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SOMMAR IO
Jacopo Callà
Riccardo Di Stefano
4 editoriale PASSIONE H24 di Jacopo Callà
6
Confindustria
CONTRIBUTI PER UN PIANO INDUSTRIALE DEL TIGULLIO di Giacomo Franceschini
14 l’intervista
APPUNTAMENTO CON L’EUROPA di Piera Ponta
18 MiToGeNo I GIOVANI FANNO LA DIFFERENZA di Federico Chiarini
SPAZIO ALLE NUOVE LEVE di Barbara Graffino
3-2024
24 Genova startup BAYESIAN ESTIMATION FOR ENGINEERING SOLUTIONS di Matilde Orlando
26 competizione & sviluppo LAVORATORE COME PERSONA
BUONE NOTIZIE di Piera Ponta
NUOVA ENERGIA di Daniela Gentile
GRU INTELLIGENTI
KEYNESIA di Paolo Tamiro
AI E WELFARE AZIENDALE
DALL’IDEA AL MERCATO di Guido Ruggeri
MIGLIORAMENTO CONTINUO
ENGINIUS
MEGLIO IMPRENDITORE
56 ESG
NO ALLE DISCRIMINAZIONI
CERTIFICAZIONE DI GENERE di Simona Alberini
SUPPLY CHAIN SOSTENIBILI di Alessandro Traverso
64 Confindustria La Spezia
GRANDE FERMENTO di Mario Gerini
66 Europa
I PAESI HANNO UN’ANIMA di Piero Gai
68 piccola industria
GRANDI ALLEATI PER GRANDI SFIDE
72 comunicazione WREBOOK di Claudio Burlando
74 Fondazione Ansaldo
DA ARCHIMEDE ALL’ENERGIA SOLARE di Matteo Trotta
78 CSR
BILANCIO POSITIVO di Francesca Sanguineti
82 la città
BLUE MARINA AWARDS
LA NATURA SI FA SPAZIO
VERSO IL CONTEMPORANEO di Massimo Morasso
92 cultura & società
IRONIA ELEGANZA E STUPEFAZIONE di Luciano Caprile
OLTRE LA TELA
99 industria & letteratura
LA MODERNITÀ MALINTESA di Massimo Morasso
inserto
Macchine Edili Repetto
In copertina Giacomo Madia, Vie di fuga (particolare), 2017 tecnica mista guash, sabbia, pennarello su cartone telato, 40 x 50 cm
EDITORIALE
di Jacopo Callà
Passione h24
Mi chiamo Jacopo Callà, ho 33 anni, sono ingegnere aeronautico e sono il nuovo presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Genova. Nella vita sono co-fondatore e presidente di JP Droni, PMI innovativa genovese, che sviluppa tecnologie per ispezioni automatizzate e servizi industriali con droni.
Raccolgo il testimone da Emilio Carmagnani che, oltre a essere diventato un mio ottimo amico, è stato un eccellente presidente negli scorsi tre anni e ha ridato vita al Gruppo, soprattutto nel momento di transizione complessa post Covid.
Prendo oggi la guida di un Gruppo che conta poco più di 80 soci; di questi, una quarantina di loro raggiungerà i limiti di età per l’appartenenza nei prossimi anni, dimezzando di fatto il numero dei soci durante il mio mandato: l’obbiettivo in termini numerici, che mi sono posto e che ho condiviso con la mia Squadra, è semplice e misurabile: lasciare il Gruppo con 200 iscritti attivi a fine mandato. Si tratta di un traguardo realizzabile se consideriamo che ci sono circa 1000 imprese iscritte a Confindustria Genova, avere 200 soci vorrebbe dire che almeno 2 aziende su 10 decidano di far partecipare al Gruppo giovani di valore che ricoprano già oggi ruoli di alto livello o con l’idea che lo facciano in futuro. La vivacità di questo Gruppo non è solamente specchio dei giovani di valore che abbiamo sul territorio
e che dobbiamo riscoprire, ma deve essere considerata anche in relazione al passaggio generazionale che, prima o dopo, tutte le aziende di lunga durata devono affrontare: ecco perché è importante avere una visione di lungo periodo e investire nella formazione al proprio interno.
Lo scopo del nostro Gruppo è quello di creare networking funzionale e fornire formazione manageriale e cultura di impresa. Proprio questo intendo fare: dare un valore aggiunto per i miei Associati, connetterli pienamente tra di loro e offrire loro spunti di riflessione interessanti - uno fra tutti, una formazione operativa sull’Intelligenza Artificiale.
La mia storia è un po’ diversa dai miei predecessori. Ho fondato JP Droni 8 anni fa, insieme al mio socio storico Paolo Scuteri, mentre mi stavo laureando in ingegneria e facevo una tesi su un particolare drone ornitottero. Sapevo da sempre che avrei voluto creare una realtà mia, ma non avrei mai immaginato che l’avventura sarebbe partita così presto, da un piccolo magazzino alla Foce che avevo acquistato con tutt’altro intento. Nessuno, inoltre, mi ha veramente preparato alla gestione di un’azienda; è stato decisivo essere quotidianamente sul campo, imparando dagli errori e facendo tesoro dei consigli di pochi ma fondamentali amici imprenditori che davvero mi hanno ispirato e mi hanno aiutato a trasformare la passione per la tecnologia e l’innovazione in una car-
riera imprenditoriale. Del resto, l’esperienza non si può comprare e, come dico sempre io, “nessuna strada in discesa porterà mai alla vetta”.
Alla guida di JP Droni, ho sempre cercato di mettere al primo posto il motore più potente che ciascuno di noi ha: la passione per il proprio mestiere. Grazie alla passione e a una curiosità insaziabile ho cercato e cerco ogni giorno di raggiungere risultati migliori e di alleggerire la fatica quotidiana e il peso dello zaino da portare in spalla, peso che ogni imprenditore conosce nel profondo.
Come presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Genova, il mio obiettivo è infondere questa stessa passione in ogni aspetto del nostro lavoro. Voglio che il GGI sia un faro di innovazione, un luogo dove la determinazione e l’eleganza d’animo si fondono per creare un ambiente stimolante e inclusivo.
Nella mia vita privata ho tante passioni: sono un discreto velista, un pilota di aeroplani e mi diletto ai fornelli. Tra i miei punti principali, al centro ho il territorio, la nostra amata Genova. Tante volte la sento criticare ed è innegabile che si possa fare molto di più per le imprese. Ma è restando, investendo qua e provando a cambiare le cose sul serio che potremo garantire nuovamente luce alla Superba. Ci credo fermamente. Anche se la mia azienda avrebbe avuto forse più facilitazioni in altri sistemi, come quello milanese, abbiamo deciso di rimanere nella nostra città e in questi 8 anni qualcosa di bello lo abbiamo creato. Nulla di cui vantarsi, certo, ma sicuramente qualcosa per cui essere orgogliosi.
Genovesità e innovazione come primo piatto, intelligenza artificiale come secondo e tanti contorni: corsi di managerialità, public speaking e storie di altri imprenditori. Questo il menù che prevedo per il mio Gruppo. Come dolce? Qualche sorpresa a tema aeronautico, perché dall’amore che ho per il volo ho imparato uno stile di vita etico, rispettoso e tanta umiltà. Un Amico con la A maiuscola mi ripete spesso che “è la persona che fa il ruolo e non il ruolo che fa la persona”, motivo in più per ricordarsi l’importanza di avere sempre i piedi per terra (ma con la testa tra le nuvole). Il mio programma di presidenza è un manifesto di ambizione e di impegno. È un invito a guardare oltre l’orizzonte, a perseguire la crescita sostenibile e a promuovere un’etica imprenditoriale che ponga al centro le persone e il pianeta. Il GGI è un crogiolo di idee e di talenti, un luogo dove giovani imprenditori di ogni settore possono incontrarsi, scambiare visioni e collaborare per il bene comune. È un’opportunità unica per influenzare positivamente il tessuto economico e sociale di Genova e per contribuire a plasmare il futuro della nostra città.
Accanto a me, una squadra di professionisti eccezionali, ognuno con la propria storia di successo e la propria passione da condividere. Insieme, formiamo un Gruppo coeso e determinato a lasciare un segno tangibile nel mondo dell’imprenditoria. Giovanni Gritta è il Vice Presidente vicario con delega al Consiglio generale: con lui condividiamo moltissimo - visione e stile oltre a una grande amicizia. Carolina Candelo è Vice Presidente con delega al Nazionale: un concentrato di energia e una donna imprenditrice di valore. Giangiacomo Guida è un manager di sostenibilità, fortemente orientato all’ESG; siamo cresciuti insieme, è una persona capace di cui fidarsi. Giacomo Miscioscia condivide con me la storia dello startupper e sa cosa significhi partire da zero; fondamentale per poter divulgare la cultura di impresa tra i giovani. Carlo Casarico nella vita si occupa di comunicazione e lo stesso farà nel nostro Gruppo: è una persona motivata e stimolante. Edoardo Ravano è il giovane con più esperienza nel nostro Direttivo: sarà tesoriere del gruppo ma soprattutto un ottimo consigliere. La citazione che ama ripetere “Revenue is vanity, profit is sanity, cashflow is reality” ci riporta tutti al lavoro.
Il mio mandato si focalizza su alcuni pilastri fondamentali: l’innovazione come motore di sviluppo, l’inclusività come valore imprescindibile, l’integrazione dei principi ESG come bussola etica, la valorizzazione dell’imprenditoria femminile come forza propulsiva e la formazione come chiave di volta per il futuro.
Per raggiungere questi traguardi, puntiamo a rafforzare i legami con il mondo accademico, a investire in formazione avanzata e a promuovere una cultura imprenditoriale che sia al passo con i tempi. Eventi, progetti di mentoring e iniziative di team-building saranno gli strumenti attraverso i quali scriveremo le prossime pagine della nostra storia. Con passione e dedizione, sono pronto a guidare il GGI verso nuove vette di successo. Insieme, affronteremo le sfide del domani con un approccio innovativo e sostenibile, consapevoli che ogni passo avanti è un passo verso un futuro più luminoso per tutti noi.●
Jacopo Callà è Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Genova
Contr ibuti
PER UN PIANO INDUSTRIALE DEL TIGULLIO
Assemblea pubblica
Lunedì 27 maggio 2024
Auditorium San Francesco - Chiavari
di Giacomo Franceschini
Lo studio di Confindustria Genova è stato presentato in occasione dell’Assemblea pubblica del Gruppo territoriale del Tigullio.
Il documento completo può essere consultato o scaricato online: https://bit.ly/contributi-piano-tigullio
Il Tigullio è un comprensorio territoriale di 711 kmq, parte integrante della Città Metropolitana di Genova, che include 27 Comuni con una popolazione di 138.018 abitanti (16,7% del totale metropolitano). Il trend demografico è in calo, con poche eccezioni tra i Comuni dell’area, i cui principali centri sono Rapallo (29.229 abitanti) e Chiavari (27.365).
Sul territorio si trovano le sedi legali e operative di numerose imprese di medio-grandi dimensione e un tessuto di piccole aziende trasversali ai principali settori merceologici. Le 13.133 imprese tigulline contano una forza lavoro di 37.192 addetti; di queste, 907 sono attività manifatturiere per un totale di 5.800 addetti. Le 107 imprese associate a Confindustria Genova che hanno la propria sede, unità locali e/o stabilimenti nei Comuni del Tigullio sono riunite nel Gruppo Territoriale del Tigullio; nel complesso impiegano 4.310 dipendenti. Per meglio comprendere e definire gli ambiti di sviluppo del territorio del Tigullio, si è ritenuto opportuno coinvolgere le imprese appartenenti al Gruppo così da ottenere indicazioni circostanziate, ponderate e successivamente integrate dagli altri principali attori economici sul territorio (Istituzioni e grandi player con interessi a Genova e in Liguria); ciò per far emergere una visione precisa di quelli che possono essere gli sviluppi e le migliorie che il territorio stesso necessita per aumentarne la competitività e attrattività per imprese e abitanti. Tale visione è stata poi declinata in 10 interventi e progetti (Decalogo), decisivi per un rilancio dell’attività economica sul territorio.
A monte della redazione del Decalogo le imprese del Gruppo hanno fornito indicazioni di contesto sui principali driver di sviluppo territoriale, attraverso 4 Focus Group dedicati, organizzati da Confindustria Genova, ai quali le aziende sono intervenute a seconda del proprio cluster di attività: Focus Group Manifattura (50% delle imprese associate facenti parte del Gruppo), che ha visto la partecipazione e raccolto il contributo delle imprese con attività: chimica, estrattiva, gomma-plastica, meccanica e navale; Focus Group Servizi alle imprese (31% delle imprese associate facenti parte del Gruppo), che ha visto la partecipazione e raccolto il contributo delle imprese con attività: formazione, finanza, servizi vari; Focus Group Sanità (11% delle imprese associate facenti parte del Gruppo), che ha visto la partecipazione e raccolto il contributo delle imprese con attività: strutture sociosanitarie e case di cura; Focus Group Turismo (8% delle imprese associate facenti parte del Gruppo), che ha visto la partecipazione e raccolto il contributo delle imprese con attività: strutture ricettive e attività turistiche
Nei Focus Group gli imprenditori intervenuti hanno potuto dare il proprio giudizio su: i fattori abilitanti lo sviluppo socio-economico nel Tigullio; le priorità di intervento nei campi del digitale, mobilità, turismo, sanità e demografia; le policy che a livello locale sarebbe opportuno introdurre/modificare; iniziative, progetti e azioni ritenuti prioritari per lo sviluppo del Tigullio. Le indicazioni sono state raccolte tramite un questionario suddiviso in 3 parti orientate a: definire una
“classifica di priorità” dei principali fattori abilitanti del territorio; analizzare 3 tematiche trasversali (Digitale, Mobilità, Turismo e Silver Economy), entrando per ciascuna di esse nel merito delle diverse sfaccettature e possibilità interpretative dei bisogni e delle opportunità riferite al tema; analizzare le specificità e le esigenze del proprio settore di appartenenza, proponendo soluzioni o progetti concreti per sopperire alle attuali mancanze o opportunità del Territorio nel suo insieme.
Secondo le imprese del Tigullio, la digitalizzazione delle imprese, le infrastrutture per la mobilità e le nuove tecnologie sono i driver di sviluppo prioritari per il futuro nel breve-medio termine del territorio.
La seconda parte dei questionari presentati alle imprese durante i Focus Group, ha visto un approfondimento dei 3 principali driver per lo sviluppo del territorio: il digitale, la mobilità e il più ambio settore del turismo e della silver economy.
Per quanto riguarda l’ambito del digitale, delle tecnologie e delle risorse a più ampio spettro ad esso collegate, particolare importanza rivestono: la promozione di investimenti di tecnologie digitali all’interno delle stesse imprese, la disponibilità di profili professionali adeguati alla domanda e l’accesso alla banda ultra-larga laddove possibile.
1. Connettività
2. Infrastrutture
3. Blue Economy
4. Efficientamento energetico
5. Assetto idrogeologico
6. Formazione
7. Orientamento e politiche attive del lavoro
8. Marketing sanitario e Silver Economy
9. Turismo e Cultura
10. Sostegno agli investimenti
Assicurare condizioni elevate di connettività alla rete internet per cittadini e imprese
Potenziare la rete stradale ed estendere collegamenti ferroviari
Predisporre un piano anti-inquinamento; ampliare i servizi offerti dalle Marine; tutelare le attività manifatturiere presenti nei porti
Costituire Comunità Energetiche Rinnovabili (CER)
Predisporre un piano idro-geologico dettagliato per la messa in sicurezza del territorio con particolare riferimento alle aree produttive
Potenziare e adeguare l’offerta formativa alle esigenze delle imprese del territorio
Potenziare attività di orientamento nelle scuole e iniziative volte all’autoimprenditorialità
Inserire le strutture del Tigullio all’interno dell’offerta di servizi sanitari e della terza età di MiToGeNo
Aumentare e differenziare l’attrattività turistica del territorio, anche tramite iniziative volte alla destagionalizzazione
Presentare una proposta di provvedimento per incentivi industriali nel Tigullio
Rispetto al tema della mobilità, aspetto che riguarda tanto le infrastrutture sul territorio, quanto l’interconnessione delle stesse e la loro gestione, i due maggiori driver di sviluppo sono risultati essere il potenziamento dei collegamenti stradali dalle zone costiere alle zone interne e il potenziamento generale dei servizi ferroviari. Infine, prendendo in considerazione il settore del turismo in generale oltre alla sua applicazione verso la fascia più anziana della popolazione, risulta prioritario il potenziamento e l’integrazione delle attività di marketing territoriale e l’applicazione di strategie di off-peak al fine di gestire la forte stagionalità caratteristica delle strutture ricettive e del territorio del Tigullio.
Sulla base delle indicazioni fornite dalle imprese associate in merito alle priorità di sviluppo del territorio, durante i Focus Group si è proceduto all’analisi delle esigenze dei singoli settori produttivi, raccogliendo contributi circa le policy che a livello locale sarebbe opportuno introdurre/modificare e circa iniziative, progetti e azioni ritenuti utili, se non imprescindibili, per poter “attivare” i driver di sviluppo scelti dalle aziende.
I suggerimenti delle aziende del Gruppo sono stati poi approfonditi e, laddove possibile, integrati dalle indicazioni fornite dagli operatori politici e/o economici interessati. Ne è scaturito un insieme di 10 azioni e progetti ritenuti indispensabili per la crescita sociale ed economica del Tigullio. Le 10 azioni sono state sintetizzate in un “Decalogo” e per ciascuna è stato possibile quantificare il valore dell’investimento richiesto e le tempistiche di attuazione. Il valore complessivo degli interventi descritti nel Decalogo ammonta a 645 milioni di euro.
1. CONNETTIVITÀ
Assicurare condizioni di elevata connettività alla rete internet per cittadini e imprese
Nel 2016 Regione Liguria ha aderito alla gestione del progetto a regia nazionale (MISE) riguardante il dispiegamento della BUL - Banda Ultra Larga. Regione Liguria ha firmato un Accordo di Programma e le conseguenti Convenzioni Operative con MISE e Infratel Spa(società in-house del MISE). Nonostante iter procedurali complessi e rallentamenti a oggi tutti i Comuni liguri hanno sottoscritto una convenzione con Infratel Spa, ma il completamento dei lavori per l’area del Tigullio è previsto per l’anno 2026.
Per favorire l’accesso alla fibra da parte delle imprese, al fine di ovviare ai diversi problemi esistenti, compreso il costo di connessione richiesto dagli operatori, si propone: 1) per i Comuni delle Valli interne, di attingere alle risorse della Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI). All’interno della programmazione FESR 2014-2020 Liguria veniva, tra le altre individuata l’area “Antola Tigullio”; nella nuova programmazione 2021-2027 è prevista l’Area “Val Fontanabuona”; 2) per i restanti Comuni liguri in cui sono riscontrate le medesime criticità, di valutare l’utilizzo di risorse nell’ambito della programmazione POR FESR 2021-2027. Inoltre si richiede che Confindustria Liguria partecipi, al fine di segnalare eventuali criticità, al Tavolo dedicato coordinato da Regione Liguria.
2. INFRASTRUTTURE
Manutenzione e potenziamento rete stradale ed estensione servizi ferroviari
INFRASTRUTTURE STRADALI
Il Piano di ammodernamento delle reti e tracciati autostradali gestiti da Autostrade per l’Italia (ASPI) prevede interventi rilevanti anche per il tracciato A12 (tratta GenovaSestri Levante),con investimenti pari a 690 milioni di euro nel periodo 2024-2038.
Nell’ambito dell’Accordo del 14 ottobre 2021 inerente le cd. “opere compensative”, Autostrade per l’Italia si è inoltre impegnata a realizzare a suo carico il collegamento autostradale, tramite un tunnel, tra la Val Fontanabuona e l’autostrada A12, per un importo pari a 230 milioni di euro. L’opera consiste in una variante di tracciato dell’autostrada A12 nei pressi di Rapallo, un nuovo svincolo con 4 rampe di immissione/uscita in entrambe le direzioni (Genova e Livorno), la rampa principale costituita dalla galleria “Caravaggio” (lunghezza 2,1 km) e dopo breve tratto all’aperto la galleria Fontanabuona (2,6 km), all’uscita della quale è previsto il casello per l’esazione del pedaggio autostradale. Le due gallerie (Caravaggio e Fontanabuona) avranno una canna unica con una corsia per senso di marcia, separate da un setto centrale. La conclusione dell’iter di VIA è prevista entro il primo semestre 2024 e l’avvio dei cantieri entro il secondo semestre 2024. Dall’apertura dei cantieri sono necessari circa 6,5 anni per la realizzazione dell’intera opera (termine lavori previsto entro il primo semestre 2031).
SERVIZI FERROVIARI
Il Terzo Valico è la nuova linea ad alta capacità finalizzata a migliorare i collegamenti del sistema portuale ligure con le principali linee ferroviarie del Nord Italia e con il resto d’Europa, in coerenza con le strategie annunciate nel Libro Bianco dei Trasporti dell’UE: trasferire entro il 2030 il 30% del traffico merci, oltre i 300 km, dalla strada al ferro, e il 50% entro il 2050, con vantaggi per l’ambiente, la sicurezza e l’economia.
Per sfruttare appieno le potenzialità della nuova linea è opportuno “trasferirne” i benefici anche sui territori circostanti e in particolare sul Tigullio. È necessario prevedere un servizio di treni diretti e veloci da Genova “Principe” a Chiavari in coincidenza con gli arrivi e le partenze dei treni veloci da Genova “Principe” verso/da Milano che transitano attraverso il Terzo Valico.
In aggiunta sarebbe opportuno istituire un treno diretto giornaliero in partenza da Milano con arrivo a Chiavari senza necessità di “cambi” a Genova (e viceversa).
La certezza di un collegamento rapido del Tigullio con Genova e quindi Milano consentirebbe a zone periferiche di uscire dall’“isolamento” e di attirare nuovi investimenti in servizi e attività industriali/commerciali.
Il treno diretto proposto rappresenterebbe un forte incentivo alla modalità ferroviaria con l’indubbio vantaggio di sgravare la rete autostradale (A12) - in una tratta peraltro interessata da frequenti congestionamenti anche a causa dei cantieri di ammodernamento della rete - e la viabilità ordinaria SS1, già satura.
Sempre nell’ottica di incentivare i collegamenti ferroviari
Il 27 maggio, l’Assemblea del Gruppo
Territoriale del Tigullio di Confindustria Genova ha eletto il Consiglio Direttivo per il mandato 2024-2026, che risulta così composto:
Presidente
Giancarlo Durante, A-Esse
Vice Presidente
Vittoria Bixio, Villa Ilia
Consiglieri
Rosalba Brizzolara, Dreams Lab
Andrea Fustinoni, Grand Hotel Miramare
Franca Garbarino, Leani
Marco Lanata, Virtual
Paolo Pajardi, Hi-Lex Italy
Francesca Picasso, Wylab
Massimiliano Sacco, Arinox
Elena Signorastri, Fincantieri
Fabio Tumminello, Gruppo Tassano
Invitati permanenti
Giancarlo Dughera, Cofi
Alessandro Stella, Cactus Holding
Simone Zaffiri, Cosme
con il Tigullio e di favorire l’industria del turismo, è opportuno prolungare il sevizio ferroviario attivo tra La Spezia e le 5 Terre - e che oggi si attesta a Sestri Levante - sino a Santa Margherita Ligure prevendendo delle fermate a Lavagna, Chiavari e Rapallo.
