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Hanno collaborato
Oreste Bazzichi, Lapo Bechelli, Mario Bizzi, Luciano Caprile, Arnaldo Carignano, Paola Dameri, Giacomo Franceschini, Andrea Gamucci, Barbara Graffino, Giuseppe Lupo, Giulia Mietta, Massimo Morasso, Vanda Moroni, Riccardo Palumbo, Pino Petruzzelli, Monica Poggio, Marco Pomeri, Paolo Ragazzo, Umberto Risso, Gloria Rolland, Davide Scotti, Marcello Smarrelli, Guido Torrielli, Gilberto Volpara, Pier Antonio Zannoni
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SOMMAR IO
Umberto Risso
Federico Delfino
4
6
EDITORIALE IN SINTESI di Umberto Risso
CONFINDUSTRIA
SPINTE CONTRASTANTI di Giacomo Franceschini
PODCAST di Giulia Mietta
PROATTIVI di Deborah Gargiulo
18 L’INTERVISTA UNIVERSITÀ DIFFUSA di Piera Ponta
22 MITOGENO
CRUSCOTTO EDUCATION di Monica Poggio
APERTI AL DIALOGO di Barbara Graffino
26 GENOVA STARTUP
A CIASCUNO IL SUO SHOPPING di Matilde Orlando
28 SVILUPPO E COMPETITIVITÀ
ITS ACADEMY: SCACCIA - FANTASMI di Guido Torrielli
LE PERSONE PRIMA DI TUTTO di Massimo Morasso
AI: TRA INNOVAZIONE E RISCHI EMERGENTI di Mario Bizzi
CROSSBOARDING di Arnaldo Carignano
RELAZIONI INTERNAZIONALI di Paola Dameri
DARE VALORE AI VALORI di Riccardo Palumbo
SANA COMPETIZIONE di Oreste Bazzichi
SAFENESS di Davide Scotti
DUE DIMENSIONI, MOLTEPLICI USI di Andrea Gamucci
RAISE UP
FINE ART di Gloria Rolland
GRUPPO BOERO ACADEMY
56 EUROPA
BUSSOLA PER LA COMPETITIVITÀ di Lapo Bechelli
58 CONFINDUSTRIA IMPERIA
OLTRE I NUMERI di Paolo Ragazzo
60
CONFINDUSTRIA LA SPEZIA
PROPOSTE PER LA SPEZIA
62 UI SAVONA
INFRASTRUTTURE
E FUTURO INDUSTRIALE di Gilberto Volpara
64 PICCOLA INDUSTRIA
ALLE PRESE CON L’ENERGIA di Marco Pomeri
66 GIOVANI
NUOVA VOCE AI GIOVANI
68 COMUNICAZIONE
NARRARSI di Giuseppe Lupo
71 FONDAZIONE ANSALDO
GENOVA AL CINEMA di Vanda Moroni
74 LA CITTÀ
L’ARTE IN AZIENDA di Marcello Smarrelli
VILLA QUARTARA
78 CULTURA E SOCIETÀ
MUOIO E RINASCO di Luciano Caprile
LIGURIA DELLE ARTI di Pino Petruzzelli
PREMIO LETTERARIO NAZIONALE PER LA DONNA SCRITTRICE di Pier Antonio Zannoni
83 INDUSTRIA E LETTERATURA
PERIPEZIE IMPRENDITORIALI... DI FAMIGLIA di Massimo Morasso
In copertina Genova, i portici di via XX Settembre
Tra poche settimane inizierà la procedura dello Statuto di Confindustria Genova per la prevista, periodica, quadriennale sostituzione del Presidente. I rappresentanti delle imprese associate (startup, micro, piccole, medie, grandi e grandissime aziende), delle diverse dimensioni, ma anche età di imprenditori e manager, operanti nei diversi settori merceologici, ubicate nei diversi specifici territori in cui svolgono la propria attività, porranno anzitutto a una Commissione di Designazione, costituita dagli ultimi tre Presidenti precedenti il mio incarico, le loro valutazioni.
Tali valutazioni consentiranno di fare quello che come imprenditori siamo abituati a fare sempre: verificare ciò che si è fatto in relazione a una realtà per la quale si vuole produrre valore, esaminare rischi e opportunità, programmare obiettivi di miglioramento, organizzare cosa e come fare di conseguenza. Quando nel 2021 ho deciso di manifestare la mia personale disponibilità a svolgere per un quadriennio tale servizio a favore dell’associazione imprenditoriale di Confindustria Genova, raccogliendo il testimone di Giovanni Mondini, avevo esattamente queste intenzioni e, dopo l’elezione ricevuta, nei quattro anni successivi mi sono impegnato con le mie risorse
a realizzare il programma che avevo presentato. In questo non ho agito da solo, ma con la collaborazione che giudico eccellente da parte dei Vice Presidenti, del Presidente della Piccola Industria, dei Giovani Imprenditori e del Past President; oltre a costoro, ho avuto la volontà di coinvolgere invitandolo stabilmente alle attività il Presidente del Gruppo Territoriale del Tigullio, perché quella realtà che si avvale di una sede storica che abbiamo a Chiavari costituisce una componente essenziale della Città Metropolitana di Genova; anzi, sotto un certo profilo, la nostra Associazione in tal senso ha ben presente la realtà importante che regge lo sviluppo socio-economico a prescindere della valutazioni normative e organizzative delle Istituzioni pubbliche. Come si fa a ritardare decenni nel voler capire e gestire le realtà metropolitane? E come si fa, nel caso specifico del Nordovest italiano, ossia di una delle realtà metropolitane più interessanti d’Europa, a non agire in una dimensione del tutto particolare, che possiamo chiamare tricentrica, con i vertici di Milano, Torino e Genova del tutto attivi e complementari? Con i Presidenti di Assolombarda e Unione Industriali Torino abbiamo totalmente condiviso tale opinione e tale scelta programmatica; abbiamo quindi definito
di Umberto Risso
una serie di strategie e di azioni coerenti, a partire dalle potenzialità economiche conseguenti agli investimenti pubblici del PNRR. In questa stessa rivista di Genova Impresa, da molti numeri abbiamo lanciato una rubrica che racconta cose nella prospettiva di “Mitogeno”, il brand che sostituisce il minibrand di “Gemito” al quale qualche commentatore avvilito da questa realtà ogni tanto fa riferimento.
Sotto altri profili, Confindustria Genova rappresenta la maggioranza assoluta della realtà imprenditoriale, articolata nei diversi settori manifatturieri e dei servizi (ad esempio di tipo logistico portuale, tecnologico, turistico, sanitario, finanziario, consulenziale) del sistema ligure di Confindustria. In tale prospettiva, che personalmente mi auguro possa trovare in futuro una chiave organizzativa ancora più stabilecome, ad esempio, sull’esperienza laziale - abbiamo fornito il massimo del nostro apporto per riformare lo stato di Confindustria Liguria, assumendo il personale residuo e mettendo a disposizione della stessa un corposo set di competenze in grado di sostenere le fondamentali attività che riguardano la Regione Liguria e i territori delle altre Regioni italiane oltre la dimensione dell’Unione Europea, per la quale insieme al sistema di Confindustria abbiamo da due anni una specifica risorsa umana a Bruxelles.
Sotto queste dimensioni, è tutto perfetto?
Senza dover citare il “maniman” che il genovese abituato a usare parole tipo “Gemito” potrebbe abusare, dico di no. Nella vita, oltre che nella vita delle imprese e quindi anche della vita delle associazioni di imprese, nulla è per definizione perfetto. Non solo, ma in una funzione dell’esistenza che è costituita da una sostanziale dinamicità, tutto deve adattarsi a ciò che necessariamente cambia. Così ho cercato di fare nel ruolo esercitato dopo Giovanni Mondini e così, altrettanto, credo fortemente dovrà fare il Presidente che verrà eletto dopo di me.
A costui o a costei (perché colgo l’occasione per salutare con enorme calore la partecipazione associativa delle imprenditrici, ricordando loro con soddisfazione la presenza di quattro Vice Presidenti femminili su otto Vice Presidenti totali al mio avvio) trovo utile segnalare altri punti centrali della mia attività svolta nel quadriennio 2021-2025. Ovviamente non posso farlo direttamente, singolarmente al diretto interessato, essendo troppo presto rispetto alla procedura che partirà; posso, però, su Genova Impresa, fare qualche riflessione di carattere molto generale e pubblica, spero utile addirittura a tutti i lettori. Anzitutto, desidero sottolineare l’obiettivo primario, volto ad accrescere, in una dimensione di totale sostenibilità, le competenze disponibili all’interno della struttura associativa: e quindi persone (il cui numero è aumentato, non solo per l’assunzione del personale di Confindustria Liguria) ma anche relazioni, tecnologie, organizzazione, serietà, spirito associativo, spirito civico. Cose che non solo mi sembrano e spero sembrino altrettanto a ogni associato e stakeholder in essere, riferite ai dipendenti; ma si estendano a tutte le persone che frequentano l’associazione in rappresentanza delle loro imprese. Faccio riferimento, quindi, alle migliaia e migliaia di individui che non sono i proprietari o i CEO delle aziende associate, ma le risorse umane attive all’interno delle aziende e in possesso di uno specifico interesse che può trovare nei servizi associativi una loro particolare
risposta. In questa prospettiva, tengo a sottolineare come il Piano Marketing, che abbiamo varato all’avvio del nostro mandato, si è costituito in una dimensione allargata all’attività svolta dalla nostra Società di servizi Ausind Srl e a strutture fortemente collegabili, come il Digital Innovation Hub Liguria.
Per quanto riguarda l’uso della tecnologia digitale, al di là del miglioramento dell’operatività associativa nei tempi della pandemia e post pandemia da COVID, abbiamo riflettuto molto e investito significativamente nel procedere in tal senso. Faccio riferimento diretto alla dimensione organizzativa di Confindustria Genova e non alla transizione digitale delle aziende, che è tema prioritario e a se stante su cui siamo ovviamente concentrati. Pertanto, con fortissimo interesse segnalo e passo il testimone a chi mi succederà nel senso di attuare l’uso delle opportunità digitali nello svolgimento delle nostre attività, dei servizi alle imprese e dell’allargamento necessario delle collaborazioni dirette all’interno del sistema nazionale di Confindustria. Interrogata per sport l’intelligenza artificiale (che è seriamente uno dei contributi determinanti in tal senso), darebbe una rapida conferma... Dati, evidenze, processi, giudizi, dibattiti supporteranno ogni tipo di autonoma o partecipata attività volta a valutare ciò che si è fatto e che ha consentito di fare in quattro anni di affollate, quotidiane, complesse iniziative di relazioni interne ed esterne all’associazione.
Oltre a ciò, trovo però che sia particolarmente utile soffermarsi su un numero più ristretto di iniziative, che si sono formalmente tradotte in Position Paper comunicati pubblicamente e che sono stati la base di un’attività su temi specifici; Position Paper ovviamente non congelati alla data della loro prima esibizione, ma utilizzati dinamicamente per tutto il tempo successivo.
Al momento, tali Position Paper sono sei e riguardano: il contributo alle scelte pianificatorie per lo sviluppo e la valorizzazione del Porto di Genova, la transizione ecologica del Porto stesso, la transizione energetica, le startup, l’evoluzione delle filiere produttive e delle relazioni tra PMI e Grandi Imprese con particolare riferimento alle catene di fornitura, alla digitalizzazione e alla transizione green, un ultimo generale atto sulla transizione digitale. E ancora: la costituzione di un Gruppo Territoriale Valle Scrivia e Alta Val Polcevera, che opererà analogamente a quello del Tigullio, e l’avvio di attività finalizzata alla pianificazione di percorsi formativi in alcuni paesi africani nell’ambito del Piano Mattei.
Tra poco inizierà la primavera, tutto ripartirà; o meglio evolverà in un periodo nuovo.
Ai Soci di Confindustria Genova auguro di partecipare a tale stagione con la migliore, positiva, prevista gestione della transizione all’interno dei tempi e delle regole del nostro Statuto; e quindi del nostro modo più corretto di vivere la realtà associativa.
A tutti gli altri lettori di Genova Impresa auguro che possano sempre avere un giudizio favorevole rispetto al ruolo economico, ma anche sociale di Confindustria Genova. Siccome siamo sempre qui anche per questo, credo si possa oggettivamente dire che sia stato e sarà una cosa utile, perfino buona per tutti.●
Umberto Risso è Presidente di Confindustria Genova
di Giacomo Franceschini
Spinte contrastanti
Nella seconda parte del 2024 l’economia genovese mostra una debole domanda interna e internazionale; l’andamento dei singoli settori è eterogeneo, ma accomunato dai cali delle vendite all’estero.
Il rapporto del Centro Studi di Confindustria Genova trae origine da un’indagine condotta su alcuni indicatori connessi all’operatività delle imprese associate, relativi al 2º semestre 2024. Essi sono espressi in termini quantitativi tendenziali, riferiti all’analogo periodo dell’anno precedente, e provengono da tutti i settori rappresentati da Confindustria Genova, appartenenti sia ai comparti industriali che dei servizi.
La composizione del panel e il tasso di adesione pari al 30,5% del totale addetti consente di fornire informazioni e linee di tendenza indicative per l’andamento dell’intera economia genovese.
Come nelle precedenti edizioni, sono stati richiesti dati di previsione circa il 1º semestre del 2025.
Al fine di approfondire il livello di conoscenza sulla congiuntura in atto, i dati raccolti sono stati confrontati con altri di fonte diversa - Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, Assaeroporti, Osservatorio Turistico Regionale, Banca d’Italia - e relativi all’evoluzione nel 2º semestre 2024 di alcuni indicatori significativi. I risultati del rapporto sono stati discussi e condivisi con i componenti del Consiglio Generale di Confindustria Genova.
A fine 2024 le stime per il PIL in Italia indicano una crescita modesta dei servizi e industria ancora in affanno. Prosegue il calo dei tassi, che alleggerisce le condizioni finanziarie, e l’attuazione del PNNR, ma i consumi delle famiglie sono in ribasso e le condizioni di investimento per le imprese in peggioramento. L’export risente di crisi settoriali (automotive, moda) e dell’industria tedesca. Quasi fermo il mercato del lavoro. L’indicatore anticipatore del PIL prodotto da Banca d’Italia prevede una crescita nulla nell’ultima parte dell’anno, mentre il livello di attività rilevato dall’indice PMI (dichiarazioni dei direttori acquisti) per il totale di industria e servizi italiani entra in territorio negativo. Indicazioni confermate dalla stima preliminare dell’Istat sul PIL, la cui crescita è prevista nulla nel quarto trimestre.
La produzione a novembre (+0,3%) è salita sul mese, seguendo il recupero marginale di ottobre, e ora la variazione acquisita nel quarto trimestre è +0,1% (-0,5% nel terzo, 6 trimestri consecutivi in calo). Il modesto recupero è confermato dalla risalita a dicembre dell’HCOB PMI - l’indice costruito sulla base delle dichiarazioni dei Direttori acquisti della aziende - sebbene il valore rimanga ancora in territorio recessivo. Al contrario, l’indicatore del fatturato del Centro Studi Confindustria indica per l’industria un nuovo calo del giro d’affari.
Nonostante la fiducia delle imprese sul futuro andamento degli investimenti sia in ripresa, cala la domanda, misurata dagli ordini, di beni (saldo a -22,5, da -21,9), sia sul mercato interno che estero. Inoltre, le condizioni di investimento sono peggiorate nell’ultima parte dell’anno (indagine Banca d’Italia). Nel complesso, il quadro per gli investimenti resta debole a fine 2024.
L’export italiano di beni resta debole nel quarto trimestre (-0,2% a ottobre-novembre sul terzo). La dinamica delle esportazioni risulta negativa sui mercati UE (-0,9%), incluse Germania e Francia. Timido aumento invece per quanto riguarda le vendite extra-UE (+0,6%). Ciò è il risultato di dinamiche di domanda contrastanti: bene quella dal Regno Unito e Turchia, male la performance verso gli USA (-11,0% annuo
a novembre) e la Cina (-19,2%). Tra i settori, rileva in particolare il forte il calo dei mezzi di trasporto (-17,3%) e del tessile-abbigliamento-calzature (-9,0%). Le prospettive sull’export restano deboli: rilevanti i rischi di impatto dei possibili dazi USA, seconda destinazione dell’export italiano (oltre il 22% delle vendite extra-UE).
La dinamica delle esportazioni risente anche delle difficoltà dell’industria in alcuni Paesi europei, partner commerciali dell’Italia.
Nonostante l’aumento congiunturale di novembre, la Germania chiude in negativo il quarto trimestre dell’anno, così come la Francia. In entrambi i casi anche il terzo trimestre aveva registrato performance non brillanti. Per l’insieme dell’Eurozona gli indicatori di fiducia su produzione e occupazione non restituiscono risultati incoraggianti. Con riferimento ai servizi è stimato un rimbalzo del fatturato a novembre e una crescita acquisita nel quarto trimestre. A dicembre, i giudizi dei Responsabili acquisti è risalito e anche la fiducia delle imprese del settore è rimbalzata. I consumi delle famiglie tuttavia hanno girato al ribasso: in calo le vendite al dettaglio di beni alimentari e non alimentari. Anche la fiducia delle famiglie, dopo il miglioramento del terzo trimestre, è risultata in flessione nel quarto. Resta invece improntato all’ottimismo il sentiment delle imprese turistiche, ai massimi, anche se la spesa di stranieri ha segnato in ottobre il primo calo del 2024 (-5,9% annuo). Dal lato dei prezzi In Italia, l’inflazione è stabile a +1,3%: l’inflazione core (al netto degli energetici e alimentari) frena, ma i prezzi dell’energia si riducono meno (-2,8%, da -5,5%).
Dopo il taglio dei tassi a dicembre (a 3,00%), la BCE non sembra preoccupata per l’inflazione, ma i mercati ora si aspettano meno ribassi (-0,50% nell’anno, invece di -1,00%). I tassi bancari sono in calo (4,53% a novembre per le imprese, da 5,48% a inizio 2024). Il credito è in recupero per le famiglie, con prestiti stabilizzati in termini annui (da -0,2% in ottobre), ma è in calo per le imprese (-3,7%). La crescita degli occupati si è quasi fermata a fine 2024: +0,1% a ottobre-novembre sul 3º trimestre (dopo +0,4%).
Parallelamente, il forte calo di chi cerca lavoro (-6,6%) segnala una minore forza lavoro, che potrebbe limitare le prospettive di crescita occupazionale futura.
L’economia genovese nel 2º semestre 2024
Il secondo semestre 2024 ha visto contrarsi il giro d’affari delle imprese genovesi. Nel complesso si è registrato sia un calo del fatturato generato verso clienti italiani, sia una flessione, più ampia, delle vendite all’estero. L’export di beni si è contratto nella gran parte dei settori manifatturieri, compresa la cantieristica navale, mentre ha retto nella metalmeccanica, grazie ai positivi risultati di alcune grandi imprese. Tra i servizi gli scambi con l’estero sono risultati in contrazione nel settore energetico. Nel semestre i servizi hanno ottenuto risultati migliori rispetto all’industria, esposta, oltre alla debolezza del commercio mondiale, anche a prezzi dell’energia in risalita e condizioni di investimento non ottimali. La sanità privata ha continuato a registrare aumenti di fatturato e prestazioni, come nei semestri precedenti, e anche la logistica ha visto accrescere la proprio attività economica. In particolare i terminal operators hanno sfruttato il maggior traffico containerizzato
passante per il Porto di Genova, sebbene la merce complessiva movimentata dallo scalo sia inferiore rispetto all’anno precedente. Si ferma invece il turismo: con il fatturato degli operatori che ha interrotto la sua corsa. Ciò è in linea con i dati - ancora parziali - dell’Osservatorio regionale del turismo: nel periodo luglio-novembre gli arrivi di stranieri sono rimasti stabili sui livelli (alti) del secondo semestre 2023, mentre le presenze sono cresciute moderatamente. La stabilizzazione del giro d’affari nel semestre potrebbe
essere un evento temporaneo e fisiologico dopo la forte crescita precedente, tuttavia appare rilevante monitorare i flussi di turisti dall’estero, fonte di un’importante quota della spesa turistica complessiva.
Tra i settori industriali gli andamenti sono eterogenei e spesso dipendono dalla performance sul mercato interno: è il caso della cantieristica, che nonostante il calo dell’export, aumenta il proprio fatturato grazie alle commesse nazionali e segna un aumento della produzione.
Anche la chimica - farmaceutica, nonostante rialzi più contenuti segue questa dinamica. Male invece impiantisticametalmeccanica e le aziende dei settori legati ad automazione, elettronica e ICT.
ORDINI DA CLIENTI ITALIANI
Genova - Entrate previste per difficoltà reperimento (numero di posizioni aperte, mese di gennaio 2025) GRANDI GRUPPI PROFESSIONALI
ORDINI DA CLIENTI ESTERI
Nel 2024 si conferma il fenomeno per cui l’input di lavoro locale misurato in occupati crescerà a un ritmo più sostenuto rispetto all’attività economica (+0,2%). Ciò potrebbe tradursi in una tendenza alla riduzione degli orari, alla luce di una serie di fattori, sia congiunturali (rallentamento dell’attività edile e debolezza del settore industriale) sia strutturali (ricomposizione dell’attività e dell’occupazione verso i servizi, caratterizzati da orari di lavoro più corti). Tuttavia finora non appaiono criticità riassumibili nella frase “più lavoro, senza crescita”. Le ore autorizzate di cassa integrazione sono infatti in diminuzione rispetto al 2023. Continuano al contrario le difficoltà di reperimento lamentate dalle aziende; il mismatch tra domanda e offerta di lavoro non si limita solo alla mancanza di candidati, ma riguarda anche adeguate competenze necessarie e richieste dalle aziende. Vi è quindi un mismatch “qualitativo” e “quantitativo”; il mismatch qualitativo può declinarsi ulteriormente: scarsità di competenze (l’azienda non trova lavoratori competenti), deficit di competenze (i lavoratori dell’azienda già impiegati non hanno più le competenze necessarie), mismatch in senso proprio (la domanda e l’offerta di lavoro non si incontrano per motivi legati alle condizioni proposte e richieste).
Le dinamiche e le tendenze esposte nel presente rapporto e riassunte in questo capitolo sono state oggetto di discussione e condivisione con gli imprenditori componenti il Consiglio Generale di Confindustria Genova.
L’Industria manifatturiera
Dopo il parziale rimbalzo della prima parte del 2024, riprende a calare la produzione industriale, vanificando del tutto lo slancio del primo semestre. Nel secondo semestre 2024 la manifattura genovese ha infatti sofferto sia sul mercato interno che estero. La flessione della produzione è anche spiegata da un ampio uso delle giacenze di magazzino (-6%).
Deludente in particolare la dinamica degli scambi con l’estero: rispetto allo stesso periodo 2023 si è registrata una contrazione del 3,6%, dovuta soprattutto ai cali registrati tra le aziende della cantieristica navale e dell’automazione. La raccolta ordini conferma la debolezza dell’export segnando un calo dell’1%, nonostante i segnali incoraggianti provenienti dall’impiantistica-metalmeccanica.
Sul fronte interno si registra parimenti un calo del fatturato generato verso clienti italiani (-4,1%), che tuttavia sottende andamenti eterogenei tra i settori. In questo caso in decisa flessione la metalmeccanica, l’automazione, l’elettronica e il tessile, mentre fanno registrare segno positivo la cantieristica navale (che compensa il calo sull’estero), la chimica e la gomma-plastica.
La riduzione del fatturato incide sui margini lordi delle aziende, in flessione dell’1,4%.
I prezzi di vendita dei beni sono risultati in incremento dello 0,9% in linea con le dinamiche dell’inflazione italiana, mentre non si registrano particolari aggravi di costi per l’acquisto di materie prime e semilavorati.
A crescere è invece il costo del lavoro, trainato al rialzo dagli aumenti contrattuali nel settore metalmeccanico. All’opposto scende leggermente il numero di occupati in organico. Nel secondo semestre 2024 è inoltre rimasto stabile il livello di indebitamento delle imprese, riflesso di un costo del denaro ancora alto e domanda di finanziamenti stabile.
Passando al dettaglio del comparto, l’incetta di commesse da clienti italiani raccolte nella prima parte dell’anno spinge al rialzo la produzione nella cantieristica navale (+8,3%), in decisa controtendenza rispetto all’andamento della produzione dell’intera industria genovese. La fatturazione cresce nella sua componente nazionale (+14%), compensando il calo delle esportazioni (-5,9%). Le vendite all’estero infatti sono diminuite anche in questo settore, coerentemente con i dati Istat disponibili (-66% in valore nel terzo trimestre dell’anno). In ogni caso le difficoltà sull’estero dovrebbe venire superate nel 2025, dal momento che la raccolta ordini si è conclusa positivamente sia sul mercato nazionale (+5,3%), che estero (+5,1%). Nel semestre i margini delle aziende sono diminuiti leggermente a seguito dell’aumento congiunto del costo del lavoro (+6%, in seguito soprattutto agli aumenti dei CCNL) e al costo di materie prime e semilavorati (+8,9%). I prezzi di vendita sono invece cresciuti di un solo punto percentuale.
Nell’industria alimentare cresce la produzione, ma la raccolta ordini è ferma, sia dall’Italia, che dall’estero. Cresce il fatturato (+4%), ma incide una dinamica dei prezzi, che rimangono su livelli elevati. In calo l’occupazione (-0,8%), margini fermi.
Sale la produzione, in maniera molto più contenuta (+1,8%), anche Tra le imprese dei settori chimico-farmaceutico. Anche in questo caso il traino arriva dal mercato interno, dinamica confermata anche dagli ordini: crescono quelli da clienti italiani, stabili quelli all’estero. L’occupazione è in aumento.
Tra le aziende della gomma-plastica, produzione e fatturato sono in moderata flessione, mentre la raccolta ordini fornisce indicazioni prudentemente positive. I livelli degli organici rimangono stabili sui livelli del secondo semestre 2023.
In difficoltà il settore tessile-abbigliamento: nel post pandemia, dopo una breve e vivace ripresa, il settore ha cominciato a soffrire e le imprese della moda hanno visto una diminuzione degli ordini, merce accantonata nei magazzini e conseguente stallo nella produzione, fino ad arrivare alla forte contrazione iniziata nel 2º semestre 2023, che non sembra arrestarsi. In prospettiva, non si vedono molti
INDUSTRIA MANIFATTURIERA
Ordini Italia
Ordini Estero
Prezzi di vendita
Costo del lavoro +2,2
Costo m. prime/semilavorati +0,3
Occupati in organico -0,8
segnali positivi, con l’export in panne e prezzi di vendita ancora alti a seguito della precedente fiammata dell’inflazione. Nella seconda parte del 2024 il calo della produzione e del fatturato (sia per la componente nazionale che estera) toccano il -10%.
In flessione anche il giro d’affari delle cartiere e delle imprese operanti nel settore della carta (-7% fatturato, -2% gli ordini).
Produzione in contrazione tra le aziende dell’elettronica e Information Technology (-1,8%). Elettronica e automazione trascinano al ribasso il fatturato complessivo facendo segnare decisi cali sia con riferimento al mercato nazionale (-9,3%), sia estero (-11,3%). Contrastata la raccolta ordini: molto bene quella da clienti italiani (+10,3%), male dall’estero (-11%). I prezzi di vendita sono cresciuti del 2,7%, ma ciò non impedisce una contrazione dei margini nel semestre (-11,9%). Occupazione stabile.
Nel settore più rilevante (per valore aggiunto e occupati) sul territorio metropolitano, le aziende operanti nell’impiantistica e nella metalmeccanica vedono contrarsi pesantemente la produzione industriale (-7,1%). Il fatturato da clienti italiani è in contrazione del 14%, mentre regge, in controtendenza, l’export (poco mosso, ma positivo +0,7% in termini di giro d’affari). La raccolta ordini lascia comunque intravedere segnali postivi: dall’estero le commesse sono in aumento (+3,8%), mentre calano quelle dall’Italia (-1,1%).
Nel secondo semestre 2024 il costo del lavoro tra le imprese impiantistiche-metalmeccaniche non è cresciuto in maniera rilevante, effetto del combinato disposto degli aumenti salariali previsti ancora dall’ormai scaduto CCNL metalmeccanico e il calo degli occupati (-2,1%).
