Genova Impresa ospita articoli e opinioni che possono anche non coincidere con le posizioni ufficiali di Confindustria Genova.
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SOMMAR IO
Umberto Risso
Emanuele Orsini
4 editoriale RAGIONEVOLI CERTEZZE di Umberto Risso
8 Confindustria NOVITÀ SU DAS
10 l’intervista
VISIONE E PRAGMATISMO di Piera Ponta
14 MiToGeNo L’IMPRESA CHE È IN NOI INTELLIGENZA INDUSTRIALE
22 Regione Liguria
PENSIERO POSITIVO di Piera Ponta
24 Genova startup DALL’ACCADEMIA AL MERCATO di Matilde Orlando
26 competizione & sviluppo
AUTOREVOLE E INDIPENDENTE di Guido Ferrarini e Davide Trasciatti
MOBILITY LAB
PRONTI AL RADDOPPIO
CAPITOLO RIVIERA
DOLCI SUCCESSI
LA LIGURIA AL NOI TECHPARK di Lorenzo Costa
APPUNTAMENTO A GENOVA di Lara Penco
SFORZI TITANICI
COGLIERE L’ATTIMO di Piera Ponta
IL MODELLO AGN ENERGIA
SNELLEZZA OPERATIVA E INNOVAZIONE TECNOLOGICA di Maurizio Ceragno
REGALI DAL MARE
UN SECOLO DI IMPIANTI di Luciano Trebbi
CRESCITA E SOSTENIBILITÀ
COSMETICA, SETTORE FONDATO SULLA SCIENZA
DA SOGNO A REALTÀ
PROGETTO GHANA
ENERGIA PER I GIOVANI di Elisabetta Arato
RESILIENZA DELLE IMPRESE
68 internazionalizzazione
QUO VADIS? di Marco Toffolutti
70 ESG
SI PUÒ FARE DI PIÙ di Laura Amoretti
72 Confindustria La Spezia
B2B MARE LA SPEZIA
76 piccola industria
PROGRAMMA OPERATIVO di Piero Gai
78 giovani
PASSAGGI SIGNIFICATIVI di Jacopo Callà
82 comunicazione
LA PUBBLICITÀ DEL FUTURO di Claudio Burlando
84 Fondazione Ansaldo
TRANSIZIONI di Claudia Cerioli
86 la città
DENTRO E FUORI
PREMIO GENOVA-VALÉRY
ASSAGGI DI CULTURA E TURISMO di Cristina Chiaiso e Paola Dameri
92 cultura & società IL PRESEPE IN DIVENIRE di Luciano Caprile
95 industria & letteratura COME IN UN ROMANZO di Massimo Morasso
Assemblea Pubblica
Ragionevoli CERTEZZE
di Umberto Risso
L’anno che si apre davanti a noi si presenta carico di incertezze legate all’andamento sociale ed economico di imprese e famiglie. Tuttavia, se si distoglie per un attimo lo sguardo dalle analisi congiunturali di breve periodo, se si riflette con attenzione sui cosiddetti “massimi sistemi”, è possibile individuare gli elementi principali che definiranno il prossimo futuro. Si tratta di ambiti dell’evoluzione delle società da cui non è possibile smarcarsi. Fenomeni naturalmente di carattere generale, ma che hanno la forza di dipanarsi lungo un ampio periodo di tempo. Fenomeni che non sono ipotesi, astrazioni, ma certezze “ragionevolmente prevedibili”; fenomeni, infine, che sottendono dinamiche da dover gestire e risposte da dover dare. Infatti, alla facilità nell’individuare queste linee di sviluppo fa da contraltare l’assoluta indeterminatezza di azioni e politiche che le governino efficacemente, impedendo che queste si evolvano in maniera caotica, ed evitando una sfibrante e altrettanto inutile opposizione tout court a tali fenomeni. Abbiamo quindi scelto le “ragionevoli certezze” e le nostre correlate azioni e responsabilità come argomento della nostra annuale Assemblea Pubblica, del 5 dicembre, ospiti di Ansaldo Energia. A maggior ragione in un momento nel quale ogni nostra convinzione, ogni nostro valore, ogni prospettiva con cui siamo soliti guardare l’orizzonte sembra essere diventata liquida, modificata, trasformata.
La prima “ragionevole certezza” riguarda le persone. O meglio, i trend demografici e il loro impatto sulla società e sull’economia. Le previsioni dei saldi naturali della popolazione residente come somma algebrica tra nati e morti sono assolutamente certe, compresi gli effetti sulle forze di lavoro. Da questo punto di vista, sappiamo già che, al netto delle migrazioni interne e internazionali, in Liguria la popolazione in età da lavoro tra i 20 e i 64 anni diminuirà di 76.000 unità al 2030 e di 218.000 unità al 2040. Il tema da porci è ciò che possiamo fare, concretamente, per attrarre sul nostro territorio persone che vengano da altri territori. Dall’Africa, certamente, che è l’unico continente ancora in crescita, anzi in esplosione demografica, ma anche da ogni altro Paese del mondo. E, perché no, da ogni altra Regione d’Italia.
È ovvio che su questo e gli altri aspetti Genova non possa e non debba “fare da sola”. Politiche e progettualità anche se a livello regionale o locale, non possono prescindere da una forte e crescente integrazione territoriale. In un tempo di grandi investimenti pubblici - attraverso il PNRR e non solo - è necessario ragionare e agire in un’ottica sovraregionale, andando a proporre investimenti privati che fungano da moltiplicatore. Genova, Milano e Torino, ad esempio, costituiscono un formidabile riferimento territoriale ricco di imprese, centri di ricerca, ospedali ed eccellenze di settore. Facciamo un esempio: una grande parte degli investimenti e delle progettualità avviate in questi tempi riguardano la ricerca, il trasferimento tecnologico, l’innovazione nei processi industriali. Il progresso delle conoscenze è un’altra ragionevole certezza che dobbiamo saper riconoscere e gestire. Pensiamo, ad esempio, alle tecnologie digitali, all’enorme sviluppo delle capacità di calcolo e degli algoritmi di intelligenza artificiale. Ebbene, l’obiettivo che deve accomunare i nostri sforzi è quello di saper gestire il progresso tecnologico per finalità comuni, a cominciare dalla competitività delle nostre imprese. Ma Genova non si integra solo nel Nord-Ovest, ovviamente. Grazie al suo ruolo sul Mediterraneo è anello importante di numerose catene del valore globale al cui interno sono inserite molte nostre imprese. In alcuni - non pochi - casi sono aziende genovesi le capofila di tali catene. Negli ultimi 10/15 anni abbiamo assistito a una profonda modificazione della globalizzazione alla quale eravamo abituati, che sta rivoluzionando l’assetto delle catene globali del valore, le logiche della produzione e della logistica su scala internazionale, i rapporti di forza e le regole degli scambi commerciali tra sistemi economici. Anche tali modificazioni, che dobbiamo fronteggiare, ma che dobbiamo cominciare anche a immaginare di gover-
5.12.24 PROGRAMMA
In un tempo caratterizzato dall’ipercomplessità e dall’ipervelocità delle trasformazioni che riguardano contemporaneamente società, economia, politica, saperi e applicazione dei saperi, il rischio dello “spaesamento” - e quindi dell’inefficacia dell’agire - è sempre più elevato. Questo vale per le imprese come per le istituzioni, le altre parti sociali, i cittadini e le loro diverse forme aggregative; a livello globale, come a livello locale, metropolitano.
In questo contesto, tuttavia, esistono alcune questioni che, al lordo di eventuali cataclismi al momento imprevedibili, costituiscono delle ragionevoli certezze con le quali è opportuno confrontarsi. Tra queste, quattro vengono poste al centro dell’Assemblea pubblica di Confindustria Genova: la demografia, il progresso scientifico e tecnologico, la globalizzazione, l’energia.
9.30
Registrazione partecipanti e welcome coffee
10.00
Saluti di benvenuto
Fabrizio Fabbri Amministratore Delegato Ansaldo Energia
Apertura dei lavori
Umberto Risso Presidente Confindustria Genova
10.30
Prima certezza: i trend demografici
Marco Bucci Presidente Regione Liguria
Federico Delfino Rettore Università di Genova
Alessandro Spada Presidente Assolombarda
11.00
Seconda certezza: il progresso scientifico e tecnologico
Cristina Battaglia Programme Manager dell’ecosistema dell’innovazione RAISE
Marco Gay Presidente Unione Industriali di Torino
Giorgio Metta Direttore Scientifico Istituto Italiano di Tecnologia
11.30
Terza certezza: il mondo globale
Mario Cospito Consigliere Diplomatico del Ministro delle Imprese e del Made in Italy
Aurelio Regina Delegato per l’Energia nel Consiglio di Presidenza di Confindustria 12.30
Intervento
Davide Livermore Direttore Teatro Nazionale di Genova
Conclusioni
Emanuele Orsini Presidente di Confindustria
MODERA
Rosalba Reggio Il Sole 24 Ore
Gli interventi saranno inframmezzati da letture a cura della Scuola di Recitazione “Mariangela Melato” del Teatro Nazionale di Genova
nare, rientrano nelle “ragionevoli certezze” di cui parleremo durante l’Assemblea.
È, infine, ragionevolmente certo che l’uomo, per soddisfare i propri bisogni e anche per soddisfare quelli dell’ambiente al quale appartiene, abbia bisogno di energia. Anzi, abbia necessità di un fabbisogno crescente di energia, variabile con l’aumentare della popolazione, del reddito disponibile e delle applicazioni richieste. Tutto ciò al netto delle necessarie conquiste derivanti dagli interventi di maggiore efficienza in materia energetica. Si stima che, a oggi, il fabbisogno globale di energia sia pari a circa 450 exajoule e cresca fino a superare i 500 exajoule prima del 2040, con un tasso medio annuo intorno all’1%. Detto questo, si tratta di capire con quale mix di fonti energetiche, tenuto conto degli obiettivi globali di natura ambientale, delle politiche conseguenti, a partire da quelle europee. Non è un caso che la sede scelta per lo svolgimento della nostra Assemblea sia ricaduta su Ansaldo Energia, azienda leader a livello internazionale, impegnata in prima linea a rispondere agli stravolgimenti che stanno interessando mercati e filiere. È anche grazie al know-how e alla visione strategica di aziende come Ansaldo Energia che è possibile immaginare per l’Italia un ruolo di rilievo nell’ambito dei sistemi di produzione di energia in senso sostenibile, ivi compresa l’energia nucleare, componente irrinunciabile all’interno del mix energetico del prossimo futuro.
È chiaro che le ragionevoli certezze di cui parliamo non sono fenomeni tra loro isolati, ma fortemente interconnessi. Un esempio per tutti è il progresso tecnologico: se da un lato contribuisce al raggiungimento di una maggiore efficienza energetica, dall’altro è uno dei fattori di spinta della domanda di energia nei prossimi anni; si pensi alle risorse energetiche necessarie per alimentare i servizi di IA e High Performance Computing. Nella realtà è quindi l’energia la fonte di sviluppo dell’avanzamento tecnologico e, di conseguenza, industriale, con tutte le implicazioni strategiche che ne derivano. In Europa, in particolare, la transizione deve essere attuata con attenzione agli impatti sul settore industriale che da un lato la promuove e dall’altro ne subirà gli effetti.
Davanti a queste quattro certezze e alle loro sottese dinamiche sono necessarie delle azioni, delle trasformazioni che possano andare a modificare il contesto sociale ed economico per come lo conosciamo attualmente. Azioni e trasformazioni che toccano questioni di primaria importanza, che toccano i cosiddetti “massimi sistemi”: la scelta della tutela dell’assetto democratico, la riorganizzazione dei sistemi economici in un contesto di instabilità, la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione efficiente delle risorse e l’orientamento alla sostenibilità. Inoltre sarà fondamentale affrontare con sapienza tutto ciò che riguarda più direttamente cittadini e lavoratori: la risposta a ineguaglianze e a divari crescenti, la gestione dell’immigrazione e relativo adattamento dei sistemi formativo e produttivo, la proposta di un nuovo sistema di welfare per i lavoratori (compreso il sistema previdenziale e quello sanitario). Dalla portata e dall’intensità delle azioni messe in campo dipenderà il futuro - anche industriale - della nostra società.●
Umberto Risso è Presidente di Confindustria Genova
IN COLLABORAZIONE CON
CON IL SOSTEGNO DI
SI RINGRAZIA
PARTNER ISTITUZIONALE
I CLUB TEMATICI SONO ORGANIZZATI CON IL CONTRIBUTO DI
Novità su DAS
Il percorso di digitalizzazione della rete di Confindustria Genova prosegue con il lancio della nuova App nativa, presto disponibile negli App Store ufficiali per Android e iOS.
Il percorso di digitalizzazione di Confindustria Genova compie un ulteriore passo avanti: presto sarà disponibile l’App DAS, l’applicazione nativa dedicata agli Associati, che rappresenta una vera innovazione nella gestione delle relazioni associative e nel rafforzamento del networking.
La nuova App nasce dalla volontà di offrire uno strumento pratico e veloce per accedere ai servizi, rimanere aggiornati in tempo reale e, soprattutto, consolidare i legami tra le imprese associate nel territorio genovese. Questo strumento non si limita a essere una semplice trasposizione della piattaforma web in formato mobile, ma si delinea come una vera e propria integrazione digitale, pensata su misura per le esigenze degli Associati. L’App racchiude infatti una selezione accurata delle funzionalità pensate per gli Associati e consente agli utenti di accedere in modo rapido e intuitivo a informazioni, eventi e servizi dedicati. Gli Associati potranno utilizzare le stesse credenziali già in loro possesso, semplificando così la fruizione delle risorse digitali messe a disposizione dall’Associazione.
L’obiettivo principale dell’App è quello di migliorare l’esperienza utente, rendendo più rapide le modalità di accesso ai dati personali e alle notizie, rafforzando al contempo le relazioni tra Associati. La personalizzazione gioca un ruolo fondamentale: i contenuti proposti saranno infatti allineati con le preferenze espresse dagli utenti nella piattaforma DAS, per un’esperienza sempre più mirata e su misura.
L’App DAS si distingue per un set di funzionalità pensate per semplificare e arricchire la vita associativa. Tra le più rilevanti troviamo le News e gli aggiornamenti in tempo reale: gli Associati riceveranno direttamente sullo smartphone, grazie a notifiche push, notizie su novità normative, eventi, comunicazioni dell’Associazione. Anche i Servizi associativi saranno a portata di clic: sarà possibile accedere facilmente alle agevolazioni riservate agli Associati e monitorare lo stato dei ticket di assistenza. La gestione degli eventi è semplificata: dall’iscrizione ai convegni alla fruizione degli stessi, l’App renderà ogni operazione più veloce e intuitiva. Gli Associati ritroveranno la sezione Vetrina aziendale della piattaforma web anche nell’App. Il Ticketing verso l’Associazione diventa immediato e diretto: grazie a un sistema di contatto rapido, gli Associati potranno scegliere il canale preferito per ricevere assistenza, come e-mail, telefono o messaggistica, e potranno scegliere i contatti in base alle proprie necessità.
Il principio che guida lo sviluppo dell’App DAS è chiaro: mettere l’Associato al centro, garantendo un’esperienza flessibile e personalizzata. Gli utenti potranno configurare le proprie preferenze di contenuto, ricevendo notifiche e aggiornamenti solo su ciò che è realmente rilevante per la propria attività. Anche la partecipazione attiva è facilitata: tramite l’App, gli Associati potranno rispondere a sondaggi e indagini direttamente dal proprio smartphone, contribuendo in modo semplice e immediato alle analisi condotte dall’Associazione.
I vantaggi di scaricare l’App DAS sono evidenti e molteplici: oltre a fornire agli Associati un canale immediato di connessione alla rete confindustriale, offre l’accesso semplificato e diretto ai servizi dedicati, come monitoraggio dello stato di avanzamento dei ticket di assistenza, partecipazione intuitiva agli eventi, relazioni con le Associazioni monitorabili e supporto tempestivo. Il lancio dell’App DAS rappresenta un nuovo tassello nell’evoluzione digitale di Confindustria Genova. Pensata per rispondere alle esigenze degli Associati, questa applicazione offre un accesso diretto e personalizzato al mondo confindustriale, facilitando il networking, l’accesso ai servizi e la gestione delle relazioni. Con il suo approccio user-friendly e la capacità di integrare funzionalità innovative, l’App DAS si candida a diventare un punto di riferimento per le imprese del territorio, rafforzando il legame tra Confindustria Genova e il suo tessuto imprenditoriale.●
di Piera Ponta
Le valutazioni di Confindustria riguardo le principali emergenze che stanno affrontando le nostre imprese si stanno traducendo in proposte concrete pronte per essere attuate, con ricadute positive per tutti.
Visione e pragmatismo
“ Il nostro Piano Casa è un vero e proprio piano di politica economica a sostegno della crescita”
“ La misura Industria 5.0 deve essere semplificata per consentire alle imprese di accedere agli incentivi e attuare gli investimenti”
“ L’energia è un tema di sicurezza nazionale oltre che competitività”
Emanuele
Orsini
Fuga dei giovani e mancanza di manodopera qualificata, transizione digitale ed ecologica, relazioni commerciali internazionali sono i temi sui quali abbiamo chiesto al presidente Emanuele Orsini di rappresentare la posizione di Confindustria, indicando le iniziative che dovrebbero essere messe in atto per contrastarne gli effetti negativi sul tessuto industriale - e non solo - del nostro Paese.
Presidente, una delle questioni più critiche per il futuro del nostro Paese è rappresentata dall’invecchiamento della popolazione unito al basso tasso di natalità, con rischi concreti per la competitività delle
nostre imprese. Quali sono le proposte di Confindustria per affrontare tale situazione?
Molto semplici: crescita economica e case accessibili per favorire la mobilità del lavoro e dunque l’ascensore sociale. Più in dettaglio: l’enorme deficit demografico che l’Italia sta affrontando e la diminuzione della popolazione attiva ovviamente frenano lo sviluppo industriale e aggravano la situazione economica. Senza interventi strutturali questa tendenza non potrà che peggiorare, mettendo a rischio la sostenibilità del nostro sistema sociale e produttivo. Per far fronte a questa emergenza è necessario favorire la crescita e la formazione della popolazione giovane e lavorare sulla scarsa attrattività del Paese per le professioni qualificate. Da un lato vogliamo riportare a casa i nostri giovani andati all’estero e dall’altro ci interessa trattenere i ragazzi nel nostro territorio facendo capire loro che sono una risorsa e che anche qui possono ottenere risultati. E poi c’è il tema dei flussi migratori regolari, che sono una parte fondamentale della soluzione. La migrazione può colmare il divario tra domanda e offerta di lavoro in settori in cui le imprese italiane faticano a trovare manodopera qualificata. Perciò, è necessaria una riflessione più ampia su come gestire questo fenomeno sia in termini di formazione sia di inclusione nel mercato del lavoro. Ma il declino demografico, oltre all’occupazione giovanile, va di pari passo con la crisi del mercato immobiliare. Le nostre imprese, infatti, registrano ormai da tempo un record nella carenza di personale - sono difficili da reperire quasi il 50% dei profili ricercati - e abbiamo un enorme problema di lavoratori che non riusciamo ad assumere perché mancano abitazioni a canoni compatibili con gli stipendi. È prioritario, quindi, creare le condizioni affinché le classi più fragili della nostra società possano avere accesso ad abitazioni di qualità a un prezzo sostenibile. Con questo obiettivo abbiamo presentato il “Piano casa”. Il progetto mira a coinvolgere soggetti pubblici e privati per mettere in campo gli strumenti necessari ad attivare capitali pazienti, rimuovere gli ostacoli di natura urbanistica e amministrativa per la costruzione e riqualificazione di nuovi edifici e ad introdurre specifiche misure fiscali. È un piano essenziale per superare da una parte il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e dall’altra la “trappola della mobilità” che impedisce di abbattere la disoccupazione strutturale che soffoca la nostra economia. In realtà, dunque, un vero e proprio piano di politica economica per dare una spinta fortissima alla crescita.
Mentre il Piano Industria 4.0 continua a incontrare l’interesse delle imprese, il nuovo Piano Transizione 5.0 fa fatica a partire, in un contesto economico caratterizzato da un calo della produzione e da minori investimenti. Sappiamo che, al riguardo, il confronto con il MIMIT è aperto e costruttivo. In che modo, a suo parere, si può intervenire sulla misura, affinché le aziende non debbano rinunciare a questa importante opportunità di crescita - dotata, peraltro, di notevoli risorse?
Transizione 5.0 va semplificata. Questo è il punto da cui partire. I nostri imprenditori la vedono come un’opportunità, ma bisogna ridurre il numero di passaggi attuali perché
non sta performando come pensavamo. Per funzionare deve essere facile da utilizzare come Industria 4.0 e non imbrigliata di lacci e lacciuoli derivanti anche dalla normativa europea. La prima difficoltà sta nella tempistica: nel 2026 finisce il tempo a disposizione per la realizzazione dei progetti del PNRR che, non bisogna avere paura di dirlo, deve essere allungato per mettere le imprese nelle condizioni di fare gli investimenti; il secondo problema riguarda la regolamentazione europea, secondo cui se si utilizzano le energie fossili non si può beneficiare di Industria 5.0, e poi un’altra limitazione è che questo strumento non può essere cumulato con altre misure. Così Industria 5.0 rischia di andare in competizione con 4.0 o con la Zes unica al Sud. Per far sì che questo strumento diventi attrattivo stiamo lavorando col Governo in modo costruttivo, ma servono chiarimenti alle imprese e ulteriori semplificazioni delle procedure per accedere agli incentivi. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy ha annunciato che saranno presentate alcune modifiche richieste dal nostro tessuto produttivo. Le attendiamo per pronunciarci, ma siamo fiduciosi. Inoltre, per dare un ulteriore impulso agli investimenti, abbiamo proposto anche l’Ires premiale, una misura per chi mantiene il 70% degli utili in azienda usandone il 30% per investimenti in tecnologia, produttività, welfare e formazione. Questo ci darebbe la possibilità di recuperare una parte di ciò che abbiamo perso con l’Ace. Dobbiamo avere l’ossessione agli investimenti.
Il ricorso del presidente Trump a nuovi dazi fa temere pesanti ripercussioni nei Paesi che hanno i maggiori surplus commerciali con gli Stati Uniti, tra i quali l’Italia. Qual è la sua opinione in merito?
Gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di sbocco per i nostri prodotti, con 67 miliardi di export a fronte di 22 di import, quindi un saldo positivo: se Donald Trump incrementerà i dazi al 10% soprattutto per proteggere gli Stati Uniti dalla Cina, è inevitabile che la Cina proverà a riversare i propri prodotti in Europa e questo ovviamente ci preoccupa. Si tratta di un’impostazione che può esercitare effetti molto pesanti sull’economia e sull’industria europee, già oggi alle prese con un forte rallentamento. Ma le politiche di Trump devono dare una sveglia all’Europa, per trovare una nuova consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie strategie industriali. Il nostro continente deve uscire dal torpore della ragione o dall’ubriacatura ideologica che l’ha portato a confondere la giusta tutela dell’ambiente con la desertificazione industriale di interi settori produttivi, a cominciare dall’automotive inspiegabilmente regalato alla Cina. In campagna elettorale il neopresidente americano ha promesso una forte riduzione del prelievo fiscale alle imprese e una energica semplificazione degli oneri amministrativi, misure che accrescerebbero ulteriormente l’attrattività degli USA verso i grandi flussi di capitale e di investimenti, sottraendoli all’Europa. Se l’Europa non vuole rassegnarsi a essere un vaso di coccio economico e politico rispetto a USA e Cina deve davvero cambiare strada per salvaguardare l’industria; deve lavorare concretamente alla crescita e al benessere e, in questo modo, tutelare la democrazia da sempre legata al libero mercato. Ormai siamo a
un bivio, non c’è più tempo. Dunque, visti i buoni rapporti vantati dal nostro Governo con gli Stati Uniti, credo sia opportuno aprire subito un negoziato con Washington su alcuni temi di maggiore impatto, quali il commercio, l’energia e la difesa.
L’industria italiana oggi paga l’energia circa il 40% in più rispetto agli altri paesi europei, con conseguenze sulla propria capacità competitiva; Confindustria chiede, pertanto, con forza di poter potenziare il mix energetico in Italia, anche attraverso il rilancio del nucleare. Può spiegarci, più in dettaglio, le iniziative che state mettendo in atto?
L’energia è un tema di sicurezza nazionale oltre che di competitività. Nell’attuale scenario abbiamo molte emergenze, ma l’Italia e l’Europa ne hanno una che è più importante di tutte e che sta erodendo le fondamenta su cui poggiano le nostre economie: il costo dell’energia. È anche per questo fortissimo handicap se per venti mesi consecutivi la produzione industriale italiana è in calo, ed è sempre per questo motivo che i produttori stranieri non investono da noi. Non siamo attrattivi. In Italia la bolletta elettrica è troppo alta e se continuiamo così ci avviamo verso il declino industriale. Perché un produttore di ceramica dovrebbe venire a produrre in Italia quando può andare in Spagna dove l’energia costa molto di meno o in altri paesi dove non paga l’ETS? In Europa abbiamo grandi differenziali tra Paese e Paese, avendo modificato ciascuno i propri mix energetici. La Germania ha spinto fortemente sulle rinnovabili e continua a usare impianti a carbone e lignite. Anche la Spagna ha puntato su grandi impianti di energia rinnovabile e ha comunque un parco di centrali nucleari. La Francia ha il vantaggio dei grandi impianti nucleari. Mentre noi produciamo l’elettricità usando molto gas. Secondo noi la vera via è il mix energetico. Inoltre, in Italia dal primo gennaio scatta l’Energy Release, un provvedimento promosso da Confindustria che permetterà alle imprese industriali energivore di approvvigionarsi di elettricità rinnovabile per tre anni a un prezzo competitivo per un terzo dei loro consumi. In cambio, queste aziende devono impegnarsi a restituire in 20 anni quanto gli è stato anticipato e investire nell’autoproduzione di energia rinnovabile, creando un circolo virtuoso. Si tratta di un passo importante, un primo esempio di come dovrebbe essere il mercato elettrico del futuro, con il disaccoppiamento dei prezzi dell’energia rinnovabile da quelli del gas. Ma va detto che le rinnovabili da sole non bastano. L’industria ha bisogno di fonti di energia continue, come le nuove centrali nucleari dei micro-reattori di quarta generazione che permettono di produrre stabilmente energia elettrica, calore e, se necessario, idrogeno, senza emissioni di gas serra. Non possiamo assolutamente lasciarci sfuggire questa opportunità ma serve responsabilità da parte di tutti. Noi siamo talmente convinti di questa tecnologia che siamo disposti a posizionare i micro-reattori all’interno delle nostre fabbriche. Non a caso l’energia nucleare contribuisce significativamente alla generazione di energia elettrica da oltre 50 anni e oggi soddisfa circa il 10% dei consumi globali, un valore che non potrà che crescere in futuro anche in vista dell’Intelligenza Artificiale.●
SQUADRA DI PRESIDENZA
Emanuele Orsini
Presidente
Lucia Aleotti
Vice Presidente per il Centro Studi
Giovanni Baroni
Vice Presidente e Presidente della Piccola Industria
Angelo Camilli
Vice Presidente per il Credito la Finanza e il Fisco
Barbara Cimmino
Vice Presidente per l’Export e l’Attrazione degli Investimenti
Francesco De Santis
Vice Presidente per la Ricerca e lo Sviluppo
Maria Anghileri
Vice Presidente e Presidente dei Giovani Imprenditori
Maurizio Marchesini
Vice Presidente per il Lavoro e le Relazioni Industriali
Vincenzo Marinese
Vice Presidente per l’Organizzazione e i Rapporti con i Territori e le Categorie
Natale Mazzuca
Vice Presidente per le Politiche Strategiche per lo Sviluppo del Mezzogiorno
Marco Nocivelli
Vice Presidente per le Politiche Industriali e il Made in Italy
Stefan Pan
Vice Presidente per l’Unione europea e il Rapporto con le Confindustrie europee
Lara Ponti
Vice Presidente per la Transizione Ambientale e gli Obiettivi ESG
Annalisa Sassi
Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali
Maurizio Tarquini
Direttore Generale
L’ Impresa
Alla Bocconi l’Assemblea generale 2024 di Assolombarda.
Il 21 ottobre scorso si è svolta, presso l’Università Bocconi, l’Assemblea 2024 di Assolombarda. L’assise, dal titolo “L’Impresa che è in noi”, è stata aperta alla presenza di rappresentanti delle istituzioni e della comunità degli imprenditori di Milano, Monza e Brianza, Pavia e Lodi. Riportiamo un estratto dal discorso del presidente di Assolombarda Alessandro Spada.