3. BLUE ECONOMY
Predisporre un piano anti-inquinamento; ampliare i servizi offerti dalle Marine; tutelare le attività manifatturiere presenti nei porti
Alla luce dell’incremento del numero di toccate di navi da crociera e dell’alta frequentazione di unità da diporto nel golfo, è auspicabile procedere alla predisposizione di un piano antinquinamento per tutto il Golfo del Tigullio con
Genova Impresa - Maggio / Giugno
l’obiettivo di poter intervenire rapidamente in caso di incidente in mare con sversamenti di carburante o di altre sostanze inquinanti. È inoltre necessaria una maggiore collaborazione tra i Comuni e le compagnie crocieristiche al fine di aumentare gli impatti positivi del fenomeno sull’economia del territorio tenendo conto della “capacità di carico” delle destinazioni, evitando in tal modo con una programmazione attenta delle toccate fenomeni pericolosi di overtourism (a Portofino in particolare). È inoltre auspicabile che i servizi offerti dalle marine ai diportisti in transito vadano al di là dei meri servizi di ormeggio, integrando l’offerta con servizi di trasporto e mobilità (meglio se elettrica) per consentire di scoprire il territorio al di là della costa. Con particolare riguardo al Porto di Lavagna, per il quale il Comune ha avviato l’iter per l’affidamento in concessione delle aree demaniali, oggi si è in attesa della redazione e relativa pubblicazione del bando di gara che potrà aggiudicarsi solamente chi dovesse proporre soluzione migliorative rispetto a quelle presenti nel progetto aggiudicatario la manifestazione di interesse. Confindustria Genova, interpellata da alcune sue aziende associate operanti all’interno del porto di Lavagna, si è posta come interlocutore con l’amministrazione comunale al fine di rappresentare i propri associati e le loro necessità per poter continuare la propria attività anche con il nuovo e futuro concessionario.
4. EFFICIENTAMENTO ENERGETICO
Costituzione di Comunità
Energetiche Rinnovabili (CER)
Sul territorio del Tigullio sono state individuate alcune aree nelle quali la presenza di soggetti produttori e consumatori di energia potrebbero dare luogo alla costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili, in particolar modo nei comuni di Cogorno e San Colombano Certenoli. Per promuovere la creazione di CER esistono due tipologie di agevolazione: un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili, finanziato dal PNRR e rivolto alle comunità i cui impianti sono realizzati nei comuni sotto i cinquemila abitanti che supporterà lo sviluppo di 2 GW complessivi; una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa per tutto il territorio nazionale. Per quanto riguarda nello specifico il territorio del Tigullio, è stata condotta un’analisi mirata a individuare la collocazione dei siti delle imprese associate a Confindustria Genova all’interno dei perimetri delle diverse cabine primarie. Da tale analisi è emerso che i siti risultano distribuiti all’interno di sette diverse cabine primarie. Da uno studio preliminare finalizzato a stimare la potenziale produzione di energia fotovoltaica prendendo a riferimento le possibili superfici disponibili (limitandosi alle sole coperture) delle aziende è stato calcolato che si potrebbero installare impianti fotovoltaici con una potenza complessiva di picco di circa 2,6 MWp. Con tale potenza si potrebbero costituire almeno 3 Comunità Energetiche che porterebbero a una produzione annua di energia elettrica da fonte rinnovabile di circa 3 GWh. Considerato che i Comuni interessati dallo studio sono tutti al disotto dei 5.000 abitanti, le CER potrebbero accedere ai contributi del PNRR sopra menzionati.
5. ASSETTO IDROGEOLOGICO
Predisposizione di un piano dettagliato per la messa in sicurezza del territorio con particolare riferimento alle aree produttive
L’ubicazione della maggioranza delle sedi operative delle imprese liguri si trova in aree pianeggianti, situate a ridosso di zone collinari caratterizzate da numerosi corsi d’acqua, che risultano prevalentemente inondabili e oggetto di fenomeni franosi se non adeguatamente protette. È d’interesse comune che Regione Liguria avvii una progettazione ad hoc finalizzata alla messa in sicurezza delle aree industriali strategiche. Nella realizzazione degli interventi potrebbe essere valutata la possibilità di una collaborazione pubblico-privato, dato che le aziende coinvolte sarebbero le prime interessate al loro buon esito. Il finanziamento delle attività (pianificazione territoriale, progettazione attività ed esecuzione interventi) da parte della Regione può avvenire attraverso la misura PNRR “Investimento 2.1. Gestione del rischio alluvione e riduzione del rischio idrogeologico”, facente parte della Componente 4, Missione 2 del Piano.
6. FORMAZIONE
Potenziare e adeguare l’offerta formativa alle esigenze delle imprese del territorio
Il principale progetto sul territorio del Tigullio finalizzato alla riduzione del mismatch tra domanda e offerta di lavoro è lo Smart Lab di Casarza Ligure.
Il progetto nasce dalla Collaborazione tra il Comune di Casarza Ligure e il Villaggio del Ragazzo, con il supporto del Digital Innovation Hub Liguria, nodo della rete nazionale degli Hub di Confindustria, create per supportare le imprese nel processo di trasformazione digitale.
Il Progetto si avvale poi dei Partner tecnologici Abb e Siemens, del supporto del Gruppo Territoriale del Tigullio di Confindustria Genova e di aziende che fin dai primi passi ne hanno accompagnato lo sviluppo, contribuendo a delinearne gli obiettivi sulla base dei fabbisogni aziendali del settore: Arinox, Fincantieri, Hi-Lex e Meci. La presenza nella partnership dell’ITS Accademia della Marina Mercantile permette poi, in sinergia con il Villaggio del Ragazzo, di offrire percorsi formativi per tutti i tipi di imprese, comprese quella della Blue Economy: sistemi portuali, cantieri navali e nautica da diporto.
Lo Smart Lab è finalizzato a favorire la digitalizzazione e l’innovazione del sistema produttivo attraverso tecnologie avanzate, orientamento, formazione, ricerca e innovazione negli ambiti della automazione industriale e della transizione ecologica.
Al progetto dello Smart Lab si possono affiancare altre due offerte formative il cui potenziamento favorirebbe cittadini e imprese, non solo a livello locale, ma anche regionale: si tratta delle attività dell’Accademia del Turismo, che ha sede a Lavagna, e quella degli ITS liguri.
L’Accademia del Turismo è un Ente di Formazione Professionale, accreditato presso Regione Liguria e specializzata nella formazione di figure professionali del settore turistico-alberghiero. L’Accademia fa anche parte della Fondazio-
ne “ITS TURISMO LIGURIA - Academy of Tourism, Culture and Hospitality” che nasce con gli obiettivi di completare la filiera formativa del settore turistico in Regione Liguria e di rispondere alla richiesta di personale formato con competenze elevate data la vocazione turistica della regione, in particolar modo delle sue riviere. La Fondazione è assegnataria del finanziamento PNRR “Potenziamento dei laboratori degli Istituti Tecnologici Superiori. La peculiarità del territorio del Tigullio rende tuttavia necessaria una particolare attenzione alle attività formative legate alla cantieristica, all’hi-tech e. più in generale, all’industria. Appare quindi opportuno che le altre 5 Fondazioni che, assieme all’ITS sul turismo, costituiscono il sistema degli ITS liguri prevedano l’attivazione di corsi sul territorio di modo da sfruttare efficacemente la presenza di specifici player industriali con sede nel Tigullio.
7. ORIENTAMENTO E POLITICHE ATTIVE
DEL LAVORO
Potenziare attività di orientamento nelle scuole e iniziative volte all’autoimprenditorialità
Il progetto Smart Lab prevede anche la strutturazione di un sistema di orientamento dedicato agli studenti fin dalla scuola primaria e secondaria di primo grado, utilizzando strumenti innovativi in campo educativo quali ambienti immersivi, gaming, realtà virtuale e aumentata. Questo approccio servirà per guidare i giovani nella scelta di percorsi scolastici e lavorativi adatti alle loro inclinazioni e abilità.
Sul versante ricerca e sviluppo, lo Smart Lab garantirà un supporto attivo alle imprese, avviando un laboratorio permanente per individuazione di soluzioni produttive e progettuali tecnologicamente avanzate.
Il progetto Smart Lab prevede quindi la realizzazione di ambienti immersivi attraverso realtà virtuale e aumentata ed esperienze ludico-formative. È stimata una potenziale utenza di 4.600 tra bambini e ragazzi per anno. La tecnologia di cui è dotato Smart Lab ricrea ambienti e processi di lavoro nelle specializzazioni industriali 4.0 del territorio. Particolare attenzione al tema dell’orientamento è posta anche da Confindustria Liguria che da anni è promotrice di due importanti progetti: “Ragazzi in azienda” e “Adotta un Istituto”.
Il Progetto “Ragazzi in Azienda”, giunto nel 2024 alla ottava edizione è promosso e cofinanziato da Regione Liguria e viene realizzato da Confindustria Liguria insieme con le Confindustrie territoriali di Genova, Savona, La Spezia e Imperia, con il patrocinio dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria. L’iniziativa ha l’obiettivo di supportare gli studenti delle seconde classi delle scuole secondarie di primo grado (ex scuole medie) e le loro famiglie nella scelta del percorso di studio tecnico o professionale futuro più confacente alle loro potenzialità, tenendo conto delle competenze e delle professionalità maggiormente richieste nelle aziende liguri.
Per i prossimi anni è auspicabile una forte connessione e collaborazione con i progetti di orientamento di Smart Lab e un maggior coinvolgimento degli Istituti scolastici e delle aziende presenti nel Tigullio.
Adotta un Istituto è un progetto sperimentale di orientamento al mondo del lavoro, realizzato per la prima volta nell’anno scolastico 2023-2024, rivolto alle terze classi di alcuni Istituti Secondari di Secondo Grado (Istituti Tecnici), per avvicinare scuole e imprese, al fine di contribuire a ridurre il “mismatch” tra domanda ed offerta di lavoro e di ampliare le conoscenze dei giovani rispetto al mondo del lavoro locale.
Il progetto è cofinanziato da Regione Liguria e realizzato a livello regionale da Confindustria Liguria tramite le Confindustrie Territoriali di Genova, Savona, La Spezia, Imperia. L’anno scolastico 2023-2024 ha visto la sperimentazione del progetto in tre classi terze di ciascun Istituto Tecnico coinvolto (uno per ciascuna provincia ligure). In caso di esito positivo della sperimentazione, Regione Liguria potrà proseguire nella promozione e cofinanziamento del progetto, considerato che Confindustria Liguria ha presentato alla Regione il Progetto “Adotta un Istituto” di durata triennale per accompagnare gli studenti fino alla classe quinta. Confindustria Liguria proporrà quindi di allargare la progettualità anche al territorio del Tigullio individuandolo come ulteriore ambito di intervento in aggiunta a Genova, Imperia, La Spezia e Savona.
Nel caso in cui l’allargamento di cui sopra non fosse attuabile in tempi brevi, sarà comunque possibile attivare sul Tigullio una versione “light” del Progetto “Adotta un Istituto”, con un coinvolgimento delle aziende partner nella progettazione, sviluppo e docenza nei vari Moduli di Orientamento. In questa seconda ipotesi si potrebbe anche immaginare un modulo orientativo (dedicato in particolare alle classi quinte) sull’auto Imprenditorialità, con il supporto di Wylab.
Per entrambe le ipotesi di cui sopra, Confindustria Genova, supporterà tutte le attività e coordinerà tutte le azioni necessarie per portare avanti proficuamente l’iniziativa. Ulteriori iniziative utili legate a politiche attive del lavoro sul territorio sono quelle relative a: recupero del progetto “L’altra chance”, lanciato nel luglio 2023 dal Secolo XIX e condiviso da diverse associazioni datoriali (tra cui Confindustria Genova) e istituzioni; potenziamento dello sportello di orientamento del Villaggio del Ragazzo promosso e sostenuto dalla Diocesi di Chiavari.
8. MARKETING SANITARIO E SILVER ECONOMY
Inserimento delle strutture del Tigullio all’interno dell’offerta di servizi sanitari e della terza età di MiToGeNo
Nel Tigullio trovano sede importanti realtà del settore sanitario privato, in particolar modo in ambito riabilitativo e assistenza alle persone anziane. Il territorio può tuttavia ambire a sviluppare ulteriormente tali attività, migliorando la propria attrattività in questo ambito. Iniziative di marketing sanitario possono contribuire ad accrescere la quota di pazienti intercettata da altre regioni limitrofe.
In questo senso appare fondamentale instaurare sinergie e collaborazioni con i sistemi pubblico-privati di Piemonte e Lombardia al fine di sfruttare le reciproche eccellenze.
Allo stesso modo, progetti riguardanti la cosiddetta “Silver Economy” possono trovare terreno fertile in un territorio che coniuga una importante offerta turistica-culturale, strutture di eccellenza in campo sanitario-riabilitativo e la vicina con una Grande Città metropoli come Genova. In questa prospettiva, il progetto MiToGeNo (acronimo per Milano-Torino-Genova- NordOvest) può diventare un contenitore di proposte. MiToGeNo è la collaborazione progettuale tra Confindustria Genova, Assolombarda e Unione industriale di Torino: le linee di attività per gli anni 2024 e 2025 riguardano la mobilità e la silver economy: in quest’ultimo caso gli obiettivi delle azioni che dovranno concretizzarsi riguardano il consolidamento di una rete (SENSilver Economy Network) per l’ingaggio e il confronto con le istituzionali e per lo sviluppo di azioni di advocacy e di politiche per la longevity economy. Altro obiettivo del SEN è la creazione di connessioni tra imprese in modo da favorire lo sviluppo di servizi innovativi per la longevità e l’accesso agli stessi da parte della popolazione.
9. TURISMO E CULTURA
Aumentare e differenziare l’attrattività turistica del territorio: Dimore Storiche, Teatro Cantero, offerta integrata
L’area del Tigullio presenta una grande eterogeneità a livello di offerta turistico-ricettiva: alle are costiere, maggiormente orientate alla valorizzazione del turismo balneare e alla stagione estiva, si accompagna l’attrattività storico-paesaggistica dei borghi e panorami delle zone interne e pedemontane. Tali elementi pongono le basi per un ripensamento della capacità ricettiva dell’intera area, interessata da una domanda crescente e da una nuova offerta ricettiva in termini alberghieri ed extra-alberghieri, rendendo le aree periferiche eleggibili per pernottare e con nuove soluzioni, come strutture e alberghi diffusi. Obiettivo dello sviluppo nel breve termine dei servizi turistico-culturali deve essere quello da un lato di integrare le diverse e varie offerte turistiche del territorio (appoggiandosi anche alla vicina Genova) e dall’altro “allungare” la principale stagione turistica locale, quella balneare estiva, ai mesi primaverili e autunnali. Per realizzarlo occorre accompagnare le già affermate manifestazioni e festival a un ampliamento dell’offerta “stabile” di mostre, spettacoli ed eventi.
In questo senso appaiono fondamentali due progetti, la cui fattibilità è, a diversi livelli, al vaglio: la creazione di un circuito di Dimore Storiche e il recupero e rilancio del Teatro Cantero di Chiavari.
Il Circuito delle Dimore Storiche del Tigullio consentirà di esplorare la ricchezza culturale e storica del territorio attraverso le sue dimore storiche, partendo da quelle attualmente già aperte e fruibili dal pubblico per poi annoverarne altre che si rendano disponibili. Grazie al Circuito sarà possibile meglio valorizzare l’identità locale, approfondire la conoscenza di questi beni storici ma anche avere una opportunità di promozione turistica e di aggregazione di nuovi eventi.
Allo stato attuale le dimore disponibili a partecipare al pro-
getto sono 6, ma vanno trovate e stanziate le risorse finanziarie per la costituzione di una governance adeguata e per la gestione e coordinamento delle attività.
In un’ottica di consolidamento dell’offerta turistica locale rientra anche la ristrutturazione e riuso del Teatro Cantero di Chiavari, chiuso dal 2017. Nel febbraio scorso il Gruppo Duferco ha presentato il progetto di riqualificazione e la perizia di spesa, donati dall’azienda alla cittadinanza, e nel mese di marzo il Comune di Chiavari ha deciso per l’acquisizione dell’edificio in virtù di un finanziamento della Regione Liguria tramite il fondo strategico regionale. La previsione di investimento è di circa 2 milioni di euro da destinare al Comune di Chiavari per permettere di acquisire il teatro. Le risorse saranno disponibili dopo l’approvazione della legge di assestamento di bilancio, prevista a luglio prossimo. Nel complesso l’operazione potrebbe aggirarsi sui 4-4,5 milioni di euro.
10. SOSTEGNO AGLI INVESTIMENTI
Proposta di provvedimento per incentivi industriali nel Tigullio
Al fine del rilancio industriale del territorio e in ottica di consolidamento del sistema produttivo del Tigullio sono auspicabili misure di agevolazione per gli investimenti di micro, piccole e medie imprese e, ove possibile, secondo le specifiche normative, anche le grandi imprese. La programmazione delle misure incidenti sul FESR di Regione Liguria prevede nei prossimi mesi la pubblicazione di un bando per il sostegno a programmi di investimento e di sviluppo delle attività delle PMI realizzati nelle aree di crisi non complessa. I Comuni del Tigullio ricompresi nell’area di crisi non complessa del genovesato sono 21.
Regione Liguria ha già anticipato che le risorse per tutte le aree industriali non complesse liguri ammonteranno a 15 milioni di euro. È auspicabile tuttavia che, a fronte di un numero elevato di progetti presentati, Regione Liguria sia disponibile ad aumentare le risorse stanziate di modo da poter allargare la platea dei beneficiari. Per quanto riguarda i Comuni del Tigullio non ricompresi nel suddetto elenco Regione Liguria predisporrà un bando con altrettante risorse e con la medesima tipologia di investimento. Un’ulteriore proposta riguarda l’emissione di un bando finalizzato al supporto alla realizzazione di progetti complessi di attività di ricerca e sviluppo su tematiche di rilievo e all’applicazione di soluzioni tecnologiche funzionali alla realizzazione delle strategie di S3. In questo caso tra i soggetti beneficiari sarebbe opportuno inserire anche le grandi imprese, prevedendo allo stesso tempo la possibilità di partecipare in forma di ATS (Associazione Temporanea di Scopo).
L’obiettivo di una misura del genere, anch’essa rivolta a favore delle aree di crisi industriale non complesse, sarebbe triplice: promuove lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e servizi innovativi (nell’ambito della strategia di specializzazione intelligente regionale); favorire l’elaborazione di progetti in collaborazione tra imprese e enti di ricerca; innalzare il contenuto tecnico e scientifico di prodotti, servizi, processi.●
di Piera Ponta
Il convegno nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria quest’anno cade a pochi giorni dalla vigilia delle elezioni del Parlamento Europeo, l’8 e il 9 giugno. Un’occasione per confrontarsi sulle grandi sfide che ci attendono.
Appuntamento con l’Europa
“ Il mestiere dell’imprenditore non si può fare se non si ha una missione precisa e obiettivi da raggiungere”
“ Il tema dell’autonomia strategica e del rafforzamento delle filiere
è il vero tema di politica industriale dei prossimi anni”
“ Il passaggio generazionale non è una questione privata, ma un elemento che dovrebbe essere centrale nel dibattito pubblico”
Riccardo Di Stefano
Per Riccardo Di Stefano, “Diritti al voto - Volti d’Europa, sguardo sul mondo” è l’ultimo convegno nazionale dei Giovani Imprenditori al quale parteciperà come presidente del Movimento; non per questo sarà meno impegnato in Confindustria, visto che il neo presidente Emanuele Orsini lo ha voluto nella sua squadra affidandogli la delega per Innovation ed Education. Una volta calato il sipario sulla due giorni di Rapallo, saranno questi i temi sui quali darà il suo contributo di competenza e di passione.
Il report 2023 del Global Entrepreneurship Monitor sulla propensione a fare imprenditoria tra giovani sotto i 35 anni vede l’Italia al 36esimo posto su 46 paesi. Negli ultimi dieci anni la “natalità giovanile” nel settore dei servizi innovativi è aumentata di quasi il 50% (in controtendenza con quella complessiva), tuttavia, nella fascia di età tra i 25 e 34 anni, per oltre il 30% dei giovani si tratta di una scelta “per necessi-
tà”, una forma di autoimpiego in mancanza di alternative. Cosa ne pensa?
Diventare imprenditori non deve essere una scelta per necessità ma una scelta che unisce passione e responsabilità. Il mestiere dell’imprenditore, ancor più degli altri, non si può fare se non si hanno una missione precisa e obiettivi da raggiungere. I giovani ancora sfruttano poco questa possibilità anche se i numeri sono in crescita negli ultimi anni. Nel nostro movimento sono tantissimi gli imprenditori di prima generazione e promuoviamo molte iniziative sul tema dell’autoimprenditorialità per accompagnare e poi formare i giovani che intraprendono questo percorso. Talentis, ad esempio, è il nostro programma dedicato alle startup e scale up italiane, in cui le nuove imprese vengono presentate e valutate da imprenditori, venture capitalist e business angels e, attraverso l’incontro con le imprese “mature” e grandi corporate, promuoviamo l’Open Innovation, tema che seguo da anni e di cui ho da poco ricevuto la Delega dal Presidente Emanuele Orsini nella nuova squadra.
Difesa, doppia transizione digitale e verde, politica industriale, intelligenza artificiale: tra queste grandi sfide che attendono l’Europa, quali, secondo lei, trovano le nostre aziende più preparate ad affrontarle? Si tratta di sfide cruciali per il paese ma anche e soprattutto per l’Europa, non a caso saranno al centro del nostro convegno. Le imprese si stanno preparando da tempo. Sulla sfida ambientale e sulla sostenibilità sono stati fatti grandi progressi, e siamo ad esempio leader nel riciclo. Sulla sfida digitale e soprattutto sull’intelligenza artificiale è in atto una grande trasformazione, una rivoluzione di paradigma che ci vede coinvolti anche come Confindustria. C’è ancora molto da lavorare. Tutti questi temi però si possono affrontare solo a livello Europeo. Su questo purtroppo l’Europa ha fatto in passato scelte miopi e in alcuni casi autolesioniste. Servirebbe, lo ripetiamo spesso, mettere in campo un grande piano di investimenti per la Transizione 5.0 se vogliamo restare competitivi nei confronti dei due grandi poli, Usa e Cina. Questo piano Industria 5.0 ha alla base, come precondizione, i temi del digitale e dell’innovazione. Non a caso il PNRR destina moltissimi capitoli e risorse a questo ambito. E le ricadute anche se non immediate sono molto rilevanti. Non può sfuggire a nessuno che la transizione digitale, insieme a quella green, è il principale driver di crescita per il futuro. Usciamo da anni di crisi praticamente permanente. Nonostante tutto questo, l’Italia e l’industria hanno retto il colpo. E questo è stato possibile non solo grazie all’export ma anche e soprattutto grazie alla particolare organizzazione su filiere e catene del valore del nostro manifatturiero. Stiamo assistendo infatti a un fenomeno, ancora agli albori, ma su cui varrà la pena di investire e riflettere che è quello dell’accorciamento e il rafforzamento delle filiere. Stiamo lavorano molto su questo anche con il nostro Centro Studi, perché il tema dell’autonomia strategica e del rafforzamento delle filiere è il vero tema di politica industriale dei prossimi anni.
Nel confronto con i colleghi Giovani Imprenditori di Associazioni analoghe a Confindustria in Europa, quali punti di forza emergono del fare impresa in Italia - e quali criticità?
