico delle imprese italiane nel mondo». Giornata superconduttiva, quindi, alla Spezia, dove ASG Superconductors, l’azienda ligure della Famiglia Malacalza, prima nella sede di Confindustria e poi nel proprio stabilimento, agli ospiti di aziende e agli studenti ha raccontato alcuni esempi di tecnologia di successo nel mondo. Il responsabile dello sviluppo tecnologico, Gianni Grasso, ha fatto il punto sull’evoluzione di materiali e tecnologie superconduttive che, a 100 anni dalla scoperta, hanno raggiunto temperature di funzionamento adatte non solo alla fusione
di Mario Gerini
nucleare o alla ricerca scientifica, ma anche alla trasmissione di energia a zero perdite, ad esempio con innovativi cavi superconduttivi a footprint ridotto potenzialmente idonei a trasmettere molta più energia in meno spazio rispetto alle tecnologie tradizionali. Mentre Stefano Pittaluga, manager dell’azienda esperto di risonanza e magneti a ultra alto campo, ha presentato a una platea molto interessata i sistemi di risonanza magnetica aperti e senza utilizzo di terre rare o elio liquido, oltre ai sistemi innovativi per la cura dei tumori con imaging in tempo reale, resi possibili proprio dalla superconduttività, attualmente in sperimentazione in Germania, all’Università di Dresda, insieme a Oncoray e al prof. Aswin Hoffmann.
La giornata è proseguita con una visita nello stabilimento spezzino di ASG, costruito a tempo record nel 2011 per realizzare i magneti più grandi e sofisticati al mondo per il progetto di energia a fusione nucleare ITER. Nel corso della visita sono state illustrati “live” diversi progetti e aree produttive dello stabilimento, approfondendo concetti chiave di funzionamento delle tecnologie superconduttive e del loro sviluppo e produzione, che richiedono competenze fisi-
che, ingegneristiche, di scienza dei materiali, nonché capacità tecniche e manifatturiere. Processi chimici, di saldatura e controllo qualità accompagnano la realizzazione di componenti superconduttivi che, una volta installati e in funzionamento, devono avere durata e affidabilità per molti anni. Inoltre, ci si è soffermati sulle caratteristiche di sistemi di utilizzo “nella vita di tutti i giorni”, quali la risonanza magnetica, sia su progetti, come i magneti per la fusione del progetto DTT o per la fisica delle particelle, come nel caso dei quadrupoli e dei sistemi magnetici per l’istituto di ricerca tedesco GSI, attualmente in costruzione alla Spezia. Un appuntamento di grande soddisfazione quello di “apertura” al pubblico per ASG Superconductors, dove si è potuto condividere e toccare con mano insieme a manager, imprenditori e studenti l’importanza degli investimenti e della collaborazione con Istituti di ricerca e tessuto locale, legati a una tecnologia che, a oltre un secolo dalla scoperta, inizia a portare benefici sempre più concreti dando la possibilità a personale qualificato di lavorare in Italia, in Liguria e alla Spezia.●
Mario Gerini è Presidente di Confindustria La Spezia
di
Unione Industriali della Provincia di Savona
Voce unica sulle banchine del ponente ligure: c’è un comparto economico da preservare.
La rotta
dei porti savonesi
Gilberto Volpara
“Occorre far leva su un’azione, finalmente solida, della politica e delle istituzioni per dare al comparto del mare le risposte di cui ha bisogno” Riferimento, gli obiettivi non più rinviabili che i protagonisti della portualità savonese chiedono alla nuova governance dell’Autorità di Sistema. Si tratta di necessità manifestate con un’unica voce anche al viceministro alle infrastrutture, Edoardo Rixi, in occasione dell’incontro genovese alla presenza di tutti gli operatori del Sistema Genova-SavonaVado. La sintesi del momento giunge da Santi Casciano, amministratore delegato di Vado Gateway: «Non c’è dubbio che l’ultimo anno sia stato complicato, serve un’accelerazione per uscire dallo stato di impasse dei mesi più recenti causato dall’assenza di un presidente titolare. Oggi, le cose sono differenti. Tuttavia, dalla Diga di Vado, seconda fase, al rifacimento della viabilità di ultimo miglio, fino alla parte ferroviaria, esistono temi di assoluta priorità per il nostro scalo».
Concetti esposti anche da Gerardo Ghiliotto, presidente Unione Utenti del Porto e da Giorgio Blanco, presidente del Terminal Operators dell’Unione Industriali e, appunto, esposti con determinazione nonché voce unica in sede genovese. L’ampia sostanza: «È possibile che molte prospettive cambino a seguito dell’imminente riforma, ciò nonostante, le esigenze e aspettative della Comunità Portuale e delle istituzioni locali rimangono vive. Ci aspettiamo, nel breve, una garanzia di continuità nella direzione di scalo per il tempo necessario al pieno consolidamento della nuova governance, ma anche un organico dell’AdSP adeguato alle esigenze dello stesso scalo nelle funzioni tecnica e amministrativo-gestionale. Chiediamo autonomia decisionale locale nell’analisi e necessità della definizione degli interventi, maggiore responsabilità della verifica e attuazione dei progetti. In sostanza, una partecipazione al processo di messa
a disposizione delle risorse economiche. In riferimento agli interventi emergenziali, la rimessa in funzione della banchina 33 e il ripristino della sede dell’Autorità di Sistema Portuale dove sarebbe doveroso un ricordo del compianto presidente Rino Canavese per l’impegno profuso sulle nostre banchine. Sul tema del completamento delle opere infrastrutturali, l’attenzione va posta all’accordo di programma per Vado Ligure, con relativa attuazione degli interventi ancora mancanti come la sistemazione delle aree e la viabilità retroportuale di Vado. Tutt’altro che secondaria, poi, un’accelerazione sugli interventi previsti nel DPSS e che sono oggi raccolti nella bozza di PRPS: su Savona, la nuova darsena (tasca), la razionalizzazione degli accosti e spazi operativi (cassoni Molo Boselli), l’accessibilità portuale, ultimo miglio connessioni stradali con tunnel sub-portuale; su Vado Ligure, la fase 2 della Diga foranea, la darsena dei servizi tecnico-nautici, le aree e la viabilità retroportuale (casello di Bossarino, aree logistiche, viabilità ultimo miglio), assets intangibili quali digitalizzazione, le aree buffer, il pieno riconoscimento anche per le aree portuali e non solo retroportuali della ZLS, il completamento e la realizzazione di una Comunità Energetica, ossia, Green Ports. Non possiamo dimenticare gli interventi periportuali e le infrastrutture connesse anche al traffico portuale non necessariamente di competenza Adsp: l’Aurelia Bis con il completamento del primo lotto e la sua prosecuzione fino al casello di Savona, il Casello di Bossarino e le aree sosta mezzi pesanti attrezzate, la Predosa Mare - bretella indispensabile per sgravare traffico leggero e pesante che alleggerirebbe la pressione sempre maggiore sul nodo autostradale costiero, il futuro delle funivie e la modalità ferro complementare alla gomma per connettere il porto con il retroporto naturale nelle aree della Valbormida, oltre che nell’ottica di una forte connessione con le aree dell’alessandrino».●
Le grandi della PI
iniziative
di Confindustria tra le best practice internazionali di collaborazione tra sistema pubblico e privato.
Il Programma di Gestione delle Emergenze (PGE) di Confindustria ha l’obiettivo di promuovere la cultura della prevenzione e della gestione dei rischi nelle PMI e nelle istituzioni locali e di supportare imprese e comunità ad affrontare le fasi di emergenza.
Dal 2016 può contare sulla collaborazione con il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile grazie alla partnership creata su input di Piccola Industria e formalizzata dal Protocollo di intesa con il Dipartimento Nazionale Protezione Civile nel 2016, successivamente rinnovata nell’ottobre 2021. La partnership abbina la conoscenza del Sistema di Confindustria di un gran numero di aziende in tutta Italia e specifiche competenze settoriali con il controllo contestualizzato delle esigenze delle aree interessate e le conoscenze delle tecniche di preparazione fornite dal DPC. Ciò consente di potenziare la risposta alle emergenze e, in tempi ordinari, di realizzare iniziative sulla prevenzione per promuovere una consapevolezza diffusa tra imprese e amministrazioni locali e migliorare la preparazione e le capacità
di gestione del rischio che costituisce il core business della protezione civile.
Grazie al PGE - coordinato da Piccola Industria Confindustria e operante tramite una rete di referenti delle Associazioni del Sistema - negli anni sono derivati diversi vantaggi: sostegno coordinato per le imprese a supporto della business continuity e anche, tramite il DPC, per le esigenze della popolazione; promozione della cultura della sicurezza e della resilienza in imprese e comunità, anche con eventi, iniziative e progetti; definizione di policy - condivise anche con il DPC - per sostenere la messa in sicurezza delle imprese e dei territori.