Per affrontare le sfide delle transizioni e la competizione con Stati Uniti e Cina, serve innanzitutto un fondo comune a livello europeo e poi serve che sia all’altezza. La Presidente von der Leyen ha dichiarato che nei primi 100 giorni di mandato della nuova Commissione sarà presentato il Clean Industrial Deal come parte essenziale della strategia verde dell’Europa. Ci auguriamo che sia il passaggio verso una transizione ecologica davvero industriale. In questo piano, o ci sarà un cambiamento dei progetti attuali secondo un paradigma realistico e realizzabile, oppure il rischio di deserto industriale sarà concreto. Un esempio fondamentale di questo cambio di passo necessario è il nucleare. Il nucleare garantisce la più alta produzione energetica a fronte della minore emissione di CO2 e ci permette di ridurre l’esposizione ai rischi geopolitici. È una priorità importante per il nostro territorio: 2/3 del fabbisogno nazionale di energia viene dal Nord Italia, che può far meno affidamento su alcune fonti rinnovabili, come, per esempio, l’eolico. Apprezziamo l’impegno da parte del Governo di arrivare a un quadro giuridico entro la fine dell’anno. E apprezziamo l’impegno del MIMIT di realizzare una newco italiana con partnership tecnologica straniera per i reattori di terza generazione. Serve però anche una precisa pianificazione finanziaria e operativa. Come sostenere questo investimento strategico per l’indipendenza energetica del Paese è un punto che va chiarito e reso pubblico. Il nucleare è una fonte imprescindibile - insieme al gas naturale, alle rinnovabili, all’idrogeno - per assicurare una equilibrata e sostenibile strategia di transizione energetica. Intanto, gli studi ci dicono che 20 impianti small modular reactor porterebbero a più di 50 miliardi di euro di PIL aggiuntivi, attivando fino a 117.000 occupati dal 2030 al 2050. Non possiamo rischiare di ritrovarci nel 2030 a vedere i risultati degli altri mentre noi stiamo ancora discutendo. In Cina poche settimane fa sono stati approvati ben 11 nuovi
reattori nucleari e si stima che la loro costruzione durerà 5 anni. In un Paese europeo come la Repubblica Ceca la tecnologia per i reattori nucleari viene oggi fornita dalla Corea del Sud! E ricordiamoci che: senza energia non esiste intelligenza artificiale. Negli ultimi mesi abbiamo visto annunci di aziende come Amazon e Microsoft che intendono utilizzare l’energia nucleare per alimentare i loro data center. Microsoft vuole puntare sull’Italia più di 4 miliardi. Questo significa che bisogna preparare una filiera di costruzioni, di infrastrutture e permessi energetici, di autorizzazioni per i data center. Gli Stati Uniti lo stanno facendo. La priorità sono le infrastrutture e le imprese, non l’iper-regolamentazione. I dati certificano un impressionante ritardo rispetto agli USA. I tre principali operatori cloud americani hanno oltre il 65% del mercato globale ma anche di quello europeo. Il più grande operatore cloud europeo rappresenta appena il 2% del mercato dell’UE. Per temi di frontiera, come le tecnologie quantistiche, le aziende europee attirano solo il 5% dei finanziamenti privati globali, contro il 50% delle aziende degli Stati Uniti. La burocrazia è un costo insopportabile per lo sviluppo tecnologico. Per le grandi imprese, per le PMI, per le startup. Per tutti coloro che, invece di innovare, devono passare il tempo a compilare moduli. Facciamo in modo che dal 2025 l’obiettivo dell’Europa e dell’Italia sia quello di ridurre le regole, e non aumentarle. E poi, se davvero vogliamo rendere l’Europa competitiva, è arrivato il momento di dirlo chiaramente: superiamo questo approccio sull’antitrust, fissato su un consumatore che esiste solo nella teoria. Un antitrust che valuta le operazioni solo sulla base del mercato europeo, come se l’intero pianeta si riducesse all’Europa. Ma l’Europa è il perimetro minimo e non massimo di azione! Dobbiamo liberarci delle diffidenze politiche interne. Non abbiamo mai considerato abbastanza quanto il fatto di non avere campioni europei avrebbe avvantaggiato di volta in volta i concorrenti cinesi o coreani, che al contrario di noi non corrono con le mani
legate. E quante aggregazioni, nelle industrie a più grande intensità tecnologica, sono state disincentivate da quest’approccio così miope? Enrico Letta ha fatto un esempio molto chiaro: l’Unione Europea comprende 27 distinti mercati nazionali delle telecomunicazioni. Un operatore europeo medio serve 5 milioni di utenti rispetto ai 107 milioni degli Stati Uniti e ai 467 milioni della Cina. Questa frammentazione ostacola la scala e la crescita degli operatori paneuropei e limita la capacità di investire, innovare e competere con le controparti globali. Nel nostro piccolo, nonostante tutto, su questo territorio ci impegniamo per dare una linea comune sui dossier d’avanguardia. Per esempio, a Pavia, dove è nato il centro italiano per la microelettronica, ChipsIT, vigilato proprio dal MIMIT. Il nostro è un modello industriale virtuoso e vincente in Europa, fondato su un fattore imprescindibile per poter essere competitivi: gli investimenti. Rispetto al quarto trimestre 2019, quindi prima della pandemia, nel secondo trimestre di quest’anno l’Italia ha accresciuto in termini reali i suoi investimenti in macchinari e impianti del 10,1%. In Spagna sono diminuiti del 4,5%, in Francia del 4% e in Germania del 9,9%. Anche grazie al Piano Industria 4.0, l’Italia ha portato la sua quota di investimenti in macchinari e tecnologie sul Pil dal 6,1% del 2014 al 7,2% del 2019 fino al 7,6% nel 2023. Questo è stato il vero “segreto” della nostra capacità industriale. Ora, ci aspettiamo, per stimolare gli investimenti, che venga dato seguito alle anticipazioni delle correzioni a Transizione 5.0 fatte in queste ultime settimane dal Ministero. Dobbiamo assolutamente semplificare una misura che è strategica ma talmente complessa che non riesce a decollare: ad oggi, su 6,3 miliardi di euro sono stati prenotati 130 milioni da parte di solo 413 imprese. Per noi la migliore proposta avanzata fino a questo momento è quella di usare parte delle risorse destinate a Transizione 5.0 per rifinanziare Industria 4.0, che è una misura che funziona bene. Non possiamo fermarci ora, che è il momento di correre di più.●
Qual è la somma di due forze?
Sono molte le occasioni per far sentire la nostra voce: l’Assemblea pubblica, momento principale dell’anno di confronto con la Città, i dibattiti sui progetti per lo sviluppo del nostro territorio, gli incontri dei Club tematici (Ambiente Energia, Economia del mare, Finanza d’impresa, Formazione, Internazionalizzazione, Lavoro, Previdenza, Sicurezza, Studi e Ricerche, Territorio e Infrastrutture), della Piccola Industria e dei Giovani Imprenditori, i dossier su Genova Impresa e gli aggiornamenti su Genova Impresa settegiorninews, il sito e le pagine social.
L’offerta di co-branding di Confindustria Genova è articolata e modulabile in base alle proprie esigenze di comunicazione.
Intelligenza Industr iale
L’Assemblea pubblica dell’Unione Industriali Torino, la prima per il neo presidente Marco Gay, si è svolta lo scorso 28 ottobre.
L’Unione Industriali Torino ha riunito il sistema imprenditoriale cittadino per l’edizione 2024 della sua Assemblea pubblica, l’annuale momento d’incontro e confronto fra i principali attori pubblici e privati del territorio che propone un’analisi della situazione socioeconomica locale e nazionale, oltre alla condivisione di prospettive e priorità del mondo produttivo.
Organizzato nelle sale del centro congressi dell’associazione confindustriale torinese, l’appuntamento, anche in virtù della presenza dei ministri Antonio Tajani (Affari Esteri e Cooperazione Internazionale), Gilberto Pichetto Fratin (Ambiente e Sicurezza Energetica) e, in videocollegamento, Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy), nonché del presidente nazionale di Confindustria Emanuele Orsini, ha offerto una preziosa occasione per alimentare il dibattito sulle sfide e le opportunità dell’industria italiana, dinanzi a uno scenario, europeo e globale, sempre più complesso e in costante trasformazione.
Un’attenzione particolare è stata rivolta alle dinamiche che riguardano l’area metropolitana di Torino e la Regione Piemonte, rappresentate sul palco dal sindaco della Città Stefano Lo Russo e dal governatore regionale Alberto Cirio. Una porzione del Paese tradizionalmente vocata alla produzione manifatturiera e, più in generale, al “fare impresa” grazie al suo patrimonio di ingegno e di conoscenza, benché alle prese con una fase storica di transizione che ne rende imprescindibile l’evoluzione in chiave innovativa e tecnologica dei suoi asset produttivi.
Proprio questi sono gli aspetti attorno cui si articola la relazione presentata dal presidente dell’Unione Industriali Torino, Marco Gay, alla sua prima Assemblea dalla nomina
Marco Gay
dello scorso luglio alla guida dell’Associazione, che nel binomio industria e innovazione ha fissato i capisaldi di un mandato con cui si propone di aiutare lo sviluppo economico e sociale della comunità in chiave sostenibile, accompagnando e supportando il tessuto imprenditoriale locale verso le nuove frontiere della competitività.
«Le sfide che abbiamo di fronte - sottolinea Gay nel suo discorso - richiedono la partecipazione di tutti gli attori istituzionali, economici, sociali. Abbiamo il dovere di ritrovarci comunità. Di sentire, insieme, la gravità e l’importanza del momento per rinsaldare le convinzioni e tirare fuori le nostre migliori energie. Facciamolo partendo dai nostri luoghi, dalle nostre aziende e dalle nostre persone. Partiamo da Torino, dalla nostra volontà di trasformazione e miglioramento con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento solido, coraggioso e responsabile».
Un intervento il cui leitmotiv risiede nel concetto che lo stesso Presidente ha definito “l’intelligenza industriale” di questo territorio, tema ulteriormente approfondito nel corso dell’Assemblea con l’omonima tavola rotonda che ha coinvolto un parterre di primissimo piano: David Avino (founder e CEO Argotec), Ferruccio De Bortoli (giornalista e saggista), Fabio Pammolli (presidente Fondazione AI4Industry) e Tatiana Rizzante (CEO Reply, vicepresidente Unione Industriali Torino), moderati dalla giornalista Rai Barbara Carfagna.
Proprio l’intelligenza industriale, nella visione di Gay, costituisce la risorsa essenziale grazie a cui poter determinare un cambio di passo in ogni ambito produttivo, come dimo-
strano i risultati di quelle che rappresentano oggi le nuove eccellenze cittadine, dall’aerospaziale al biomedicale, dal digitale alla meccatronica: «Dobbiamo crescere nei settori a più alto valore aggiunto e maggior contenuto di creatività e tecnologia. Crescere nella dimensione delle imprese. Crescere nelle aziende capaci di proiettarsi internazionalmente, ossia di esportare, anche nei servizi».
Nell’analizzare la situazione, ha poi affrontato le difficoltà attraversate dal comparto più identitario per il territorio, quello automobilistico: «La crisi del settore automotive è un fatto. Non è un problema solo italiano, ma qui colpisce di più e profondamente un’intera filiera. Proprio per questo è urgente una politica industriale europea sul settore, un mobility act, che trovi qui da noi il suo centro di ricerca, ingegneria e produzione, senza se e senza ma! Non possiamo pensare a utili politiche di sviluppo che non mettano al centro la produzione e l’industria italiana ed europea, partendo da obiettivi comuni ma con una parola d’ordine: neutralità tecnologica!».
Aggiungendo la considerazione che «la crisi dell’automotive non si risolverà mettendo a disposizione incentivi, salvaguardie temporanee. Piccoli palliativi di fronte a una sfida esistenziale. C’è bisogno di guardare con serietà al contesto e ritornare a investire nella ricerca e nell’innovazione, con una politica industriale concreta, seria e duratura per la transizione. Proiettare Torino nel futuro non vuol dire abbandonare l’auto. Ma mettere insieme il nostro enorme capitale di conoscenza nel settore con l’innovazione tecnologica in cui ancora possiamo e sappiamo dire molto».●
REGIONE LIGURIA
La Liguria ha le potenzialità e gli strumenti per attrarre giovani e imprese e per consolidarsi come riferimento nazionale e internazionale per la Blue Economy e l’energia pulita.
Pensiero positivo
di Piera Ponta
Sulle “ragionevoli certezze” trattate nell’Assemblea pubblica di Confindustria Genova abbiamo chiesto l’opinione del neo presidente di Regione Liguria, Marco Bucci. Dalle iniziative per contrastare il calo demografico al rilancio del nucleare, fino alla produzione dell’idrogeno, per Bucci non ci sono progetti irrealizzabili. Occorre volerlo, e volerlo tutti insieme.
Presidente, i dati pubblicati da Eurostat relativi all’anno 2023 mostrano come la Liguria sia la regione con l’età mediana più alta di tutta l’Unione Europea, ovvero 52,1 anni. Su quali leve intende agire per contrastare tale trend?
Parto da una premessa: la percentuale di nascite è in linea con le altre regioni italiane e l’età media elevata è anche frutto della scelta di molti pensionati di venire a vivere in Liguria per la migliore qualità di vita. Agevolare in ogni modo le famiglie che vogliono avere figli è senza dubbio una priorità e intendo potenziare al massimo ogni sforzo che Regione Liguria sta già facendo in questo senso, ad esempio con il sostegno alle rette per gli asili nido e le baby sitter, gli incentivi alle aziende che conciliano il lavoro con le esigenze delle neo mamme. Ma oltre all’aspetto economico, su questo trend pesa anche un aspetto sociale su cui è più difficile incidere. La scelta di non avere figli a volte non è dettata solo da mancanza di mezzi. L’abbassamento dell’età media può essere piuttosto agevolato lavorando sull’attrattività della Liguria, per richiamare più giovani che vogliano trovare lavoro e vivere in una regione più accogliente, dove il benessere e lo stile di vita è superiore. Occorre puntare sulla digitalizzazione, sullo sviluppo tecnologico, l’innovazione globale che possono offrire nuove occasioni di lavoro. Dico questo pensando che a Genova un risultato importante lo abbiamo già ottenuto. Abbiamo già fermato il declino demografico grazie a maggiori posti di lavoro disponibili. A giugno 2024 abbiamo registrato 1.500 residenti in più rispetto al 2022. Non ancora una netta inversione di tendenza, ma raddrizzare la curva, renderla flat è un primo passo importante. Io poi ritengo giusto conteggiare anche i cosiddetti city users, coloro che non sono residenti ma vivono stabilmente in città almeno 5 giorni la settimana e che sono 676mila. È però importante saperne cogliere gli aspetti positivi, anche in senso economico, pensando che la Silver Economy si basa proprio su una maggior capacità di spesa della terza Età, che presenta anche un rischio di povertà molti inferiore.
il rafforzamento di Ge-Dix nella creazione di un nodo genovese della digitalizzazione sfruttando il passaggio dei cavi Blue Med. Penso alla creazione di una Fabbrica delle Idee nel settore della Blue Economy e al potenziamento dei Blue District. Noi abbiamo una cosa che altri non hanno: la centralità nel Mediterraneo, dobbiamo sfruttarla. Fondamentale per ogni progetto sarà il reperimento di aree, specie quelle vicine al mare. E qui occorrerà lavorare per recuperare quelle che oggi non sono più necessarie a realtà industriali che hanno cambiato dimensioni o processi produttivi. Il grande gap che dobbiamo colmare è quello delle infrastrutture. Abbiamo già iniziato ma dobbiamo rendere la Liguria più accessibile possibile, rompere l’isolamento. Anche sviluppando la velocità delle connessioni, le autostrade digitali oggi sono importanti come quelle tradizionali.
Marco Bucci
Qual è la sua idea di marketing territoriale e quali politiche pensa di mettere in atto per attrarre investitori nazionali e internazionali?
Sono davvero tanti gli strumenti che si possono mettere in campo a partire dal reinserimento dell’esenzione Irap per chi viene a investire o dal progetto del Business Tutor che accompagna le aziende che si insediano in Liguria. Fondamentale lo sviluppo tecnologico che passa anche attraverso
La nostra regione presenta un insieme di fattori abilitanti per il rilancio del nucleare - basti pensare al patrimonio di competenze industriali e di ricerca e alla logistica. Quale ruolo può svolgere la Liguria nella ripresa di questo percorso? Un ruolo enorme e decisivo. L’eccellenza di realtà come Ansaldo è riconosciuta a livello internazionale. Le competenze, i risultati raggiunti nella ricerca fanno sì che primari player mondiali, in primis francesi che sono al top nel settore, cerchino con frequenza la collaborazione delle nostre aziende. Per noi è motivo di orgoglio, ma anche un’occasione di sviluppo e di rilancio del territorio e di tutta l’economia regionale. Un tempo avevamo la Nira, non vedo perché non si debba tornare a essere la capitale italiana del nucleare verde, pulito. Il know-how delle nostre imprese è fuori discussione, ma è l’ora di pensare anche allo sviluppo della produzione, dello stoccaggio e della distribuzione di energia, dopo decenni persi anche per motivi ideologici. Confido molto nelle parole del ministro Pichetto Fratin che ha assicurato un forte impegno dell’Italia per riprendere la strada del nucleare, a oggi probabilmente l’energia più sicura e pulita, sicuramente infinita. La Liguria sarà senza dubbio in prima fila per raccogliere questa sfida, con la Regione pronta a sostenere con le scelte di propria competenza le aziende che ne saranno protagoniste. Mi piace sottolineare che un mio obiettivo di mandato è in generale la creazione di una Energy Valley ligure. Oltre che per il nucleare possiamo giocare un ruolo importante in altri settori della produzione energetica alternativa. Abbiamo realtà all’avanguardia. La ricerca prosegue e mi auguro presto si possa arrivare a sviluppare la strada dell’idrogeno, che sia sostenibile anche dal punto di vista economico. A beneficiarne sarebbero tante altre realtà economiche liguri. E qui torniamo alla prima e alla seconda risposta, perché è un cerchio che si chiude. Se la Liguria sarà capace di cogliere le nuove opportunità, di diventare il punto di riferimento a livello nazionale e internazionale, diventerà attrattiva, vedrà arrivare molti giovani e nuove aziende vorranno investire qui. Abbiamo le potenzialità e gli strumenti per farcela. Tocca a noi, tutti insieme.●
Un tesoro di innovazione a servizio della sicurezza delle persone.
Dall’accademia al mercato
di Matilde Orlando
Giovanni Gaggero
Giovanni Gaggero è Ricercatore del Dipartimento di ingegneria navale, elettrica, elettronica e delle telecomunicazioni - DITEN dell’Università di Genova e Presidente dello spinoff AirFIELD Security.
Mentre da un lato evolve la natura degli attacchi informatici, dall’altro è in forte crescita anche il mercato delle tecnologie per il monitoraggio della cyber security.
Un approccio nuovo è quello proposto da AirFIELD, con un prodotto per il monitoraggio delle reti di controllo industriali.
Se dovessi mettere in luce tre caratteristiche di AirFIELD Security in altrettante parole, quali sceglieresti? E perché?
Innanzitutto, AirFIELD è uno spinoff universitario; ciò significa che stiamo trasformando in un prodotto la ricerca di frontiera nel campo della cybersecurity industriale. Riprendo le ultime due keyword: quando si parla di cybersecurity, si pensa sempre al furto di dati, mentre a oggi esistono casi in cui attacchi informatici hanno interrotto il funzionamento di infrastrutture e addirittura messo a repentaglio la sicurezza delle persone. Infine, AirFIELD è l’acronimo di Artificial Intelligence based monitoRing of FIELD networks. I nostri prodotti sono un esempio di come l’AI può essere al servizio della sicurezza delle persone.
Entriamo nel dettaglio: quale idea imprenditoriale è alla base di AirFIELD Security e quali riscontri hai ottenuto fino a oggi dal mercato?
Parliamo di un prodotto per il monitoraggio delle reti di controllo industriali, in grado di rilevare in tempo reale attacchi informatici ma anche anomalie dovute a malfunzionamento degli apparati. La startup è molto giovane, ma siamo stati sorpresi dall’interesse ricevuto in pochi mesi. A oggi abbiamo un accordo con una grande azienda genovese per un progetto pilota, ma speriamo di concretizzare nei prossimi mesi questo interesse in altri use-case.
A quali esigenze o nuove opportunità la startup intende rispondere e come?
I problemi di sicurezza informatica stanno entrando nella quotidianità del grande pubblico. Ormai chiunque ha subito le conseguenze di un attacco, sia che si tratti di qualcosa di relativamente poco grave, come ad esempio il furto di un account social, fino a grandi danni economici per gli imprenditori. Per rispondere a queste minacce, serve la tecnologia. Nel campo verticale delle reti di controllo, vogliamo proporre un approccio decisamente nuovo: non adattare soluzioni pre-
esistenti alle peculiarità dei sistemi di Operational Technology (OT), ma un prodotto disegnato specificatamente per tale scopo.
Quale percorso personale e professionale ti ha portato qui e quali sono le altre professionalità coinvolte in AirFIELD Security?
Sono un ricercatore universitario, e vorrei rimanere tale. Quello che mi piace fare è trasferimento tecnologico, una delle missioni fondamentali dell’università, ovvero, detto in parole povere, trasformare le pubblicazioni scientifiche in prodotti reali, adatti al mercato. Con me, tra i fondatori, ci sono altri ricercatori e un socio proveniente dall’industria: Roberto, Alessandro, Giancarlo e Fabio, che hanno trascorso pomeriggi con me in laboratorio, anche quando la tecnologia sembrava non collaborare; Paola e Alessio che, con meno tempo ma un enorme bagaglio di esperienza, ci hanno evitato, e continuano a farlo, tanti errori.
Guardando al futuro, quali possono essere le ambizioni di sviluppo e i progetti per la startup?
Il mercato delle tecnologie per il monitoraggio della cyber sicurezza è in forte crescita. Allo stesso tempo, la tecnologia dei sistemi di controllo nel mondo è abbastanza simile, non dipende dalle culture. Dobbiamo puntare al mercato internazionale. Non abbiamo più finanziamenti, più persone, o più risorse in generale rispetto alle startup che possono nascere in altri paesi. Dobbiamo giocare d’anticipo, e mostrare la qualità del prodotto.
Una riflessione conclusiva: quali esperienze pregresse o inclinazioni personali ti sono state utili nel lavoro di startupper e, viceversa, cosa hai imparato in AirFIELD Security che vuoi portarti anche “a casa”? Essere ricercatore ti spinge sempre a provare a fare le cose in modo diverso e innovativo. C’è tanta qualità nelle università, spesso sprecata a causa di precarietà, metodi di avanzamento discutibili come il famoso “publish or perish” (aforisma che descrive la pressione di dover “pubblicare” per avere successo in una carriera accademica), e professori “baroni”. Io ringrazio l’ufficio Trasferimento Tecnologico dell’Università di Genova per il supporto che ci ha dato, ma a livello generale (e quindi non per colpa loro) c’è ancora troppa burocrazia, mentre sono ancora troppo pochi gli incentivi. Concludo con un unico messaggio: fate fare le startup ai ricercatori. C’è un tesoro di innovazione pronto a essere utilizzato.●
Autorevole
e indipendente
Da mezzo secolo CONSOB svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo della piazza finanziaria domestica e nel processo di integrazione europea.
L’articolo riprende l’oggetto di una relazione discussa nell’ambito di un incontro di Confindustria Genova, presso la Fondazione Edoardo Garrone. Gli Autori ringraziano il Consiglio Direttivo della Sezione Finanza e Assicurazioni di Confindustria Genova.
Nel 1974 venne ufficialmente costituita in Italia la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), la prima autorità di vigilanza indipendente nell’ordinamento amministrativo domestico. In occasione del suo 50esimo anniversario, l’Autorità ha voluto ricordare tale importante ricorrenza attraverso la pubblicazione di un volume celebrativo dal titolo: “CONSOB 50 anni di storia: la regolamentazione e la vigilanza sui mercati finanziari dal 1974 al 2024”, presentato l’estate scorsa in occasione dell’annuale incontro dell’Autorità con il mercato, nella maestosa cornice di Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana. Chi scrive ha avuto il privilegio di partecipare alla redazione dell’opera, curandone la direzione scientifica. Il volume è stato pensato quale strumento divulgativo rivolto al più ampio pubblico - quindi non ai soli “addetti ai lavori” - che aiuti a inquadrare e ad approfondire profili storici e tematiche di rilevanza generale. Il lavoro guarda a ritroso i 50 anni di vita dell’istituzione e della piazza finanziaria domestica, seguendo alcune specifiche linee direttrici. Si tratta di una narrazione oggettiva, basata sulle testimonian-
ze del tempo che descrivono, con dovizia di dettagli, l’evoluzione dei 50 anni di attività della Commissione e del mercato italiano. Il volume è corredato da due utili appendici, contenenti elementi quantitativi sullo sviluppo del contesto economico-sociale del cinquantennio, nonché sui termini di attività della CONSOB, che arricchiscono la narrazione. Il risultato è il frutto di un appassionato lavoro collettivo, che non sarebbe stato possibile senza il contributo dell’istituzione, in particolare del suo Presidente, il prof. Paolo Savona, che ha ideato e promosso l’opera; dei quattro Commissari, che hanno concorso alla redazione del testo; e di tutte le divisioni CONSOB che hanno contribuito con la massima competenza e professionalità alla riuscita dell’opera sotto il coordinamento di Maria Antonietta Scopelliti, all’epoca Segretario Generale della CONSOB. Sempre con riguardo alla genesi dell’opera, occorre citare come aspetto particolarmente innovativo l’utilizzo dell’intelligenza artificiale a fini redazionali, almeno in una prima fase del lavoro. Infatti, per l’analisi del vastissimo archivio documentale messo a disposizione dalla CONSOB, si è fatto uso di presidi di machine learning, che hanno reso possibile processare in tempi contenuti una grande quantità di documenti. Certamente, non sono mancate “sviste” della macchina presto corrette dal contributo umano, ma tale analisi sintetica ha rappresentato un’ottima base da cui partire in questo viaggio narrativo. Affrontare in termini obiettivi e accessibili una storia ricca di contenuti e di sfumature come
di Guido Ferrarini e Davide Trasciatti
quella della CONSOB ha richiesto lo sviluppo di un approccio narrativo specifico - frutto anche questo di una scelta collettiva - e che informa la struttura dell’intero volume. La storia è raccontata da una prospettiva cronologica che distingue i 5 decenni di storia trattati, andando a focalizzare l’evoluzione dell’istituzione su alcuni temi specifici, che hanno caratterizzato ciascuno dei 5 periodi.
Celebrare l’anniversario della CONSOB è stata quindi l’occasione per una riflessione a tutto campo sul significato dell’autorità per investitori, operatori e altri stakeholder del mercato finanziario domestico. La CONSOB fu istituita nel 1974 per garantire la trasparenza e la correttezza nel mercato finanziario italiano, in risposta all’aumento dei risparmiatori e alla crisi borsistica dell’epoca. L’ispirazione veniva dall’americana SEC, creata dopo la crisi del 1929 per regolare i mercati. L’idea di un organismo di controllo aveva in Italia origini risalenti, ancorate in un lungo dibattito avviato negli anni ’50, proseguito e intensificatosi alla luce di famosi scandali di mercato, che evidenziavano l’urgenza di norme contro le manipolazioni azionarie. Dopo vari tentativi, si arrivò a configurare un’autorità con il compito di vigilare sulle società quotate, proteggere il risparmio e incentivare l’investimento attraverso il controllo dell’informazione societaria e la tutela dei piccoli azionisti. Si intese così dare attuazione all’art. 47, comma 2, Cost. sulla tutela del risparmio, con specifico riferimento al “diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”
L’istituzione dell’Autorità indipendente ha segnato un punto di svolta cruciale nella storia dei mercati finanziari italiani. Da 50 anni, l’Autorità regola e vigila su un settore in costante evoluzione, svolgendo un ruolo fondamentale nello sviluppo della piazza finanziaria domestica e nel processo di integrazione europea. Il volume ripercorre le tappe principali della sua storia, dall’istituzione della CONSOB alla modernizzazione dei mercati finanziari italiani, dall’introduzione delle tecnologie digitali al ruolo crescente dell’Unione Europea, fino all’irrompere dei temi del Fintech e della sostenibilità, sempre con l’obiettivo di far luce sul percorso evolutivo di un’istituzione che - in conformità con il dettato costituzionale - svolge un ruolo essenziale per la stabilità e l’efficienza dei mercati a livello sia domestico che europeo. Naturalmente, i compiti di CONSOB sono oggi in parte diversi da quelli delle origini, per l’aggiunta di nuove materie (come la sostenibilità) e per la sua collocazione in un sistema di vigilanza europeo, che permette di ulteriormente centralizzare i poteri di vigilanza sui mercati finanziari, sugli emittenti e sugli operatori in genere. Certamente, le sfide e le circostanze dell’attualità sono complesse, ma come in passato il ruolo dell’autorità resterà importante, in coerenza con quello delle origini.
Il volume celebrativo “CONSOB 50 anni di storia: la regolamentazione e la vigilanza sui mercati finanziari dal 1974 AL 2024” è liberamente consultabile presso il sito web della CONSOB.●
per le nuove frontiere della mobilità e della logistica.
Sviluppare in modo condiviso innovazioni tecnologiche per una mobilità sempre più connessa ed efficiente, al servizio della comunità. Con questo obiettivo, con la collaborazione di Free to X e Movyon, società del Gruppo Autostrade per l’Italia, è stato inaugurato il Mobility Lab, uno spazio innovativo di 400 mq dedicato a Smart Genova, programma con ambiti di intervento nella mobilità urbana e nella logistica delle merci promossi dal Comune di Genova, dalla Regione Liguria e dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (AdSP). Un’iniziativa che renderà la città e l’infrastruttura portuale ligure il sistema di trasporto più evoluto d’Italia. Il lancio di questa iniziativa è avvenuto in occasione dell‘apertura della Genova Smart Week 2024. Situato nel cuore di Porto Antico, il Mobility Lab accoglierà stakeholder pubblici e privati interessati al percorso innovativo intrapreso dalla città della Lanterna e dalle attività portuali e logistiche, e sarà dedicato alla coprogettazione degli ambiti nei quali si sviluppa la cooperazione tra Comune, Regione e AdSP. L’ambizione è quella di diventare punto di riferimento nazionale per l’innovazione della mobilità intelligente, mettendo a disposizione gli spazi per attività di confronto, approfondimento e divulgazione a beneficio dei cittadini e degli operatori.