L’Italia gode di un vantaggio competitivo che deriva anche da un tessuto industriale fatto di piccole e medie imprese
che occupano nicchie di grande eccellenza, orientate all’export. L’industria, da un lato, trae vantaggio dalla grande qualità e riconoscibilità del made in Italy, dall’altro soffre la competizione imposta dai grandi competitor industriali extra europei. È una priorità dei Confindustria consolidare i rapporti tra le nostre associazioni e favorire le connessioni tra giovani imprenditori, soprattutto alla luce delle crescenti incertezze internazionali. Il G20 Young Entrepreneurs’ Alliance è l’alleanza globale, di cui facciamo parte, che riunisce i giovani imprenditori dei paesi più industrializzati al mondo che si riuniscono proprio per portare all’attenzione dei governi i temi e le urgenze dell’industria. E YESforEurope è la confederazione delle confindustrie europee e dei paesi candidati all’adesione, nata già alla fine degli anni ’80. Siamo d’accordo che le priorità per le imprese giovani sono quelle di tutte le imprese: eliminare gli ostacoli alla crescita, promuovere l’innovazione e l’upscaling, garantire pari opportunità, sviluppare un’economia verde inclusiva.
Tra le iniziative rendicontate dal Movimento nel proprio Bilancio Sociale 2023, c’è il progetto “generAZIONI”, dedicato al tema del passaggio generazionale. Di cosa si tratta, più in dettaglio?
GenerAZIONI è il progetto avviato a marzo 2023 e realizzato in collaborazione con la Luiss Business School dedicato interamente al passaggio generazionale. Come Giovani Imprenditori da sempre ci occupiamo di ricambio generazionale con l’obiettivo di sensibilizzare tanto gli imprenditori quanto i decisori pubblici su un tema fondamentale per l’economia italiana. Il tessuto imprenditoriale italiano, infatti, è composto per la maggior parte da aziende familiari, e capire il passaggio di gestione da una generazione all’altra diventa indispensabile per indirizzare il futuro dell’azienda e della comunità in cui risiede. Il passaggio generazionale non è una questione privata, ma un elemento che dovrebbe essere centrale nel dibattito pubblico sia per gli effetti sul sistema economico sia per i risvolti psicologici degli attori coinvolti. In più, dirigere un’impresa in un contesto economico sempre più complesso come quello che stiamo vivendo, rende indispensabile un’analisi della gestione aziendale più puntuale e competitiva. L’obiettivo del progetto è quindi quello di analizzare gli aspetti principali che caratterizzano il passaggio generazionale e, prima ancora, la convivenza generazionale, attraverso il racconto di casi concreti. È in corso un road show sul territorio nazionale per approfondire gli aspetti economici, fiscali e legali del passaggio generazionale, e quelli legati alla sfera più emotiva, in termini di leadership e comunicazione.
Quali motivazioni dovrebbero convincere un giovane imprenditore ad aderire al Movimento?
Il Movimento dei Giovani di Confindustria è un’organizzazione di persone che promuove la partecipazione attiva di più di 10mila giovani imprenditori dai 18 ai 40 anni. Rappresenta quindi un grande network che offre e permette di rafforzare legami professionali e di business ma anche personali. In occasione di eventi e grandi convegni nazionali, dove sono presenti istituzioni e stakeholder, è possibile fare massa critica e contaminazioni. La rete offre anche una formazione di eccellenza - come Altascuola e GI Academy - specifica sui temi della cultura d’impresa e la cultura manageriale, dedicata ai giovani che affrontano passaggi generazionali o aprono nuove aziende.●
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SI RINGRAZIA
PARTNER ISTITUZIONALE
I CLUB TEMATICI SONO ORGANIZZATI CON IL CONTRIBUTO DI
I Giovani
fanno la dif ferenza
Propensione all’uso della tecnologia, capacità innovativa, apertura al cambiamento sono tra le caratteristiche che distinguono le imprese guidate dalle nuove generazioni. di Federico Chiarini
In questa grande epoca di cambiamento, i giovani imprenditori hanno un ruolo cruciale: il nostro contributo, oggi più che mai, può davvero sostenere la nostra economia e dare, concretamente, seguito alle transizioni ecologica e digitale in atto. Se solo pensiamo al numero di iniziative promosse dai nostri pari età, ai passaggi generazionali in corso ma anche a chi, dopo anni d’esperienza in azienda, decide di avviare la propria realtà imprenditoriale riusciamo a comprendere i contorni di questo impatto. Le startup e le PMI innovative guidate da giovani imprenditori rappresentano, per esempio, un patrimonio prezioso per l’economia italiana: dispongono, per loro natura, di una forte capacità innovativa e di una marcata propensione all’uso della tecnologia. Una circostanza che dimostra, senza mezzi termini, che non c’è una strada alternativa: se vogliamo far crescere la nostra economia e creare ulteriori posti di lavoro, dobbiamo fare in modo che esse possano non solo continuare a operare ma anche dialogare, sempre di più, con il mondo della ricerca, con le università, con gli incubatori d’impresa e, soprattutto, con le aziende consolidate. Le startup promosse dai giovani, del resto, sono per loro natura più inclini al cambiamento e attente al digitale; dal canto loro, le imprese più strutturate dispongono di macchinari avanzati e di risorse: insieme possono diventare artefici di un’alleanza che può generare una traiettoria nuova di crescita per loro stesse oltre che per il territorio che rappresentano.
Si tratta di una sinergia che può davvero attivare un circolo virtuoso di reciproca contaminazione: questa alleanza, d’altra parte, arricchisce l’ecosistema produttivo e, grazie una logica win-win, può farci guardare al futuro con maggiore ottimismo ed entusiasmo.
Per sostenere questo processo, Assolombarda, nel percorso di sviluppo e consolidamento del suo “startup desk” (che conta oltre 400 startup innovative associate), sta lanciando la sua piattaforma di Open Innovation. Si tratta di un portale innovativo progettato per connettere startup dinamiche con aziende consolidate e diffondere la cultura dell’Open Innovation e del Corporate Venture Capital. Si tratta di un settore che, come evidenziato anche dagli ultimi dati dell’Osservatorio OI Lookout del Politecnico di Milano, “muove” circa 700 milioni di euro e coinvolge, di fatto, le principali aziende del Paese. La crescita, dunque, non può che passare attraverso la collaborazione con le startup: proprio in questa ottica stiamo avviando un nuovo format che metta in connessione le imprese con l’obiettivo di sottolineare il contributo di questi ultimi nello sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali e creazione di posti di lavoro di qualità. Sono tante le sfide che ci impegnano in questi anni: un ulteriore “dossier” che mi piace evidenziare è quello della formazione, tanto importante in questa grande epoca di cambiamento, a cavallo tra la transizione ecologica e digitale. Penso a quella funzionale alla gestione dell’impatto dell’intelligenza artificiale.
Il perché è presto detto: partendo dal grado di adozione, nell’ultimo quinquennio, si è assistito a un rilevante incremento della quota di mercato dell’AI, fino a raggiungere, lo scorso anno, la cifra record di 760 milioni di euro, con una crescita del 52% rispetto all’anno precedente. L’entusiasmo crescente sulla tecnologia ha incoraggiato, del resto, nuovi investimenti: circa due grandi aziende su tre hanno discusso, in questi anni, di applicazioni di Generative AI e tra, queste, una su quattro ha avviato una sperimentazione. Tuttavia, come spesso accade, le grandi imprese e le PMI italiane dimostrano di viaggiare “a due velocità”: da un lato, oltre sei grandi aziende su 10 hanno già avviato almeno un progetto di AI; dall’altro, tra le piccole e medie imprese, la percentuale di adozione si ferma al 15%.
A ostacolarne l’utilizzo concorrono l’assenza di risorse adeguate e il livello di digitalizzazione dell’impresa e del suo personale. Inoltre, è necessario evitare che la burocratizzazione e i relativi costi disincentivino lo sviluppo di questa tecnologia tanto importante per lo sviluppo industriale. Tanta strada è stata fatta, ma altrettanta ne occorre per arrivare a cogliere appieno questa nuova sfida: per dare seguito alla quinta rivoluzione industriale occorre una transizione anche sul versante delle competenze. Ed è questo l’ultimo punto sul quale intendo soffermarmi: in base a una recente ricerca, il digitale e la sostenibilità sono, oggi, i due grandi asset strategici che le imprese sono chiamate a sviluppare per favorire la loro competitività.
A essi se ne aggiunge un terzo: la managerialità. Le abilità manageriali sono, infatti, considerate una leva strategica per accompagnare la “twin transition”: gestione del cambiamento, leadership, lavoro di squadra e coinvolgimento dei collaboratori costituiscono gli strumenti per radicare nell’organizzazione le novità legate all’introduzione delle variabili “blue & green”. Purtroppo, alcune imprese scontano una serie di criticità legate ad alcune caratteristiche strutturali: la limitata managerializzazione, la ridotta disponibilità di risorse finanziarie, le difficoltà ad attrarre talenti. Elementi che rendono particolarmente complesso il pur necessario cambiamento. Con riferimento al processo di digitalizzazione, per esempio, solo il 9% delle PMI presenta, infatti, un livello adeguato di competenze digitali.
Tra gli ostacoli percepiti, accanto ai costi relativi all’acquisizione di nuove tecnologie, emerge la difficoltà a programmare la formazione dei dipendenti, oltre che una minore propensione all’innovazione. È proprio per ridurre il gap in termini di competenze che il Gruppo Giovani Imprenditori di Assolombarda ha lanciato le sue “academy”: un ciclo permanente di incontri formativi promosso con l’obiettivo di avviare ragazze e ragazzi su argomenti di loro interesse per sviluppare alcune specifiche abilità che riteniamo cruciali per il prosieguo del loro percorso professionale e imprenditoriale.●
Federico Chiarini è Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Assolombarda
Spa zio
alle nuove leve
Occorre investire nell’educazione all’imprenditorialità, per creare opportunità per i giovani e stimolare la crescita economica e sociale del paese.
di Barbara Graffino
Nel tessuto economico e culturale del nostro paese, l’impresa rappresenta non soltanto un motore di sviluppo economico, ma anche un crocevia di innovazione e di trasformazione sociale. Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti, in Italia il tasso di natalità delle startup continua a rimanere al di sotto delle aspettative specie se confrontato con realtà come gli Stati Uniti, ma anche con altri paesi dell’Unione Europea. Le startup innovative vanno ben oltre la loro importanza economica, seppur rilevante, perché rappresentano in termini di valore della produzione 2,6 miliardi di euro e occupano 23,800 lavoratori (fonte: Relazione annuale al Parlamento, Ministro Adolfo Urso, ed. 2023pag. 6 e 16) ma anche per il loro valore sociale. Si pongono come laboratori di idee imprenditoriali costituendo terreno fertile per l’innovazione. Occorre continuare a promuovere politiche e iniziative per l’impresa in ottica di visione strategica e competitività del paese.
Per affrontare la sfida e aprirci alla nuova impresa, dobbiamo concentrarci sull’investimento nell’educazione all’imprenditorialità, poiché le nuove imprese come le startup innovative, oltre a rappresentare un’opportunità economica, sono un laboratorio di idee imprenditoriali che favoriscono l’innovazione e la creatività. Investire nell’impresa significa investire sul futuro, creando opportunità per le nuove generazioni e stimolando la crescita economica e sociale del paese.
Con il direttivo di Torino e i vicepresidenti Lucia Morizio,
Renato Rolle e Manuel Odasso abbiamo fin da subito deciso che questo sarebbe stato l’obiettivo del nostro mandato. Vogliamo infatti dare un segnale di apertura della Confindustria su tale tematica e, soprattutto, trasferire ai giovani il concetto che l’impresa è un’opzione possibile per il loro percorso di crescita professionale.
Abbiamo pertanto dato vita a un progetto finalizzato a comunicare e trasmettere la passione del fare impresa, sviluppando una collaborazione con Will Media per diffondere sui suoi canali questa call to action e realizzare la serie di podcast “Ceo insights: storie di impresa” che racconta l’esperienza di alcuni “outlier entrepreneurs”: Josè Rallo di Donnafugata, Marco Lavazza di Lavazza Spa, Stefano Buono di Newcleo Srl, Luca Ferrari di Bending Spoon, Danila Di Stefano di Unobravo Srl. Tutte le puntate sono disponibili sulla piattaforma Spotify sul canale Actually di Will Media e sul sito web del Gruppo Giovani imprenditori dell’Unione Industriali Torino.
Il 2024, con la designazione di Torino come “Capitale della cultura d’impresa” ci ha poi offerto un’ulteriore opportunità per sviluppare la nostra mission. Abbiamo deciso di organizzare un “hackathon” nel corso del quale giovani provenienti da tutta Italia si sono sfidati nel proporre un’idea di impresa che risolvesse un problema attuale (nei settori turismo e cultura, education, mobilità) attraverso soluzioni innovative, con un’attenzione trasversale a sostenibilità e obiettivi ESG. Un’esperienza molto positiva per i sessanta
partecipanti così come per la squadra del direttivo, i mentor e gli esperti che si sono messi in gioco e al servizio dei ragazzi con la passione e l’entusiasmo che contraddistinguono la fase di creazione d’impresa.
Nell’epoca delle grandi transizioni, la formazione riveste un ruolo cruciale per affrontare i contesti che abbiamo di fronte e un altro tassello fondamentale della nostra azione è stato individuare anche per noi imprenditori dei percorsi di formazione. Dagli Sharelab, momenti di approfondimento tematico interno e scambio di idee tra imprenditori, fino a iniziative più strutturate e talvolta realizzate con partner esterni di altissimo livello. Nuovi business, nuovi trend e nuovi scenari per comprendere il contesto in cui si muovono le nostre aziende. Ma anche viaggi (a Parigi e negli Stati Uniti) per confrontarsi continuamente e raccogliere utili stimoli che accrescano la nostra visione del mondo. Il networking: le grandi sfide della transizione ecologica e digitale richiedono una collaborazione attiva e una condivisione costante di conoscenze e risorse. All’interno del sistema confindustriale, la rete di rapporti tra gli associati è una leva di sviluppo fondamentale e riveste un’importanza sempre maggiore.
Una grande spinta proviene dall’ambiente circostante e proprio il territorio in cui operiamo (per noi, Torino) assume un
ruolo chiave. È importante essere stabilmente connessi e in dialogo con gli stakeholder locali, perché le nostre aziende sono parte integrante di un ecosistema. Un’esigenza che traduciamo nell’impegno a favorire un dialogo continuo e propositivo con i protagonisti della comunità e gli esponenti di vertice delle sue istituzioni, che ospitiamo con regolarità creando occasioni di confronto, qual è ad esempio il format “A talk with”.
Affinché il territorio sia attrattivo per talenti e investimenti, è fondamentale che sappia collaborare, essere unito e lungimirante. Dobbiamo dare spazio alle nuove leve, promuovendo una visione sostenibile e inclusiva che possa garantire lo sviluppo armonico e sostenibile.
In conclusione, l’investimento nell’impresa e nell’educazione all’imprenditorialità è cruciale per affrontare le sfide del futuro e creare opportunità per le generazioni di oggi e di domani. È un impegno collettivo che richiede visione strategica, collaborazione e determinazione. Soltanto così potremo realizzare il pieno potenziale del nostro Paese e contribuire al progresso e al benessere della società nel suo complesso.●
Barbara Graffino è Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriali Torino
GENOVA STARTUP
Estimation Solutions
Una startup “socratica”.
Anche l’incertezza contiene informazioni? Sì, e molte. Ce lo ha spiegato Alberto Sorrentino, co-fondatore di Bayesian Estimation for Engineering Solutions. A partire dall’antico motto “sapere di non sapere”, la startup si è specializzata nella quantificazione dell’incertezza per offrire modelli dettagliati e affidabili.
Se dovessi mettere in luce tre caratteristiche di Bayesian Estimation for Engineering Solutions in altrettante parole, quali sceglieresti? E perché?
La prima parola è “Passione”: BEES nasce come spin off del Dipartimento di Matematica di Genova e del CNR. Siamo un team affiatato di ricercatori, che ha deciso di rivolgere all’esterno le competenze sviluppate in decenni (cumulativamente parlando!) di ricerca accademica; siamo spinti da grande curiosità nello scoprire nuovi problemi e cercare nuove soluzioni, e abbiamo una grande passione per quello che facciamo. La seconda caratteristica è “Socratica”: BEES è anzitutto un’azienda che utilizza modelli matematico/statistici per ricavare informazioni dai dati a disposizione. Ciò che distingue BEES dalla maggior parte dei concorrenti è
che al centro dell’analisi di BEES c’è il concetto di incertezza, di “sapere di non sapere”. Tenere conto dell’incertezza sulle variabili in gioco è la chiave per ottenere previsioni migliori, dove per “previsioni migliori” non intendiamo soltanto “azzeccare quello che succede”, ma anche “essere coscienti di tutti i possibili scenari, con le rispettive probabilità”, per non essere mai colti impreparati. La terza parola è “Avanguardia”: BEES opera in un settore, la quantificazione dell’incertezza, che è ancora poco conosciuto al grande pubblico ma rivestirà un ruolo sempre più importante nei prossimi anni. Buona parte della comunità scientifica che si occupa di Intelligenza Artificiale e Machine Learning si sta muovendo in questa direzione. L’idea è semplice: dove gli altri trovano una risposta, BEES ne trova molte, e ne valuta le rispettive probabilità. In problemi di previsione (si pensi al meteo o alla finanza), i modelli di BEES prospettano scenari alternativi; in problemi di inferenza (si pensi alle immagini mediche) BEES propone soluzioni alternative quando compatibili con i dati. I modelli di BEES sono più onerosi di molti modelli di Machine Learning, ma forniscono molta più informazione.
di Matilde Orlando
Alberto Sorrentino
Entriamo nel dettaglio: quale idea imprenditoriale è alla base di BEES e quali riscontri hai ottenuto fino a oggi dal mercato?
L’idea alla base di BEES è che l’incertezza e la variabilità siano troppo spesso ignorate, ma possano invece creare valore, e siano il trend che vedremo crescere nei prossimi anni. Facciamo un esempio pratico sull’importanza di quest’idea. Consideriamo il tipico navigatore che, impostata una destinazione, mi propone il percorso migliore dandomi il tempo di percorrenza. Se mi propone anche un secondo percorso alternativo, dal tempo di percorrenza un pochino più elevato, ovviamente scelgo il primo percorso. Ma c’è un’informazione che non mi viene fornita: quanto è variabile quel tempo di percorrenza? Se facessi quel tragitto cento volte, quante volte il tempo effettivo di percorrenza si discosterebbe da quello previsto? E quanto è variabile il tempo di percorrenza del percorso apparentemente più lento? Se devo andare a un appuntamento importante, preferisco una strada magari più lunga ma che mi dia maggiore certezza di arrivare in orario! Ecco che la variabilità, ovvero l’incertezza, diventa un’informazione chiave. Per
rientrare nell’ambito di lavoro di BEES, ci siamo ad esempio occupati di valutare la variabilità della produzione agricola ed energetica nel contesto dell’agrivoltaico e dell’agricoltura di precisione.
A quali esigenze o nuove opportunità la startup intende rispondere, e come?
L’esigenza fortissima che riscontriamo oggi in molti contesti industriali è quella di ricavare informazioni interpretabili da volumi di dati sempre più ingenti, ma spesso lasciati a dormire negli hard disk dei reparti IT. Gli utilizzi più tipici di questi dati sono nei contesti della previsione (una su tutte: la manifattura predittiva, resa possibile dai sistemi di monitoraggio spesso installati grazie a Industria 4.0), della valutazione del rischio (ad esempio il rischio meteorologico / climatico), e dell’identificazione di cause nascoste di fenomeni (indagini non-invasive/non-distruttive). Obiettivo finale di questo sfruttamento dei dati è sempre quello dell’automazione dei processi, della loro ottimizzazione e in generale nel supporto statistico alle decisioni.
Quale percorso personale e professionale ti ha portato qui e quali sono le altre professionalità coinvolte in BEES?
Abbiamo fondato BEES dopo molti anni di lavoro in ambito accademico, con l’ambizione di esportare le nostre competenze nel mondo produttivo. I soci di BEES hanno tutti un background scientifico, e in particolare siamo accomunati da una profonda conoscenza dei modelli probabilistici/statistici Bayesiani e dalla dimestichezza con molteplici linguaggi di programmazione. Abbiamo poi competenze più individuali, che spaziano dall’analisi di tracciati di elettroencefalografia, alle reti neurali e al Machine Learning, all’ottica e alle misure di qualità dell’aria, per arrivare allo sviluppo software in ambito finanziario.
Guardando al futuro, quali sono le ambizioni di sviluppo e i progetti per la startup?
La parola chiave dei prossimi anni sarà “crescita”. Da un lato non vediamo l’ora di affrontare ancora un nuovo problema per un nuovo cliente, magari in uno dei tanti settori che si allineano con le nostre competenze e i nostri valori, ad esempio le energie rinnovabili o la medicina. Siamo anche alla ricerca di clienti interessati ad alcuni dei prodotti che abbiamo già sviluppato, in particolare nel campo della manifattura predittiva e del neuroimaging. Per supportare questa crescita avremo bisogno di far crescere il team, sia con profili tech che con profili marketing e amministrativi.
Una riflessione conclusiva: quali esperienze pregresse o inclinazioni personali ti sono state utili nel lavoro di startupper e, viceversa, cosa hai imparato in Bayesian Estimation for Engineering Solutions che vuoi portarti anche “a casa”?
Avevo quindici anni, cambiammo città e casa. Mia mamma, casalinga, supervisionava tutti i lavori e ne faceva alcuni lei stessa. Io facevo il liceo, ero un gran lettore ma piuttosto poco interessato alle cose pratiche; quell’estate però ho messo giù il parquet di casa. In una startup devi imparare a fare quasi tutto.●
Lavoratore
come persona
Soft skills, formazione, smart working: dal White Paper “Cultura della formazione” spunti di approfondimento con uno degli Autori della pubblicazione.
Terry Torre
Terry Torre, professoressa ordinaria al Dipartimento di Economia - DIEC dell’Università di Genova, è l’autrice, con Alberto Monti, ricercatore nello stesso Dipartimento, del White Paper “Cultura della Formazione”, nato da un’idea di Paolo Macrì, presidente della Sezione Terziario e del Tavolo della Cultura della Formazione di Confindustria Genova. Nell’intervista che segue, abbiamo raccolto le riflessioni della professoressa Torre su alcuni dei temi trattati nel White Paper (la pubblicazione può essere consultata o scaricata inquadrando il QRcode in queste pagine).
Le competenze trasversali o “abilità personali” si stanno stagliando sempre di più come elementi cruciali di differenziazione e successo, sia per le aziende sia per chi si propone sul mercato del lavoro. Sul piano storico, c’è un momento in cui è possibile collocare l’avvio di questa nascente attenzione per le cosiddette soft skills?
La svolta a mio avviso si è avuta con il passaggio da un’economia incentrata sui prodotti a un’economia dei servizi. È un fenomeno lento, che si è insinuato a poco a poco, quasi sottotraccia, ma è lì, nella dinamica in atto di quel passaggio, che ha incominciato a esser chiaro come il punto fondamentale della questione fosse la qualità della persona che eroga il servizio. A questa svolta corrisponde il cambiamento dei modelli organizzativi, in forza dei quali il lavoro è sempre meno verticalizzato, sempre meno incentrato sulla singola mansione separata dalle altre e sempre più collaborativo, “di gruppo”. Circostanza che, in ambito produttivo e manifatturiero, si è tradotta, per esempio, nell’evoluzione che oggi pone al centro della realizzazione delle auto le piattaforme modulari al posto della catena di montaggio. Si tratta di un processo in divenire che rende sempre più evidente il fatto che la capacità delle persone di rapportarsi fra di loro in azienda, di capirsi, di aiutarsi e di condividere le conoscenze sono fondamentali, affinché le competenze specialistiche e quelle professionali particolari possano essere espresse. Stiamo parlando di due fenomeni che vanno avanti da tempo e che stanno crescendo con una logica a valanga. Su questo si innesta, inoltre, il terzo fattore dirompente: la digitalizzazione. Che è intervenuta cambiando ulteriormente la dimensione relazionale, che ora si sviluppa in larga parte attraverso la mediazione della tecnologia. Ciò che mi sembra più interessante segnalare è l’accelerazione del tasso di rinnovo delle competenze tecniche. Perché? Perché a questa rivoluzione in corso corrisponde, dal lato del lavoratore, il superamento del modello “classico” in cui si poteva riassumere una storia professionale tipica - quella dell’imparo i “basic”, mi specializzo e poi lavoro per tutta la vita - in favore di un modello diverso, circolare, dove studio, lavoro e approfondimento sono tre facce interconnesse di una
realtà sempre in movimento, che impone un aggiornamento continuo sulle tendenze del settore nel quale si opera e non solo. Questo, va da sé, rende più rilevanti la propensione al cambiamento, la disponibilità ad apprendere, la capacità di mettere insieme problematiche diverse e, insomma, la capacità di dar corso, lungo un singolo iter lavorativo, a più evoluzioni professionali. Fino a poco tempo fa, essere un bravo ingegnere, un bravo dottore commercialista... bastava. Adesso, alle solide basi di una buona formazione tecnico-professionale occorre saper aggiungere delle ulteriori qualità: su tutte, la capacità di adattamento e l’attitudine alla relazione interpersonale.