Al fine di pianificare le diverse azioni da realizzare “in tempo di pace”, opera attraverso il Tavolo di Coordinamento tra Confindustria e Dipartimento Protezione Civile previsto dal Protocollo di intesa. In tale sede, alla quale partecipano referenti di Piccola Industria Confindustria e del DPC, si condividono e pianificano le attività congiunte da realizzare nel breve e medio termine per promuovere la cultura della pre-
venzione e definire soluzioni e strumenti per rispondere con efficacia alle emergenze e alle fasi post-catastrofe. In tema di prevenzione si realizzano azioni per sensibilizzare, informare, formare imprese e istituzioni sui rischi e per definire e sostenere l’adozione di policy, anche a livello europeo, a supporto della messa in sicurezza di PMI e territori. In tale ambito rientrano gli incontri e gli eventi organizzati per diffondere la cultura della prevenzione tra le imprese e le amministrazioni locali, oltre a diverse iniziative nel campo delle policy rivolte a valorizzare l’esigenza di investire in prevenzione per aumentare la resilienza di imprese e territori. Il PGE è stato più volte riconosciuto come best practice internazionale. Nel 2017, l’ONU (United Nations Office for Disaster Risk Reduction) l’ha inserito tra le eccellenze a livello internazionale e tra le best practice internazionali di collaborazione tra sistema pubblico e privato; nel 2020 è stato tra i finalisti del “European Entreprises Promotion Awards” della Commissione europea.
Oltre alle azioni messe in campo nelle fasi immediatamente successive a una emergenza, Piccola Industria sta lavorando alla creazione di una Filiera nazionale qualificata e identificata su Registry - la piattaforma digitale di RetImprese - per rispondere all’esigenza di digitalizzare e ottimizzare l’organizzazione delle attività delle imprese per un intervento tempestivo e coordinato, in base alle necessità derivanti dalle emergenze.
Inoltre, nel corso del 2024 si è coinvolto il Sistema con un sondaggio rivolto a comprendere come migliorare le misure a favore delle imprese danneggiate dalle emergenze che possono essere attivate con ordinanze di protezione civile.
Tra i risultati riportati nelle diverse emergenze degli ultimi anni si evidenziano quelli raggiunti in risposta al Sisma del Centro Italia, all’emergenza Covid, all’emergenza Ucraina e all’alluvione in Romagna del 2023. Più in dettaglio: a seguito del terremoto in Centro Italia, più di 250 aziende e Associazioni del Sistema di Confindustria hanno offerto beni e servizi, con l’impegno personale di imprenditori, funzionari, volontari, istituzioni, privati cittadini, per un valore medio stimato di risorse impegnate di circa 3 milioni di euro (dati al 2017). Un case study specifico è quello di Monte Urano, comune di Fermo, colpito dal sisma del Centro Italia. Grazie al coordinamento del PGE è nato un polo scolastico per sopperire all’inagibilità di parte della scuola. Il PGE ha unito l’esigenza di Monte Urano e la disponibilità della Ross, azienda toscana, in un progetto nel quale gli imprenditori sono passati dalla responsabilità sociale a quella generazionale. La Ross ha donato un modulo in acciaio di ultima generazione di 400 mq e i lavori per l’installazione, seguiti dal Comune, sono stati rimborsati con il fondo della Protezione Civile nazionale per il terremoto. L’immobile si compone di 6 aule, ospita 3 prime classi della scuola primaria e tre laboratori didattici per attività musicali, scientifiche e informatiche. Una struttura realizzata all’insegna della massima sicurezza che rimane nel tempo. Durante la pandemia, per dare certezza alle PMI sui comportamenti da adottare il PGE ha contribuito, grazie all’ascolto del territorio, alla stesura del “Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro”, condiviso dalle parti sociali il 14 marzo e aggiornato successivamente;
Comitato Regionale Ligure Piccola Industria
Christian Ostet, presidente AR92, è il nuovo presidente del Comitato Regionale Ligure Piccola Industria. Con Ostet (che succede allo spezzino Renato Goretta) compongono il Comitato Regionale i presidenti della Piccola Industria di Genova, Piero Gai, con il delegato Andrea Razeto; di Imperia, Alessandro Bocchio, con i delegati Roberto Massabò e Alessio Marziano; di Savona, Cesare Librici, con i delegati Pier Paolo Pasqualini e Gabriel Sapiente; e della Spezia, Sara Filippetti, con il delegato Paolo Piovesi.
Christian Ostet, che vanta una lunga esperienza associativa e siede, in qualità di componente elettivo, nel Consiglio generale di Confindustria nazionale, rimarrà in carica per quattro anni.n
inoltre, per favorire gli approvvigionamenti di DPI e DM grazie agli accordi siglati, tra cui quello con il Commissario per l’emergenza per velocizzare lo sdoganamento di DPI e DM, sono state messe a disposizione (a prezzi competitivi e senza complessità gestionali o logistiche collegate all’approvvigionamento di questi beni) 20 milioni di mascherine, permettendo ad almeno 5.000 imprese di diversi settori economici del territorio nazionale di fornirle ai propri dipendenti. Per comprenderne il bisogno sono state intervistate 900 imprese di ogni settore. Senza tralasciare il sostegno al sistema di Protezione Civile con donazioni (il 20% delle ordinazioni fatte dalle imprese di Confindustria) provenienti dalle importazioni di cui al punto precedente e fornendo contatti diretti con aziende, anche estere, produttrici di beni Anti Covid che, su richiesta del DPC, hanno aumentato la loro capacità produttiva.
Passando all’emergenza Ucraina, si è collaborato con il DPC nell’ambito delle iniziative del Sistema di Protezione Civile Europeo per la raccolta di beni destinati a sostenere l’accoglienza dei profughi ucraini in Polonia. Sono stati raccolti beni per un valore stimato di circa 400.000 euro tra generatori elettrici, materiale elettrico, beni alimentari non deperibili, bevande, attrezzature mediche, coperte e indumenti e servizi per trasportare questa merce negli hub DPC di raccolta presso Avezzano e Palmanova. Tutte le donazioni di Confindustria sono state trasportate via treno e scaricate presso l’hub polacco di Katowice, da dove sono state ritirate dalle autorità ucraine e trasportate su gomma nelle città di Kiev, Sumi, Odessa, Luhansk, Zaporizhzhia, Karkhiv, Dnipropetrovsk, Donetsk, Kirovohrad come attestato dall’Ambasciata Ucraina. Infine, a seguito della drammatica alluvione che ha colpito nelle prime settimane del maggio 2023 la Romagna, il PGE si è immediatamente attivato al fianco di Confindustria Emilia-Romagna, presente al tavolo di coordinamento regionale per l’emergenza, già nelle prime fasi di emergenza e ha coordinato a livello nazionale la ricerca di pompe idrovore, autocarri, mezzi di gestione rifiuti e pulizie e altri beni necessari al ripristino dell’attività.●
GIOVANI
Aspettare che qualcosa si rompa per intervenire è come cercare di spegnere un incendio con un bicchiere d’acqua. Il danno è già fatto, e il costo si paga doppio: una volta per riparare, l’altra per l’occasione persa. Lo vedo continuamente: aziende che lavorano sull’onda dell’urgenza, con il fiato corto, affidandosi ancora a fogli Excel, intuizioni, vecchie abitudini. In un mercato che corre,
PRE VED ERE
I temi toccati nel recente incontro del Gruppo GI con DataDeep sulla creazione di un sistema predittivo in azienda.
chi si muove così resta indietro. Oggi non basta reagire. Serve prevedere. È qui che si gioca la vera partita. Un’impresa in grado di anticipare problemi e opportunità si muove meglio, spende meno, sbaglia meno. È questo il cuore dell’impresa predittiva: non inseguire più i problemi, ma evitarli prima che si presentino. Dirlo è facile. Il difficile è farlo. Perché l’intelligenza artifi-
64 Genova Impresa - Marzo / Aprile 2025
di Riccardo Manuelli
ciale, quella vera, non funziona da sola. Nessun algoritmo può fare miracoli se si nutre di dati sporchi, sparsi, inconsistenti. Niente scorciatoie, niente software magici: serve metodo, cultura del dato, visione strategica.
Ed è proprio questo che ho raccontato durante l’incontro del 14 marzo scorso con il Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Genova. Nessuna fiera dell’AI con buzzword vuote. È stato un confronto concreto su come passare da una gestione aziendale reattiva a una predittiva. E lo strumento per farlo ce l’hanno già in casa: i dati.
Un problema di consapevolezza.
C’è ancora poca coscienza della posta in gioco. Lo ha detto chiaramente anche il professor Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, in un articolo uscito sul Corriere della Sera: molte filiere industriali italiane continuano a usare il rallentamento della transizione digitale come alibi. Si aggrappano a un passato industriale ormai superato, nella speranza che qualche decisione politica o una misura protezionista possa rallentare il cambiamento.
Ma è una speranza vuota. E il rischio, come scrive Noci, è di perdere nel giro di pochi anni interi pezzi di industria. La verità è che la percezione del valore dei dati è ancora troppo bassa. “Non sapere nemmeno di non sapere” - dice - è la forma più pericolosa di ignoranza.
I dati non si estraggono, si coltivano.
Lo slogan “i dati sono il nuovo petrolio” funziona solo nei titoli. Il petrolio lo estrai, lo bruci e non c’è più. I dati, invece, si possono coltivare. Cambia tutto.
Io preferisco l’immagine dell’agricoltura: i dati grezzi sono i semi; il contesto aziendale è il terreno; l’algoritmo è la tecnica di coltivazione; e il modello è la pianta che cresce. I frutti? Sono i risultati pratici che un sistema predittivo può restituire: segnalazioni, analisi, decisioni migliori. Per raccogliere, però, bisogna prima seminare con metodo. E avere cura di tutto: dall’infrastruttura tecnica alla qualità dei dati. Altrimenti si rischia di coltivare solo illusioni.