Sabino Titomanlio
Con l’accordo transattivo ASPI/Enti Territoriali volto a risarcire, in parte, i danni subiti dalla città al seguito del crollo del ponte Morandi, Comune di Genova, Autorità di Sistema Portuale e Regione Liguria hanno l’opportunità di avviare progetti di digitalizzazione del sistema dei trasporti e del traffico orientati a modificare radicalmente l’organizzazione della città e a conseguire risultati importanti per il miglioramento della qualità ambientale, della logistica e della sua organizzazione. Ciò consentirà di accrescere attrattività e competitività all’intero sistema regionale e superare le note criticità che ancora caratterizzano il nostro territorio.
Il Comune di Genova e il sindaco Marco Bucci, in particolare, hanno indicato le priorità delle azioni da svolgere affidando a partner tecnologici la realizzazione di importanti progetti di cui il Mobility Lab e la tecnologia in esso contenuta ne rappresenta una prima fase d’avvio, oltre a essere il contenitore all’interno del quale ricerca, industria, università e istituzioni, con il coinvolgimento di eccellenze locali, collaboreranno per individuare e realizzare ogni attività utile a sviluppare il sistema città.n
Arcangelo Maria Merella
Project Manager Smart Genova
Il progetto Intelligent Urban Mobility
Con questa visione, il Mobility Lab è anche sede di integrazione e test del progetto Intelligent Urban Mobility. Grazie a un sistema data-driven che acquisisce dati dal territorio mediante le più evolute tecnologie Internet of Things, il progetto rende possibile la gestione integrata della mobilità genovese correlando i dati ed elaborandoli con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Questo consente di offrire al cittadino servizi evoluti e alla PA informazioni aggiornate e puntuali, e sistemi di supporto alle decisioni e all’attuazione di azioni di governo che siano guidate dai dati. Il progetto è in fase di realizzazione da parte di Movyon, società di tecnologia
Marco Bucci, Arcangelo Maria Merella e Matteo Campora
e innovazione del Gruppo Autostrade per l’Italia, con la sua business unit Urban Mobility, che guida un team di partner eccellenti, tra cui Liguria Digitale, Mindicity (TIM Enterprise, Gruppo Tim), Gruppo FOS e Aitek, per la realizzazione di un sistema unico, aperto all’integrazione di dati e applicazioni esterne, attento alla valorizzazione delle competenze locali. La tecnologia e la piattaforma vengono ospitati nel Data Center gestito da Liguria Digitale e tutta l’infrastruttura hardware e software resterà di proprietà della città.
«Il progetto Intelligent Urban Mobility offre la straordinaria opportunità di applicare al contesto urbano le competenze del Gruppo Autostrade per l’Italia e costruire un caso di eccellenza e di riferimento per tutta Italia», ne è convinto Sabino Titomanlio, direttore della business unit Urban Mobility di Movyon, Gruppo Autostrade per l’Italia. «La sfida è quella di raccogliere e valorizzare tutti i dati disponibili e far collaborare applicazioni nuove ed esistenti. Grazie a un gruppo di partner eccellenti e a un team di professionisti, dopo il primo anno, è già operativo il digital twin della città, una piattaforma software che si appoggia su infrastrutture di calcolo e connettività che resteranno di completa proprietà della città. Ora siamo pronti per l’installazione della infrastruttura urbana connessa, costituita da centinaia di sistemi di campo distribuiti su tutto il territorio genovese: varchi ZTL, punti di monitoraggio del traffico, pannelli informativi, antenne di comunicazione veicolo-infrastruttura e altri elementi innovativi che alimenteranno continuamente un giacimento di dati di inestimabile valore per una gestione evoluta e sostenibile della mobilità urbana».n
I principali elementi innovativi previsti nel progetto di Intelligent Urban Mobility
La piattaforma, il digital twin della città e cuore del sistema, abilita processi di attenzione al verificarsi di scenari di allerta che aiutano nella gestione operativa della città. La piattaforma fornisce inoltre ai decisori pubblici strumenti di previsione a breve termine (ore, giorni) e di pianificazione di medio periodo, integrando molteplici funzioni evolute. Il monitoraggio e il controllo degli accessi e dei transiti, attraverso un articolato sistema di varchi e punti di monitoraggio,
permette di attuare politiche dinamiche di gestione della mobilità cittadina, di abilitare la previsione di impatti di sostenibilità conseguenti a cantieri, eventi ecc., di prendere decisioni operative sulla mobilità cittadina, attuate mediante varchi e semafori. L’Intelligenza Artificiale applicata all’elaborazione delle immagini individua i posti liberi nelle aree di sosta pubbliche, aggiornandosi in tempo reale e in maniera non invasiva. Il cittadino viene informato con strumenti “tradizionali” (ad esempio pannelli) e attraverso la Urban Smart Road, comunicando l’informazione dei posti disponibili ai veicoli tramite Infoparking. La Urban Smart Road, grazie a tecnologie portate dall’autostrada alla città, prepara Genova alla diffusione dei veicoli connessi e a guida autonoma, permettendo di comunicare informazioni al cittadino quando ne ha bisogno oppure di indirizzare i cittadini verso comportamenti virtuosi. Il modulo City Logistics - possibile grazie al coinvolgimento degli operatori economici protagonisti della logistica delle merci di ultimo miglio - integra i dati di pianificazione delle consegne nel digital twin, permettendo così l’ottimizzazione dei percorsi e delle soste, con l’obiettivo di ridurre le inefficienze e limitare i fenomeni di congestionamento. La regolazione semaforica adattiva include funzioni di ottimizzazione e prioritizzazione sull’intera rete semaforica cittadina a beneficio del trasporto pubblico locale e dei trasporti critici e usa i dati del digital twin cittadino per attuare le decisioni che migliorano la fluidità del traffico e aumentano la sicurezza stradale anche mediante strategie attive di informazione ai mezzi mobili.
Il progetto Smart Logistics
Il piano di interventi per il porto e la logistica delle merci, pur in un contesto dove la componente innovativa del processo (Port Community System) rappresenta già un caso di successo nella portualità italiana, si propone di: migliorare l’accessibilità degli scali del sistema; sviluppare e ampliare la componente tecnologica e innovativa del processo portuale; favorire l’integrazione degli scali nella rete infrastrutturale di collegamento attraverso la collaborazione con Autostrade per l’Italia; incrementare il livello di protezione degli scali per quanto riguarda aspetti di security portuale. La spinta all’innovazione rappresenta uno degli elementi chiave e degli obiettivi di sviluppo di lungo termine degli scali del Mar Ligure Occidentale per traguardare soluzioni attuali e prospettiche al servizio di sicurezza, ambiente, efficienza dei processi e pianificazione dei trasporti.●
al raddoppio Pronti
Presto il nuovo Waterfront di Levante andrà ad arricchire la proposta turistica e business della Porto Antico Genova Spa. Ne parliamo con il direttore generale Vincenzo Monaco.
Dal marzo di quest’anno Vincenzo Monaco, livornese, una consolidata esperienza manageriale con ruoli da direttore generale in aziende partecipate nel settore del marketing territoriale, della comunicazione, della cultura e dei trasporti, è direttore generale della Porto Antico Genova Spa, la società che ha in gestione, fino al 2025, tutte gli spazi dell’area del Porto Antico e presto si dovrà occupare anche della gestione di una larga parte del nuovo Waterfront di Levante. Negli ultimi 15 anni, Vincenzo Monaco è stato direttore generale di Vela Spa, società partecipata del Comune di Venezia, che opera come soggetto organizzatore delle principali manifestazioni cittadine e coordinatore degli eventi speciali, come gestore delle strutture congressuali al Lido di Venezia e dell’Arsenale Nord e come soggetto promotore di tutte le attività di marketing cittadino rivolte ai turisti e alle aziende.
Direttore, qual è il ruolo che, oggi, Porto Antico Genova Spa può svolgere nella prospettiva di un piano di marketing territoriale di medio-lungo periodo?
Il “marketing territoriale” viene definito come un insieme di azioni coordinate volte alla promozione del territorio. Partendo da questa definizione e limitandoci agli spazi in gestione e alle attività promosse dalla nostra Società,
l’obiettivo cui tendere per svolgere un ruolo significativo sulla e a favore della città è un coordinamento ancora più efficace all’interno dell’area del porto storico e tra quest’ultima e la città. La Porto Antico oggi ha tre “anime”: una è rappresentata dall’attività congressuale, concentrata nei Magazzini del Cotone; la seconda, dagli eventi fieristici che, fino al 2019, prima della fusione nella Porto Antico Genova Spa, la società Fiera di Genova organizzava e ospitava nel quartiere fieristico, oggi ricompreso nel Waterfront di Levante; nella terza “anima”, infine, troviamo i concerti, gli spettacoli teatrali, le manifestazioni sportive ecc. che, soprattutto nella stagione estiva, animano l’area del Porto Antico. Oggi, il mandato della Porto Antico Genova è presentarsi sul mercato in maniera integrata, valorizzando, su un piano nazionale e internazionale, la peculiarità di un’offerta articolata, flessibile e di qualità in un contesto urbano assolutamente unico, tra il mare e la sequenza di palazzi storici alle spalle. Genova ha molte progettualità, e noi abbiamo la responsabilità di rispondere con competenza alle attese della città.
Secondo il report annuale dell’International Congress and Convention Association, l’Italia è la prima destinazione in Europa e la seconda nel mondo, dietro gli
Vincenzo Monaco
Stati Uniti, per congressi e convegni ospitati nell’anno 2023. Nella Top 100 mondiale delle città congressuali figurano Roma (al 6º posto), Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Torino e Venezia (new entry all’84º posto). Quali sono, a Suo parere, le prospettive per Genova, potendo rafforzarne la vocazione congressuale? Abbiamo recentemente avviato un’indagine proprio sull’impatto economico del nostro Centro Congressi sulla città, per capire qual è il valore creato sul territorio in termini di indotto rispetto ai costi diretti necessari al suo funzionamento: io sono convinto che i risultati confermeranno l’importanza del turismo congressuale nell’economia cittadina. Di conseguenza, la promozione del Centro Congressi e quindi di Genova come destinazione congressuale dovrà essere un obiettivo condiviso e sostenuto a livello cittadino e regionale, tanto più ora che la proposta potrà comprendere non solo il Porto Antico ma anche il nuovo Waterfront di Levante. La scelta della sede di un congresso dipende dai promotori e dalle segretarie organizzative e quando l’evento ha una cadenza annuale o di più anni c’è spesso l’abitudine di cambiare sede a ogni edizione, ma noi possiamo adoperarci per inserire la nostra struttura nel circuito di questi eventi. Se poi Genova si caratterizzasse come punto di riferimento nazionale o internazionale per alcuni temi spe-
cifici, quegli stessi temi farebbero da volano per attirare sulla città sempre nuove iniziative.
Dal 1992, anno in cui l’area del Porto Antico fu “restituita” alla città, è l’Acquario il punto di maggiore attrazione turistica dell’area stessa e, più in generale, di Genova. A distanza di oltre trent’anni come si posiziona, a suo parere (e da non genovese, per giunta), il Porto Antico - e Genova, più in generale - nella percezione del visitatore?
Oggi l’area del Porto Antico non è più solo l’Acquario o il bigo; dovremo pensare a un riposizionamento strategico della società Porto Antico Genova dal punto di vista dell’immagine, del brand e del naming, perché a breve non si occuperà solo dell’area del Porto Antico ma anche del Waterfront di Levante, e il messaggio dovrà essere uno. È un riposizionamento che servirà a tutta la città, perché il ventaglio dell’offerta sarà più ampio. Porto Antico e Waterfront di Levante oggi non sono fisicamente collegati tra loro, ma un’offerta turistica integrata della città, supportata, per esempio, da una city card, potrà sicuramente contribuire a ravvicinarli.● (P.P.)
Dal 24 aprile al 4 maggio 2025 la XIII Esposizione Internazionale del fiore e della pianta ornamentale ritornerà nel cuore di Genova, nel Waterfront di Levante, la nuova area multifunzionale progettata da Renzo Piano. Come sempre Euroflora potrà contare sul supporto e la collaborazione di Regione Liguria, Comune di Genova e Camera di Commercio. Sarà un’Euroflora rigenerata negli spazi, nelle forme e nei contenuti. Un percorso dove la natura dialogherà con l’arte e l’architettura coinvolgendo tutti i sensi. Le eccellenze delle produzioni florovivaistiche, le nuove tendenze nella progettazione del verde e i progetti di sostenibilità ambientale, le composizioni floreali, i fiori recisi e i bonsai saranno i protagonisti della manifestazione. Convegni, eventi, incontri e spettacoli animeranno il programma della rassegna. Euroflora ha ottenuto la qualifica internazionale ed è ufficialmente inserita nel calendario mondiale degli eventi fieristici.n
Le Aziende interessate a valutare una partecipazione in qualità di sponsor della manifestazione possono contattare Luciano Bernardini, Coordinamento Sponsorizzazioni: bernardini@portoantico.it, info@euroflora.genova.it, mob. +39 347 834 6182.
Il nuovo hotel 5 stelle lusso a Nervi, a due passi dai Parchi e dalla suggestiva passeggiata a mare.
Un parco con hotel. Un rifugio verde. I nomi “Botanico”, “Liquido”, “Onde” e “Bambù” attribuiti rispettivamente a ristorante, lounge bar, piscina e Spazio Eventi. Si descrive e si offre con decisione nel segno del green, il neonato Capitolo Riviera, l’hotel a 5 stelle lusso che da qualche mese ha aperto i battenti a Nervi, in Viale delle Palme, nello storico edificio dell’Hotel Astor e negli spazi verdi che lo circondavano. Questa nuova, ambiziosa realtà nell’ospitalità di eccellenza dispone di 37 camere, - tra cui tre suite, tre signature rooms e due junior suite - e deve il suo nome così particolare alla percezione di chi l’ha progettata, e ora la gestisce, di trovarsi su una linea di confine fisica e ideale fra Genova e la riviera di Levante.
Paolo Doragrossa, che è AD e gestore di Capitolo Riviera, con il supporto della moglie Sabine, ne parla con orgoglio, come del “primo avamposto” della riviera: «L’idea imprenditoriale era semplice: creare un nuovo albergo e dar corso, al contempo, a un progetto che potesse contribuire a valorizzare Genova, elevandone ulteriormente il livello in termini di ospitalità. Nervi è a due passi dal centro e a due passi dalla riviera. Il nostro cliente-tipo visita la città, ma la sua meta è Portofino, Santa Margherita, le Cinque Terre... E noi siamo a Genova, sì, in una “periferia” cittadina piena di storia e di bellezza, ma siamo anche il primo avamposto della riviera».
Come i nerviesi ricorderanno, il vecchio Astor ha chiuso con il primo lockdown e non ha più riaperto. I soci fondatori di Capitolo Riviera, imprenditori genovesi e professionisti nel segmento “luxury” del mercato alberghiero, han-
Paolo e Sabine Doragrossa
no subito visto una grande potenzialità nella struttura: sia per la location in sé, un’isola di pace immersa nella natura, vicina alla passeggiata a mare e a tanti luoghi suggestivi, sia per il bellissimo giardino a esso limitrofo; e ancora - lo si è accennato -, per la posizione strategica del quartiere di Nervi, sorta di “cerniera” dal (potenziale) grande appeal turistico-culturale, posta a mezza via fra le aree di maggior interesse turistico del capoluogo e i borghi più attrattivi dei Golfi Paradiso e del Tigullio. Per darsi conto della convinta, coerente vocazione al verde dell’iniziativa, è sufficiente dare un’occhiata al sito ufficiale dell’albergo. I colori dominanti della web page sono proprio il verde tenue - che la psicologia del marketing c’insegna rimandare all’idea di benessere, prestigio, serenità e abbondanza - e il beige, il lieve non-colore di terra che è simbolo della cosiddetta quiet luxury. Ma quel che davvero più conta è la centralità del messaggio della sostenibilità come valore che il Capitolo Riviera comunica. Ogni scelta, dal design architettonico alla selezione dei materiali (fra i quali spiccano alcuni elementi preziosi dell’arredo che si sposano bene con la semplice linearità dell’insieme, fatta di un lusso non sfarzoso ma elegante), sembra essere stata guidata da una profonda consapevolezza nella necessità della tutela del pianeta. Come si legge con bella evidenza nelle prime pagine del sito, il Capitolo Riviera è “una struttura progettata per riflettere l’armonia della sostenibilità in ogni suo aspetto” e, anzi, viene detto in altra pagina, tale “impegno è profondamente radicato nella nostra filosofia dove la passione per l’accoglienza e la bellezza della nostra terra si uniscono per creare un’esperienza straordinaria”
Doragrossa specifica la questione e sposta il concetto sul terreno della prassi: «Vogliamo essere sostenibili e attenti all’ambiente e per questo adottiamo politiche di salvaguardia importanti. Dal punto di vista architettonico, facendo un ampio utilizzo di legno e pietra abbiamo creato un ambiente minimalista e contemporaneo, che si fonde con la natura circostante, in un continuo dialogo fra esterno e interni. L’hotel è molto verde anche sulla facciata e ha, addirittura, un albero nella hall... Ma al di là di questo, abbiamo adottato tutta una serie di accorgimenti più concreti, soprattutto in relazione all’approvvigionamento energetico: abbiamo messo in funzione un sistema di domotica per il controllo della temperatura e delle luci, un sistema di recupero delle acque piovane per i giardini e un impianto fotovoltaico che produce 40 kw di energia. Siamo anche “plastic free” Il tutto, per ridurre al massimo il nostro impatto ambientale. Anche riguardo le forniture, ci siamo rivolti a piccoli produttori locali per cercare di collaborare con le realtà del territorio. E quando dico piccoli produttori intendo produttori di marmellate, di miele, di uova, di formaggi, di carni eccetera, che seguono il ciclo naturale della terra. Facciamo, in coerenza, grande attenzione a evitare gli sprechi». Dopo i primi mesi di attività, adesso l’obiettivo prioritario dei gestori è migliorare il dialogo con l’esterno ed evolversi a elemento di connessione tra la città e la riviera anche “fuori stagione” «Siamo partiti bene - continua Doragrosssa - con una clientela fatta per l’80% di stranieri. Abbiamo lavorato e stiamo lavorando con una clientela di vacanza, e anche “bleisure”, ovvero con dei clienti che vengono per lavoro e poi si fermano a Nervi per qualche giorno di relax.
Qui penso, ovviamente, a una nicchia di mercato di top manager, al classico businessman del Nord Italia, che, conclusa la giornata di lavoro, decide di spendere il fine settimana da noi. In estate l’orientamento è per la riviera, a cominciare da Portofino, ma nella media e bassa stagione la città diventa più attrattiva. Noi crediamo molto nella possibilità di rendere Nervi una destinazione invernale: il clima mite e l’offerta di una spa con piscina riscaldata possono invogliare le persone a fare il bagno anche in inverno». Capitolo Riviera è un albergo, ma ha un ristorante e un bar che operano in autonomia, in ambienti sofisticati pensati ad hoc per favorire una rilassata convivialità. Sono aperti entrambi tutto l’anno, sia per gli ospiti residenti nell’hotel sia per chi cliente dell’albergo non è. Integrare l’attività di ristorazione e bar con la città consentirebbe a questa nuova perla della nostra hôtellerie d’élite di allargare il giro dei sui ospiti e diventare un punto di riferimento anche per i nerviesi. Si augura Doragrossa, e noi con lui: «Nervi può tornare un luogo d’accoglienza e villeggiatura, come era all’inizio secolo scorso, quando fu la meta prediletta anche di eminenti personalità della cultura e della letteratura internazionale, da Lev Šestov a Maria Konopnicka a Sholem Aleichem - per non parlare, più avanti negli anni, di Ernest Hemingway. Anche il contesto urbano e imprenditoriale intorno a noi fa ben sperare. La pedonalizzazione di via Oberdan e il recente miglioramento di strutture “storiche” come Villa Pagoda, la piscina Gropallo, la Marinella, ci consentono di immaginare, dietro l’angolo, l’avvento di un piccolo Rinascimento locale».● (R.M.R.)
& SVILUPPO
successi Dolci
Dal cioccolato alla crema spalmabile, dalle caramelle ai preparati per dessert, fino a confezionamento e logistica: le linee produttive di Elah, Dufour e Novi sono gestite nello stabilimento di Novi Ligure, oggetto di importanti investimenti da parte del Gruppo.
Guido Repetto è il Presidente di Elah Dufour spa, un Gruppo fortemente radicato nel territorio piemontese e ligure e protagonista del mercato dolciario con tre marchi storici e conosciuti da tutte le famiglie italiane: i preparati e toffè Elah, le caramelle Dufour e il cioccolato Novi. Oltre 10 milioni di famiglie italiane acquistano ogni anno un prodotto dell’azienda, prodotti che escono dallo stabilimento di Novi Ligure, dove Elah Dufour ha il suo quartier generale e il suo polo produttivo. Repetto, figlio del fondatore del Gruppo, il Cavaliere del Lavoro Flavio Repetto (scomparso -
nel settembre 2023) guida inoltre altre due realtà control
late da Elah Dufour: Baratti & Milano, azienda piemontese che dal 1858 produce cioccolato e caramelle per il dettaglio specializzato, e GR , divisione dedicata alla distribuzione automatica. Un Gruppo che, nell’esercizio 2024, supererà i 200 milioni di euro di fatturato consolidato, con un trend in continua crescita. Un trend guidato, attraverso i canali della Grande Distribuzione, dai marchi più conosciuti. Nell’intervista, Guido Repetto commenta storia, investimenti, evoluzione e prospettive del Gruppo.
Elah, Dufour, Novi: ciascun marchio ha “i suoi prodotti”, tutti ampiamente conosciuti sul territorio nazionale e non solo. Quali sono i punti di forza dei tre brand e come si sono evoluti, negli anni, i riscontri ottenuti dal mercato?
Ottenere un risultato non è mai scontato, soprattutto in un’arena così competitiva e affollata come il reparto dolciario. È interessante ripercorrere la storia del nostro Gruppo, che inizia nel 1982, quando mio padre Flavio decise di rilevare - con me appena laureato - Elah e Dufour diretta-
mente dal tribunale fallimentare di Genova. I due marchi avevano vissuto grande splendore negli anni ‘60 e ‘70, anche grazie alla pubblicità, ma erano caduti in seria difficoltà. Poi nel 1985 è stato il turno di Novi, anch’essa in difficoltà. Essere qui oggi a evidenziare risultati più che positivi sul mercato è motivo di grande orgoglio e di forte motivazione per un’ulteriore crescita. Se parliamo di evoluzione cito Novi e il cioccolato. Quando abbiamo iniziato la nostra avventura, oltre il 70% di consumo in Italia era fatto da cioccolato al latte e circa il 25% dal cioccolato fondente. Nel corso degli anni è aumentata la conoscenza del cioccolato come alimento: con questa consapevolezza è cresciuto tutto il segmento fondente, che oggi ha superato il 50% dei volumi rispetto al latte. È stato proprio un cambio culturale: ora chi consuma cioccolato, chi ama il cioccolato, mangia il cioccolato fondente, di cui siamo leader in Italia, e si incuriosisce a vedere sia le varie percentuali di cacao nelle tavolette, sia le differenti ricette. Credo che Novi abbia dato proprio questo contributo di svolta al mercato del cioccolato in Italia: ai tempi si consumavano 2,5 kg circa pro capite, mentre adesso siamo a circa 4,5 kg, e ovviamente il consumo sale man mano che il cioccolato si avvicina di più all’alimentazione, ovvero una quotidianità di consumo che prima non aveva. In più, nello studio dei prodotti, guardare al futuro rinnovando il passato credo sia sempre stato uno dei nostri punti di forza. Prendete la riscoperta del Cremino: oggi siamo leader di quel segmento di mercato, circa due su tre venduti sono a marchio Novi, ma non abbiamo fatto altro che rivalorizzarlo e riammodernarlo senza snaturarlo. Lo stesso per la nostra Crema Novi, un prodotto storico. Ci piace pensare che ci sia un filo che unisca la nostra storia.
Guido Repetto
Siete un’azienda interamente italiana e fortemente legata al territorio. È ancora possibile, in un mercato così multiculturale e globalizzato?
Abbiamo sempre pensato che un’azienda debba rappresentare il territorio in cui vive. Noi oggi abbiamo la fortuna di essere in un territorio che si chiama Piemonte, in particolare Monferrato, che è un’area fantastica. E siamo cresciuti a Genova, dove Elah e Dufour hanno fondato le loro basi. Queste radici ci hanno sempre portato a pensare che si debba ridare impulso al territorio che ci circonda, un territorio che - ad esempio - ci consente di selezionare quanto più possibile le materie prime per la nostra produzione. Ovviamente non possiamo avere tutto, come ad esempio il cacao, ma le nocciole piemontesi sono le migliori al mondo e nonostante le difficoltà produttive e climatiche restano un nostro caposaldo inamovibile, testimoniato anche dal recente rinnovo di accordo di filiera con Coldiretti (fino al 2029, ndr).
Nel 2018, con l’installazione di una nuova centrale energetica green nello stabilimento di Novi, si è concluso un quinquennio di investimenti volti al risparmio energetico e all’introduzione di nuove tecnologie. Come è strutturato oggi il sito produttivo?
Il nostro stabilimento di Novi Ligure accoglie le linee di produzione di cioccolato, crema spalmabile, caramelle e preparati per dessert, oltre al confezionamento e alla logistica: di fatto, tutta la nostra produzione. Un forte legame con la Storia e il territorio è rappresentato dallo stabilimento stesso, che si sviluppa attorno alla pianta originale costruita nel 1936 dai soci di Novi. All’epoca, quando rilevammo Novi, era di 6.000 metri quadri: oggi lo abbiamo portato a 10 volte tanto, circa 65.000 metri quadri, e stiamo sviluppando un nuovo investimento, da circa 30 milioni di euro, per un’ulteriore ottimizzazione della superficie produttiva e un rinnovamento delle linee. Lo facciamo tenendo conto dell’impatto sull’ambiente, con un programma iniziato già nel 2018, quando l’argomento non era così inflazionato come
lo è ora. Tra poco raggiungeremo l’autosufficienza energetica tramite pannelli solari e stiamo lavorando per recuperare l’intera acqua di processo: il nostro Gruppo ama prima fare, poi annunciare.
Negli anni ‘90, il claim pubblicitario “Svizzero? No, Novi!” è entrato nelle case di tutti gli italiani e, da allora, non è mai stato dimenticato. Quali sono oggi le strategie di comunicazione del Gruppo e a quali target si rivolgono?
La comunicazione del 1992 fu la prima in assoluto nella storia di Novi. È stata una comunicazione - come capita raramente - che ha fatto davvero epoca e che fu in grado di raggiungere tutte le famiglie grazie al mezzo televisivo. Oggi il panorama è completamente cambiato: c’è il digitale, ci sono le tv connesse, ci sono gli smartphone e i social network, esiste YouTube e abbiamo tanti dati a disposizione. Presidiare è sempre più complesso, ma apre a grandi opportunità, perché con attenzione e analisi si può arrivare ancora meglio al segmento di consumatori più adatto per un determinato prodotto.●
Lo scorso 13 novembre, i Consigli Direttivi delle Sezioni Industrie Alimentari e Finanza e Assicurazioni di Confindustria Genova hanno tenuto una riunione congiunta presso la sede di Elah Dufour, ospitati dal presidente del Gruppo Guido Repetto, e a seguire hanno visitato lo stabilimento produttivo di Novi Ligure.
La Ligur ia al COMPETIZIONE & SVILUPPO
Sinergie per l’innovazione.