Trasporti, Logistica, Energia
Lo scorso anno si è concluso con prezzi di gas e petrolio in salita, sebbene lontani dai rispettivi picchi di febbraio-pri-
FONTE: CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA GENOVA
mavera 2024. Il rincaro del gas in particolare si riflette immediatamente sul prezzo dell’energia elettrica a causa del legame regolamentare tra i due. Tuttavia nel secondo semestre 2024 tra le aziende fornitrici di energia si è assistito a un ennesimo calo del fatturato (-15% sul mercato interno, -13,7 sull’estero), dovuto sia alle dinamiche dei prezzi che, più limitatamente, alla riduzione dei volumi di vendita. In alcuni casi, riguardanti le aziende del settore che hanno ricoperto il ruolo di general contractor nel progetti legati all’ecobonus, vedono incidere negativamente la scomparsa di tali agevolazioni nel confronto con il 2023. Nel complesso i margini si riducono ancora, stavolta per una percentuale vicina al 15%.
Con riferimento al trasporto e logistica di merce è necessario distinguere tra terminal operators portuali e le realtà dell’autotrasporto. Queste ultime hanno registrato performance positive, dopo i cali della prima parte dell’anno. Il fatturato sale sia nella sua componente nazionale (+4,1%), che estera (+2%). In parte questi aumenti sono spiegati dai ritocchi ai prezzi di listino (+1,4%).
I margini delle imprese ne beneficiano (+2,9%), anche in considerazione di una dinamica occupazionale piatta.
Concentrandosi sull’attività dei terminal operators, nella seconda parte del 2024, emerge un deciso aumento del fatturato generato verso clienti italiani (+11%), mentre rimangono stabili gli affari con l’estero. I prezzi di vendita non sono stati modificati rispetto al secondo semestre 2023, ma salgono i costi, in particolare quello del lavoro (+2%) spiegato dagli aumenti salariali e da un marginale incremento degli occupati (+0,6%).
I numeri dei terminal sono coerenti con le statistiche disponibili relative alla movimentazione del Porto di Genova. Nel terzo trimestre 2024 lo scalo ha movimentato 11,6 milioni di tonnellate di merci, con un calo del 5,3% rispetto allo stesso periodo di 2023. Tuttavia la flessione è da imputare alla movimentazione di prodotti chimici (liquidi e solidi), oli minerali (-22,7%) e traffico siderurgico (-56,5%). Il traffico containerizzato è invece risultato in crescita, si in termini di TEUS (+7,6%), che di tonnellaggio (+5,1%).
Per quanto riguarda il movimento passeggeri di traghetti e crociere, nel terzo trimestre 2024 sono risultati in calo. Le perduranti difficoltà di navigazione lungo il Mar Rosso hanno continuato a determinare un allungamento dei tempi di percorrenza, con conseguente maggior utilizzo della
TRASPORTI, LOGISTICA, ENERGIA
semestre 2024 su 2º semestre 2023
capacità di stiva e un connesso aumento dei noli. A settembre il Baltic Dry Index - che stima il costo di noleggio delle navi trasportanti rinfuse solide operanti su tratte oceaniche - è salito di oltre un terzo rispetto a settembre 2023 e il Freightos Baltici Global Container Index - che riflette la dinamica delle tariffe di trasporto container sulle principali rotte internazionali - è più che raddoppiato. Il livello dei noli è comunque rimasto distante dai picchi del 2021 Il traffico dell’aeroporto C. Colombo di Genova è ancora in flessione. I livelli pre-Covid rimangono lontani: -22% movimenti di aeromobili e -4,9% di passeggeri. Rispetto ai primi cinque mesi del 2023 rimangono stabili i passeggeri transitati per l’Aeroporto, mentre calano del 4,3% i movimenti.
I Servizi di Terziario Avanzato
La spesa in servizi da clienti italiani ha registrato una ripresa, grazie alla moderata inflazione, all’aumento del reddito disponibile reale delle famiglie e al miglioramento delle condizioni di accesso al credito al consumo. Ne giova il fatturato delle aziende, in rialzo. Timido invece l’andamento delle vendite all’estero. Emerge invece prudenza sull’andamento nel 2025: l’incremento degli organici è giustificato dall’atteso, ulteriore, miglioramento di consumi e condizioni creditizie, tuttavia la raccolta ordini nella seconda parte del 2024 non è stata brillante e questo potrebbe pregiudicar risultati positivi nei prossimi mesi.
TERZIARIO AVANZATO
2º semestre 2024 su 2º semestre 2023
La Finanza e le Assicurazioni
L’indagine regionale di Banca d’Italia (RBLS) segnala che la domanda di credito delle imprese è rimasta pressoché invariata, riflettendo esigenze limitate legate al sostegno del capitale circolante e al finanziamento degli investimenti. Dal lato dell’offerta i criteri applicati dalle banche sono rimasti sostanzialmente stabili e il calo dei prestiti erogati al settore privato non finanziario è proseguito, sia nella componente riferita alle imprese (-4,6% ad agosto, dati regionali) sia in quella relativa alle famiglie consumatrici (-1%). Tra le imprese, il calo dei prestiti è più accentuato tra quelle di piccole dimensioni (-8,7%) rispetto alle medio grandi (-3,4%). Rispetto ai trimestri precedenti l’attenuazione del calo risulta più marcato tra le medio-grandi, mentre la flessione dei prestiti tra le piccole non registra segni di rallentamento.
FINANZA E ASSICURAZIONI
2º semestre 2024 su 2º semestre 2023
Occupati in organico
*Dato consolidato attraverso l’esame degli indici di raccolta
*per il settore bancario e premi/ provvigioni per quello assicurativo
+1,4
FONTE: ELABORAZIONE CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA GENOVA
SANITÀ
Prezzi di vendita
+0,4
Costo del lavoro +4,1
Costo dei materiali
A giugno (ultimo dato disponibile), il TAEG (tasso annuo effettivo globale sulle nuove operazioni con durata almeno pari a 1 anno riferito a: leasing, pct e finanziamenti non revolving; escluse operazioni import-export) sui nuovi prestiti alle imprese connessi a esigenze di investimento era pari al 6,34%, in riduzione, mentre il TAE (tasso annuo effettivo riferito a: scoperti di conto, factoring, finanziamenti revolving e finanziamenti con finalità import-export)
era pari al 6,95% (6,6% per le medie grandi imprese e 9,6% per le piccole). Con riferimento all’attività aziendale, costruzioni e servizi scontano tassi più elevati rispetto alle attività manifatturiere.
Con riferimento alla raccolta, il calo dei depositi bancari complessivi si è fatto meno intenso in estate (-4,9% a Genova), mentre sono cresciuti i titoli a custodia presso il sistema bancario (+15,5%). Tra le società di assicurazione si registrano moderati incrementi di premi e provvigioni. Salgono i margini e l’occupazione.
La Sanità
Il fatturato generato dalle aziende della sanità privata è aumentato, nel semestre, del 6,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’incremento è dovuto alla crescita delle prestazioni (+1,5%), mentre la componente prezzo incide solo marginalmente: le imprese hanno di poco adeguato i listini, per una percentuale comunque molto inferiore all’aumento del costo dei materiali. Continua a crescere l’incidenza del costo del lavoro, a fronte di una sostanziale stabilità degli occupati. Il combinato disposto tra l’aumento del fatturato e i rialzi dei costi dei materiali non permette un’ulteriore incremento dei margini, che rimangono stabili rispetto alla seconda parte del 2023.
Il Turismo
Il fatturato delle aziende del settore turistico è risultato in calo rispetto al secondo semestre 2024: il giro d’affari da clienti italiani è sceso dello 0,7%, quello verso clientela straniera è rimasto sostanzialmente fermo, registrando un +0,1%.
La stabilizzazione del giro d’affari nel semestre potrebbe essere un evento temporaneo e fisiologico dopo la forte crescita precedente, tuttavia appare rilevante monitorare i flussi di turisti dall’estero, dai quali deriva un’importante quota della spesa turistica complessiva. Il peso di questi sul totale continua infatti ad aumentare, superando nel periodo luglio ottobre il 60%.
Già nel primo semestre dell’anno, pur in presenza di un primo rallentamento della crescita di arrivi e presenze dall’este-
MOVIMENTO TURISTICO - C.M. Genova
ro, la spesa dei turisti aveva comunque spinto al rialzo in fatturato (assieme alla dinamica dei prezzi, anch’essa in aumento nei primi sei mesi).
Nella seconda parte dell’anno la gran parte dell’aumento tendenziale di arrivi e presenze nella Città Metropolitana di Genova è dovuto ai numeri del mese di novembre, mentre da luglio ad ottobre gli incrementi risultavano modesti o nulli.
Dai dati dell’Osservatorio turistico regionale, disponibili per il periodo aggregato gennaio-novembre 2024, è possibile verificare la dinamica dei turisti stranieri per Paese di provenienza: in particolare tra i Paesi da cui i flussi in entrata sono maggiori, si assiste a un incremento del numero di turisti francesi, olandesi e statunitensi, mentre calano gli arrivi da Germani, Regno Unito e Svizzera.
Le prospettive per il 1º semestre 2025
Le attese delle aziende genovesi per il primo semestre 2025 indicano una fase di incertezza. I settori manifatturieri registrano prospettive migliori rispetto alla seconda parte del 2024, ma non è possibile affermare che possa esserci una solida ripresa, anche perché l’industria (non solo locale) sta attraversando una fase complessa, caratterizzata da risultati variabili tra i diversi settori: se alcuni indicatori sembrano segnalare una ripartenza, altri registrano un proseguimento della caduta.
Le future politiche commerciali, in particolar modo quelle statunitensi, influiranno sui volumi di export, mentre il proseguo delle guerre in Ucraina e Medio Oriente espone alcuni settori ai rialzi dei prezzi di gas ed elettricità. I beni di consumo beneficeranno della riduzione del costo del credito, mentre la produzione di beni intermedi (più legati alla domanda internazionale) potrebbe scontare ancora difficoltà.
La dinamica dei prezzi al consumo in Europa ha intrapreso un percorso di graduale normalizzazione, ma con velocità molto eterogenee tra paesi: in Italia è molto più veloce. Ritardi in ulteriori tagli dei tassi di interesse, posticiperebbero gli effetti positivi per l’economia derivanti dall’allentamento della politica monetaria. Minori tassi influenzano il costo del denaro per le imprese: il miglioramento delle condizioni di accesso al credito per le imprese favorirà la capacità di investimento in modo progressivo. Tuttavia i ritardi nell’implementazione della misura “Transizione 5.0” comportano conseguenze negative, con la posticipazione da parte delle imprese degli ordini in macchinari e attrezzature in attesa di maggiore chiarezza. Dal lato degli investimenti pubblici, il grande ammontare di risorse PNRR programmate per il 2025 rende molto sfidante l’obiettivo di una piena attuazione e il mancato raggiungimento degli obiettivi genera rischi al ribasso. Qualora la spesa fosse inferiore a quella ipotizzata, si avrebbe meno spinta sugli investimenti e sulla crescita del PIL.
Tra i servizi continueranno a fornire un apporto positivo all’attività economica le imprese della sanità privata, la finanza e la logistica.
L’occupazione è attesa in lieve aumento congiunturale, dettato per oltre la metà dalla dinamica prevista nella manifattura. Ciò deriva in parte da politiche di investimento sugli organici da parte di alcune grande imprese del territorio.●
TURISMO
2º semestre 2024 su 2º semestre 2023
INDUSTRIA E SERVIZI
Prospettive 1º semestre 2025 (variazioni
LE PREVISIONI DEL CSC PER L’ITALIA
FONTE: ELABORAZIONE CENTRO STUDI
CONFINDUSTRIA
Podcast
Qualità dei contenuti e libertà di ascolto tra le ragioni del successo di questo relativamente nuovo mezzo di comunicazione.
Un italiano su tre ha ascoltato un podcast almeno una volta nella vita (Audiweb) e tra il 2023 e il 2024, nel nostro Paese, è cresciuto da 14,9 a 15,2 milioni (Osservatorio Branded Entertainment / Doxa) il numero di fruitori di questo “nuovo” mezzo di comunicazione. Nuovo tra virgolette, non a caso. Se in Italia, come altrove, il post Covid e la cosiddetta “nuova normalità” hanno rappresentato il punto di svolta per la diffusione del podcast, la sua nascita si fa risalire al 2004 - quando il giornalista e sviluppatore britannico Ben Hammersley, scrivendo sul “Guardian”, nomina per la prima volta questa creatura, associandola all’utilizzo degli iPod per l’ascolto on demand di programmi radiofonici. L’esplosione arriva però nel 2013, negli Stati Uniti, con l’uscita di quello che viene da molti considerato la madre di tutti i podcast: “Serial” di Sarah Koenig.
La nascita del podcast? Con un omicidio. Il racconto delle indagini e del processo relativo
all’omicidio di una studentessa di Baltimora, e insieme del contesto sociale e culturale attorno a quell’avvenimento, è considerato un modello per chi, anche in Italia, ha iniziato a fare podcasting e un cult per gli appassionati. D’altronde il “true crime” - la cronaca nera - è anche in Italia l’argomento più ascoltato e ricercato, soprattutto sottoforma di inchieste e reportage, seguito dall’intrattenimento. Secondo l’indagine Obe/Doxa i podcast di tema economico-finanziari ottengono un 18% di attenzione, seguendo i prodotti di squisitamente di intrattenimento come quelli sullo sport o satirici. Il podcast è un business: nel 2023, il mercato dei podcast a livello mondiale ha superato i 10 miliardi di dollari in valore, con una previsione di crescita. Questo boom si deve anche alla crescente qualità dei contenuti, alla produzione di podcast da parte di grandi aziende, media e celebrità e naturalmente all’espansione delle piattaforme di streaming come Spotify, Apple Podcasts e Google Podcasts.
di Giulia Mietta
Tra le piattaforme più utilizzate per l’ascolto in Italia, al primo posto si trovano primato Spotify (55%) e Amazon Music (33%), seguite da un 17% di ascoltatori su canali diretti degli autori, e poi dalle piattaforme specialistiche (Audible 16%, Apple Music 12%, Google Podcast 12% e Spreaker 5%). Anche YouTube rappresenta un importante entry point per reclutare pubblico.
Podcast, i perché di un successo.
Come insegna la storia della radiofonia, così il podcast è uno strumento vincente grazie alla sua natura multitasking. Secondo l’indagine Obe/Doxa sul pubblico italiano il 75% degli ascoltatori dichiara di fare altro mentre ascolta: lavori domestici, spostamenti casa lavoro, sport. Ma nel rapporto causa effetto non si può non tenere conto che il device utilizzato per ascoltare il podcast, nell’80% dei casi, è uno smartphone.
Un aspetto dei podcast che costituisce un plus è quello la fidelizzazione dovuta al rapporto che si instaura tra il podcaster e gli ascoltatori. Si tratta di un rapporto di fiducia basato su una sensazione di incontro intimistico tra il singolo ascoltatore e lo speaker. Le ragioni di questo legame affettivo che lega il pubblico ai podcaster sono molte, ma alcune ricerche hanno dimostrato che gli auricolari influiscono sulla creazione di questo legame.
Oltre allo sviluppo tecnologico e agli investimenti delle grandi aziende, la pandemia e i conseguenti lockdown hanno dato la spinta definitiva: tra marzo e aprile 2020, globalmente, l’ascolto dei podcast è cresciuto del 42% (in Europa del 53% e in Italia del 29%). Non è irrilevante a questo riguardo che la percentuale di italiani che hanno ascoltato podcast almeno una volta cresca fino al 43% se si guarda a un pubblico di under 35, la fascia della popolazione che più ha cambiato abitudini durante il periodo Covid.
Il podcast economico in Italia, non solo addetti ai lavori.
Uno dei segmenti che sta crescendo più rapidamente è quello dei podcast di tematica economica. Questi podcast rispondono a una crescente domanda di contenuti infor-
mativi e analitici, pensati per chi desidera comprendere finanza e dinamiche di mercato in alternativa o affiancandoli ai tradizionali media.
Tra i podcast più ascoltati è seguiti in Italia c’è sicuramente “Il Sole 24 Ore - Daily” che, con aggiornamenti giornalieri, offre analisi di politica economica, mercati finanziari, e notizie sul mondo delle imprese. L’approfondimento è sempre attento, con ospiti esperti del settore e reportage che analizzano i trend globali. Un altro esempio è “Economia Sostenibile”, podcast che ha spesso per protagonisti esperti di economia circolare, cambiamenti climatici, transizione ecologica. Un prodotto podcast particolare è “Rame”: ogni mercoledì, seguendo il filo della sua storia economica, un ospite confida ricordi d’infanzia, idee, paure, ambizioni personali o imposte da altri legate al tema dei soldi. Da segnalare, tra i più ascoltati, lo storico “Don Chisciotte”, condotto da Oscar Giannino con Carlo Alberto Carnevale Maffé e Renato Cifarelli, che racconta l’attualità economica a partire dai dati e dai report delle più importanti istituzioni di statistica e ricerca sia a livello nazionale che internazionale, e poi “Investire è semplice”, risorsa utile e dal taglio pratico per chi desidera approfondire la gestione del proprio denaro e le strategie di investimento.
Podcast economici in lingua inglese. Il podcast di economia più famoso a livello globale è probabilmente “Planet Money” della NPR (National Public Radio) degli Stati Uniti. Lanciato nel 2008, Planet Money ha un approccio informale e spesso umoristico, ma senza perdere mai di vista la chiarezza. L’unicità di Planet Money sta nel suo modo di umanizzare l’economia, portando gli ascoltatori a riflettere sulle implicazioni quotidiane delle scelte economiche. Altri esempi in lingua inglese sono “Freakonomics Radio ”, creato da Stephen Dubner, che esplora temi di psicologia economica e dà risposte a domande come “perché il mercato dei materassi sta esplodendo anche se se ne comprano sempre meno?” C’è poi Hard Pass: in soli 5 minuti i giornalisti di Business Insider spiegano questioni complesse come le nuove leggi nel mondo del lavoro e i problemi dei fondi di investimento.●
CONFINDUSTRIA GENOVA LANCIA UN PODCAST!
ZEROVIRGOLA è un podcast di economia: in ogni episodio affrontiamo un argomento che riguarda le imprese, focalizzandoci sui fenomeni economici e sui loro impatti sul territorio. Lo facciamo attraverso la lente d’ingrandimento del Centro Studi di Confindustria Genova e Liguria, e con la voce di Giacomo Franceschini, che ne è il responsabile. Dove sta andando l’economia genovese, a che punto siamo con il PNRR in Liguria, che impatto avranno i dazi americani... sono solo alcuni dei temi trattati nelle prime puntate. Un’opportunità per approfondire, in modo semplice ma non semplicistico, gli argomenti caldi per le imprese. Gli episodi sono disponibili sul sito dell’Associazione e su Spotify.n Seguici su Spotify https://spoti.fi/4kjH3G6
di Deborah Gargiulo
Strumenti, iniziative e servizi dell’Associazione per rispondere alle sfide delle imprese.
Proattivi
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Confindustria Genova continua il suo percorso di crescita, consolidando il ruolo di punto di riferimento per le imprese del territorio. Il tasso di crescita associativa testimonia la capacità dell’Associazione di intercettare le esigenze del mercato e di offrire soluzioni mirate per lo sviluppo competitivo delle imprese.
Al centro ci sono innovazione e sostenibilità. Confindustria Genova ha investito in soluzioni digitali interattive e in progetti di internazionalizzazione, supportando le imprese nel loro percorso di digitalizzazione e nell’accesso ai mercati esteri.
Ha rafforzato il proprio impegno nel promuovere la transizione ecologica, sostenendo l’adozione di modelli di business sostenibili e agevolando l’accesso a incentivi per l’efficienza energetica.
Altro pilastro della crescita dell’Associazione è rappresentato dalle attività di informazione, formazione continua e networking. Attraverso corsi specialistici e incontri con esperti del settore, Confindustria Genova ha creato un ecosistema di competenze in continua evoluzione, favorendo lo scambio di esperienze e la nascita di sinergie strategiche tra le imprese associate.
L’attenzione al capitale umano si riflette anche nelle iniziative rivolte ai giovani. L’Associazione guarda al futuro promuovendo percorsi di orientamento e formazione, avvicinando i giovani al mondo delle imprese e contribuendo così a colmare il gap tra domanda e offerta di competenze. La strategia è chiara: valorizzare le nuove generazioni per garantire la competitività e la sostenibilità del tessuto imprenditoriale locale. Confindustria Genova ha abbracciato la sfida strategica di rendere il mondo delle opportunità e dei servizi sempre più accessibile, offrendo agli Associati un’esperienza digitale proattiva in grado di supportare le relazioni di networking e la fruizione dei servizi, riflettendo così l’impegno nel promuovere modelli organizzativi avanzati, in linea con le sfide delle imprese contemporanee.
La tecnologia si conferma così un alleato strategico per la crescita e lo sviluppo del network imprenditoriale. Grazie al nuovo sito web e all’App di Confindustria Genova, gli Associati hanno un ulteriore accesso a tutte le opportunità offerte dall’Associazione negli ambiti dei servizi, del networking e della rappresentanza istituzionale.
Fulcro innovativo della nuova soluzione risiede nella possibilità di interagire con la piattaforma digitale e con l’App in modo facile e immediato, garantendo un ambiente digitale altamente integrato e sicuro.
Grazie a un avanzato sistema di notifiche intelligenti, ciascun Associato può accedere rapidamente a risorse e informazioni pertinenti al proprio ambito professionale. La funzione di notifiche permette di superare il monitoraggio tradizionale del calendario iniziative, consentendo di ricevere aggiornamenti tempestivi sugli eventi in programma e suggerimenti personalizzati sulle opportunità più rilevanti.
Le logiche proattive dell’App consentono di gestire le richieste di assistenza con agilità, seguendo l’avanzamento delle richieste, scegliendo il canale di comunicazione preferito, sia esso e-mail o App. Questo processo snello e trasparente è stato pensato per eliminare ogni possibile barriera nell’interazione con l’Associazione.●
Deborah Gargiulo è Responsabile Marketing e Sviluppo Associativo di Confindustria Genova
di Piera Ponta
L’Ateneo genovese si caratterizza per una presenza capillare sul territorio regionale e per un’offerta formativa coerente con le esigenze delle imprese e della società nel suo complesso. Nell’intervista al Rettore, le tante iniziative già messe a punto e quelle pronte a partire.
Università diffusa
“ I Campus godono di una loro specifica identità, sintonizzata con il contesto in cui si trovano”
“ Il trasferimento agli Erzelli faciliterà le sinergie tra laboratori e imprese già presenti sulla collina”
“ La transizione energetica ha come scopo ultimo la riappacificazione dell’uomo con la natura e il pianeta”
Federico Delfino
Eletto a novembre 2020, il Rettore Federico Delfino concluderà il suo mandato nell’autunno del 2026. Non è certamente ancora tempo di “consuntivi”, ma già oggi appare evidente che gli anni del prof. Delfino alla guida dell’Ateneo genovese saranno ricordati per il confronto continuo e proficuo con i suoi stakeholder, che ha portato risultati come il rafforzamento dell’attività didattica in tutta la regione, in linea con la vocazione del territorio e in risposta alle esigenze delle imprese, senza contare l’impegno in ambito internazionale (testimoniato, nelle pagine che seguono, dalla prorettrice all’internazionalizzazione Paola Dameri); sarà ricordato, inoltre, per aver impresso una svolta decisiva al progetto di trasferimento della Scuola Politecnica sulla collina degli Erzelli.
Professore, l’Università di Genova è presente su tutto il territorio ligure con i Campus di Savona, Imperia e La Spezia - solo per citare le strutture principali. Quali sono i punti di forza di questa articolata organizzazione in termini di attrattività di studenti e di risposta ai fabbisogni occupazionali delle imprese?
La struttura diffusa agevola il dialogo con il territorio perché
consente di sintonizzare l’offerta formativa dei campus alle esigenze del contesto in cui si trovano. Un esempio su tutti è il Campus di Imperia, in cui da quest’anno è attivo il corso di laurea in Scienze e culture agroalimentari del Mediterraneo; nel progettare il corso abbiamo valutato la ricca tradizione agricola del Ponente. Qui hanno sede anche il corso di laurea in scienze del turismo e, considerata la sua posizione transfrontaliera, il corso in Giurisprudenza a doppio titoloitaliano e francese. Dall’anno accademico 2024/2025 è attivo il corso di laurea in informatica, totalmente erogato in lingua inglese. I campus godono di una loro specifica identità. Questo tratto fa sì che attraggano studenti anche da fuori regione, interessati a determinati percorsi che sono disponibili solo nei campus non genovesi. Negli anni questa strategia ha consentito di connotare il Campus di La Spezia come un’eccellenza nel settore della nautica e dello yacht design, mentre il Campus di Savona è divenuto un riferimento per l’ingegneria energetica, le digital humanities, le scienze della comunicazione e le scienze motorie. Queste ultime, con il focus wellness, sport e leisure concorrono a creare nuovi sbocchi lavorativi e a realizzare interventi innovativi per favorire l’invecchiamento attivo, tema attuale in una regione “anziana” come la nostra. Il Campus savonese ospita anche la Fondazione CIMA (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale) e questo ha agevolato l’istituzione di un corso magistrale sul tema del rischio ambientale, Engineering for Natural Risk Management, che forma professionalità di cui la Liguria ha bisogno per tutelare la sua fragilità idrogeologica.
Il 2025 sarà all’insegna dei cantieri per la costruzione della nuova Scuola Politecnica agli Erzelli. Quali sono le maggiori novità rispetto al progetto originario? Il trasferimento agli Erzelli faciliterà la sinergia tra laboratori e imprese già presenti sulla collina. Questa prossimità farà da terreno fertile a una vivace ricerca applicata, che permetterà un ingaggio continuativo e proficuo delle imprese da parte dell’Università. Il volano occupazionale sarà di ampie proporzioni perché riguarderà sia i neolaureati sia l’intero comparto produttivo. Il Parco degli Erzelli prevede anche il Centro Med-Tech di Regione Liguria: una sfida innovativa che vedrà l’integrazione di competenze mediche e ingegneristiche e creerà un flusso dinamico di attività con lo Human Technopole, presente da qualche anno nel MIND, Milano Innovation District. La novità del Parco Scientifico risiede nel suo essere rappresentazione concreta dell’ecosistema dell’innovazione, per definizione “produttore” di progresso in modo rinnovabile, sostenibile e con impatto evidente e positivo sull’intero contesto socio-economico in cui è inserito.
Uno dei temi che stanno più a cuore al Presidente della Regione Marco Bucci è l’attrazione di investimenti, di imprese e di persone. In che modo l’Università può contribuire a una politica di rilancio e di sviluppo del territorio? Essendo l’unico Ateneo ligure, l’Università di Genova ha la responsabilità di mantenere vivo il dialogo con le istituzioni e le imprese locali per raccoglierne le istanze e tradurle in offerta formativa. Da qualche anno, in virtù di un protocollo di intesa tra Università di Genova, Regione Liguria e Confindustria Genova, si stanno sviluppando dottorati in linea con le esigenze dell’industria. Inoltre, il medesimo partenariato sta valutando il finanziamento di laboratori congiunti Università-imprese con dotazioni tecnologiche avanzate. La blue economy largamente intesa (dalla biologia al turismo, dalla
logistica alla cantieristica) è da sempre una delle risorse più rilevanti del nostro territorio; i progressi tecnologici e le istanze di sostenibilità aprono innovativi orizzonti sui quali è doveroso un impegno didattico e scientifico dell’Università. Il Centro del Mare dell’Ateneo assolve il ruolo di regista delle attività didattiche e scientifiche multidisciplinari correlate al mondo marino e marittimo per formare le professionalità di cui esso ha bisogno e, allo stesso tempo, per continuare indagini e studi migliorativi sulla sua gestione. Genova sta vivendo un profondo cambiamento, connotato da una forte spinta all’alta tecnologia, di cui l’Università è protagonista, grazie alla proficua sinergia con gli attori istituzionali e imprenditoriali. Basti pensare ai progetti finanziati nell’ambito del PNRR improntati all’alta tecnologia, intelligenza artificiale, robotica, neuroscienze: l’ecosistema dell’innovazione RAISE e MNESYS. In futuro si parlerà sempre di più di Medicina computazionale, che richiede l’integrazione di competenze mediche e tecnologiche. La Liguria, e Genova in particolare, sta già lavorando su questo fronte non solo con i cantieri del nuovo Centro agli Erzelli dedicato proprio al Med-Tech, ma anche con percorsi di studio che l’Università ha già da tempo nella sua offerta formativa in tutti i livelli e nei programmi della Scuola Superiore IANUA. I nuovi scenari geopolitici impongono un cambio di passo, orientato allo studio di nuove e innovative soluzioni e applicazioni nel campo delle telecomunicazioni e delle infrastrutture. Una di queste è il largo impiego di cavi sottomarini. Genova, con la sua posizione geografica di ponte ideale tra Sud e Nord del mondo, rappresenterà un hub altamente qualificato per l’alta formazione e un polo fondamentale di sviluppo per l’economia dell’innovazione. Il nostro Ateneo in autunno sarà la sede del primo master al mondo di II livello sui cavi sottomarini in fibra ottica.