Come si costruisce un sistema predittivo.
Nessun robot senziente, nessuna fantascienza. Un sistema predittivo parte da dati storici - ad esempio i guasti di un macchinario - che vengono analizzati da un algoritmo in grado di riconoscere schemi. Il risultato è un modello che può dire, con un certo anticipo, se una pressa idraulica rischia di fermarsi entro i prossimi 30 giorni. Il tutto viene orchestrato da un agente, che può essere un report, un’interfaccia, un alert. Ma attenzione: senza azione, anche la previsione più accurata resta sterile. Prevedere non serve a nulla se poi non si agisce. Quali sono allora le fasi cruciali per mettere le basi per un buon sistema predittivo?
1. Monetizzare i dati (anche senza venderli). Appena si parla di dati e valore economico, molti pensano subito alla vendita di database. Ma la Data Monetization è molto di più: significa usare i dati per migliorare efficienza, qualità, prodotto. Se un’anomalia viene rilevata in tempo, si evitano sprechi. Se si identificano i prodotti che rendono di più, si investe meglio. Se si capisce in anticipo quando un cliente si sta allontanando, lo si può trattenere. I dati non sono un archivio, sono una leva strategica.
2. Governare i dati, non subirli. Senza Data Governance, anche il database più ricco è solo una fonte di caos. Lo dico spesso: è come avere un magazzino pieno di materiali, ma senza etichette, senza scaffali, senza un responsabile. Una governance solida definisce regole, ruoli e responsabilità: chi gestisce i dati, chi li può modificare, dove sono archiviati, se rispettano il GDPR. Significa poter rispondere con certezza a un cliente che chiede la cancellazione dei suoi dati. E significa far parlare tra loro marketing, produzione e amministrazione usando gli stessi numeri.
3. Se i dati sono malati, anche le decisioni lo sono. La qualità dei dati è fondamentale. Codici duplicati, formati incoerenti, informazioni vecchie o mancanti compromettono ogni analisi. Ho visto aziende con dati talmente confusi che neanche il miglior algoritmo al mondo avrebbe potuto tirar fuori qualcosa di utile. Serve un check-up periodico, come il tagliando dell’auto. È una manutenzione invisibile, ma indispensabile. Perché se il dato è sbagliato, anche la decisione sarà sbagliata.
Oltre a tutto ciò il Data Scientist è una figura chiave, non un lusso. Nessuno deve pensare che il Data Scientist sia un esperto al servizio solo delle grandi aziende. Anche una PMI può coinvolgerne uno, magari per un progetto specifico. Il suo compito è leggere i numeri e trasformarli in indicazioni concrete. Un bravo Data Scientist non fa grafici belli da vedere, fa domande scomode, individua correlazioni che sfuggono all’occhio umano, e suggerisce azioni. È un interprete tra tecnologia e impresa. E può fare davvero la differenza. Infine, per un buon sistema predittivo c’è un rischio sottovalutato da tenere assolutamente in considerazione: il debito tecnologico. Succede ogni volta che si sceglie un sistema veloce, economico, ma chiuso e poco scalabile. Tutto sembra funzionare, finché non serve un aggiornamento, un’integrazione, una modifica. E allora iniziano i guai: il fornitore non c’è più, il codice è incomprensibile, il sistema non parla con gli altri. Per evitarlo, bisogna scegliere soluzioni aperte, modulari, documentate. Pretendere la proprietà dei propri dati. E formare anche internamente qualcuno che sappia orientarsi tra le tecnologie adottate.
Il primo passo da fare? Riconoscere dove si è. Non serve rivoluzionare tutto da domani. Serve iniziare. Anche solo con una mappatura dei dati esistenti, un confronto con un esperto, un’analisi dei colli di bottiglia.
L’intelligenza artificiale non è la destinazione, è uno strumento. E come ogni strumento, funziona solo se chi lo impugna sa dove vuole arrivare.
Non fare nulla, oggi, significa perdere terreno ogni giorno che passa. Significa lasciare il vantaggio competitivo agli altri, a chi ha deciso di investire nella qualità dei propri dati, nella flessibilità delle tecnologie, nella capacità di anticipare invece che rincorrere.
E solo chi inizia, anche con una piccola azione, potrà coglierne davvero i benefici. Perché un passo fatto ora può evitare una rincorsa disperata domani.
Il momento giusto non arriverà: è già arrivato.●
Riccardo Manuelli è CEO DataDeep - Il valore profondo dei dati www.datadeep.it
di Simona Stoppino
Di cosa ha realmente bisogno l’AI?
tecnologiche La più umana
tra le innovazioni
L’intelligenza artificiale ha bisogno degli umani. Questo il chiaro messaggio scaturito dal convegno che si è svolto nella sede di Confindustria Genova il 18 febbraio 2025.
Ma in quali modi si può soddisfare questo bisogno?
Le risposte a questa domanda sono state espresse dal pannello dei relatori del convegno, che ha esposto problemi, esiti e prospettive dell’intelligenza artificiale in diversi campi applicativi. La discussione sull’AI, imperante ormai a qualsiasi livello, su blogs, social media, stampa e non solo su pubblicazioni scientifiche e accademiche, rischia di diventare un “rumore di sottofondo”. Approcci come quello del recente convegno realizzano invece quella circolarità di solida e fondata conoscenza che consente di affrontare i problemi aperti alla luce di una chiara visione centrata sulla dinamica tra umani e AI. Resta un bisogno, fondamentale, ancora solo parzialmente soddisfatto: AI ha bisogno di una narrazione, di uno storytelling.
Tra i non “addetti ai lavori” aleggia un “Luddismo” di ritorno, un atteggiamento di chiusura, paura, rifiuto, che spesso si è ripresentato nella storia dello sviluppo delle scienze e delle tecnologie e che non è mai stato vincente.
Vero è che l’AI ci propone sfide, molte reali, alcune immaginarie, di proporzioni smisurate rispetto a quelle fino ad ora affrontate da scienze, tecnologie e società, che sembrano minacciare e compromettere irrimediabilmente lo status quo valoriale, l’etica, i sistemi giuridici del mondo che abbiamo costruito.
L’AI è stata definita come un’onda che arriva da lontano (M. Suleyman, The coming wave, New York 2023). Come tutte le onde ha il potere di infrangersi e distruggere tutto quello che trova, come tutte le onde offre la possibilità di venire cavalcata ma... questa onda offre una possibilità in più: quella di lasciarsi plasmare, cambiare intensità e direzione proprio grazie all’intervento umano. Perché questo avvenga è necessaria a livello transnazionale un’azione di containment, un contenimento che coinvolga i sistemi legislativi, i modelli sociali di sviluppo, i sistemi tecnologici e
Computers Can’t Cry
Durante il recente convegno di Genova, ho mostrato un annuncio del 1964 della Y&R di New York: con questo titolo stabiliva come il rapporto tra umani e tecnologia sia semplice.
Le macchine più sofisticate, veloci e innovative, da sempre hanno necessità di una guida emotiva.
La centralità umana nella tecnologia sarà dunque eterna. Che si tratti di ricerca biomedica (ridare le gambe ai paraplegici con l’AI è già una realtà concreta) o di processi produttivi o creativi (la AI generativa è ormai pratica quotidiana), l’Intelligenza Artificiale ha bisogno della nostra cultura, della nostra sensibilità, della nostre emozioni. Per questo gli imprenditori italiani non hanno ragione di temere l’AI. Devono solo guidarla.n
Pasquale Diaferia Creative Chairman Special Team
produttivi, stabilendo un canale aperto, una costante collaborazione tra il mondo della scienza e della tecnologia, quello delle arti e della creatività.
Containment non significa quindi “limitare” ma “plasmare”, non si tratta di un ulteriore esperimento di “Luddismo” (già sappiamo com’è finito il primo).
Per avvicinare il mondo dei non “addetti ai lavori” alla conoscenza di AI, per evitare facili confinamenti e giudizi che comunque non sono in grado di fermare l’onda già da tempo in movimento c’è bisogno di una narrazione aperta, di una “polifonia” che comprenda tutte le voci della società. Nel 1066 l’Inghilterra venne conquistata dai Normanni. Una data di quelle da ricordare, un sovvertimento di orizzonti politici, sociali, culturali, un nuovo ordine territoriale.
A una settantina circa di metri di tela ricamata venne affidato il compito di raccontare questa conquista, si scelse di stabilire col racconto Il progetto di una possibile pacifica e fruttuosa convivenza e di non limitarsi al racconto di uno scontro, una guerra, una conquista. Ciclicamente questa tela veniva appesa lungo le colonne della navata principale della cattedrale di Bayeux.
Questo fragile racconto, questo potente esempio di storytelling, ricamato in lana su lunghe pezze di tela di lino, ricco di immagini e povero di parole, è sopravvissuto a guerre, conquiste, rivoluzioni. Oggi racconta ancora, con la stessa potenza espressiva di allora, di una conquista, una minaccia, trasformata in pacifica convivenza.
Questo, secondo me, il tipo di narrazione di cui ha bisogno l’AI, la più umana tra le scoperte scientifiche, tra le innovazioni tecnologiche: parla la lingua che noi le abbiamo insegnato, risolve i problemi così come ha imparato da noi a risolverli, immagina e riproduce mondi che noi le abbiamo fatto immaginare, ha come modello costitutivo il complesso sistema neuronale umano.