Il 7 e l’8 novembre 2024, il Comitato Tecnico Scientifico del Digital Innovation Hub Liguria ha organizzato una networking visit al NOI Techpark di Bolzano, il parco scientifico e tecnologico con sede nel cuore dell’Alto Adige. Questo incontro, che ha coinvolto rappresentanti del tessuto imprenditoriale e di ricerca ligure, ha permesso di esplorare sinergie e scoprire nuove opportunità di collaborazione nell’ambito dell’innovazione tecnologica. La visita ha coinciso con SFSCON, una delle conferenze più rilevanti per l’open software in Europa, durante la quale il Presidente del Comitato Tecnico Scientifico del DIH Liguria Fulvio Mastrogiovanni (professore presso il DIBRIS dell’Università di Genova) ha tenuto uno speech sulle implicazioni etiche legate all’uso di robot con intelligenza artificiale. Fondato come centro tecnologico e scientifico nel 2017 a Bolzano, il NOI Techpark rappresenta oggi uno degli hub
più dinamici e interdisciplinari nel panorama italiano. Con sede a Bolzano, il parco si distingue per la capacità di coniugare tradizione locale e ricerca avanzata, promuovendo una cultura improntata alla sostenibilità e all’innovazione. Al suo interno si incontrano imprese, startup, istituzioni di ricerca e organizzazioni pubbliche, che collaborano per sviluppare soluzioni innovative in ambiti quali l’energia, l’automazione, la biotecnologia, e l’intelligenza artificiale Il NOI Techpark si propone di fornire infrastrutture all’avanguardia, 52 laboratori di ricerca e servizi di supporto attraverso il coinvolgimento di oltre 70 aziende, 36 startup e 3 istituti di ricerca. Tra i principali obiettivi, figura quello di creare un ecosistema di innovazione capace di attrarre talenti, investimenti e progetti internazionali. L’approccio del NOI, centrato sulla sinergia tra ricerca e impresa, ha reso questo parco un punto di riferimento per l’innovazione a
di Lorenzo Costa
livello europeo. Tra le aziende presenti troviamo realtà come Gruppo FOS, Leitner, Loacker e Würth che collaborano attivamente per sviluppare soluzioni innovative in risposta a sfide aziendali e settoriali. Gli istituti di ricerca presenti includono il Centro di Sperimentazione Laimburg, Eurac Research e Fraunhofer Italia che operano in sinergia con le imprese per promuovere progetti di ricerca applicata. Nel 2023, il NOI Techpark ha ampliato la propria presenza con l’apertura di una nuova sede a Brunico, dedicata alla mobilità sostenibile e alla produzione sostenibile. La struttura ospita laboratori specializzati e offre spazi per aziende e startup focalizzate su questi settori, rafforzando ulteriormente l’ecosistema innovativo dell’Alto Adige. Parte integrante del NOI Techpark è l’European Digital Innovation Hub (EDIH), nodo di un network europeo volto a sostenere le PMI e il settore pubblico nella trasformazione
digitale. L’EDIH di Bolzano si concentra su digitalizzazione e innovazione per l’industria locale e internazionale, promuovendo progetti di innovazione collaborativa che comprendono robotica, intelligenza artificiale e open software. Grazie alla partecipazione dell’EDIH, il NOI Techpark è parte attiva di una rete europea che favorisce l’adozione di tecnologie digitali avanzate e sostiene le aziende in un percorso di trasformazione verso la digitalizzazione. Per la Liguria, tale contesto offre un’opportunità unica di confrontarsi con realtà che hanno saputo integrare tecnologie avanzate e sviluppare modelli di business altamente innovativi. La visita ha rappresentato un’occasione preziosa per le imprese liguri per confrontarsi con strategie e approcci nuovi e per valutare l’adozione di modelli operativi che potrebbero arricchire il tessuto produttivo e di ricerca locale. Un ulteriore momento chiave della visita è stato il coinvolgimento a SFSCON. L’evento di quest’anno ha riunito sviluppatori, imprenditori e accademici per approfondire i temi legati al software open source , alla sua sicurezza e alle opportunità di collaborazione globale. Come anticipato, durante la conferenza, il Presidente del Comitato Tecnico Scientifico del DIH Liguria è intervenuto con uno speech dal titolo “On the ethical challenges raised by robots powered by Artificial Intelligence” il cui obiettivo è stato di esplorare le implicazioni etiche legate all’uso dell’intelligenza artificiale nei robot, sottolineando la necessità di regolamentazioni chiare e di un approccio etico allo sviluppo tecnologico. Con l’espansione dell’intelligenza artificiale e la crescente automazione dei processi produttivi, il tema della responsabilità etica e sociale delle tecnologie assume sempre più importanza, richiedendo un’attenta riflessione sia per i produttori di tecnologia che per le istituzioni.
La networking visit al NOI Techpark ha rappresentato un momento di dialogo tra il mondo industriale ligure e le eccellenze del NOI, offrendo agli imprenditori e ai ricercatori del territorio ligure una visione concreta di cosa significhi fare innovazione collaborativa. Il confronto ha sottolineato come l’approccio interdisciplinare e la collaborazione tra pubblico e privato siano centrali per lo sviluppo di un ecosistema innovativo. Per la Liguria, questo scambio ha potenzialmente aperto la strada a nuove collaborazioni e progetti condivisi, soprattutto per settori chiave come l’automazione e la biotecnologia.
Il NOI Techpark si è dimostrato un esempio di eccellenza nel costruire un ambiente dove impresa e ricerca possono coesistere e prosperare, dando vita a soluzioni tecnologiche che rispondono alle esigenze della sostenibilità e della trasformazione digitale. L’esperienza ha messo in evidenza le potenzialità di un modello di innovazione aperto, in cui conoscenze e risorse vengono condivise per stimolare il progresso tecnologico. Un modello che, oltre a offrire vantaggi economici, rappresenta un’opportunità di crescita culturale e scientifica per tutti i soggetti coinvolti. In un contesto economico globale sempre più complesso e competitivo, il territorio Ligure ha l’opportunità di guardare al NOI Techpark come a un esempio concreto di ciò che può essere raggiunto quando ricerca e impresa collaborano. La speranza è che le sinergie avviate in occasione della visita possano dare vita a progetti congiunti capaci di promuovere la crescita economica e la competitività del nostro territorio.●
di Lara Penco
Appuntamento a Genova
Nel 2025 due convegni per ripensare Servizi, Fiducia e Innovazione.
Nel giugno 2025, l’Università degli Studi di Genova sarà teatro di due importanti eventi accademici. Il primo è il Convegno Annuale della Società Italiana di Management (Convegno 2025 Sinergie-SIMA), che vedrà la partecipazione di oltre 500 docenti di management provenienti da tutta Italia. La Società Italiana di Management (SIMA) è una realtà consolidata nel panorama scientifico nazionale, che intrattiene rapporti di collaborazione con prestigiose associazioni internazionali, come la British Academy of Management (BAM) e l’European Academy of Management (EURAM). Questo importante evento si terrà presso il Dipartimento di Economia dell’Ateneo genovese. Il Convegno 2025 Sinergie-SIMA - Tertiarization & Sustainability New Challenges for Management in the Digital Era - sarà incentrato su un tema di grande attualità e rilevanza: il ruolo dei servizi come motore dell’economia e della società, nel contesto di ricerca della sostenibilità e della digitalizzazione ( https://www.sijmsima.it/ ). Particolarmente significativo è che lo svolgimento di un Convegno incentrato su questi temi avvenga all’interno del territorio ligure: la Liguria, infatti, rappresenta una delle regioni italiane più terziarizzate, con un’intensa presenza di settori strategici che spaziano da trasporti e logistica ai servizi sanitari, ai servizi finanziari e assicurativi, fino al turismo e ai servizi avanzati. Questi ambiti non solo rappresentano un pilastro dell’economia locale, ma hanno anche un impatto significativo sul tessuto sociale e nazionale.
Pietro Genco, Professore Emerito di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università di Genova e organizzatore, nel 2000 a Genova, di un importante Convegno sul tema
della terziarizzazione e della globalizzazione, sostiene infatti, che «Genova ha colto una serie di opportunità legate al processo di terziarizzazione dell’economia. Inizialmente basata sulla manifattura, Genova si è trasformata in un centro di servizi avanzati, porti e logistica. Oggi, non dobbiamo solo considerare la crescita economica, ma anche come i sistemi stiano diventando sempre più dematerializzati: la differenza tra beni e servizi, tra industria e servizi, si attenua. I processi produttivi sono, infatti, sempre più immateriali, e la conoscenza assume un’importanza cruciale». Il professor Genco sottolinea anche come, a distanza di 25 anni, «stiamo assistendo a una nuova rivoluzione, sostenuta da processi che hanno creato l’economia dell’accesso. Grazie alla digitalizzazione, il rapporto con il consumatore è cambiato, diventando sempre più incentrato sul cliente. Tuttavia, non abbiamo ancora compreso appieno i nuovi paradigmi e come essi evolveranno grazie alla pervasività delle nuove tecnologie». L’economia dell’accesso, caratterizzata da business model basati su piattaforme digitali e servizi in abbonamento, sta modificando radicalmente le logiche tradizionali di creazione del valore. Questo scenario richiede alle imprese di ripensare le loro strategie, al fine di garantire un’interazione sempre più personalizzata e fluida con i clienti.
Al contempo, le tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale e l’Internet of Things (IoT), amplificano le opportunità e le sfide emergenti all’interno dell’ecosistema di business, richiedendo un’attenta analisi delle implicazioni economiche e sociali che ne derivano. Università e imprese sono così chiamate a collaborare per giungere a una più
approfondita conoscenza di questo fenomeno, che consenta di governare efficacemente le nuove dinamiche. Il Convegno 2025 Sinergie-SIMA rappresenta un’opportunità unica per riflettere sul ruolo dei servizi e sul loro impatto sulla nostra società, in un contesto che valorizza le interconnessioni tra conoscenza, innovazione e sviluppo economico. Oltre ai contributi accademici, saranno inoltre coinvolte numerose aziende, che contribuiranno attivamente sia attraverso sessioni parallele sia mediante la partecipazione a business panel. Queste collaborazioni sono volte a stimolare un dialogo tra il mondo accademico e quello imprenditoriale, con l’obiettivo di esplorare nuove prospettive e affrontare le sfide future in modo sinergico. Si segnala, in particolare, la tavola rotonda in “plenaria” in cui le aziende parleranno della loro esperienza e forniranno la loro visione rispetto agli scenari di terziarizzazione. Questa tavola rotonda sarà coordinata in collaborazione con Professori Ordinari dell’Università Bocconi. Oltre a ciò, il Convegno vedrà la partecipazione di importanti attori istituzionali legati al mondo della valutazione della ricerca. Il secondo evento, che si terrà dal 18 al 21 giugno 2025, è quello della Conferenza FINT - First International Network on Trust - che accoglierà oltre 100 studiosi internazionali e manager specializzati sul tema della fiducia (https://www.fintconference.com). FINT è una comunità di studiosi creata nel 2001 che si è ampliata notevolmente nel tempo. Il Convegno - Trust Within and Between Organizations - è volto a indagare come la costruzione di un clima di fiducia, all’interno e tra le organizzazioni, possa determinare uno sviluppo virtuoso per l’economia e la società.
Per la prima volta nella sua storia, FINT ospiterà la propria conferenza a Genova. Le sedi del Convegno saranno Palazzo San Giorgio (sede dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale) e Palazzo Andrea Pitto. Sandro Castaldo, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università Bocconi (Milano), membro fondatore della FINT, sostiene che «la fiducia rappresenta una risorsa fondamentale per il funzionamento delle imprese, delle organizzazioni e della società. Senza fiducia si blocca tutto, il business e le relazioni sociali. Per questo, come accademici, abbiamo la responsabilità di comprendere i meccanismi virtuosi volti alla produzione di una vera fiducia e a porre le basi affinché si sviluppino delle vere e proprie “fabbriche di fiducia” nel nostro sistema economico e sociale. In questo percorso, il ruolo dell’Università è cruciale».
Esperti di management, marketing, organizzazione aziendale, economia, banking/finanza e psicologia si confronteranno per definire le migliori strategie di recovery e di sviluppo della fiducia nei contesti competitivi attuali, caratterizzati da forte instabilità sociopolitica ed economica. La pandemia di Covid-19, i cambiamenti climatici, la crescente polarizzazione politica e i recenti conflitti hanno evidenziato come l’attuale sistema globale sia particolarmente fragile e vulnerabile.
Le nuove tecnologie richiedono non solo di ridefinire i meccanismi di creazione di valore tra le imprese e i loro clienti, ma anche una rimodulazione dei processi interni alle stesse imprese, compresa la riformulazione delle dinamiche aziendali e delle relazioni sul posto di lavoro. Tutti questi aspetti pongono al centro la “fiducia” come attivatore di relazioni e aspetto cruciale per affrontare le nuove e crescenti sfide che si paleseranno nell’odierno ambiente competitivo.
Teresina Torre, Professoressa Ordinaria di Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi Genova (di cui è anche membro del CdA) conclude affermando che «è sempre più evidente come la fiducia giochi un ruolo fondamentale nei rapporti sociali ed economici; questo Convegno è una grande occasione per approfondire le varie dimensioni e implicazioni del trust».
La consapevolezza sull’importanza di questo tema consente il perseguimento di importanti obiettivi, quali, per esempio, la responsabilità ambientale e sociale, il rispetto del lavoro dignitoso e sostenibile, la sicurezza nelle supply chain globali, la creazione del rapporto impresa-cliente, la gestione della diversity nelle risorse umane, la gestione della privacy, l’innovazione di servizi (ad esempio, in materia di salute, difesa e gestione dei disastri).
Inoltre, il Convegno nella sua giornata conclusiva del 21 giugno 2025 prevede un momento di incontro con il FINT Impact Hub per unire il mondo accademico con il mondo manageriale, prevedendo la partecipazione di numerose imprese operanti in settori rilevanti per il territorio (ad esempio, nell’ambito della distribuzione e della sanità) ed esperti e consulenti come il Trust Barometer di Edelman (https://www.edelman.it/trust/2024/trust-barometer), al fine di discutere la rilevanza della costruzione del trust e del trust recovery anche in contesti cruciali per il nostro territorio e strategici per il nostro Paese, come per esempio la blue economy e la sanità.●
titanici Sfor zi
Il premio a Vernazza Autogru per il contributo alla costruzione della nuova Torre Piloti.
Vernazza Autogru, società leader in ambito nazionale e internazionale nel campo del sollevamento, dei lavori aerei a mezzo piattaforme e dei trasporti eccezionali, ha contribuito ai lavori per la costruzione della nuova Torre Piloti del porto di Genova, una struttura alta 65 metri presente nell’area del Waterfront di Levante.
La copertura della nuova Torre Piloti - quasi 800 metri quadrati posati sulla sommità dell’edificio disegnato dall’archistar Renzo Piano - è stata sollevata per mezzo della gru CC3800-1 a circa 65 metri di altezza e posizionata al di sopra della cabina di controllo.
Un sollevamento titanico, che ha comportato delicate operazioni di manovra dei mezzi di cantiere.
La Torre Piloti sarà dotata di un innovativo sistema di smorzamento attivo delle vibrazioni causate dal vento, simile a quelli presenti in alcuni dei più importanti grattacieli al mondo: in caso di condizioni meteo marine estreme e di venti molto forti, il sistema Electro-Pro, progettato e costruito da ISAAC, utilizzerà infatti masse attive, messe in movimento da motori elettrici, per bilanciare il movimento della struttura ed eliminare le vibrazioni.
Con i lavori per la costruzione della nuova Torre Piloti, il 17 ottobre scorso Vernazza Autogru si è aggiudicata il premio agli Ship2Shore Awards - Oscar Italiani dei Trasporti nella categoria “Movimentazione & sollevamento”, promosso @ship2shore.it, il magazine online delle economie marittime, della logistica e dei trasporti.
L’Azienda ha partecipato entusiasta a questa grande festa genovese in compagnia di oltre 600 partecipanti, tra aziende, enti, professionisti, politici, sponsor e stakeholders, fiera di ricevere un così alto riconoscimento nazionale nel proprio luogo d’origine. Ha ritirato il premio l’ing. Giulia Vernazza, Responsabile del Vernazza Polo Logistico di Vado Ligure.●
Cogliere l’at timo
azienda leader nel settore degli oli lubrificanti.
di Piera Ponta
Carlo Logli
“Onestà, integrità e rispetto per le persone, lavoro di squadra, comportamento etico negli affari, miglioramento continuo, qualità totale, igiene e sicurezza sul lavoro e attenzione estrema ai clienti rappresentano la cultura di Columbia”: lo si legge nel sito della piccola azienda fondata nel 1934 e specializzata nella produzione di lubrificanti per autotrazione, macchinari industriali e agricoli, automotive e nautica. Da 90 anni, una reputazione senza macchia: fatto che, insieme con le potenzialità di crescita di Columbia sui mercati esteri, ha convinto Carlo Logli a dismettere i panni del manager e a vestire quelli dell’imprenditore, rilevando l’azienda lo scorso mese di febbraio.
«Per una serie incredibile di circostanze - racconta Logli, ingegnere con un master in business administration e 30 anni di carriera alle spalle con incarichi apicali in grandi gruppi internazionali dell’alta tecnologia - ho conosciuto la proprietà di Columbia nel periodo in cui aveva deciso di cedere l’attività e nel giro di 15 giorni, pur non avendo esperienza nel settore, ho presentato la mia proposta d’acquisto. Devo ammettere che il passaggio da manager a imprenditore non è stato privo di qualche difficoltà... ma la società è conosciuta per la serietà nella relazione con i clienti e molto apprezzata per la qualità dei suoi prodotti, con oltre 200 referenze di lubrificanti e assimilati. La gestione precedente era molto focalizzata sul mercato nazionale, ma ora stiamo spingendo sull’internazionalizzazione, anche grazie alle mie conoscenze in molte parti del mondo, perché Columbia è un gioiellino con ottime prospettive di crescita». L’apertura di nuovi mercati è un tema caro a Carlo Logli, che è stato anche docente di marketing in varie università ed è autore del libro “Marketing aeronautico. Scenari, tecniche, strategie” (Etas Ed.), scritto insieme con Philippe Malaval. «L’internazionalizzazione di un’impresa è un processo che richiede il coinvolgimento di figure con competenze di alto profilo: oltre alla conoscenza delle lingue, il “venditore per l’estero” deve essere una persona strutturata, solida, rigorosa, attenta a cogliere i bisogni del cliente;
deve, quindi, soprattutto saper ascoltare ed evitare di assumere impegni che l’azienda potrebbe non essere in grado di mantenere. Teniamo sempre ben presente - sottolinea Logli - che il potenziale cliente estero, almeno in prima battuta, conoscerà l’azienda e i suoi prodotti proprio attraverso quella persona: massima attenzione, dunque, per non incorrere in errori che potrebbero compromettere l’immagine dell’azienda stessa e le relazioni future». Uguale prudenza Carlo Logli la raccomanda a chi si affida a un Temporary Export Manager: «Il TEM può dare un contributo molto importante dal punto di vista dell’introduzione di una PMI ai mercati esteri, ma se l’azienda opera in un settore che richiede competenze molto specifiche, la sola esperienza di vendita del TEM non sarà sufficiente, occorrerà una conoscenza approfondita dei prodotti proposti per intrattenere la relazione con i clienti prospect e, auspicabilmente, finalizzare la vendita. Io stesso ho dovuto dedicare tempo allo studio dei prodotti di Columbia, perché la lubrificazione è un mix di tante scienze applicate: fisica, chimica, tecnologia dei materiali... difficile fornire risposte esaurienti ed essere convincenti se non si possiede una sufficiente padronanza della materia».
Carlo Logli ha trascorso molta parte della sua vita all’estero: quindici anni in Francia, un anno in Inghilterra, quattro in Russia e, infine, negli Emirati Arabi, dove vive da dieci anni con la sua famiglia, ma per qualche tempo ha vissuto anche a Genova, dove ha frequentato le scuole elementari. «Il caso, con Columbia, mi ha fatto ritornare in questa città, alla quale sono molto affezionato. Essere a capo di una società genovese che oggi è presente, con i suoi prodotti, in quasi venti paesi del mondo, e che ha ulteriori prospettive di crescita, mi rende ancora più orgoglioso di questo “ritorno alle origini ”. Last but not least, nel 2025 Columbia festeggia 80 anni di iscrizione a Confindustria Genova: una ragione in più per sentirmi legato a questa città e per offrire il mio personale contributo alle attività e alle iniziative dell’Associazione».●
IL MODELLO
Con l’introduzione delle soluzioni IMAGN, l’azienda rafforza il proprio business affiancando ai gas liquidi l’efficienza e i servizi energetici.
Sta per concludersi un anno di risultati importanti nel campo del fotovoltaico per AGN ENERGIA, con oltre 1000 impianti installati in tutta Italia: una crescita che conferma la bontà delle scelte strategiche dell’azienda, che in un contesto di mercato sempre più competitivo ed evoluto, vuole contribuire alla transizione energetica con un’offerta di prodotti e servizi energetici ampia e differenziata.
Questo successo testimonia una strategia aziendale dinamica e lungimirante, in grado di affrontare il grande cambiamento in atto con un’offerta innovativa, mantenendo al contempo la propria posizione di riferimento nel settore dei gas liquidi. Fondata nel 1958, AGN ENERGIA è leader nel settore dei gas liquidi, con una presenza capillare su tutto il territorio italiano, per servire oltre 300mila clienti attraverso l’affidabilità e la competenza di oltre 65 anni di esperienza nel settore energetico. Dal 2006, accanto all’offerta di GPL, AGN ENERGIA ha progressivamente ampliato i propri servizi includendo la fornitura di energia elettrica e gas naturale, servizi di efficientamento energetico, installazione di impianti fotovoltaici, sistemi di accumulo e di ricarica elettrica, rivolti a clienti residenziali, condomini e aziende. Più recentemente, questa gamma integrata di soluzioni ricade sotto l’offerta IMAGN, a sottolineare l’impegno dell’azienda verso un futuro sempre più sostenibile e innovativo.
Competenze trasversali con un unico obiettivo: soddisfare il fabbisogno energetico del cliente finale, con soluzioni semplici e convenienti, che possono contribuire alla sostenibilità ambientale. Oggi AGN ENERGIA è una realtà nazionale, con
LA SFIDA DELLA TRANSIZIONE
ENERGETICA
L’Unione Europea si è posta l’ambizioso obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. Per raggiungerlo, ha definito traguardi intermedi di riduzione delle emissioni di CO2 (55% entro il 2030 e 90% entro il 2040) e un target di energia rinnovabile del 42,5% entro il 2030. Questa sfida coinvolge tutti i settori, dal residenziale al manifatturiero, passando per i trasporti, e richiede un approccio complesso e aperto a diverse tecnologie. In questo contesto, la neutralità tecnologica, quindi l’applicazione non discriminatoria di tecnologie che possano abilitare le diverse fonti energetiche, assume un ruolo fondamentale. Per questo AGN ENERGIA ha avviato un percorso verso un modello di business integrato e innovativo che tiene conto di questo approccio strategico.n
un fatturato di oltre 650 milioni di euro e oltre 800 tra dipendenti e collaboratori; l’azienda investe importanti risorse nell’innovazione scientifica e tecnologia, ad esempio nel campo del GNL e della ricerca sul bioGPL, gas prodotto da scarti organici e olii vegetali.
Inoltre è impegnata nei territori in cui opera, non solo rispondendo ai bisogni energetici locali, ma collaborando attivamente con associazioni e partner per promuovere iniziative di sostenibilità ambientale e sociale. Progetti concreti e condivisi, che testimoniano un’attenzione autentica verso le comunità e l’ambiente.
IL FUTURO ALL’INSEGNA
DELLE DIVERSE TECNOLOGIE
I gas liquidi trovano impiego in oltre mille applicazioni, tra cui processi industriali, riscaldamento, lavorazione dei metalli, produzione alimentare e forni industriali. La loro integrabilità nelle infrastrutture esistenti, la sicurezza dell’approvvigionamento, l’economicità e la facilità di trasporto li rendono strategici per la transizione energetica. La crescente domanda di energia, in un contesto geopolitico complesso, ne rafforza ulteriormente il ruolo all’interno del mix energetico attuale e futuro. Un mix in cui anche le altre fonti rinnovabili, in particolare il fotovoltaico, avranno un ruolo chiave. Nell’ultimo decennio, il fotovoltaico residenziale ha registrato una notevole espansione. Al 31 dicembre 2023, il 94% dei 1.597.447 impianti fotovoltaici installati in Italia aveva una potenza inferiore o uguale a 20 kW. Un trend destinato a proseguire, grazie al calo dei costi di batterie, inverter e moduli solari, ai vantaggi offerti dall’autoconsumo individuale e all’impulso di iniziative come le Comunità Energetiche che favoriscono l’autoconsumo collettivo.n
«AGN ENERGIA - spiega Elena Risso, direttore generale di Quiris S.a.p.a., holding industriale a cui fa capo l’azienda -, ha saputo sfruttare il know-how acquisito in oltre 65 anni di attività e la dinamicità della propria rete tecnica e commerciale per ampliare e strutturare la propria offerta in cui fotovoltaico, efficientamento e servizi affiancano con successo il settore GPL. Il nostro obiettivo è di far crescere ulteriormente questi risultati e soddisfare il desiderio di indipendenza energetica dei nostri clienti. Un bisogno che da sempre trova risposte nelle nostre soluzioni, lungo un percorso di innovazione che apre le porte del futuro».●
COMPETIZIONE & SVILUPPO e innovazione
digitale e l’adozione di tecnologie all’avanguardia sono elementi essenziali per garantire sicurezza e offrire servizi competitivi.
di Maurizio Ceragno
La Banca Passadore & C., storica istituzione bancaria italiana con oltre 130 anni di attività, continua a dimostrare la sua capacità di innovare e di adattarsi alle nuove esigenze del mercato realizzando soluzioni digitali che garantiscono i tradizionali livelli di qualità, efficienza e competitività dei servizi offerti alla propria clientela, in piena coerenza con il modello operativo adottato.
Fin dagli anni ‘60 del secolo scorso, la Banca ha considerato la digitalizzazione come un fattore rilevante per la realizzazione del proprio modello di business e ne ha curato lo sviluppo. Da sempre ha ritenuto di importanza strategica il poter disporre di leve autonome e indipendenti per la progettazione e lo sviluppo in-house di quei processi digitali ritenuti qualificanti e distintivi per la gestione ottimale del rapporto con il proprio specifico target di clientela e ha deciso, di conseguenza, di mantenere all’interno del proprio perimetro non solo la gestione dell’infrastruttura tecnica ICT, ma anche la progettazione e la realizzazione del “motore informatico” della Banca. Ad oggi il sistema informativo della Banca Passadore rappresenta, per la propria classe dimensionale, l’unica realtà in Italia (e fra le pochissime in Europa) autonoma e indipendente, sia nell’infrastruttura che nello sviluppo di applicazioni.
Il più recente esempio emblematico di questa forte propensione alla digitalizzazione e all’adozione di tecnologie innovative è l’introduzione, a settembre 2024, della prima piattaforma italiana per la gestione dell’intero ciclo di vita, la digitalizzazione e la notarizzazione in blockchain delle fideiussioni, realizzata in collaborazione con il Centro di Ricerca su Tecnologie e servizi finanziari dell’Università Cattolica di Milano (Cetif), Nexi e Reply.
La piattaforma, nel pieno rispetto delle disposizioni introdotte dal Nuovo Codice degli Appalti e dei requisiti previsti dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID), grazie alla notarizzazione delle fideiussioni su registro distribuito e la possibilità di verificare dal sito pubblico la veridicità delle stesse, garantisce maggiore sicurezza, trasparenza ed efficienza, riducendo significativamente l’eventuale rischio di frodi. I vantaggi offerti dalla piattaforma sono molteplici e consistono nella gestione automatizzata della fideiussione rispetto alla pratica tradizionale, con piena digitalizzazione e tracciabilità delle operazioni, nella riduzione dei tempi di gestione, in quanto tutti i processi avvengono tramite l’applicativo con aggiornamenti in tempo reale tra le controparti, nell’eliminazione delle frodi, perché le fideiussioni sono registrate e certificate su blockchain, nell’integrazione con i sistemi informativi pre-esistenti usati dalle controparti. Ultimamente la Banca Passadore ha “lanciato” la nuova app “MB+”, interamente progettata e sviluppata in-house utilizzando le più avanzate tecnologie in ambito mobile. Questa app si distingue per la quantità e qualità delle funzioni disponibili e per l’attenzione all’interfaccia grafica interattiva e di sicurezza, rendendo l’esperienza digitale dei clienti più funzionale, sicura e intuitiva.
Tra le prime in Italia, MB+ è utilizzabile anche sul nuovo visore Apple Vision Pro® di Apple® e sul visore Quest® di Meta®, permettendo la sua fruizione anche nella “realtà aumentata”.
Anche se il canale on-line (web o mobile) rappresenta per
la Banca uno “strumento” a disposizione del cliente di tipo meramente esecutivo, sempre integrativo e mai sostitutivo della relazione personalizzata con il cliente, da utilizzarsi per operatività bancaria a basso valore aggiunto e da affiancare alla relazione diretta con il personale della Banca per ogni tipo di operatività più complessa o comunque a maggior valore consulenziale, l’obiettivo che si è prefissata - e che, stante il successo ottenuto dalla app in termini di gradimento da parte della clientela, ha raggiunto - è stato quello di realizzare uno strumento semplice, sicuro, efficiente e particolarmente innovativo.
La Banca è anche costantemente impegnata in diverse attività di ricerca e sviluppo, finalizzate a cogliere eventuali opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica e di mercato con l’obiettivo di fornire servizi di nicchia ad elevato contenuto tecnologico e valore aggiunto, specificatamente mirati sul target di clientela della Banca.
Un caso di particolare successo è rappresentato dalla partnership con PayDo, startup italiana B2B attiva nel mondo FinTech che ha sviluppato una suite di servizi tecnologici per innovare l’esperienza di incassi e pagamenti. Il servizio Plick permette di effettuare pagamenti in tempo reale 24 ore su 24, giorni festivi inclusi, in modo sicuro e tracciabile in tutta l’Europa, senza conoscere l’IBAN del destinatario, ma semplicemente il suo numero di telefono, e senza la necessità di aderire a uno specifico “circuito” in comune.
Banca Passadore ha aderito alla piattaforma MyBank per offrire ai propri correntisti una nuova opzione di pagamento digitale account-to-account
La soluzione di pagamento MyBank può essere utilizzata per acquistare online beni e servizi ma anche per effettuare versamenti di tributi, tasse, utenze, bolli e altre operazioni a favore della pubblica amministrazione, in totale sicurezza, tramite il proprio online banking, senza dover condividere i propri dati sensibili, creare un nuovo account o scaricare nuove applicazioni.
La Banca è inoltre pioniera nell’applicazione delle tecnologie di intelligenza artificiale (AI) al proprio modello operativo con lo scopo di modernizzare ed efficientare sia i processi interni sia gli strumenti digitali offerti alla clientela. È in fase “embrionale”, infatti, un progetto di intelligenza artificiale generativa basato su Large Language Models (LLM) ovvero sistemi che utilizzano tecniche di machine learning, modelli basati su reti neurali e tecniche di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) per comprendere e generare linguaggio umano.
La mission è realizzare un modello AI proprietario che semplifichi la consultazione della normativa interna, migliorando l’efficienza operativa e supportando il personale nelle attività quotidiane, assicurando al contempo l’adeguata assistenza alla clientela in tutte le operazioni.
Anche per una banca come la Banca Passadore, il cui focus principale è rappresentato dalla relazione personalizzata diretta con il cliente, l’innovazione tecnologica rappresenta un pilastro fondamentale e imprescindibile per garantire gli elevati livelli di qualità, efficienza e competitività dei servizi offerti alla propria clientela.●
Maurizio Ceragno è Direttore Centrale e COO di Banca Passadore & C S.p.A.