Parliamo di energia e di sostenibilità: da esperto della materia, quali sono, a suo parere, le strade ragionevolmente percorribili?
Stiamo vivendo una stagione unica per il settore energetico, altamente sfidante ed entusiasmante per gli addetti ai lavori. La transizione altro non è che una nuova rivoluzione industriale che, rispetto alle precedenti, è connotata dallo scopo ultimo della riappacificazione dell’uomo con la natura e il pianeta. Si può sicuramente giungere a un mondo sostenibile con energia prodotta senza emissioni clima-alteranti. Occorre, però, adottare in questo contesto un rigoroso percorso scientifico basato sul principio cardine della “neutralità tecnologica”, ovvero l’analisi oggettiva delle soluzioni percorribili per la produzione energetica, senza alcun pregiudizio di sorta. Ne consegue, ad esempio, l’accettazione di reintrodurre all’ordine del giorno il tema dell’energia nucleare, che oggi è caratterizzata da declinazioni tecnologiche che garantiscono alti livelli di sicurezza e significativi miglioramenti nella gestione delle scorie. Inoltre, valutando la produzione energetica nel suo insieme, i prossimi anni saranno sicuramente caratterizzati dall’utilizzo di cicli combinati alimentati a gas, che assicurano programmabilità nella produzione e bassi impatti ambientali. È bene, infine, sottolineare che la riforma strutturale del mercato energetico a livello europeo rappresenta un elemento imprescindibile per una transizione di successo. Si deve giungere a un nuovo modello che tenga nel giusto conto l’ormai avanzata penetrazione nelle reti elettriche delle energie rinnovabili per ottenere un costo finale dell’energia soddisfacente ed equo per le diverse tipologie di consumatori e per gli operatori della produzione.●
IN COLLABORAZIONE CON
CON IL SOSTEGNO DI
HANNO PARTECIPATO
PARTNER ISTITUZIONALE
I CLUB TEMATICI SONO ORGANIZZATI CON IL CONTRIBUTO DI
di Monica Poggio
Cruscotto education
È lo strumento sviluppato dal Centro Studi di Assolombarda per mettere in luce le potenzialità e le criticità del sistema educativo lombardo e sensibilizzare sui profili più rispondenti al mercato attuale.
Assolombarda, attraverso una serie di indicatori raccolti nel suo “cruscotto education”, offre ogni anno una panoramica sugli asset dell’istruzione e della formazione in Lombardia, delineando anche un confronto con i benchmark europei. L’analisi contiene un focus sulle scelte della popolazione giovanile, restituendo alle imprese informazioni preziose sui futuri impatti sul mercato del lavoro; evidenze che diventano per loro una “bussola” in una fase storica in cui si ricercano competenze necessarie per affrontare le sfide legate alla transizione digitale ed ecologica. Lo studio, curato dal nostro Centro Studi, rappresenta dunque uno
strumento pratico per mettere in luce le potenzialità e le criticità del sistema educativo lombardo: l’obiettivo è quello di incoraggiare l’adozione di policy per invertire alcune tendenze e per favorire la diffusione delle skill più contemporanee. Dal report emerge un interesse sempre maggiore dei giovani verso gli ITS Academy: gli iscritti ai percorsi attivi nella regione sono quasi 6mila. Il perché è presto detto. L’88% di chi ottiene un diploma presso un istituto tecnologico superiore trova lavoro a un anno dal titolo, proiettando i giovani verso le professioni del presente e del futuro. Il “cruscotto” evidenzia un fenomeno che merita una
particolare attenzione: nei corsi di formazione terziaria in ambito ICT continua a prevalere la presenza maschile, con l’81,8% di iscritti; e la partecipazione femminile ai corsi STEM in Lombardia è ancora inferiore a quella maschile ed è pari al 35,4%. Una situazione che va controcorrente rispetto alle esigenze del mercato del lavoro: queste discipline offrono, del resto, significative possibilità di inserimento al termine degli studi nell’era delle nuove tecnologie. L’intelligenza artificiale, per esempio, sta rapidamente ridefinendo dinamiche e processi, creando anche nuove opportunità professionali e profili specializzati. Questa circostanza impone a tutti noi di agire con una strategia di lungo periodo finalizzata a ridurre questo gender-gap e consentire, allo stesso tempo, alle aziende di governare il cambiamento in atto. Esse operano oggi in un mercato sempre più dinamico, caratterizzato da una rapida evoluzione delle professionalità. Dobbiamo, quindi, fare in modo che il mismatch, qualitativo e quantitativo, delle competenze non incida negativamente sulla proiezione globale delle nostre imprese. Assolombarda, consapevole della centralità del capitale umano, sta lavorando da tempo per allineare la formazione delle nuove generazioni a quanto richiesto dal tessuto produttivo. In questa logica crediamo che una collaborazione costante tra scuole, università, ITS Academy e imprese sia sempre più centrale. E riteniamo strategico avvicinare studentesse e studenti alla tecnologia e alle competenze più innovative richieste dalle imprese per proiettare i giovani verso i percorsi STEM. Un esempio è il “Tech-Tour”, l’iniziativa che ha permesso a oltre 1.200 studenti di fare tappa in 63 aziende innovative di Milano, Monza e Brianza, Pavia e Lodi allo scopo di entrare nel
merito della grande transizione in atto. Con il suo desk “Competenze e Professionalità”, Assolombarda aiuta anche le aziende a dialogare con scuole, enti di formazione professionale, ITS e università per individuare risorse umane adatte ai rispettivi fabbisogni. L’Associazione ha anche realizzato, in collaborazione con gli atenei del territorio, una guida per le imprese che intendono affacciarsi al dottorato di ricerca nella sua dimensione “industriale” Gli accordi quadro con le nove università del territorio e con l’Ufficio Scolastico Regionale prevedono anche la realizzazione di iniziative di orientamento e di partenariato didattico, con l’obiettivo di dare vita a percorsi di laurea o di istruzione secondaria superiore co-progettati. È in questo quadro che si inserisce, per esempio, la nascita a Monza del Liceo STEAM. Un nuovo percorso che combina, attraverso metodologie di insegnamento innovative e laboratoriali, competenze scientifiche e umanistiche, con una forte presenza della lingua inglese nella didattica. Molto è stato fatto, altrettanto lavoro ci aspetta: Assolombarda, infatti, è presente all’interno di otto fondazioni ITS per contribuire, ulteriormente, alla creazione di nuovi percorsi formativi sempre più all’avanguardia per la costruzione delle competenze del futuro. E in tema di upskilling stiamo sostenendo lo sviluppo delle “academy aziendali” Un fenomeno che riguarda soprattutto le grandi imprese ma che si sta diffondendo anche tra le PMI. Segno, ancora una volta, della capacità e dell’intraprendenza delle aziende di attivarsi, con risorse proprie, per la qualificazione del capitale umano.●
è
Monica Poggio
Vice Presidente Assolombarda con delega a Università, Ricerca e Capitale umano
di Barbara Graffino
Aper ti al dialogo
Il contenimento del mismatch tra domanda e offerta di lavoro richiede maggiore disponibilità al confronto tra mondo delle imprese e sistema educativo.
Le aziende fanno sempre più fatica a trovare personale. È una realtà ahimè che si ritrova a Torino come a Milano come a Genova.
All’inizio del 2025, la metà circa dei profili ricercati nell’area torinese è risultato “di difficile reperimento” (secondo la definizione dell’indagine Excelsior di UnionCamere), in parte per la non soddisfacente preparazione, ma soprattutto per l’assoluta mancanza di candidati. Che si tratti di tecnici informatici, di manutentori o di autisti, la ricerca si fa lunga, onerosa e dall’esito non scontato. Abbastanza impressionante è il confronto con il 2017, quando le assunzioni di “difficile reperimento” erano “solo” il 22%.
La sensazione è che si stia passando da una difficoltà fisiologica a una strutturale, preoccupante non solo per le singole imprese, ma per l’intero sistema Italia: se non tempestivamente contrastata, questa tendenza può mettere a rischio la crescita economica e la coesione sociale. Occorre dunque chiedersi: cosa possiamo fare, anche come associazioni datoriali, per favorire un migliore incontro tra domanda e offerta di lavoro?
Il mismatch di competenze dipende da molti fattori - ad esempio la progressiva trasformazione della struttura demografica - sui quali nel breve periodo è arduo intervenire. Siamo però convinti che parte dei problemi dipendano da un
insoddisfacente dialogo tra il sistema produttivo e quello educativo. Dobbiamo sforzarci di superare la situazione di stallo che si sta verificando, con molte imprese che lamentano l’inadeguatezza o la mancanza di candidature attribuendo genericamente la colpa ai meccanismi di formazione delle competenze, e d’altro lato molte famiglie e attori dell’education che ancora vedono il mondo del lavoro come luogo distante, inadatto a svolgere funzioni educative e dal quale in definitiva occorre proteggere le giovani generazioni. Nel XXI secolo questa separazione ha sempre meno senso e finisce per aggravare i problemi di occupabilità. Per non parlare del fatto che non è certamente una novità parlare di “continuous learning”, che aggiunge all’equazione un ulteriore grado di complessità. Ma è ciò che il futuro richiede. A ben vedere, molte delle sfide che oggi investono il mondo dell’istruzione e quello del lavoro sono comuni: si pensi al cambiamento dettato dalla disponibilità di una conoscenza diffusa in rete e facilmente accessibile, o alle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale.
Sulla ricerca di comuni denominatori, così come su tentativi di dare concretezza allo slogan delle competenze trasversali, può costruirsi un’inedita alleanza tra scuola e impresa, capace di sbloccare le situazioni di stallo che contribuiscono a produrre il mismatch: la drammatica situazione dell’istruzio-
ne e formazione professionale; il galleggiamento dell’alternanza scuola lavoro (PCTO); lo stentato decollo di lauree davvero professionalizzanti. E pure la sfida della crescita qualitativa e quantitativa degli ITS - alla quale sono stati giustamente rivolti cospicui investimenti del PNRR - sarà vinta solo a condizione che si instauri un dialogo davvero fruttifero tra chi può formare le competenze e chi può valorizzarle. Superare ritrosie ideologiche e steccati anacronistici non è, e non sarà, facile. Ma l’esperienza torinese recente mostra segnali confortanti. Alcuni progetti confindustriali di respiro nazionale (come il PMI Day della Piccola ed Eureka! Funziona! di Federmeccanica) si conquistano anno dopo anno l’interesse - e la partecipazione - da parte di un numero crescente di scuole del territorio. La collaborazione dell’Unione Industriali Torino con gli Atenei è continua e le consultazioni per il riesame ciclico della loro offerta formativa non si limitano a un mero adempimento burocratico. Gli ITS piemontesi - in primis quello dell’Aerospazio e Meccatronica - si collocano ai vertici delle graduatorie nazionali di merito stilate annualmente dall’Indire.
Anche il dialogo tra le diverse associazioni del mondo confindustriale può rivelarsi utile. Un esempio è dato dalla periodica indagine sul lavoro realizzata dal sistema Confindustria grazie alla collaborazione di numerose territoriali.
Essa rivela le soluzioni messe in atto dalle imprese per aggirare il mismatch di competenze: prima fra tutte, l’attività di formazione al personale già presente in azienda, messa in atto dal 43% del totale delle imprese, e dal 65% di quelle che lamentano difficoltà di reperimento. Ovviamente questa scelta non fa che rafforzare l’importanza della presenza sui territori e in rete di un sistema efficiente della formazione continua. Seguono altre azioni, come il ricorso a servizi esterni (collaborazioni, consulenti), il coinvolgimento attivo in programmi educativi sul territorio (come le docenze presso gli ITS) e l’allargamento del bacino di ricerca (in termini geografici o di canale utilizzato).
Il contenimento e la riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro non avverranno in tempi brevi, né grazie a ricette semplicistiche. Richiederanno un impegno corale e la disponibilità al dialogo e al confronto da parte di diversi soggetti impegnati sui versanti della generazione, dell’utilizzo e della buona manutenzione di competenze in continua evoluzione. Per questo sono e saranno sempre più uno degli obiettivi condivisi che danno senso a collaborazioni attive tra diverse associazioni datoriali, come quella triangolare del progetto MITOGENO.●
Barbara Graffino è Presidente Gruppo Giovani dell’Unione Industriali Torino
GENOVA STARTUP
di Matilde Orlando
A ciascuno il suo shopping
Tecnologie digitali avanzate di 3D e AR e, presto, l’AI, per rendere l’esperienza di acquisto unica e sostenibile.
Intervista a Michele Sciuto e Marco Cereghino, co-fondatori della piattaforma Missoun, che consente di presentare qualsiasi prodotto in modo immersivo, coinvolgente e realistico, permettendo qualunque tipo di personalizzazione.
Se doveste mettere in luce tre caratteristiche di Missoun in altrettante parole, quali scegliereste? E perché? Innovazione, perché puntiamo a trasformare il settore retail e manifatturiero di prodotti configurabili attraverso tecnologie digitali avanzate di 3D e AR. Personalizzazione, poiché il nostro focus è offrire esperienze d’acquisto coinvolgenti ed efficaci, permettendo agli utenti di configurare prodotti che rispondano alle loro esigenze. Sostenibilità, perché crediamo che la nostra tecnologia sia uno strumento ideale per rendere più efficaci i processi aziendali, ridurre sprechi ed eccessi di magazzino e promuovere un consumo più consapevole.
Entriamo nel dettaglio: quale idea imprenditoriale è alla base di Missoun e quali riscontri avete ottenuto fino a oggi dal mercato?
In un mercato che richiede una personalizzazione dei prodotti sempre maggiore, dove molti produttori perdono vendite, affrontano insoddisfazione dei clienti e un alto numero di resi, la piattaforma Missoun consente di presentare qualsiasi prodotto in modo immersivo, coinvolgente e realistico, permettendo al contempo tutte le personalizzazioni neces-
sarie. Negli ultimi dieci anni, l’industria automobilistica ha dimostrato il valore della personalizzazione attraverso configuratori 3D sul web. Tuttavia, queste tecnologie sono state finora accessibili solo a grandi produttori con budget significativi, tipicamente nel settore automotive. Missoun cambia le regole del gioco democratizzando la configurabilità dei prodotti, offrendo una soluzione scalabile accessibile a tutte le aziende, indipendentemente dalle loro dimensioni, desiderose di fornire un’esperienza d’acquisto unica e coinvolgente per i loro prodotti configurabili. Il mercato ha risposto in maniera estremamente positiva: a oggi abbiamo oltre 10 clienti in diverse industrie, sia in Europa che negli Stati Uniti. Lavoriamo per clienti quali: Top End Sports, Wilier Triestina, Santos Bikes, Verge Sport, NAU!, Exept.
A quali esigenze o nuove opportunità la startup intende rispondere e come?
Nei prossimi mesi intendiamo sviluppare tecnologie di intelligenza artificiale per offrire funzionalità di product discovery e guided selling, soprattutto ai marketplace e alle aziende nel settore del retail. Un altro ambito di intelligenza artificiale su cui stiamo lavorando è la generazione automatica di modelli 3D accurati a partire da fotografie bidimensionali. Inoltre, la digitalizzazione della personalizzazione aiuta anche la sostenibilità: si produce solo ciò che il cliente desidera, riducendo sprechi e resi. Vediamo un potenziale nell’integrare il 3D visual commerce con strumenti di gestione della manifattura e della catena di approvvigionamento.
Quale percorso personale e professionale vi ha portato qui e quali sono le altre professionalità coinvolte in Missoun?
Entrambi abbiamo oltre 20 anni di esperienza nel settore digitale e tecnologico, con un focus specifico sulle soluzioni software per il mondo manifatturiero. Ci siamo conosciuti più di 15 anni fa lavorando insieme in Siemens Digital Industries a Genova, dove abbiamo sviluppato competenze approfondite nei processi industriali e nelle tecnologie di digitalizzazione. Il nostro percorso ci ha permesso di acqui-
sire una visione strategica sulle necessità delle aziende e su come l’innovazione possa migliorare l’efficienza e la competitività nel settore. Marco ha una formazione da ingegnere, mentre Michele è laureato in fisica. Insieme, abbiamo costruito un team multidisciplinare che include esperti di sviluppo software, modellazione 3D, intelligenza artificiale e marketing digitale, creando così una sinergia che ci permette di affrontare le sfide tecnologiche con un approccio innovativo e orientato ai risultati.
Guardando al futuro, quali sono le ambizioni di sviluppo e i progetti per la startup?
Espandere la nostra presenza nel mercato statunitense, in cui stiamo già ottenendo risultati molto positivi. Inoltre, intendiamo consolidarci come piattaforma di riferimento per il 3D visual commerce sia per il mercato B2C (occhiali, biciclette, motocicli, abbigliamento) che nel settore dei prodotti complessi (macchine industriali, automotive, nautica). Stiamo rafforzando le integrazioni con i principali software di mercato, tra cui PLM (Siemens Teamcenter), ERP (SAP, Microsoft, Zucchetti, TeamSystem) e CRM (HubSpot, Salesforce), per offrire un ecosistema sempre più completo ed efficiente ai nostri clienti.
Una riflessione conclusiva: quali esperienze pregresse o inclinazioni personali vi sono state utili nel lavoro di startupper e, viceversa, cosa avete imparato in Missoun che vorreste portare anche “a casa”?
Uno degli elementi fondamentali che ci ha aiutato nel nostro percorso è la rete di relazioni che abbiamo costruito nel tempo: ex-colleghi, ex-clienti e amici. Quando un progetto è valido e porta innovazione, è più semplice trovare sostegno e collaborazioni strategiche. Il percorso da startupper ci ha insegnato che la determinazione e la capacità di adattarsi ai cambiamenti sono qualità imprescindibili. In Missoun abbiamo avuto conferma che l’ascolto del mercato e la collaborazione con i clienti sono essenziali per evolvere e migliorare continuamente. Essere flessibili e aperti al feedback è ciò che permette a una azienda di crescere in modo sostenibile, trasformando le idee in prodotti di valore.●
Michele Sciuto e Marco Cereghino
di Guido Torrielli
ITS Academy:
scacciafantasmi
Una risposta alla domanda di tecnici qualificati, alla ricerca di un’occupazione stabile, alla fuga di giovani dal paese.
Tre spettri si aggirano per il mercato del lavoro italiano. Il primo è quello del lavoratore “tecnico qualificato” sempre più ricercato in questa lunga fase di profonde trasformazioni digitali, ma sempre più difficile da trovare, come ampiamente testimoniato dal report del Sistema Informativo Excelsior sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali In Italia a medio termine, da cui emerge, per il quadriennio 2024/2028, un fabbisogno occupazionale complessivo di oltre 600.000 addetti all’industria e 2.500.000 addetti ai servizi.
Il secondo spettro è quello dello scrivano Bartleby, protagonista del racconto “Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street ”, che Herman Melville pubblicò nel 1853, due anni dopo il più celebre “Moby Dick” Bartleby è dipendente di uno studio legale di Wall Street, dove esegue diligentemente il lavoro di scrivano. A un certo punto inizia a rifiutare altri compiti, tutti respinti con la frase “I would prefer not to” (“preferirei di no”, ndr), fino a smettere di lavorare del tutto, fornendo come unica spiegazione la sua frase simbolo. Dopo oltre 170 anni dalla sua apparizione, lo scrivano Bartleby è sempre più adottato in riferimento ai colloqui di lavoro della generazione Z che, come ben noto agli Uffici HR, nel post-pandemia stanno determinando un’inversione nei rapporti di forza tra domanda e offerta di lavoro.
Il terzo spettro, quello più preoccupante, è il decremento demografico che, pur rilevato ormai da decenni, sta cominciando ora a produrre i suoi effetti più visibili. Su tutti, la diminuzione delle nascite certificata dall’Istat, che ha registrato nel 2023 un calo del 3,4% rispetto all’anno precedente per un minimo storico di 379.890 nuovi nati nell’anno, e la diminuzione degli iscritti ai percorsi di istruzione e formazione certificata dal Ministero dell’Istruzione e del Merito che nell’anno scolastico 24/25 registra altri 100.000 studenti in meno con un calo del 10% nel decennio passato, con ovvia previsione di drastica diminuzione del numero di persone in età lavorativa.
I tre spettri rischiano dunque di avere un effetto negativo sull’intero sistema socio-economico e produttivo del paese, implicitamente confermato dal numero e dalla qualità delle azioni di contrasto assunte a livello nazionale e locale. Tra le altre, una delle più significative, a nostro giudizio, è il rafforzamento degli ITS Academy che, per loro caratteristica genetica (DPCM 2008 e L.99/22) e a seguito dei due consistenti finanziamenti PNRR (uno per i laboratori tecnologici e uno per aumentare qualità e quantità dei corsi), possono ben assumere il ruolo di scaccia-fantasmi per i tre spettri. Sul versante della ricerca di “tecnici-qualificati” gli ITS Academy incontrano qui la loro mission, ben descritta nella Legge 99/22: “hanno il compito prioritario di potenziare e ampliare la formazione professionalizzante di tecnici superiori con elevate competenze tecnologiche e tecnico-professionali, allo scopo di contribuire in modo sistematico a sostenere le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo” (art.2 c.1). In applicazione a questo det-
tato, ormai da 15 anni gli ITS Academy producono tecnici qualificati in dieci tra le filiere più importanti del sistema economico e produttivo italiano: Energia, Mobilità sostenibile e logistica, Chimica e nuove tecnologie della vita, Tecnologie per i beni e le attività artistiche e culturali e per il turismo, Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, Servizi alle imprese e agli enti senza fini di lucro, Sistema Agroalimentare, Sistema Casa e Ambiente Costruito, Meccatronica, Sistema moda.
Chi opera al confine tra domanda e offerta di lavoro sa bene come e quanto i diplomati ITS stiano proponendo una nuova figura, sempre più nota e riconosciuta dalle aziende private, dalla Pubblica Amministrazione, dalle famiglie e dai neodiplomati in uscita dalla scuola secondaria di 2º grado.
Il ruolo di “scaccia-fantasmi” degli ITS Academy può ben funzionare anche rispetto agli altri due spettri. Il miglior antidoto allo scrivano Bartleby, infatti, arriva da occupazione stabile (i contratti di apprendistato 3º livello sono specifici per ITS e Università) con compenso adeguato a garantire la realizzazione di un progetto di vita compatibile con le proprie esigenze personali. Sul versante demografico, poi, certamente gli ITS Academy non sono lo strumento che può invertire la tendenza, ma è pur vero che un biennio di formazione gratuita, qualificata e ad alto tasso di occupabilità può dare un contributo a frenare la fuga di italiani verso l’estero e ad attrarre immigrazione di qualità, motivata a costruirsi un futuro nel nostro paese.
Nella lotta contro i tre spettri, gli ITS Academy possono far affidamento alla loro arma specifica: la flessibilità. Unici nel panorama del sistema educativo di istruzione e formazione del MIM, gli ITS Academy non sono vincolati a programmi rigidi e non modificabili, ma ogni anno si confrontano con le imprese del territorio di riferimento e attivano corsi (biennali o triennali) richiesti dalle imprese stesse. ITS-ICT di Genova, per esempio ha modificato e ampliato notevolmente la sua offerta formativa passata negli ultimi anni da corsi per “sviluppatori sw” (2018) a corsi per “sviluppatori sw” e per “sistemisti” (2020), poi diventati “sviluppatore sw per IoT”, “addetto alla cybersecurity”, “specialista in big data” e “social&digital media manager” (2023), fino ai quattro corsi avviati a novembre 2024: “Fullstack developer”, “AR/VR & Game Developer”, “Specialista in comunicazione Digital e Social”, “Specialista in sicurezza di sistemi, reti e cloud” Forte della crescita di diplomati assunti a un anno (80%), di iscritti (più che raddoppiati in 3 anni: erano 85 nel 2021, oggi sono 190) e di imprese partner (oltre 180) ITS-ICT si conferma come partner ideale per la lotta contro i tre spettri, mettendo a disposizione tutta la flessibilità della propria offerta formativa attuale (sei figure professionali consolidate, già in aula, tra primo e secondo anno) e prossima ventura, su richiesta delle imprese: IA e machine learning, robotica, DevOps ecc.●
Guido Torrielli è Presidente Rete ITS Italia e di ITS-ICT Accademia Digitale Liguria
di Massimo Morasso
Le personeprima di tutto
A colloquio con Luca Brambilla, direttore commerciale Cirfood Area
Nord Ovest e Lombardia.
Cirfood è una delle maggiori imprese italiane attive nella ristorazione collettiva, commerciale e nei servizi di welfare. È una società cooperativa, ha sede a Reggio Emilia, esiste da più di cinquant’anni, dà lavoro, oggi, a oltre 12.000 persone (il 90% delle quali assunte con contratti a tempo indeterminato, con una percentuale dell’87% di donne in azienda), ed è presente in modo capillare in 18 regioni e 75 province d’Italia - Liguria e Genova comprese -, in Olanda e in Belgio. Produce oltre 100 milioni di pasti all’anno e ha circa 7000 clienti, fra amministrazioni pubbliche, ospedali, mense aziendali, banche e perfino marchi di lusso. Da sempre attenta alla sostenibilità e al capitale umano come valori prioritari, nel claim “Feed the Future” Cirfood riassume da decenni la visione che orienta le buone pratiche del suo fare impresa. Ora attraverso il Cirfood District e la Cirfood District Academy realizza anche “praticamente” il suo impegno per il benessere delle persone - grazie a una serie di azioni formative, esperienziali e di edutainment. Della quasi-neonata Academy e del Cirfood District che la contiene abbiamo parlato con Luca Brambilla, il direttore commerciale dell’Area Nord Ovest e Lombardia (con i suoi oltre 3.000 dipendenti solo in questo territorio) dell’azienda.
Cos’è la Cirfood District Academy?
È un innovativo polo di formazione, dedicato allo sviluppo di competenze tecniche e manageriali. L’Academy nasce nel contesto del Cirfood District, che abbiamo inaugurato a Reggio Emilia tre anni fa. Si tratta di un hub di open innovation unico nel suo genere, del tutto ecocompatibile, tra i pochi in Italia e in Europa. Ciò, grazie al suo sistema inte-
grato di ricerca gastronomica, che è composto da Laboratorio Sensoriale, Cucina e Ristorante Sperimentale. Il District è un luogo strategico per noi per fare innovazione e cultura, e progettare e sperimentare nuove soluzioni nell’ambito della nutrizione e del food service.
Prima di chiederle di dire qualcosa di più sull’Academy, ci sembra utile, allora, entrare nel merito del “District”, delle sue strategie e attività...
A nostro avviso, il Cirfood District è un progetto d’impresa straordinario, uno strumento ad hoc per realizzare al meglio la nostra visione. Negli 1600 mq del District condividiamo competenze, formiamo e ci formiamo a una cultura dell’in-
novazione up-to-date e diamo corso quotidiano a una piattaforma partecipativa che, a partire dalla nostra esperienza, sta diventando un riferimento per aziende e privati che vogliono dedicarsi a progetti in grado di migliorare il benessere delle persone e delle comunità. La filosofia che anima il Distretto è “sperimentare insieme il futuro”, a partire dal cibo e dalla condivisione di diversi know-how.