Questa narrazione può trovare nella attività di formazione e informazione di Confindustria uno degli attori fondamentali. Il mondo del “fare impresa” può e forse deve diventare centrale nel racconto di questa onda straordinaria. Il racconto di AI e delle sue applicazioni fatto da chi la usa per creare impresa, per formare nuove figure professionali, per ottimizzare e migliorare le possibilità produttive, per varcare confini nella conoscenza e nelle applicazioni di AI quale tecnologia che si adatta, si lascia plasmare dagli umani.
Nel 1955 il matematico John von Neumann, membro della Commissione per l’Energia Atomica del governo degli Stati Uniti, scrisse un saggio intitolato Can we survive technology?. La domanda resta aperta ancora oggi, la risposta consiste forse nel nostro essere qui, nella volontà e nella capacità di plasmare l’onda, anche attraverso la potenza della narrazione, usando nuove pezze di tela e nuovi fili.
« Technology should focus not just on the engineering minutiae but on helping to imagine and realise a richer, social humane future in the broadest sense, a complex tapestry of which technology is just one stand. Technology is central to how the future will unfold - that’s undoubtedly true - but technology is not the point of the future, or what is really at stake. We are.»
(M. Suleyman, The coming wave, New York 2023).●
Simona Stoppino è storica dell’arte e scrittrice
MARTEDÌ 13 MAGGIO 2025
ore 16.00 -18.00
Confindustria Genova
Sala Auditorium - Via San Vincenzo 2, Genova
Cosa si intende per “partenariato tra volontariato e impresa”?
Quali sono le collaborazioni già instaurate sul nostro territorio?
L’incontro vuole fornire agli Enti di Terzo Settore e alle imprese profit le risposte a queste domande, insieme ad alcuni strumenti teorici e pratici per sviluppare le competenze e incrementare la progettazione condivisa. In particolare verranno analizzate alcune buone prassi già esistenti, che in questi anni sono state presentate da associazioni e imprese genovesi anche nell’ambito del Premio Partnership Sociali promosso da Celivo e Confindustria Genova.
Iniziativa organizzata da Celivo e Confindustria Genova in collaborazione con il CSV di Verona, il Csv Polis e il CSV Vivere Insieme.
Il corso fa parte del Festival dello Sviluppo Sostenibile, che si svolge in tutta Italia dal 7 al 23 maggio 2025.
La partecipazione è libera.
Per iscriversi è necessario registrarsi: https://tiny.cc/buonepratiche130525
Info e contatti
Celivo: borgogno@celivo.it
Confindustria Genova: eventi@confindustria.ge.it
ore 16.00 | SALUTI
Nicoletta Viziano
Vice Presidente Confindustria Genova
Simona Tartarini
Direttrice Celivo
INTERVENTI
Connettere per generare valore: la collaborazione profit - non profit come strumento di innovazione, sviluppo e impatto delle comunità
Silvia Sartori
Consulente CSV - Centro di Servizio per il Volontariato di Verona
Equità e Sostenibilità: la sfida delle imprese profit
Giangiacomo Guida
Climate Change and Sustainability Services EY
Il supporto del CSV a Enti di terzo settore e aziende per costruire relazioni proficue
Roberta Borgogno
Responsabile comunicazione Celivo
Storie di successo
Maria Sofia De Natale
Presidente Associazione Ligure sindrome X Fragile ODV
Elona Meda
Sustainability Specialist Ikea Genova
Enrico Pedemonte
Co-fondatore La Compagnia della Tartaruga
Simone Zaffiri
Amministratore Delegato Cosme
OPPORTUNITÀ
Presentazione del Premio per esperienze di Partnership Sociali 2025
Dialogo tra archivi
Con la piattaforma LIA - Leonardo Innovation Archives diventa possibile raccontare (e consultare) la storia dell’industria italiana in un click.
di Claudia Cerioli
Il 24 febbraio scorso sono stati presentati presso la sede di Fondazione Ansaldo, Villa Cattaneo dell’Olmo, il progetto “LIA - Leonardo Innovation Archives” e i primi risultati di un intenso anno di lavoro che ha coinvolto, oltre la Fondazione stessa, ben cinque realtà archivistiche facenti parte del Sistema museale e archivistico di Leonardo, ossia gli Archivi storici delle società Agusta, SIAI Marchetti, Breda Meccanica Bresciana, OTO Melara e il centro di documentazione storica Aermacchi di Venegono, a cui si aggiunge il patrimonio documentario portato in dote dalla Whitehead Moto Fides WASS, oggi Fincantieri ma storicamente legata indissolubilmente al mondo Leonardo - ex Finmeccanica. Il progetto, promosso e coordinato da Fondazione Ansaldo e Fondazione Leonardo, ha portato alla creazione di un’unica libreria digitale chiamata “LIA” (consultabile all’indirizzo https://lia.fondazioneleonardo.com), basata sull’open source Omeka S., già ampiamente collaudato attraverso la precedente esperienza di digitalizzazione di Fondazione Ansaldo “Archimondi”
La piattaforma “LIA” è stata pensata per rendere semplice un’operazione che nasce in realtà come estremamente complessa, ossia rendere comunicanti e interoperabili gli archivi delle tante aziende che nel tempo hanno fatto parte di Finmeccanica.
Il 18 marzo 1948 l’Istituto per la Ricostruzione IndustrialeIRI, holding di Stato per le partecipazioni statali, fondava infatti la Società Finanziaria Meccanica Finmeccanica. Sarà una tappa cruciale, nel clima post-bellico, per la ripresa economica e industriale del Paese. Con la maggioranza azionaria delle società operanti nel settore meccanico, Finmeccanica rappresenterà per circa trent’anni il polo di riferimento industriale comprendendo diverse realtà produttive: Ansaldo, Odero Terni Orlando - OTO, San Giorgio, Alfa Romeo, Filotecnica Salmoiraghi, Motomeccanica, Stabilimenti Sant’Eustacchio, Arsenale Triestino, Cantieri Riuniti dell’Adriatico, Fabbrica Macchine - Fa.Ma., Industria Mec-
canica Napoletana, Navalmeccanica, Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli e altre.
Società diverse con storie diverse, alcune confluite in Leonardo come Aermacchi, oggi Divisione Velivoli di Leonardo, o che a un certo punto della loro vita ne sono uscite per intraprendere percorsi propri, come l’Ansaldo, nell’orbita Finmeccanica fino al 2013, e la Wass, passata sotto Fincantieri nel gennaio 2025. Tutte hanno però in comune avere alle spalle origini antiche, molto più antiche di quelle della stessa Finmeccanica: di nuovo il caso dell’Ansaldo, fondata nel 1853 e confluita in Finmeccanica nel 1948 al momento della creazione di quest’ultima; come l’OTO Melara, fondata nel 1905 e anch’essa confluita nella società finanziaria nel 1948; o ancora, per venire ad anni più recenti, il caso di Agusta, costituita nel 1923 ed entrata nella holding tra la fine degli anni Novanta e gli anni Duemila. La storia di queste società, lunga spesso oltre un secolo, sfugge a uno schema preciso di riferimenti archivistici, a causa della molteplicità ed eterogeneità dei suoi attori, e si traduce in archivi complessi ed estremamente articolati, che presentano però molti punti di contatto, vuoi perché le società che li hanno generati sono state nel corso degli anni “partners” o “competitor”, o entrambe le cose a seconda delle evoluzioni storiche, ma soprattutto perché queste aziende hanno vissuto, indicativamente nello stesso periodo, dinamiche societarie simili, come ad esempio la definizione di un proprio sistema di welfare e la necessità di elaborare un’efficace comunicazione d’impresa, permettendo quindi riflessioni e indagini trasversali a più realtà industriali. Per questi motivi sono stati particolarmente curati gli strumenti di ricerca per facilitare la consultazione, che spaziano dalla semplice ricerca libera, inserendo cioè parole chiave direttamente nella barra di ricerca per ottenere risultati pertinenti (ad esempio, cercando “elicotteri Agusta”, si otterranno documenti, fotografie e schede relative alla produzione elicotteristica dell’azienda), all’utilizzo di filtri avanzati
Operai e operaie nel rifugio antiaereo dello stabilimento Breda Meccanica Bresciana, anni Quaranta, Brescia; courtesy Archivio Storico Breda Meccanica Bresciana
come la ricerca per periodo storico (es. 1920-1940) o per tipologia di documento (fotografie, disegni tecnici, documenti aziendali, articoli, pubblicità), o ancora per tematica grazie alla creazione di un vocabolario controllato di specifici lemmi che permette di esplorare materiali correlati senza dover inserire termini esatti (es. Architetture industriali, Donne e lavoro, Progettazione tecnica, Welfare aziendale ecc.). Una volta selezionato un documento, si accede alla sua