Regali
dal mare
Dall’Acquario di Genova parte un nuovo progetto di economia circolare.
Simona Bondanza, Head of Sustainability di Costa Edutainment, racconta a Genova Impresa cosa può nascere dalla trasformazione di vecchie mute in nuovi oggetti.
L’Acquario di Genova ha recentemente ricevuto una menzione speciale nell’ambito dei Genova Global Awards per un progetto di economia circolare. Di cosa si tratta?
Si tratta di un progetto che abbiamo avviato un paio di anni fa e che riguarda il riciclo delle mute utilizzate dal nostro staff nelle operazioni quotidiane di cura e mantenimento degli animali ospiti delle vasche, una volta dismesse. In collaborazione con Sillabe editore - che gestisce i punti vendita interni all’Acquario - e la start up toscana HASHTAGV, le mute vengono trasformate in pochette e piccoli inserti decorativi per sacche e camicie realizzate in cotone organico. È un progetto nato dal desiderio, proprio dei nostri acquaristi e biologi, di dare nuova vita alle mute non più utilizzabili. Per noi che ci occupiamo di ecosistemi e di impatti dei rifiuti sulla natura, è importante pensare al recupero e al “fine vita” degli oggetti che utilizziamo.
Da dove nasce l’idea?
L’Acquario di Genova per alcuni aspetti può essere considerato una realtà industriale, ma non produce oggetti o prodotti che comportino particolari scarti o rifiuti. Il nostro prodotto è prevalentemente collegato a contenuti immateriali e di conoscenza. Dunque, non è semplice lavorare su
progetti di economia circolare, che sono importantissimi per allungare il più possibile la vita degli oggetti che utilizziamo e trasformare quelli che non usiamo più in risorse. L’idea nasce da un’analisi interna e dal nostro percorso di sostenibilità, che cresce di anno in anno e coinvolge sempre di più anche le persone che lavorano all’interno delle nostre strutture. Analizzando il ciclo dei rifiuti, ci siamo accorti che avevamo a che fare con un numero piuttosto elevato di mute, indumento imprescindibile di lavoro quotidiano per il nostro staff acquariologico. Il neoprene, si sa, è un materiale artificiale di difficile smaltimento e la dismissione delle mute per noi equivaleva sostanzialmente alla produzione di rifiuti da conferire nell’indifferenziato, quindi destinati alla discarica. Così, mettendo insieme le competenze di più
Simona Bondanza
realtà e professionisti, siamo arrivati a individuare un percorso di recupero che ci consentisse di gestire questo “rifiuto” in modo creativo, dando vita a prodotti utili e alleggerendo anche la nostra impronta ambientale. Da una muta in neoprene da adulto, non più utilizzabile per il suo scopo iniziale, il nostro partner HASHTAGV, piccola startup toscana, realizza 5 pochette e un centinaio di applicazioni per abbigliamento, portando il materiale di scarto a nuova vita. Per chiudere il cerchio, i prodotti realizzati con le vecchie mute e brandizzati Acquario di Genova sono in vendita nei gift shop interni alla struttura con il supporto di Sillabe, casa editrice livornese e nostra partner nella gestione dei negozi dell’Acquario di Genova e Livorno.
Una delle caratteristiche dei progetti premiati nell’ambito dei Genova Global Awards è la replicabilità. In che modo lo è il vostro?
Il progetto è un primo step nell’ambito della ricerca sul riciclo del neoprene. Il nostro Gruppo gestisce altre tre strutture nelle quali vengono utilizzate sistematicamente le mute; quindi, si può dire che complessivamente abbiamo a che fare con un quantitativo piuttosto rilevante di questo materiale. Così, ci siamo attivati per estendere e rendere replicabile il progetto all’interno di tutte le altre strutture di Costa Edutainment che usano mute, coinvolgendoli attivamente nel percorso di recupero. Inoltre, abbiamo cercato di guardare anche al di fuori del Gruppo. Da diversi mesi, infatti, siamo in contatto con un’azienda tedesca che lavora con un importante Gruppo internazionale nel settore dell’abbigliamento sostenibile, che, a partire dal neoprene delle mute usate, è in grado di realizzare prodotti di abbigliamento ma anche sistemi di filtrazione domestica e industriale per ridurre il rilascio di microplastiche nell’ambiente. Tematica che per noi è molto importante ed è materia di studio e ricerca da parte dei nostri biologi, che ogni giorno si confrontano con le conseguenze che le microplastiche hanno sugli ecosistemi marini. Questa stessa realtà tedesca sta facendo ricerca per ampliare la gamma di prodotti provenienti dal riciclo del neoprene e sta esplorando anche materiali nuovi per soluzioni di arredo urbano. Speriamo, quindi, di poter far crescere ulteriormente il progetto di riciclo attraverso la realizzazione di altri prodotti per uso interno alle nostre strutture ma anche per la vendita ai nostri visitatori. Ci piacerebbe, inoltre, estendere e condividere il progetto all’interno del circuito internazionale di Acquari e Zoo, ai quali partecipiamo attivamente, e che si sta interro-
gando e attivando sempre di più su processi di sostenibilità lungo tutta la catena del valore. Infine, in una Regione come la Liguria e in un Paese come l’Italia, circondato di litorali dove si contano moltissimi diving center, piscine e centri sportivi, è facile immaginare ulteriori progetti di upcycling simili al nostro.
Il tema degli impatti dei rifiuti sugli ecosistemi è al centro del dibattito pubblico. Come sensibilizzate i visitatori su questo?
La nostra missione è proprio avvicinare alla natura e promuovere la salvaguardia dell’ambiente attraverso attività di educazione, conservazione e ricerca. Questo comporta azioni di coinvolgimento e sensibilizzazione che sono già di per sé parte integrante della visita, che offre emozioni ma anche informazioni, approfondimenti e contenuti preziosi che ognuno può portare con sé. Per dare spazio a queste tematiche, ad esempio, abbiamo allestito una vasca all’interno del percorso dell’Acquario di Genova per mostrare ai visitatori “il mare che non vogliamo” e portare la loro attenzione sulla presenza dei rifiuti, plastici e non solo, che abitano ormai tutti i mari del mondo. Inoltre, lavoriamo per studiare e comprendere gli effetti delle microplastiche su alcune specie e sulla catena alimentare. Da poche settimane, abbiamo realizzato anche una parete che illustra il nostro impegno per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e i progetti della nostra Fondazione Acquario di Genova, che lavora al nostro fianco da sempre per portare avanti progetti di ricerca e conservazione. All’interno dell’Acquario di Cattolica sono temi che trattiamo dal 2010, quando parlare di plastica o di microplastica negli oceani era molto meno diffuso di adesso. Qualcosa è stato fatto, ma davvero moltissimo è ancora da fare, soprattutto in alcuni Paesi del mondo, dove tonnellate di rifiuti sono immessi nell’ambiente senza alcun piano di riciclo o riduzione e invadono strade, città, coste, fiumi e mari. Dei temi come l’aumento delle temperature, la crisi climatica, l’emergenza povertà, si è dibattuto anche recentemente alla COP29. In Europa stiamo lavorando da anni per traguardarci al 2050 con una sensibile riduzione degli impatti ambientali, imprescindibile per la nostra stessa sopravvivenza, ma sembra che gran parte del mondo non stia andando in questa direzione. E l’Europa da sola non ha la rilevanza né politica né economica per fare la differenza. La speranza è che gli interessi economici di alcuni non precludano la sopravvivenza di tutti.●
Un secolo
di impianti
Con la terza generazione in azienda, la Crocco Srl si avvia verso i 100 anni di attività.
La Crocco Srl è un’azienda impiantistica genovese fondata nel 1925 da Emanuele Crocco in un piccolo locale di via Bobbio, quale piccola impresa artigiana attiva nella vendita di elettrodomestici e nell’esecuzione di impianti elettrici civili.
Trasformatasi in Snc nel 1954, con l’ingresso dei figli Luigi e Rinaldo, e quindi in Srl nel 1976, l’azienda è cresciuta costantemente affermandosi nell’impiantistica elettrica e diventando un riferimento nel panorama dei lavori pubblici comunali. Tra gli anni ‘80 e ’90, con la terza generazione, rappresentata da chi scrive e da Cristina Crocco, figlia di Luigi, la società si prepara ad affrontare nuove sfide. Al giro di boa del millennio, infatti, con l’introduzione di caratteristiche referenziali per la partecipazione a gare pubbliche che previlegiano la capacità di affrontare lavori impiantistici a 360º, sia elettrici che tecnologici, la Crocco Srl si organizza per soddisfare autonomamente le richieste del mercato, ottenendo, grazie all’esecuzione diretta di importanti incarichi, titoli rilevanti nell’attestazione SOA, veicolo indispensabile per poter competere nell’aggiudicazione di commesse estremamente qualificanti. Oggi uffici, magazzino e officina, oltre a un ampio spazio per il ricovero dei mezzi, sono riuniti in un’unica area, sempre in via Bobbio. La politica commerciale della società, unita alla serietà e -
senza timore di peccare di presunzione - alle competenze tecniche e alle predette referenze, ha consentito all’azienda di essere presente in appalti prestigiosi, anche in associazione con partner primari di estrazione civile.
La Crocco Srl è sempre stata un’impresa in evoluzione: si è dapprima misurata sul mercato dell’impiantistica elettrica, nel settore dell’illuminazione pubblica, dove ha giocato un ruolo di primo piano nella costruzione degli impianti in vari quartieri della cittadini e in occasione del G8 di Genova, per poi rivolgersi al comparto autostradale, dove ha contribuito in maniera rilevante al passaggio dalla luce a scarica all’illuminazione a led, intervenendo su varie tratte - A26, A12, A7, A10; nel contempo, ha partecipato alla realizzazione di impianti in ambito ospedaliero (al policlinico San Martino e in tutta la ASL 3), gestendo per alcuni anni l’attività di manutenzione, comprensiva della reperibilità dei tecnici. L’esperienza maturata in interventi di impiantistica a 360º ha consentito all’azienda di dare il proprio contributo nella costruzione degli impianti elettrici, idrici e di condizionamento per clienti quali Fondazione IIT, agli Erzelli e a San Quirico, per il Comune di Genova, a Palazzo Rosso, per Arte Genova, per Villa Zanelli a Savona.
Al momento, la Società è molto impegnata in appalti relativi al PNRR, come la realizzazione della “Casa delle Famiglie e
di Luciano Trebbi
Museo” nell’ambito del progetto Parco del Ponte in Valpolcevera, e il completamento della Casa della Solidarietà (asilo notturno Massoero); in tema di efficientamento energetico siamo presenti in appalti per la progettazione ed esecuzione
di impianti fotovoltaici in ambito portuale e, sempre in ambito portuale, siamo coinvolti nella progettazione e costruzione del sistema Port Grid dello scalo di Savona, aggiudicato grazie alla partecipazione della Crocco Srl al Consorzio Stabile CMCI. Quest’ultimo lavoro, in particolare, ritengo meriti qualche approfondimento.
L’attuale rete elettrica del porto è alimentata da una singola cabina di Media Tensione con una potenza disponibile di circa 2 MW. L’obiettivo che si sta concretizzando è quello di dotare l’impianto di storage dell’energia di massima capacità suddivise in due serie di batterie ad ampia capacità. L’installazione di tali elementi e la presenza nell’area portuale di una smart grid di gestione e controllo dell’energia richiede la posa di nuova componentistica digitale; si sta quindi procedendo alla sostituzione di 4 cabine di Media Tensione e di tutta la componentistica a esse collegata con nuove linee di alimentazione. Il sistema di accumulo costituisce un elemento fondamentale per ai fini della flessibilità e dell’autonomia energetica; il sistema BESS (Battery Energy Storage System) richiede un dimensionamento che tenga conto di tutte le sorgenti e i consumi presenti nell’area. Sono quindi previste due installazioni distinte di batterie che portano la taglia complessiva a 12 MWh. Questa realizzazione permette di accumulare energia proveniente dagli impianti fotovoltaici e la differenza tra quella utilizzata e quella accumulata, anziché essere riversata in rete, viene resa disponibile per il periodo notturno o per eventualità specifiche come, per esempio, in caso di interruzione dell’alimentazione da rete pubblica.
A poche settimane dal compimento dei suoi primi 100 anni, nel 2025, la Società conferma la volontà di proseguire il proprio cammino di crescita: è infatti in corso un processo di “continuous improvement” per il potenziamento delle capacità interne di progettazione e, guardando sempre al futuro, per l’introduzione di politiche di sostenibilità e governance aziendale (ESG) e per l’adozione dei software di progettazione BIM (Building Information Modeling, ndr).●
Crescita
Iren Spa: il Piano Industriale 2024-2030.
e sostenibilità
Il Consiglio di amministrazione di Iren Spa ha approvato l’aggiornamento del Piano Industriale 2024-2030, delineando una strategia di crescita focalizzata su investimenti significativi e sostenibili. Con un impegno di 8,2 miliardi di euro nei prossimi sette anni, Iren mira a rafforzare la propria posizione nei settori delle infrastrutture energetiche, del ciclo idrico, delle energie rinnovabili e dell’ambiente.
Investimenti e crescita
Il piano prevede investimenti lordi di 8,2 miliardi di euro, destinati principalmente ai settori regolati delle reti energetiche e del ciclo idrico, allo sviluppo di nuova capacità di generazione elettrica da fonti rinnovabili e al settore ambientale. Questi investimenti consentiranno una crescita della marginalità di oltre 600 milioni di euro rispetto al 2023, con un EBITDA atteso di circa 1,8 miliardi di euro entro il 2030 e un CAGR dell’utile netto del +7%.
Strategia e sostenibilità
La strategia di Iren si basa su tre pilastri fondamentali: la transizione ecologica, la creazione di valore per i territori e la qualità del servizio. La transizione ecologica prevede una progressiva decarbonizzazione delle fonti di generazione energetica e il rafforzamento della leadership nell’economia circolare. La creazione di valore per i territori si realizza attraverso la collaborazione con le comunità locali per sviluppare nuove infrastrutture e impianti. La qualità del servizio è garantita dal miglioramento delle performance e dalla massimizzazione della soddisfazione dei clienti.
Opportunità per il territorio e per le aziende locali
Uno degli aspetti più rilevanti del Piano Industriale 20242030 è l’enorme potenziale di creazione di opportunità di lavoro sui territori di riferimento. Gli investimenti previsti non solo rafforzeranno la posizione di Iren nei settori chiave, ma contribuiranno anche allo sviluppo economico e sociale delle comunità locali. Con circa 2.400 nuove assunzioni e opportunità di business per le imprese di diversi settori, il Piano Industriale Iren sarà anche un motore di crescita per l’economia ligure.
Focus sulle Business Unit
Reti: investimenti di 2,8 miliardi di euro per incrementare l’efficienza e la qualità dei servizi, con una crescita della RAB a 4,5 miliardi di euro entro il 2030. Il 58% degli inve-
stimenti è destinato al servizio idrico integrato, il 29% alla distribuzione elettrica e il 13% alla distribuzione del gas.
Ambiente: piano di investimenti di 1,6 miliardi di euro, con il 64% destinato allo sviluppo impiantistico per il trattamento dei rifiuti e il recupero energetico. Il restante 36% è indirizzato all’attività di raccolta e al miglioramento della qualità del servizio.
Energia: investimenti di 2,5 miliardi di euro per incrementare la capacità di generazione elettrica da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di superare i 2 GW entro il 2030. Previsti anche interventi di efficientamento degli impianti termoelettrici e lo sviluppo del teleriscaldamento.
Mercato: investimenti di 700 milioni di euro per incrementare la customer base e sviluppare contratti PPA di mediolungo termine. L’obiettivo è raggiungere 2,6 milioni di clienti entro il 2030.
Obiettivi economico-finanziari
Iren prevede di raggiungere un EBITDA di circa 1,8 miliardi di euro entro il 2030, con una crescita organica sostenuta da investimenti nelle reti di distribuzione, nello sviluppo impiantistico per il trattamento dei rifiuti e nella generazione di energia rinnovabile. La posizione finanziaria netta/EBITDA è attesa in miglioramento, fino al raggiungimento di 2,7x nel 2030.
Dividendo e struttura finanziaria
La nuova dividend policy prevede un incremento annuo del dividendo del +8% fino al 2027, garantendo stabilità e crescita superiore alla media di settore. La posizione finanziaria netta è attesa in incremento di 1 miliardo di euro rispetto al 2023, con un costo medio del debito previsto inferiore al 2,4% fino al 2025.
Conclusione
Il Piano Industriale 2024-2030 di Iren rappresenta una visione strategica di lungo periodo, focalizzata sulla sostenibilità e sulla crescita organica. Gli investimenti previsti non solo rafforzeranno la posizione di Iren nei settori chiave, ma contribuiranno anche allo sviluppo economico e sociale delle comunità locali, creando nuove opportunità per gli imprenditori del territorio. Le aziende locali avranno un ruolo cruciale nel supportare l’implementazione di questo piano ambizioso, beneficiando di nuove collaborazioni e contratti che stimoleranno l’economia locale.●
settore fondato sulla scienza Cosmetica,
A colloquio con Vincenzo Paolo Maria Rialdi, AD e Direttore Tecnico di Vevy Europe Spa, dove lavora da quarant’anni occupandosi di gestione e di ricerca.
Vincenzo Paolo Maria Rialdi
Vincenzo Paolo Maria Rialdi, laurea in materie economiche e un approfondito percorso di studio e di lavoro in ambito chimico-biologico, è Amministratore Delegato e Direttore Tecnico di Vevy Europe Spa, azienda fondata nel 1959, che opera fin dalle sue origini nella ricerca, sviluppo e produzione di ingredienti altamente specializzati per prodotti dermofarmaceutici e cosmetici.
Rialdi è Professore a Contratto presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università di Genova e ricopre cariche nelle principali istituzioni di settore italiane ed europee.
Quest’anno ricorre il 65º anniversario dalla fondazione della Vevy Europe: qual è, in dettaglio, l’attività della vostra Azienda e quali sono i mercati di destinazione dei vostri prodotti?
Le attività della nostra Azienda vanno dalla ricerca allo sviluppo alla produzione e alla commercializzazione di ingredienti per impieghi cutanei, ossia quelli che servono per formulare e produrre prodotti finiti di tipo dermofarmaceutico e cosmetico. A oggi, abbiamo a listino oltre cento ingredienti specializzati per impieghi cutanei, tutti rispettosi della complessa fisiologia e biochimica dell’apparato cutaneo e negli anni abbiamo registrato altrettanti marchi e brevetti. Ogni progetto si basa sullo studio e sulla conoscenza della pelle, dei sui ruoli e del suo funzionamento. Ogni nostro prodotto è accompagnato da una consistente documentazione scientifica e tecnica che ne supporta l’utilizzo e le applicazioni. I mercati di destinazione sono quello dermofarmaceutico per circa il 40% e quello cosmetico per il restante 60%. Le esportazioni superano il 63% e riguardano i cinque continenti con prevalenza nel territorio europeo. Dall’anno della fondazione abbiamo realizzato oltre 16.000 progetti destinati a ingredienti e loro applicazioni e la media dell’investimento in ricerca degli ultimi dieci anni è del 3,5% reale sul fatturato, ben oltre la media del settore. La nostra Azienda è certificata sempre senza alcuna non-conformità secondo gli Standard ISO 9001 dal 2001, EFfCI GMP dal 2005 e Responsible Care dal 2016, oltre ad aver ricevuto il Premio Responsible Care per aver realizzato i Life Cycle Assessment delle linee significative di prodotto e dell’intero sito dove sono localizzate sede e produzione. Inoltre, poco dopo la fondazione ci siamo dotati di una rigorosa autocertificazione, denominata “Dermo Cosmetic Grade”, che garantisce che ogni nostro prodotto sia sviluppato e realizzato in modo che sia sicuro, efficace, stabile, conforme alle normative di riferimento e rispettoso dell’ambiente nel suo intero ciclo di vita. Siamo un’azienda che presenta un crescita costante e bilanciata, prediligendo rapporti con clienti e fornitori che siano stabili e continuativi.
Nel settore cosmetico, il grande impegno in termini di ricerca e di investimenti che sta dietro allo sviluppo di ogni ingrediente e di ogni prodotto finito non sembra essere sempre pienamente percepito: qual è la sua opinione al riguardo?
Il prodotto cosmetico è ancora largamente considerato un bene futile quando invece è indispensabile non solo al nostro benessere ma alla nostra salute. Nonostante ciò, quello cosmetico è uno dei primi settori a essere bersagliati con provvedimenti restrittivi urgenti, non ultimo in ambito sostenibilità, quando il suo impatto complessivo è decisa-
mente inferiore a quello di molti altri settori. Ogni ingrediente e ogni prodotto finito sono oggetto di anni di ricerca e sviluppo e di investimenti per ottenere risultati che soddisfino un sempre crescente numero di requisiti, scientifici, regolatori e di gradevolezza. Si tratta di un settore che si fonda interamente su materie scientifiche, principalmente chimica, biologia, biochimica e farmacologia, e in questi contesti le affermazioni e peggio ancora i protocolli e i dati non science-based non sono ammissibili. Diversamente si perde credibilità e si danneggia il settore. È fondamentale rivendicare, trasmettere e sostenere questi concetti lungo tutta la filiera, fino all’utilizzatore.
Quali sono le caratteristiche di rilievo del settore dermofarmaceutico?
In questo settore si guarda unicamente alla sostanza: solo ingredienti che funzionano e che siano molto ben documentati, prodotti da aziende che rispondano a precisi e inderogabili requisiti. Quindi niente spazio per le divagazioni, per le mode e per requisiti di facciata. Da qualche anno le aziende dermofarmaceutiche completano il loro portafoglio con prodotti side-pharma per supportare la pelle durante o dopo trattamenti con farmaci ma l’approccio resta quello farmaceutico.
Come si presenta il mercato del post pandemia?
In questi settori come in altri, si riscontra un incremento delle non-conformità di prodotti e servizi, nonostante l’operatività post Covid si sia abbastanza normalizzata. Preoccupa la poca reattività delle aziende di fronte alle non-conformità e l’estrema lentezza nel porre rimedio. Si tratta di quello che ho battezzato “Business Long Covid”, per il quale occorre un’urgente ricetta ricostituente. In Confindustria Genova (dove Rialdi ricopre la carica di Presidente della Sezione Chimica, Materiali e Stampa, ndr) stiamo progettando di approfondire questa tematica con le aziende associate per arginare il fenomeno ed evitare un calo di competitività. Si riscontra anche l’ulteriore frammentazione degli ordinativi, già definita molto bene come strutturale di tutto il manifatturiero nel report di Confindustria del 2019, dovuta soprattutto a un regolatorio di settore molto articolato e stringente, e aggravata da ritardi cronici nelle consegne, dall’indisponibilità ancorché parziale di determinati starting material e da quotazioni ancora fuori controllo.
Si parla molto di “sostenibilità”: forma o sostanza? Siamo avvolti da un delirio collettivo in tema di sostenibilità: è in corso una vera e propria competizione su questo tema, il cui driver è “surfare” a ogni costo il politically trendy. Ovunque, una pletora di proclami dietro ai quali ci sono solo delle possibili buone intenzioni se non il nulla. Chi, come la nostra Azienda, si è sempre premurato di impattare il meno possibile, anche in tempi nei quali questo non era un argomento interessante, oggi sembra quasi essere meno visibile di chi non se n’è mai preoccupato e si è attivato solo quando la tematica è divenuta popolare e utile alle vendite. La sostenibilità è una questione che va affrontata con un approccio scientifico e non certo speculativo o emotivo: occorrono senso di responsabilità, consapevolezza, competenza e capacità di rimettersi continuamente in gioco.●
a realtàDa sogno
La turbosoffiante industriale, ideata dal visionario Alfred Büchi, compie 100 anni: fu realizzata per la prima volta su commessa della società di ingegneria svizzera Brown, Boveri & Cie, diretta antenata di Accelleron.
Nel 2024 ricorre il 100º anniversario della prima turbosoffiante per motori di grandi dimensioni. Le turbosoffianti sono ormai una dotazione standard nelle grandi applicazioni alimentate da motori a combustione interna, da navi e locomotive, a centrali elettriche e datacenter. Tuttavia, realizzare la visione iniziale e convincere il mondo del valore di questa innovazione è stato un processo lento e probabilmente doloroso per l’inventore, Alfred Büchi (1879-1959). Büchi aveva tutte le carte in regola per diventare un influente ingegnere. Era figlio di un dirigente della Sulzer, il gigante svizzero dell’ingegneria e della produzione, che alla fine del XIX secolo era già un’azienda ben consolidata. Nel 1899, si iscrisse al Politecnico federale di Zurigo, un’università pubblica di ricerca, per studiare ingegneria meccanica. Una volta laureato, lavorò come ingegnere all’estero, in Belgio e in Inghilterra, prima di far ritorno in Svizzera nel 1908. Durante la sua permanenza all’estero, nel 1905, a soli 26 anni, Büchi depositò un brevetto in Germania per un “motore compound altamente sovralimentato” con un motore diesel, un compressore assiale e una turbina assiale montati su un unico albero. Un’idea assolutamente sperimentale all’epoca, poiché non esistevano ancora né i materiali né i combustibili per trasformare la visione di Büchi in realtà. Ciononostante, il brevetto conteneva già i fonda-
menti di qualsiasi turbosoffiante creata fin da allora: una turbina alimentata con gas di scarico viene fatta girare ad alta velocità per convogliare aria fresca attraverso un compressore nella camera di scoppio, al fine di aumentare le prestazioni del motore e ridurre il consumo di carburante. I primi anni del XX secolo sono stati un periodo di grandi innovazioni nel campo dell’ingegneria. I fratelli Wright fecero il loro primo volo su un velivolo a motore nel 1903; la Ford Model T fu introdotta nel 1908; l’acciaio inossidabile fu inventato nel 1913; il Canale di Panama fu completato nel 1914. Anche il cemento armato, la catena di montaggio nelle fabbriche, le trasmissioni via radio e le chiamate telefoniche intercontinentali fecero la loro prima apparizione in questo breve lasso di tempo.
Parallelamente, in questo periodo, l’idea dei motori con turbosoffiante stava ricevendo consensi e i problemi pratici connessi alla loro creazione venivano via via risolti. Tuttavia, in un primo momento, essi erano rivolti all’innovativo settore dei motori aeronautici piccoli e leggeri, ottenendo buoni risultati in termini di aumento delle prestazioni dei velivoli negli Stati Uniti e in Francia. A quel tempo non si riteneva ancora di poter applicare questa tecnologia ai motori industriali più grandi e più lenti, pensando che ciò non sarebbe stato economicamente redditizio.
In quel periodo, Büchi lavorava ai motori diesel per la Sulzer, ma aveva anche instaurato un dialogo con l’emergente società di ingegneria svizzera Brown, Boveri & Cie (BBC), diretta antenata di Accelleron, per vedere se potevano collaborare alla realizzazione delle sue idee.
Nel 1923, la BBC ricevette una richiesta dalla Swiss Locomotive and Machine Works, la quale aveva sviluppato un motore sperimentale a due tempi per i treni diesel. Il motore avrebbe dovuto erogare più potenza e garantire un miglior
consumo di carburante. La BBC suggerì di utilizzare una turbosoffiante a gas di scarico e la SLM acconsentì al progetto. Nel giugno del 1924, presso gli stabilimenti di Baden della BBC, fu realizzato il VT402, la prima turbosoffiante a gas di scarico per impieghi gravosi al mondo.
Nel frattempo, anche l’industria nautica si stava orientando verso l’idea dei turbocompressori. Nel 1923, il cantiere navale Vulkan in Germania aveva ordinato due grandi navi passeggeri - la Preussen e l’Hansestadt Danzig - ognuna delle quali avrebbe dovuto essere alimentata da due motori MAN turbo a 10 cilindri e quattro tempi. I turbocompressori furono progettati e costruiti presso la BBC sotto la supervisione di Büchi. Varate nel 1926, queste due navi furono le prime nella storia a essere dotate di motori turbocompressi.
L’invenzione e la commercializzazione della turbosoffiante è una conquista che ha gettato le basi per lo sviluppo dell’economia moderna così come la conosciamo oggi. Senza di esso non sarebbe possibile generare la potenza motrice richiesta utilizzando le risorse di cui disponiamo.
Molti degli elementi di questa storia sono davvero straordinari. Il primo è il modo in cui i fondamenti della turbosoffiante sono stati definiti in un’unica soluzione, fin dall’inizio. Utilizzare i gas di scarico, che altrimenti andrebbero sprecati, per aspirare aria fresca e far funzionare meglio il motore è una di quelle idee che sembrano semplici e ovvie, ma al contempo, fino a quando Büchi non le ha messe su carta, nessuno aveva unito i puntini.
Il secondo è che mentre gli obiettivi richiesti dalla sovralimentazione sono cambiati nel corso degli anni, dalle prestazioni del motore, all’efficienza del carburante e ora la riduzione delle emissioni, i principi e la forma della turbosoffiante sono essenzialmente gli stessi. Le sue caratteristiche prestazionali, i materiali, la geometria e la costruzione sono stati continuamente migliorati, ma i principi di base rimangono invariati.
L’ultimo elemento di continuità è rappresentato dalle partnership instaurate tra produttori e specialisti, che hanno caratterizzato il settore fin dai primi anni. Raramente le innovazioni sono il prodotto di una sola mente. Büchi è stato indubbiamente un genio, ma senza la collaborazione della BBC per creare i suoi prodotti e dei costruttori di motori per dare fiducia alle sue idee, nulla sarebbe accaduto. A tutt’oggi, questa stessa rete di idee, produzione e creazione di soluzioni per i clienti continua a promuovere l’innovazione e l’ottimizzazione dei motori a combustione.●
Progetto Ghana
Un piano pilota di formazione e integrazione nato dalla collaborazione di Umana e Umana Forma con Confindustria Alto Adriatico.