Cosa fate, concretamente, nel Cirfood District? Facciamo innovazione, ricerca e formazione. In primis innovazione di prodotto, processo e servizio. Ma anche innovazione culturale, sociale e sostenibile, con particolare attenzione al punto di vista ambientale. Inoltre, grazie all’Osservatorio Cirfood District indaghiamo le nuove tendenze, le abitudini dei consumatori e gli scenari futuri legati alla nutrizione, come con la recente pubblicazione di del saggio CIBO2050. Il tutto, nella consapevolezza che il cibo ben più e ben prima di un prodotto è soprattutto un’eredità di tradizioni, buone pratiche, storie di persone e territori. Il Cirfood District realizza e realizzerà progetti di ricerca applicata, avvalendosi del sistema integrato di ricerca gastronomica; attiva e attiverà partnership con tutte le realtà pubbliche, private o del terzo settore capaci di generare valore per le comunità; fa e farà open innovation, lavorando con start up, università, centri di ricerca internazionali per individuare soluzioni innovative; organizza e organizzerà attività, eventi ed esperienze inseriti in programmi volti ad approfondire le nuove frontiere della nutrizione, della salute, del benessere e della “tavola pubblica ”. Inoltre, attraverso la Cirfood District Academy sviluppa e svilupperà attività di formazione, interne ed esterne, in modalità learning by doing e training, tramite team building, team coaching, seminari e masterclass per fare esperienze sul cibo e costruire moduli formativi utilizzando la metafora del food. All’interno del Distretto si trovano aree dedicate ai convegni e aree dedicate ad attività educative e ludicodidattiche, come per esempio il Food Shuttle, un laboratorio che propone l’esperienza di una piattaforma multisensoriale immersiva pensata per far scoprire il valore degli alimenti e del territorio, l’origine dei prodotti, la biodiversità, la lotta agli sprechi e l’educazione al gusto ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado, tramite l’uso di strumenti high-tech quali visori di realtà virtuale, stam-
panti laser e 3D, microscopi digitali eccetera. Una cosa che tengo a sottolineare è che le molteplici progettualità del Distretto sono guidate tutte dall’approccio della Society 5.0, che mette al centro i valori etici, la qualità della vita, l’evoluzione digitale e la tutela del pianeta. Fra gli obiettivi che ci siamo posti c’è quello di dar vita a innovazioni “human centered” mediante modelli di economia rigenerativa. A questo fine, tutti all’interno del centro sono chiamati a cooperare. La cooperazione e la condivisione di conoscenze ed esperienze è, a nostro avviso, la base per innovare. Per come lo abbiamo concepito, il Cirfood District ha da essere tanto un luogo d’esperienze rivolte alle scuole, alla business community e ai partner scientifici che ci affiancheranno, quanto una casa per co-innovatori, uno spazio con un’anima cooperativa, che metta a fattor comune passioni, visioni e competenze di ogni ordine e grado per migliorare la società in cui viviamo.
Tutto ciò premesso, immaginiamo che l’Academy sia un nuovo importante “capitolo operativo” della strategia culturale ad ampio spettro che state mettendo in campo tramite il District. È così?
La Academy si propone come punto di riferimento per imprese, professionisti, enti di formazione, università e studenti, cui offre corsi progettati su misura. La sua missione è racchiusa nella visione “Seed the Future ”, orientata a seminare cultura attraverso un sistema di saperi destinato a sostenere l’evoluzione delle persone e delle comunità, mettendo al centro la valorizzazione del cibo e della nutrizione. L’offerta della Cirfood District Academy risponde ai diversi fabbisogni formativi grazie a un catalogo corsi con una vasta gamma di attività, momenti ispirazionali e occasioni di confronto e incontro. I principi-guida dell’Academy sono l’inclusività, la personalizzazione e la continuità. Ci rivolgiamo dunque a tutti - a piccole, medie e grandi imprese, professionisti, studenti e singole persone interessategenerando e ospitando nei nostri spazi percorsi articolati e customizzati che, in un’ottica più generale di compartecipazione attiva del sapere, hanno un triplice, concretissimo proposito: offrire esperienze professionalizzanti e motivanti; supportare il costante aggiornamento delle competenze tecniche e trasversali; garantire opportunità formative, utili ad agire al meglio i ruoli dell’impresa.●
di Mario Bizzi
Con Intelligenza Artificiale e Big Data, nuovi ostacoli e nuove potenzialità. Nascono anche i primi prodotti per mitigare i rischi.
AI: tra innovazione e rischi emergenti
L’Intelligenza Artificiale e i Big Data sono a tutti gli effetti entrati a far parte della nostra quotidianità, modificando anche il modo di fare business e permettendo alle aziende di migliorare efficienza e produttività, oltre a offrire vantaggi strategici per affrontare le sfide globali. L’integrazione tra queste due tecnologie consente, infatti, di sviluppare modelli predittivi, automazione avanzata e sistemi decisionali sofisticati, utili alle aziende per operare e innovare. Non sorprende dunque constatare come, secondo un recente studio di EY, l’Italia sia tra i primi tre Paesi europei per adozione di AI nelle imprese (77%), dopo Spagna (84%) e Svizzera (82%), mentre, a livello globale, ben oltre il 30% delle principali aziende hanno già integrato soluzioni AI nei loro processi fondamentali. Questa tecnologia, già introdotta gradualmente nel mondo aziendale dagli anni ‘90, ha conosciuto negli ultimi dieci anni un significativo sviluppo dovuto a diversi fattori come la diminuzione dei costi di storage e computazione, la sempre maggiore quantità di dati digitali provenienti da nuove generazioni di sistemi e infrastrutture e, soprattutto, l’evoluzione di nuovi modelli computazionali e di apprendimento. Il lancio su vasta scala di GPT nel 2022, che ha raggiunto per la prima volta nella storia delle innovazioni tecnologiche un milione di utenti in soli 5 giorni, ha segnato un importante punto di svolta, favorendo da un lato una rapida e diffusa consapevolezza sociale sulle nuove opportunità offerte da questa tecnologia e, dall’altro, alimentando le aspettative dei mercati finanziari riguardo ai benefici in termini di efficienza e competitività per le imprese. L’evoluzione dei modelli commerciali di AI e delle loro capacità è estremamente rapida, con annunci e rilasci di nuovi sistemi e funzionalità a intervalli di poche settimane.
Le più recenti piattaforme di OpenAI, Anthropic, Meta, Google, X - per non parlare delle realtà asiatiche emergenti come Alibaba, Bytedance, Deepseek - sono in grado di comprendere e generare testi lunghi e complessi, immagini e video iper-realistici, conversazioni audio indistinguibili da quelle umane ed elaborate in tempo reale, codice software, nonché di ottenere performance a livello di dottorato in materie scientificomatematiche. Attraverso la sua integrazione con i nostri dispositivi personali, l’intelligenza artificiale si sta diffondendo sempre di più nella nostra quotidianità, diluita in un ecosistema di agent interattivi con noi e il contesto. Le aziende, ovviamente, non sono escluse da questi cambiamenti: l’introduzione di tecnologie AI nei loro processi rappresenta non solo una grande opportunità in termini di efficienza e competitività, ma anche una direzione strategica obbligatoria e urgente. Nel settore manifatturiero, ad esempio, l’AI ed i Big
Data stanno già rivoluzionando la produzione attraverso l’ottimizzazione della supply chain, la manutenzione predittiva e l’adattamento dinamico alle variazioni dei carichi produttivi; nel mondo finanziario, si ottengono miglioramenti della sicurezza contro le frodi, potenziamento dell’efficacia dei modelli previsionali e transazionali, personalizzazione dei servizi; in sanità il focus
è su diagnosi più accurate e precoci, trattamenti personalizzati e una gestione più efficiente delle risorse ospedaliere.
D’altro canto, l’adozione dell’AI nelle aziende presenta anche ostacoli rilevanti, tra cui la carenza di figure professionali specializzate, la frammentazione e il flusso continuo di nuovi modelli AI e la difficoltà di integrazione con le tecnologie esistenti, la disponibilità di dati per educare i modelli. Tutte queste difficoltà rallentano il potenziale di queste innovazioni e generano allarme da parte dei board sull’effettivo ritorno di investimenti. Queste nuove piattaforme tecnologiche presentano un ampio panorama di rischi, che chiama sia le autorità pubbliche (come il Garante Privacy) che i Risk Manager e i Board aziendali a un accurato presidio, ben oltre la compliance a normative come l’AI Act e il GDPR. Si tratta sia di rischi già esistenti, che con l’introduzione dell’AI nei processi possono cambiare in frequenza, dinamica ed entità del danno, che di rischi nuovi. Le implicazioni sono di tipo finanziario, legale, reputazionale e competitivo. I macro ambiti di rischio per le aziende sono legati a ritardi o fallimenti implementativi delle nuove tecnologie, a business interruption o degrado del servizio, a disruption e sottrazione di dati, a liability (da prodotto, diffamazione, violazione di copyright), al depauperamento di competenze interne, a sanzioni. Le cause spaziano dalla scarsa qualità e quantità dei dati aziendali alle regolamentazioni in continua evoluzione, alla difficoltà della formazione e/o del reperimento delle skill, al commitment da parte dei board, a eventuali errori dei modelli, alla complessa gestione dei loro cicli di vita e aggiornamenti, per giungere infine alle tematiche di data protection e cyber security.
Una gestione efficace passa per la definizione di sistemi di governance integrati nell’ERM aziendale, la conduzione di assessment con esperti multidisciplinari (tecnici, cybersecurity, legali, assicurativi), gli audit periodici dei modelli AI e dei dati, l’inserimento di punti di controllo umano, la gestione contrattuale delle liability ed il presidio dei rischi da terze parti.
Il trasferimento assicurativo dei rischi da AI è possibile, pur trattandosi di una tematica ancora preliminare, un po’ come il cyber una decina di anni fa. Sono stati sviluppati i primi prodotti dedicati a mancati profitti e responsabilità derivanti da bassa performance del sistema e le coperture possono estendersi anche a danni diretti da business interruption o degrado del servizio. Inoltre, diverse tipologie di coperture esistenti sono influenzate dal mondo AI, tra cui le polizze E&O, Cyber, Professional Liability, Media Liability.
Aon, gruppo leader mondiale nel brokeraggio assicurativo e nella consulenza per la gestione dei rischi, aiuta le aziende a comprendere i rischi ai quali sono esposte, a mitigarli e trasferirli al meglio. Il team tecnico di AI e cyber security di Aon in Italia è costantemente impegnato nel supportare centinaia di medie e grandi aziende nei loro percorsi di trasformazione e sicurezza.●
Mario Bizzi è Vice Direttore Generale, Board member e Head of Aon Global Risk Consulting
di Arnaldo Carignano
Crossboarding
Soluzioni internazionali per il mercato del lavoro ligure.
Il mercato del lavoro in costante evoluzione e cambiamento, l’accelerazione della transizione tecnologica e il parallelo fenomeno dell’inverno demografico sono i fattori chiave che determinano una nuova urgenza e sfida per le imprese: la ricerca continua di nuovi talenti e competenze, in grado di rispondere efficacemente a un contesto sempre più volatile. Entro il 2030, è infatti prevista una crescita del fabbisogno lavorativo di circa 520 mila profili, determinato in gran parte dal calo della popolazione disponibile al lavoro. I dati dell’attuale scenario occupazionale e gli insight del nostro osservatorio sul mondo del lavoro ci confermano quindi un trend di disallineamento tra i volumi della domanda e dell’offerta. Nello specifico, tra le professionalità più ambite, ma con crescente carenza in termini di reperibilità, ci sono quelle dei tecnici specializzati. Anche la regione Liguria e la provincia di Genova stanno assistendo a questo “calo delle competenze”, in particolare in alcuni settori chiave, quali quello turistico e della ristorazione, del commercio e dei servizi, il manifatturierosoprattutto in relazione a professionalità con alta specializzazione tecnica - e, non da ultimo, il settore della logistica e trasporti. Per far fronte a questa grande sfida, Randstad ha affiancato al progetto Without Borders, dedicato all’inserimento socio-lavorativo di talenti con background migratorio già presenti nel nostro paese, un progetto di ricerca e selezione internazionale dall’Africa e dall’America Latina, con l’obiettivo di selezionare, formare, e avviare al lavoro i profili che più caratterizzano l’attuale fenomeno della talent scarcity.
A proposito di Randstad
RANDSTAD è la multinazionale olandese attiva dal 1960 nella ricerca, selezione, formazione di Risorse Umane e somministrazione di lavoro. Presente in 39 Paesi con 4.879 filiali e oltre 40.000 dipendenti per un fatturato complessivo che ha raggiunto nel 2023 25,4 miliardi di euro - è leader nei servizi HR. Da 25 anni in Italia, Randstad conta più di 3200 dipendenti e oltre 270 filiali a livello nazionale. È la prima Agenzia per il Lavoro ad avere ottenuto in Italia le certificazioni SA8000 (Social Accountability 8000) e GEEIS-Diversity (Gender Equality European & International Standard) volta a promuovere politiche di uguaglianza di genere e di valorizzazione delle diversità. Randstad è Partner dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali Milano Cortina 2026.n
Per maggiori informazioni: www.randstad.it
Il contesto in cui avviamo le nostre attività di ricerca, selezione e formazione internazionale. Nell’attuale contesto internazionale, le organizzazioni risultano sempre più allineate rispetto a quelli che sono i profili maggiormente ambiti e ricercati. In tal senso, assistiamo
oggi a una vera e propria competizione tra i vari mercati del lavoro. Nello specifico, quello italiano si trova a competere principalmente con i mercati del lavoro canadese, tedesco e dei paesi arabi.
In questo scenario, per essere maggiormente distintivi e garantire alle aziende le migliori competenze, è quindi sempre più necessario essere in grado di diversificare le proprie soluzioni con attività di ricerca, selezione e formazione estera, attraverso la creazione di alleanze con partner qualificati e strategici in altri paesi che consentano l’accesso a nuovi pool di talenti: pensiamo ad esempio alle scuole Salesiane di tutto il continente Africano (la scuola paritaria del Cairo è certamente in prima linea come polo di eccellenza nella formazione tecnica), ai laboratori di meccanica, meccatronica ed elettronica presenti in paesi come L’Etiopia, Il Kenya e il Ghana, o agli hub di competenze in ambito socio sanitario dell’America Latina.
L’esperienza di Randstad Italia: il progetto crossboarding.
La nostra esperienza nell’ambito della ricerca, selezione e formazione estera, avviata a partire dal 2022, ci ha permesso di concludere importanti accordi in vari paesi tra Africa, America Latina e Asia. I primi risultati ci confermano una direzione positiva: nel 2024 Randstad Italia ha infatti gestito oltre 200 pratiche di immigrazione e ha garantito l’ingresso in Italia e l’accoglienza alloggiativa di oltre 80 lavoratori stranieri formati, con alle spalle almeno tre anni di esperienza. Per il 2025, ambiamo ad ampliare questo target nonché a diversificare la tipologia di profili che supportiamo nell’inserimento del mercato del lavoro locale.●
Arnaldo Carignano è Talent Director di Randstad Italia
di Paola Dameri
Relazioni internazionali
Sono oltre 200 gli accordi che UniGe ha attivato con le migliori università straniere per creare una rete di partnership a livello mondiale.
L’Università di Genova ha da sempre perseguito, tra le sue finalità, quella di una progressiva internazionalizzazione, sia sfruttando le opportunità offerte dall’Unione Europea, sia investendo risorse proprie. Recentemente, UniGe si è dotata di una strategia di internazionalizzazione che ha tre punti cardine: intensificare e ampliare le relazioni internazionali con le migliori università estere, offrire ai docenti e agli studenti l’opportunità di insegnare e studiare per un periodo all’estero, attrarre i migliori e più motivati studenti internazionali a intraprendere un periodo di studi presso UniGe.
Le finalità di queste linee strategiche sono molteplici. Dal punto di vista delle relazioni, l’obiettivo è quello di creare una rete di partnership a livello mondiale, a supporto di ulteriori azioni specifiche. Per questo obiettivo utilizziamo lo strumento del Memorandum of Understanding, a cui possono seguire uno o più Accordi di collaborazione specifici per azioni congiunte. Al momento, l’Università di Genova ha attivi quasi 200 MoU, ciascuno dei quali contiene una o più azioni concrete di collaborazione attiva.
Per quanto riguarda la mobilità per studenti e docenti, l’obiettivo è quello di fornire una formazione aperta e ricca per i nostri laureati, cosicché sappiano meglio affrontare il contesto globalizzato in cui si troveranno a operare. I maggiori strumenti a supporto di questo obiettivo derivano dal programma Erasmus+, che offre borse di mobilità per gli studenti, per svolgere un periodo presso una università estera a fini di studio, per scrivere la tesi di laurea o per svolgere un tirocinio formativo. UniGe ha oltre 500 accordi Erasmus con Università europee e molti accordi anche con università extra UE, ciascun anno quasi 800 studenti svolgono un periodo di mobilità presso una delle sedi partner. Oltre alla mobilità l’Università di Genova fornisce ai propri studenti anche la possibilità di ottenere un doppio titolo: lo studente svolge il proprio percorso di studi in parte a Genova, in parte presso l’università estera con cui vige l’accordo per il double degree; al termine del percorso, ottiene due diplomi di laurea, uno da UniGe e uno dall’università straniera. Sono attualmente attivi più di 20 doppi titoli, in tutte le discipline. Infine, per quanto riguarda l’attrattività di studenti stranieri, questa azione ha alcune finalità molto importanti. Innanzi tutto, UniGe cerca di attrarre gli studenti migliori, capaci di portare sul territorio alcune eccellenze. La selezione è durissima: su oltre 30.000 domande, sono circa un migliaio gli studenti stranieri immatricolati ogni anno. Questi studenti sono attratti principalmente dai corsi in lingua Inglese che l’Università di Genova ha attivato da tempo: al momento, sono attivi 2 corsi di laurea triennali e ben 20 corsi di laurea magistrale interamente insegnati in Inglese, principalmente attivi nell’area dell’economia e delle materie STEM.
L’inserimento di studenti stranieri ha anche la finalità di sopperire all’esodo di laureati italiani verso l’estero ma soprattutto al calo demografico, che già si fa sentire e sarà particolarmente marcato nei cinque-sei anni a venire, con un calo di iscritti all’università che potrebbe sfiorare anche il 15%. Queste opportunità di internazionalizzazione possono essere fruttuose anche per le imprese. Innanzi tutto, un laureato che ha svolto un periodo di studio all’estero si arricchisce sia culturalmente, che professionalmente. Inoltre, gli studenti esteri che si laureano a UniGe che ritornano al proprio Paese creano un ponte tra Genova e il mondo, perché rimangono “amici” dell’Italia, della città, dell’Università e creano legami con i propri compagni di corso che perdurano nel tempo e sono la base per relazioni professionali internazionali. Inoltre, le strategie dell’Università di Genova per migliorare ulteriormente l’internazionalizzazione sono in continua evoluzione e alcune azioni potrebbero essere di particolare interesse per le imprese genovesi maggiormente proiettate verso l’internazionalizzazione.
Molti Paesi esteri, università, camere di commercio italo-estere (per esempio, italo-vietnamita, italogiapponese ecc.) hanno espresso grande interesse per sviluppare programmi di formazione che l’Università di Genova potrebbe esportare, anche in collaborazione delle imprese che operano all’estero. Stiamo progettando corsi di perfezionamento “blended” che prevedono una parte della formazione online e una parte in presenza, sia facendo venire in Italia gli studenti, sia facendo andare all’estero i docenti. Le imprese in questo caso possono attingere a giovani con una formazione di stampo italiano, sia nei contenuti che nel livello qualitativo.
Un modello analogo si può estendere dal corso di perfezionamento al master: in questo caso, la partnership con una o più imprese è fondamentale, soprattutto per l’attività di stage e per le testimonianze aziendali che arricchiscono il percorso formativo. E dal master si può arrivare fino al doppio titolo di laurea, con percorsi di studio che, allineati a quelli italiani sia nei contenuti che nella qualità, consentono di creare una classe di laureati locali, ma con le competenze tipiche del laureato italiano, il che costituisce potenzialmente un bacino molto interessante per le imprese italiane che operano oltre confine, che necessitano di giovani con ottime competenze, ma che siano radicati nella realtà locale. Sono iniziative che richiedono molto impegno, nelle quali UniGe sta investendo molto, contando anche sulla collaborazione delle imprese genovesi già in essere e su quelle che si stanno sviluppando intorno a queste iniziative di internazionalizzazione.●
Paola Dameri è Prorettrice all’Internazionalizzazione dell’Università di Genova
di Riccardo Palumbo
Dare valore ai valori
Le metriche nascoste del successo organizzativo.
“C’è un prima e un dopo il Covid 19. Nel dopo, quando intervistiamo un candidato per un colloquio di selezione, abbiamo la netta sensazione di essere noi a essere valutati”.
“Disponiamo di tecnologie rivoluzionarie per l’analisi dei dati basate sull’AI. Disponiamo di una montagna di dati. Nel concreto non riusciamo a unire le due cose”.
“Abbiamo un turnover piuttosto elevato. Facciamo le exit interview ai collaboratori che danno dimissioni volontarie. Vorremmo capire le vere ragioni per le quali le persone decidono di andar via da questa azienda”. Le citazioni appena riportate sono estratte da una serie di interviste svolte nel corso del 2024 con responsabili delle risorse umane di medie-grandi imprese nell’ambito di una indagine sullo smart working e le modifiche del mercato del lavoro.
Queste testimonianze evidenziano un cambiamento sostanziale nei rapporti di forza tra datore di lavoro e lavoratore, particolarmente evidente per specifiche professionalità e fasce d’età. Tale evoluzione richiede un’attenzione crescente allo sviluppo di “people proposition” capaci di intercettare e soddisfare i bisogni dei collaboratori, che si configurano sempre più come veri e propri clienti interni delle organizzazioni.
Decisioni razionali richiedono informazioni adeguate e processi di apprendimento basati sul feedback. Richiedono un sistema che misuri periodicamente le dimensioni che contano.
Come scrisse William Bruce Cameron nel 1963, “Not everything that can be counted counts, and not everything that counts can be counted” - una riflessione ancora attuale nel dibattito manageriale. Tradizionalmente, le imprese si concentrano su KPI direttamente collegati ai loro obiettivi finali: ricavi e redditività. Tuttavia, questi indicatori rappresentano l’ultimo anello di una lunga catena di relazioni causa-effetto. Gli esperti cercano di risalire questa catena per identificare e monitorare cause rilevanti e misurabili. L’intervento precoce nella sequenza di eventi concatenati amplifica l’impatto sugli effetti successivi. Ad esempio, l’istituto Gallup dagli anni ‘90 misura l’engagement dei dipendenti attraverso una survey di 12 domande, utilizzata da imprese di varie dimensioni e settori in tutto il mondo. I dati del 2024 rivelano che solo il 23% dei dipendenti a livello mondiale rientra nella categoria degli “engaged”. Tuttavia, la misurazione dell’engagement, pur rappresentando un avanzamento rispetto ai tradizionali indicatori finanziari, non appare sufficiente. È necessario risalire la catena causale fino a identificare driver controllabili. In caso contrario, si rischia di adottare quello che potremmo definire “approccio del termometro”: si rileva il sintomo (la febbre) senza comprendere e poter agire sulle cause sottostanti.
L’esperienza sul campo lo conferma: quando chiediamo ai manager come hanno utilizzato i risultati delle loro indagini sull’engagement o sul clima aziendale, le risposte rivelano spesso una difficoltà nel tradurre i dati in azioni concrete. Non sorprende quindi che i dipendenti mostrino scarso entusiasmo verso questi sondaggi
quando non vedono cambiamenti tangibili dopo la loro partecipazione.
La ricerca condotta da economisti, psicologi, sociologi e altri studiosi del comportamento umano in ambienti organizzati ha permesso di identificare ulteriori fattori che precedono l’engagement, la job satisfaction, la produttività e l’employer branding. Risalendo la catena causale, troviamo la fiducia, il senso di inclusione e il benessere delle persone. Un ulteriore passo ci conduce al mondo dei valori individuali che, quando allineati con i comportamenti organizzativi, si trasformano in autentici valori aziendali.
I valori individuali sono un potente driver del comportamento umano. In quanto animali sociali, tendiamo a identificarci con specifiche categorie sociali e a sviluppare atteggiamenti più positivi verso i membri del nostro gruppo rispetto agli out-group. Questa tendenza all’identificazione si rafforza quanto più condividiamo i valori del gruppo, portando a un maggiore senso di appartenenza e a una più forte predisposizione verso relazioni positive, sia tra collaboratori che nei confronti dell’organizzazione.
La ricerca svolta in Umana-Analytics, uno spin-off del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di ChietiPescara, ha dimostrato la possibilità di misurare in modo affidabile l’allineamento valoriale nelle organizzazioni. Questo indice valuta quanto la percezione di coerenza tra valori e comportamenti organizzativi cresca all’aumentare dell’importanza attribuita ai valori stessi. L’allineamento valoriale si configura come un antecedente logico della fiducia, del benessere e dell’inclusione, influenzando conseguentemente le variabili a valle del processo fino ai KPI finanziari.
I risultati di queste analisi offrono tre importanti opportunità per le organizzazioni: primo, l’analisi dell’allineamento valoriale con approccio bottom-up rivela i pilastri dell’identità valoriale dell’impresa, che può differire dalla carta dei valori definita top-down. Questa conoscenza risulta preziosa nei processi di selezione per individuare candidati naturalmente allineati ai valori aziendali.
Secondo, l’analisi identifica i valori disallineati - quelli giudicati contemporaneamente molto importanti ma non sufficientemente rispecchiati nei comportamenti organizzativi - suggerendo aree prioritarie di intervento che possono innescare un effetto domino positivo sugli altri indicatori.
Terzo, attraverso l’analisi qualitativa è possibile identificare comportamenti concreti su cui l’organizzazione può impegnarsi per migliorare l’integrità percepita dai collaboratori e, conseguentemente, l’allineamento valoriale. Questo fornisce alle organizzazioni driver azionabili per il miglioramento continuo.
In un contesto di mercato sempre più complesso e competitivo, dare valore ai valori e misurare ciò che davvero conta non è più solo una scelta etica, ma una effettiva necessità strategica.
Riccardo Palumbo è Professore Ordinario di Economia comportamentale per le Aziende e Neuroeconomia all’Università di Chieti-Pescara e Responsabile scientifico di Umana-Analytics
di Oreste Bazzichi
Sana
Il confronto tra persone differenti porta a misurare continuamente i propri limiti e i propri punti di forza. È una situazione che può spingere a crescere e a migliorare, ma non bisogna perdere di vista lealtà e correttezza.
Diceva il saggio biblico Qohelet: “Non c’è niente di nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui si possa dire: “Ecco questa è una novità?” Proprio questa è già avvenuta nei secoli che ci hanno preceduto” (Qo, 9-10). Da tempo immemorabile l’impresa è la forma più tipica per esplicare la produzione organizzata di beni e servizi. Essa è lo strumento attraverso il quale l’uomo trasforma, produce e scambia; e in questo senso è il centro motore dello sviluppo, della crescita e del benessere. La connotazione d’impresa percorre perciò orizzontalmente tutti i settori produttivi: agricoltura, industria, terziario; ne attraversa verticalmente la piramide dimensionale, dalle forme monocellulari o familiari o artigianali ai medi e grandi complessi aziendali, alle società multinazionali. Ma essa affonda pur sempre le sue radici nell’uomo; in quell’uomo che assume per sé il rischio dell’intrapresa economico-sociale e la selezione inesorabile del mercato; nell’uomo che non solo inventa, crea e organizza in mezzi di produzione, ma che associa altri uomini all’iniziativa, contraendo così una specifica responsabilità
economica, sociale e morale; nell’uomo soggetto di libertà, di vita sociale e attività politica; nell’uomo che cerca nell’impresa di migliorare nel corso dei secoli le proprie condizioni di vita e di crescita culturale e civile.
Da un punto di vista filosofico, dunque, dire impresa significa partire da un’idea - un’invenzione, o semplicemente un’intuizione - attorno alla quale l’imprenditore investe risorse, con la speranza di creare nuova ricchezza. Le idee su come fornire nuovi beni e servizi sono potenzialmente infinite, ma hanno bisogno di essere organizzate, dando vita a una nuova azienda, che sia capace di fornire beni e servizi e che sia in grado di cambiare con il mutare dei tempi, delle tecnologie, delle condizioni socio-politiche e delle abitudini delle persone.