scheda descrittiva con informazioni storiche, immagini in alta risoluzione e la possibilità di scaricare o consultare il materiale in formato digitale. Se l’obiettivo primario di LIA è quello creare un unico centro di raccolta di fonti digitalizzate in cui far confluire gradualmente la documentazione proveniente dagli archivi storici di Leonardo per favorire l’accessibilità ai documenti e agli apparati bibliografici per scopi di ricerca, studio e formazione, altrettanto importanti sono le finalità legate a una migliore conservazione dei materiali d’archivio che, essendo stati digitalizzati, non necessitano più di essere consultati in originale, e a incentivare la digitalizzazione del patrimonio aziendale rendendola costante nel tempo e attività quotidiana. Inoltre, la diversità degli asset produttivi di Leonardo, la multidisciplinarità dei temi presenti in LIA e la diversità di figure professionali coinvolte (archiviste/i, ingegneri, tecnici, dipendenti aziendali, seniores e volontari/e) hanno permesso la condivisione e l’integrazione di competenze umanistiche e tecnologico-scientifiche. Un dialogo tra saperi finalizzato a rendere sempre più completa ed esaustiva l’esperienza della ricerca in archivio, anche da remoto. LIA allo stato attuale ospita già una vasta gamma di materiali, tra cui fotografie storiche che documentano l’evoluzione delle tecnologie e delle infrastrutture industriali, documenti aziendali come rapporti, corrispondenze e piani strategici che offrono una visione interna delle dinamiche imprenditoriali, disegni tecnici e progetti che illustrano l’innovazione ingegneristica e il design industriale dell’epoca. Se nel corso del 2024 LIA ha mosso i suoi primi passi con il consolidamento della piattaforma e l’inserimento dei primi contenuti, per il 2025 si prevedono importanti sviluppi con nuovi materiali provenienti dagli archivi già presenti sulla piattaforma e soprattutto con l’adesione al progetto di nuove realtà archivistiche e museali come le Officine Galileo di Firenze, il Museo del Radar, inaugurato nel 2009 presso lo stabilimento della Divisione Elettronica di Leonardo a Bacoli (Napoli), il Centro di Documentazione Storica Leonardo Velivoli di Torino (un tempo società Alenia) e quello della Divisione Elicotteri di Tessera (Venezia).●
Il comandante Ottorino Lancia, capo piloti collaudatori dell’Agusta, insieme al Conte Domenico Agusta, 1958, Cascina Costa di Samarate (VA); courtesy Archivio Storico Agusta
L’ing. Alessandro Marchetti a bordo di un S.55 nell’Idroscalo di Sant’Anna, 1928, Sesto Calende (VA); courtesy Archivio Storico SIAI Marchetti
Disegno tecnico dell’idrovolante Nieuport Macchi M.7 con motore Isotta Fraschini, 1913, Masnago (VA); courtesy Centro di Documentazione Storica Aermacchi
A Euroflora 2025 la serra spaziale dell’astronauta Malerba, la biosfera sottomarina di Nemo’s Garden e i prototipi dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Colture
high-tech
Nel tripudio immaginifico di fiori e piante, Euroflora 2025 si apre, per la prima volta in assoluto nella sua lunga storia, alla tecnologia più sofisticata e all’avanguardia, naturalmente applicata all’ortoflorovivaismo. Lo fa coinvolgendo Franco Malerba, il primo astronauta italiano e genovese a volare nello spazio, che a Euroflora presenta un prototipo funzionale della sua serra spaziale, esito delle ricerche di SpaceV, spinoff dell’Università di Genova nel 2021, cresciuta attraverso due anni di incubazione (2022-24) nell’ESA BIC di Torino. Progettato alle dimensioni di un armadio tecnico all’interno della Stazione Spaziale Internazionale, questo prototipo anticipa l’obiettivo della concreta realizzazione di un’unità simile, qualificata per lo spazio, da portare in orbita e convalidare come carico utile della Stazione Spaziale Internazionale. Questa tecnologia offrirà alla comunità scientifica
un ambiente favorevole per sperimentare la coltivazione di piante nello spazio e aprirà la strada alla produzione alimentare vegetale anche a bordo di altre piattaforme spaziali future in orbita terrestre o sul suolo lunare. Il contributo di Space V all’esplorazione dello spazio è l’Adaptive Vertical Farm - AVF, una serra dall’architettura multipiano brevettata, che - variando dinamicamente la geometria dei ripiani di coltivazione in sincronia con la crescita delle piante - permette di raddoppiare la resa di produzione rispetto a una serra tradizionale a ripiani fissi. Le soluzioni utilizzate per la serra spaziale potranno offrire spunti importanti per le serre a terra, applicazioni di coltivazioni ecosostenibili in ambienti climaticamente difficili o isolati come piattaforme petrolifere offshore e sommergibili. La 13ª edizione della rassegna internazionale di piante e fiori è arricchita anche dalla presenza dell’Istituto Italiano di Tecnologia - IIT, pronto a stupire appassionati e visitatori con la dimostrazione di alcune delle tecnologie sviluppate nei propri laboratori, riguardanti sostenibilità, economia circolare e smart agriculture. Come il robot sviluppato per la potatura di precisione delle vigne all’interno del progetto Vinum, realizzato dall’unità di ricerca Dynamic Legged Systems di IIT in collaborazione con la facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e inserito nell’ecosistema dell’innovazione RAISE. Il prototipo, dotato di un braccio robotico equipaggiato con telecamere e cesoie, è in grado di muoversi in vigna teleoperato a distanza tramite joystick e svolgere la delicata operazione della potatura invernale
delle viti, effettuando tagli selettivi rispettando le corrette regole agronomiche indicate dagli esperti potatori. Ci sono, poi, le bioplastiche prodotte a partire da scarti vegetalirisultato di soluzioni innovative per il recupero e il riutilizzo degli scarti di origine vegetale, sviluppate dall’unità di ricerca “Smart Materials” dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Si tratta di materiali costituiti da fibre naturali che, pur avendo proprietà meccaniche simili a quelle della plastica, a fine ciclo possono essere riassorbiti dalla natura, biodegradabili al 100%. A questo filone si aggiunge anche la ricerca sui nuovi materiali per la purificazione e la desalinizzazione dell’acqua, possibili soluzioni a basso costo alla carenza globale di acqua dolce, utilizzabile anche come scorte per le acque irrigue. E ancora: la presentazione dei risultati di studi condotti dall’unità di ricerca Smart Bio-Interfaces di IIT sull’impiego di estratti naturali, tra cui gli scarti di vinificazione dei vigneti delle Cinque Terre, per contrastare lo stress ossidativo in diverse situazioni fisiologiche e patologiche: dall’infiammazione cellulare che porta all’invecchiamento precoce fino a situazioni più gravi come malattie neurodegenerative tra cui Parkinson, Alzheimer e Sclerosi. A Euroflora anche la biosfera sottomarina di Nemo’s Garden, un progetto scientifico visionario che applica tecnologie d’avanguardia alla coltivazione di piante terrestri sott’acqua. Nemo’s Garden è una fattoria subacquea unica al mondo, composta da biosfere trasparenti ancorate al fondale marino. Il sito pilota si trova al largo di Noli, in Liguria, con nove cupole posizionate tra i 5 e i 12 metri di profondità. All’interno, si coltivano piante come erbe aromatiche, fragole, insalate e fagioli tramite un sistema idroponico a circuito chiuso. L’acqua dolce viene generata naturalmente dalla condensa interna, mentre il mare garantisce un microclima stabile. Il risultato è un ecosistema circolare, protetto e sostenibile, senza impatti negativi sull’ambiente. Nemo’s Garden è molto più di una sperimentazione: è una visione concreta per l’agricoltura del futuro, già installata nel mondo e capace di offrire soluzioni sostenibili in aree con scarsa disponibilità di acqua dolce e terreni coltivabili. A Euroflora, il pubblico potrà toccare con mano il futuro dell’innovazione agricola, in un’esperienza affascinante che unisce tecnologia, natura e design.●
Euroflora 2025 è un inno alla bellezza e alla sostenibilità con 154 giardini da tutto il mondo estesi su 85mila metri quadrati espositivi indoor e outdoor affacciati sul mare di Genova. Organizzata da Porto Antico di Genova e giunta alla sua tredicesima edizione, è l’unico appuntamento italiano riconosciuto da AIPH International Association of Horticultural Producers.
Info e biglietti www.euroflora.genova.it
Smart Bio-Interfaces di IIT
Bioplastiche con buccia di arancia
Nemo’s Garden
di Paola Iacona
Dolci per tutti
Inclusione, impresa e innovazione nel cuore di Genova.
Enrico Pedemonte
Nel cuore del centro di Genova, è nata un’iniziativa capace di unire impresa sociale, artigianalità di qualità e innovazione alimentare: “I Pasticci della Tartaruga”. Il laboratorio di pasticceria naturalmente senza glutine ha aperto le porte in via Caffaro 12b e già nel nome rivela la propria vocazione: fare dolci “buoni per tutti”, senza fretta ma con cura, valorizzando il tempo lungo dell’apprendimento, della formazione, dell’inclusione. Promosso dalla cooperativa sociale Compagnia della Tartaruga, il progetto rappresenta una naturale estensione dell’esperienza avviata nel 2022 con il B&B “La Sosta della Tartaruga”, che ha saputo da subito distinguersi per la capacità di coniugare accoglienza turistica e inserimento lavorativo di giovani con disabilità cognitiva, valorizzandone al meglio le potenzialità. Con “I Pasticci della Tartaruga”, la cooperativa ha fatto un ulteriore passo avanti, portando il proprio impegno nel settore della produzione alimentare, con un’attenzione particolare al gluten free di qualità e a una filiera che mette al centro le persone. Il laboratorio è stato progettato per essere prima di tutto un luogo di formazione e crescita professionale. Qui, tre giovani - Alice, Amina e Massimiliano - sono stati affiancati da un docente dell’Istituto Alberghiero Marco Polo per un approfondito corso di formazione professionale, grazie al quale hanno appreso le competenze del mestiere, e oggi sono guidati nel loro lavoro dal pasticcere Michele Pietragalla. Michele racconta la sua esperienza quotidiana gomito a gomito con “I ragazzi della sua squadra” come li chiama lui : «Ogni giorno è un piacere vederli arrivare in laboratorio pieni di motivazione a imparare e desiderosi di mettere le mani in pasta, è impegnativo per tutti, si sbaglia spesso, pesata, impasto, qualche volta mi arrabbio, ma in un attimo riescono a farmi tornare il sorriso. Quando li guardo lavorare concentrati sul loro obiettivo mi sento veramente soddisfatto e convinto delle motivazioni che mi hanno fatto raccogliere questa sfida».