Circa la formazione, ci sono differenze di attenzione fra la grande e la piccola impresa?
Esistono realtà imprenditoriali in cui la formazione è dentro al “clima” aziendale, dove ci sono gli stimoli e l’attenzione alla persona e l’engagement è un fatto concreto e non solo
uno slogan di matrice anglosassone. Purtroppo molti imprenditori sottovalutano la possibilità di dedicare risorse per fare attività di formazione. Il che è un vero peccato, perché la formazione fatta bene serve all’azienda per capire meglio di cosa ha bisogno e, viceversa, che cosa serve al mercato con il quale si confronta.
WHITE PAPER CULTURA della FORMAZIONE
Dicembre 2023
A livello di organizzazione aziendale, anche alla luce dell’avvento delle soft-skills, sta cambiando qualcosa nelle modalità di rapportarsi nella “gerarchia” lavorativa? Questo è un punto molto critico. Quando, durante la pandemia, si è iniziato a introdurre lo smart working, le aziende si sono preoccupate quasi esclusivamente dei lavoratori che dovevano continuare a operare da casa. Pochissimo è stato fatto per formare i manager e spingerli a una re-interpretazione del loro ruolo. Ancora adesso, ben oltre l’emergenza, questo è un aspetto che risulta problematico. Alla riorganizzazione del lavoro in forma ibrida, con un “mix” che prevede, a oggi, nella maggioranza dei casi, un paio di giorni a settimana da remoto e gli altri in azienda, non corrisponde un’adeguata attenzione da parte delle direzioni del personale (laddove ci siano), degli imprenditori e dei manager su questa fascia, che è chiamata invece a ripensarsi e che dovrebbe re-immaginare il modo con il quale far lavorare i propri collaboratori. Su questo molte aziende sono come spiazzate. Così finiscono col prevalere le attitudini personali: se c’è un rapporto di fiducia fra il manager e la sua squadra, le cose vanno bene, in caso contrario no. Ma la percezione che alcune attitudini e buone pratiche possano essere apprese non è per niente diffusa, e si sta facendo ancora troppo poco per supportarla.
Nelle organizzazioni che utilizzano lo smart working quanto pesa il venir meno di una relazione continuativa e diretta tra i lavoratori?
Moltissimo. La dimensione relazionale è essenziale delle organizzazioni. E io credo che lo sia ancora di più adesso, quando vediamo entrare nel mercato del lavoro le giovani generazioni che, invece, sono forse fin troppo proiettate agli aspetti tecnologici più che alla relazione. Da un lato c’è una dimensione di clima e di assetto, che è fondamentale, dall’altro c’è però da considerare un elemento che, a mio avviso, si sottovaluta troppo: non tutti sono tagliati per fare smart working. Quello che è un modello che nasce con l’idea di flessibilizzare, per compatibilizzare lavoratori e aziende, rischia, paradossalmente, di diventare l’imperativo categorico, che viene trasferito per inerzia immaginandosi di avere davanti il lavoratore ideale... ragion per cui tutto funzionerà. Ma non è affatto così. In realtà, lo smart working funziona solo se ci sono tante condizioni ad hoc, che riguardano il contenuto del lavoro, i modelli organizzativi e la propensione delle persone. Questi tre livelli vanno tutti adeguatamente coordinati tra di loro e soppesati, partendo dal lavoratore in quanto persona.● (P.P.)
Il White Paper Cultura della Formazione è consultabile e scaricabile online: https://bit.ly/white-paper-2024
BUONE notizie
Il Parco Scientifico e Tecnologico agli Erzelli segna un nuovo punto, con l’avvio imminente dei lavori per la Scuola Politecnica e il progetto di ospedale computazionale. Ne parliamo con l’AD di Genova High Tech, Giuseppe Bonomi.
Dall’agosto 2022 Giuseppe Bonomi è Amministratore Delegato di Genova High Tech Spa, la società costituita all’inizio degli anni 2000 da parte di un gruppo di imprenditori guidati dal prof. Carlo Castellano con l’obiettivo di trasformare la collina degli Erzelli in un polo di ricerca e innovazione. Con l’ing. Bonomi, che vanta una consolidata esperienza in piani di rigenerazione urbana, facciamo il punto sullo stato di avanzamento del progetto, che vedrà a breve l’avvio dei cantieri per la nuova Scuola Politecnica.
Alla luce della sua esperienza nella realizzazione di piani di rigenerazione urbana - pensiamo alle aree ex Expo ed ex Falck a Milano - quali sono, a Suo parere, le prospettive di sviluppo del progetto di Parco Scientifico e Tecnologico sulla collina degli Erzelli? Partiamo dalla considerazione che i piani di rigenerazione urbana di cui mi sono occupato, compreso gli Erzelli, hanno un minimo comune denominatore, che è restituire alla città, al territorio, aree più o meno degradate. Ma cosa spinge a elaborare e poi ad attuare progetti di sviluppo di queste dimensioni? Un altro comune denominatore tra le esperienze che ho fatto e quella che sto facendo in GHT è la forte cooperazione tra pubblico e privato. Nell’area ex Expo a Milano, per esempio, ora c’è l’IRCCS Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio, stanno per iniziare i lavori per la realizzazione di un campus dell’Università Statale e si sta implementando lo Human Technopole, un grande centro di ricerca medica e biomedica interamente pubblico. Sulle aree ex Falck, invece, sono stati avviati i cantieri per la costruzione della “Città della salute e della ricerca”, un maxi polo sanitario che comprende due ospedali pubblici, l’Istituto dei Tumori e l’Istituto Neurologico Besta, oltre all’idea di stabilire una sede dell’Università privata dell’Ospedale San Raffaele. Le differenze, poi, potranno esserci nello sviluppo urbano di questi siti: mentre nell’area ex Expo gli insediamenti privati sono più legati alla ricerca e di tipo direzionale, con poco residenziale, nelle ex Falck è prevista una quota
di Piera Ponta
Giuseppe Bonomi
significativa di residenziale. Il nostro piano di sviluppo - pienamente confermato, anche se potrà subire qualche modesta revisione visto gli anni trascorsi dall’avvio del progetto - si fonda su due capisaldi, la nuova scuola politecnica e un nuovo ospedale: entrambi investimenti pubblici, fondamentali per attrarre investimenti privati. La Silicon Valley - per citare l’esempio più noto e ricorrente quando si parla di parchi scientifici e tecnologici -oggi è interamente privata, ma nasce da un investimento pubblico. La storia insegna che l’investimento pubblico è un formidabile volano per attrarre investimenti privati. Il progetto di rigenerazione urbana degli Erzelli è stato concepito affinché quest’area diventasse un luogo dove fosse piacevole lavorare: non una “semplice” operazione immobiliare, quindi, ma un’articolata offerta di servizi.
A che punto siamo, adesso?
A oggi, il piano di sviluppo risulta solo parzialmente attuato; siamo solo intorno all’8% di quello che dovrà essere realizzato sull’area, ma questa prima fase è stata molto positiva: ci sono ampi spazi per la ristorazione, per la ricreazione e per lo svago, una grande palestra e l’asilo nido montessoriano… E intorno alle due torri, che ospitano più di 2000 persone, è stato creato un parco di oltre 30mila mq già molto vissuto. Tutto questo, grazie a investimenti privati. Dopo anni di gestazione, finalmente è prossimo a concretizzarsi il primo investimento pubblico: nel 2023 è
stata avviata la procedura di gara d’appalto per la costruzione del primo lotto della Scuola Politecnica (i laboratori), aggiudicata a un raggruppamento temporaneo di imprese guidato da Percassi, ed è attesa a breve l’apertura dei cantieri. In aggiunta, l’ultima Legge di stabilità approvata a fine 2023 ha previsto uno stanziamento di ulteriori 120 milioni di euro per il completamento del progetto Erzelli, assicurando così anche la copertura dei costi per il secondo lotto della Scuola (aule e dipartimenti). L’avvio dell’attività di cantiere rappresenterà uno snodo fondamentale nel coinvolgimento di investitori privati che, spesso, prima di impegnarsi, “rimangono alla finestra” per capire se quanto gli è stato prospettato sulla carta ha davvero la possibilità di trasformarsi in qualcosa di tangibile. E poi, intorno all’Università, a una popolazione studentesca di oltre 8mila iscritti (mi riferisco alle facoltà che si trasferiranno agli Erzelli) possono nascere molti altri interessi imprenditoriali, a partire dalle residenze per studenti. Il numero dei posti letto in residenze per studenti è drammaticamente basso in tutta Italia e Genova non rappresenta un’eccezione: l’edilizia residenziale universitaria può diventare un altro caposaldo del progetto Erzelli.
L’altro caposaldo del piano di sviluppo degli Erzelli è il Nuovo Ospedale - Centro Nazionale di Medicina Computazionale, identificato come “Progetto Bandiera” della Liguria nell’ambito del PNRR.
Il DPCM firmato nel 2022 dal presidente Mario Draghi aveva approvato la struttura finanziaria dell’operazione per circa 450 milioni di fondi pubblici: 280 milioni concessi da Inail, 60 da Regione Liguria e 65 su fondi PNRR. Un buon punto di partenza, senza dubbio, ma l’iter da seguire per entrare nella disponibilità delle risorse si presentava particolarmente lungo e articolato. Stiamo parlando di un polo ospedaliero con una dotazione di 572 posti letto, che comprenderà laboratori di scienze computazionali, un centro di ricerca tecnologica e scienze computazionali destinato alle attività di gestione e sviluppo dell’infrastruttura di calcolo e allo studio delle modellazioni dei dati computazionali e della loro gestione, nonché un’area di officina di sperimentazione prototipi e sviluppo modelli applicati al settore biomedico. Il percorso più veloce e più semplice per arrivare alla realizzazione e messa in esercizio di una simile struttura è il partenariato pubblico e privato, una sorta di project financing che prevede un investimento interamente privato e una gestione che, nel caso del Nuovo Ospedale degli Erzelli, sarà pubblica. Prima sarà possibile avviare questo percorso e più agevole sarà lo sviluppo delle aree residue, che saranno in parte destinate a ospitare attività legate all’attività di cura, all’attività di ricerca, all’high-tech.
E per quanto riguarda la residenzialità?
Intorno al Nuovo Ospedale, tra personale medico, ricercatori, pazienti e loro familiari ecc., ruoteranno circa 10mila persone al giorno, alle quali dovremo essere in grado di offrire una residenza, almeno temporanea. Anche il collegamento ad alta velocità con Milano, una volta operativo, potrebbe indurre a fare scelte di vita differenti… Io abito a Milano da 20 anni, ma devo ammettere che poter vedere il mare dalla finestra dell’ufficio mi fa iniziare meglio la giornata.●
Nuova energia
Ansaldo Nucleare non ha mai interrotto l’attività nel settore nucleare, continuando a operare in tutta Europa.
La sua storia e le sue competenze la candidano a un ruolo da protagonista della transizione energetica.
di Daniela Gentile
Quella di Ansaldo Nucleare è una storia che vale la pena ripercorrere perché è rappresentativa di ciò che Ansaldo è stata, è e sarà per il mercato nucleare.
Ansaldo si avvicina al settore nucleare nel 1966, quando nasce Ansaldo Meccanico Nucleare, e da allora non lo ha più abbandonato. Nei 10 anni successivi, l’azienda ha realizzato in Italia gli Impianti di Caorso, Trino, Cirene, PEC e Montalto di Castro, mentre all’estero, ha contribuito insieme a ENEL alla realizzazione della centrale del Superphenix in Francia e ha preso parte alla realizzazione dell’Unità 1 della Centrale di Cernavoda.
A seguito del referendum, le attività in Italia si sono interrotte, ma non per Ansaldo, che ha continuato a operare in tutta Europa: in Romania, con la partecipazione alla costruzione della seconda unità a Cernavoda (2007), e in Cina, con la costruzione del primo AP1000 a Sanmen (2005-2010). Gli ultimi dieci anni hanno visto Ansaldo Nucleare ampliare sempre più le proprie attività: dal decommissioning e waste management in Italia e all’estero, al coinvolgimento nella grande avventura dei progetti sulla Fusione, in particolare con il progetto ITER, alla partecipazione a progetti europei per i reattori di IV Generazione, alle attività per estensione di vita della centrale nucleare di Krsko in Slovenia (2018). In parallelo, ha avviato collaborazioni con player di altissimo livello quali EDF ed Edison, Rolls Royce ed ENEL per lo sviluppo dei cosiddetti SMR e dei rettori di IV generazione. Queste tappe sono rappresentative di competenze, concretezza ed esperienza e vedono Ansaldo Nucleare attore protagonista nel breve, medio e lungo periodo con una ben definita strategia: nel breve, con la partecipazione a progetti di reattori di III generazione quali, ad esempio, quelli della tecnologia canadese CANDU; nel medio, con la partecipazione allo sviluppo degli SMR attraverso le partnership già in essere con realtà quali EDF-NUWARD, Rolls Royce, che vedranno le prime realizzazioni a partire dai primi anni del prossimo decennio; nel medio lungo, con un ruolo di technology holder nello sviluppo di tecnologie AMR, reattori veloci raffreddati al piombo (LFR) attraverso la partecipazione al Consorzio Falcon con ENEA, e i centri di ricerca belga SCK-CEN ed il rumeno RATEN.
Ma il gruppo Ansaldo è molto di più: nel settore nucleare può mettere in campo la sinergia con le altre business line del Gruppo e con Ansaldo Energia essere a pieno titolo Original Equipment Manufacturer delle turbine a vapore e dei relativi generatori e può associare elettrolizzatori con una tecnologia proprietaria che Ansaldo Green Tech sta sviluppando, con i quali l’energia in eccesso può essere accumulata con la produzione del vettore energetico idrogeno.
La filiera del nucleare
L’aver continuato a operare all’estero ha permesso ad Ansaldo Nucleare di mantenere e rafforzare il suo ruolo di leader nelle tecnologie in ambito nucleare e, conseguentemente, di continuare a supportare la filiera italiana, in diversi ambiti del mercato. A seguito del MoU firmato per lo sviluppo dei progetti di Cernavoda (vedi box), Ansaldo Nucleare ha recentemente organizzato, presso l’headquarter del gruppo Ansaldo Energia, un “supplier Day” dove è stato presentato il progetto di Life Time Extension della prima unità e le opportunità per la filiera italiana.
COSA SONO GLI SMR E GLI AMR?
Negli ultimi decenni il settore nucleare sta sviluppando i cosiddetti “Small Modular Reactors” (SMR) - reattori di piccola taglia e modulari - e gli “Advanced Modular Reactors” (AMR) di IV Generazione. Economicità, sicurezza e sostenibilità sono i principi cardine che hanno portato allo sviluppo concettuale di questi nuovi reattori. Gli SMRs potrebbero entrare in commercio nei primi anni del prossimo decennio e gli AMRs a partire dal 2040.
GLI SMR, “Piccoli reattori modulari”, sviluppano e sfruttano la tecnologia dell’attuale flotta di reattori (generazione III o III+), con sistemi sicurezza passiva ma su scala più piccola (potenze variabili da qualche decina MW sino a 300-400 MW).
GLI AMR, “Reattori modulari avanzati”, derivano dalle tecnologie di IV generazione e utilizzano nuovi sistemi di raffreddamento o combustibili per offrire prestazioni migliori, nuove funzionalità (come il calore dei processi industriali, la produzione di idrogeno, soluzioni per la gestione dei rifiuti nucleari).n
Ansaldo Nucleare ha riunito oltre 70 fornitori italiani per presentare in dettaglio il progetto, dove l’azienda avrà un ruolo primario come progettista del Balance of Plant dell’impianto. Ansaldo Nucleare si è impegnata a fornire gli strumenti necessari per valutare le opportunità di questo progetto, strutturando un sistema sinergico di crescita industriale ed economica in un settore fondamentale per la transizione energetica e che potrebbe essere ampliato alle altre opportunità europee. Inoltre, Ansaldo Nucleare riveste un ruolo da protagonista anche nella filiera italiana relativa all’ambizioso progetto della fusione nucleare. A oggi la fusione nucleare costituisce una grande opportunità per l’Italia e per le sue imprese, che può essere colta agendo in una logica sistemica di filiera. Nell’ambito del progetto ITER, infatti, degli 1,6 miliardi di attività assegnati a oggi all’Italia, Ansaldo Nucleare ha assicurato circa 600 milioni a compagini da essa coordinate, mantenendo circa un terzo dello share complessivo e lavorando a stretto contatto con oltre 40 partner e fornitori italiani.
Nucleare per la transizione energetica
Gli ambiziosi obiettivi posti dalla Comunità Europea in merito alla decarbonizzazione della nostra economia e al raggiungimento del target della neutralità climatica al 2050 impongono una riflessione seria e priva di ideologie sullo sviluppo del nucleare. Gli Impianti Nucleari rappresentano il sistema di produzione energia a minori emissioni in assoluto e sono il migliore alleato alle energie rinnovabili e insieme a esse possono abilitare la riduzione delle emissioni di comparti industriali che potrebbero essere elettrificati mantenendosi competitivi, ma che oggi non riescono a farlo. Per garantire la decarbonizzazione del sistema è necessario incrementare significativamente lo sviluppo di tecnologie a
LA SUCCESS STORY DI CERNAVODA
Ansaldo Nucleare è presente in Romania da oltre 40 anni e ha contribuito alla costruzione della centrale di Cernavoda Unità 1 e 2, entrate in operazione rispettivamente nel 1996 e nel 2007. Ansaldo Nucleare è la design authority del Balance Of Plant delle due unità. A fine 2026 saranno necessari importanti lavori di ammodernamento per consentire l’estensione della vita degli impianti (PLEX) dell’unità 1. In preparazione a tale progetto, Ansaldo Nucleare ha svolto nei precedenti due anni i seguenti contratti: Condition Assessment e Design Modifications. Inoltre, è in programma il completamento delle Unità 3 e 4 per le quali Ansaldo Nucleare e il tecnologo delle due precedenti unità (ATKINS REALIS) si propongono all’Interno della compagine realizzativa. Recentemente, a margine del bilaterale intergovernativo Italia-Romania, il gruppo assicurativo finanziario italiano SACE, Ansaldo Nucleare e l’azienda romena per l’energia nucleare Societatea Nationala Nuclearelectrica S.A. hanno firmato un Memorandum of Understanding che prevede una linea di finanziamento fino a 2 miliardi di euro per i progetti di cui sopra, quello di plant life extension dell’unità 1 di Cernavoda e il completamento delle unità 3 e 4.n
Nel mondo oggi ci sono 413 reattori funzionanti, di cui 100 in Europa dove rappresentano il 26% della produzione elettrica, un paio in costruzione in Europa.
L’energia prodotta nel 2022 da fonte nucleare a livello mondiale, poco meno di 2500 TWh ha consentito di NON emettere in atmosfera 1,25 Gtonn (1.250.000 T) di CO2, e di risparmiare
180 Miliardi di m³ di gas
basso contenuto di carbonio, anche per soddisfare l’aumento della domanda di elettrificazione dei consumi finali (+70% al 2050 rispetto a oggi). È quindi chiaro che il nucleare accoppiato alle rinnovabili ha un potenziale enorme nella gestione di uno scenario energetico complesso quale quello che la transizione ecologica impone. Gli Small Modular Reactors, insieme alle rinnovabili, potranno contribuire alla decarbonizzazione garantendo una generazione energia sicura, decarbonizzata, (24/7) e flessibile. Emerge da uno studio condotto da Nomisma che ipotizzando uno scenario decarbonizzato al 2050 in cui il nucleare partecipa al 10%, ovvero un piano di costruzione di una pipeline di 15 impianti SMR/AMR, tra il 2030 e il 2045, sarebbe possibile un risparmio di circa 40 miliardi/anno rispetto agli investimenti necessari per raggiungere lo stesso obiettivo con le sole rinnovabili e accumuli.●
Daniela Gentile è Amministratrice Delegata di Ansaldo Nucleare Spa
&
intelligenti Gru
Progetti innovativi e iniziative sociali.
Alessandro Croce è Responsabile Produzione & Service di 3BMust International, una piccola realtà specializzata nella progettazione e implementazione di sistemi innovativi per macchine da sollevamento e automazioni speciali.
Da quasi 20 anni 3BMust international sviluppa soluzioni di meccatronica per la sicurezza di mezzi di sollevamento pesante. Com’è evoluta, nel tempo, la vostra offerta tecnologica?
3BMust nasce a cavallo tra il 2005-2006 come società del gruppo 3B6 Cobo Spa per svolgere attività di service sui prodotti del Gruppo stesso installati sulle gru, quali sistemi antiribaltamento o limitatori di carico. Nel corso degli anni, abbiamo sviluppato soluzioni integrate per il controllo globale dei mezzi, quindi non solo gru, ma anche piattaforme aeree, macchine per il comparto agricolo e dell’edilizia, per l’industria mineraria e petrolifera, per l’offshore... Nel 2014 entra a far parte di un gruppo di società della famiglia Rodella di Mantova, dealer di importanti player, che ha deci-
Genova Impresa - Maggio / Giugno
Alessandro Croce
so, attraverso 3BMust, di completare la propria gamma di prodotti da offrire ai clienti.
Una svolta anche per 3BMust.
Da allora ci siamo dotati di un dipartimento di sviluppo software per programmare centraline e sistemi di sicurezza di vari produttori, a seconda delle esigenze del cliente. Tra i progetti più innovativi ai quale stiamo lavorando c’è la costruzione di un simulatore per la formazione di conducenti di gru offshore, mobili e portuali. Il simulatore consisterà di una cabina, di un braccio telescopico o di un braccio tralicciato, di un carico da sollevare: è un’iniziativa ambiziosa, ma abbiamo il know-how necessario per realizzarla ed è stato già avviato l’iter con il Rina per ottenere tutte le certificazioni necessarie per essere operativi. Il simulatore è il “cuore” di un programma di sviluppo professionale mirato a potenziare le competenze nel campo della gestione delle gru in diversi settori - edilizia, navale, offshore, portuale, logistico ecc. - attraverso la partnership con il “Centre de Formation Parapétroliere” a Pointe-Noire, nella Repubblica del Congo. Il progetto avrà ricadute occupazionali per la popolazione locale, ma anche un importante risvolto sociale sotto l’aspetto della sicurezza sul lavoro.
Oltre al simulatore, in quali altri progetti innovativi siete impegnati?