Il modo di concepire, quindi, l’intraprendere è simile al mondo magico delle fiabe, abbastanza semplice perché un bambino possa guadarne il sistema fantasioso dai prodotti, ma profondo abbastanza perché un adulto ne veda e ne apprezzi l’utilità sociale. Un’impresa deve essere multiforme
come i beni e servizi che devono essere forniti, e deve essere in grado di cambiare con il mutare dei tempi, delle conoscenze, delle tecnologie, delle condizioni politiche e delle abitudini morali. Ma il suo raggio d’azione non è infinito, perché soggiace a sistemi politico-culturali in cui essa non può sopravvivere e in altri in cui può aver successo. L’impresa sana si sviluppa all’interno di un modello macroeconomico di economia aperta, che provvede alla definizione e analisi delle relazioni tra i grandi aggregati, rilevando le caratteristiche dello stato di equilibrio. Questo consente all’impresa di fondare la propria attività sul bene comune tanto sociale quanto economico ed ecologico. Mentre l’economia politica mira al bene totale, occupandosi dei metodi con cui l’uomo usa razionalmente poche risorse per soddisfare molte esigenze, la politica economica riguarda ciò che fa lo Stato per assicurare benessere alla popolazione. La sfida vera non è la “decrescita felice”, ma il “dépense”; non la demonizzazione del mercato, ma la sua umanizzazione. Difatti, l’impresa oggi vive e cresce all’interno di un modello che spesso rappresenta il suo modo di esistere. Il modello richiede di aumentare incessantemente la quantità di prodotto per poter diminuire i costi dello stesso attraverso meccanizzazione ed economia di scala; richiede per poter dare lavoro a tutti, di aumentare la produzione creando consumo inutile, ossia “scarto” L’imprenditore vive all’interno di un modello necessitato al “gigantismo” per servire l’economia di scala, vive all’interno di un modello economico che, nella situazione di “crescita zero”, ha bisogno di eliminare le imprese “più deboli” attraverso una competizione sfrenata e deleteria. Da sempre l’uomo vorrebbe vincere in ogni contesto: da quello sportivo ed economico a quello professionale e sentimentale. È un istinto primitivo che una continua competizione in tutti i campi, oltre a creare costanti conflitti e molti più vinti che vincitori, ha costretto l’uomo post-moderno a rifugiarsi, come palliativo, in essa. E questa è la competizione nel suo significato più negativo. Se, invece, ha il volto sportivo, semplice, dimesso, simpatico, della naturale propensione al confronto, ad un gioco a cui tutti partecipano nel rispetto e nell’intima convinzione di uscirne vantaggiosamente ricompensati, in termini emotivi, finanziari, sentimentali; un gioco in cui tutti credono di poter vincere, anzi si ritengono tutti in diritto di vincere; un gioco stimolante, avvincente, motore della cultura, dell’economia e della società: questo è certamente il significato positivo della competizione, anche se non sfugge l’esigenza di sottrarsi al vuoto dell’anonimato e dell’insignificanza. In compenso, la competizione sarebbe accettabile e sostenibile solo in un quadro generale in cui i valori fondamentali siano sostenibili e rispettati. Valori come il rispetto, la dignità, l’accesso ai bisogni primari, l’istruzione, il sostentamento. In assenza di tutto questo la competizione è solo il gioco dei forti e dei ricchi che hanno bisogno di ingenui giocatori da aggiungere al tavolo verde della vita per poter raggiungere i propri scopi. In mancanza dei valori fondamentali, la competizione, intesa anche solo come gara, è espressione della volontà di dominio, del narcisismo, della vanità, della voglia di benessere e di sfuggire alla noia. In qualche modo essa distrugge o attenua la fiducia, la stima, il rispetto reciproco, e spegne ogni desiderio di autentica convivenza sociale, già di per sé
difficile per il tessuto sociale molto segmentato e variegato. Il confronto tra persone differenti porta, inevitabilmente, a misurare continuamente i propri limiti e i propri punti di forza. Accade a scuola e accade, ogni giorno, anche al lavoro, negli uffici e nelle fabbriche. Si tratta di una situazione che può portare grandi giovamenti: una sana competizione può spingere, infatti, a crescere e migliorare, ma occorre non perdere di vista l’obiettivo finale che è quello di confrontarsi con lealtà e correttezza.
La crisi attuale, più ancora di quelle del passato, ha svelato il ruolo sociale insostituibile dell’imprenditore che, per uscirne, deve far sì, per prima cosa, che la sua impresa generi profitto e riduca gli sprechi produttivi. Ma profitto per una creatività che punti ad affrontare le sfide dello sviluppo, del mercato e della globalizzazione. Questi sono i primi obiettivi dell’economia e dell’impresa sana che vuole vivere per lunghi anni in un mondo sostenibile. E sono proprio queste le imprese, per definizione, il luogo dell’innovazione e il fattore trainante della ricchezza, non solo materiale, ma anche culturale e civile. Fare impresa, infatti, impone la costruzione di una unità organica tra le persone, una tensione ideale e morale indispensabile per affrontare le sfide dello sviluppo, del mercato e della globalizzazione.
Lo stesso statuto dell’impresa moderna, infatti, contiene nella sua stessa impostazione tutti i valori che abitualmente chiamiamo “etici”, ma non sono altro che le necessità ontologiche che garantiscono la costruzione e la vita produttiva socio-economica.
Il suo raggio d’azione però non è infinito; ci sono infatti culture in cui essa non può sopravvivere e altre in cui non può avere successo, come per esempio in regimi collettivisti, statalisti e antiliberali.
Come si vede, il discorso dal terreno filosofico si sposta a quello politico-sociale. Solo nelle democrazie le imprese possono perseguire una positiva libertà d’operare, anche se talvolta gli interventi legislativi e gli eccessivi controlli burocratici ne ostacolano o ne limitano l’azione. Quindi, impresa e lavoro sono legati non solo per creare e assicurare la semplice sopravvivenza, ma anche per far crescere e gestire dinamicamente il mondo. Non ci può essere, da una parte, l’uomo imprenditore con le idee e l’efficienza e, dall’altra, l’uomo che subisce semplicemente la “fatica” del lavoro per mantenersi in vita. Gli individui sanno di essere unici, completamente diversi gli uni dagli altri; hanno ambizioni, energie, forze morali, abilità uniche. L’unicità, e non l’uniformità, è il tratto distintivo dell’uomo. Perciò l’uguaglianza intesa come uniformità può essere socialmente e politicamente imposta; e come tale è contro l’uomo. Mentre l’uguaglianza come unicità (e non omologazione), che richiede uguale rispetto proprio per ciò che negli individui è disuguale (non uniforme), porta al senso di relazione e, nell’impresa, a diventare luogo di personalizzazione, con tutto quanto ciò implica in termini di sviluppo della responsabilità e del rispetto reciproco; e anche come visione della persona, che ha bisogno dell’avere per sopravvivere e svilupparsi, ma il cui essere e il cui essere di più travalicano infinitamente oltre l’avere.●
Oreste Bazzichi è docente di Filosofia sociale ed Etica economica alla Pontificia Facoltà Teologica S. Bonaventura-Seraphicum di Roma
Diffondere la cultura della prevenzione e della sicurezza attraverso il potere delle storie.
Sono da sempre convinto che le storie, se ben raccontate, abbiano un potere eccezionale, quello di rimanere ancorate nella nostra mente e di lasciare una traccia profonda, capace di influenzare le nostre decisioni e di guidare i nostri comportamenti. Tante volte mi sono ritrovato ad ascoltare affascinato storie di ogni tipo - dalle piccole esperienze di vita quotidiana ai casi più noti di cronaca, dalle fiabe ai racconti mitologici o filosofici - stupito di quanta verità e profondità potesse celarsi dietro a quei racconti. Per questo, quando - a distanza di dieci anni dalla pubblicazione de “Il libro che ti salva la vita” - ho scelto di scrivere un secondo libro con l’obiettivo di divulgare conoscenze e contenuti utili ad accrescere la cultura della prevenzione sul lavoro e nella società, non ho avuto dubbi: l’avrei costruito non in maniera lineare, come ci si potrebbe aspettare da un testo di questa natura, ma come un’alternanza di riflessioni, strumenti pratici e tante, tante storie. E così in “Safeness” - è questo il titolo del mio ultimo lavoro - i contenuti formativi, frutto di dieci anni di studio e riflessioni sulla tematica che mi sta più a cuore, la sicurezza, si intrecciano a quelli narrativi, così da guidare il lettore lungo un percorso motivazionale che lo aiuta a mettere in campo comportamenti virtuosi, capaci di influenzare il proprio contesto familiare e professionale. Di seguito è riportato uno dei capitoli del libro, quello in cui racconto la volta in cui Niki Lauda - uno dei più straordinari piloti di Formula Uno di tutti i tempi - ebbe il coraggio
di avere paura. Se questa storia vi piacerà, non esitate a condividerla e ad andare a scoprire anche tutti gli altri contenuti del libro “Safeness”(edito da EPC Editore), impreziosito dalla postfazione di Alessandro Puliti, amministratore delegato di Saipem. •••
Niki Lauda - Il coraggio di avere paura
“Nella vita ci sono cose più importanti di un Campionato Mondiale: vivere, per esempio”
Niki Lauda è senza dubbio uno dei protagonisti della storia della Formula Uno. Per me, il momento chiave della sua carriera coincide con il giorno in cui ebbe il coraggio di dire no. Si ritirò al secondo giro e rinunciò al titolo mondiale. E lo fece in nome della sicurezza. La maggior parte dei piloti non era convinta di correre ma alla fine cedette agli sponsor, alle televisioni e ai contratti. Lui non si piegò, non rinunciò ai suoi valori. Lo fece con un gesto tanto eclatante quanto sincero, senza paura di essere percepito come debole, vulnerabile o non all’altezza. “È troppo pericoloso”, disse scendendo dalla macchina. Perse un titolo, vinse molto di più. Ma facciamo un passo indietro e raccontiamo la storia dall’inizio.
Era il 1º agosto del 1976, una domenica. Andreas Nikolaus Lauda, detto Niki, si preparava a correre il Gran Premio di
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio
di Davide Scotti
Formula Uno in Germania, nel circuito di Nürburgring. Gli appassionati di motori lo chiamano semplicemente il Ring, l’Anello: una pista lunga e pericolosissima che si snoda in mezzo ai boschi, fatta di 22,8 chilometri di saliscendi, cambi di pendenza e curve insidiosissime, tutte diverse una dall’altra, che gli avevano valso il terribile soprannome di “Inferno verde”
Nonostante il tracciato fosse stato recentemente ammodernato, solo quell’anno vi erano già morti tre piloti e l’omologazione per corrervi scadeva proprio alla fine del 1976. Quel giorno, Niki non se la sentiva di correre e, durante la consueta riunione fra piloti prima della gara, si era espresso con decisione per l’annullamento della corsa: la forte pioggia aveva reso la pista scivolosa e, su un circuito già di per sé estremamente pericoloso, questo rappresentava per lui un rischio inaccettabile.
In un periodo in cui gareggiare in Formula 1 significava rischiare la vita ad ogni corsa, Niki si era dato, infatti, la regola del “rischio calcolato”. Sapeva bene che la sua professione comportava un rischio, e lo accettava; ma questo rischio non doveva mai superare la soglia che lui aveva stabilito come ragionevole, accettabile.
Un concetto rivoluzionario per un’epoca in cui prevaleva l’idea che i piloti fossero una sorta di eroi guerrieri, disposti a morire in pista per la gloria e il successo - un po’ come il suo amico e storico rivale James Hunt, il classico pilota
genio e sregolatezza, amante delle donne, delle feste, dell’alcol, sprezzante del pericolo.
Niki, al contrario, evitava gli eccessi e curava con attenzione la sua forma fisica e si faceva anche seguire da un preparatore atletico, pratica abituale per i piloti di oggi ma del tutto inusuale all’epoca. Da molti era considerato freddo, calcolatore, al punto da essere soprannominato “il computer ”. Ma forse, dietro l’apparente freddezza e rigore si nascondeva semplicemente una profonda consapevolezza dei rischi e la volontà di vivere la sua passione senza rinunciare a tornare a casa sano e salvo. A casa, dove lo aspettava Marlene, la donna che aveva sposato solo qualche mese prima e che, come tante altre mogli di piloti professionisti, aveva accettato di stargli accanto pur sapendo quanto pericoloso fosse quel mestiere.
Purtroppo, quando quel giorno Niki chiese di cancellare la gara, la sua proposta non fu accettata dalla maggior parte dei piloti, che votarono per correre. Fu così che, forse perché in quel momento era in testa al campionato ed era determinato a difendere il titolo vinto l’anno prima, forse perché sentiva troppo forte la pressione degli sponsor, della scuderia, dei colleghi, Niki decise, in deroga alla regola del rischio calcolato, di disputare il Gran Premio di Germania. Non sapeva che questa decisione avrebbe segnato profondamente la sua vita e quella della sua famiglia.
Al terzo giro, infatti - subito dopo aver cambiato le gomme
da pioggia, rivelatesi poco efficaci, con quelle da asciuttolo schianto: per una serie di concause, all’uscita di una curva perse il controllo della Ferrari, che andò a sbattere contro una roccia a lato del tracciato e rimbalzò al centro della pista, prendendo immediatamente fuoco.
Niki rimase a lungo intrappolato nel rogo della sua auto in fiamme. Non c’erano commissari di gara nei paraggi; furono alcuni coraggiosi colleghi che si fermarono per soccorrerlo, cercando di spegnere il fuoco con l’estintore, e che alla fine, con grande fatica, riuscirono ad estrarlo ancora vivo dall’abitacolo. Le sue condizioni erano più che disperate: non solo il suo volto era stato sfigurato dalle fiamme - il casco era saltato nell’impatto - ma soprattutto aveva inalato i fumi tossici della benzina, che gli avevano avvelenato i polmoni. Mentre veniva trasportato d’urgenza in ospedale, sulla pista la corsa non si fermò - come se nulla fosse successo - e la vittoria fu conquistata da James Hunt.
Per giorni Niki lottò tra la vita e la morte. La situazione era talmente grave che tutti lo davano per spacciato: mentre la Ferrari si era già mossa per cercare un sostituto, un prete gli somministrò l’estrema unzione. E invece, contro ogni pronostico, si risvegliò. Era privo di un orecchio, con il volto deturpato, i reni e i polmoni danneggiati, ma era vivo.
Grazie alla sua incredibile forza fisica e mentale, si sottopose con dedizione alle cure dei medici e in tempi record riuscì a ristabilirsi. Voleva dimostrare, a sé stesso e al mondo, che anche dopo quel terribile incidente poteva tornare a essere il numero uno.
Dopo soli 42 giorni, e sebbene le gravi ferite non si fossero ancora rimarginate, ottenne dai medici il permesso di tornare in pista. Nell’incredulità generale, si presentò a Monza e partecipò al Gran Premio d’Italia, conquistando un miracoloso quarto posto, che lo teneva ancora in corsa per il mondiale.
circuito del Fuji: nuvole basse, nebbia, rivoli di pioggia ovunque rendevano impraticabile la pista.
Prima della partenza ci furono molte discussioni: la commissione piloti si dichiarò contraria allo svolgimento della prova e venne valutato di rimandare o annullare la gara, chiudendo il campionato in anticipo. Alla fine, però, ancora una volta gli impegni con gli sponsor, televisioni e il pubblico pagante ebbero la meglio.
Fu ritardata la partenza di un paio d’ore, poi si decise di partire, cercando almeno di percorrere la metà dei giri previsti. Al via, James Hunt passò subito al comando. Lauda, in netta difficoltà, chiuse il primo giro al decimo posto; poi, senza pensarci due volte, rientrò improvvisamente ai box e scese dalla sua Ferrari. “Non sono disposto a continuare, perché è una follia. Nella vita ci sono cose più importanti di un Campionato Mondiale: vivere, per esempio” disse.
Fu un’impresa a dir poco epica: le ferite sul suo volto non si erano ancora del tutto rimarginate e, oltre al dolore causato dalla pressione del casco, le lunghe bende che gli incorniciavano il viso gli ostacolavano la visibilità. La sua determinazione e il suo coraggio lo fecero entrare nella storia e nei cuori dei tifosi della Ferrari: durante la sua pur breve assenza la McLaren di James Hunt aveva recuperato parecchi punti ma, grazie a questo sforzo immane, la vittoria del titolo mondiale era ancora alla sua portata.
Quello storico campionato, immortalato sugli schermi dal bellissimo film “Rush” di Ron Howard, tenne tutti gli appassionati col fiato sospeso fino all’ultima gara.
Era il 24 ottobre 1976, e Niki Lauda si presentava al Gran Premio di Giappone sul circuito con soli tre punti di vantaggio su James Hunt. Esattamente come in Germania poco meno di tre mesi prima, un forte temporale si scatenò sul
Il team Ferrari gli propose di dare la colpa a un problema elettrico, ma Niki non esitò ad ammettere pubblicamente la verità, dichiarando nel dopo gara che la sua era stata una scelta volontaria, di cui si prendeva la piena responsabilità. Quell’uomo che, tornando a correre a Monza, aveva dimostrato al mondo di avere un coraggio e una determinazione eccezionali, in questo caso diede prova di un coraggio ancora più grande: il coraggio di avere paura.
Fu così che Niki Lauda, il campione del mondo in carica, abbandonò la corsa più importante, quella che avrebbe potuto confermare il suo titolo, lasciando trionfare il suo rivale. Alla fine, infatti, a vincere il campionato del 1976 fu James Hunt, e per un solo punto.
La scelta di ritirarsi fu criticata da molti, ma suscitò anche grande ammirazione. Lo stesso James Hunt disse: “La decisione di Niki fu la più coraggiosa. Nessuno di noi ebbe il coraggio di smettere di gareggiare in circostanze così ridicole”. Anche se Lauda negò che la sua decisione avesse a che fare con l’incidente vissuto solo qualche mese prima, è difficile pensare che il ricordo di quei lunghi secondi in cui era rimasto prigioniero delle lamiere infuocate non abbia influito sulla sua decisione: un’esperienza del genere porta inevitabilmente a percepire come estremamente vicino e probabile il rischio di morire e spinge a rimettere in discussione le proprie priorità.
Certo, nessuno conosce davvero quello che passò per la mente di Niki sotto il diluvio del Fuji, ma resta il fatto che il suo gesto di salvaguardia della propria vita, a scapito del titolo mondiale, ha avuto un enorme significato e ha senza dubbio posto le basi per un significativo miglioramento della tutela della sicurezza dei piloti. Se, oggi, la Formula Uno è uno degli sport con le migliori misure di protezione al mondo, il merito è di grandi piloti, e grandi uomini, come Niki Lauda.●
Oltre al grafene, BeDimensional produce materiali 2D con eccezionali proprietà termiche, meccaniche ed elettriche, destinati a settori chiave dell’industria, dal tessile alla produzione di batterie elettriche di nuova generazione.
Due dimensioni, molteplici usi
di Andrea Gamucci
Stefano Peroncini
Vittorio Pellegrini
Nata come spin-off dei Graphene Labs dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), BeDimensional si sta affermando come una delle realtà industriali più innovative nel settore dei materiali avanzati. L’azienda ha infatti portato al livello industriale un processo in parte brevettato e in parte oggetto di privativa industriale per produrre cristalli di grafene e nitruro di boro esagonale caratterizzati da uno spessore di solo pochi atomi (da qui la connotazione di “materiali bidimensionali o 2D”) e da una elevata purezza, destinati a rivoluzionare il settore manifatturiero. Essendo biocompatibili e biodegradabili, questi nuovi materiali accelerano la corsa verso un futuro altamente tecnologico e sostenibile. Nello scorso ottobre, l’azienda ha inaugurato presso la propria sede di Genova il primo impianto al mondo capace di produrre, oltre al grafene, il nitruro di boro 2D: un materiale bidimensionale simile al grafene ma con proprietà elettriche ed estetiche complementari. Attualmente, BeDimensional ha una capacità produttiva di 3,5 tonnellate annue di materiali bidimensionali, che grazie alle proprie eccezionali proprietà termiche, meccaniche ed elettriche stanno entrando sul mercato in settori chiave dell’industria, tra cui: tessile, pelle, vernici funzionali, batterie elettriche di nuova generazione e lubrificanti ad alta efficienza. Nel settore dei tessili tecnici, per esempio, è stata sviluppata e commercializzata insieme al partner Windtex, azienda leader nel campo, una membrana accoppiabile traspirante con una innovativa capacità di termoregolare e gestire il calore corporeo adattandosi alle condizioni ambientali. Anche l’industria del fashion e della pelle sta apprezzando il nuovo comfort termico di cui beneficia la pelle (per esempio per sneakers o indumenti di alta gamma) trattata con soluzioni a base di nitruro di boro 2D (h-BN), mentre il grafene permette a vernici per uso domestico o industriale di diventare dei generatori di calore che aumentano la percezione di benessere diventando elementi complementari o alternativi agli elementi riscaldanti standard. Inoltre, il grafene di BeDimensional ha dimostrato di avere la capacità di rivoluzionare il mondo delle batterie a ioni di litio di nuova generazione, migliorandone le prestazioni degli anodi al silicio con l’aumento delle capacità di immagazzinare energia, oltre che migliorare la “fuel efficiency” (cioè l’efficienza con cui un sistema, come un motore o un veicolo, utilizza il carburante per generare energia o movimento) e il conseguente abbattimento di emissioni di olii motore che diventano, grazie a
esso, più performanti nelle proprietà lubrificanti. Oltre a migliorare le prestazioni dei materiali, quindi, grafene e hBN giocano un ruolo cruciale nella transizione ecologica, grazie alla loro capacità di sostituire materie prime critiche e ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi. In aggiunta alle attività più mature commercialmente, BeDimensional è molto attiva a livello strategico e ha siglato partnership con aziende multinazionali che, partendo da una prossimità territoriale, espandono gli orizzonti sia commerciali che di valore prospettico. È questo il caso rappresentato da un recente accordo con Ansaldo Green Tech, eccellenza genovese, con l’obiettivo di sviluppare nuove tecnologie per rendere economicamente sostenibile la produzione di idrogeno verde. Integrando i suoi cristalli bidimensionali nelle celle elettrolitiche, l’azienda punta a migliorarne l’efficienza elettrica e termica, riducendo così il consumo energetico richiesto per l’elettrolisi dell’acqua. Questo progetto pilota, legato al testing dei materiali con un orizzonte limitato ad alcuni mesi, potrebbe conseguentemente aprire la strada alla produzione industriale di nuove celle elettrolitiche ad alte prestazioni.
A dimostrazione del valore strategico della sua tecnologia, BeDimensional ha ottenuto un finanziamento di 20 milioni di euro dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), destinato a sostenere l’espansione e l’industrializzazione su larga scala. La roadmap condivisa dalla società ambisce infatti a incrementare di dieci volte in un arco temporale di circa 2 anni la propria capacità produttiva di entrambi i materiali bidimensionali, abbattendone i costi di produzione e mantenendo la loro qualità eccezionale. L’accreditamento nella filiera e la disponibilità su grandi volumi dei prodotti sono infatti prerequisiti fondamentali per il cammino di crescita e attestazione industriale e commerciale della società.
La dotazione della BEI si aggiunge agli oltre 30 milioni di euro di investimenti raccolti dal 2018 grazie al supporto di partner strategici come Eureka! Venture SGR, CDP Venture Capital, Eni Next, Novacapital e Pellan Italia.
Stefano Peroncini, CEO di Eureka! Venture SGR, sottolinea l’importanza di questo investimento: «BeDimensional rappresenta un esempio eccellente di compimento trasferimento tecnologico per la crescita del tessuto industriale del nostro Paese. Il nostro supporto, insieme a quello degli altri investitori finanziari, mira a consolidare la leadership dell’azienda nei settori di attività e a favorire la crescita di un ecosistema DeepTech avanzato in Italia».
Vittorio Pellegrini, CEO di BeDimensional sottolinea che «l’innovazione industriale sviluppata da BeDimensional rappresenta un passo importante nella costruzione di un ecosistema tecnologico solido. L’azienda, infatti, continua a generare know-how avanzato sia in termini di ingegneria di processo, sia a livello di sviluppo applicativo dei propri materiali in settori industriali sempre nuovi che possano beneficiare delle loro prestazioni. Inoltre, partecipando attivamente a progetti europei e a network internazionali, BeDimensional intende rafforzare il ruolo dell’Italia come polo di eccellenza nel settore dei materiali avanzati». BeDimensional si pone così come un attore chiave nell’industria dei materiali avanzati, con l’obiettivo di contribuire alla creazione di un futuro più sostenibile e tecnologicamente avanzato.●
Un ponte tra ricerca e mercato per l’innovazione in Liguria.
Il
29 gennaio si è tenuto presso l’Acquario di Genova il RAISE up Pitch Day, l’evento conclusivo della prima edizione del programma di mentorship RAISE up. Un appuntamento che ha sancito la fine di un percorso di sei mesi in cui giovani talenti hanno potuto affinare le proprie soluzioni tecnologiche grazie al supporto di esperti del settore. Organizzato dall’Istituto Italiano di Tecnologia - coordinatore di Spoke 5 del progetto RAISE (Robotics and AI for Socio-economic Empowerment) - con il supporto di PwC Italia e I3P Incubatore del Politecnico di Torino, RAISE up si è rivelato un acceleratore strategico per il trasferimento tecnologico. Il programma ha favorito la trasformazione di idee innovative in soluzioni di mercato, contribuendo a consolidare un ecosistema di innovazione focalizzato sull’intelligenza artificiale e sulla robotica nella Regione Liguria. Uno degli obiettivi chiave del programma è incrementare la capacità delle soluzioni innovative di generare un impatto sostenibile e positivo su ambiente, società e mercato. Attraverso il supporto di mentor e il coinvolgimento di aziende e investitori, RAISE up mira a rendere la tecnologia un motore di sviluppo responsabile e inclusivo.
La chiusura della prima edizione.
La giornata si è aperta con i saluti di Andrea Pagnin, coordinatore dello Spoke 5 di RAISE, e Cristina Battaglia, Program Manager di RAISE. Sono intervenuti anche rappresentanti delle istituzioni, tra cui Laura Gaggero, consigliere delegato all’innovazione e Cyber security, e Alessio Piana, consigliere delegato allo Sviluppo Economico. Il valore dell’iniziativa per l’integrazione tra ricerca e impresa è stato evidenziato da Andrea Manchelli, Partner di PwC Italia. Un momento particolarmente ispirante è stato l’intervento di Luca Rossettini, CEO di D-Orbit, azienda leader nei servizi di logistica e trasporto spaziale, che ha condiviso la sua esperienza imprenditoriale con i giovani innovatori presenti. I dodici team di innovatori, moderati da Miriam Molinari -
Project Manager di Spoke 5 e coordinatrice di RAISE uphanno quindi presentato le loro soluzioni tecnologiche a una giuria di esperti, proponendo idee per quattro ambiti chiave:
- Tecnologie inclusive per l’esperienza urbana
- Tecnologie intelligenti per la sanità del futuro
- Ecorobotica per l’ambiente
- Robotica e AI per porti e industria marittima
L’iniziativa ha coinvolto oltre 280 soggetti nella community, supportato 12 soluzioni innovative e coinvolto più di 150 tra aziende e fondi di venture capital, dimostrando il forte impatto del programma nel tessuto economico e innovativo del territorio.
L’evento si è concluso con un aperitivo nella suggestiva Sala degli Squali, offrendo ai partecipanti un’opportunità di networking e confronto.
Verso la seconda edizione: il futuro dell’innovazione in Liguria.
Dopo il successo della prima edizione, RAISE up tornerà a marzo 2025 con una nuova edizione ancora più ambiziosa. Anche nella prossima edizione saranno organizzati eventi chiave che permetteranno agli innovatori di confrontarsi con il mercato e gli investitori. Il programma continuerà a coinvolgere fondi di venture capital, aziende e istituzioni pubbliche, creando una community sempre più solida e collaborativa.
L’obiettivo è valorizzare le tecnologie sviluppate dai giovani innovatori e favorirne l’applicazione nel mercato, consolidando la Liguria come un polo di riferimento per l’innovazione tecnologica, sempre con un occhio attento alla sostenibilità e all’impatto sociale positivo.
Invitiamo tutti i soggetti dell’ecosistema dell’innovazione a partecipare alla prossima edizione di RAISE up. Per informazioni e per entrare a far parte della Community, è possibile visitare la pagina: www.raiseliguria.it/raise-up.●
di Gloria Rolland
Fine ART
Ad oggi, l’80% delle collezioni d’arte private non è protetto. Il settore richiede ad assicuratori e broker delle caratteristiche uniche, che vanno oltre la semplice polizza.