Maria Raffaella Caprioglio
Rispondere alla carenza di manodopera qualificata con cui, nell’attuale momento di crisi demografica, si trovano a fare i conti molte imprese italiane dando alle filiere la possibilità di mantenere la competitività e offrendo nel contempo a giovani stranieri l’opportunità di sviluppare le proprie competenze, anche in vista di una futura integrazione sul territorio italiano. Un doppio risultato che Umana, in collaborazione con Confindustria Alto Adriatico, punta a raggiungere con il Progetto Ghana, che ha da poco preso il via e che mira a portare in Italia 250 giovani formati nelle Academy attivate sul territorio del Paese africano. I corsi, realizzati presso due istituti di formazione professionale dei Salesiani, saranno finanziati con propri fondi Forma.Temp dal partner del progetto, Umana Forma. Il progetto ha preso il via ufficialmente il 6 aprile con la visita ad Accra del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita ufficiale in Africa occidentale, che ha inaugurato i primi corsi di formazione realizzati in due istituti di formazione professionale dei Salesiani, nell’area metropolitana di Accra e a Sunyani, nell’ovest del Paese. Il Capo dello Stato ha encomiato “il modello e la formula” adottata, sottolineando che “costituisce un messaggio anche per altre realtà del nostro Paese”. Il Progetto Ghana infatti è stato inizialmente tarato sulle necessità manifestate dal sistema industriale del Friuli Venezia Giulia e per questo si è concentrato su una formazione dedicata agli ambiti della saldatura, della logistica e dell’elettromeccanica, ma il progetto è certamente replicabile in altri contesti produttivi italiani.
La prima classe di quindici saldatori è già arrivata in Italia e, al termine di un’ulteriore formazione di affinamento tecnica e civico-linguistica, ha iniziato il proprio percorso lavorativo presso un’azienda del gruppo Fincantieri con un contratto di lavoro in somministrazione. Nei prossimi mesi è atteso l’arrivo di altri 45 lavoratori presso le aziende partner che hanno già aderito al progetto. È bene specificare che si tratta di lavoratori diplomati presso i centri professionali del Paese e che sono quindi in grado di portare valore aggiunto alle imprese italiane.
«Il progetto Ghana - spiega Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana - è un programma di integrazione lavorativa e sociale che rappresenta un’esperienza inedita nel suo genere. Un esempio di come attraverso la sinergia fra diversi partner, in Italia e all’estero, si possa dare risposta concreta alle imprese del territorio e al contempo costruire ricchezza per un’intera comunità. Il progetto, che ci vede orgogliosamente partner di Confindustria Alto Adriatico, ha trovato oggi la sua forma più concreta. Le persone arrivate qui in Italia sono state selezionate da Umana e con Umana Forma, in collaborazione con i Salesiani di Don Bosco e il VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo; hanno partecipato a un serrato programma di formazione professionale e civico-linguistica in loco che continuerà ora nel nostro Paese. Sono i primi saldatori diplomati - con-
tinua Caprioglio - che saranno presto raggiunti dagli altri loro compagni e inseriti fin da subito in aziende del Friuli Venezia Giulia partner del progetto con un contratto di lavoro in somministrazione, quelle stesse aziende che si sono fatte carico sia dei costi di trasferimento sia del loro alloggio. Un lavoro, certamente replicabile anche in altri contesti, che ha visto Umana con la sua Area Integrazione, Confindustria Alto Adriatico, l’Ispettoria Salesiana per l’Africa Occidentale Sud, VIS Ghana e le aziende italiane lavorare per un obiettivo sfidante: costruire futuro per le imprese di questo territorio e dare una concreta opportunità di buona integrazione per nuovi cittadini del nostro Paese».
Umana, in coordinamento con i partner locali, ha partecipato alla selezione dei candidati in Ghana e, attraverso Umana Forma, società di formazione del gruppo, si è occupata sia della prima fase di formazione tecnica, di un paio di mesi ad Ashaiman e Sunyani, sia della seconda, condotta in Italia, della durata di un mese, dedicata all’acquisizione delle competenze più specifiche e all’ambientamento dopo il trasferimento. L’assunzione in somministrazione con Umana, al termine della formazione, garantisce alle aziende una gestione ottimale delle risorse necessaria a un inserimento efficace nonché tutte le tutele retributive e normative alle persone. Tanto centrale quanto sfidante è l’apprendimento della lingua italiana da parte dei nuovi collaboratori stranieri. Questo elemento è stato seguito dai professionisti di VIS Ghana il cui impegno ha fatto sì che tutti i partecipanti ottenessero la certificazione A1 emessa dall’Università per Stranieri di Siena indispensabile per poter ottenere il visto di lavoro nel nostro Paese.
Determinante è stata e sarà la parte dedicata all’inserimento sociale dei lavoratori, programmata già nella fase della loro formazione. La costruzione di percorsi di inserimento degli immigrati nel contesto locale parte dal trasferimento di competenze socioculturali. In questo caso risulta di grande valore, in Italia, il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e delle associazioni dei migranti, a partire dall’Associazione Italia-Ghana, che hanno garantito la costruzione di un clima di accoglienza negli ambiti di lavoro e nel contesto socio culturale in cui queste persone sono inserite.
Il Progetto Ghana è la prima di una serie di iniziative che si svilupperanno nei prossimi mesi con il coinvolgimento di Umana e che avranno come punto di riferimento, seguendo anche lo spirito del Piano Mattei, il continente africano e, in particolare, alcuni Paesi considerati particolarmente promettenti per stabilità e capacità di formare competenze tecniche utili per l’industria come ad esempio il Senegal, la Tunisia e il Marocco.
Per i prossimi progetti sarà ulteriormente sviluppata la collaborazione con le Diaspore in Italia per massimizzare il coinvolgimento di chi condivide l’origine nazionale dei partecipanti ai corsi e può essere un modello virtuoso di integrazione di successo.●
COMPETIZIONE & SVILUPPO
di Elisabetta Arato
Alleanze tra imprese, università e ricerca.
Confindustria Liguria, Università di Genova-Polo di Savona, Ticass (soggetto gestore del Polo Regionale EassEnergia, Ambiente, Sviluppo Sostenibile), AGN Energia Spa, Axpo Italia Spa, Duferco Energia Spa, ERG Spa, Fichtner Italia Spa, Iren Spa, Tirreno Power Spa sono i partner del progetto “Energia per i giovani” finalizzato alla creazione di un modello sperimentale di “accompagnamento” degli studenti e laureati nel settore energetico verso le eccellenze industriali liguri. Si tratta di un progetto “pilota” che vuole favorire un nuovo tipo di alleanza tra le imprese e l’alta formazione, valorizzando non soltanto la possibilità di creare canali privilegiati per il reclutamento di giovani talenti ma, soprattutto, la condivisione di conoscenze e approcci diversificati alle tematiche energetiche. Per questo motivo sono stati attivati dei veri e propri “gemellaggi didattici” tra l’Università (nel caso specifico il Polo di Savona attraverso i suoi percorsi di laurea triennale e magistrale nel campo dell’Energy Engineering) e le imprese partner così come è stato attivato un percorso di supporto a nuove startup sulla base di specifiche “sfide” lanciate dalle imprese stesse. Il progetto nasce sulla base dei seguenti obiettivi generali: favorire la conoscenza delle competenze/expertise aziendali in materia di innovazione tecnologica verso la transizione
energetica, valorizzando i risultati raggiunti e le attività di ricerca in essere; identificare specifici fabbisogni delle imprese in modo da finalizzare la realizzazione di tirocini/tesi di laurea/assegni di ricerca industriali a favore delle aziende; favorire la conoscenza dei contenuti professionali richiesti dalle imprese in modo da aggiornare i contenuti formativi dei corsi di studio; implementare il processo dì comunicazione diretta tra le aziende e gli studenti/laureati volto a favorire un match professionale; accompagnare gli studenti nel percorso personale di implementazione di conoscenze “spendibili” nel mercato del lavoro con l’obiettivo di favorire la loro permanenza professionale nel territorio ligure; promuovere l’offerta formativa UniGe nel settore energetico. Ai giovani studenti, così come ai laureati, viene concretamente offerta la possibilità di proporre e richiedere progetti di tesi, attività di ricerca, dottorati industriali e candidarsi alle opportunità di inserimento. Alle imprese viene offerto, oltre naturalmente alla possibilità di presentare proprie esigenze di reclutamento, uno spazio di dialogo, diretto e strutturato, con l’alta formazione universitaria per supportarne la programmazione e orientarne le scelte didattiche in vista delle sfide operative della transizione energetica in atto. Il progetto, presentato lo scorso 25 ottobre presso il Polo universitario di Savona, è aperto a tutti gli studenti e laureati a livello nazionale e internazionale e utilizza un portale dedicato, in lingua inglese, che attiva un sistema di “alert” automatico ogni volta che le aziende inseriscono nuove opportunità o notizie. Allo stesso modo arrivano in automatico ai referenti aziendali le richieste dei docenti e degli studenti del Polo di Savona.
Nel portale vi sono poi spazi più “narrativi” attraverso i quali sia gli studenti universitari sia i giovani già operanti all’interno delle sette aziende partner possono raccontare le proprie ambizioni e i percorsi svolti: un modo per favorire quei processi di empowerment e la consapevolezza della necessità di integrare le competenze strettamente tecniche con altre, ugualmente importanti, di natura più trasversale. Il progetto, fortemente voluto dal Presidente di Confindustria Liguria, Giovanni Mondini, e dal Rettore dell’Università degli Studi di Genova, Federico Delfino, ha visto un impor-
tante coinvolgimento delle aziende partner, in continuità con il Master Energia e Sostenibilità del quale si sta svolgendo la 2º edizione, creando una vera e propria alleanza tra tutti i soggetti. Il lancio operativo dello scorso 25 ottobre alla presenza di tutti gli studenti “energetici” del Polo di Savona è stata una importante occasione di conoscenza e di scambio.
Il Polo Regionale EASS, il cui compito è quello di favorire e rafforzare il collegamento tra il sistema scientifico e quello imprenditoriale, svolge in questo quadro il ruolo di coordinamento tecnico e “cinghia di trasmissione” tra imprese e università con l’obiettivo di mettere a punto un modello operativo che possa essere replicato in altri settori disciplinari, ambiti industriali e dei servizi superando la logica del semplice (si fa per dire) matching tra alta formazione e imprese e valorizzando l’altissimo patrimonio di competenze.
La Liguria vanta infatti la presenza di alcuni tra i maggiori player a livello nazionale e internazionale in diversi settori e il nostro Ateneo si sta via via specializzando proprio per contribuire allo loro crescita: la collaborazione è dunque necessaria e deve essere armonica e coordinata anche in vista del potere di attrazione (o di non fuga) di giovani che vogliano scegliere o, semplicemente, restare in Liguria. Sullo sfondo, come motivazione principale che ha spinto tutti i partner a questa alleanza, vi sono infatti obiettivi strategici di lungo termine: rendere visibili le eccellenze industriali e formative del territorio comunicandole in modo integrato e condiviso, sviluppare competenze adeguate alla velocità dell’attuale trasformazione, favorire la permanenza dei talenti. Finanche il loro rientro.
Si tratta di uno sforzo importante, sostenuto economicamente dalle imprese partner, che sarebbe auspicabile si estendesse ad altre aziende che operano nel settore dell’energia e che ci auguriamo, insieme a Università e Confindustria, possa trasformarsi da esperienza pilota in attività strutturata a favore di altri comparti industriali o dei servizi.●
Elisabetta Arato è Presidente Ticass - Tecnologie Innovative per il controllo ambientale e lo sviluppo sostenibile, Soggetto gestore del Polo di innovazione regionale EASS
& SVILUPPO delle imprese
L’importanza del Risk Manager aziendale.
Resilienza
Negli ultimi anni, il concetto di gestione del rischio aziendale si è trasformato da scelta strategica a necessità imprescindibile. Questo cambiamento è stato guidato non solo dall’aumento dell’incertezza economica e sociale, ma anche da un quadro normativo sempre più stringente, come dimostra la Legge Gelli-Bianco, che introduce per le organizzazioni sanitarie l’obbligo di adottare un sistema strutturato di gestione del rischio. Sebbene nata per il settore sanitario, questa normativa ha contribuito a evidenziare l’importanza di un risk manager come figura professionale cruciale per garantire la continuità e la stabilità organizzativa in tutti i settori.
Giuseppe Marino, titolare di Assytech, azienda storica nel settore del risk management e della consulenza assicurativa, e Vittorio Brambilla, Segretario Provinciale di FIRMAFederazione Italiana Risk Manager Aziendali per Genova, spiegano perché il risk manager è diventato un elemento chiave per la resilienza delle imprese del territorio ligure. Come sottolinea Marino, «Il risk manager non è solo un
analista dei rischi, ma un partner strategico per l’imprenditore. La sua competenza permette di individuare potenziali vulnerabilità e trasformarle in punti di forza. In un contesto normativo come quello attuale, ignorare l’importanza di questa figura equivale a mettere a rischio il futuro dell’azienda stessa».
Un contributo locale attraverso FIRMA
A Genova, il risk management trova un punto di riferimento nella Federazione Italiana Risk Management Aziendale (FIRMA), di cui Assytech fa parte. Giuseppe Marino ha voluto fortemente la creazione di una Segreteria Provinciale strutturata e organizzata, alla quale associare professionisti di altissimo livello. Per questa ragione, il ruolo di Segretario Provinciale è stato affidato a Vittorio Brambilla, che porta con sé oltre 40 anni di esperienza come agente di assicurazioni. Secondo Brambilla, «Attraverso FIRMA, offriamo alle imprese non solo consulenza tecnica, ma anche un network di competenze e soluzioni innovative. Il nostro obiet-
Vittorio Brambilla Giuseppe Marino
tivo è aiutare le aziende a crescere, proteggendole da rischi legali, finanziari e reputazionali».
Le sfide principali per le imprese del territorio
In Liguria, come in molte altre regioni italiane, le imprese affrontano sfide particolari legate alla conformità normativa, alla protezione delle figure apicali e alla continuità aziendale. Un esempio concreto è dato dalla crescente attenzione alle responsabilità solidali degli amministratori, introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Marino evidenzia che «Un imprenditore non può più permettersi di ignorare i propri obblighi verso soci, creditori e dipendenti. Il rischio oggi non è solo economico, ma anche personale: il patriamonio dell’amministratore può essere messo a repentaglio per decisioni prese senza un’adeguata analisi del rischio». Per rispondere a queste sfide, Assytech adotta un approccio su misura, che include l’analisi dello statuto societario, la valutazione delle soluzioni assicurative in essere e la prote-
zione delle figure chiave dell’azienda attraverso strumenti mirati.
Il futuro è resilienza
Guardando al futuro, FIRMA e Assytech puntano a trasformare Genova in un esempio di eccellenza nella gestione del rischio. Attraverso iniziative formative e consulenze mirate, Marino e Brambilla stanno lavorando per creare un ecosistema imprenditoriale più resiliente. Come conclude Marino, «La resilienza non è solo una qualità, ma un metodo. Le imprese che adottano un sistema strutturato di gestione del rischio non solo sopravvivono ai momenti difficili, ma prosperano in modo sostenibile. Il nostro compito è accompagnarle in questo percorso».
In un momento storico in cui la capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti è fondamentale, il risk management rappresenta non solo una leva per la competitività, ma anche una garanzia di stabilità e crescita per le imprese italiane.●
Marco Toffolutti
Quo
vadis?
L’ascesa di Donald Trump impone all’Europa - e all’Italia - nella situazione di rivedere la propria politica di relazioni commerciali internazionali.
di
Eall’improvviso (sicuri?) rischiamo di rimanere senza stella polare a guidare la nostra navigazione, imbarcati su una nave bisognosa di manutenzione dove l’equipaggio non è esattamente coeso, diviso per nazionalità, credo politico e interessi di carriera con faticose possibilità di sintesi. Tutti dovrebbero fare dei passi indietro per trovare la quadra, ma fare dei passi indietro in una nave è pericoloso, si rischia di cadere in acqua, meglio aspettare che sia qualcun altro a muoversi per primo, ma chi ne ha l’ardire? Forse è meglio muoversi da soli e seguire la strategia della ciliegia: presentarsi come il frutto migliore, più dolce e succoso, quello che proprio non può mancare nel cestino al centro della nuova tavola in preparazione... La ciliegia più bella, però, non rimane a lungo nel cestino, di solito stimola l’appetito e viene mangiata, e a quel punto le strade sono due: perdi la polpa che tanto dava mostra di sé e rimane il nocciolo, che può essere scartato e trovarsi nudo nel piatto, oppure, ancora peggio, inghiottito e qui inizia un viaggio tortuoso, senza bei panorami da ammirare e con una luce in fondo al tunnel che non è esattamente come “riveder le stelle”
Tutto sommato è probabilmente meglio tenersi la barca rabberciata su cui, volenti o nolenti, da quasi 70 anni navighiamo, perché, se ci pensiamo bene, il nostro vero interesse sta lì, e la saggezza confuciana insegna che gli stati non hanno amici perenni, hanno interessi perenni e per perseguire questi interessi bisogna navigare sia con il cielo sereno quando la stella polare può aiutarti, sia con le nuvole, quando il buio si fa più fitto e, oltre a non trovare i vecchi riferimenti nella sfera celeste, non riesci neppure a vedere gli scogli che possono affiorare dal mare.
Tutta questa prolusione per raccontarci che ci troviamo davanti a cambiamenti (perché sicuramente dei cambiamenti ci saranno, pura utopia pensare che tutte le parole dette negli ultimi tempi fossero solo una strategia acchiappa-voti) per i quali dobbiamo prepararci a dovere, in quanto la bilancia commerciale mette l’Europa e, all’interno di essa, in particolare, Germania e Italia sotto i riflettori.
MAGA è tornata decisamente più forte e organizzata di prima... ma, poi, era mai andata via veramente? Cos’era IRA (Inflation Reduction Act, ndr) se non una strategia in apparenza più amichevole e meno sgrammaticata per arrivare a MAGA?
In primis, andremo a scoprire la nuova MAGA, che può trovare due possibili declinazioni. La prima, è una totale chiusura, del tipo “l’America agli americani”, “siamo abbastanza grandi da bastare a noi stessi”, e via discorrendo: se questa sarà la declinazione, ci sarà ben poco da fare, i canali di comunicazione rimarranno chiaramente aperti perché è impensabile anche da parte americana staccare tutte le spine, non foss’altro perché hanno bisogno di antenne sparse da cui poter captare eventuali pericoli per la loro fortezza, ma sarà sicuramente una comunicazione poco produttiva. La seconda declinazione potrebbe essere un MAGA che non vuole arrivare alla totale autosufficienza, ma che lavorerà in maniera molto aggressiva (forse anche brutale viste le persone che sembra comporranno il team che seguirà la politica estera e quella commerciale) per riprogrammare le catene internazionali del valore e di conseguenza i flussi commerciali in favore degli USA - questo può spaventare, ma l’esperienza insegna che il rischio più grande quando ti
siedi a un tavolo è l’imprevedibilità o l’imperscrutabilità dell’interlocutore, non la sua eventuale arroganza e, osiamo dire, violenza, se ti sei adeguatamente preparato. Come provare ad apparecchiare un simile tavolo? Sicuramente non con 27 o più coperti; sarà necessaria una sintesi con un mandato chiaro conferito a un team ristretto con un pilota che possa parlare senza timore di essere subito smentito. Ma non un pilota semplicemente abile a condurre nelle curve: avremo bisogno di un Valentino Rossi al primo GP in Yamaha, uno che fu in grado di fondersi con il mezzo che stava guidando dando lui al motore quei cavalli che mancavano rispetto alla Honda con cui aveva dominato fino a pochi mesi prima. Abbiamo un simile pilota? Ne abbiamo bisogno, perché in quanto a cavalli siamo senza dubbio più deboli. E ancora, avremo un unico tavolo al quale confrontarci? La UE è l’impersonificazione del multilateralismo, del mettere insieme popoli vicini ma con storie spesso confliggenti, che hanno deciso di accantonare vecchie ruggini in nome di una convergenza super-statale, perché qui è nata a fine Ottocento/inizio Novecento la prima globalizzazione, qui abbiamo sperimentato aggressive strategie di dazi che ci hanno portato in pochi anni a non vedere alternative se non una Guerra Mondiale (ed entrambe le Grandi Guerre furono prima Europee e solo in seconda battuta assunsero carattere mondiale).
MAGA nasce anche per distruggere il multilateralismo in favore di una lista infinita di bilateralismi, dove il più forte può più facilmente rovesciare il tavolo: è nei nostri interessi assecondare questa visione?
Dovremo allora tenere aperti più tavoli negoziali: con chi? Sicuramente con la Cina, che ha visione di lungo periodo e che in questo momento inaugura porti, ferrovie e infrastrutture in giro per il mondo, mentre noi siamo obbligati da uno zarismo di ritorno a concentrare le nostre risorse in altre direzioni; ma pure con l’India, ormai Paese più popoloso del mondo, con il Sud America, dove, tra l’altro, l’Italia potrebbe far valere lontane, ma pur sempre comuni origini, con l’Africa, dove stiamo delineando una possibile strategia con il Piano Mattei, ma senza tralasciare il Medio Oriente e il Sud Est Asiatico.
Quindi una partita da giocare su tutti i possibili tavoli, dove nessuna opzione può essere esclusa e con un livello di complicazione crescente, e che richiederà più team di negoziazione allo stesso tempo e con più piloti, ma da chiudere con una sintesi.
E dunque, quo vadis? Prima di intraprendere un difficile cammino è sempre buona norma guardare in se stessi, focalizzare i propri punti di forza e, soprattutto, quelli di debolezza, dove si può essere più facilmente attaccati. Negli ultimi anni in Europa sono state fatte scelte che hanno esaltato più i punti di debolezza, credendo di poterli spacciare per punti di forza, cui gli altri si sarebbero dovuti accodare. Il primo passo è prendere coscienza di questo per evitare di trovarsi sul campo di battaglia con un’avanguardia senza esercito alle spalle, per non ridursi al piccolo gioco di sponda del “o Francia o Spagna purché se magna”, dove, però, la storia insegna che, alla fine, si viene quasi sempre “magnati” e si fa la fine della bella ciliegia di cui sopra.●
Marco Toffolutti è Presidente del Gruppo Internazionalizzazione di Confindustria Genova
di Laura Amoretti
La certificazione della parità di genere
è un atto concreto contro le diseguaglianze tra uomini e donne nei luoghi di lavoro.
Si può di più FARE
“...E se fossi un uomo?...” Questa domanda, purtroppo, sovviene spontanea a molte donne nelle più svariate situazioni. Si può affermare che in Italia, al di là del lungo iter normativo, risulta evidente quanto il percorso verso la parità di genere sia ancora molto lungo. Per questo, vivere oggi da donna è molto più faticoso e impegnativo rispetto all’uomo. Infatti, misurando oggi la parità di genere in termini di partecipazione, opportunità di carriera, retribuzione, segmentazione orizzontale dell’occupazione e onere non retribuito della cura della famiglia, si registra ancora un forte divario fra donne e uomini all’interno del mercato del lavoro e in generale, se si parla di “benessere” e di “partecipazione attiva”, comportamenti sociali e culturali consolidati continuano a generare stereotipi rilevanti a sfavore delle donne. Sebbene dal 1947 a oggi siano state emanate leggi, decreti, regole che sanciscono il principio di uguaglianza, a partire da quanto espresso dall’art. 3 della Costituzione, oggi c’è ancora la necessità di adottare norme per indurre a una pari dignità fra donna e uomo. A riprova di ciò, i dati parlano chiaro: in Italia meno di una donna su due lavora; il Bilancio di genere 2021 registra nel 2020, l’anno dello scoppio della pandemia da Covid-19, un calo dell’occupazione femminile al 49%, contro il 62,7% delle
donne occupate in Europa. Inoltre, la distanza del tasso di occupazione femminile da quello maschile è arrivata a toccare i 18,2 punti percentuali, contro i “soli” 10,1 punti della media europea. Il tasso di occupazione femminile scende poi ulteriormente tra le donne giovani (33,5%) e le donne che vivono nel Sud Italia (32,5%). Inoltre, si segnala che il tasso delle donne Neet, ossia tutte le giovani donne che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione, è cresciuto dal 27,9% al 29,3%, contro una media dell’Unione europea del 18%.
Il divario di genere si allarga nell’ambito della conciliazione tra vita privata e vita professionale, dove l’Istat nel 2018 segnala che il 38,3% delle madri occupate ha dichiarato di aver portato almeno un cambiamento nel proprio lavoro per prendersi cura dei figli rispetto all’11,9% dei padri; le difficoltà di conciliazione diventano maggiori in presenza di figli in età prescolare.
Nel 2020 il 79% delle donne con figli, otto su dieci circa, ha fatto richiesta per i congedi parentali, contro un ben più modesto 21% dei padri. Inoltre, il tasso di occupazione delle donne con figli sotto ai 5 anni risulta essere più basso di oltre il 25% di quello delle altre donne coetanee senza figli. Inevitabilmente il gender gap si ripercuote sul gender pay
gap: infatti si stima che, dopo la nascita di un figlio, le madri perdono il 53% dello stipendio nel lungo periodo - effetto determinato dai seguenti fattori: per il 6% dalla riduzione del salario settimanale, per l’11,5% dal part-time e per il 35,1% dal minor numero di settimane retribuite (INPS, 2020). In conclusione, si stima che il differenziale retributivo a 5 anni dalla nascita di un figlio sia di 5.700 euro. In questo ambito, inoltre, non si deve dimenticare la cura di familiari non autosufficienti, dove la quota di chi lamenta almeno un problema di conciliazione raggiunge il 42%. Il Bilancio di genere 2021, inoltre, racconta che “le lavoratrici continuano a essere penalizzate da una minore domanda di lavoro di tipo permanente: nonostante rappresentino circa il 42% della forza lavoro, incidono solo per un terzo sul saldo delle posizioni a tempo indeterminato” Anche per quanto riguarda l’ambito pensionistico si riscontrano divari di genere rilevanti. Le donne ricevono una pensione che in media è inferiore a quella degli uomini a causa di una carriera lavorativa frammentata, caratterizzata da impieghi in settori economici meno remunerati, da un maggior ricorso a lavori part-time e con contratti a tempo determinato, scelti anche per soddisfare esigenze di conciliazione vita-lavoro, portando così a pensioni “più leggere” per le
donne. La differenza mensile media tra la pensione di una donna e quella di un uomo ammonta a 498 euro. (FONTE: INPS, 3 settembre 2021).
La donna è anello debole anche se si esaminano i dati sulle molestie e le violenze sui luoghi di lavoro. Infatti, secondo un’indagine ISTAT del 2016, le donne che durante la propria vita lavorativa hanno subito molestie o violenze, anche a carattere sessuale, risulterebbero 404 mila e solo una piccolissima percentuale denuncia ciò che subisce. A fronte quindi di tutto ciò, è chiaro quanto ancora si necessiti di impulsi normativi per accelerare il processo di parità, e uno potrebbe essere proprio la certificazione della parità di genere. Introdotta con la legge n. 162 del 5 novembre 2012 (Legge Gribaudo), ha dato certamente una nuova spinta per favorire l’adozione di politiche per la parità di genere e per l’empowerment femminile a livello aziendale, al fine di migliorare la possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro, di ricoprire ruoli di leadership e di armonizzare i tempi vita-lavoro.
Così, a decorrere dal 1º gennaio, tutte le aziende pubbliche e private hanno potuto iniziare il percorso per essere certificate, attestando di aver adottato politiche e misure concrete “per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità” (art. 46 bis l.162/21).
Al fine di promuovere l’adozione della certificazione della parità di genere da parte delle imprese, il sistema prevede un principio di premialità che si realizza con l’introduzione di meccanismi di incentivazione. Per le aziende certificate, infatti, la legge prevede un esonero in misura non superiore all’1% dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con un massimo di 50.000 euro all’anno. La premialità è riconosciuta anche alle PA in riferimento ai bandi di gara pubblici.
Il 30 giugno 2023 si è costituito - promosso l’Ufficio di Parità della Regione Liguria -, il Tavolo regionale permanente per la certificazione di genere, composto da associazioni di categoria, ordini professionali, INAIL, Ispettorato Territoriale di Genova/Interregionale del Lavoro di Milano ed Enti certificatori. Il lavoro svolto fino a oggi ha avuto l’onere e l’onore di promuovere iniziative di informazione e formazione rivolte alle aziende per accompagnarle nel processo di certificazione al fine di raggiungere il benessere organizzativo attraverso una cultura di parità che restituisce alle lavoratrici, al pari dei lavoratori, la propria dignità. Ci sono quindi norme e buone prassi, ma è chiaro che soltanto quando non saranno più necessarie leggi per consentire e favorire le pari opportunità, si potrà ritenere di aver raggiunto la parità di genere.
Desidero così concludere questo articolo ricordando lo studio di una nostra giovane ricercatrice, Valeria Solesin, vittima dell’attentato terroristico a Parigi del 13 novembre 2015, che mise a confronto le donne italiane e quelle francesi, evidenziandone le differenze e le peculiarità dell’Italia. Il monito, con cui il 30 ottobre 2013 intitolava il suo articolo, deve diventare cardine del cambiamento delle nostre giovani generazioni: “Allez les filles, au travail!”.●
Laura Amoretti è Consigliera di Parità della Regione Liguria
Un motore di crescita per la blue economy.