Abbiamo appena concluso il progetto di una macchina completamente elettrica per realizzare casseformi di cemento da utilizzare nelle infrastrutture (a breve dovremo sviluppare il prototipo), mentre stiamo studiando la realizzazione di una gru completamente elettrica per il settore del diporto dove, come è facile immaginare, l’impiego di gru azionate da un circuito idraulico nel quale circola olio, ancorché ecologico, riscontra sempre meno favore. 3BMust svilupperà il sistema di controllo e di gestione della macchina, il cockpit, ma per i motori, i driver, le batterie ecc. avremo bisogno anche della tecnologia di altre aziende. Un altro settore al quale ci stiamo approcciando è quella della Nautica, sia nel rimessaggio che nei mezzi da diporto.
Nella relazione PMI - Grande impresa, come si posiziona 3BMust?
Premesso che con i grandi gruppi non ci si può permettere di sbagliare, pena essere esclusi dalla loro supply chain, io sono dell’idea che, fosse anche solo per una vite, essere nella filiera di player internazionali è importante per la crescita dell’azienda e in una prospettiva di apertura di nuovi mercati. La partecipazione a un progetto per la Marina Militare Americana, per esempio, ci ha dato la possibilità di farci conoscere e ottenere l’incarico per sviluppare un sistema anticollisione che consente di manovrare una gru di bordo dal vano motore della nave senza rischiare che la gru urti nell’ambiente confinato. Recentemente un cliente ci ha chiesto di costituire un team di lavoro per progettare un sistema di radiocomando per escavatori. Abbiamo collaborazioni consolidate nell’ambito della logistica e dell’offshore, siamo presenti in Africa, in Brasile, in Cina, in Corea, in Medio Oriente. 3BMust, a Genova, ha 13 dipendenti: tecnici altamente qualificati che sanno fare squadra e in ogni progetto mettono a fattor comune le rispettive competenze. Ecco, penso che sia questa la nostra carta vincente.● (P.P)
Il primo gruppo eco-tech italiano per la transizione digitale, innovazione e sostenibilità delle imprese.
Il termine economia eco-digitale è un neologismo che vuole indicare la duplice transizione verso un’economia che offre non solo valore economico, ma anche ambientale e sociale. Negli ultimi anni si è sempre più riconosciuta l’importanza della tecnologia digitale per la sostenibilità ambientale. Questo fenomeno è stato recentemente identificato con un nuovo termine. In Italia, questa transizione è vista come cruciale per stimolare l’occupazione e l’economia, e per affrontare le sfide ambientali ed energetiche in modo efficace. Il valore dell’economia eco-digitale è destinato a crescere rapidamente nei prossimi cinque anni, secondo le indicazioni di Capgemini; si prevede che raggiungerà quasi 33.000 miliardi di dollari, con un enorme potenziale ancora inutilizzato delle tecnologie digitali.
Perché Keynesia?
Il brand si ispira alla figura di John Maynard Keynes, noto economista, le cui innovazioni nell’ambito delle agevolazioni fiscali hanno influenzato in maniera sostanziale il pensiero economico della maggior parte dei governi mondiali. L’eredità Keynesiana è ancora sentita oggi, nell’ottica di uno Stato assistenzialista e proattivo nello sviluppo e sostenibilità del panorama produttivo. L’approccio unico di Keynesia unisce l’autonomia energetica e la svolta digitale alle agevolazioni fiscali, offrendo alle imprese soluzioni su misura per rispondere alle esigenze della trasformazione digitale e della produzione sostenibile di energia green. La missione di Keynesia è fornire conoscenza e tecnologia alle imprese corporate altamente innovative che intendono investire,
sfruttando lo spirito delle nuove agevolazioni europee. Keynesia è l’unico soggetto ad affrontare contemporaneamente i temi della transizione digitale ed energetica con una proposta organica omnicomprensiva. Keynesia è il referente privilegiato delle imprese corporate e large corporate. È composta da tre realtà, differenti tra di loro ma unite nello spirito innovativo. Keynesia Tax & Review, attiva dal 2014, sviluppa progetti di finanza strutturata, agevolazioni fiscali, ottenimento e certificazione dei crediti d’imposta per le imprese. Iscritta all’Albo degli Asseveratori presso il Ministero dello Sviluppo Economico, è certificatore del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e ideazione estetica. Keynesia Energy si occupa di energie rinnovabili. Facilita l’indipendenza energetica delle imprese attraverso impianti fotovoltaici ad alta efficienza. L’obiettivo è ridurre i costi energetici e l’impatto ambientale, sfruttando superfici aziendali per la produzione di energia verde. Per le grandi aziende, Keynesia offre soluzioni integrate che ottimizzano l’uso delle superfici disponibili per la realizzazione di impianti fotovoltaici. Attraverso contratti PPA (Power Purchase Agreement) infragruppo e realizzazione di Comunità Energetiche Rinnovabili, l’energia prodotta può essere condivisa tra diverse imprese del gruppo, massimizzando l’efficienza e riducendo i costi energetici complessivi. Keynesia Tech opera dal 2019 e realizza algoritmi AI ex novo. È specializzata in Intelligenza artificiale e sviluppo di applicativi e piattaforme tailor-made per imprese. Ha all’attivo la realizzazione di una piattaforma proprietaria in ambito legale e tributario. Il tool, basato su algoritmi pro-
Immagine brandizzata realizzata tramite tool di intelligenza artificiale
di Paolo Tamiro
PATENT BOX: COME CERTIFICARE E PROTEGGERE LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE
Sono state da poco confermate dal Governo diverse opportunità negli ambiti di Ricerca & Sviluppo e investimenti in beni immateriali:
- Nuovo Patent Box: dal 2022, detrazione fiscale del 30% per software con codici sorgente e brevetti ottenuti dal 2021, coprendo spese di materiali, consulenze e personale fino a 8 anni precedenti;
- Certificazione R&S: Keynesia Tax Review è autorizzata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy a certificare le spese di ricerca e sviluppo, garantendo la conformità ai criteri del Manuale di Frascati e proteggendo i progetti da contestazioni fiscali.
Uno dei prossimi incontri presso Confindustria Genova sarà dedicato all’approfondimento di queste tematiche con l’ausilio dei professionisti di Keynesia Tax Review.n
prietari di machine learning e alimentata da Intelligenza Artificiale generativa, si propone di fornire risposte immediate e accurate ai quesiti posti dai professionisti attraverso un’interfaccia intuitiva, simile a quella di un chatbot.
Fotovoltaico protagonista della transizione energetica
Una delle principali strategie di Keynesia è il reinvestimento degli utili nella realizzazione di impianti fotovoltaici di proprietà in Sicilia, dove la produzione energetica è significativamente più elevata rispetto alle aree del Nord Italia. Keynesia Energy si impegna anche nell’autorizzazione di impianti fotovoltaici per i principali player nel settore energetico italiano come A2A. Attraverso una rete di professionisti, l’azienda mira ad autorizzare 200 MW nei prossimi 3 anni, contribuendo alla realizzazione di 5 GW di impianti entro il 2030. Gli ambiti di attività di Keynesia ricadono perfettamente al nuovo piano di incentivi Transizione 5.0, dedicato a tutte le imprese che effettuano nuovi investimenti, in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici. Il piano mette a disposizione 13 miliardi di euro. L’agevolazione consiste in un credito di imposta di aliquota variabile (dal 35% al 45%) a seconda della riduzione dei consumi ottenuta a livello di stabilimento o di processo produttivo.
Cultura di impresa 100% green
Con l’obiettivo di promuovere una cultura d’impresa collaborativa e innovativa, Keynesia sta inoltre lavorando al Bloomsbury Team, un club che riunisce imprenditori ad alto potenziale al fine di condividere idee, formarsi e aggiornarsi. Keynesia si definisce 100% green: i dipendenti e i manager utilizzano solo veicoli completamente elettrici, e viene posta grande attenzione in ogni decisione aziendale, in modo da garantire l’ecosostenibilità di tutti i processi. Keynesia mira a diventare un leader nel settore dell’innovazione sostenibile. Con un approccio incentrato sull’ecosistema imprenditoriale e sull’adozione di tecnologie avanzate, il gruppo è pronto a guidare la transizione verso un’economia eco-digitale più sostenibile e redditizia.●
Paolo Tamiro è Amministratore Delegato di Keynesia
welfare aziendale
Le proposte di Happily per migliorare efficienza e benessere nei luoghi di lavoro attraverso l’utilizzo responsabile dell’Intelligenza Artificiale.
Gianluca Caffaratti
Happily Srl Società Benefit, fondata nel 2017 da Gianluca Caffaratti, si è affermata in Italia come provider di Welfare Aziendale e benessere organizzativo, guadagnandosi una posizione di spicco nel settore delle risorse umane. La società offre una vasta gamma di servizi, tra cui una piattaforma proprietaria di Welfare Aziendale che si distingue per il suo approccio territoriale e personalizzato: l’utente della piattaforma, infatti, ha la possibilità di accreditare gratuitamente le strutture locali sul portale e utilizzare il suo credito welfare all’interno dello stesso senza l’applicazione di commissioni.
I progetti di Happily mirano infatti non solo a creare un vantaggio reciproco tra azienda e lavoratore, ma anche a promuovere un beneficio economico tangibile per la comunità locale. Happily, inoltre, offre un servizio di buoni pasto completamente deducibili e di incentivi, che supportano i collaboratori migliorando il potere d’acquisto senza gravare sui bilanci aziendali. L’azienda affianca i clienti tramite percorsi di formazione e consulenze personalizzate, mirate a migliorare il clima aziendale, promuovere la sostenibilità e valorizzare le risorse umane. Queste consulenze comprendono programmi formativi per l’ottimizzazione delle competenze e lo sviluppo professionale, creando ambienti di lavoro sereni, sostenibili ed equi.
Tra i servizi offerti vi sono: l’analisi del clima organizzativo, politiche di conciliazione vita-lavoro e consulenza su parità di genere, genitorialità e D&I (diversità e inclusione). Happily, inoltre, si occupa di progetti legati alla sostenibilità, supportando le aziende nel percorso per diventare società BCorp e Benefit, nella realizzazione del bilancio di sostenibilità e nella formazione continua, mentoring e coaching. In risposta alla crescente importanza dell’AI nelle dinamiche lavorative, Happily ha introdotto “AI&Me”, un innovativo corso di formazione online di sei ore destinato a imprenditori, manager HR, consulenti del lavoro e popolazione aziendale. Il corso, arricchito da esercitazioni pratiche, mira a illustrare l’impatto dell’AI sul mondo del lavoro odierno e spiegare come integrarla nella quotidianità aziendale.
L’obiettivo del corso è quello di aiutare i partecipanti a ridurre l’operatività, ottimizzare i tempi di lavoro e trasformare l’AI in un nuovo strumento di welfare aziendale. Ricerche recenti rivelano che il 17% dei lavoratori italiani utilizza già l’AI sul posto di lavoro, spesso senza l’approvazione formale dell’organizzazione, e più della metà attribuisce a sé il lavoro svolto dall’AI. Tuttavia, solo il 23% ha ricevuto formazione adeguata in merito, evidenziando la necessità di un’integrazione responsabile ed etica dell’AI nel settore del lavoro.
L’AI è un pilastro dell’innovazione, sta influenzando settori chiave dell’economia globale con un aumento degli investimenti del 40% nell’ultimo anno. Non solo offre opportunità economiche, ma pone anche questioni etiche e sociali. Il corso “AI&Me” esplora queste dinamiche, mostrando come l’AI possa essere utilizzata responsabilmente per migliorare l’efficienza operativa e il benessere nei luoghi di lavoro.
Sfruttare l’AI è fondamentale per affrontare le sfide globali e mantenere la competitività aziendale. Questa tecnologia può migliorare notevolmente la produttività, riducendo il tempo impiegato in compiti operativi e consentendo al
lavoratore di concentrarsi su attività più strategiche e manageriali. Inoltre, favorisce la generazione di output più creativi e innovativi, promuovendo l’inclusione e democratizzando le competenze Gianluca Caffaratti, CEO di Happily Srl, commenta: «L’introduzione dell’AI nei processi aziendali non è solo un passo avanti tecnologico, ma un vero cambio di paradigma nel modo in cui concepiamo il lavoro e il benessere organizzativo. Con il corso “AI&Me” vogliamo fornire alle aziende gli strumenti necessari per affrontare questa rivoluzione con consapevolezza e competenza, garantendo un ambiente di lavoro più inclusivo e sostenibile. La nostra missione è democratizzare l’accesso alle tecnologie avanzate, rendendo l’innovazione alla portata di tutti». In sintesi, Happily non si limita a fornire soluzioni tecnologiche, ma si impegna a creare una cultura aziendale che valorizzi il benessere dei dipendenti, guidando il cambiamento nel welfare aziendale e consolidando la sua posizione come partner per l’innovazione e il benessere organizzativo.
«Siamo convinti che l’AI, se utilizzata correttamente, possa diventare uno strumento potente per migliorare la qualità della vita lavorativa e promuovere un ambiente di lavoro più felice e produttivo. Il nostro obiettivo è accompagnare le aziende in questo percorso, fornendo non solo le tecnologie, ma anche le competenze necessarie per sfruttarle al meglio», conclude Caffaratti.●
Orientamento per l’internazionalizzazione delle imprese: la nuova piattaforma BPER Estero.
Dall’idea al mercato
A inizio 2024 è stato lanciato BPER Estero, il nuovo portale di BPER per orientare e supportare le imprese nei progetti di internazionalizzazione.
La piattaforma offre un’ampia gamma di contenuti e strumenti che aiutano a trasformare le idee in progetti operativi. Si tratta di una risorsa pensata per facilitare tutte le imprese, clienti e non clienti, nel commercio con l’estero.
L’iniziativa amplia l’impegno di BPER nel supporto all’internazionalizzazione d’impresa e alla trasformazione di idee in progetti di crescita su scala globale.
Consapevoli delle difficoltà che l’impresa affronta, nella ricerca, valutazione e selezioni dei propri interlocutori - sia nella veste di importatore che di esportatore - abbiamo creato un interlocutore unico in grado di rispondere alle domande ricorrenti, ma anche in grado di informare sulle opportunità di mercato.
Attraverso la struttura del Global Transaction Banking, BPER ha rinnovato i propri servizi per supportare i Clienti, rispondendo alle esigenze operative e transazionali delle aziende, attraverso strumenti tradizionali adattati alla gestione degli incassi, dei pagamenti e più in generale del commercio estero e con l’ausilio di servizi innovativi studiati apposita-
mente per favorire le attività di internazionalizzazione.
L’obiettivo è porsi come riferimento delle imprese, risolvendo le criticità per accelerare il successo e prendere decisioni più rapide ed efficaci, semplificando l’avvio di percorsi commerciali anche attraverso il network globale di partner di BPER Estero.
Sono diverse le tematiche rispetto alle quali possiamo segnalare un supporto specialistico: dall’analisi alla ricerca di un mercato di sbocco, la selezione di nuovi clienti o fornitori, l’attivazione di una strategia doganale, l’approfondimento di percorsi nel mondo del digital export, il supporto per servizi contabili, fiscali e societari.
BPER Estero è un punto di partenza che viene periodicamente aggiornato con nuove funzionalità. Approfondiamo insieme alcune caratteristiche specifiche della piattaforma già a disposizione degli utenti.
La sezione “Focus Paesi”, realizzata in collaborazione con il partner istituzionale SACE, consente di navigare il mondo potendo decidere, autonomamente, se approfondire il grado di rischio o le opportunità export.
Selezionando il singolo Paese si accede alle informazioni di dettaglio che riportano: il rischio politico, di credito, l’invest-
di Guido Ruggeri
ment & opportunity index, i dati sull’export italiano suddiviso per settori e il contesto economico che caratterizza il singolo Stato. È possibile salvare le singole schede nella propria area riservata in modo da tenere in evidenza i Paesi preferiti sia nella prospettiva import che export.
Nella parte “Magazine ed eventi” del portale sono approfonditi diversi argomenti: settori specifici, paesi, tematiche doganali e di export control. I contributi sono realizzati in collaborazione con i partner di BPER e sono aggiornati periodicamente. È stato avviato un percorso “in pillole” sull’utilizzo degli Incoterms® e sui principali strumenti di incasso e pagamento utilizzati nel commercio estero. Con questo approccio il Magazine si propone anche come canale di informazione e diffusione di esperienza e cultura finanziaria in tema estero.
È possibile, inoltre, consultare la sezione “Eventi”: iniziative organizzate periodicamente dal Team di BPER ESTERO insieme ai propri partner, che possono essere salvate nella propria area riservata. Gli incontri in presenza e/o webinar sono occasioni per approfondire le proprie conoscenze e fare networking con altri professionisti del settore. Un beneficio ulteriore per gli utenti iscritti al portale è la
possibilità di accedere al mensile “Macroeconomic Challenges” elaborato dall’Ufficio Studi, Ricerche e Innovazione di BPER. Il report affronta temi di rilievo internazionale nei maggiori paesi dell’Area Euro, negli USA e negli altri principali Paesi, analizzando l’andamento del PIL, dell’inflazione della produzione industriale, del mercato del lavoro e la politica monetaria delle principali banche centrali. Il Team di BPER Estero è formato per ascoltare e mettere in contatto l’impresa con gli interlocutori più indicati, facendo risparmiare tempo e costi di ricerca. L’obiettivo è contribuire alla formazione di risorse nelle attività di Import-Export favorendo decisioni più efficienti per essere competitivi a livello globale e creare valore per tutti coloro che desiderano affrontare i cambiamenti del mercato internazionale, gestendo ogni situazione con maggiore consapevolezza e padronanza.
Siamo certi che il nostro portale diventerà uno strumento utile per le imprese, favorendo la ricerca e l’esplorazione di nuovi mercati per cogliere le opportunità globali.●
info: bperestero@bper.it
Guido Ruggeri è Responsabile BPER Estero & Global Business Partnership
Miglioramento continuo
Ente F.IRE, l’ente di formazione professionale accreditato da Regione Liguria nato a luglio 2000 e i cui corsi sono conformi allo standard ISO 9001:2015, è diventata società Benefit, fra le primissime in Italia nel settore della formazione. La Società Benefit (SB) è una nuova tipologia di azienda, prevista dalla normativa italiana, che estende il proprio oggetto sociale, a integrazione degli obiettivi di profitto, con obiettivi orientati ad avere un impatto positivo sulla società e sull’ambiente.
Lo scopo di F.IRE è quello di sviluppare formazione che contrasti la disoccupazione e aiuti le persone a una sempre migliore soddisfazione nel mondo lavorativo e, tramite la formazione, far crescere e promuovere una nuova cultura aziendale orientata alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance e non esclusivamente mirante al profitto.
«Ci eravamo dati questo obiettivo e l’abbiamo raggiunto. Ma questo è solo un primo passo di un percorso verso ciò in cui crediamo - ha dichiarato Pietro Jacassi, titolare della società e responsabile del progetto benefit -. Miriamo alla certificazione di parità di genere e in modo ancora più specifico alla certificazione B Corp. Il profitto è essenziale per fare impresa, ma è altrettanto indispensabile pensare al bene comune in un momento storico in cui l’ambiente e i rapporti sociali stanno collassando».
Questi sono gli obiettivi no profit aggiunti all’oggetto sociale di F.IRE: 1) l’attenzione al benessere dei nostri dipendenti con particolare riferimento all’equilibrio vita privata e lavorativa (work life balance), formazione, salute e sicurezza economica; 2) l’ideazione e l’erogazione di formazione mirata alla riduzione della disoccupazione conseguente alla
COMPETIZIONE & SVILUPPO
Pietro Jacassi
carenza di competenze professionali specifiche, in coerenza con l’Agenda 2030 Goal 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica) punto 8.6 e Goal 4 (Istruzione di qualità) punto 4.4; 3) l’ideazione e l’erogazione di formazione continua per i lavoratori, formazione che è considerata un investimento prezioso indispensabile per la crescita e il successo a lungo termine di ogni azienda. L’obiettivo è fornire alle persone gli strumenti necessari per adattarsi ed evolvere in un ambiente professionale in continuo cambiamento; 4) l’ideazione e l’erogazione di formazione per la promozione di una nuova cultura aziendale orientata alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance e non esclusivamente mirante al profitto; 5) l’attenzione al benessere dei propri dipendenti con particolare riferimento all’equilibrio vita privata e lavorativa (work life balance), formazione, salute e sicurezza economica; 6) la promozione e diffusione di modelli e sistemi economici orientati a uno sviluppo sostenibile quali la forma giuridica di Società Benefit. «L’impegno di F.IRE nel contrasto alla disoccupazione - precisa Jacassi - si concretizza in percorsi di formazione progettati “a quattro mani” con aziende che hanno necessità
di dotarsi di profili specifici, soprattutto nell’ambito della programmazione elettronica e dell’automazione, rivolti a ragazzi appena usciti dalla scuola superiore». Ma la formazione può essere anche la carta vincente per attrarre o trattenere i collaboratori: «Per i giovani - prosegue Pietro Jacassi -, la possibilità di seguire percorsi di formazione può essere dirimente nella decisione di accettare o meno un’offerta di lavoro: nella grande impresa può significare avanzamenti di carriera e di ruolo; nella piccola impresa si può tradurre in crescita professionale. La formazione del personale, tra l’altro, ha ricadute anche sulla valorizzazione dell’azienda all’interno della filiera della fornitura». Altri elementi che “fanno la differenza” nella scelta di un lavoro, insieme al riconoscimento economico e alla formazione continua, sono la reputazione aziendale (tanto che si sta affermando una figura professionale che si occupa di “brand reputation”) e l’attenzione per le tematiche della sostenibilità.
Conferme in tal senso - se mai ce ne fosse stato bisognonel White Paper “Cultura della Formazione” di cui trovate il QRCode a pagina 28 di questa rivista.●
Oggi la Macchine Edili REPETTO offre in vendita e a noleggio una gamma completa di macchine e attrezzature per l’edilizia e il movimento terra (si va dagli escavatori alle pale, dalle minipale ai sollevatori, dalle autobetoniere alle motocarriole, dai minitrasportatori a betoniere, elevatori, antifurto da ponteggio, semafori da cantiere...), oltre a un’ampia selezione per il design di interni.
Ma l’azienda ha una lunghissima storia dietro le spalle. Lavora, infatti, nel campo dei macchinari edili da più di centodieci anni, essendo stata fondata nel 1913 a Genova Rivarolo da Luigi Repetto, il nonno per parte di madre degli attuali proprietari Aldo e Roberto Arecco.
Luigi Repetto può essere considerato, a pieno titolo, un pioniere dell’industrializzazione nel campo edile. La sua inesauribile inventiva, unita alle conoscenze tecniche, lo portò a concepire e a sviluppare macchine fondamentali per l’edilizia dell’epoca, precorrendo i tempi. A testimoniarne la genialità, i numerosi brevetti e gli importanti riconoscimenti che gli sono stati tributati in occasione delle principali manifestazioni fieristiche nazionali, come Milano e Torino, ed estere, quali Parigi, Londra e Anversa.
A metà degli anni ‘50 il “grande vecchio” passò le consegne alla figlia Orlanda e al genero Natale Arecco, che hanno guidato la società per oltre un ventennio affiancando alla parte industriale - che provvedeva alla costruzione di betoniere, maltiere, elevatori, ponti sospesi, argani per ciminiere ecc. - un settore dedicato all’offerta di una gamma, via via più vasta, di macchine e attrezzature. Nacque così la Macchine Edili REPETTO Snc che, con gli anni, si è sviluppata, vedendo la sfera d’azione commerciale assumere un ruolo sempre più preponderante rispetto a quella produttiva.