Ognuno ha la propria definizione di arte, benché destinata a mutare secondo i gusti e le circostanze del momento. Per i romani, l’arte aveva a che fare con la produzione di cose che in natura non si trovano. Oggetti unici, capaci di raccontare una storia e di suscitare emozioni, la cui domanda ha creato un settore che non ha mai smesso di espandersi (sebbene i mercanti d’arte esistessero già, la struttura contemporanea basata sul sistema delle gallerie private nasce in Francia alla fine dell’Ottocento): secondo l’ultimo report di Art Basel e UBS, il mercato dell’arte globale ha visto nel 2023 vendite per un valore di 65 miliardi di dollari. Ecco perché l’assicurazione Fine art rappresenta un settore di nicchia cruciale, che collega l’arte alla finanza: non si tratta solo di protezione economica, ma anche di salvaguardia del patrimonio culturale. Stock professionali, collezioni private, mostre temporanee e patrimonio nazionale costituiscono il cuore di questo segmento assicurativo. Con un valore complessivo in costante crescita - alimentato anche da aste record - la necessità di protezione si fa sempre più pressante. Le capacità disponibili nel mercato assicurativo sono ampie: 4 miliardi di dollari, di cui 75% provenienti dal solo mercato londinese. Grazie all’estrema cura con cui vengono trattati gli oggetti assicurati, la sinistralità rimane contenuta con una media del 20% di loss ratio. Assicuratori specializzati come Axa XL, Hiscox, Liberty, Chubb e il mercato del Lloyd’s dominano il settore, offrendo coperture su misura negoziate da broker specializzati.
Cosa s’intende per Fine Art?
Parliamo di dipinti, sculture, fotografie, design, manoscritti, vini, strumenti musicali, ma anche orologi, gioielli e altri beni di lusso che compongono una collezione. Insomma, beni rari e spesso unici che richiedono un trattamento specifico. L’assicurazione non si limita a coprire il furto: con polizze a formula all risks, protegge anche contro rischi meno evidenti, come quelli legati a trasporto, esposizione in mostre pubbliche, terrorismo, catastrofi naturali (ad esempio, gli incendi che hanno recentemente devastato la California) e rischi indiretti come litigi legati al titolo di proprietà.
Quando assicurare la propria collezione?
È fondamentale considerare un’assicurazione quando un’oggetto viene acquisito, trasferito o esposto. Non c’è un capitale minimo per pensarci: si possono coprire da pochi oggetti fino a collezioni intere ripartite nel mondo. Le collezioni private, in particolare, sono spesso sottovalutate dal punto di vista assicurativo, lasciandole vulnerabili a perdite significative: si stima che l’80% non è assicurato (o lo è nel modo sbagliato). Il momento dell’acquisto rappresenta l’opportunità ideale per definire il valore dell’opera e stipulare una polizza. Inoltre, in occasione di mostre e prestiti, assicurarsi diventa essenziale per proteggere la responsabilità di ciascuno.
L’importanza della valutazione.
La corretta stima del valore è fondamentale. Esistono due approcci principali: il valore dichiarato, determinato dal proprietario, e il valore concordato, stabilito in accordo con l’assicuratore. Quest’ultimo offre maggiore sicurezza, oltre ad abbassare il premio assicurativo, poiché garantisce un indennizzo predeterminato nel caso l’opera non fosse restaurabile ed è utilizzato per il calcolo del deprezzamento in caso di danno parziale, evitando potenziali dispute. Una valutazione accurata è quindi un vero plus per assicurarsi una copertura adeguata.
Un mercato unico e sofisticato.
L’assicurazione Fine art si distingue per la sua specificità: oggetti rari o unici, il cui valore può fluttuare in base al mercato, alla provenienza o alle tendenze culturali. I rischi associati richiedono una gestione altamente specializzata e la necessità di collaborare con esperti d’arte, periti e restauratori aggiunge un ulteriore livello di sofisticazione a questo mercato assicurativo appassionante.●
Gloria Rolland è Fine Art Director, EMEA, Cambiaso Risso Group
Nasce l’innovativo hub formativo per professionisti e organizzazioni delle filiere edilizia, architettura e yachting.
Gruppo Boero, azienda leader nel mercato dei prodotti vernicianti per edilizia e yachting, inaugura a Rivalta Scrivia (in provincia di Alessandria) Gruppo Boero Academy, l’innovativo hub di formazione e scambio di conoscenze per la crescita di professionisti e organizzazioni delle filiere di edilizia, architettura e yachting. Attraverso un’offerta selezionata di incontri teorici e pratici nell’ambito della formazione manageriale e delle soluzioni applicative per edilizia, architettura e yachting, Gruppo Boero Academy si pone l’obiettivo di costruire dei piani di sviluppo di competenze riservati al personale interno e agli specialisti del settore, per aiutarli a rendere più sostenibili, efficienti e sicuri i propri progetti e a generare valore nelle loro realtà aziendali e nella società. Le proposte formative includono incontri e corsi in aula, di tipo teorico e pratico, presso la sede di Gruppo Boero Academy a Rivalta Scrivia, così come moduli online.
Gli elementi essenziali di passione e performance e la filosofia del “Positive Impact” del Gruppo Boero gui-
Alessandro Beneventi Riccardo Carpanese
dano anche le scelte di Gruppo Boero Academy, nella volontà di creare, attraverso la propria offerta formativa, un impatto positivo sull’ambiente, sulle persone e sul territorio in cui si vive e si lavora.
Il Direttore Marketing di Gruppo Boero, Riccardo Carpanese, ha spiegato: «Il progetto ha previsto un importante impegno in termini di risorse umane: un team di collaboratori di Gruppo Boero ha lavorato in modo dedicato, coinvolgendo profili interdisciplinari anche attraverso focus group volti a disegnare una proposta che rispondesse a reali esigenze di crescita professionale. Consulenti di marketing e comunicazione, esperti di formazione manageriale e progettisti ci hanno supportato nel definire un luogo e una proposta allineati ai nostri valori che potesse costituire una via distintiva. Il nostro Gruppo ha colto la crescente necessità di mettere a sistema le competenze interne e degli attori delle filiere in cui operiamo, dedicando a questo nostro impegno anche un luogo di incontro centrale, l’Academy. L’aspetto distintivo rispetto a quanto avviene di norma nella nostra industria è la volontà di non occuparci solo di formazione frontale, ma di trasformare la nostra Academy in un luogo dove, assieme a professionisti e rappresentanti della filiera di riferimento, sarà possibile riflettere sui trend attuali e sugli scenari di sviluppo del settore, in un processo di arricchimento reciproco».
Alessandro Beneventi, Direttore Tecnico e Acquisti di Gruppo Boero, ha aggiunto «Gruppo Boero Academy è frutto della partnership consolidata che guarda al futuro tra Gruppo Boero e il Parco Scientifico e Tecnologico in Valle Scrivia, PST, controllato da Finpiemonte, istituto finanziato dalla Regione Piemonte, esempio virtuoso di sinergia e unione di intenti tra pubblico e privato. Dal punto di vista progettuale, tutte le scelte sono state orientate alla nostra filosofia dell’impatto positivo. La nuova struttura che ospita Gruppo Boero Academy è stata realizzata utilizzando il nostro sistema per esterni Isolareflex, per garantire efficienza energe-
Boero Bartolomeo Spa, fondata nel 1831, è un’azienda italiana che formula e produce pitture e vernici per i settori edilizia e yachting. Da febbraio 2021 Gruppo Boero è partner di CIN, azienda portoghese leader nel mercato iberico delle pitture e vernici, posizionandosi così tra i principali player mondiali e confermandosi come primo gruppo italiano del settore.
La ricerca tecnologica, lo studio e lo sviluppo delle innovazioni nell’ambito del colore costituiscono da sempre le caratteristiche vincenti della filosofia del Gruppo, azienda con sistema di gestione integrato certificato ISO 9001, ISO 14001 E OHSAS 18001.
L’attenzione all’impatto sul territorio e sulla comunità caratterizza non solo le diverse fasi del ciclo produttivo e distributivo, ma sempre di più anche i processi e le strategie aziendali.n www.gruppoboero.it
tica e comfort termoacustico. Anche nel progettare gli spazi interni è stata prestata molta attenzione all’impatto delle nostre scelte. È stato selezionato materiale riciclato per quanto riguarda le sedute e il controsoffitto, mentre per il resto degli arredi abbiamo utilizzato pannelli OSB realizzati principalmente con legno di provenienza sostenibile. L’illuminazione a LED è stata progettata per ridurre al minimo i consumi energetici e le dispersioni di calore. Abbiamo così voluto rendere anche gli spazi di Gruppo Boero Academy un esempio concreto di ciò che per il nostro gruppo significa “Positive Impact”. Per quanto concerne i contenuti che andremo a sviluppare all’interno della Academy, l’obiettivo è quello di creare un Innovation hub che prosegua lo sviluppo di community che coinvolgano gli attori della filiera dei prodotti vernicianti nella accezione più ampia del termine dai designer/architetti, agli applicatori, da fornitori di materie prime e servizi, ai clienti dei diversi canali (in particolare quello professionale e DIY), con l’interessamento anche di tutto il mondo scientifico a supporto della stessa filiera, come ad esempio società di ricerca pura e laboratori di certificazioni internazionali».●
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio
EUROPA
Guidare l’industria europea nelle acque agitate
La Commissione europea ha pubblicato il 29 gennaio la sua Comunicazione sulla Bussola per la Competitività, con la quale riconosce che l’Europa non è stata in grado di tenere il passo con le altre grandi economie mondiali negli ultimi vent’anni: dalla difficoltà a tradurre le sue idee in tecnologie pronte per il mercato e per la sua base industriale, ai limiti nel mercato unico, ai prezzi dell’energia troppo alti e vincoli normativi troppo stringenti, a un playing field globale squilibrato.
Il testo è composto da ventisei pagine, che includono le azioni chiave che per la Commissione serviranno a riaccendere il dinamismo economico in Europa, ma che non sono ancora dettagliate su come si interverrà per affrontare ciascuna sfida. La Bussola si fonda sul rapporto presentato da Mario Draghi sulla competitività dell’Europa, un documento di oltre quattrocento pagine per circa ottocento miliardi di euro aggiuntivi di investimenti all’anno, il quale ha identi-
ficato tre elementi chiave per sostenere la competitività europea: (1) ridurre il gap dell’innovazione; (2) una roadmap per la decarbonizzazione e la competitività; (3) ridurre le dipendenze e rafforzare la sicurezza.
Per ciascuno di questi elementi, la Comunicazione presenta una selezione di misure faro, includendo anche una timeline per la pubblicazione di ogni singola proposta legislativa comunitaria:
1) Colmare il divario di innovazione. Con l’iniziativa sulle factories di Intelligenza Artificiale, tra le quali rientra quella di Bologna, sarà possibile per start-up, ricercatori e imprese formare, sviluppare e migliorare i loro modelli di IA. Allo stesso tempo, la Commissione presenterà un EU Cloud e un AI Development Act per mobilitare fondi pubblici e privati nella creazione di gigafactories AI. Inoltre, la Commissione proporrà una strategia per l’applicazione dell’IA nell’industria, in settori come automotive,
di Lapo Bechelli
energia, robotica, farmaceutica, aeronautica, servizi finanziari e servizi pubblici come salute e giustizia. Presenterà piani d’azione sui materiali avanzati, le tecnologie quantistiche, le biotecnologie, la robotica e le tecnologie spaziali. Una specifica strategia dell’UE su start-up e scale-up affronterà gli ostacoli che impediscono alle nuove imprese di emergere ed espandersi. Viene inoltre inclusa la proposta di un 28esimo regime giuridico (come suggerito dal rapporto di Enrico Letta sul mercato unico europeo), per dare la possibilità alle imprese innovative di fruire di un unico complesso di norme ovunque investano e operino nel mercato unico.
2) Decarbonizzazione e competitività. La Bussola individua nei prezzi elevati e volatili dell’energia un problema fondamentale. Su questo tema, la Commissione intende proporre un piano d’azione per l’energia a buon mercato, e una attenzione particolare ai settori energivori, quali acciaio, metalli, chimica. Con il Clean Industrial Deal che sarà presentato a breve, la Commissione prevederà aiuti mirati e semplificati che possano rafforzare gli investimenti nella decarbonizzazione, evitando distorsioni al mercato. Per quanto riguarda la mobilità, la Commissione europea ha recentemente lanciato un dialogo strategico col settore automotive, che porterà alla presentazione di un piano d’azione industriale per il settore. La Commissione presenterà inoltre un piano di investimento per i trasporti sostenibili, al fine di aumentare le stazioni di ricarica e la produzione e distribuzione di carburanti rinnovabili e a basse emissioni. È inoltre prevista una nuova strategia per i porti e le industrie marittime europee. La Commissione intende anche rivedere il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (il cosiddetto CBAM), al fine di minimizzare il rischio di aggiramento e conseguenze non volute sulla catena del valore, valutando una estensione del campo di applicazione ed eventuali misure per affrontare l’impatto sull’export di beni rilevanti.
3) Ridurre le dipendenze eccessive e aumentare la sicurezza. Dopo i negoziati conclusi con Messico e con i paesi del Mercosur (i quali dovranno essere confermati da Parlamento europeo e Consiglio), la Commissione intende continuare a diversificare e rafforzare le catene di approvvigionamento europee, attraverso una ulteriore serie di partenariati per il commercio e gli investimenti puliti che contribuiscano a garantirle l’approvvigionamento di materie prime, energia pulita, combustibili sostenibili per i trasporti e tecnologie pulite da tutto il mondo. La Commissione intende inoltre creare una piattaforma di acquisto congiunto di materie prime critiche, e proporrà, in materia di appalti pubblici, l’introduzione di una preferenza europea nei settori e tecnologie critici. Questi tre pilastri sono integrati da cinque attivatori trasversali, essenziali per sostenere la competitività in tutti i settori: a) Semplificazione, accelerazione e snellimento delle procedure. Tra le prime iniziative previste a breve ci sarà la presentazione di un primo pacchetto omnibus di semplificazione per quanto riguarda l’informativa sulla sostenibilità (CSRD), la dovuta diligenza (CSDDD) e la tassonomia (sistema di classificazione delle attività economiche considerate sostenibili sul piano ambientale). Si prevede
inoltre di estendere le autorizzazioni accelerate ai settori in transizione, quali quelli ad alta intensità energetica, attraverso un atto legislativo sull’accelerazione della decarbonizzazione industriale. La Commissione proporrà inoltre di introdurre una nuova definizione di small midcaps per quelle imprese più grandi di una PMI, ma più piccole di una grande impresa, per permettere loro di beneficiare di una semplificazione normativa su misura.
b) Ridurre gli ostacoli al mercato, attraverso una strategia orizzontale per il mercato unico, una politica di coesione aggiornata, rendendo i processi di standardizzazione più rapidi e accessibili.
c) Finanziare la competitività. La Commissione proporrà una strategia per un’Unione europea dei risparmi e degli investimenti, e nel futuro bilancio pluriennale della UE (sul quale ancora deve essere avviato un confronto), prevedere la creazione di un fondo per la competitività europea.
d) Promuovere le competenze e posti di lavoro di qualità. La Commissione presenterà un’iniziativa per costituire un’Unione delle competenze incentrata sugli investimenti, sull’apprendimento permanente e in età adulta, sulla creazione di competenze adeguate alle esigenze future, sul mantenimento delle competenze, sulla mobilità equa, sull’attrazione e sull’integrazione di talenti qualificati provenienti dall’estero e sul riconoscimento di diversi tipi di formazione che consenta alle persone di lavorare in tutta l’Unione.
e) Rendere le politiche a livello nazionale e dell’UE più coordinate. La Commissione introdurrà uno strumento di coordinamento per la competitività, al fine di allineare le politiche e gli investimenti industriali e di ricerca tra gli Stati membri e l’UE su priorità comuni di competitività, in aree chiave selezionate e progetti di importanza strategica e di interesse comune.
La scorsa legislatura europea ha stabilito ambiziosi traguardi ambientali con il Green Deal, per fare dell’Europa il continente all’avanguardia nel rispetto degli obiettivi climatici, con la definizione di tempistiche e modalità che hanno trovato impreparate molte imprese europee, in particolare le PMI, e una messa a disposizione di risorse solo in parte in grado di sostenere l’industria europea nella transizione verde e digitale.
Questa legislatura si apre invece con la pubblicazione della Bussola per la Competitività. Pur mantenendo intatti gli obiettivi del Green Deal, come affermato dalla Presidente von der Leyen durante la presentazione della Bussola, questo è un riconoscimento al fatto che il focus di questa legislatura sarà il sostegno all’industria europea. Nell’innovazione, nel mercato interno e negli accordi commerciali con i paesi terzi, nella semplificazione normativa. Quanto sarà determinato il sostegno all’industria europea, in termini di politiche, fondi e semplificazione, e dove porterà questa bussola, lo vedremo già dai primi provvedimenti che saranno resi noti il 26 febbraio: Clean Industrial Deal, pacchetto Omnibus di semplificazione, Piano d’azione per l’energia a buon mercato. Oltre a una bussola per indicare la rotta, sarà importante in questa legislatura avere a bordo anche le imprese, che si muovono nelle acque sempre più agitate e incerte del contesto internazionale.●
di Paolo Ragazzo
Oltre i numeri
A Imperia, presso la sede della Fratelli Carli società Benefit, un convegno sulla redazione del bilancio di sostenibilità delle imprese.
Barbara Amerio
Sostanza e forma devono procedere a braccetto se si desidera raggiungere risultati concreti, ma anche visibili e riconosciuti. Così come la sostenibilità dei processi produttivi è diventata negli anni sempre più fondamentale e richiesta alle imprese, anche un’attenta ed efficace strategia di comunicazione focalizzata sui criteri ESG (Environmental, Social e Governance) consente all’azienda di rafforzare la sua reputazione, migliorare la fiducia dei consumatori e attrarre investitori. Inoltre, la trasparenza nei confronti degli stakeholder permette alle aziende di differenziarsi sul mercato e di rispondere alle crescenti esigenze normative e sociali in materia di responsabilità ambientale e sociale. Proprio per approfondire meglio alcuni degli aspetti legati a questi temi Confindustria Imperia ed Elena Sparago, in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università di Genova e lo studio Parolini commercialisti società Benefit, hanno organizzato per martedì 4 marzo, alle 17, presso la sede dell’azienda Fratelli Carli società Benefit a Imperia il convegno dal titolo “Bilancio di sostenibilità: opportunità e vantaggi per le imprese” Il momento si propone di fornire ai partecipanti strumenti concreti per comprendere i vantaggi competitivi e strategici derivanti dall’adozione di un bilancio di sostenibilità. Saranno quindi presenti esperti del settore che illustreranno le migliori pratiche e le opportunità offerte dalla transizione verso modelli di business più responsabili e sostenibili. In particolare, dopo i saluti introduttivi di Barbara Amerio, presidente della Confindustria di Imperia, e di rappresentanti della Fratelli Carli, il programma comprende la testimonianza di Walter Lagorio del gruppo Unoenery, che redige il Bilancio di Sostenibilità, e a seguire l’intervento “La comunicazione di sostenibilità: uno strumento per creare fiducia tra impresa e stakeholder” a cura di Riccardo Spinelli, docente di Business Ethics e Responsabilità Sociale delle Imprese dell’Università degli Studi di Genova. Dopo di lui, Giovanna Zacchi, ESG Strategist di BPER, e Luigi Zanti, direttore regionale Liguria Piemonte BPER, sul tema “Banca e PMI: insieme verso un mondo sostenibile”, mentre Antonio Parolini, dello Studio Parolini commercialisti società Benefit, è entrato nel vivo dell’oggetto del pomeriggio con l’approfondimento “La rendicontazione di sostenibilità: oggetto, obblighi e contenuti ” Successivamente, Raineri Villa di Deloitte ha illustrato gli “Incentivi a supporto dei progetti ESG”, prima di avviarsi verso le conclusioni con la “case history” della Mastelli, società benefit, illustrata da Claudia Torlasco.
Barbara Amerio, presidente di Confindustria Imperia, sottolinea così l’importanza dell’incontro: «La sostenibilità rappresenta una leva strategica per la crescita delle imprese. Questo convegno ha voluto essere un momento di confronto e approfondimento per supportare le aziende del territorio nella transizione verso modelli economici più sostenibili e competitivi. È stata un’occasione importante per imprenditori e professionisti che desiderano aggiornarsi sulle nuove normative, sulle opportunità di finanziamento e sui vantaggi di una gestione aziendale sostenibile».
Antonio Parolini, dello Studio Parolini commercialisti società Benefit, prosegue definendo meglio il bilancio di sostenibilità e il suo contenuto: «È un documento annuale nel quale un’azienda esamina gli impatti economici, sociali e ambientali della sua attività; uno strumento per comunicare in modo chiaro e trasparente agli stakeholder il proprio operato - spiega -. La rendicontazione di sostenibilità è un processo attraverso il quale le aziende e le organizzazioni comunicano l’impatto delle proprie attività in ambito ESG. L’obiettivo principale è garantire trasparenza e comparabilità delle informazioni non finanziarie, consentendo a investitori, clienti, consumatori e autorità di regolamentazione di valutare le performance aziendali sotto il profilo della sostenibilità».
Nel documento vengono rendicontati aspetti ambientali (impatto sul clima, gestione delle risorse, economia circolare), sociali (condizioni di lavoro, diritti umani, diversità e inclusione) e di governance (etica aziendale, gestione del rischio ESG, relazioni con stakeholder).
Al di là degli obblighi di norma, adottare un Bilancio di Sostenibilità offre alle imprese diversi vantaggi, sia in termini di gestione che di immagine. Ecco alcuni dei principali: miglioramento della reputazione aziendale: le imprese che adottano pratiche sostenibili sono percepite come più responsabili e attente agli impatti sociali e ambientali, migliorando così la loro immagine presso gli stakeholder; accesso a finanziamenti e investimenti: sempre più istituti di credito e investitori considerano essenziale che le imprese dimostrino un impegno concreto verso lo sviluppo sostenibile; vantaggi competitivi: essere trasparenti in merito agli impegni di sostenibilità può differenziare un’impresa dalla concorrenza, attirando consumatori sempre più sensibili alle problematiche ambientali e sociali; rendimento a lungo termine: integrare la sostenibilità nelle strategie aziendali può portare a benefici economici a lungo termine, riducendo costi operativi (ad esempio, attraverso l’efficienza energetica) e favorendo l’innovazione; gestione del rischio: monitorare e rendicontare gli impatti sociali e ambientali aiuta a identificare e ridurre i rischi legati alla sostenibilità, come quelli normativi, reputazionali o legali; adattamento alle normative: con l’aumento delle normative legate alla sostenibilità e alle pratiche ESG, un bilancio di sostenibilità aiuta l’impresa a rimanere conforme alle leggi e a prepararsi per i cambiamenti normativi futuri; coinvolgimento dei dipendenti: le aziende impegnate nella sostenibilità attraggono talenti motivati e possono aumentare il coinvolgimento e la soddisfazione dei dipendenti, che sono sempre più sensibili ai valori aziendali; business continuity: la redazione del bilancio di sostenibilità costituisce il fondamento per l’implementazione di un sistema di gestione sostenibile, che rende l’azienda più resiliente ai cambiamenti economici, sociali ed ambientali. Una scelta, insomma, sempre più imprescindibile per crescere sui mercati in un’epoca in cui il reale valore delle imprese è determinato non solo dalla valutazione delle performance economiche, ma anche dalla misurazione del loro impatto ambientale e sociale.●
La SpeziaProposte per
Sullo studio strategico sulle infrastrutture elaborato da Confindustria Advisory con La Sapienza Università di Roma e i contributi di Simone Lazzini, professore ordinario all’Università di Pisa, e di Roberto Vallarino, AD di ITEC Engineering, intervengono Alberto Bacigalupi, Presidente Ance La Spezia, e Mario Gerini, Presidente
Confindustria La Spezia.
Il territorio della Spezia ha di fronte a sé vent’anni di sviluppo molto importante e di grandi cambiamenti.
Queste potenzialità sono state ben rappresentate dallo studio che Confindustria La Spezia, nell’ottobre 2023, ha commissionato a The European House - Ambrosetti per delineare la possibile traiettoria dello sviluppo economico della nostra provincia: esso ha rivelato un quadro di significative potenziali opportunità di crescita che, se concretizzate, porterebbero a raddoppiare il Pil con enormi benefici sull’economia, sull’occupazione e in generale sul benessere della comunità provinciale.
Tali cambiamenti non possono prescindere dall’affrontare il tema in modo integrato con quello delle necessità infrastrutturali.
«Le infrastrutture devono essere progettate tenendo presenti le esigenze attuali ma anche le sfide future. Dobbiamo pensare a lungo termine, e con una visione di area vasta che tenga conto dell’inclusione sociale e dello sviluppo sostenibile. L’attuale sistema viario La Spezia - Val di Magra risale agli anni ’70 e non è più adeguato alla comunità sociale ed economica di oggi e lo è ancora meno nella prospettiva delle potenzialità di sviluppo del territorio», così Alberto Bacigalupi, Presidente di Ance La Spezia. Proprio partendo da tali premesse, Ance La Spezia e Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale, in colla-
borazione con Confindustria La Spezia, Provincia e Comune della Spezia, hanno commissionato uno studio a Confindustria Advisory e alla Sapienza Università di Roma, con i contributi di Simone Lazzini, professore ordinario presso il Dipartimento Economia e Management dell’università di Pisa, e di Roberto Vallarino, amministratore delegato di ITEC Engineering.
Uno studio che analizza in profondità le implicazioni eco-
Mario Gerini Alberto Bacigalupi
nomiche e sociali di una possibile interruzione del raccordo La Spezia - Santo Stefano di Magra, che di fatto rappresenta un’arteria vitale per il nostro territorio, collegando il capoluogo al porto e garantendo la fluidità del traffico merci e persone.
Lo studio non si è limitato a evidenziare i rischi e i danni potenziali, ma offre anche soluzioni infrastrutturali concrete, le quali gettano le basi per una progettazione strategica condivisa di area vasta, che impone una visione di Città Metropolitana che va oltre il sia pur legittimo soddisfacimento di esigenze collettive puntuali.
E allora ecco le soluzioni proposte: una “bretella” che colleghi l’area industriale della Spezia con quella di Arcola, la cosiddetta Cisa bis, che allevierà il peso del traffico sull’attuale SS Cisa e il “bypass” dell’abitato di Santo Stefano Magra (lo studio può essere consultato sul sito di Ance La Spezia, alla sezione Pubblicazioni/rivista Aedifcando).
La realizzazione di tali nuove infrastrutture, integrate con quelle esistenti, si rivelerebbe non solo un investimento necessario per garantire la sicurezza e la continuità operativa, ma anche un volano per lo sviluppo economico del territorio. A fronte di un investimento di circa 540 milioni di euro, si eviterebbe un danno potenziale annuo tre volte superiore. Inoltre, tale investimento avrebbe effetti significativi: incremento del valore aggiunto di circa 100 milioni di euro e un incremento occupazionale di circa 1.400 posti di lavoro stabili.
Il Presidente di Confindustria La Spezia, Mario Gerini, evidenzia: «Lo studio si inserisce in un progetto più ampio. Nei prossimi mesi verranno elaborate proposte su alcuni temi che sono strategici per il mondo imprenditoriale, quali la carenza di personale a qualsiasi livello professionale, la difficoltà, quasi impossibilità, di trovare abitazioni per i dipendenti delle aziende che vengono a lavorare nella nostra provincia, la mobilità casa/lavoro».
I benefici sono molteplici: dal miglioramento dell’efficienza logistica, con riduzione dei tempi di percorrenza e dei costi di trasporto, alla creazione di nuovi posti di lavoro e aumento del valore aggiunto prodotto sul territorio, dalla riduzione dell’inquinamento, con miglioramento della qualità dell’aria e della vita dei cittadini, all’aumento dell’attrattività del territorio: valorizzazione del nostro patrimonio e miglioramento dell’accessibilità, con ricadute positive sul settore turistico. Questo progetto rappresenta un passaggio importante nei processi di pianificazione dello sviluppo economico, sociale e culturale, in quanto ha unito sotto lo stesso obiettivo, in una unica massa critica, il mondo industriale, l’Autorità di Sistema Portuale e le amministrazioni locali (identificate negli 11 Comuni interessati) e regionali, rafforzando la credibilità del progetto e conferendo un valore peculiare alle proposte, che provengono pertanto da un territorio che, unito, sarà più forte nelle sedi opportune nella ricerca di finanziamenti.