La terza edizione di “B2B Mare La Spezia”, svoltasi il 28 novembre presso il Terminal Crociere della Spezia, ha segnato un nuovo capitolo di successo per il business matching dedicato alle imprese della navalmeccanica, nautica, portualità e logistica. Con la partecipazione di oltre 260 aziende - provenienti da 50 province italiane - alcune dall’estero - e più di 800 incontri realizzati grazie a una piattaforma digitale di matching digitale, questo evento si conferma un appuntamento irrinunciabile per chi opera nell’economia del mare.
Un evento strategico per un territorio d’eccellenza «L’economia del mare rappresenta il cuore pulsante della provincia spezzina - spiega Mario Gerini, Presidente di Confindustria La Spezia - con un valore aggiunto di 1,1 miliardi di euro, che incide per il 16,8% sull’economia locale. Di questo, 465 milioni provengono dalla cantieristica, settore in cui La Spezia si distingue a livello nazionale e internazionale. B2B Mare non è solo un’occasione per fare business, ma un progetto strategico che valorizza le eccellenze del nostro territorio, consolidandone il ruolo di hub per l’innovazione, la sostenibilità e lo sviluppo industriale».
La manifestazione, organizzata da Confindustria La Spezia, CNA La Spezia e Camera di Commercio Riviere di Liguria, in collaborazione con Confindustria Nautica, CNA Nautica e Liguria International, con il supporto dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale e il patrocinio del Comune della Spezia e Miglio Blu - La Spezia per la Nautica, ha visto il coinvolgimento attivo dei più importanti big player come Fincantieri, Intermarine, Sanlorenzo, Ferretti Group, Baglietto, Bluegame, Valdettaro Group, La Spezia Container Terminal, Tarros, Laghezza, accanto a una moltitudine di PMI della filiera. «La capacità di creare sinergie tra grandi e piccoli operatori è uno dei punti di forza di questo format», sottolinea Gerini.
La 3ª edizione segna una svolta per il B2B Mare La Spezia «La terza edizione del B2B Mare La Spezia ha segnato una svolta - continua Gerini -. Tutto è iniziato due anni fa. Motivati da un’esplicita esigenza che ci arrivava proprio dalle
maggiori aziende del settore della navalmeccanica e nautica di ampliare la loro catena di fornitura, abbiamo dato avvio con i colleghi di CNA, al B2B Mare La Spezia allargandolo alle aziende dell’economia del mare, settore centrale del nostro territorio. Se nel 2021, la prima edizione del B2B Mare è stata una scommessa (vinta), nel 2023, seconda edizione, una conferma, questa terza edizione è, a tutti gli effetti, un riconoscimento del B2B Mare La Spezia a uno dei più importanti, se non il più importante b2b di settore a livello nazionale».
Lo dicono i numeri: 1ª edizione 2022, oltre 100 aziende iscritte per circa 300 appuntamenti realizzati; 2ª edizione 2023, oltre 180 aziende iscritte per circa 700 appuntamenti realizzati; 3ª edizione 2024, oltre 260 aziende iscritte per circa 800 appuntamenti realizzati. «Evidenzio due dati interessanti - prosegue Gerini - . Delle oltre 260 aziende presenti, il 30% erano realtà spezzine, il 70% aziende provenienti da furi provincia; dei circa 800 incontri realizzati, il 37% di questi è stato rivolto ai grandi player dell’economia del mare, il 63% è avvenuto invece fra aziende che fanno probabilmente già parte della catena di fornitura e che a loro volta sono interessate a nuovi contatti/collaborazioni/potenziali partnership. Non solo, pertanto, si è ampliato in termini di partecipazione il numero dei potenziali fornitori diretti dei grandi committenti, ma il B2B Mare La Spezia si sta dimostrando di interesse anche per chi ricerca collaborazioni diverse fra aziende di vari settori e dimensioni! Credo questo sia un elemento sul quale fare una riflessione per il futuro».
Un volano per il networking e l’innovazione
«La Spezia è oggi riconosciuta come capitale mondiale della nautica e centro nevralgico della blue economy - continua Gerini - e il B2B Mare rappresenta uno strumento fondamentale per rafforzare il tessuto imprenditoriale locale e aprirlo a collaborazioni anche internazionali». Grazie al modello di business matching, le aziende hanno la possibilità di costruire agende personalizzate di incontri e sviluppare partnership strategiche che ampliano mercati e opportunità.
Un altro elemento di rilievo è rappresentato dai seminari
tecnici che si sono svolti in parallelo agli incontri. L’edizione 2024 ha ospitato quattro interessanti seminari tecnici rispettivamente a cura di Confindustria Nautica e CNA Nautica, GEA Digital, Schneider Electric e Gruppo Sole24Ore Media partner dell’evento, che hanno affrontato temi chiave come l’efficientamento energetico, l’intelligenza artificiale nella transizione industriale e il valore della sostenibilità per la filiera nautica. «Questi momenti di confronto - spiega Gerini - offrono un valore aggiunto prezioso, aiutando le imprese a comprendere meglio le dinamiche di settore e a individuare soluzioni innovative per affrontare le sfide globali».
La filiera nautica: eccellenza e innovazione
La filiera della nautica, a livello nazionale e così sulla provincia della Spezia, è caratterizzata da una crescita costante, trainata dall’export e dai segmenti di alta gamma come i superyacht, di cui oltre la metà degli ordini globali proviene dall’Italia. «La Spezia - afferma Gerini - è il cuore produttivo di questo comparto, ospitando cantieri di eccellenza e una rete di PMI che, con le loro competenze artigianali e tecnologiche, rendono il Made in Italy un punto di riferimento mondiale. Il nostro territorio non è solo un centro produt-
tivo, ma un ecosistema di innovazione che integra formazione, ricerca e sviluppo».
Un esempio concreto è il progetto “Miglio Blu”, che mira a creare un distretto nautico integrato, capace di attrarre investimenti e talenti. «Attraverso iniziative come questa, stiamo lavorando per rendere La Spezia non solo un polo produttivo, ma anche un luogo di attrattiva per le nuove generazioni, offrendo loro opportunità di crescita professionale e posti di lavoro di qualità».
Un ponte verso l’internazionalizzazione
Uno degli obiettivi futuri di B2B Mare è anche quello di favorire l’internazionalizzazione delle imprese locali. «La collaborazione con Liguria International - spiega Gerini - ha questo importante obiettivo: creare le condizioni per permettere alle imprese spezzine, e non solo, di confrontarsi con standard globali, cogliendo le opportunità offerte da settori in espansione come la propulsione a idrogeno, la digitalizzazione e la sostenibilità ambientale».
In particolare, Liguria International offre supporto operativo per l’ingresso delle PMI in nuovi mercati, mettendo a disposizione competenze, contatti e iniziative mirate. «Questa rete di relazioni è fondamentale per mantenere competitivo il nostro territorio in un contesto globale sempre più complesso e sfidante», sottolinea Gerini.
Un futuro sostenibile e inclusivo
«Il successo di B2B Mare dimostra che il nostro territorio ha le potenzialità per essere un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo. La crescita registrata in queste edizioni, sia in termini di partecipazione che di risultati concreti, ci incoraggia a guardare al futuro con fiducia. La Spezia non è solo il centro operativo della nautica italiana, ma un esempio di come un territorio possa valorizzare le sue eccellenze per costruire un futuro innovativo, sostenibile e competitivo. La sfida per i prossimi anni - conclude Gerini - sarà continuare a far crescere questo evento, rendendolo sempre più un punto di riferimento per l’economia del mare a livello nazionale e internazionale. Stiamo pensando a nuove alleanze e partnership per consolidare questo successo».
L’appuntamento con B2B Mare La Spezia non è solo un evento, ma un’occasione per costruire il futuro di un settore che rappresenta un’eccellenza del Made in Italy.●
Programma
operativo
Dal Consiglio Direttivo della Piccola Industria genovese, eletto il 24 ottobre scorso, le linee guida per l’attività del prossimo quadriennio presentate in sintesi dal neo Presidente.
Nel corso di una recente riunione del nuovo Direttivo della Piccola Industria di Confindustria Genova, che opererà nei prossimi quattro anni, si sono delineate alcune linee gui da che impronteranno la nostra azione e che saranno suscettibili di aggiornamenti e integrazioni in corso d’opera. Partiremo ascoltando da vicino le varie Sezioni dell’Associazione, per cogliere le esigenze specifiche di ogni settore e per capire quali sono i problemi da affrontare che, invece, attraversano orizzontalmente tutte le Sezioni.
Faremo incontri frequenti del Consiglio Direttivo con i Delegati delle Sezioni e cercheremo di supportare le istanze da questi espresse con deleghe apposite. Porteremo avanti, in accordo con le specifiche e valide funzioni associative, iniziative di marketing sia interno, volte, per esempio, a ribadire come è costituita la struttura dell’Associazione e quali sono i servizi a disposizione delle aziende associate, così come di marketing e comunicazione verso l’esterno, per contribuire a dare maggiore peso e risalto a tutte le azioni che vengono portate avanti.
Il lavoro comprenderà iniziative di tipo informativo, di natu-
ra formativa e di tutela trasparente degli interessi delle aziende associate in linea con l’attività di Confindustria Genova.
Tra i temi che toccheremo nelle iniziative di tipo formativo, ci sarà l’Intelligenza Artificiale, ovvero come declinare l’apporto della AI nelle varie funzioni aziendali nei diversi settori; fra le idee emerse c’è quella di organizzare un primo incontro con dei case history che possano aiutare a comprendere meglio il potenziale delle nuove tecnologie e i costi a esse associati.
Vorremmo poi calendarizzare delle sessioni dedicate agli scenari futuri probabili nei vari settori con l’aiuto dei dati dei centri studi e di esperti per un confronto sulle dinamiche di lungo corso.
Abbiamo convenuto di programmare degli incontri - in presenza o da remoto - per approfondire argomenti quali, ad esempio, lo stato dell’arte e i possibili sviluppi tecnici nella produzione di energia nucleare e il riavvio o la costruzione in Italia delle relative; un altro argomento di interesse riguarda gli scenari futuri a livello di normativa europea in tema
di Piero Gai
di mobilità elettrica e utilizzo di biocarburanti, di carburanti sintetici o dell’idrogeno.
Poi vorremmo affrontare il complesso problema della carenza di risorse umane da impiegare, in particolare nelle materie STEM, pensando ad azioni concrete di marketing nelle scuole superiori e di collaborazione con il mondo universitario, per supportare i ragazzi nella scelta di intraprendere un percorso di laurea in materie tecnico-scientifiche e in economia, mettendo a punto soluzioni comunicative per far capire agli studenti del biennio della scuola secondaria quali sono le necessità delle aziende genovesi, le conoscenze richieste e il tipo di ruolo offerto. Analogo discorso vorremmo fare per gli ITS (Istituti Tecnologici Superiori).
Fra le altre cose ci proponiamo anche iniziative di aggregazione associativa e di incontro con altre Territoriali; alcune di queste potranno prevedere visite presso realtà produttive o riunioni specifiche a tema.
Non mancheranno, infine, gli eventi sportivi: in particolare, stiamo pensando a incontri sui campi da golf con imprenditori di altre regioni.●
CONSIGLIO DIRETTIVO QUADRIENNIO 2024/2028
Presidente
Piero Gai, Uflex Srl
Vice presidenti
Irene Bonetti, Attilio Carmagnani AC Spa
Giancarlo Durante, A-Esse Fabbrica Ossidi di Zinco Spa
Christian Ostet Christian, Ar92 Srl
Tiziana Traversa, Mast Srl
Consiglieri
Ilaria Abignente Ilaria, Unistara Spa
Giorgio Barbieri, Giorgio Svig Srl
Alessandro Bosio, Bmc Srls
Rosalba Brizzolara, Dreams Lab Srl
Alessandro Campini, Samos Srl
Barbara Canesi, Nextage Srl
Giuseppe Chisalè, Ditta Giuseppe Lang Arti grafiche Srl
Matteo Poggi Matteo, MTR Srl
Laura Pugliese, Regina Broker Srl
Cristina Santagata, Santagata 1907 Spa
Walter Vassallo, Blue Marina Awards
Invitati Permanenti
Mauro Ispulla, Nuova Algis Srl
Gilberto Pestalozza, Innoval Srl
Enrico Pedemonte, Edisoftware Srl
Componenti di diritto
Past President, Andrea Razeto, F.lli Razeto e Casareto Spa
Presidente Gruppo Giovani Imprenditori, Jacopo Callà, JP Droni Srl
Presidente Gruppo Territoriale del Tigullio, Giancarlo Durante, A-Esse Fabbrica Ossidi di Zinco Spa
Componenti aggiuntivi al Consiglio
Generale di Confindustria Genova
Ilaria Alzona, Gemi Piccoli Grandi Eventi Srl
Giuseppe Chisalè, Ditta Giuseppe Lang Arti Grafiche Srl
Christian Ostet, Ar92 Srl
di Jacopo Callà
GIOVANI significativi Passaggi
Il Gruppo cresce non solo nei numeri, ma anche nel valore aggiunto e nella coesione.
Entrare a far parte del Gruppo Giovani di Confindustria Genova non è solo un passo professionale, è un passo verso una comunità fatta di idee, energia e voglia
In questi anni abbiamo visto giovani talenti provenienti da diversi settori, ciascuno con la propria storia, unirsi a noi inizialmente come simpatizzanti, per poi decidere di compiere il passo successivo e diventare soci ordinari. Questo passaggio rappresenta per noi molto più che una formalità: è un segnale forte del valore che il nostro Gruppo riesce a trasmettere, della crescita professionale e personale che viene percepita, e del legame autentico che si crea tra le persone.
Giulio, Simona, Luca e Andrea sono tra coloro che hanno deciso di compiere questo percorso. Ognuno di loro ha una storia da raccontare, una visione che arricchisce il nostro Gruppo, e siamo orgogliosi di poter dare loro visibilità in queste pagine. Ognuno di loro, in modi diversi, rappresenta l’essenza del nostro spirito associativo: innovazione, coraggio e la volontà di guardare avanti, anche in momenti di sfida.
Il Gruppo Giovani di Confindustria è un luogo di confronto, una fucina di idee e uno spazio in cui i giovani imprenditori possono trovare supporto e ispirazione. Il passaggio a soci ordinari è la testimonianza di come il nostro percorso non sia solo un periodo transitorio, ma un vero e proprio trampolino per costruire solide basi per il futuro.
Siamo lieti di celebrare questo momento e di vedere il nostro gruppo crescere, non solo in numero, ma soprattutto in qualità e coesione.
Voglio dunque esprimere a nome di tutto il Gruppo Giovani un sincero benvenuto a Giulio, Simona, Luca e Andrea, augurando loro di continuare a crescere e di contribuire, come già stanno facendo, al dinamismo e al valore che questo Gruppo rappresenta per tutti noi.●
Mi chiamo
Simona
Alessi
sono laureata all’Università di Genova in Scienze infermieristiche e ho un master in managment delle professioni sanitarie. Nella vita mi occupo di gestione e amministrazioni di Residenze per Anziani private: l’azienda nasce dall’idea e dalla fusione di due famiglie, Alessi e Votto, che 14 anni fa decisero di investire e realizzare la prima Residenza.
Attualmentei, grazie alla dedizione di tutti i membri delle famiglie, le residenze - che si suddividono in Comunità Alloggio, Residenze Protette, Residenze Sanitarie Assistite e Centri diurni - sono 27 su tutto il territorio genovese, e sono in continua crescita.
La passione per l’assistenza e la cura del prossimo ci permette sempre di poter crescere e donare sollievo ai parenti e ai pazienti di età geriatrica, soprattutto grazie all’aiuto di tutto il nostro personale sanitario.n
Mi chiamo
Luca
D’Alessandro
ho 29 anni (ancora per poco) e da 7 anni sono Consulente Finanziario per Fideuram ISPB Spa. Appena conseguita la laurea in Economia e Finanza, ho avuto l’opportunità di proseguire la mia formazione presso l’Università Cattolica grazie al supporto di Fideuram (la prima Banca Private d’Italia), che ha creduto in me. Questo percorso mi ha permesso di intraprendere una professione che sento profondamente mia.
La passione per questo lavoro è nata in famiglia, ispirata da mia madre, anch’essa consulente, ma si è radicata e cresce in me giorno dopo giorno.
La mia missione è rendere semplice ciò che spesso appare complesso: aiutare le persone a gestire i loro risparmi e
patrimoni. Lavoro per offrire soluzioni personalizzate supportando i miei clienti nel prendere decisioni consapevoli per raggiungere i loro obiettivi di vita.
Credo fermamente che il cuore di questa professione sia la relazione umana e proprio per questo due anni fa ho deciso di entrare a far parte del Gruppo Giovani Imprenditori. Questo percorso mi ha dato modo di iniziare a conoscere da vicino il tessuto imprenditoriale del territorio, ma soprattutto di costruire legami profondi con un gruppo di persone straordinarie che oggi considero amici veri.
Grazie al supporto del presidente Jacopo Callà, di recente ha aderito a Confindustria anche il Consorzio di Genova dei Consulenti Finanziari di cui faccio parte.
Con grande piacere mi occupo di curare le relazioni tra il Consorzio e l’Associazione, un ruolo che interpreto con impegno e dedizione.n
un master in Data Science a Zurigo e guido lo sviluppo commerciale dell’azienda. Simone, ingegnere informatico, è il cuore tecnologico del progetto, mentre Emanuele, laureato in statistica, collega strategia e tecnologia.
Blacklime ha dato vita all’“Advergaming as a Service”, un concetto di marketing accessibile, interattivo e sostenibile. Attraverso un portale intuitivo, ogni commerciante può creare autonomamente campagne promozionali che vengono inserite in una app di minigiochi per dispositivi mobili. Gli utenti, giocando, scoprono prodotti e vincono premi messi in palio dai commercianti stessi.
Con Blacklime, il marketing diventa un’esperienza divertente e responsabile: i commercianti ottengono visibilità digitale senza intermediari, e gli utenti si divertono guadagnando ricompense reali.
Questo approccio valorizza le comunità locali e favorisce connessioni autentiche, promuovendo uno sviluppo sostenibile. In poche parole: gioca, vinci, ritiri e ricominci. Per noi Blacklime è il livello successivo del marketing.n
Mi chiamo
Andrea Mazza
insieme a Emanuele Lanata e Simone Chiaverini, genovesi come me siamo le menti dietro Blacklime, una startup innovativa con l’obiettivo di rivoluzionare il modo in cui i piccoli
marketing in un gioco vincente. Sono uno statistico con
Mi chiamo
Giulio
Oreglia
classe 1994, lavoro nell’azienda di famiglia, la Formula - attiva da oltre vent’anni nella distribuzione dei prodotti MaFra Spa su Genova e provincia -, in cui ho portato una ventata di innovazione. L’intuizione è stata quella di integrare i tradizionali canali di vendita con strumenti digitali, come un e-commerce specializzato e la piattaforma Amazon. Tutto ciò ha permesso di ampliare significativamente il mercato di riferimento, incrementando il fatturato complessivo dell’attività. Con una forte specializzazione nel settore car wash, non ci limitiamo a fornire prodotti di alta qualità per autolavaggi e industrie, ma anche servizi di consulenza tecnica mirata, adattata alle esigenze dei clienti.
La dedizione con cui affronto il lavoro ha contribuito a rafforzare i rapporti con MaFra Spa, garantendo una collaborazione più stretta e proficua, oltre a consolidare partnership strategiche con aziende leader del settore. Il segreto di questo successo sta nella capacità di coniugare tradizione e innovazione, posizionandoci come realtà di riferimento nel mondo della pulizia professionale e industriale.n
di Claudio Burlando
Intelligenza Artificiale e Intelligenza Umana nell’advertising.
La pubblicità
del futuro
La pubblicità
tività gioca un ruolo cruciale. Con l’evoluzione tecnologica, una nuova sfida si sta imponendo nel settore: quella tra l’intelligenza artificiale (IA) e l’intelligenza umana (IU) nella creazione degli spot pubblicitari. Mentre i creativi tradizionali si affidano alla loro esperienza, intuizione e conoscenza del comportamento umano, l’IA sta emergendo come un potente strumento capace di generare idee, ottimizzare processi e persino produrre contenuti autonomamente. Ma quali sono le differenze tra creare uno spot pubblicitario con l’IA e uno con l’IU?
L’IU nella pubblicità è guidata dalla capacità di comprendere le emozioni, la psicologia del consumatore e le dinamiche sociali. I creativi umani attingono alla loro esperienza e cultura per generare idee che non solo rispondano a una strategia di marketing, ma che possano anche toccare le corde emotive del pubblico. Ogni spot pubblicitario creato da un team umano è il risultato di una serie di decisioni che riguardano diversi ambiti: dall’estetica alla narrazione, dalla scelta della musica alla costruzione di un messaggio visivo potente.
I creativi umani possono sviluppare idee fuori dagli schemi, sorprendendo il pubblico con soluzioni originali e inaspet-
tendenze sociali e i comportamenti delle persone in modo complesso, creando storie che risuonano con il pubblico a livello emotivo. L’approccio umano nella pubblicità è anche più flessibile. I creativi possono sperimentare, adattarsi ai feedback e rispondere ai cambiamenti di tendenza con una rapidità e un’intuizione che l’IA, al momento, non è ancora in grado di replicare.
C’è da considerare però che l’intelligenza artificiale, sebbene non abbia la capacità di creare contenuti con la stessa profondità emotiva e sociale di un essere umano, sta rapidamente cambiando il panorama della pubblicità. L’IA è in grado di analizzare enormi quantità di dati, comprendere sempre più i comportamenti degli utenti e generare contenuti altamente personalizzati. Gli algoritmi possono scrivere copioni, selezionare immagini e addirittura produrre video in modo autonomo.
Alcuni strumenti di IA possono creare spot pubblicitari semplicemente inserendo parametri come obiettivi di marketing, target di pubblico e preferenze stilistiche. Questi strumenti possono produrre varianti dello stesso spot, ottimizzandole in tempo reale per diverse demografie e piattaforme. Ad esempio, un’IA potrebbe creare decine di versioni
di uno spot pubblicitario, ciascuna adattata a un gruppo di utenti diverso, con tempi e costi di produzione notevolmente ridotti. L’intelligenza artificiale è, quindi, in grado di massimizzare l’efficienza, migliorare l’accuratezza delle campagne pubblicitarie e ridurre significativamente i tempi di produzione. Tuttavia, le sue creazioni sono basate su pattern e tendenze precedenti, e non sempre riescono a cogliere l’emotività o la sfumatura culturale che un creativo umano può infondere in uno spot.
Anche se l’IA offre un’incredibile capacità di analisi dei dati, ottimizzazione e personalizzazione, non è ancora in grado di sostituire completamente la creatività umana nelle sue sfumature più emotive, intuitive e originali. E forse (spero) non potrà mai farlo.
I creativi umani possono utilizzare l’IA per accelerare la produzione, analizzare i dati e perfezionare i messaggi pubblicitari, senza sacrificare l’intuizione e la visione che solo un essere umano può apportare. L’IA diventa un alleato che automatizza compiti ripetitivi, consente di esplorare molteplici varianti in breve tempo e offre spunti basati su dati reali. Un team creativo può utilizzare l’IA per generare rapidamente più versioni di uno spot pubblicitario, analizzare quale di queste risuona maggiormente con il pubblico e poi
perfezionare il messaggio in base ai feedback emotivi e culturali che solo un umano può cogliere.
L’IA è uno strumento potente per ottimizzare, analizzare e velocizzare i processi creativi, ma la creatività umana rimane insostituibile quando si tratta di generare idee emozionali, originali e culturalmente rilevanti.
Mirko Brun, su Italia Oggi, ha ricordato che il 27 ottobre 1994 sul sito HotWired apparve il primo banner che pubblicizzava AT&T, una società telefonica statunitense, con il seguente invito: “Avete mai cliccato qui?”. Trent’anni dopo la pubblicità è diventata, anche su internet, una sorta di rumore di fondo, a volte quasi un fastidioso brusio o un banale frastuono. L’intelligenza umana deve continuare ad avere il coraggio di innovare, con creatività, i nuovi strumenti che la tecnologia mette a disposizione.
La pubblicità del futuro sarà probabilmente un mix di intuizione e algoritmi, emozioni e dati, umanità e tecnologia, in cui l’intelligenza artificiale potrà spingere l’intelligenza umana a raggiungere nuove vette creative, che facciano scoprire il prodotto raccontandolo con semplice complessità, senza invadere, generando autentica empatia.●
Claudio Burlando è Componente del Gruppo Tecnico Cultura d’Impresa di Confindustria
A Milano, la mostra allestita da Fondazione Ansaldo sulle grandi trasformazioni innescate dallo sviluppo industriale.
di Claudia Cerioli
Il 12 novembre scorso è stata inaugurata presso lo Spazio Nardi del Politecnico di Milano la mostra Transizioni. Impresa - Lavoro - Società curata da Fondazione Ansaldo in collaborazione con il Politecnico stesso. La mostra vuole essere una riflessione sui grandi cambiamenti innescati dallo sviluppo industriale, raccontati attraverso fotografie, filmati e opere d’arte. Con la metà dell’Ottocento e con la rivoluzione industriale prende avvio anche in Italia un profondo processo di cambiamento destinato ad avere importanti ripercussioni sui territori e sulle comunità. Assumono sempre più centralità le scoperte scientifiche e il progresso tecnologico. Il vapore viene sostituito da motore a scoppio, poi da quello elettrico; l’elettricità permette al genere umano di vincere definitivamente l’oscurità della notte, cambiando abitudini e ritmi di vita. Le trasformazioni che ne derivano avvengono a cascata e toccano tutti gli aspetti del vivere civile, aumentando le opportunità di benessere e migliorando la qualità della vita. In questo contesto la crescita demografica è esponenziale, nascono nuove periferie e le città si trasformano di conseguenza. È però con la terza rivoluzione industriale, pilastro della modernità a valle della Seconda guerra mondiale, che si aprono per l’umanità nuove prospettive impensabili fino a quel momento: elettronica, automazione, informatica, energia atomica e tanto altro. Trasformazioni tuttora in corso, in uno scenario sempre più mutevole. Le grandi transizioni innescate dallo sviluppo industriale sono dunque i temi attorno ai quali si snoda il percorso espositivo allestito da Fondazione Ansaldo, nel 2023 a Genova a Palazzo Reale, e ora a Milano, ospitata negli spazi del Politecnico, l’istituto nelle cui aule studiarono i maggiori artefici del progresso scientifico italiano. La mostra è suddivisa in tre macro-aree: Impresa, Lavoro e Società, con un’attenzione particolare alla storia della città meneghina, in grado di offrire un punto di vista privilegiato per comprendere questi complessi mutamenti che l’hanno portata a essere, nell’arco di poco più di un secolo e mezzo, motore propulsivo e fiore all’occhiello dell’industria e dell’economia italiana. Il ricco corredo iconografico, composto da oltre duecento immagini provenienti dagli archivi di Fondazione Ansaldo, è ulteriormente impreziosito da una nutrita selezione di scatti fotografici provenienti dalle fototeche di Fondazione Fiera Milano, Fondazione AEM, Fondazione Pirelli, Fondazione Isec e dall’Archivio Storico Breda - Associazione Museo Della Melara. Ma le immagini da sole non bastano a restituire la complessità dell’ultimo secolo e mezzo, la cui frenetica corsa diventa ancor più percepibile ed evidente attraverso i punti video dislocati lungo il percorso espositivo, in cui il sapore dolce amaro delle vicende socioindustriali italiane è reso dai filmati storici di Fondazione Ansaldo e dell’Archivio Luce. Un’attenzione particolare è stata poi riservata al linguaggio artistico e alla reciproca seduzione tra arte e fabbrica. Sin dalla nascita delle prime industrie, gli artisti trovano negli ambienti cupi e fumosi delle fabbriche infinite nuove suggestioni, ma anche la stessa industria, fin dai suoi primi passi, vede nelle forme dell’arte un eccezionale strumento per veicolare i propri messaggi valoriali. Questo rapporto di amore - interesse è rappresentato in mostra da una ampia selezione di opere d’arte provenienti da Fondazione Ansaldo e da altre importanti collezioni private. Si inizia con l’olio su tela del 1870 di Carlo
Canella, “La nuova galleria in Milano con passeggio notturno”, concesso in prestito da Gallerie d’Italia e dedicato alla Galleria Vittorio Emanuele, il salotto dei milanesi, e si conclude con l’imponente polittico “Epigenesi” di Jonathan Guaitamacchi, messo a disposizione dal Politecnico di Miano Bovisa, frutto di un lungo percorso iniziato del 1997 e conclusosi nel 2022 all’interno di un ex gasometro AEM, nel quartiere della Bovisa, fulcro di Milano e della sua energivora industrializzazione, e poi dagli anni ‘70 luogo dell’abbandono ed emblema delle periferie degradate. Punti di partenza e di arrivo di un viaggio in itinere che si snoda attraverso i manifesti di Leopoldo Metlicovitz, Giuseppe Pallanti, Mario Dezzutti, Mario Sironi, Marcello Nizzoli, nelle tempere di Fortunato Depero e di Flavio Costantini, nei cartelli anti-infortunistici di Eugenio Carmi e nei fotomontaggi di César Domela e dei coniugi tedeschi Bernd e Hilla Becher, solo per citare alcune delle opere più significative. Lungi dall’essere una rivisitazione nostalgica di un passato ormai alle spalle, questa esposizione è l’occasione per ripensare e immaginare la città contemporanea, che è ciò che sta avvenendo a Milano, e che si vorrebbe anche per Genova, per plasmare il proprio futuro partendo dai luoghi del passato industriale, per farli rinascere a nuova vita come centri di cultura e di socialità, come aree verdi o come sedi delle realtà più innovative dell’economia e della ricerca. Emblematico è il caso degli stabilimenti milanesi dell’Ansaldo, già proprietà della Compagnia Generale di Elettricità - CGE, dal cui archivio provengono molte delle foto esposte, con i suoi vecchi capannoni divenuti oggi un centro culturale e un museo dedicato alle Culture del Mondo. Questa mostra di Fondazione Ansaldo è la testimonianza di un’Italia viva, che vuole rimanere fedele alla sua storia di progresso, di lavoro e di industria. Un’Italia che vuole continuare a dire la sua nel mondo in modo nuovo, con diversi obiettivi e con una diversa sensibilità, soprattutto dal punto di vista ambientale, ma che vuole continuare a produrre benessere, innovazione e - come ha sempre fatto - bellezza. La mostra, a ingresso gratuito, sarà visitabile fino al 21 febbraio 2025.●
Dinamo CGE per Montecatini, 1924
Dentro
e fuori
Il processo di restyling e di efficientamento energetico del Teatro Nazionale di Genova ha reso le quattro sale più belle e meno impattanti dal punto di vista energetico, secondo le direttive dell’Agenda ONU 2030. Cambia anche il volto della struttura esterna, con un’estetica tutta rinnovata.