Lo spazio è quello di un laboratorio professionale, su circa 100 metri quadri, completamente ristrutturato e fornito di tutti i macchinari e le attrezzature professionali (impastatrice, sfogliatrice, forni e frigoriferi). L’avvio dell’attività è stato
possibile grazie a un investimento importante - oltre 60.000 euro solo per le attrezzature - reso possibile dalla fiducia di numerosi partner e sostenitori: dal Rotary Club Genova Est, promotore del progetto insieme ad altri club Rotary del territorio e al Distretto 2032, alla Fondazione Passadore 1888, passando per realtà come Federfarma, Edilizia Spa e Studio Taccini, il Lions Club Genova Sampierdarena, Fondazione Cattolica, Fondazione Do.Po. Un vero e proprio partenariato sociale che ha creduto nella forza trasformativa dell’inclusione. La proposta dolciaria de “I Pasticci della Tartaruga” si distingue non solo per l’attenzione alle intolleranze alimentari, ma per una filosofia di fondo che mette insieme sostenibilità, gusto e innovazione.
Le ricette sono “naturalmente” senza glutine: nascono cioè con un basso contenuto di farine e sono arricchite da ingredienti nobili come la frutta secca. Il risultato è una gamma di prodotti che supera la logica della “rinuncia” per abbracciare quella della condivisione: baci di dama, canestrelli e frollini (rigorosamente a forma di tartaruga), crostate ribattezzate “cros-tarte”, muffin, torte farcite e la “Tarta Nera”, una torta al cioccolato dal cuore morbido che promette di diventare la specialità della casa.
Il laboratorio fa parte del network Alimentazione Fuori Casa promosso dall’AIC - Associazione Italiana Celiachia - che ne assicura la qualità e la sicurezza delle produzioni: un riconoscimento importante in un settore in forte crescita e in cui la fiducia del consumatore è determinante.
«Fare dolci buoni per tutti, partendo da chi è spesso escluso: è questa la nostra rivoluzione - afferma Enrico Pedemonte, presidente della cooperativa La Compagnia della Tartaruga -. Con “I Pasticci della Tartaruga”, così come con “La Sosta della Tartaruga”, trasformiamo la lentezza in valore, e il lavoro in strumento di inclusione autentica. I nostri giovani, affiancati da un pasticcere esperto, producono dolci senza glutine che non sono pensati solo per chi ha un’intolleranza, ma per chiunque voglia scegliere la qualità e la cura artigianale. Ogni dolce rappresenta così un piccolo passo verso una società più inclusiva e attenta alle diversità. Perché l’inclusione può essere anche una scelta di gusto, concreta e quotidiana».
L’iniziativa si inserisce in un orizzonte più ampio, in linea con i nuovi paradigmi dell’economia sociale. Non a caso, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2025 come Anno Internazionale delle Cooperative, riconoscendo il ruolo fondamentale che queste realtà svolgono nel costruire un mondo più giusto, equo e resiliente. “I Pasticci della Tartaruga” non sono solo un laboratorio artigianale o un presidio sociale: sono prima di tutto un’impresa. Un’impresa che genera valore economico e sociale, creando occupazione, innovando la filiera alimentare, rispondendo a nuove esigenze di consumo. Un modello replicabile, che potrebbe diventare punto di riferimento per altre cooperative e aziende interessate a coniugare etica e impresa.
In un momento storico in cui l’economia cerca nuove direzioni, “I Pasticci della Tartaruga” rappresenta un segnale forte: l’inclusione non è solo una responsabilità, ma può diventare una strategia competitiva, capace di generare prodotti eccellenti e di costruire comunità, a partire dai luoghi e dalle persone. A Genova, oggi, lo si può toccare con mano. E assaporare con gusto.●
Si vola!
Al Colombo, importanti investimenti e nuovi collegamenti con l’ambizioso obiettivo di raggiungere i 3 milioni di passeggeri.
È stata inaugurata il 17 marzo scorso - alla presenza del Viceministro dei trasporti e delle infrastrutture On. Edoardo Rixi, del Presidente della Regione Liguria Marco Bucci, del Vice Sindaco reggente del Comune di Genova Pietro Piciocchi, del Presidente di ENAC Pierluigi Di Palma e del Presidente dell’Aeroporto di Genova Enrico Musso - la nuova ala est dell’Aeroporto di Genova Cristoforo Colombo. Con un investimento di 15 milioni di euro e 18 mesi di lavori, la nuova ala est si sviluppa per 5.500 mq, di cui 550 mq destinati ad area commerciale con Duty Free e un punto vendita multiprodotto.
Nei nuovi spazi sono inoltre ospitate le 4 linee di controllo sicurezza dotate di macchinari di ultima generazione per l’ispezione automatica dei bagagli, 3 nuovi gate di imbarco, 250 sedute (di cui 1/3 dotate di prese di alimentazione per i dispositivi elettronici) e 1 nuovo pontile di imbarco con accesso sul piazzale, completamente climatizzato e dotato di ascensore per accedere alla pista.
La nuova ala est consente al Cristoforo Colombo di incrementare la propria capienza potenziale fino a 3 milioni di passeggeri e rappresenta un primo importante tassello di un più ampio piano di restyling che, dopo 12/18 mesi di lavori e ulteriori 12,6 milioni di euro di investimenti, ridisegnerà interamente il volto dello scalo entro la fine del 2026, consentendo di offrire un’esperienza best in class ai viaggiatori.
Il progetto consentirà di coniugare l’attesa crescita del traffico aereo con l’offerta di livelli di servizi elevati, ridisegnando interamente il layout dello scalo, migliorando la gestione dei flussi dei passeggeri in arrivo e in partenza e, di conseguenza, l’esperienza degli stessi.
Più in dettaglio, gli interventi prevedranno il restyling esterno dell’aerostazione e, internamente, l’ammodernamento delle sale di imbarco (pavimenti, controsoffitti, servizi igienici, arredi), la realizzazione di un nuovo bar nel salone arrivi, l’installazione di un nuovo impianto di smistamento bagagli, la realizzazione di 10 check-in aggiuntivi, il potenziamento delle zone di controllo frontiera (incremento degli spazi di controllo e attesa), l’installazione di apparecchiature automatiche per il controllo dei passaporti elettronici (egates) e, infine, la ristrutturazione del secondo piano, con i nuovi uffici e la nuova lounge con terrazza fronte mare. L’intervento di restyling sarà effettuato mantenendo lo scalo pienamente operativo.
Al termine dei lavori la superficie complessiva del Cristoforo Colombo si estenderà per 20.000 mq (+38%), di cui 1.200 mq destinati ad aree commerciali (+400 mq), i check-in saliranno a 22 (dagli attuali 12), i gate a 10 (dagli attuali 9, di cui 3 nella nuova ala est), i parcheggi aeromobili fronte terminal a 8 (+2) e la nuova lounge si estenderà per 200 mq (+50).
In aggiunta ai 27,6 milioni di euro di investimenti sopra descritti relativi all’aerostazione, l’aeroporto beneficerà di ulteriori importanti investimenti infrastrutturali, del valore complessivo di circa 80 milioni di euro, destinati a modificare significativamente l’accessibilità e la connettività dello scalo con il territorio. In particolare, è prevista la realizzazione della nuova stazione ferroviaria Genova Aeroporto e la realizzazione di una passerella pedonale con tapis roulant (cosiddetto “Moving Walkway”) che, in soli 6 minuti, con-
sentirà di collegare lo scalo alla nuova stazione rendendo pertanto l’aeroporto interconnesso con la ferrovia. «La nuova ala est rappresenta un tassello fondamentale di un importante piano di interventi di ammodernamento che porterà l’aeroporto a modificare significativamente la propria veste rendendolo più attrattivo per le compagnie aeree e più accogliente e funzionale per i passeggeri - ha affermato Enrico Musso, residente Aeroporto di Genova -. Il nuovo terminal consente di incrementare la capacità potenziale dello scalo fino a un massimo di 3 milioni di passeggeri: un obiettivo ambizioso che confidiamo di poter raggiungere grazie alle forti potenzialità di crescita dello scalo legate all’incremento dei flussi turistici e agli ingenti investimenti in corso sul nostro territorio».●
Estate 2025
L’aeroporto Cristoforo Colombo ha aperto la stagione estiva con importanti novità in termini sia di nuove rotte, sia di rafforzamento di alcuni importanti collegamenti già attivi.
Dal 1º maggio, collegamento con Varsavia operato da Wizz Air, con tre i voli a settimana (martedì, giovedì e sabato); dal 17 giugno, attivo invece il nuovo collegamento con Cracovia, volo operato sempre dal vettore low cost ungherese con tre voli a settimana in partenza il martedì, il giovedì e il sabato.