Negli anni ’70 Aldo e Roberto Arecco hanno iniziato a muovere i loro primi passi in azienda. L’iscrizione all’Albo d’Oro del Lavoro del 1978 e l’assegnazione del Mercurio d’Oro 1980 rappresentano significative attestazioni della lungimiranza con la quale la Terza Generazione di imprenditori Repetto ha intrapreso il suo “nuovo corso”. Nel 1987 la Società ha abbandonato i locali storici di Rivarolo per trasferirsi in quelli più moderni di Via Campoligure. È seguita, negli anni ’90, una sempre crescente affermazione, che ha spinto la proprietà a una completa riorganizzazione aziendale, concretizzatasi nella strutturazione di due distinte realtà in grado di proporre prodotti, servizi e assistenza - la
“Macchine Edili REPETTO” e la “Officina REPETTO” -, nonché nella nascita della prima filiale, nel 1999. L’avvento del nuovo secolo ha coinciso con tre eventi importanti: l’inizio dell’era della Quarta Generazione, con l’ingresso in azienda di Sara, seguita a breve distanza da Monica; la certificazione da parte del RINA del Sistema Qualità secondo la normativa UNI 9002 per le tre attività svolte di vendita, noleggio e assistenza; l’apertura della seconda filiale ad Arquata Scrivia. Due anni dopo, nel 2002, la Macchine Edili REPETTO si è trasformata in Società a responsabilità limitata e ha incorporato l’Officina Repetto. Nello stesso anno ha preso il via una nuova filiale, la terza, con l’acquisizione della Società AS.RE.MI., specializzata nel settore della manutenzione, commercio e noleggio di macchine movimento terra. Il percorso di rinnovamento e crescita continua della realtà aziendale è proseguito senza sosta negli anni compresi fra il 2005 e il 2009. Una in particolare, in quel quadriennio, la novità più rilevante sotto il profilo commerciale: nel 2005 l’azienda è diventata concessionaria JCB e ha ampliato significativamente il proprio business con una gamma completa di macchine movimento terra, andando a ricoprire tutte le esigenze richieste dal mercato. Mentre, dal punto di vista gestionale, si assisteva intanto al rafforzamento del peso della Quarta Generazione, con l’entrata in azienda di Valentina e Gian Luca, nel 2005, e di Alessandro, nel 2009. Le ultime novità nell’universo Repetto testimoniano della versatilità e del proficuo dinamismo dell’azienda degli Arecco. Al 2021 risale l’avviamento del progetto “Repetto Design” (con la realizzazione della cosiddetta “casetta”), nato dal desiderio di completare l’offerta nel mondo dell’edilizia con una conoscenza approfondita dell’interior design e del mondo delle ristrutturazione d’interni, e l’affiancamento ai migliori brand presenti sul mercato. Al 2022 data invece l’avviamento del servizio di e-commerce, ideato per consentire ai clienti di acquistare dall’ufficio, dal cantiere o da casa tutto ciò di cui hanno bisogno usufruendo della consegna con corriere espresso in tutta Italia e del pagamento online attraverso i principali circuiti. Last but not least, le partnership, attivate nel 2023 e nel 2024, che fanno della società una concessionaria ufficiale Mitsubishi, Wirtgen e Bucher, circostanza che le consente di ampliare il suo business legato al mondo dei carrelli elevatori e delle scaffalature.
Betoniera a tamburo,1958
PERSONALE E SEDI
La Macchine Edili REPETTO vanta 35 addetti tra tecnici, magazzinieri, amministrativi e addetti alle vendite. Il personale è il cuore pulsante dell’azienda: il team è formato da professionisti del settore, forti di corsi di aggiornamento specifici, scelti sia per le loro qualità tecniche sia per le capacità di lavorare in squadra. La società ha due sedi operative. La più grande si trova in via Campoligure a Bolzaneto (3200 mq), con un magazzino provvisto di oltre 4500 articoli dedicati all’acquisto e al noleggio, e un’officina di riparazione. La filiale di via Adamoli a Molassana, anch’essa con un magazzino e un’officina di riparazione, occupa un’area di 1600 mq. A breve, verrà aperta una nuova sede a Rivarolo, interamente dedicata agli ascensori da cantiere.
ASSISTENZA E RICAMBI
Il servizio di assistenza tecnica è uno dei principali punti di forza dell’azienda. Macchine Edili REPETTO è officina autorizzata per la Liguria dei marchi JCB, DIECI, DURSO, OIL & STEEL, ALIMAK, IMER, CTE, WAGNER, WIRTGEN e BUCHER. Presso l’officina di Via Adamoli vengono eseguite le riparazioni delle macchine movimento terra, degli autocarri da cantiere e delle piattaforme autocarrate, mentre presso l’officina di Via Campoligure si eseguono le riparazioni delle macchine per edilizia. In azienda è attivo un servizio di officina mobile con tecnici specializzati che svolgono le assistenze (anche tramite stipula di contratti di assistenza programmata), le revisioni periodiche e le manutenzioni direttamente in cantiere, di solito effettuate entro il primo giorno lavorativo successivo alla chiamata.
CORSI DI FORMAZIONE
L’azienda è sede formativa locale di “Confsal Fisals”, soggetto legittimato per la formazione che qualifica anche gli Istruttori, tutti regolarmente iscritti all’Albo Formatori. Il catalogo corsi comprende percorsi formativi pratico-teorici che consentano di abilitare operatori altamente qualificati all’utilizzo di macchine movimento terra, piattaforme di lavoro elevabili , gru a torre, carrelli elevatori semoventi, sollevatori telescopici fissi e rotativi e gru per autocarro. Il rilascio di un attestato nominativo valido su tutto il territorio nazionale da Macchine Edili REPETTO è garanzia di professionalità: l’obiettivo è formare figure capaci di utilizzare in maniera sicura ed efficace le macchine, che vengono fornite anche in vendita e a noleggio.
CERTIFICAZIONI
COMPETIZIONE & SVILUPPO
Intelligenza Artificiale, Big Data, blockchain, integrazione di sistemi complessi: questo e altro nell’offerta della società high-tech genovese.
Fondata nel 2014, Enginius ha costruito una solida reputazione grazie alla capacità di offrire soluzioni tecnologiche su misura in vari ambiti.
Il motto di Enginius, “More Than Code,” riflette la filosofia collaborativa dellazienda, che non si limita a eseguire i requisiti dei clienti, ma lavora insieme a loro per comprenderne a fondo le esigenze e offrire soluzioni che migliorano l’esperienza utente. Questo approccio, che si è rivelato ideale per startup e aziende che vogliono ottimizzare o riprogettare soluzioni esistenti, ha portato a relazioni durature con la maggior parte dei clienti, alcuni dei quali hanno affidato a Enginius la gestione completa della loro tecnologia in qualità di external CTO.
Jarions è una piattaforma SaaS che mette ordine nella multicanalità delle conversazioni; può ricevere e inviare email, messaggi WhatsApp, Telegram, Slack e Microsoft Teams ed è predisposta per rapide integrazioni con qualsiasi sistema di messaggistica dotato di API. Progettata per adattarsi a vari settori dove le conversazioni sono cruciali per i flussi di lavoro, Jarions è un’innovazione per ogni settore.n
Enginius è all’avanguardia nell’adozione delle più recenti tecnologie, con competenze che spaziano dall’Intelligenza Artificiale ai Big Data, dalla blockchain all’integrazione di sistemi complessi. Tra i progetti innovativi realizzati ci sono una Data Management Platform per l’Advertising Online, un sistema di luci di Natale smart, un simulatore di auto d’epoca, piattaforme di e-commerce avanzate e sistemi ERP personalizzati. L’ingresso nel 2021 nel gruppo Redelfi ha aperto nuove opportunità di sinergia nel settore energetico e della sostenibilità, combinando tecnologia e responsabilità ambientale. Dal 2022, Enginius offre anche servizi di Team Extension, fornendo professionisti IT ad aziende che necessitano di scalare rapidamente la loro capacità produttiva.●
Genova Impresa - Maggio / Giugno
JARIONS4ME
Jarions4Me è il client di messaggistica multicanale che si focalizza su “cosa” comunicare a “chi”, alleggerendo gli utenti dalla scelta dello strumento più adeguato. Con un’interfaccia innovativa e l’uso dell’intelligenza artificiale, Jarions aggrega le conversazioni per argomenti, nasconde le informazioni poco rilevanti ed enfatizza quelle importanti. Offre funzionalità intelligenti come il supporto alla scrittura, il riassunto delle conversazioni e la traduzione dei messaggi. Attualmente in alfa testing interno, Jarions4Me promette di rivoluzionare la gestione delle comunicazioni. Jarions4Me è un’applicazione ideale per professionisti e manager che si interfacciano con diversi clienti attraverso vari mezzi di comunicazione. A giugno inizierà la fase di beta testing, riservata a un numero limitato di utenti. Chi è interessato può inviare una mail a beta@jarions.com.n
JARIONS4SALES
In un contesto in cui molti ordini B2B vengono trasmessi tramite messaggi di testo, vocali o email non strutturate, le inefficienze sono notevoli. Gli agenti di vendita devono interpretare manualmente questi messaggi, con alto rischio di errori e perdita di tempo. Jarions4Sales elimina queste problematiche: processa e interpreta automaticamente i messaggi, estraendo le informazioni necessarie e preparando gli ordini con precisione e rapidità. Integrabile con qualsiasi ERP o sistema di gestione ordini, migliora l’efficienza e riduce gli errori. Gli agenti possono scegliere se verificare gli ordini e mantenere le comunicazioni ed il rapporto umano con i propri clienti o lasciare la gestione al bot di Jarions. Entro l’estate, Jarions4Sales sarà integrato nella piattaforma B2B di un cliente di Enginius.n
JARIONS4COMMERCE
Jarions4Commerce porta la tecnologia avanzata degli ordini vocali agli e-commerce e alla grande distribuzione, integrandosi perfettamente nei sistemi esistenti dei venditori. Con Jarions4Commerce, i clienti potranno ricevere ordini semplicemente tramite messaggi vocali ricevuti sui propri canali social o tramite la propria app di e-commerce. Dotato di logiche intelligenti, Jarions4Commerce è capace di comprendere richieste complesse, dare suggerimenti e fare upsell di prodotti. Inoltre, è prevista l’evoluzione di ordini tramite chiamate IVR, gestite da assistenti virtuali, migliorando ulteriormente l’efficienza e l’esperienza del cliente. Con Jarions4Commerce, sarà possibile fare il proprio ordine e ricevere la spesa a casa o ritirarla nel negozio semplicemente mandando un messaggio vocale o facendo una telefonata, anche mentre si fa jogging o si è bloccati nel traffico. Questa funzionalità rende gli acquisti più convenienti e accessibili, adattandosi perfettamente alle esigenze della vita moderna.n
JARIONS4BOOKING
Jarions4Booking facilita la prenotazione di appuntamenti verificando le disponibilità a calendario e suggerendo alternative in base alle abitudini del cliente. È ideale per essere integrato nei software di gestione dei calendari di parrucchieri, dentisti e altri professionisti che lavorano su appuntamenti, semplificando l’intero processo di selezione dell’orario migliore. In conclusione, Jarions rappresenta una rivoluzione nella gestione delle comunicazioni aziendali. Integrando diverse piattaforme e offrendo soluzioni personalizzate, Jarions può supportare qualsiasi organizzazione nel migliorare i propri flussi di lavoro. La piattaforma è progettata per essere facilmente integrata nei sistemi esistenti e può essere customizzata da Enginius in base alle esigenze specifiche dei clienti.n
Confindustria Genova Via San Vincenzo 2
Meglio imprenditore
Intervista a Giorgio Andreacci, Presidente di Demetra Technologies, società IT con sede a Genova e a Imperia.
Giorgio Andreacci
Dopo aver fondato Infinity Technology Solutions nel 2008, successivamente acquisita dal Gruppo Engineering, Giorgio Andreacci ha seguito il proprio intuito imprenditoriale investendo in una piccola azienda dell’imperiese, la Demetra Technologies, di cui oggi è Presidente e Amministratore Delegato. In Confindustria Genova, Andreacci ricopre la carica di Presidente del Gruppo Dixet (Gruppo d’Imprese ad Alta Tecnologia).
Come è nata l’idea di investire in Demetra Technologies?
Conclusa la mia esperienza in Infinity prima e in Engineering poi, ho deciso di seguire il mio spirito imprenditoriale, investendo in una piccola azienda attiva nel settore tecnologico, la Demetra Technologies, di cui conoscevo il fondatore, Enrico Parodi, che attualmente è nel Consiglio di Amministrazione con me in qualità di Amministratore Delegato, mentre io ho assunto il ruolo di Presidente e Amministratore della società. In particolare ci occupiamo di automazione, di sviluppo di soluzioni innovative e scalabili per le esigenze digitali dei clienti, offriamo consulenza ICT a tutto campo, dalla strategia digitale alla gestione dell’infrastruttura IT. Il nostro ruolo principale è quello di “System Integrator”. Demetra Technologies, che oggi conta una ventina di dipendenti, ha sede a Genova e a Imperia; proprio a Imperia, dove occupa una posizione di primo piano nel settore dell’Information Technology, sta svolgendo un ruolo trainante all’interno del Polo Tecnologico cittadino e nel progetto di Confindustria Imperia “Imperiaware”, per la creazione di nuovo un polo digitale. Questo è un altro dei motivi che mi hanno spinto a investire in Demetra Technologies: sono convinto che la stretta vicinanza con enti di formazione e di ricerca possa dare un forte impulso alla crescita dell’azienda, rendendola anche più attrattiva per i giovani del territorio.
In generale tutte le aziende dell’hightech fatica a trovare personale qualificato; le PMI, in particolare, lamentano un turnover molto - troppo - veloce, dovuto anche all’offerta, da parte delle grandi aziende, di condizioni di lavoro più flessibili. Qual è la sua opinione al riguardo? Avendo vissuto “dall’interno” sia la piccola che la grande azienda, posso confermare che ci sono molte differenze nella gestione delle risorse umane. In generale, credo che le grandi aziende che, a partire dalla pandemia, hanno reso lo smart working una modalità di lavoro “costante” e non più “eccezionale”, stiano commettendo un errore, perché viene meno il contatto con i collaboratori e anche i
giovani con più voglia di fare rischiano, alla lunga, di perdere lo slancio. In ogni caso, per i giovani che vogliono imparare e crescere, l’esperienza in una piccola azienda è molto formativa, perché le relazioni sono più dirette, favorendo la condivisione delle conoscenze.
L’Ue ha alzato l’asticella della sostenibilità per le grandi aziende. A cascata, anche le PMI dovranno adeguarsi ai requisiti previsti dagli standard ESG per non rischiare di uscire dalla filiera. Come attrezzarsi?
In questo contesto, un servizio di Confindustria può essere molto utile. Come presidente del Gruppo Dixet - Gruppo d’Imprese ad Alta Tecnologia, sto spingendo molto per far sì che in Associazione ci siano occasioni per favorire il gioco di squadra tra le piccole imprese, in modo che possano poi presentarsi alle grandi aziende con un servizio migliore e con una maggiore consapevolezza circa le richieste che riguardano l’intera filiera. In tal senso sono molto utili anche le attività di networking promosse in Associazione tra grandi aziende e PMI: se per le grandi aziende sono un’occasione per conoscere potenziali partner a “km zero”, per le piccole rappresentano un’interessante opportunità di confronto e di crescita.
Torniamo a Demetra. Quali sono le prospettive di sviluppo dell’azienda nell’Imperiese?
Innanzi tutto dobbiamo considerare che la provincia di Imperia comprende la riviera di Ponente fino al limite frontaliero, quindi le aziende sul territorio possono più facilmente guardare anche oltre confine, in una prospettiva di espansione del proprio mercato ma anche di ricerca di risorse umane. Attraverso il Polo tecnologico e insieme con alcuni ITS (Istituti Tecnologici Superiori, ndr) stiamo lavorando alla pianificazione di corsi di formazione rivolti ai giovani di Imperia e zone limitrofe per rispondere alle richieste di profili qualificati. Alla fine di questi percorsi, realtà come Demetra rappresentano uno sbocco lavorativo particolarmente interessante per i ragazzi e le ragazze del territorio.
Nessun ripensamento, quindi, sulla scelta di tornare a fare l’imprenditore?
Demetra è una scommessa, ma sta andando molto bene. Gli anni trascorsi come manager in Engeneering sono stati molto positivi, ma il DNA dell’imprenditore ti rimane dentro... Ho sentito che era venuto il momento giusto per rimettermi in gioco e sono grato a Enrico per aver accettato la mia proposta di collaborazione.● (M.O.)
NO alle discriminazioni
Confindustria Vicenza si certifica per la Parità di Genere e, rendendo accessibili i dati sulle politiche attivate e i risultati ottenuti, favorisce la condivisione di conoscenze e best practice.
Confindustria Vicenza ha recentemente conseguito la Certificazione per la Parità di Genere, un traguardo significativo che attesta l’implementazione di un sistema di gestione per la parità di genere all’interno dell’organizzazione, in linea con i requisiti definiti dall’UNI/PdR 125:2022. Questa certificazione, rilasciata da Bureau Veritas con il supporto di Aequilibria srl, rappresenta un riconoscimento del percorso intrapreso dall’Associazione verso un ambiente lavorativo più equo e inclusivo.
«Questo traguardo sottolinea l’impegno dell’Associazione nella promozione della parità di genere nel contesto lavorativo, che si prefigge di garantire un ambiente di lavoro equo e inclusivo per tutti i dipendenti - afferma la Presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia -. Credo sia fondamentale che un’Associazione come la nostra, oltre a fornire un supporto tecnico e professionale di primo livello, possa fare anche da apripista e rappresentare un tangibile e virtuoso esempio. Questo segnale incoraggia il territorio e le aziende associate a intraprendere attività di valorizzazione in particolare delle lavoratrici e dei loro percorsi di carriera. Sono orgogliosa che con questa Presidenza, l’Associazione abbia intrapreso questo importante passo».
La Certificazione PDR 125:2022 non è solo un simbolo, ma un impegno concreto verso l’adozione di politiche che promuovono l’equità in tutte le sue forme. Questo comprende la selezione del personale, lo sviluppo professionale, l’equità retributiva e la conciliazione tra vita lavorativa e personale. La Politica che abbiamo pubblicato e che ci ha ispirato riporta infatti: “Confindustria Vicenza valorizza e riconosce le individualità, rigettando ogni tipo di discriminazione in base a sesso, orientamento sessuale, identità di genere, origine etnica, nazionalità, stato civile, gravidanza e maternità, disabilità, fede religiosa, età, posizione sociale, convinzioni per-
Laura Dalla Vecchia
sonali. La Direzione si impegna nel garantire che nessuna forma di discriminazione alteri e danneggi l’ambiente lavorativo interno, contraddistinto da un clima positivo, rispettoso e da un manifesto orgoglio di ciascun/ciascuna dipendente di far parte della struttura di Confindustria Vicenza”. «Abbiamo fortemente voluto certificarci e avere la conferma, da un ente terzo, che stiamo percorrendo una strada giusta nel creare un ambiente di lavoro che valorizza le persone e promuove la parità di trattamento e opportunitàaggiunge il Direttore Generale Daniele Valeri -. Questo traguardo ci motiva a continuare nel nostro percorso di miglioramento continuo».
L’impegno di Confindustria Vicenza non si limita alla sua struttura interna, ma si estende attraverso collaborazioni con enti esterni e istituzioni educative, mirando a un impatto sociale più ampio. Queste azioni si inseriscono in un contesto di responsabilità sociale e culturale, con l’obiettivo di trasformare positivamente il territorio e le comunità di cui fa parte. Ad esempio, l’organizzazione ha avviato partnership con scuole e università per promuovere la cultura della parità di genere già dai primi anni di istruzione, sensibilizzando i giovani sui temi dell’inclusività e dell’equità. Confindustria Vicenza ha già pianificato diverse iniziative concrete per il prossimo futuro. Tra queste, seminari e workshop aperti al pubblico e alle aziende associate, volti a diffondere buone pratiche e a condividere esperienze e strategie di successo nella promozione della parità di genere. Sono stati organizzati degli incontri sul modo di scrivere e sulle parole da utilizzare per un uso di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere.
Inoltre Confindustria Vicenza in collaborazione con la Banca d’Italia organizza, nei prossimi mesi di ottobre e novembre 2024, un corso di educazione finanziaria rivolto sia al per-
sonale delle aziende che a tutta la comunità, ritendendo che la Parità si realizza anche grazie a una libertà economica. Così è nato il progetto denominato “Parità È Opportunità”. Sono previste anche campagne di comunicazione e sensibilizzazione sui temi dell’inclusione e dell’equità, con l’obiettivo di coinvolgere non solo i dipendenti, ma anche le loro famiglie e la comunità locale.
«L’obiettivo è contribuire a creare un futuro lavorativo sicuro ed equo, sostenendo l’importanza di un approccio inclusivo che riconosce e valorizza le diversità come fattori di crescita e sviluppo - prosegue Valeri -. Proprio per questo stiamo progettando una serie di iniziative, che saranno aperte a tutta la cittadinanza per accrescere la sensibilità e la cultura condivisa verso la parità».
La certificazione per la parità di genere rappresenta un punto di partenza, non un traguardo finale. L’importanza di tale certificazione va oltre il semplice riconoscimento: è un invito all’azione per tutte le aziende associate e per il territorio. È un passo verso un futuro in cui la parità e l’inclusione sono pilastri fondamentali della cultura aziendale e sociale. Confindustria Vicenza, infatti, ha intenzione di monitorare costantemente i progressi compiuti in termini di equità di genere, adottando un approccio di miglioramento continuo che prevede verifiche periodiche e l’aggiornamento delle politiche in base ai risultati ottenuti e alle nuove esigenze emergenti.
«Il tema della parità e dell’inclusione è non solo sempre più sentito, ma anche necessario e urgente. Da un punto di vista etico, in primis, ma anche per rendere il nostro tessuto produttivo e sociale sempre più performante, aperto, positivo. Tutti valori di cui francamente la nostra contemporaneità ha molto bisogno - conclude Laura Dalla Vecchia -. Non è un caso che siano molte le aziende che ci chiedono come intraprendere il percorso verso la certificazione attraverso la formalizzazione e il miglioramento delle proprie pratiche. Credo sia un segnale positivo in particolare verso le donne che lavorano, che sono purtroppo sempre poche rispetto al potenziale della nostra provincia».
Un altro aspetto fondamentale del percorso di certificazione di Confindustria Vicenza è il focus sulla trasparenza e la comunicazione. L’Associazione si impegna a rendere pubblici i dati relativi alle politiche di genere e ai risultati ottenuti, favorendo così una cultura della trasparenza che può fungere da esempio e stimolo per altre realtà. Questo approccio non solo dimostra la serietà e l’impegno di Confindustria Vicenza, ma consente anche di creare una rete di condivisione di conoscenze e best practice che può accelerare il progresso verso la parità di genere su scala più ampia.
In conclusione, la certificazione di Confindustria Vicenza per la parità di genere è un esempio virtuoso di come le organizzazioni possano e debbano assumere un ruolo proattivo nella promozione dell’equità e dell’inclusione. Questo traguardo non solo rafforza l’impegno dell’associazione, ma serve anche da modello e ispirazione per altre aziende e istituzioni, creando un effetto positivo a catena che può trasformare il tessuto sociale ed economico della regione. Confindustria Vicenza si impegna a proseguire su questa strada, consapevole che la parità di genere e l’inclusività sono obiettivi fondamentali per il benessere e lo sviluppo sostenibile del territorio.●
Simona Alberini
Cer tificazione
di genere
Il riconoscimento che premia un percorso virtuoso.
di
Il percorso per la certificazione di genere è un elemento di grande ricchezza per un’organizzazione perché dà vita a un processo di consapevolezza e sistematizzazione che porta valore a tutto l’impegno che viene profuso per affrontare un tema così cruciale, anche per la floridità del nostro Sistema economico, come quello dell’inclusione e della valorizzazione del contributo femminile all’impresa. Per noi di ABB la certificazione di genere rappresenta e continuerà a rappresentare una grande opportunità. Prima di tutto perché testimonia un cammino, ponendo un sigillo sulla sua efficacia, e poi perché è un elemento che vive all’interno dell’azienda e che continuerà ad alimentarsi con il nostro impegno, a mantenerla attuale e focalizzata sugli obiettivi che ci siamo posti.