Viaggio nel tempo dentro il cuore del Teatro
Protagonista assoluto di questo rinnovamento è il Teatro Ivo Chiesa che da sabato 12 ottobre, giorno dell’inaugurazione della stagione 2024/25, offre a chiunque varchi la soglia del foyer e della sala l’esperienza di un viaggio nel tempo.
Il direttore Davide Livermore ha pensato questo restyling come una grande celebrazione della memoria e della comunità teatrale, composta non solo da attrici e attori ma dai tanti e preziosi mestieri del teatro. Questa visione si è concretizzata in un grandissimo collage in bianco e nero che nasce nel foyer e prosegue in sala, in un ideale abbraccio con il palcoscenico.
Un progetto artistico, immaginato da Livermore e realizzato dall’artista Alessandra Cavalli e dalle sue collaboratrici e collaboratori, che hanno potuto attingere al grande archivio storico del Teatro.
«Nella mia visione - afferma Livermore - il teatro emerge dal nero e dall’oscurità, contrapponendosi al cinema che invece nasce dalla luce e necessariamente da una proiezione. In una sala buia si possono creare fantasmagorie, magie, possono nascere spazi scenici che alterano la percezione delle dimensioni e delle prospettive. Questa nuova creazione degli ambienti interni del teatro non è stata realizzata secondo criteri cronologici o filologici ma con l’intento di rappresentare la grande ed eterogenea comunità teatrale. Vuole essere un atto d’amore profondo verso le persone che hanno fatto questa storia, per riappropriarsi dell’identità del presente attraverso il glorioso passato, che ci sta accanto tutte le volte che siamo in questo teatro». Il viaggio nel tempo e nelle emozioni che rievocano certe immagini ha inizio nel rinnovato foyer attraverso le foto di centinaia di spettacoli e i ritratti di uomini e donne di teatro che hanno contribuito a portare in alto il nome del Teatro Stabile di Genova, dal 2018 Teatro Nazionale di Genova: dal suo fondatore e storico direttore Ivo Chiesa a registi come Luigi Squarzina, Benno Besson e Marco Sciaccaluga. Si prosegue lungo le scale, dove si incontrano i volti delle maestranze e delle persone che in tutti questi anni hanno lavorato sui palchi o dietro le quinte, negli uffici o alla Scuola di Recitazione, nei magazzini o nei laboratori, contribuendo al successo di un teatro riconosciuto in campo nazionale ma anche profondamente radicato nel territorio. Sulle pareti della platea si affacciano gli inconfondibili, amatissimi volti di Mariangela Melato, Vittorio Gassmann, Alberto Lionello, Lina Volonghi, Enrico Maria Salerno, Andrea Jonasson, Vittorio Franceschi, Eros Pagni e tanti altri. La sala è rinnovata anche nella sua pavimentazione: una resina nera dai riflessi color bronzo ha sostituito la vecchia moquette.
«Abbiamo lavorato per “analogie e giochi emotivi” - racconta Alessandra Cavalli. Livermore ha deciso di coinvolgermi, sulla scia degli esiti del progetto realizzato in Sala Mercato nel 2022. Questa volta abbiamo scelto un collage
di foto, che appare come una galleria in cui le immagini possono essere interpretate come quadri o sculture. La scelta cromatica è una cifra intensa ed evocativa che vuole ricordare i film di Ingmar Bergman. Questo nostro lavoro è anche un doveroso omaggio ai fotografi, da Lisetta Carmi a Tommaso Le Pera, da Giuliana Traverso a Bepi Caroli, che hanno saputo raccontare il teatro e i suoi protagonisti». Il progetto artistico si innesta sul disegno dell’architetto Manuel Giliberti che prevede uno spazio più ampio dedicato alla nuova biglietteria e un nuovo ascensore, in fase di realizzazione, destinato a rendere ancora più agevole l’accessibilità alla sala, anche ai portatori di disabilità motorie.
Un nuovo volto, un nuovo sguardo
Oltre al rinnovamento degli spazi interni, il Teatro Ivo Chiesa avrà presto la sua nuova, avveniristica facciata: l’intervento di warping progettato dallo studio Giò Forma è in fase avanzata e nelle prossime settimane un imponente rivestimento metallico, la cui forma evoca un gigantesco sipario color bronzo, donerà al Teatro un nuovo “volto”, un’estetica rinnovata, indipendente ma rispettosa del contesto di Corte Lambruschini e delle geometrie multiformi che lo caratterizzano.
La forma del sipario è la crasi dei tre linguaggi principali del progetto: il Teatro (il sipario della scena teatrale), Genova (le tele nautiche) e Ivo Chiesa (onorare il fondatore attraverso un parallelismo con la rivista da lui fondata, Sipario).
Sulla nuova facciata troneggia un grande ledwall, una finestra hi-tech di ultima generazione dalla quale il Teatro può dialogare costantemente con la comunità, attraverso un fluire di contenuti e immagini in alta definizione.
Stesse emozioni, meno emissioni
Il Teatro Ivo Chiesa, il Gustavo Modena e la Sala Mercato si presentano nettamente migliorati anche dal punto di vista dell’efficientamento energetico, grazie agli interventi su impianti termici, sistema di climatizzazione e caldaie, realizzati con i fondi del PNRR. Il risparmio totale sarà pari a circa 1.200.000 KWh all’anno così suddivisi:
- Teatro Ivo Chiesa, meno 902.920 kWh/anno con un risparmio energetico di circa il 45%;
- Teatro Gustavo Modena, meno 106.259 kWh/anno con un risparmio energetico di circa il 25%;
- Sala Mercato, meno 168.369 kWh/anno con un risparmio energetico di circa il 33%.
La ristrutturazione del Teatro Ivo Chiesa, oltre agli importanti interventi di efficientamento energetico che hanno coinvolto le altre sale, è stata resa possibile dal Comune di Genova con il Ministero della Cultura tramite i fondi del PNRR e dalla Regione Liguria grazie a un contributo stanziato dal Fondo Strategico Regionale nel 2022.
«Quando si rinnova un teatro - chiosa Livermore - lo si rilancia con idee capaci di renderlo immediatamente disponibile e attrattivo tanto da un punto di vista dei contenuti quanto da un punto di vista architettonico, di luogo dell’incontro, di agorà in cui i cittadini celebrano l’essere comunità. In questo modo il Teatro Nazionale di Genova continuerà a essere una porta dell’eccellenza della nostra città e allo stesso tempo un luogo di incontro con la comunità artistica italiana e del mondo».●
LA CITTÀ
Un’iniziativa che contribuisce ad accrescere l’autorevolezza di Genova come città della cultura e che richiama l’attenzione su “ambasciatori” della portata di Einstein, Hemingway, Nietzsche e dello stesso Valéry.
Un premio come il “Premio Genova-Valéry” è meritorio a prescindere. La valorizzazione di Genova come capitale della poesia del Novecento (così come l’ha definita il grande poeta Mario Luzi) e del suo oltre, quella che sta portando avanti da un trentennio il solo Claudio Pozzani con il suo Festival Internazionale di Poesia “Parole Spalancate”, occupa un posto molto marginale nel discorso culturale e nelle priorità politiche. Ben venga dunque un’iniziativa - di diverso calibro e natura rispetto agli altri riconoscimenti organizzati in città da Fondazioni e associazioni culturali che s’impegnano, a vario titolo, in attività letterarie e di promozione del libro - che dal 2023 consente di associare l’immagine della nostra città a un poeta e pensatore fra i sommi del Novecento internazionale, Paul Valéry (1871-1945), francese di nascita ma genovese per parte di madre e... per elezione. Notevoli anche alcuni passaggi del Regolamento del Premio, concepito e organizzato dall’associazione Contatti (quella degli “Hemingway Days ” , di “Storie di Porto” e “GENOVAnarra”), per «valorizzare la parola “veracemente” poetica, contribuendo a far emergere alcune delle migliori voci nuove della poesia italiana contemporanea. Ciò, in coerenza con l’assunto, che fu di Valéry nei Cahiers, che la poesia dev’essere una Festa dell’intelletto» e per «favorire, eventualmente anche attraverso attività e manifestazioni collaterali al Premio [...], l’educazione e la formazione socioculturale della comunità quale punto di collegamento della realtà genovese con il mondo internazionale della poesia, della cultura umanistica e scientifica».
Frasi che aiutano a delineare il perimetro ideale di un progetto ad ampio raggio, che culmina nell’attribuzione del Premio a uno fra i più promettenti poeti italiani under 40, ma che intende mettere a profitto su più piani - non soltanto su quello celebrativo, per gli addetti ai lavori -, la relazione vivente che esiste fra la Superba e uno dei suoi maggiori “figli adottivi”, nel segno forte della scrittura creativa e di pensiero. Il lavoro di Barbara Garassino, direttrice artistica del Premio, e dei suoi collaboratori, si fonda sulla memoria storica, sulla percezione di Genova come centro nevralgico di cultura nazionale e internazionale e, ultima, ma non per importanza, sulla tessitura di relazioni. La memoria storica rimanda, riassumendo, al ricordo e all’enfatizzazione dei legami affettivi di Valéry con la Liguria, e in particolare con Genova, città natale di sua madre Fanny Grassi, dove, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1892, l’allor giovane poeta decise di consacrare la sua vita a ciò che indicò come “la via dello spirito” (in seguito, Valéry accennò a più riprese alla “Nuit de Gênes” come alla sua vera nascita, l’inizio della sua vita mentale). Mentre l’attitudine alla “internazionalizzazione” e alla ramificazione del progetto consistono nella volontà/capacità di Contatti di coinvolgere varie realtà e soggetti, attivando collaborazioni (fin da subito con il Festival Internazionale di Poesia di Genova, il Comitato territoriale della Società Dante Alighieri, la piattaforma europea Versopolis e Alliance Française, partner cui, da quest’anno, si è affiancata la media-company Aercast e, dall’anno prossimo, si affiancherà anche il Museo Valéry di Sète, città natale del poeta) e rendendo partecipi dell’iniziativa studiosi e poeti di livello nazionale e non solo, amanti del Bello in veste di piccoli mecenati. Oltre ai “padroni di casa Valéry”, Maria Enrica Crosio e Marco Giorgi, che mettono a disposizione del Premio gli spazi del loro meraviglioso appartamento di Palazzo Montanaro: la casa, oggi “dimora storica”, che appartenne alla zia Cabella di Valéry e fu teatro dell’esperienza/epifania della Notte di Genova. In coincidenza con l’ottantesimo della morte del poeta, nel 2025 il Premio vuol fare un ulteriore salto di qualità. Fervono i lavori per articolare un palinsesto
ampio che, oltre alla “parte” relativa all’acquisizione e alla valutazione dei testi che vi concorrono e alla cerimonia di attribuzione del riconoscimento (attesa, come da recente tradizione, nel corso di ottobre), prevede l’avviamento di una collana editoriale dedicata, a cura della critica letteraria Daniela Bisagno, l’ospitalità a Genova di un convegno organizzato da “Studi francesi”, la più antica e prestigiosa rivista italiana di studi sulla letteratura francese (fondata da Franco Simone, già professore dell’Università di Genova, nel 1957) e un paio di iniziative che entreranno a far parte di “Parole spalancate” e del prossimo Festival della Scienza - visto che Valéry, non solo poeta, fu un autodidatta scientifico di genio: studiò la fisica, la matematica del suo stimatissimo vicino di casa parigino Henri Poincaré e, più in generale, il funzionamento di quello che definì l’esprit, la mente umana. Spesso gli eventi più marcanti partono dal basso, grazie alla passione e alle competenze di merito e organizzative di chi li concepisce, prima che le istituzioni e gli sponsor si accorgano dell’opportunità che viene loro offerta. Un premio come questo può contribuire in modo significativo ad accendere una luce vibrante di intelligenza e autorevolezza su Genova come città della cultura. Il lavoro degli organizzatori è una variabile indipendente del sistema del marketing territoriale locale che, a ben vedere, non dovrebbe poter prescindere dal tenere in debita considerazione almeno alcuni dei suoi “testimonial” recenti più blasonati, celeberrimi a livello mondiale: da Einstein a Hemingway, da Nietzsche, appunto, a Valéry. Un lavoro utilissimo e necessario, per molti aspetti, anche se non smuove più di tanto le folle e ben difficilmente può avere grandi ritorni diretti in termini di afflusso turistico.
Importante nota in margine, ad aggiudicarsi la seconda edizione del Premio è stata la poetessa leccese Claudia Di Palma, perché - come sta scritto sulla pergamena che le è stata consegnata, il 18 ottobre scorso, nell’affollato salone d’ingresso di casa Giorgi/Valéry - «la sua poesia è un inno alla sacralità della vita».● premiogenovavalery.it
L’Innovation
Hub
dell’Università
di Genova cresce e propone incontri a tema, con un approccio interdisciplinare che mette in dialogo professionalità e prospettive diverse.
Il tema dell’innovazione nell’ambito di Turismo e Cultura è sempre più attuale e oggetto di costante approfondimento e dibattito: in questo contesto, l’Università di Genova è, come di consueto, attenta allo sviluppo di nuove linee di ricerca, formazione e divulgazione. Nuovi spunti sono offerti dall’Innovation Hub “Tourism & Culture” UniGe nel network universitario Ulysseus - un’alleanza tra otto università europee, a cui partecipano, oltre all’Università di Genova, le Università di Sevilla, Spagna; Côte d’Azur, Francia; Košice, Slovacchia; MCI Innsbruck, Austria; Haaga-Helia, Finlandia; Münster, Germania; Podgorica, Montenegro) con la finalità di generare un impatto sul territorio in termini di internazionalizzazione delle attività, relazioni internazionali e scambio di buone pratiche. Una delle prime iniziative proposte dall’Innovation Hub è la serie di incontri di approfondimento tematico, “Assaggi di Cultura e Turismo”, che ha esordito con grande successo e partecipazione a novembre. Il nuovo format “Talk + Pasta party”, organizzato con il contributo della Scuola di Scienze Sociali UniGe, è un invito a riflettere sull’innovazione nell’ambito della Cultura e del Turismo con un approccio interdisciplinare che mette in dialogo professionalità e prospet-
tive diverse. Con questa iniziativa, infatti, si vuole sviluppare il confronto tra docenti dell’Università, che inquadrano e contestualizzano la tematica affrontata in ogni incontro, con esperte ed esperti di istituzioni e imprese del settore, che presentano case study di grande interesse. Il seminario si conclude poi con una sessione partecipativa con domande dal pubblico.
COPROGETTAZIONE E NETWORK
Nell’ambito delle attività del nuovo Innovation Hub, questa iniziativa è anche un’occasione per promuovere un dialogo costruttivo tra università, istituzioni, aziende e costruire sinergie virtuose sul territorio. Cosa che è stata fin da subito considerata fondamentale per lo sviluppo dell’hub: a partire dall’evento di coprogettazione organizzato a giugno, per condividere riflessioni e spunti sul tema in ottica di sviluppo di competenze, network e tematiche di interesse condiviso.n
Genova
di Cristina Chiaiso e Paola Dameri
generata con Intelligenza Artificiale
Grafica
Un Innovation Hub non è solo un’entità astratta, ma è un luogo sul territorio che invita all’incontro, alla condivisione delle conoscenze e al dialogo: per questo si è scelto di organizzare questa iniziativa presso UniGe World in via Balbi, uno spazio che invita all’incontro situato a piano strada proprio a lato dell’ingresso principale di Palazzo Balbi Senarega. Anche l’orario, dalle 12.45 alle 14, è stato scelto per coinvolgere non solo studentesse, studenti, dottorande e dottorandi dell’Università, ma anche professioniste e professionisti, istituzioni, associazioni e imprese, con l’obiettivo di promuoverne la partecipazione attiva durante gli incontri, creare momenti di confronto costruttivo e formativo e sviluppare networking. Anche per questo, i talk sono introdotti da un breve momento conviviale di “Pasta party”, con l’obiettivo di ottimizzare il tempo dedicato alla pausa pranzo. Per favorire l’accessibilità all’evento, oltre alla partecipazione gratuita in presenza, è prevista quella da remoto, in diretta streaming. Inoltre, gli incontri sono registrati e resi disponibili sul canale YouTube UniGe per poterne fruire anche in un momento successivo.
Le tematiche specifiche scelte sono di grande attualità: l’esordio è stato sul “Bilancio di Missione”, con Renata Paola
OPPORTUNITÀ DI FORMAZIONE
Cresce inoltre la programmazione delle attività didattiche dell’hub: dopo il Blended Intensive Programme dedicato agli studenti Ulysseus sulle “Digital Innovation Strategies for Cultural Heritage”, che si è svolto con grande successo tra giugno e luglio di quest’anno con la partecipazione di docenti, studentesse e studenti provenienti da Spagna, Francia, Slovacchia, Montenegro e naturalmente dell’Università di Genova, si stanno ora sviluppando altri progetti formativi di Winter e Summer School, anche su tematiche di imprenditorialità per le Imprese Culturali e Creative. Ancora una volta, si creano opportunità per condividere conoscenze e sviluppare relazioni internazionali, immettendo competenze in un contesto virtuoso che unisce il valore del territorio locale a un respiro internazionale.n
Dameri, docente di Economia Aziendale UniGe, e Alberta Giovannini, Sostituta Direttrice Ufficio Organizzazione risorse umane e servizi diversi di gestione del MUSE Museo delle Scienze di Trento. Si è parlato del ruolo di strumenti come bilancio sociale e il bilancio di missione nel conoscere, comunicare e valutare criticamente quanto e quale valore un museo è in grado di creare.
Il tema dell’incontro di mercoledì 11 dicembre è invece la “Maturità digitale” delle Istituzioni Culturali, con l’intervento di Riccardo Spinelli, docente di Marketing del turismo UniGe, insieme a Chiara Zanola, responsabile Marketing e Comunicazione DM Cultura, sull’importanza della misurazione della maturità digitale nella definizione della strategia digitale di un’istituzione, per stabilire o ripensare con maggiore consapevolezza gli obiettivi digitali e i conseguenti progetti.
L’appuntamento del 15 gennaio è dedicato a Turismo e Intelligenza Artificiale, con Clara Benevolo, docente di Economia e gestione delle imprese turistiche UniGe, e Roberta Milano, Travel & Tourism marketing strategist. Sarà l’occasione per dialogare su come poter integrare i nuovi strumenti tecnologici offerti all’interno delle strategie di miglioramento dell’esperienza del viaggiatore, per ottimizzare i servizi delle destinazioni e contribuire alla sostenibilità del settore. Ma anche, magari, supportare la gestione dei flussi turistici tra aree più e meno conosciute e frequentate e offrire esperienze di viaggio personalizzate.
L’Innovation Hub sta già lavorando per definire altre date su temi di interesse condiviso.
La partecipazione, sia in presenza che in diretta online, è gratuita fino a esaurimento dei posti disponibili: è necessaria la registrazione e la prenotazione per ogni data (le prenotazioni aprono otto giorni prima e chiudono il giorno prima di ogni evento in programma: il link è pubblicato anche sul sito hubcultura.unige.it).●
Paola Dameri è Prorettrice all’Internazionalizzazione Chief Scientific Officer dell’Innovation Hub “Tourism & Culture” UniGe/Ulysseus Cristina Chiaiso è Research Fellow e Project Manager dell’hub
CULTURA & SOCIETÀ
di Luciano Caprile
Il presepe in divenire
Le storie tradotte nella creta da Eliseo Salino.
Quest’anno il Museo Manlio Trucco di Albisola Superiore ha inteso celebrare il Natale esponendo le ceramiche di un artista come Eliseo Salino che ha interpretato lo spirito della Natività in maniera veramente singolare. Intanto chi era questo straordinario autore? Nato ad Albissola Marina nel 1919, dopo gli studi a Faenza inizia nel 1934 l’apprendistato presso la fabbrica albissolese Mazzotti per poi iscriversi alla scuola di scultura dell’Accademia di Brera a Milano. Nel 1958 fonda con Giovanni Poggi e Mario Pastorino il laboratorio San Giorgio. E lì avrà modo di collaborare con alcuni celebri artisti tra cui Asger Jorn, Wifredo Lam, Lucio Fontana, Aligi Sassu e Agenore Fabbri. Muore nel 1999. Si diceva di una singolarità che caratterizzava il suo gesto rivolto in particolare alla realizzazione di tipici personaggi. Egli trovava ispirazione in coloro che incontrava ogni giorno e che traduceva nella creta con inimitabile abilità. Lo scopo non era quello di fare delle caricature ma di instillare nelle figure che nascevano dalle sue mani lo spirito che le caratterizzava e che veniva trasmesso efficacemente da uno sguardo, da un tipico comportamento. E singolari storie potevano quindi scaturire dal loro incontro. Forse la più emozionante e la più conosciuta riguarda proprio l’allestimento del presepe che dal 1970 è collocato in maniera stabile in un’ampia grotta scavata nel Santuario del Santo Bambino di Praga di Arenzano. Qui gli oltre trecento interpreti raccontano non solo la nascita di Gesù in un paesaggio che talora riecheggia quello ligure ma
esprimono anche la loro quotidianità come “o Culin” il macellaio o la “Giusi” intenta a maneggiare la scopa. Passato e presente, sacro e profano convivono in tale circostanza. Ora il Museo Trucco ripropone la magia di questi personaggi dall’8 dicembre al 18 gennaio (orario: da lunedì a venerdì 8.30-12.30 e 15.30-18.00; sabato 8.30-12.30) grazie alla mostra intitolata “Il presepe in divenire di Eliseo Salino”. Le numerose teche accolgono in solitudine o per gruppi i protagonisti di una storia che mette in scena zampognari e pescatori, sognanti caldarrostaie e frati portatori di candide colombe o colti in orante lettura prima di giungere al culmine di una ricostruzione della Natvità attraverso il concorso di una dozzina di statuine. Così si rinnova quel clima attraverso un percorso che, anche nell’attuale occasione, coinvolge direttamente i visitatori: il presente delle figure in ceramica racconta una tangibile realtà da legarsi al mistero della venuta di Cristo sulla terra. La quotidianità si lega indissolubilmente all’eternità. E Salino dimostra ancora una volta come le sue composizioni riescano ad annullare i limiti del tempo.●
romanzo Come in un
La biografia di Alberto Bruni Tedeschi, imprenditore e compositore.
Anche al netto del gossip, la vita di Alberto Bruni Tedeschi val bene un romanzo. O una biografia romanzata, come quella, eccellentissima, scritta da Gian Piero Bona e pubblicata da Marsilio una ventina d’anni fa. Si tratta di un libro che ha un titolo inusuale e intrigante, “L’industriale dodecafonico”, e che è intrigante anche fra le pagine, poiché tratteggia con dovizia d’argomenti e scintillante qualità di scrittura vita e opere di un industriale-musicista iperattivo e poliedrico, contraddittoriamente inappagato e inappagabile. Osservata per così dire “con il senno di poi”, e con un occhio da letterato, l’intera esperienza esistenziale di Bruni Tedeschi sembra essersi sviluppata per finire raccolta in un romanzo-epopea, piena com’è di una vitalità appassionata e di un’ansia del fare, e del ricreare creativamente, che hanno trovato nel suo stato di ricco altoborghese le pre-condizioni economiche per potersi esprimere in libertà. Nelle sue linee generali, la trama del libro di Bona ripercorre con piglio documentaristico le tappe principali della vita del suo protagonista, eccezionalmente rara per intensità e produttività.
Di origine ebraica, nato a Moncalieri dal vercellese Virginio Tedeschi - il fondatore, cent’anni esatti fa, della C.E.A.T. (acronimo di Cavi Elettrici e Affini Torino) -, dopo gli studi di diritto e di composizione, nel 1938 il ventitreenne Alberto fu chiamato all’ardua responsabilità della direzione del-
l’azienda paterna. Tutt’altro che sgomento, l’anno dopo, nel quadrilatero compreso tra Via Ruggero Leoncavallo, via Bioglio, via Ternengo e via Giovanni Pacini a Torino, aprì la sua poi “mitica” fabbrica di pneumatici, sviluppandone in breve l’attività su scala mondiale, aprendo filiali e consociate. Fin da subito, all’attività di imprenditore di successo affiancò quella di compositore, fra sinfonie, balletti e musiche da camera, dove eccelse nell’ambito della dodecafonia - da qui, ça va sans dire, il titolo del libro di Bona. La sua prima opera significativa, il melodramma “Villon”, risale al 1941, e fu eseguita in prima assoluta a Bergamo, da una “star” del canto lirico come Giulietta Simionato sotto la direzione complice di Gianandrea Gavazzeni. Esploratore dalle molteplici avventure esotiche (amava girare per oceani e per giungle) e galanti, partigiano negli anni che lo richiedevano, collezionista d’arte in quelli successivi, nel 1952 il non ancora quarantenne Bruni Tedeschi acquistò Villa Ceriana a Castagneto Po, a 25 km da Torino, un castello settecentesco di origine medievale di ben 40 stanze su 1500 m², che rinnovò interamente e dove collocò parte del proprio rilevante patrimonio artistico (dopo la sua morte, le opere che arredavano la villa sono state vendute all’asta per quasi 19 milioni di euro). Nel 1958 fondò la CEAT Tyres of India Ltd in collaborazione con il gruppo Tata. Di lì a poco, nel 1959, sposò Marina Borini, musicista e
INDU STRIA & LETTERATURA
di Massimo Morasso
attrice, dalla quale ebbe tre figli: Virginio (1959-2006), Valeria (1964), destinata a diventare l’ottima attrice e regista che tutti conosciamo, e Carla (1967), cioè a dire Carla Bruni, modella, cantante, attrice e poi première dame francese con il marito Nicolas Sarkozy (per la verità, come le fu rivelato direttamente dalla madre nel 1996, Carla è frutto di una relazione extraconiugale con un musicista torinese, Maurizio Remmert). Forte delle sue competenze in campo musicale, per oltre un decennio, fino al 1971, Bruni Tedeschi fu Sovrintendente del Teatro Regio di Torino: è stato lui a seguirne, in massima parte, le fasi finali della ricostruzione dopo il rogo del 1936. Ceduta la C.E.A.T. al gruppo Pirelli, nel 1972, con l’avvento degli anni di piombo, preda di fosche intuizioni sul futuro, Bruni Tedeschi decise di lasciare l’Italia per trasferirsi a Parigi, portando con sé la famiglia. Più di un ventennio dopo, ammalatosi di cancro, si spense nella capitale francese, a ottant’anni. Due anni prima, nel 1994, aveva portato a compimento la sua ultima opera, il toccante balletto “Diario, ultime pagine”, in cui ha descritto la malattia e la morte di un uomo. Essere complesso dai molti interessi e dalle molte vite, «dandy della sofferenza creativa wildianamente intesa» (così come viene descritto nella scheda editoriale del libro che ne racconta le ordinarie e straordinarie res gestae ), Alberto Bruni Tedeschi non poteva trovare cantore più congeniale di Bona, a valorizzarne la figura con una simpatia umana che sfocia in una simpatia di secondo livello: rilevabile nel sovra-tono di una partitura narrativa che rivela, in molte pagine, una forte consonanza ideale, in termini di
gusti e “stile di vita”. Nella sua lunga vicissitudine terrena, anche Gian Piero Bona (1926-2020), pure lui ricco rampollo di una famiglia d’industriali piemontesi, nel suo caso con il valore aggiunto di ascendenze nobiliari (liguri, per parte di madre), è stato molte cose: studioso di tradizioni spirituali ed esoteriche, esploratore di vari orienti del mondo, romanziere, poeta, drammaturgo, traduttore di letteratura francese e tedesca, sceneggiatore e testimone di incontri con personaggi fuori dal comune... ma, soprattutto, per quanto a noi interessa, qui, è stato fra gli amici più fraterni di Bruni Tedeschi, per e con il quale scrisse anche dei testi per le sue cosiddette “azioni drammatiche”, ovvero “Diagramma circolare”, del ’59, e “Secondatto” dell’86. Colto e distante dalle mode, Bona esprime i fatti, i misfatti e il mondo lirico del suo sodale protagonista con una preziosità di stile che non si ritrova facilmente nella narrativa contemporanea, tantomeno nel genere biografico. Da scrittore di razza qual è stato, Bona è riuscito a raccontare la formidabile parabola esistenziale di un suo carissimo amico con la soggettività oggettiva di chi sa andare al di là dei dati empirici che fanno la “traccia” essenziale di una vita, per redigerne un appassionato referto. Il libro, datato 2003, non è semplicemente il ricordo di un grande imprenditore che è stato anche un curioso viveur e un valido artista, ma anche, nello stesso tempo, un commosso atto d’addio al “secolo breve” ormai alle spalle (anche dello scrittore anziano che ne dice). Non è affatto un caso che abbia un sottotitolo, e che quel sottotitolo sia “Il ‘900 di Alberto Bruni Tedeschi” ●