Confermato il collegamento con Budapest (martedì, giovedì e sabato) avviato nella stagione invernale 2024/2025 e operato sempre da Wizz Air.
Nei mesi di aprile, maggio, giugno, settembre e ottobre i voli per Parigi Orly operati da Volotea passano da due a quattro frequenze alla settimana mentre, a partire da metà maggio, cinque i voli a settimana per Barcellona operati da Vueling, frequenze che saliranno a sei nel mese di luglio e diventeranno giornaliere per tutto il mese di agosto, fino alla prima settimana di settembre. Tornano per la stagione estiva anche i collegamenti stagionali per Manchester, Bucarest e Brindisi operati dal vettore irlandese Ryanair, il volo per Copenaghen operato da SAS Scandinavian Airlines e il collegamento estivo di Ita Airways per Olbia che si affianca a quello di Volotea.
Confermati anche due voli giornalieri su Amsterdam (KLM) e Monaco (Air Dolomiti - Lufthansa).
La stagione estiva 2025, infine, vedrà la ripartenza dei charter a servizio dei crocieristi.
Complessivamente saranno circa 200 le movimentazioni aeree (voli di andata e ritorno) che collegheranno il Colombo alle principali città tedesche, per un totale di oltre 30mila passeggeri.n
di Luciano Caprile
Le opere di Giorgio Griffa a Palazzo Ducale.
Magie
di conoscenza e ri-conoscenza
Il gesto scorre leggero come un pensiero intriso di poesia e sembra talora interrompersi per lasciare a chi contempla un ampio spazio di interpretazione e di condivisione. Pertanto Giorgio Griffa, classe 1936, si riconosce perfettamene in “Dipingere l’invisibile”, la grande antologica, curata da Ilaria Bonacossa e da Sébastien Delot, che viene accolta a Palazzo Ducale fino al 13 luglio.
Le tele, i disegni e le installazioni, collocate nell’Appartamento del Doge e nella Cappella, suggeriscono tutti i temi perseguiti dal nostro autore nel corso della sua lunga carriera caratterizzata anche da impulsi, da percezioni e da immediate s ollecitazioni. Così “Segni primari ” , “Segni e campo”, “Alter ego”, “Frammenti”, “Trasparenze”, “Numerazioni”, “Tre linee con arabesco”, “Canone aureo”, “Shaman”, “Dilemma”, “Océanie”, “Disordine”, “Non finito” e “Poesia” sono titoli che costituiscono l’approccio alle situazioni compositive delle varie sale. Se è vero che egli ha affermato di decidere soltanto il primo segno e di seguire quindi il ritmo della musica che ascolta mentre dipinge, è anche vero che una particolare musica interiore va a cogliere ogni momento dell’esistenza dell’umanità, dai primi graffiti a certi impulsi contemporanei (non trascura infatti citazioni che vanno da Matisse a Twombly) e a ciò che deve ancora avvenire. Non a caso un certo margine di incompletezza che emerge da certe opere non solo lascia spazio al ruolo attivo dell’osservatore, come ho scritto più sopra, ma interroga già il futuro. Anche per questo Griffa non ha mai voluto legarsi a nessun movimento, neppure all’Arte Povera, che negli anni Sessanta, grazie a Germano Celant, si era imposta nella sua Torino. Egli racconta certe emozioni e si racconta in situazioni in divenire che si risolvono in un colto informale che annuncia la forma e la sua sparizione o la sua
Tre linee con arabesco n.1691 (dettaglio), 2023, acrylic on canvas, 95x69cm | Courtesy Fondazione Giorgio Griffa | Ph Federico Rizzo
Tre linee con arabesco n.1684 (dettaglio), 2023, acrylic on canvas, 96x69cm | Courtesy Fondazione Giorgio Griffa | Ph Federico Rizzo
Giorgio Griffa, Montale, 2019, acrylic on canvas, 250x650 cm
continua modifica. Per esempio nella sesta sala intitolata al “Disordine” si coglie questa perpetua mutazione mentre nella settima dedicata al “Non finito” è costituita da due tele grezze completamente bianche. Per poi riaccogliere i colori con i capitoli di “Poesia” e di “Océanie”.
fa ha compreso l’importanza dell’oblio, un processo necessario per accedere e dare spessore al tempo sensibile. Dare vita a un tratto, a una linea, a una forma gli permette di esprimere il suo rapporto con la memoria secolare della pittura. La pittura diventa il luogo degli spazi della memoria». Le sue opere, accolte nelle collezioni e nei musei di tutto il mondo, dalla Tate Modern al Centre Pompidou, suscitano dunque emozioni e interrogazioni che riguardano in particolare la cultura e la sensibilità creativa di chi osserva e riesce a recuperare con lui sconosciute magie di conoscenza o di improvvisa ri-conoscenza.●
Giorgio Griffa, Matisseria n.2, 1984, acrylic on canvas, 116x390 cm
Giorgio Griffa, Canone aureo 988, 2014, watercolor on paper, 45,5x30,5 cm
Giorgio Griffa, Wustokosp, 2019, acrylic on canvas, 101x68 cm
Autori,
libri e librai
La rivista, nata 40 anni fa sul modello della New York Review of Books, lancia anche a Genova un “Club dell’Indice”, uno spazio d’incontro e discussione su libri e lettura.
La promozione della lettura è fra le questioni perennemente urgenti e ineludibili, per una politica culturale degna di questo nome. Come sanno bene gli “addetti ai lavori”, a livello ministeriale esiste un fondo dedicato, le reti bibliotecarie e alcuni festival si danno da fare come possono, e altrettanto, grazie agli insegnanti più illuminati, fanno molte scuole di ogni ordine e grado, a tutte le latitudini in Italia. Fuor d’obbligo formativo e della fervida, felice atmosfera consumistica di fiere e saloni del libro, il grado d’illetteratezza della nostra società civile è così alto, tuttavia, da generare inquietudini profonde. I lettori (non si dice solo i lettori “forti”: si dice anche i “medi”, in grado di sottrarsi, perlomeno una tantum, alla logica mordi-e-fuggi della dettatura da social) sono pochi, mentre l’industria editoriale produce un’offerta in grandissimo esubero rispetto alla domanda. Oltretutto, l’iperproduzione del mercato librario, unita alla flagrante perdita di autorevolezza dei critici e di tanta parte dei recensori/“influencer”, sta rendendo sempre più difficile l’orientamento, anche per chi ancora desidererebbe averlo. Di fronte a un contesto del genere, vano salutati come una boccata d’ossigeno l’ideazione, la creazione e il lancio dei “Club dell’Indice”, un’iniziativa stimolante, che è partita a febbraio, si è già diffusa, in un paio di mesi o poco più, in ventuno città e intende coinvolgere cinquanta realtà in tutta Italia. Si tratta di un progetto lanciato dal mensile “L’Indice dei Libri del Mese”, un’importante rivista nata nel 1984 sul modello della “New York Review of Books” e dedicata, da oltre quarant’anni, interamente ai libri. L’idea è di quelle semplici e intelligenti: articolare in modo coordinato spazi d’incontro e discussione intorno ai libri e alla lettura animati da qualificate librerie in tutta Italia. È un’idea, dunque, che ha l’aria di poter essere utile, e risultare intrigante, a tutti i soggetti che si muovono intorno al prodotto-libro, ciascuno a proprio modo compartecipe dei processi in atto lungo una filiera che corrisponde a un circolo “virtuoso”: gli scrittori, gli editori che scommettono su di loro, i librai che ne veicolano i frutti dell’ingegno, i lettori che amano o sono disposti ad amare la letteratura e la saggistica di qualità e... la testata - “L’Indice”, appuntoche si prende l’arduo onere/onore di continuare a segnalarne alcuni campioni sintomatici e significativi. La sezione di Genova del Club è stata inaugurata il 2 aprile, nella sede della Società di Letture e Conversazioni Scientifiche a Palazzo Ducale. L’incontro, introdotto da Enrico Paroletti, presidente della SLCS, è stato curato e condotto da Francesca Sensini, che ha discusso del tema “Spregiudicate, guerriere e anomale: le eroine tra classico e Novecento”. Dopo questo primo appuntamento, l’attività del Club si sposterà alla libreria L’Amico Ritrovato di via Luccoli, dove, l’8 maggio, avrà luogo l’incontro “Marise Ferro e le altre”, sempre con la partecipazione della Sensini (studiosa e narratrice genovese che insegna Italianistica all’Università di Nizza, colla-
bora da anni all’“Indice” ed è curatrice, fra l’altro, dell’opera della Ferro), la quale fungerà anche nel prossimo futuro da animatrice e coordinatrice del Club. L’ipotesi di lavoro è di dar seguito a una programmazione a cadenza mensile, con l’obiettivo di creare una vera e propria comunità attiva e partecipante di amanti della lettura che, di volta in volta, si riuniranno per parlare di libri, incontrare autori e autrici, ascoltare critici letterari ed esperti di editoria, approfondire i temi proposti dalla rivista, organizzare seminari. Dopo il rinvio a data da destinarsi di un paio di micro-festival di qualità come “Incipit” e “GENOVAnarra”, che sono stati, per qualche anno, punti di incontro e di riferimento, spenti i fuochi, invero piuttosto fatui, di Genova Capitale del Libro 2023, al di là della moda per giovani della lettura silenziosa promossa dal Silent Book Club e dai suoi imitatori, gli appassionati di un’esperienza condivisa del buon libro a Genova potevano contare, fino al 2 aprile, sui soli BookPride (in termini di eventi medio-grandi) e Festival DiPassaggio (in termini di eventi medio-piccoli) e sull’inossidabile Festival Internazionale di Poesia, una “macchina culturale” di livello e prestigio europeo, che coinvolge tutti gli amanti del bel verso. La storia, il curriculum di chi ci scrive e lo pubblica e le ambizioni di rilancio dell’“Indice del Mese” fanno ben sperare in ordine allo sviluppo di una nuova micro-società genovese di lettori attenti. Così come fa ben sperare anche la scelta di dar corso alle attività del Club fra le mura di una libreria indipendente, dove chi vende libri fa selezione e sa riconoscere la paccottiglia scritta e anche la falsa recensione, e può dare un giusto valore a un soggetto librario. Questa opportunità, che c’interpella, da privati cittadini, sul versante culturale del nostro sistema-città, la dobbiamo al gruppo editoriale ItalyPost, che dallo scorso febbraio è stato chiamato a dare una spinta alla riorganizzazione e al riposizionamento dell’“Indice”, per intercettare nuovi lettori e incrementare l’attuale diffusione del foglio: l’apertura del Club può essere letta, infatti, anche come un segnale di fiducia nelle potenzialità aggregative e di stimolo intellettuale di un marchio editoriale cui corrisponde un pubblico che ha fame di contenuti alti e di scrittura non banale. È interessante segnalare che ItalyPost è anche un portale di approfondimento sul mondo delle imprese e dei territori e promuove numerosi festival in Nord Italia, tra cui Città Impresa a Treviso e Bergamo, Galileo Festival dell’Innovazione a Padova, il Green Economy Festival di Parma e Trieste Next, dedicato alla ricerca scientifica. In margine all’attivazione dei Club, ora gli energetici promoter hanno in cantiere anche un Festival dell’“Indice” in autunno e, ancor prima, a maggio, una presenza al Salone Off nel programma del Salone Internazionale del Libro di Torino, con una serie di incontri serali con gli autori che organizzeranno al di fuori dal “cerchio magico” del Lingotto, come una sorta di zona franca di decompressione rispetto alle incombenze fieristiche.● (R.M.R.)