Primo fra tutti, quello di consolidare un ambiente di lavoro equo e inclusivo che non solo rifletta i nostri valori, ma contribuisca al consolidamento di una cultura aziendale che favorisce la creatività, l’innovazione e la produttività, che permetta a ogni individuo di sviluppare il proprio potenziale, valorizzando la propria unicità in un contesto inclusivo ed equo.
Come ogni cambiamento culturale, anche questo percorso non può essere improvvisato e parte da un’agenda molto precisa che riguarda la sostenibilità: un’agenda che va a toccare i suoi vari aspetti (da quello ambientale a quello economico e sociale). Per quanto riguarda il progresso sociale, ABB ha posto la sua attenzione e le sue iniziative sui temi della salute e sicurezza, priorità assoluta da sempre, per poi focalizzarsi sulla Diversity&Inclusion come area di miglioramento legata a precisi obiettivi per ciascuna delle 5 aree: genere, generazioni, abilità, LGBTQ+, etnia.
Gli strumenti abilitanti su cui abbiamo puntato per accrescere le nostre performance in queste aree sono fondamentalmente la governance, il cambiamento culturale e la leadership inclusiva, le partnership. Partire dalle policy che favoriscano il benessere organizzativo e il worklife balance (dallo smart working ai congedi parentali gender-free) ci ha aiutato anche a dare coerenza e credibilità al cambiamento culturale richiesto all’intera organizzazione. Abbiamo puntato fortemente sulla formazione e sulla comunicazione, lavorando sulla battaglia agli stereotipi e all’accrescimento della fiducia e della responsabilizzazione e portando valore anche all’esterno delle nostre mura. Programmi di orientamento delle giovani verso le materie STEM, elemento cruciale per costruire una leadership in un futuro fortemente basato sull’innovazione, progetti di education e di mentoring per giovani talenti per rafforzare le soft skills fondamentali per il successo in azienda fanno parte del nostro piano per ispirare nuove opportunità, aperte a ogni individuo.
Ultimo, ma fondamentale, abbiamo lavorato con l’ecosistema che ci circonda, creando partnership di valore sia con i nostri clienti che con partner specializzati che hanno fatto della D&I il cuore della loro missione. Questa contaminazione trasversale ci porta ogni giorno nuovi stimoli per continuare a lavorare in questa direzione. Vorrei citare in particolare la partecipazione attiva a network esterni per favorire lo scambio di informazioni e buone pratiche per un confronto continuo e finalizzato alla crescita sul tema, come
quello con la Commissione Nazionale sulle Pari Opportunità, con l’Osservatorio sull’Empowerment al Femminile promosso da The European House Ambrosetti ò del cui Advisory Board siamo membri - e con le associazioni come Women&Tech e Valore D.
Forti di questo percorso, nel 2023 ci siamo avvalsi della collaborazione con DNV, uno dei principali enti di terza parte, a livello globale, nella certificazione di sistemi di gestione accreditati, di servizi di formazione, assurance, verifica e gestione del rischio per la Parità di Genere (UNI/PDR 125:2022). L’obiettivo è stato quello di valutare il percorso intrapreso nella valorizzazione dell’inclusione delle unicità di ogni individuo attraverso un’approfondita analisi delle politiche aziendali, inclusi fattori come la parità salariale, dei percorsi di accesso alle opportunità di carriera, all’implementazione di pratiche che favoriscono un ambiente di lavoro equo e inclusivo e all’impegno profuso per contribuire a un miglioramento del contesto sociale in cui l’azienda opera. L’esito di questa valutazione è stato l’ottenimento della certificazione per la parità di genere.
L’affermazione di Massimo Alvaro, Amministratore Delegato di Business Assurance Italia per DNV alla consegna della certificazione, ci rende particolarmente orgogliosi: l’impegno di ABB per un ambiente di lavoro inclusivo si sostanzia di obiettivi precisi e di processi di rendicontazione per continuare a perseguire un modello organizzativo che punti con decisione alla valorizzazione delle diversità. Ed è confermato da un eccellente rating di conformità ai requisiti della prassi di riferimento. Per cambiare la cultura all’interno della società civile bisogna anzitutto partire dalle organizzazioni e dalle imprese. Iniziative di questo tipo hanno un valore anche al di fuori delle mura aziendali, perché rappresentano un primo importante passo per un vero cambio di paradigma”.
Vorrei concludere con un dato rilevato dall’Osservatorio Women’s Empowerment di The European House Ambrosetti: in Italia nonostante un aumento generale degli studenti iscritti alle facoltà STEM (ingegneria, matematica ma anche chimica, biotecnologie, statistica, biologia e fisica), la percentuale di donne sul totale è rimasta praticamente invariata negli ultimi 10 anni. E le posizioni manageriali in settori chiave per affrontare le questioni ambientali come energia, trasporti e sviluppo tecnologico sono per lo più affidate a uomini.
Secondo il report Ambrosetti, se le donne potessero accedere maggiormente ai processi decisionali in ambito di sostenibilità ci sarebbe una più rapida transizione verso un futuro più sostenibile. Colmare il divario di genere nelle discipline STEM contribuirebbe a un aumento del Pil pro capite dell’Europa dello 0,7-0,9 per cento al 2030 e del 2,23 per cento entro il 2050.
Chiudo quindi invitando le Aziende a consolidare sempre di più il loro cammino verso un contesto lavorativo inclusivo e aperto all’unicità delle persone e invitando le donne ad avere coraggio di osare, di mettersi in gioco mettendo a frutto tutte le loro capacità peculiari che portano valore in ogni contesto!●
Simona Alberini è Country Holding Officer e Presidente del Consiglio di Amministrazione di ABB Spa
Supply chain sostenibili
Il Regolamento EUDR: contrasto alla deforestazione e obblighi di dovuta diligenza.
L’Unione europea è chiamata a fare la sua parte per rispettare gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi, adottato nel 2015 nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
A tal proposito, l’azione della Commissione è consistita nell’approvazione del Green Deal europeo, ossia una nuova strategia di crescita che mira, da un lato, a trasformare l’Unione in una società dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse, competitiva e fondata sul libero scambio sostenibile e, dall’altro, a perseguire due principali obiettivi climatici: entro il 2030, ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 (Fit for 55% package) e, entro il 2050, raggiungere la neutralità climatica a livello continentale. Tali impegni si sono tradotti in una rinnovata attenzione del legislatore unionale alla qualità dei prodotti introdotti nel mercato interno, con particolare riferimento alla sostenibilità della catena di fornitura e all’impatto ambientale dei rispettivi processi di produzione, lavorazione, allevamento o estrazione nel Paese terzo di origine.
Tra le varie normative adottate a livello unionale che attenzionano, ciascuna, specifiche categorie merceologiche o settori di attività, il Regolamento (UE) 2023/1115 del Parlamento e del Consiglio del 31 maggio scorso (“Regolamento EUDR”, relativo alla messa a disposizione sul mercato dell’Unione e all’esportazione dall’Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale e che abroga il regolamento UE n. 995/2010) intercetta le materie prime (e i prodotti
derivati) il cui consumo nell’Unione è il più rilevante in termini di cause della deforestazione e del degrado forestale a livello mondiale. Trattasi in particolare delle materie prime elencate nell’Allegato I, ossia palma da olio, soia, legno, carta, cacao, caffè, gomma e bovini, nonché i prodotti, individuati con precisione dalla relativa tariffa doganale nel medesimo Allegato, che contengono tali materie prime o che con esse sono stati nutriti o fabbricati (i “Prodotti”). Come è noto, la deforestazione e il degrado forestale contribuiscono in maniera considerevole alla crisi climatica globale in termini di maggiore CO 2 emessa a seguito degli incendi boschivi, minore possibilità di assorbimento del carbonio da parte delle foreste, perdita di biodiversità con conseguente impatto sulla salute degli ecosistemi che sono fondamentali per uno sviluppo resiliente ai cambiamenti climatici. Pertanto, l’obiettivo del Regolamento in commento è favorire la diffusione di catene di fornitura sempre più “green” e certificate e, allo stesso tempo, disincentivare la commercializzazione e la circolazione di materie prime e prodotti il cui ottenimento ha influito sulla deforestazione o il degrado forestale.
Il Regolamento EUDR impatta i soggetti, stabiliti in UE, che importano o esportano le materie prime o i Prodotti di cui all’Allegato I (gli “operatori”) e i soggetti che li mettono a disposizione sul mercato nell’ambito di transazioni nazionali o intra UE (i “commercianti”).
Il presupposto soggettivo prescinde dalla dimensione dell’impresa, in quanto gli obblighi si applicano sia sulle medie e grandi imprese (decorrenza 30 dicembre 2024) che sulle
Genova Impresa - Maggio / Giugno 2024
di Alessandro Traverso
piccole e micro (decorrenza 30 giugno 2025). Inoltre, sono previsti adempimenti semplificati per PMI “commercianti”. Ma in cosa consistono gli obblighi previsti?
Il Regolamento EUDR consente l’immissione (importazione) o la messa a disposizione sul mercato, o l’esportazione, solamente dei Prodotti “conformi” che i) siano a deforestazione zero, ii) siano stati prodotti nel rispetto della legislazione pertinente nel Paese di produzione e iii) siano oggetto di una dichiarazione di dovuta diligenza, messa a disposizione delle autorità competenti in via elettronica e attraverso un registro dedicato (i “Requisiti”).
Per rispettare i Requisiti di cui sopra, i soggetti obbligati (operatori o commercianti) sono tenuti a esercitare la dovuta diligenza o verificare che la stessa sia stata svolta da altri attori nella catena di fornitura.
L’attività di dovuta diligenza si articola su tre livelli, consequenziali tra loro: la raccolta delle informazioni pertinenti, la valutazione del rischio, le misure di attenuazione del rischio. Per quanto attiene alla raccolta delle informazioni, l’operatore deve dimostrare che i Prodotti interessati siano conformi ai sopra richiamati requisiti e, pertanto, è tenuto a recuperare informazioni quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo: descrizione dei Prodotti interessati (comprendente denominazione commerciale e tipo), loro quantitativo, il Paese o territorio di produzione, geolocalizzazione degli appezzamenti da cui provengono le materie prime utilizzate per realizzare il Prodotto interessato, denominazione del fornitore e dei clienti nonché informazioni adeguatamente probanti e verificabili che i Prodotti e le materie prime siano a deforestazione zero e siano stati ottenuti nel
rispetto della normativa vigente del Paese di produzione. Una volta recuperate le informazioni pertinenti e la relativa documentazione, l’operatore è tenuto a svolgere una valutazione del rischio che i Prodotti immessi sul mercato o esportati non siano conformi ai Requisiti previsti dal Regolamento. Nel fare ciò, dovrà tenere in considerazione diversi parametri riferiti al Paese di origine tra cui si segnala il rating di rischio “alto”, “basso” o “standard” associato al medesimo (da pubblicare da parte della Commissione entro il 30 dicembre 2024), l’eventuale presenza di popolazioni indigene e diffusione di deforestazione e degrado forestale. Con riferimento al rating di rischio, diversi Paesi terzi in via di sviluppo hanno protestato contro la troppa rigidità della categorizzazione e le inevitabili ricadute negative che si avrebbero in termini di attrattività di investimenti, blocco dei commerci e maggiori controlli in import in UE per le merci esportate da Paesi classificati ad “alto” rischio. Per tale ragione, a Bruxelles si sta lavorando per individuare dei livelli di rischio per “area” o “territorio” anziché per Paese. Infine, l’esercizio della dovuta diligenza si conclude con l’adozione di misure e procedure aziendali atte ad attenuare il rischio (non trascurabile) di introduzione o esportazione di prodotti UE non conformi, prevedendo lo svolgimento di indagini o audit indipendenti, nonché la richiesta di dati, informazioni o documenti supplementari. Tali procedure e politiche aziendali dovrebbero essere adeguate e proporzionate alla realtà aziendale impattata e prevedere modelli di gestione del rischio di non compliance con il Regolamento EUDR, che potrebbe comportare una sanzione fino al 4% del fatturato annuo.●
di Mario Gerini
Grande
fermento
Nuove e ulteriori opportunità di sviluppo per il tessuto economico e sociale del territorio.
Nei prossimi giorni prenderà forma un cantiere che rivoluzionerà il volto della città della Spezia. Verrà demolita la ciminiera della dismessa centrale a carbone Eugenio Montale: un cambio visibile da ogni angolazione della provincia che vedrà mutata la propria skyline.
A un cambio visivo e simbolico si accompagna un cambio sostanziale. Parte delle aree della dismessa centrale Enel saranno dedicate alla transizione ecologica con la costruzione di un polo energetico innovativo e sostenibile. Altre aree invece saranno messe a disposizione delle imprese che desiderano investire nello sviluppo economico della città. Si tratta di aree che garantiscono una straordinaria connessione con la rete portuale, viaria e ferroviaria a poche centinaia di metri dal mare, e le imprese locali sono pronte a cogliere questa straordinaria occasione.
Il sito industriale Enel della Spezia è oggetto di un programma di riqualificazione i cui principi e le cui previsioni di progettualità sono stati condivisi da subito con le istituzioni locali nell’ambito di un protocollo di intesa del giugno 2023. In tale ambito si inserisce la procedura presentata pubblicamente in una conferenza stampa lo scorso mese di aprile, per la selezione di proposte per la riqualificazione di parte del sito industriale Enel della Spezia.
Proprio all’interno di un protocollo siglato tra il Comune della Spezia ed Enel sono infatti fissati gli obiettivi e le condizioni di utilizzo delle aree che dovranno essere rispettati
dalle aziende che presenteranno le loro “proposte progettuali” entro il termine della procedura di manifestazione d’interesse che si chiuderà il prossimo 10 giugno.
Tali “proposte progettuali” potranno riguardare diversi ambiti funzionali utili alla valorizzazione del sito. Inoltre, in sede di valutazione, saranno particolarmente considerati l’impatto occupazionale diretto e indiretto generato e il riutilizzo degli asset esistenti, in una logica di economia circolare.
Confindustria La Spezia ha nel tempo mantenuto continue interlocuzioni e contatti con i vertici di Enel allo scopo di condividere i contenuti delle progettualità dell’azienda relativi alle aree della Centrale E. Montale della Spezia. Consapevoli del nostro ruolo di rappresentanza di interessi diffusi, non ci siamo limitati a riportare un mero e generico interesse da parte delle aziende associate ad acquisire le porzioni di aree non più considerate strategiche dalla società partecipata dallo Stato Italiano, bensì abbiamo più volte ribadito a Enel la nostra volontà e disponibilità a fornire un fattivo contributo finalizzato a fornire concretezza ai progetti di riutilizzo delle aree non più strategiche della Centrale E. Montale, affinché tutta la comunità locale possa beneficiare di un’ulteriore importante opportunità.
“Ulteriore” perché - vorrei evidenziare - questo “passaggio” storico legato alle aree Enel non giunge infatti isolato, ma si inserisce in un contesto di grande fermento economico.
Il neo costituito Polo Nazionale della Subacquea, con le sue conseguenti ricadute esponenzialmente positive sotto molteplici aspetti; i dati sempre più in crescita legati alla concentrazione alla Spezia di un “hub” di rilevanza mondiale nella costruzione di superyacht; gli investimenti previsti nel settore della Difesa e quelli in porto, pubblici e privati; i numeri importanti generati dal turismo; gli investimenti destinati alla formazione universitaria con lo sviluppo del Campus Universitario della Spezia e quelli per la formazione professionale: sono alcune, certamente le più rilevanti, fra le opportunità che produrranno un’accelerazione sostanziale alla crescita del territorio.
La nostra provincia, probabilmente come mai prima era accaduto, ha davanti a sé importanti decisioni da prendere e le aziende, per quanto loro compete, desiderano averee sono certo che avranno - un ruolo fondamentale nelle scelte strategiche per il suo sviluppo, non solo economico, ma sociale e culturale.
Come sempre, Confindustria La Spezia è al fianco delle imprese per sostenerne il percorso, che deve essere virtuoso, finalizzato a costruire un futuro di valore per tutti.
Perché è di futuro che si parla, di quale aspetto e quali opportunità caratterizzeranno il nostro territorio, quali prospettive di lavoro i giovani troveranno e di come il territorio sarà in grado di accoglierli.
Per trovare risposte a questo, occorre che tutti gli attori pro-
tagonisti, sia pubblici che privati, condividano una “visione”, una “filosofia di progresso” che sia di indirizzo e di supporto nella realizzazione di uno sviluppo moderno, dove innovazione e sostenibilità sono interconnesse.
Vorrei qui collegarmi al recente Studio di posizionamento e orientamento strategico provinciale sviluppato e promosso da Confindustria La Spezia in collaborazione con “The European House Ambrosetti” (TEHA), presentato pubblicamente lo scorso 18 ottobre in occasione dell’Assemblea pubblica dell’Associazione.
Lo Studio commissionato a TEHA ha delineato una panoramica strategica degli asset e delle opportunità legate ai principali progetti di investimento del territorio, individuando, in ultima analisi, 24 grandi progetti che potrebbero generare un incremento del PIL a livello provinciale tra i 5,2 e 6,5 miliardi di euro.
Confindustria La Spezia ha messo a disposizione dell’intera “comunità decisionale” questo importante e unico strumento di analisi proprio con l’obiettivo di individuare le priorità della Città da identificarsi attraverso processi decisionali il più possibile “allargati”.
Occorre un’unicità di intenti, una direzione condivisa, la consapevolezza della responsabilità. Ci attende un grande lavoro. Nuove sfide, nuove opportunità, per un momento storico decisivo.●
Mario Gerini è Presidente di Confindustria La Spezia
di Piero Gai
Riflessioni sull’Europa di oggi e su quella di domani.
un’anima I paesi
Tra qualche giorno torneremo a votare per scegliere i membri del Parlamento Europeo, per coloro che per i prossimi cinque anni saranno chiamati a legiferare in materie importanti per i 27 Stati dell’Unione, ossia per i circa 447 milioni di cittadini europei.
Molte di queste materie, come dimostrano le scelte in tema di green deal, direttiva Bolkenstein, piuttosto che di sugar tax o imballaggi, hanno o avranno delle ripercussioni dirette per molti imprenditori, pertanto è fin troppo ovvio che il futuro dell’Europa ci riguarda da vicino, così come la solidità europea e la sua capacità di incidere nelle politiche a livello globale.
Il sottosegretario Alfredo Mantovano al convegno “Ripartire dall’Europa” ha giustamente richiamato l’attenzione sulla necessità di liberarci dall’eccesso di burocrazia e di tornare a un Europa dei popoli.
Ritengo però che questo invito debba essere accompagnato dalla consapevolezza che, trascorsi 74 anni dalla Dichiarazione istitutiva dell’Europa di Schuman e 67 anni dai Trattati di Roma, e malgrado si siano compiuti passi sostanziali per la costituzione dell’Unione Europea, intesa come uno stato futuro di appartenenza per i suoi cittadini, non siano stati sufficienti e manchino le progettualità, le iniziative e le azio-
ni per creare nei popoli europei la cognizione, oserei dire anche il desiderio, la preparazione culturale, di far parte di un unico Stato, di un’Unione Europea consapevole, coesa e orgogliosa della sua identità.
La generazione Z dà per scontato viaggiare con il passaporto amaranto e gli euro in tasca passando da un paese all’altro dell’Unione senza attraversare dogane. Ma se ad alcuni di loro chiediamo: “ti senti Italiano o Europeo?” Molti risponderanno: “Italiano, però sono pro Europa”; capite che non è la stessa cosa che affermare: “Europeo e Italiano, semmai filo atlantico”!
E queste risposte, non proprio in linea col motto europeo “Unità nella diversità”, sono la stessa faccia della medaglia rispetto ad alcuni candidati sovranisti al Parlamento Europeo che sostengono che le stelle della bandiera dell’Unione rappresentino i Paesi della stessa, dimostrando una discreta ignoranza non solo sul numero degli Stati membri, ma anche sulle radici giudaico-cristiane fondative dell’Unione (infatti le stelle, che sono 12, rappresentano le 12 tribù israelite che stanno sopra al capo della Vergine).
E se ai nostri figli, ma anche a molti genitori, chiedessimo quali sono le 7 istituzioni dell’Europa e dove hanno sede, e se sono a conoscenza che il 9 maggio è la giornata dell’Eu-
ropa, non otterremmo alcuna risposta. Eppure molti di loro oggi studiano a Maastricht, Madrid o Londra. È evidente che discutere della riforma del Patto di Stabilità, piuttosto che degli effetti delle politiche di austerità sui salari o del Pfizer Gate è di attualità e molto rilevante, ma è ormai tempo che i candidati affrontino anche questioni di prospettiva più ampia: vogliamo dare una lingua comune e ufficiale all’Europa, obbligatoria per tutti nei piani di studio nazionali? Riusciamo a individuare chiaramente la base culturale che sostanzialmente accomuna i popoli dell’Europa, oltre alle radici giudaico-cristiane, le origini nella cultura greca, nel diritto, nelle opere e nelle istituzioni romaniche, nella Riforma protestante e nella Controriforma, nel Romanticismo e nell’Illuminismo nonché nelle aspirazioni alla base della Rivoluzione Francese? Vogliamo integrare i piani di studio nei vari Stati dell’Unione? Riusciamo a scrivere una storia dell’Europa che costituisca una base comune malgrado le contrapposizioni del passato? Rendiamo obbligatorio l’ascolto dell’Inno alla Gioia in tutte le manifestazioni sportive e culturali di carattere europeo? Oltre alla Ryder Cup, riusciamo a immaginare di formare delle squadre europee nelle varie discipline sportive che si contrappongano a squadre di altri paesi? Non si tratta di una que-
stione sportiva, ma di comune sentire, di partecipazione collettiva e condivisione di sentimenti.
Per arrivare ad avere un esercito europeo, come indicano Mario Draghi ed Emmanuel Macron, occorre avere anche dei soldati europei nel cuore.
Ma la costruzione e il consolidamento di una chiara e duratura identità europea presuppone ovviamente che si abbandoni una volta per tutte la visione dell’Europa come un mero spazio economico condiviso, piuttosto che quella di un’area da sfruttare per scaricare il debito pubblico accumulato da un Paese sulle spalle dei terzi più virtuosi (in barba ai principi meritocratici), o di un’istituzione da sfruttare per guidare politiche nazionali di parte a danno degli altri Paesi (come sembra avvenire nel settore del trasporto aereo) o per difendere rendite di parte o protezionistiche in settori strategici come quello agricolo o della difesa.