L’appello del Presidente di Ance La Spezia Alberto Bacigalupi alla Regione Liguria: «La prima azione che la Regione deve considerare è l’integrazione di tutto questo quadro strutturale all’interno del Piano regionale integrato delle infrastrutture, della mobilità e dei trasporti (Priimt) di cui si è dotato il Consiglio regionale nel 2023. Un progetto come quello che è stato presentato si configura come una varian-
te al Priimt, che è adesso in fase di monitoraggio funzionale, che permetterebbe l’inserimento delle opere previste dallo studio all’interno del piano, visto che si tratta di interventi che il territorio vuole e su cui c’è un largo consenso». In conclusione, la realizzazione delle proposte infrastrutturali rappresenta un investimento strategico che consentirà alla provincia spezzina, ma non solo, di rendere più competitivo il territorio e di superare le sfide del presente guardando allo sviluppo economico e sociale con maggior concretezza e fiducia.●
Le priorità economiche della provincia più turistica della Liguria.
Infrastrutture e futuro industriale
di Gilberto Volpara
Caterina Sambin
A inizio estate festeggerà 12 mesi alla guida dell’Unione Industriali di Savona. La valbormidese Caterina Sambin è la prima presidente in rosa dell’associazione di via Gramsci. Dopo il liceo Calasanzio ha conseguito la laurea in economia aziendale all’Università Bocconi di Milano. Membro del CdA in Fondazione De Mari e del CdA in Ligurcapital Spa, è attiva imprenditorialmente in Ergon Meccanica Srl, con sede legale a Cairo Montenotte e sede operativa a Dego, azienda leader nel mondo nei servizi di costruzione, revisione, installazione dei macchinari per la produzione di vetro cavo. A questa affianca NeoLogica Srl, con sede a Cairo Montenotte, attiva da 22 anni nella ricerca e sviluppo software rivolti al settore medicale della diagnostica per immagini. Infine, EDS Electronic Design System Srl, realtà che progetta, costruisce, installa dispositivi opto-elettronici per il controllo qualità della superficie in particolare di coils di alluminio, rame e acciaio. Piglio deciso sulla priorità d’oggi che è quella di ieri e destinata a restare immutata per i prossimi anni: «Tra le questioni da risolvere, oltre alla necessità di completare l’Aurelia Bis, c’è la connessione tra la Val Bormida e Predosa. Occorre un’arteria che smisti il traffico, evitando che venga deviato tutto sulla costa, spesso intasata da Genova a Imperia. Un’arteria, insomma, di cui beneficerebbe non solo il savonese ma l’intero ponente ligure, Genova compresa. Altra priorità assoluta è la manutenzione straordinaria della linea ferroviaria Savona-San Giuseppe di Cairo, che devia poi verso Alessandria e verso Torino. Restando sulle rotaie, è fondamentale riuscire a progettare il raddoppio ferroviario della Finale-Andorra, che ha un binario solo. Per la crescita del porto di Vado, invece, è essenziale la realizzazione del nuovo casello autostradale di Bossarino e delle opere di collegamento alla piattaforma multipurpose di Vado Ligure. Nei giorni scorsi la VIA nazionale per l’opera ha avuto esito positivo. Infine, in Val Bormida, da un lato è assolutamente importante potenziare la rete di distribuzione dell’energia, perché ci sono moltissime aziende che hanno problemi seri di approvvigionamento, dall’altro occorre procedere alla valorizzazione delle aree industriali dismesse». Tutto, secondo la guida dell’Unione Industriali di Savona, senza dimenticare la necessità di futuro per la provincia. In sintesi, azioni concrete per rendere appetibile e attrattivo il tessuto economico locale per i giovani. È in questo contesto che l’investimento del progetto
Fabbriche Aperte®, giunto alla sua diciottesima edizione, rende il Savonese un esempio pilota a livello nazionale. Obiettivo, il potenziamento del dialogo tra aziende e mondo della scuola per orientare gli studenti e le studentesse delle secondarie di primo grado al loro domani formativo e professionale con un focus sull’importanza delle materie tecnico scientifiche e sulle professionalità maggiormente richieste. Il 2025 coinvolgerà circa 1150 ragazzi, 56 classi di 19 Istituti Comprensivi. Tutti assieme in un percorso che coniuga la scoperta di 28 aziende. «È sicuramente un motivo di orgoglio per l’Unione Industriali aver raggiunto i 18 anni di età. Da quando è nato a oggi, Fabbriche Aperte® ha coinvolto più di 15000 studenti e molti di loro, tuttora, sono impiegati nelle aziende che hanno visitato e conosciuto con noi». La panoramica generale riguarda, pure, il comparto del turismo: il settore in cui la provincia di Savona risulta ai primi posti in Italia per presenze. Nel 2024 la conferma d’essere una delle colonne dell’economia ligure, nonostante le difficoltà legate alla stagionalità e alla mobilità. Il savonese si distingue come la principale meta turistica della Liguria con oltre il 30% dei pernottamenti totali. A questo si aggiunge un altro asset fondamentale del pil regionale: la portualità. Il porto di Savona si posiziona tra i primi in Italia, non solo per volume di traffico, ma anche per la sua capacità di attrarre turisti durante tutto l’anno, risultando il porto italiano più efficace nella destagionalizzazione delle crociere. Al netto di un bilancio positivo, però, il settore dell’ospitalità continua a fronteggiare sfide significative, come la stagionalità e la difficoltà di reperire personale. La presenza di lavoro stagionale irregolare, a cui si aggiunge anche una scarsa regolamentazione del settore extra-alberghiero, rappresenta un ostacolo persistente. «Il Patto per il Lavoro nel Turismo, che ha creato oltre 13 mila posti di lavoro dal 2021 al 2023, ha dato risultati positivi, ma per garantire una crescita stabile e duratura sarà necessario incentivare ulteriormente la contrattazione a livello territoriale e aziendale, utilizzando strumenti come la banca ore e altre misure flessibili per estendere la stagione lavorativa e migliorare la qualità dell’occupazione contrastando fenomeni come l’abusivismo e il lavoro irregolare» dichiara Carlo Scrivano, direttore Unione Albergatori Savona. Le prospettive 2025? «Consolidamento della provincia di Savona come destinazione di turismo esperienziale».●
Unione Industriali della Provincia di Savona
con l’energia Alle prese
Per le PMI, i consorzi di acquisto dell’energia sono la soluzione per ridurre costi e incertezze.
Negli ultimi anni, il mercato energetico ha subito fortissime oscillazioni, influenzando in modo significativo il bilancio delle piccole imprese.
L’instabilità del mercato continua a rappresentare una forte criticità per le aziende, che si trovano a fronteggiare il rincaro dei costi operativi e la necessità di adottare strategie efficaci per contenere la spesa energetica.
L’energia rappresenta un fattore cruciale per la competitività delle piccole imprese, che spesso dispongono di risorse più limitate rispetto alle grandi aziende per affrontare rincari improvvisi. In questo contesto, diventa essenziale dotarsi di strumenti e strategie che permettano di ridurre l’esposizione alla volatilità del mercato e di pianificare con maggiore certezza i costi futuri.
Per comprendere l’andamento attuale dell’energia, è utile confrontarlo con il periodo di crisi energetica del 2022, quando il Prezzo Unico Nazionale (PUN) ha raggiunto valori record. Nell’agosto di quell’anno infatti, il PUN ha toccato i 500-600 €/MWh, con una valore medio annuo di circa 303
€/MWh, mettendo in difficoltà numerose imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni. L’aumento vertiginoso è stato causato da fattori geopolitici, come la guerra in Ucraina, la conseguente riduzione delle forniture di gas dalla Russia e la crescente domanda energetica post-pandemia. Il rincaro dell’energia aveva generato forti ripercussioni sull’intero sistema produttivo, costringendo molte aziende a rivedere i propri piani industriali e, in alcuni casi, a ridurre l’attività per contenere i costi. La crisi aveva inoltre messo in evidenza la necessità di una maggiore indipendenza energetica nazionale, incentivando investimenti nelle fonti rinnovabili e in sistemi di efficienza energetica.
Rispetto a quel periodo critico, oggi la situazione appare più stabile, grazie a un aumento della produzione da fonti rinnovabili e a interventi normativi volti a contenere la volatilità dei prezzi. Tuttavia, la necessità di soluzioni strutturate per ridurre l’impatto delle oscillazioni del mercato rimane una priorità per le aziende.
Confrontando l’andamento attuale dei prezzi dell’energia
di Marco Pomeri
elettrica con il periodo pre-Covid, si osserva un aumento spaventoso. Nel 2019, il Prezzo Unico Nazionale (PUN) medio è stato di circa 52 €/MWh, mentre nel 2024 è stato di 108 €/MWh, facendo registrare un incremento di oltre il 170% rispetto tale periodo. Le previsioni indicano ulteriori incrementi per il 2025, con stime di un aumento del 1015% dei costi rispetto ai livelli attuali.
A gennaio 2025, il prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità in Italia è stato di 143 €/MWh, superiore del 48% rispetto alla Spagna, del 40% rispetto alla Francia e del 25% rispetto alla Germania.
Ad oggi, il prezzo medio dell’energia elettrica in Italia si attesta intorno ai 156 €/MWh, un valore in aumento rispetto ai mesi precedenti, ma fortunatamente ancora ben lontano dai picchi estremi registrati nel 2022.
Nonostante gli sforzi per incrementare la produzione da fonti rinnovabili, l’Italia continua a dipendere in misura significativa dai combustibili fossili, il che contribuisce a mantenere elevati i costi dell’energia.
Per mitigare la volatilità del mercato e contrastare l’aumento dei prezzi dell’energia, molte aziende hanno scelto di aderire a consorzi di acquisto. In particolare, le imprese iscritte a Confindustria Genova hanno potuto beneficiare di tre consorzi dedicati, che offrono condizioni vantaggiose e maggiore stabilità dei costi energetici.
Nello specifico, il Consorzio Assoge Energia, rivolto principalmente alle piccole e medie imprese, grazie a un costante monitoraggio del mercato e alla flessibilità dei contratti stipulati, è riuscito a far risparmiare mese su mese circa 10 €/MWh sulla spesa per la materia energia. Questo ha rappresentato un vantaggio significativo per le PMI, che hanno potuto mitigare gli effetti delle oscillazioni del mercato e ottenere maggiore prevedibilità nei costi.
Grazie a questi consorzi, le aziende possono infatti accedere a contratti strutturati che permettono di:
- accedere a consulenze specializzate, con supporto nell’ottimizzazione della gestione energetica e nella valutazione di strategie di risparmio;
- bloccare i prezzi nei momenti più favorevoli offerti dai mercati, riducendo il rischio legato alla fluttuazione dei costi;
- beneficiare di economie di scala, ottenendo condizioni più vantaggiose rispetto agli acquisti individuali;
- avere un monitoraggio costante degli andamenti dei mercati energetici, riuscendo così ad analizzare puntualmente i costi e le previsioni future;
- pianificare meglio il budget aziendale, grazie a una maggiore prevedibilità dei costi energetici;
- ridurre l’incertezza finanziaria, garantendo una maggiore stabilità ai conti aziendali;
- avere un aggiornamento normativo costante, in modo da valutare tempestivamente eventuali opportunità da cogliere o azioni correttive da intraprendere.
Questi strumenti si sono rivelati essenziali per molte piccole imprese, consentendo loro di mantenere la competitività e ridurre l’impatto dell’energia sui costi operativi. Le aziende che hanno aderito ai consorzi hanno potuto usufruire spesso di condizioni più favorevoli rispetto a quelle del mercato libero, evitando le oscillazioni estreme dei prezzi e garantendosi un approvvigionamento più stabile. Infatti, pur essendo meno critico rispetto alla crisi registrata nel 2022, l’attuale scenario energetico continua a richiedere strategie efficaci per gestire i costi e garantire stabilità alle imprese. L’adesione ai consorzi di acquisto rappresenta una delle soluzioni più efficaci per contenere l’aumento dei prezzi e proteggersi dalle oscillazioni del mercato. Per le piccole imprese, sfruttare queste opportunità significa non solo contenere i costi, ma anche operare con maggiore sicurezza e competitività in un contesto economico sempre più incerto. Inoltre, la prospettiva di una transizione energetica verso fonti più sostenibili rende ancora più cruciale la partecipazione a forme di acquisto collettivo. L’ottimizzazione dei consumi e la possibilità di accedere a soluzioni energetiche innovative rappresentano vantaggi concreti per le imprese che intendono rimanere competitive. Per questo motivo, le piccole aziende sono chiamate a valutare attentamente le opzioni disponibili, con l’obiettivo di ridurre il peso della spesa energetica sul proprio bilancio e garantire una crescita sostenibile nel lungo termine.●
ai Giovani Nuova voce
Maria Anghileri (in tailleur grigio nella foto) è la nuova presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria. Eletta con oltre il 95% dei voti dal Consiglio Nazionale, entra di diritto come vicepresidente nella squadra di Emanuele Orsini.
Lecchese, classe 1987, Laurea in Giurisprudenza alla Bocconi e abilitata alla professione forense, Maria Anghileri ha completato la sua formazione all’estero, alla Columbia University, e ha concluso presso la Harvard Bussiness School il programma Owner President Management. In ambito associativo è stata vicepresidente nazionale nella squadra uscente dei Giovani Imprenditori con delega alla cultura d’impresa e politica industriale dove si è occupata del progetto GenerAzioni, dedicato al passaggio generazionale nelle aziende familiari. Dall’ingresso nel movimento nel 2015, ha ricoperto gli incarichi di vicepresidente dei gruppi giovani di Confindustria Lecco Sondrio, Confindustria Lombardia e Assolombarda.
Adesso nel ruolo di Direttore Operativo, è entrata nel 2016 nel Gruppo Eusider, azienda di famiglia da quattro generazioni attiva nel mondo della siderurgia. Il Gruppo opera in Italia con 18 sedi su tutto il territorio, con 900 addetti e 1,5 milioni di tonnellate lavorate l’anno.
Anghileri, nel suo discorso di insediamento, ha tracciato le linee strategiche del programma del Movimento per il quadriennio 2024-2028: «In questi anni stiamo imparando a convivere con un cambiamento sempre più rapido e pervasivo. Una qualità che ci contraddistingue come imprenditori
giovani è proprio riuscire a scorgere opportunità nel cambiamento e di assumerci il rischio di percorrere nuove strade. Noi ci siamo e la nostra azione si concentrerà su tre parole chiave: imprese, persone, Europa. C’è bisogno di noi, delle nostre imprese, delle nostre idee». Tra i progetti della neopresidente c’è il “Cantiere delle policy” che, insieme ai più qualificati think tank e centri di ricerca, svilupperà analisi e proposte su questioni decisive nell’agenda politico-economica nazionale ed europea; il “Business friendly index”, per misurare gli impatti dei provvedimenti europei sulla competitività delle imprese; una nuova collaborazione tra industria e i protagonisti del terzo settore.
Nove vicepresidenti, rappresentativi dei territori e dei settori industriali, completano la squadra di presidenza: Lorenzo Bagnoli (Confindustria Toscana Centro e Costa), Mirko Basilisco (Confindustria Abruzzo Medio Adriatico), Gianluca Costanzo (Confindustria Catania), Andrea Notari (Confindustria Novara Vercelli Valsesia), Annalisa Po (Confindustria Emilia Centro), Alice Pretto (Confindustria Veneto Est), Maria Sabia (Confindustria Basilicata), Natale Santacroce (Unindustria Calabria), Alessandra Sensi (Unindustria Unione degli Industriali e delle Imprese di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo).●
Giuseppe Lupo
Memoria d’impresa e futuro.
Narrarsi
di
Non si pensa mai abbastanza, ma le fabbriche sono magazzini di ricordi, contenitori di un vissuto individuale e collettivo, da mettere a disposizione di una nazione, dove poter recuperare il lascito delle tante esistenze transitate, l’esperienza umana e professionale, le idee, piccole o grandi, geniali o secondarie, che hanno contribuito a far crescere il nome. Una fabbrica priva del suo patrimonio materiale e morale assomiglia a un albero senza radici. Al di là di questi aspetti peculiari, esiste un orientamento progettuale che induce ad aderire a un progetto così ambizioso, nel quale si radunano storia, memoria, sviluppo, innovazione, futuro. Su questi valori ogni impresa fonda il proprio codice di credibilità e si inserisce nel quadro di una lungimirante politica imprenditoriale, dove i casi più innovativi ed esemplari determinano un aspetto cardine di ogni realtà produttiva: ci si conosce solo dopo essersi guardati dentro. Certo lo slogan valeva e vale banalmente per tutto ciò che attiene alla sfera umana. Applicato alle aziende, sancisce la necessità di tenere unite almeno due vocazioni per le quali esse manifestano una loro ragion d’essere: quella di produrre oggetti da immettere nei mercati e quella di narrare (o di narrarsi) per testimoniare la capacità di costruire e innovare, facendo della propria memoria una tessera del mosaico collettivo di una nazione. Spesso ce ne dimentichiamo e attribuiamo agli archivi il semplice compito di custodire documenti, relegandoli a una funzione di pura conservazione. Non è così. I documenti non sono fossili da preservare in attesa della futura scoperta archeologica e nessuna industria riesce a durare nel tempo se non accompagna la funzione di fabbricare con l’esercizio di organizzare la sua memoria, magari disponendola su più livelli (la storia dell’azienda, la storia del prodotto, la storia degli uomini), magari individuando in essi percorsi trasversali, modellati a scopi pedagogici, per visite didattiche, ma pur sempre finalizzati a creare la corporate heritage, il passaporto identitario con cui recitare un ruolo attivo nella sfida della progettualità. Si potrebbe obiettare che la maggior parte delle imprese italiane, tranne pochissime eccezioni, è arrivata a dotarsi di un archivio organicamente efficiente non prima degli anni Ottanta del Novecento, in un periodo posteriore rispetto al momento in cui è avvenuto il passaggio dalla civiltà contadina alla civiltà delle macchine. Ci possono certo essere aspetti specifici sui motivi del ritardo, ma il dato può suggerire una possibile chiave di lettura: l’epoca in cui è avvenuta l’esplosione dell’industrializzazione probabilmente ha col-
to tutti di sorpresa, imprenditori e mercati, imponendosi come modello dominante con una tale euforia da far passare in second’ordine l’esigenza di un discorso a favore del patrimonio storico di ogni marchio. Un ventennio dopo, in una fase generalmente considerata come l’ultimo segmento di un’economia in crescita, investire sulle tappe formative della propria vicenda aziendale sarebbe diventato un passaggio obbligato per posizionarsi sulla scacchiera del progresso tecnologico. La delocalizzazione di numerose realtà imprenditoriali, accanto all’inevitabile strappo con l’originario tessuto socio-geografico, potrebbe aver messo in discussione gli aspetti costitutivi di una determinata azienda e, per reazione, favorito l’insorgere del bisogno di fare rete per sentirsi parte di una cultura imprenditoriale, dentro un orizzonte grazie al quale riscoprire il valore della collegialità, spesso minato da un atteggiamento individualista, l’eterno errore del capitalismo italiano, che in passato ha messo in evidenza l’incapacità di diventare comunità o sistema. Va detto, in ultimo, che gli archivi non sono una muscolosa esibizione di bravura, né significano un amarcord tanto epico quanto nostalgico, piuttosto rappresentano il libro delle identità a cui attingere suggestioni, indicazioni, consigli: un codice genetico che ha la medesima funzione del Dna, accompagna la venuta al mondo di ogni individuo, con i suoi caratteri costitutivi, con il suo bagaglio cromosomico. Ciò fa intuire una regola: l’azienda è un organismo vivente e lo è in relazione all’infinita varietà di informazioni, idee, invenzioni che si sedimentano tra scaffali e cassettiere, in attesa di essere studiate o rese pubbliche attraverso mostre ed esposizioni. I documenti rivendicano una dignità non minore rispetto al core business e la prova sta nel fatto che sempre più spesso i luoghi che li raccolgono vengono avocati sotto l’ala del management, a sottolineare il ruolo strategico. D’altronde, lo spazio di una memoria che aspira a recitare una parte rilevante nei piani progettuali tanto di una multinazionale quanto di una piccola realtà manifatturiera non può essere relegato ai margini. Soprattutto deve superare l’antica dicotomia che sussisteva tra gli archivi del lavoro e gli archivi d’impresa. Procedendo per forza d’accumulo, nell’attingere in aree contigue, oggi siamo in grado di osservare una ragnatela di esperienze che dicono di un Paese in cui non si è mai smarrita l’antica vocazione politecnica e dove la creatività è ancora espressione di un primato artigianale.●
Giuseppe Lupo è scrittore e docente universitario
Con il porto millenario e i caruggi impenetrabili, la città è stata un palcoscenico unico nel panorama cinematografico.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Genova era già una città strategica per il Regime, e divenne un facile bersaglio per gli alleati a causa del suo porto, uno dei più grandi del Mediterraneo che serviva da punto di smistamento per le merci e le truppe. Genova fu pesantemente bombardata, il centro storico ridotto in macerie, lasciando migliaia di persone senza casa, e il grave danneggiamento della rete ferroviaria che isolò ulteriormente la città. Questa premessa è necessaria al fine di comprendere la vita quotidiana, caratterizzata dai razionamenti: cibo limitato, combustibile limitato e incertezze costanti, ma Genova con la sua ricca storia, i “caruggi” quasi impenetrabili e il porto millenario, ha da sempre offerto un palcoscenico unico per il cinema. Tra il 1940 e il 1980 la bellezza della città ha contribuito in modo significativo al panorama cinematografico. Uno dei primi film girati per le strade di Genova fu Sissignora del 1941, tratto dal racconto di Flavia Steno La Servetta di Masone, uscito a puntate sul quotidiano «Il Lavoro» e successivamente pubblicato nel 1940 dalla casa editrice Sonzogno con lo stesso titolo del futuro film. Interpretato da Maria Denis, è la storia di Cristina, una povera domestica che nella sua breve vita conosce soltanto pochi istanti di gioia, e muore di una malattia contratta curando il bimbo dell’ultima “signora” presso la quale era stata a servizio. Fondazione Ansaldo conserva molto materiale su Flavia Steno, la fitta corrispondenza con il giornalista Giovanni Ansaldo ci presenta una figura eminente nel giornalismo e nella letteratura italiana, la sua vita costellata di grandi successi ed episodi drammatici riflette un’epoca di grandi cambia-
menti politici e sociali, condannata per le critiche al regime fascista fu costretta alla fuga con un’identità falsa e in modo assolutamente moderno rappresenta un esempio di come la penna di uno scrittore non serve solo a raccontare ma anche a influenzare il corso stesso della storia. Anche se a prevalere erano ancora i documentari e i film di propaganda, con Le Mura di Malapaga del 1949 Genova entrò quasi di prepotenza nel magico mondo del cinema internazionale, ricevendo l’Oscar per il miglior film straniero con le interpretazioni di Jean Gabin, Isa Miranda, e la regia di Renè Clement, che ha messo in luce l’atmosfera cupa di una Genova che si stava faticosamente riprendendo dalla guerra, bancarelle luride tra le macerie e le inferriate del Porto. Genova e la Valpolcevera, con la sua storia di resistenza, lotta al nazifascismo e anima popolare, fornisce lo scenario ideale per Achtung! Banditi! del 1951, regia di Carlo Lizzani, interpretato da Gina Lollobrigida, Andrea Checchi e Giuliano Montaldo, all’epoca attore esordiente. La pellicola non è solo un’opera cinematografica, ma una vera testimonianza storica. La diffidenza dello Stato verso un film che parlava di Resistenza portò anche a bloccare a colpi di burocrazia la fornitura delle armi di scena, che vennero ricostruite con materiali di recupero o scolpite nel legno da un gruppo di artigiani per essere usate sul set. Di fronte all’indifferenza e all’ostruzionismo governativo, la città ha sostenuto il progetto del film con la volontà popolare di partecipare attivamente, nasce così la Cooperativa Spettatori-Produttori e grazie alla sottoscrizione di “azioni” da 500 Lire, da parte di operai, dell’ANPI e di vari
FONDAZIONE ANSALDO
Genova Impresa - Gennaio / Febbraio
di Vanda Moroni
esponenti della cultura genovese, Genova ha avuto il suo film dedicato alla Resistenza e sostanzialmente finanziato dagli spettatori. Il dopoguerra ha segnato l’inizio di una lenta ma determinata ripresa, anche l’architettura della città è cambiata, con nuovi edifici moderni accanto a strutture storiche restaurate. Il porto, nonostante i danni, riprese gradualmente le sue piene funzioni contribuendo alla rinascita economica di Genova. Molte pellicole degli anni ‘50 appartengono al filone melodrammatico-sentimentale comunemente detto “strappalacrime”, molto in voga tra il pubblico italiano in quegli anni e in seguito ribattezzato dalla critica con il termine “neorealismo d’appendice”, ad esempio: Persiane chiuse (1951), Processo contro ignoti (1952), La tratta delle bianche (1952), Perdonami! (1953).
John Gilling nel 1957 dirige Interpol , titolo conosciuto anche come International Police o Pickup Alley. Si legge ancora oggi che il film è stato girato a New York, Roma, Lisbona, magari Atene. Di Genova non parla nessuno, eppure ci sono decine di genovesi che ricordano benissimo quelle giornate anni ‘50 in cui l’attore americano Victor Mature girava un film tra via Balbi, la zona del Lagaccio, il ponte di Carignano e tanti altri set sparsi per la città. Che cosa era successo? Semplicemente, la produzione inglese era venuta a Genova per girare alcune scene ambientate in porto, quando scoprì che con qualche piccolo ritocco le strade genovesi potevano essere spacciate per quelle di altre città, come appunto Roma, Lisbona e soprattutto Atene. Bastava cambiare qualche insegna, mettere qualche scritta in altre lingue e il gioco era fatto, risparmiando parecchio. Ecco così spiegato perché Victor Mature esce dalle catacombe e si trova dal ponte di Carignano, perché un omicidio avvenuto ad Atene si svolge in realtà in salita Santa Brigida. Purtroppo la crisi economica degli anni ‘70 colpì duramente anche Genova, con il decadimento della sua industria portuale e la riduzione dell’attività per colpa della concorrenza internazionale e della scarsa tecnologia che rendeva ormai superati molti metodi di costruzione. Furono comunque anni importanti per la scena culturale e, tipico per Genova, di contraddizioni: degrado industriale e tentativi di rinnovamento.
La pellicola La polizia incrimina, la legge assolve, del 1973,
è ritenuta da alcuni critici quella che determinò l’abbandono di qualsiasi idea di denuncia civile da parte del poliziesco all’italiana, per lasciare il posto alla nascita del genere “poliziottesco” vero e proprio, e definendo una volta per tutte il personaggio del “commissario di ferro” giustiziere/vendicatore e manesco, protagonista di molti altri film successivi. Significativa la lunga sequenza di inseguimento in auto, della durata di quasi otto minuti, che si snoda tra il porto, la Sopraelevata e l’Autostrada fino a Recco, per concludersi a Santa Margherita Ligure.
Mark il poliziotto spara per primo, del 1975, interpretato dal divo dei fotoromanzi «Lancio» Franco Gasparri, è un’altra rappresentazione classica ma stereotipata di com’era vista la città di Genova; girato in via Coronata, via Cantore, Cornigliano, piazza della Vittoria e piazza Portello, ci rivela una città scivolosa, intrisa della malavita d’oltralpe, così come Genova a mano armata, del 1976 ci mostra una Genova rabbiosa e criminale, che mette in luce la trasformazione urbana di una città apparentemente indecisa tra industria e declino.●
in azienda
Per la Fondazione Ermanno Casoli ogni stabilimento coinvolto non è più solo un luogo di produzione, ma diventa uno spazio di condivisione, dove l’arte rafforza il senso di identità e appartenenza.
La Fondazione Ermanno Casoli (FEC) - di cui sono direttore artistico sin dalla sua istituzione nel 2027 - porta avanti un progetto unico nel suo genere. Un modello pionieristico di interazione tra arte e impresa che vede gli artisti entrare nelle aziende, progettando attività con i dipendenti in cui l’arte contemporanea diventa efficace strumento di formazione e potente motore di innovazione. Un approccio che stimola il pensiero laterale, rafforza il senso di appartenenza dei lavoratori e innesca nuove dinamiche di collaborazione, contribuendo a migliorare la qualità dell’ambiente di lavoro.
Questa visione affonda le sue radici nella passione per l’arte di Ermanno Casoli (Fabriano, 1928 - 1978), fondatore di Elica, azienda italiana leader globale nei sistemi aspiranti da cucina e principale sostenitrice della FEC. La vocazione alla sperimentazione, la continua evoluzione dello stile, l’orientamento al design, sono da oltre 50 anni tratti distintivi di Elica, ereditati dallo spirito pionieristico ed eclettico del suo fondatore, imprenditore visionario e pittore egli stesso. L’idea rivoluzionaria di ripensare la fabbrica come un presidio culturale, già sostenuta da Adriano Olivetti, continua a ispirare le più valide iniziative in questo ambito. Noi crediamo nel valore trasformativo della cultura e questa convinzione, alla base del nostro impegno, trova un grande alleato in Francesco Casoli, Presidente di Elica, che finanzia e promuove queste attività da oltre trent’anni in memoria del padre Ermanno, a cui è dedicata la Fondazione.