di Massimo Morasso
In diretta
Luigi Davì, underdog letterario.
Fra i più autorevoli
cosiddetta “letteratura industriale”, Italo Calvino ed Elio Vittorini hanno inseguito il fantasma di un possibile idealtipo di scrittore all’altezza dei (loro) tempi e della loro immaginazione fervidamente “politica”: lo scrittore operaio. Lo scrittore, cioè, che senza troppi ingombri di cultura riuscisse a restituire sulla pagina la vissutezza della sua esperienza di fabbrica, dandone una rappresentazione diretta e tendenzialmente “autentica”, ancor più che verosimile. Uno dei sogni di quei capintesta dell’intellighenzia editoriale italiana era l’imbattersi in un underdog letterario, dotato di talento a sufficienza per trasmettere sulla pagina le condizioni morali dei lavoratori al netto di forzature intellettualistiche. Luigi Davì corrispondeva in modo pressoché perfetto alla figura che andavano cercando, per mitologizzarla a puntino e offrirla al pubblico dei lettori e critici engagé. Nato a La Salle, in Valle d’Aosta, nel 1929, Davì si era trasferito a Collegno appena quattordicenne, per lavorare nelle piccole officine della periferia torinese come operaio meccanico. Passata l’adolescenza, era approdato alla grande fabbrica e aveva incominciato a scrivere, trasportando “per via diretta” le sue giornate lavorative alle pagine dei propri racconti, con vena spontanea e senza filtri. Quando prendeva in mano la penna, la sera, una volta terminata la gior-
nata in fabbrica, Davì svestiva solo fisicamente i panni dell’operaio (non ricorda, almeno in questo, Machiavelli«Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali» -?, ma un Machiavelli in improbabile salsa proletaria?). Il linguaggio basso e tramato di dialettalismi che adoperava nei suoi testi è il segno di un passaggio senza soluzione di continuità dalla realtà, per come egli la percepiva, alla sua ri-creazione scritta. Senza inventarsi nulla, per assecondare la propria vocazione narrativa Davì attingeva al repertorio quotidiano di azioni e parole che andava condividendo in stabilimento con i compagni di lavoro. Il che, naturalmente, data la sua eccezionale prospettiva interna all’universo operaio, era condizione necessaria e quasi sufficiente per far sì che i suoi influentissimi editor perdessero del tempo con le sue scritture, impegnandosi in una minuta opera di re-visione e aggiustamenti. Dico quasi poiché, di fronte ai primi acerbi dattiloscritti, Vittorini, a differenza di Calvino, fu molto scettico sulle qualità del Nostro.
Il quale, tuttavia, alla fin fine, dopo un discreto lavorio sui testi, esordì nel migliore dei modi, pubblicando con Einaudi, a soli ventott’anni, la raccolta di racconti di “GymkhanaCross”. Il libro uscì nella neonata collana dei “Gettoni”
INDUSTRIA E LETTERATURA
diretta da Vittorini. Soprattutto a Raffaele Crovi, allora assistente di Vittorini in casa editrice, di lì a pochi anni Davì deve la partecipazione - come unico “scrittore di fabbrica ”! - al quarto, storico numero del “Menabò”, dove l’importante rivista diretta dal duumvirato Calvino-Vittorini indagava il ruolo degli scrittori strapaesani a confronto con la nascente realtà industriale.
Il resto della storia dello scrittore Davì racconta di un relativo insuccesso del primo libro, di una migliore accoglienza critica del suo secondo lavoro, il romanzo breve “Uno mandato da un tale”, che fu dato alle stampe nel 1958 da Parenti, e della pubblicazione di un paio di altre raccolte di racconti, “L’aria che respiri” (del 1964) e “Il vello d’oro” (del 1965), uscite entrambe, di nuovo, per Einaudi. La parabola autoriale di Davì coincise per meno di un decennio con quella del Davì lavoratore. Pur avendo cominciato intorno ai vent’anni a occuparsi di letteratura, in Davì il mestiere di scrivere fu soppiantato prestissimo da altri interessi e incombenze: dai lavori che intraprese successivamente a quello d’operaio in fabbrica e, com’è bello, dalla “costruzione” di una sua famiglia. Caso raro, se non unico, Davì si sottrasse alle spire dell’ambizione letteraria e smise d’impegnarsi con la parola scritta quando sentì, semplicemente, che non aveva più niente da dire (altri tempi, viene da chiosare fra parentesi; altra moralità; altra capacità d’autogiudizio). Destinò le sue energie fisiche e intellettuali a nuove occupazioni, senza forzare una vocazione che stimò esaurita a soli trentasei anni d’età, per spegnersi poi, ultranovantenne, nel 2021. Dopo l’edizione, non particolarmente fortunata, del 1957, “Gymkhana-Cross” ha avuto nuova vita in libreria tramite le edizioni Hacca, che l’hanno riproposto nel 2011, con una sapiente introduzione di Sergio Pent e una preziosa postfazione di Giuseppe Lupo. Oggi, a quasi settant’anni dalla sua prima pubblicazione e a tre lustri dalla seconda, il libro consente ancora un’esperienza di lettura intrigante. Anche se quel “ancora” è forse bene
sostituirlo con un “di nuovo ” , posto che tramite i racconti di Davì si fa un tuffo in un paesaggio a un tempo sociopolitico e stilistico così lontano dal nostro da risultare, ormai, paradossalmente prossimo al “fiabesco”, come una sorta di godibile delizia da antiquari. Calvino aveva (al solito) ragione nel dire che il suo scrittore operaio restituisce qui “la faccia allegra e scooteristica del mondo industriale”, poiché il giovane Davì scriveva con scorrevolezza e quasi sfacciata semplicità, a far da specchio linguistico alla pozza cristallina sì, ma non certo profonda, della buona coscienza dei suoi protagonisti.
“Gymkhana-Cross” è una collezione di ricordi in forma di racconti che parla della vita degli operai in quel Piemonte e in quella Torino che furono teatri privilegiati del fenomeno della prima emigrazione interna successiva alla fine della Seconda Guerra Mondiale fino alla metà degli anni ’50. Quando Torino, urbe in trasformazione, non era ancora la città dei grandi complessi residenziali che nasceranno di lì a pochi anni per ospitare gli emigranti, la campagna era ancora viva e popolata e le fabbriche e i rapporti umani al loro interno non erano ancora scossi dai venti di buriana progressista della lotta di classe. Il libro si frammenta in una serie di storie di poche pagine, e compone un microcosmo commovente, che oggi potremmo dire “minimalistico”, e che ricorda dei maestri americani come Raymond Carver o Sherwood Anderson, un autore già molto tradotto in Italia nei primi anni ’50.
Sono parecchi i racconti ancora/di nuovo godibili ai nostri giorni. Oltre a quelli incentrati sulla descrizione della vita di tutti i giorni in fabbrica, spiccano p.es. “Cani senza padrone”, un testo che “fotografa” due fidanzati alle prese con un randagio per strada con un’asciuttezza stilistica che sfiora la poesia, e “Un operaio biondo”, il racconto che conclude la raccolta e narra di Marcello, un ragazzo operaio con il sogno della scrittura, costretto a scontrarsi con la sordocieca realtà di un mondo che si muove su altri piani.●