La sperimentazione è un valore che la FEC condivide con Elica e si riflette nella volontà di trasformare sempre l’ordinario in straordinario. Da qui E-STRAORDINARIO, il progetto iconico e pluripremiato della FEC, nato per portare l’arte contemporanea nel mondo dell’impresa, mettendo l’artista al centro del processo formativo: attraverso un ciclo di workshop, artisti di fama internazionale realizzano un’opera d’arte site-specific per gli spazi dell’azienda, con la partecipazione attiva delle persone che vi lavorano. Il lavoro con l’arte che la FEC incoraggia in azienda è un
Impresa - Gennaio / Febbraio
di Marcello Smarrelli
Agostino Iacurci, Fiori Diversi al naturale, 2024 | Lorenzo Palmieri
Foto: Lorenzo Palmieri
Claire Fontaine, Il personale e politico, 2023 | Foto: Carlo Romano
processo articolato che sottintende un dialogo tra l’impresa e l’artista, capace di portare nelle aziende un modo di vedere, sentire e operare diverso, forse destabilizzante, ma di cui tutti i dipendenti riescono a ricostruire il senso. Al concetto di sperimentazione si accompagna in questi interventi quello di replicabilità: nato inizialmente per i dipendenti di Elica, E-STRAORDINARIO si è evoluto, coinvolgendo altre realtà imprenditoriali. Ogni edizione è un’esperienza unica progettata su misura per soddisfare un bisogno aziendale, in cui gli artisti lavorano fianco a fianco con i dipendenti, aiutandoli a sviluppare nuove modalità di vedere e pensare il proprio lavoro.
Così è nato il metodo della Fondazione Ermanno Casoli: un modello frutto della nostra volontà di collaborare continuativamente con artisti e aziende per osservare e comprendere le dinamiche prodotte dal loro incontro, dando vita a un “prototipo” che, con tutti gli aggiustamenti necessari al variare dei contesti, diventa replicabile in altre realtà aziendali. Su questa processualità si sviluppa ed evolve il Premio Ermanno Casoli: nato nel 1998 come premio-acquisto, è diventato un art commission che, edizione dopo edizione, la FEC affida ad artisti che attribuiscono un valore speciale all’apertura e alla condivisione del processo creativo, sono dotati di una particolare sensibilità nell’interpretazione e nella lettura dei contesti in cui operano, mostrano uno spiccato interesse per i temi sociali e politici.
Ogni stabilimento coinvolto nelle attività della FEC non è più solo un luogo di produzione, ma diventa uno spazio di condivisione, dove l’arte rafforza il senso di identità e appartenenza. È il caso del nostro ultimo progetto, “Fiori diversi al naturale”, realizzato nel 2024 da Agostino Iacurci, artista vincitore della XXII edizione del Premio Ermanno Casoli. Presso lo stabilimento Airforce, azienda del gruppo Elica con sede a Cerreto d’Esi (AN), l’arte si è rivelata un potente strumento per migliorare la qualità della vita lavorativa e alimentare il senso di comunità.
Il progetto ha coinvolto tutta la popolazione aziendale - circa 100 dipendenti con ruoli e competenze diverse - trasformando un’area di passaggio in uno spazio di incontro e condivisione. L’opera ha preso forma attraverso un processo partecipativo: ogni lavoratore ha disegnato un fiore, contribuendo alla creazione di un grande erbario collettivo, concepito dall’artista come un ritratto della comunità azien-
dale. Questo fregio continuo si sviluppa lungo le pareti e si integra con una grande pittura murale, realizzata dagli stessi dipendenti, che insieme all’artista hanno dipinto i fiori di questo giardino. A completare l’installazione, elementi scultorei come fioriere e sedute, che rendono l’ambiente accogliente e vivibile.Il giardino, concepito in questo modo, diventa una potente metafora: così come una comunità deve prendersi cura degli spazi comuni per evitarne il degrado, anche il luogo di lavoro può essere vissuto come un luogo da curare e valorizzare. Ogni mattina, i dipendenti entrano in fabbrica e trovano un giardino di cui devono occuparsi costantemente, che rappresenta il loro impegno e la loro partecipazione attiva alla crescita dell’azienda. Nel 2025, il Premio Ermanno Casoli approderà nello stabilimento di Elica in Polonia, dopo essere stato anche in quello del Messico e della Cina, ampliando la portata globale delle attività della FEC e confermando il valore dell’arte come strumento di connessione culturale e crescita condivisa. Nella convinzione che l’arte contemporanea possa svolgere un ruolo importante anche nella formazione delle nuove generazioni, la FEC ha ideato E-STRAORDINARIO for kids, un’iniziativa dedicata ai figli dei dipendenti di Elica che dal 2011 permette anche ai più giovani di entrare in contatto con gli artisti e partecipare attivamente alla produzione di un’opera.
Tutte le opere realizzate nel corso delle attività promosse negli anni dalla FEC costituiscono una particolare quanto specifica collezione diffusa, visitabile negli spazi di Elica e nelle aziende del gruppo, inserita nel volume “Global Corporate Collection” (2015) dedicato alle 100 più belle collezioni d’arte aziendale nel mondo, e nella mappatura delle collezioni di opere d’arte moderna e contemporanea delle aziende italiane promossa da Confindustria, confluita nel volume “Il segno dell’arte nelle imprese - Le collezioni corporate italiane per l’arte moderna e contemporanea” (2024), edito da Marsilio Arte e curato da Ilaria Bonacossa. L’impatto delle attività della FEC è stato oggetto di studi e ricerche accademiche, culminate nella pubblicazione del libro “Innovare l’impresa con l’arte. Il metodo della Fondazione Ermanno Casoli”, che ho scritto insieme a Deborah Carè e Chiara Paolino, edito da Egea nel 2018 e in una versione ampliata e rivista pubblicata in lingua inglese nel 2021, sempre da Egea.●
Matteo Fato, Gentile come un ritratto, 2020 | Foto: Michele Alberto Sereni
Jorge Satorre, Pelusa, 2021 | Foto: Ramiro Chaves
L’elegante dimora che fu delle famiglie Spinola e Doria oggi è sede di convegni medico-scientifici, di corsi di formazione e di eventi culturali curati da Gaslini Academy.
A metà strada tra Quarto e Quinto, a due passi dal casello autostradale di Genova-Nervi, immersa in un parco secolare affacciato sul mare, si trova una suggestiva dimora nobiliare, luogo d’incontro tra il fascino della storia e il comfort del futuro: è Villa Quartara che, da una parte, con i suoi soffitti affrescati, i pavimenti in legno e le finestre che si aprono sul verde racconta di epoche passate e, dall’altra, con le tecnologie più avanzate, offre servizi tecnici di altissima qualità.
«Quando nel 2023 ha iniziato a prendere forma il progetto di Gaslini Academy, centro di eccellenza dedicato alla formazione continua, all’aggiornamento professionale e alla ricerca medica, la sede a cui la Fondazione Gerolamo Gaslini e l’Istituto Giannina Gaslini hanno pensato è stata Villa Quartara - spiega Carla Sibilla, vicepresidente della Fondazione -. Siamo proprietari della Villa e abbiamo quindi dato il via a un attento restauro che si è basato sulla salvaguardia dei valori storici, architettonici e ambientali e sul recupero degli elementi artistici e decorativi per conservare il più possibile l’identità dell’edificio».
L’obiettivo della Fondazione è gestire il patrimonio del proprio fondatore e devolvere gli utili a supporto dell’innovazione dell’Ospedale, e questo progetto rientra nell’ambito della formazione che è fondamentale per la qualità e il futuro della cura dei bambini.
La villa, costruita intorno al 1395, è appartenuta negli anni
alla famiglia Spinola e alla famiglia Doria fino al 1889, quando venne acquistata da Lorenzo Quartara.
Lo storico edificio subì una grossa trasformazione all’inizio del Novecento, anche grazie al lavoro del pittore torinese Luigi Morgari, che ornò la volta del Salone degli Specchi con splendidi affreschi e realizzò quadri e dipinti a olio, molti dei quali incassati nelle pareti delle diverse sale. Al piano terreno è presente anche una piccola cappella, decorata con stucchi in barocchetto genovese e dedicata a San Cristoforo e a San Carlo Borromeo.
«A luglio 2024 abbiamo iniziato a organizzare convegni medico-scientifici a Villa Quartara, ma la volontà è quella di aprire gli spazi a tutta la convegnistica, non solo quella relativa al mondo sanitario. Da allora abbiamo ospitato convention aziendali, cene di gala, eventi culturali - racconta Barbara Minetti, Direttore Generale di Gaslini Academy. - Tutti i nostri spazi sono estremamente flessibili e attrezzati con sistemi multimediali e informatici all’avanguardia, con un nostro servizio tecnico sempre a disposizione. Nelle sale (Magnolie, Ulivi, Oleandri, Castagni, Salone degli Specchi, Sala Dorata, Sala Gerolamo) possiamo ospitare un’ampia varietà di eventi, con un servizio catering nel chiostro, nel portico o di fronte alla grande vasca, sotto i pini marittimi».
Scegliere Villa Quartara come sede del proprio evento significa offrire un’esperienza unica e indimenticabile.●
di Luciano Caprile
Muoio e rinasco
Gesti, contrasti e creazioni di Emilio Scanavino.
x Emilio Scanavino
Iltempo vola e ci consuma, ma gli artisti, quelli che hanno ereditato il loro segno dall’intimo tessuto della terra che li ha generati, rimangono per sempre esprimendo una stupefacente e rinnovabile contemporaneità. Emilio Scanavino, che il 28 febbraio avrebbe compiuto centotre anni, è uno di questi.
Egli ha trasferito sulla tela certe asperità della nostra Liguria trasformandole in elementi di sofferta distinzione e di intima, a tratti traumatica, bellezza. Non a caso il suo impegno sulla tela nell’accarezzarla e nell’inciderla, nel tormentarla con percorsi di dita e di manico del pennello lo portava fatalmente sull’orlo dello sfinimento: “Ogni volta io muoio nell’acrilico che emerge dalla tela e con esso rinasco”, affermava. Perché? Perché voleva fare entrare nelle sue creazioni informali la sorpresa di un ulivo dai rami contorti fino al tronco cresciuto al limite di un precipizio o la ferita nascosta in un filo spinato o la sorpresa celata sotto un sasso. Nel fare ciò doveva concentrare e consumare nel gesto ogni sguardo e ogni pensiero rivolti alle sue origini e che egli aveva voluto sperimentare quotidianamente scegliendo di vivere in una grande casa-laboratorio ancorata a una collina in quel di Calice, all’interno di Finalborgo. Sono così sorte, tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, le “nascenze” e le “sindoni” che suscitano, in chi le ammira con partecipe emozione, il senso di quei magnifici contrasti percettivi che ci appartengono per nascita o per assidua frequentazione, poeticamente cantati con sentita parteci-
pazione e con pari intensità evocativa da Eugenio Montale e da Camillo Sbarbaro.
Nell’ultima parte della sua esistenza Scanavino ha scandito, distillato e incasellato i suoi “alfabeti senza fine” e i suoi inconfondibili segni in un contesto geometrico che mima talora una cornice o una sospensione aerea e temporanea di un disagio esistenziale. D’altronde è difficile vivere e subire all’infinito lo strazio che si narra e che non sempre i più accesi ammiratori delle sue opere intendono appendere alle pareti delle loro case come quotidiano memento. Ma il messaggio conserva il suo valore d’origine al pari dell’amore per una terra a cui ha consegnato precocemente la personale esistenza.
E veniamo a una riflessione che riguarda in particolare il Palazzo Ducale di Genova che dedica il 2025 alle esposizioni d’arte contemporanea. Sarebbe bello e importante che si destinasse un pensiero a questo nostro maestro apprezzato non solo in Italia ma anche all’estero (il grande artista francese Georges Mathieu mi chiedeva spesso di lui) così legato alle essenziali radici del nostro territorio e purtroppo così trascurato, almeno di recente, dalle importanti rassegne pubbliche della nostra città.
Un degno omaggio a Emilio Scanavino si trasformerebbe così in un importante omaggio a quella Liguria splendida nel suo multiforme territorio e in certe asperità contemplative che intimamente ci determinano e ci accompagnano come un destino.
CULTURA E SOCIETÀ
Tanti in questi anni mi hanno chiesto perché l’Arte. La risposta è sempre la stessa: per me l’arte è come una scienza segreta. C’è chi la vede, chi non la vede, ma lei è sempre lì, pronta a tracciare la strada per capire meglio chi siamo noi e le persone con cui ci accompagniamo. Troppo spesso dimentichiamo che la cultura e l’arte sono la base di un progresso etico in grado di procedere parallelamente al progresso scientifico e tecnologico. L’arte permette a tutti di essere parte attiva di una società perché sviluppa il pensiero e le capacità critiche. Inoltre l’opera d’arte è ancora oggi la possibilità concreta che abbiamo di sognare. E il sogno, come ci ricorda Don Chisciotte, è il primo scalino della creazione. Oggi, in questo preciso momento storico, abbiamo tutti necessità di tornare a sognare se vogliamo realizzare, concretizzare un futuro migliore. L’arte è la vita: pittura, scultura, narrativa, poesia, teatro, musica. L’arte ci aiuta a volare alto, a non vestire i docili, sbiaditi panni del mansueto consumatore. L’Arte è uno strumento che avvicina al vero senso della vita: memoria, conoscenza di se e degli altri, speranza. Fine dell’arte è l’uomo. Questa premessa ci ha portati a immergerci nell’arte che troviamo racchiusa in questa nostra splendida regione. È nata così “Liguria delle Arti”
Con questo progetto siamo andati alla ricerca di capolavori senza tempo, di imperdibili cicli di affreschi, di importanti sculture, di santuari e organi storici e di opere d’arte con-
Un viaggio attraverso le opere d’arte che permeano il territorio dal mare ai monti.
temporanee, ma anche di scrittori e musicisti che hanno o hanno avuto un legame con il territorio ligure.
La Liguria non è solo splendidi paesaggi ma è, allo stesso tempo, arte da camminare in ogni borgo tra mare e monti. Un percorso artistico che, se valorizzato, porta a un innalzamento del livello culturale generale e a un incremento dell’offerta turistica con positive ricadute su tutto il territorio regionale.
Percorrere la Liguria attraverso le sue città e soprattutto i suoi borghi significa immergersi in un’arte che ha forti legami con il territorio. In Liguria puoi scoprire un patrimonio artistico con opere i cui autori sono presenti al Louvre di Parigi, alla National Gallery di Londra, agli Uffizi di Firenze, ai Musei Vaticani di Roma, all’Ermitage di San Pietroburgo, al Metropolitan Museum e al MOMA di New York, al Prado di Madrid... Questi autori sono presenti anche in splendidi borghi di Liguria. Ma bisogna aver voglia di andarli a trovare, attraversando la regione da Ponente a Levante tra spiagge, colline e vette appenniniche. Un camminare la Liguria attraverso strade capaci di condurci in uno straordinario Museo Diffuso dove è possibile conoscere e approfondire le opere di pittori, scultori, architetti, poeti, scrittori e musicisti che hanno vissuto e vivono la Liguria. Godere delle opere straordinarie che ci hanno lasciato. Conoscere i significati di quelle opere, capire come e perché sono state realizzate in quei territori. Guardare, ascoltare, leggere le opere
di Pino Petruzzelli
di grandi Maestri per goderne la bellezza e la spiritualità. Un modo per conoscere la storia e il presente attraverso le opere di quelle anime, di quelle intelligenze acute che sono gli artisti. E, forse, tutto questo ci porterà ad accorgerci del bello che abbiamo a portata di mano e che, incredibilmente, troppo spesso ci lasciamo sfuggire. Questo è “Liguria delle Arti” un progetto che ha collegato in otto edizioni più di 70 borghi alle maggiori testimonianze di civiltà artistica che hanno avuto origine in questa incredibile regione. Un progetto nato dal Centro Teatro Ipotesi e dalla Regione Liguria e che negli anni ha visto parte attiva più di 300 Associazioni presenti sul territorio, il Teatro Nazionale di Genova, il Teatro Carlo Felice, la Giovine Orchestra Genovese, la Direzione regionale Musei di Liguria. In otto edizioni sono stati realizzati 99 eventi in 70 Comuni liguri. “Liguria delle Arti” infrange le barriere tra visitatori e opere d’arte e scende tra la gente per incontrare ed edificare ponti creando comunicazione. Getta luce sul passato degli artisti e dei luoghi che ospitano le opere o che le hanno ispirate. Scrittori, pittori e musicisti insieme, uniti in quella “scarsa lingua di terra che orla il mare”, dove le nostre coste rimandano a qualcosa di sacro: un meraviglioso intreccio di narrativa e pittura, di poesia e musica, di scultura e teatro, di spiritualità e Storia. Nel corso di otto edizioni abbiamo portato sotto gli occhi degli spettatori opere di Pieter Brueghel, Pablo Picasso, René Magritte, Joan Mirò, Parmigianino, Anton Maria Maragliano, Domenico Piola, Luca Cambiaso, Guido Reni, Pontormo, Emilio Scanavino, Antoon van Dyck, Perin del Vaga, Lucio Fontana, Emanuele Luzzati e tantissimi altri. Abbiamo ascoltato le musiche di compositori nati o vissuti in Liguria: da Niccolò Paganini a Luciano Berio, da Jean Sibelius a Camillo Sivori. Gli spettatori hanno ascoltato testi dedicati alla Liguria di grandi scrittori e poeti quali Edmondo De Amicis, Giuseppe Ungaretti, Giuseppe Conte, Antonia Pozzi, Giovanni Giudici, Vincenzo Cardarelli, Edoardo Sanguineti, Giorgio Caproni, Camillo Sbarbaro, Italo Calvino, Maurizio Maggiani, Francesco Biamonti, Apollinaire, Ezra Pound, George Gordon Byron fino ai premi Nobel Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Ernest Hemingway, William Butler Yeats. In otto edizioni abbiamo ascoltato anche le parole di Giuseppe Mazzini e del premio Nobel per la Chimica Giulio Natta, nato a Imperia.
“Liguria delle Arti” è un progetto volto a far conoscere la storia del territorio e di conseguenza le sue radici. La storia dei nostri paesi, tra presente e passato, in una dinamica
evoluzione che li ha portati a sopravvivere nei secoli. È la Liguria dei contadini marinai, dello splendore di un paesaggio meraviglioso, ma difficile da coltivare. Questi nostri paesi, dell’entroterra come della riviera, hanno sempre dovuto reinventarsi in nome di una sopravvivenza che nasceva dal duro lavoro di resistere.
“Liguria delle Arti” è anche spiritualità. La Liguria è stata e continua a essere un punto di ispirazione per una spiritualità che affonda le proprie radici nella necessità di guardarsi dentro, di analizzare il perché della nostra storia, del nostro pensiero e dei nostri sentimenti. Un viaggio nell’interiorità della nostra anima alla ricerca della bellezza per tornare a sognare.
La bellezza della Liguria e del suo popolo la conosci anche attraverso le opere d’arte che permeano il territorio dal mare ai monti. Una bellezza in cui ritrovarsi.●
CULTURA E SOCIETÀ
L’8 marzo, al Palazzo Ducale di Genova, la cerimonia conclusiva aperta al pubblico.
Il Premio letterario nazionale per la donna scrittrice, il primo riconoscimento in Italia per la letteratura femminile, dopo trentasette edizioni a Rapallo e una sperimentale a Savona, sta per portare a termine la sua trentanovesima edizione a Genova, la città dove era stato ideato nei primi anni Ottanta sulla scia di una trasmissione radiofonica della Rai intitolata “In Liguria il romanzo è... femmina”
La cerimonia conclusiva si svolgerà sabato 8 marzo, alle ore 17, a Palazzo Ducale, a cura del Comune di Genova, Ente promotore del Premio, con la collaborazione della Fondazione per la Cultura che opera nella sontuosa residenza dei dogi dell’antica Repubblica genovese.
Questi i romanzi della terna finalista: Anita Likmeta “Le favole del comunismo” (Marsilio), Paola Mastrocola “Il Dio del Fuoco” (Einaudi), Raffaella Romagnolo “Aggiustare l’universo” (Mondadori).
I tre libri sono stati scelti, tra le ottantasette opere in concorso, dalla giuria tecnica, presieduta da Elvio Guagnini e composta da Francesco De Nicola (vicepresidente), Maria Pia Ammirati, Simona Baldelli, Mario Baudino, Luigi Mascheroni, Ermanno Paccagnini, Mirella Serri e Camilla Tagliabue (oltre che da chi scrive), nel corso della riunione che si è svolta l’11 gennaio, a Genova, nella sala Lignea della Biblioteca Berio.
La vincitrice scaturirà dalla votazione congiunta, sulla terna, della stessa giuria tecnica e dei trenta lettori della giuria popolare, che avrà luogo nel corso della cerimonia finale.
Oltre alla prima classificata e alle due finaliste, saranno premiate le vincitrici dei premi collaterali, già assegnati: Marta Aidala, Premio opera prima con “La Strangera” (Guanda), e Sveva Casati Modignani, Premio speciale della giuria con “Lui, lei e il Paradiso” (Sperling & Kupfer).●
di Pier Antonio Zannoni
Peripezie di famiglia imprenditoriali...
Una narrazione visionaria e distopica sulla natura del lavoro e sulle peripezie di una famiglia “a conduzione aziendale”.
Su queste pagine di solito scriviamo di narrativa industriale italiana. L’idea originaria e “in generale” era, ed è, quella di far sapere che anche in Italia esiste un patrimonio oggettivo di eccellenti libri a gradiente letterario sulle realtà e le immaginazioni d’impresa. Quella “in particolare”, sorta per così dire in corso d’opera, è di provare per vie d’insistenza a mettere sotto la lente d’ingrandimento il rapporto fra l’impresa e la scrittura: un rapporto per molti versi e importantissimi cruciale, laddove per impresa s’intenda il sistema valoriale (antropologico prima ancora che economico-politico) messo in campo dall’avventura della produzione di beni e servizi. Oggi estendiamo il raggio della nostra osservazione al panorama letterario europeo, parlando di un bel romanzo che ha undici anni d’età ed è stato scritto da Matthias Nawrat, un quarantaseienne scrittore tedesco di origine polacca. Si tratta di Unternehmer, tradotto in italiano con il titolo-specchio Imprenditori (L’Orma 2019, pp. 148), che ha il pregio di aprirci, entrando con piglio scanzonato in medias res, alle forme di una prima visione “straniera” del mondo-di-mezzo fra aziende e fantasie d’autore che c’interessa esplorare, almeno per come esso ci si offre dalla specola della nostra editoria. Stavolta l’idea, o meglio l’intenzione, corrisponde alla semplice constatazione che anche i libri sono dei beni di scambio: materiali, certo, ma soprattutto immateriali - e che possono valere come dei fertilizzanti di pensiero che non è sempre opportuno trascegliere soltanto fra quelli generati da “produttori” (scrittori) strapaesani. Sotto sotto, all’internazionalizzazione di questa rubrica ci spinge anche una convinzione in senso lato politica. I tempi, infatti, ci inducono quasi per forza di cose a “stringerci a coorte” intorno ai
E LE T TERATURA
di Massimo Morasso
Matthias Nawrat
valori più e meglio condivisibili e partecipabili della nostra casa comune europea. Ma questo è un altro discorso, e non è il caso, qui, di andare oltre l’accenno. Cos’è, il romanzo di Newrat? Lo dice il sottotitolo: una favola famigliare. L’uomo curioso che è in noi ci induce subito, prima ancora di aver aperto il libro, a pensare che possa trattarsi di un’ennesima saga di una qualche famiglia di grandi imprenditori di Germania, senza però i finali tragici alla Buddenbrook (in letteratura) o alla Krupp (nella realtà dei fatti o misfatti), ma... non è così. Fra le prime - «Tantalio e antracite ci renderanno particolarmente ricchi, afferma papà» - e le quasi-ultime parole del romanzo - «L’imprenditore è un mestiere per gente che sa sopportare il dolore» - quel che si dipana sotto ai nostri occhi di divertiti per quanto allarmati lettori è una storia buffa e picaresca, profondamente drammatica al suo fondo, che ha però a tutti gli effetti l’andamento di una fiaba, e attinge dall’immaginario, e non dal vasto catalogo teutonico dell’araldica di potere che si rappresenti per iscritto. Si tratta, com’è facile arguire, di una fiaba post-moderna, di una favola-intrigo di famiglia crudamente distopica, che il bravo (e furbacchione) Newrat racconta con verve stilistica, spirito caustico e intelligenza corrosiva.
Ripetiamo la domanda, virandone ora il focus sulla trama, prima di dire qualcosa sul “messaggio” e i risultati che
diremmo estetici del libro: cos’è, lo scritto di Newrat?, cioè a dire: che cosa ci racconta? Le prime righe della scheda editoriale rispondono bene a questi interrogativi e ci fanno entrare nella dinamica del plot con scienza e coscienza persuasiva: «Lipa ha tredici anni ed è da poco stata eletta dipendente del mese in quell’impresa molto particolare che è la sua famiglia. In un mondo in cui il lavoro è scomparso, ma tutti ancora lo cercano, il padre ha deciso di mettersi in proprio e crescere i figli come quadri di un’azienda, educandoli alla più rigida disciplina imprenditoriale, con esiti spesso surreali. A differenza dei loro coetanei “disoccupati”, Lipa e il fratellino Berti non hanno mai conosciuto i banchi di scuola, ignorano cosa sia il tempo libero e disprezzano la gratuità dei giochi e dell’arte. Ma infanzia e adolescenza s’insinuano comunque nelle loro esistenze alimentando il fumettistico eroismo di Berti e le prime inquietudini amorose di Lipa, vivace narratrice del romanzo. Sordi alle ragionevoli proteste della madre, questi sedicenti “imprenditori” si lanciano in avventurose esplorazioni di fabbriche dismesse in cerca di rottami e reperti industriali, con una misteriosa impresa rivale sempre alle calcagna».
Gli artifici strutturali, l’ambientazione (il tutto si svolge fra un villaggio rurale della Foresta Nera, alcune fabbriche dismesse e molti paesotti abbandonati, ai lembi dei quali si trovano montagne di plastica e resti post-industriali, compresi dei residuati radioattivi), i giochi di alternanze tra i registri stilistici, con le toccanti accensioni liriche che impreziosiscono il narrato, e la stessa logica binaria dell’insieme, mettono in moto un ben riuscito e intrigante marchingegno narrativo - dove la fanciullesca, bislacca storia d’azienda (?) che Lipa ci racconta è per così dire la parte “in purezza” di un discorso in foggia di parabola pieno di atroci sottintesi e sottotesti.
Altri fra i suoi recensori hanno parlato di Imprenditori come di un romanzo di formazione in miniatura (Anna Chiarloni) o di una parabola del mercato (Daria Galateria). Entrambe le definizioni sono pertinenti, e messe insieme danno conto con acume della natura formale e allegorica del libro. Quel che a noi preme soprattutto sottolineare è, invece, che metter su carta con tono dolceamaro le visionarie peripezie “imprenditoriali” di una famiglia paradossalmente esemplare è servito a Newrat per fare molte cose (naturalmente, oltre che a rimpinguare il suo conto in banca, visto il successo del libro) che interessano quasi tutti: a evidenziare i pregi e i difetti dell’istituto-famiglia, non solo della famiglia intesa come “società di capitali”, così come ne insegna il padre sciamannato dei protagonisti; a osservare “dalla parte dei bambini” l’avvenuto tracollo della figura del pater familias, tanto autoritaria, ormai, quanto debolissima; a dar voce all’auto-coscienza degli adolescenti costretti a crescere asserviti a modelli funzionali a una società dei consumi che induce all’usa e getta tanto dei dispositivi tecnologici che la connotano quanto dei valori essenziali di una sana pedagogia. Raccontando di un microcosmo apparentemente felice che vive la sua difficile vita in una logica deviata, Newrat ci induce a riflettere sui pericoli connessi alla riduzione dell’uomo a homo oeconomicus. E in modo sornione, mostrandone il lato “negativo”, riesce a evocare in controluce i valori che animano l’etica (pur sempre e giustamente) orgogliosa del lavoro.●