Se la storia post caduta del muro di Berlino avesse permesso, come sarebbe stato logico, prima il consolidamento di una solida identità europea rispetto all’allargamento della casa comune ai Paesi dell’Est Europa, forse oggi avremmo maggiore riconoscenza e identificazione nell’Unione da parte degli Stati membri di Visegrad, piuttosto che la piena coscienza da parte dei vertici delle Istituzioni europee di quali siano i popoli che hanno radici culturali condivise, per capire quali Paesi possono aspirare a far parte dell’Unione Europea e quali invece debbano diventare partner preferenziali in materie economiche ma esterni ai confini dell’Europa, come nel caso della Turchia, e come dovrebbe essere per l’Ucraina. La prospettiva che Paesi come l’Ucraina o la Georgia possano candidarsi a entrare in Europa può piacere a chi desidera che l’Unione si annacqui, che perda identità e percezione di se stessa, a vantaggio di chi la teme come un potenziale avversario o di chi in passato ne faceva parte e ha scelto di uscirne malgrado la geografia e pur rappresentando una larga fetta del bagaglio culturale e storico europeo, per non citare quello linguistico. Identificazione e orgoglio di appartenenza sarebbero stati passaggi fondamentali anche a maggior tutela di quei Paesi che oggi si vedono minacciati dall’invasione russa dell’Ucraina. Non è facile né immediato pensare che il popolo europeo porti la mano al cuore e senta per l’Inno alla Gioia della Nona di Beethoven lo stesso trasporto che sentono i Francesi per la Marsigliese, i Tedeschi per Das Lied der Deutschen o i Britannici per God save the King. Un giorno orgogliosi avremo anche noi il nostro The Star Spangled. In futuro, il 9 maggio, i giovani della generazione Z vedranno sfilare nelle principali capitali europee, ma soprattutto a Bruxelles, i bersaglieri, i fucilieri di Sardegna, gli alpini, ma anche la Légion, i COS, la Luftwaffe, le Irish Warpipes o il Tercio, orgogliosi che la storia di questi corpi e la loro professionalità vengano spese per la pace dei popoli. L’Europa esprimerà una politica estera comune e il progresso tecnologico europeo sarà in linea con gli Stati Uniti e la Cina. Quel giorno l’Europa avrà un’identità, ma soprattutto un’anima, come tutti i Paesi maturi del mondo, compiendo interamente il sogno dei padri fondatori, da De Gasperi a Spinelli, da Adenauer a Kohl, da Monnet a Schuman, da Veil, Beyen e anche Churchill.●
Grandi alleati sfideper grandi
Il Position Paper della Piccola Industria analizza i principali cambiamenti che le PMI liguri inserite nelle catene globali del valore si trovano ad affrontare. In questo scenario, assumono nuovi contorni anche i rapporti con le Grandi Imprese.
Lo scorso 16 maggio, in Associazione, il presidente della Piccola Industria di Confindustria Genova Andrea Razeto ha presentato il Position Paper dal titolo “Catene di fornitura, digitalizzazione, transizione green: l’evoluzione delle filiere produttive e delle relazioni tra PMI e Grandi Imprese”.
Il documento, realizzato a cura del Centro Studi e del Gruppo Piccola Industria di Confindustria Genova, analizza il contesto nel quale operano oggi le PMI, alla luce dell’impegno crescente che è richiesto loro per stare al passo di cambiamenti veloci e straordinari.
La pandemia da Covid-19 e le crescenti tensioni geopolitiche hanno avuto profondi impatti sulle economie, mettendo in evidenza la fragilità delle interdipendenze e lasciando il posto a una fase di globalizzazione lenta (slowbalization). Tra i cambiamenti straordinari che le PMI liguri inserite nelle catene globali del valore si trovano ad affrontare ci sono sfide riconducibili a tre ambiti: l’evoluzione logistico-organizzativa delle filiere stesse; la digitalizzazione delle attività; l’impatto della transizione green e delle nuove regole ESG. Per poterle affrontare, le PMI devono poter contare sul sostegno e la partnership delle grandi aziende presenti nelle filiere, le quali avranno, dal canto loro, tutto l’interesse affinché le piccole realtà non rimangano indietro e attuino percorsi di rafforzamento tecnologico e organizzativo. Relativamente alla riorganizzazione delle filiere, nel breve termine significa monitorare la catena di fornitura cogliendo i primi segnali di rischio, gestire il magazzino in modalità “industriale” (scorte eccedenti rispetto a quelle strettamente richieste dalla produzione) e creare delle reti di backup nelle forniture.
Nel medio termine, le strategie devono invece volgere verso una rilocalizzazione delle catene di fornitura a favore di Paesi geograficamente più vicini oppure la sostituzione di fornitori a favore di altri già presenti nel Paese di origine. Esiste anche l’eventualità della ridislocazione delle catene di fornitura non in aree più prossime, ma a condizioni economico-politiche migliori.
Alla base delle strategie di rilocalizzazione possono esserci diverse motivazioni, ognuna delle quali peserà in maniera diversa a seconda della struttura della filiera e dalle caratteristiche della singola azienda.
Il backshoring di fornitura delle imprese italiane, in particolare, sembrerebbe scaturire da una scelta strategica non solo a monte, guardando alle relazioni lungo la catena di fornitura, ma anche a valle, in chiave competitiva, guardando ai mercati di vendita. Infatti, all’aumentare della preferenza per i fornitori italiani, rispetto a quelli stranieri, si associano strategie di aumento delle vendite.
Nel medio termine, occorre anche prevedere l’implementazione di innovazioni tecnologiche per la gestione della filiera e dei comparti produttivi, con l’obiettivo di rispondere alle esigenze mutate del mercato e di accelerare lo sviluppo tecnologico delle aziende che ne fanno parte.
La digitalizzazione delle filiere è possibile attraverso la convergenza e applicazione dell’Information Technology (IT) con l’Operational Technology (OT): le più moderne tecnologie per la conservazione, trasmissione ed elaborazione dei dati combinate con l’uso di hardware e software per monitorare e controllare processi fisici, dispositivi e infrastrutture. Gli esempi più completi sono i Cyber Physical Systems (CPS), nei quali ciascun elemento fisico del sistema è dotato di capacità computazionale attraverso cui regola le proprie attività.
Per poter attuare processi di transizione digitale le PMI di una filiera possono sfruttare le azioni di Open Innovation che le grandi imprese della filiera possono decidere di avviare in ambiti innovativi e tecnologici. Gli approcci a questa strategia possono essere di due tipi, inbound e outbound: nel primo caso si tratta di adottare stimoli esterni per fare innovazione all’interno dell’impresa, mentre il secondo si basa sull’esternalizzazione di stimoli interni per intraprendere azioni di innovazione all’esterno dell’impresa (Joint Venture, Licensing e Platform Business Model).
La terza grande sfida per le PMI è legata alla sostenibilità nelle sue diverse sfaccettature, legate alla gestione “sostenibile” e strategica delle risorse a disposizione, siano esse naturali, finanziarie, umane o relazionali.
È evidente come queste azioni siano gravose, soprattutto per le PMI, in termini di investimento, riorganizzazione e formazione interna. Anche in questo caso l’adeguamento delle PMI a specifici standard di sostenibilità non può che passare da percorsi di filiera.
Per quanto riguarda la dimensione ecologica, i macro-temi
Genova Impresa - Maggio / Giugno
Umberto Risso e Andrea Razeto
su cui è necessario concentrarsi dal punto di vista delle filiere industriali sono: economia circolare (che rende più sostenibile la produzione attraverso l’uso efficiente degli input, azioni di re-manufacturing e modelli “product as a service” che contribuiscono a mettere fine all’obsolescenza programmata); transizione energetica (con soluzioni di smart manufacturing e di efficientamento energetico, dotazione di sistemi di monitoraggio ad alta precisione dei consumi energetici, ottenimento di certificazioni di Garanzia di Origine di impianti da fonte rinnovabile e, laddove possibile, la costituzione di CER); e mobilità sostenibile (con interventi specifici per una migliore gestione ambientale della logistica
PERCORSI DI FILIERA PER LA SOSTENIBILITÀ
delle merci e la mobilità delle persone. In questo caso si tratta di azioni in capo alle singole aziende, senza che vi siano, almeno diffusamente, sinergie di filiera in tal senso).
La sostenibilità ha anche una dimensione sociale, fondamentale tra l’altro per alimentare la fiducia degli stakeholder interni ed esterni. In azienda si declina nella gestione efficiente e strategica delle risorse umane e relazionali (ad esempio annullando discriminazioni di salario, garantendo soddisfacenti livelli di retribuzione, sicurezza e salute sul lavoro, migliorando i processi interni sostenendo le imprese locali nella scelta dei fornitori).
L’impegno delle aziende in tema di sostenibilità attrae, attraverso la cosiddetta finanza sostenibile e i criteri ESG, investimenti che generano benefici a lungo termine per la società e l’ambiente, oltre che per gli investitori. Pur non essendo ad oggi prevista un’obbligatorietà circa la rendicontazione di sostenibilità per le PMI non quotate, il tema del monitoraggio dei criteri ESG è un argomento di attualità; infatti, essendo le grandi imprese sottoposte all’obbligo, dovranno necessariamente richiedere a loro volta le informazioni previste alle PMI con cui intrattengono rapporti. In questo modo la capacità delle PMI di rispondere alle esigenze delle aziende diventerà presto un elemento di competitività per mantenere o inserirsi nell’indotto e nelle filiere di fornitura delle grandi imprese.●
Il Position Paper completo è consultabile e scaricabile online: https://bit.ly/PositionPaperPiccolaIndustria
UNA «NORMALE» INCERTEZZA
Brevetto di una rivoluzione nell’editoria.
Quando vado al Salone internazionale del libro di Torino ho sempre la stessa sensazione, entro in un immenso labirinto dove mi è difficile trovare l’uscita, non tanto per la complessità della struttura, quanto per i molteplici stimoli ricevuti che mi fanno spesso cambiare strada nel percorso mentale precostituito. Per questo motivo ho smesso di programmare l’itinerario, preferendo l’abbandono tra i viali luminosi della curiosità, che spesso alberga negli angoli meno frequentati dell’affollato dedalo.
Mi sono così affacciato ad alcune presentazioni, cosiddette minori, proprio in quegli spazi più tranquilli. Tra queste voglio segnalare quella che ho trovato certamente più innovativa, che contempla pure un brevetto. Già, perché al Salone del libro si è aperto un nuovo capitolo nell’evoluzione della scrittura, con il debutto di Wrebook, una rivoluzionaria piattaforma italiana che ridefinisce il modo in cui i libri sono concepiti e letti.
Un’innovazione senza precedenti nel settore editoriale, che consente agli autori di integrare in modo fluido contenuti digitali e cartacei, aumentando l’esperienza di lettura per i loro pubblici.
La presentazione è stata introdotta da Piero Formica, saggista, professore di economia ed editorialista de Il Sole 24 Ore, partendo dall’evoluzione dell’editoria fino all’integrazione tra intelligenza umana e artificiale. Il cuore di questa rivoluzione è un software depositato in SIAE e protetto da un brevetto, anch’esso depositato, frutto di anni di ricerca e sviluppo, che crea il primo “reader” con un sistema di indicizzazione innovativo, connettendo libri di carta, e-book e web in un’unica e potente esperienza di lettura e, aggiungo, aggiornamento continuo.
«Con Wrebook, mettiamo al centro l’autore e il lettore, offrendo loro uno strumento che cambierà radicalmente il modo in cui scriviamo e leggiamo i libri», ha dichiarato Marzio Lolli Ghetti, fondatore di Wrebook ed esclusivista dei diritti d’uso del brevetto.
di Claudio Burlando
Grazie a questa piattaforma all’avanguardia, gli autori potranno arricchire i loro libri con contenuti aggiuntivi e collegamenti diretti, tra gli altri, ai social media, offrendo ai lettori una nuova dimensione di coinvolgimento e interattività. Il sistema Wrebook rivoluziona il ruolo degli editori e degli autori, collega le note scritte su un e-book direttamente al libro cartaceo corrispondente, consentendo agli autori di arricchire i loro testi con annotazioni, commenti e aggiornamenti facilmente accessibili sia in formato digitale che cartacea. Questo non solo rende i libri dinamici e interattivi, ma permette anche di centralizzare e ottimizzare la relazione tra autore e lettore perché - e questo è l’aspetto dal mio punto di vista più interessante - il lettore stesso può aggiungere note, collegamenti a contenuti che possono averlo suggestionato (un film, un libro, un video...), e scegliere di condividerli con l’autore, il quale potrà decidere di renderli visibili a tutti i lettori.
All’evento di lancio era presente anche il corporate artist Arvedo Arvedi, autore di “Corporate Art - Adottare un nuovo approccio al marketing e alle vendite”, primo libro di un self publisher realizzato con il sistema Wrebook. Arvedi fa un escursione della storia dell’arte non con una visione artistica, ma dal punto di vista del marketing; nelle sue opere unisce il primitivismo al tecnologico e la sua arte ben si colloca tra la cultura d’impresa, il ruolo dell’arte nelle imprese e l’innovazione editoriale del saper fare progetto coinvolgendo il lettore. Ho trovato molto interessante la relazione appassionata di Vincenzo Naclerio, esperto di libri e titolare del brevetto, per il quale Wrebook è il libro del nuovo mondo: «Abbiamo applicato alla lettera la profezia di Umberto Eco: “Ogni testo è una macchina pigra che chiede al lettore di fare una parte del proprio lavoro. Questo tipo di lettore o spettatore lo chiamo lettore modello, un lettore tipo che non solo il testo prevede come collaboratore ma che anche cerca di creare”». Naclerio ha guardato all’antica Grecia realizzan-
do, molti secoli dopo, la visione di Socrate che così si esprimeva nel simposio di Platone: “Sarebbe bello Agatone se la sapienza potesse fluire al solo contatto reciproco, dal più pieno al più vuoto di noi, come l’acqua nei calici che scorre dai più colmi ai più vuoti attraverso il filo di lana, il filo di lana per noi è l’indice del libro”. Il libro smette di indossare la toga dell’autorità e veste i panni dell’autorevolezza. E quando un progetto innovativo trae spunto dalle fondamenta del pensiero filosofico ancestrale, trovo l’innovazione ancora più appassionata. Così la carta mantiene un ruolo centrale nell’editoria, anche nell’epoca digitale. Piuttosto che essere un elemento di contrasto, il formato cartaceo enfatizza le qualità del digitale, potenziandole. Wrebook rappresenta un nuovo step in questa direzione, combinando il meglio di entrambi i mondi per offrire un’esperienza di lettura e interazione senza precedenti. Una delle prossime funzionalità previste dal piano di sviluppo consiste nella possibilità di ordinare la propria copia del libro cartaceo contenente le note aggiunte nella propria versione digitale. Se penso al pubblico imprenditoriale, le implicazioni di Wrebook sono molteplici. La piattaforma permette di creare libri che coinvolgono attivamente i lettori, creando un dialogo continuo tra autore e pubblico. Questo può portare a una maggiore fidelizzazione e a una crescita dell’interesse per i contenuti, con potenziali benefici significativi per il marketing e le vendite.
Nicolas Barreau, pseudonimo dell’editrice scrittrice Daniela Thiele, ha affermato che “la prima frase di un libro è come il primo sguardo tra due persone che non si conoscono”. Io a Torino ho incrociato uno sguardo innovativo, che mi ha portato a guardare verso un’uscita sorprendente dal labirinto della staticità.●
Naclerio, Piero Formica, Arvedo Arvedi e Marzio Lolli Ghetti
Claudio Burlando è Presidente della Sezione Turismo, Cultura e Comunicazione di Confindustria Genova e Componente del Gruppo tecnico Cultura di Confindustria
Vincenzo
di Matteo Trotta
Da Archimede
Il passato che illumina il futuro.
all’energia solare
Ansaldo ImpiantiEurelios, senza data ma 1980 circa
Il progresso tecnologico e l’urgenza di ridurre le emissioni di gas serra stanno spingendo sempre di più la società verso fonti di energia rinnovabile come il solare. L’energia solare è una risorsa pulita e abbondante che può essere sfruttata per soddisfare le nostre esigenze energetiche. Grazie alla sua posizione privilegiata, il nostro paese ha un enorme vantaggio nello sfruttamento del sole come fonte di energia sostenibile.
Le potenzialità legate all’uso dell’energia sprigionata dal sole sono note fin dall’antichità. Archimede, famoso matematico, fisico e ingegnere greco vissuto nel III secolo a.C. a Siracusa, passato alla storia per aver escogitato il metodo per misurare il volume dei corpi solidi attraverso la loro immersione in acqua (Principio di Archimede), dedicherà gran parte della sua vita allo studio del sole. Uno dei suoi esperimenti più famosi riguardò l’utilizzo degli specchi per concentrare la luce solare e utilizzarla a scopo difensivo per neutralizzare le navi romane durante l’assedio della sua città, nel 212 a.C. In questo contesto, la leggenda narra che furono progettati dei giganteschi specchi parabolici per riflettere e focalizzare i raggi del sole sulle galee romane che stavano attaccando la città, facendole incendiare. Che il sole fosse capace di generare energia era dunque cosa nota anche nell’antichità e nel Medioevo, ma per avere studi scientifici coerenti sull’argomento bisognerà aspettare il XIX secolo quando il fisico francese Bacquerel inventò la prima fotocellula che permise di convertire direttamente la luce solare in energia elettrica.
I primi progetti di impianti che sfruttavano il sole per produrre energia per uso civile e domestico hanno origine da studi avanguardistici che ebbero vita a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Già nel 1969, la neonata Enel sottoscriverà un accordo europeo per realizzare una centrale solare che venne progettata seguendo le intuizioni del matematico e fisico italiano, nonché pioniere degli studi sull’energia solare, Giovanni Francia. Nato a San Germano Chisone nel 1911, approfondì le varie materie scientifiche presso l’Università di Torino e successivamente fu assistente volontario al Politecnico di Torino. Nel 1940 assunse il ruolo di assistente alla cattedra di Meccanica
applicata alle macchine della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova. I suoi innovativi studi lo condussero alla progettazione e costruzione delle prime centrali solari termoelettriche in Italia con impianti basati sulla concentrazione solare, sia lineare che centrale. Il suo primo impianto di tipo lineare, ossia con pannelli solari disposti linearmente su più file, fu costruito nel 1964 a Genova e installato all’Università di Marsiglia. L’anno successivo seguì la costruzione della stazione solare di San Ilario, all’interno del Podere Costigliolo oggi sede dell’Istituto Agrario Bernardo Marsano, in cui vennero installati sistemi di concentrazione con ricevitore centrale a “Torre Fresnel”, in cui i pannelli erano disposti e orientati verso una colonna centrale che fungeva da accumulatore che a sua volta alimentava una caldaia per la produzione di vapore. L’impianto ha rappresentato la base per le future centrali termo-solari come quelle di Siviglia e del Deserto del Mojave in California (USA).
Grazie a queste prime applicazioni concrete dei suoi studi, tra il 1977 e il 1980 Francia viene chiamato dalla società Ansaldo a collaborare a Eurelios, uno dei primi progetti per lo sfruttamento industriale dell’energia solare. L’impianto sarà realizzato ad Adrano in Sicilia, perché ritenuto il sito più assolato d’Europa e, successivamente, partecipò alla costruzione di una seconda centrale solare a concentrazione a Priolo, nel Siracusano. Francia, con le sue intuizioni e sperimentazioni, nell’arco di meno di vent’anni, richiamò l’attenzione di tutto il mondo su Genova, che a metà degli anni Settanta poteva essere considerata “capitale mondiale del solare”.
Nonostante le buone premesse, il progetto Eurelios ebbe vita breve. Già nel 1980 l’impianto di Adrano fermò la produzione poiché ritenuto troppo dispendioso. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, infatti, l’Ansaldo e tutte le altre realtà industriali attive nel settore energetico avevano deciso di investire la maggior parte delle proprie risorse, sia umane sia finanziarie, nel settore elettrico-nucleare che in quel momento veniva visto come trainante del comparto. Se nel corso degli anni Ottanta l’Italia abbandona progressivamente gli studi sul solare, così non fu nel resto d’Europa e negli Stati Uniti dove lo studio del solare e del fotovoltaico
proseguì per essere applicato alle esplorazioni spaziali e per portare in orbita i satelliti. Oggi, l’urgente necessità di ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera e anche il climate change hanno reso la tematica delle energie sostenibili molto rilevante all’interno del dibattito pubblico. Da un lato i sostenitori di questa linea sottolineano i molteplici vantaggi per quanto riguarda la qualità energetica e si focalizzano sul fatto che, utilizzando queste fonti potenzialmente inesauribili, non vengono intaccate le altre risorse naturali. Vi sono però anche alcuni aspetti che destano alcune preoccupazioni e dubbi come quelli legati all’intermittenza della radiazione solare dovuta alle perturbazioni. Tra i problemi principali, oltre alla necessità di garantire un apporto costante di energia, c’è paradossalmente proprio quello relativo all’impatto ambientale. Un impianto solare industriale necessita infatti di ampi spazi che spesso derivano dall’occupazione di terreni agricoli e naturali, con conseguenze non trascurabili in termini di deforestazione e alterazione degli ecosistemi locali, con una conseguente perdita di biodiversità. Recenti studi scientifici hanno inoltre evidenziato possibili disturbi alla fauna selvatica soprattutto per quanto riguarda i volatili che, se da un lato possono danneggiare involontariamente gli impianti fotovoltaici, dall’altro subiscono a loro volta gravi ripercussioni sulla loro attività migratoria, sulla nidificazione e sul loro stato di salute generale. Per ridurre e attenuare il più possibile queste criticità è importante adottare pratiche sostenibili fin dal momento
della progettazione dell’impianto, preferendo impianti di piccole dimensioni in zone industriali o dismesse ed evitando di occupare terreni produttivi e agricoli, o ancor peggio aree naturali, e utilizzare materiali che possano essere riciclati dopo la loro dismissione. Garantendo una gestione sostenibile di ogni fase di costruzione e di attività degli impianti per la produzione di energia solare, è possibile davvero sfruttare al massimo il potenziale di questa fonte pulita e inesauribile. L’energia solare sta guadagnando sempre più terreno in tutto il mondo. Grazie ai continui progressi tecnologici e alle politiche di incentivi adottate da molti governi, questa forma di energia sta diventando sempre più competitiva rispetto a quella convenzionale le cui fonti si stanno via via esaurendo. In molti paesi, i consumatori possono usufruire di incentivi fiscali, sussidi governativi e tariffe agevolate per l’energia solare, rendendola una scelta conveniente e sostenibile.
Il dibattito su questo tipo di energia continua a suscitare pensieri e opinioni contrastanti, ma è innegabile che questa fonte energetica avrà un ruolo fondamentale nel futuro del nostro paese e anche del mondo intero. Con il supporto e l’impegno di tutti gli attori coinvolti, dalle aziende agli enti pubblici nel cui territorio sono presenti impianti solari, fino ad arrivare al singolo consumatore, l’energia solare potrà contribuire in modo significativo alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e alla salvaguardia dell’ambiente per le generazioni future.●
Eureliosretro, senza data ma 1980 circa
Il Celivo racconta di un 2023 caratterizzato dalla grande richiesta di formazione e consulenza per gli ETS, di orientamento al volontariato per i cittadini e dalla attiva partecipazione delle imprese.
Bilancio
positivo
La ventiduesima edizione del Bilancio Sociale del Celivo 2023 è stata approvata il 27 maggio dall’Assemblea dei Soci.
Il bilancio sociale è uno strumento di rendicontazione dettagliata delle attività compiute dallo staff del Celivo dal 1º gennaio al 31 dicembre a favore della promozione del volontariato nella propria area di competenza. Il documento è redatto grazie alla registrazione quotidiana e puntuale di tutte le “erogazioni” (servizi resi) gratuite, effettuate quotidianamente dal Centro di Servizio. Nel 2023 le erogazioni hanno sfiorato il numero record di 23.500, a favore di 990 Enti di Terzo Settore, 23 enti pubblici e 246 enti privati. I servizi gratuiti offerti dal Centro possono essere ricondotti a sei macrocategorie: promozione, orientamento e animazione territoriale; formazione; consulenza, assistenza e accompagnamento per gli ETS; informazione e comunicazione; supporto logistico; ricerca e documentazione. «Anche l’annualità 2023, come la precedente, è stata caratterizzata da un forte impegno consulenziale e formativo
per supportare i volontari che manifestano grandi difficoltà nel rapportarsi con i nuovi adempimenti generati dalla Riforma [...] - cita l’introduzione a firma del nuovo presidente Stefano Dossi e della direttrice Simona Tartarini -. Abbiamo lavorato moltissimo sulle competenze dei volontari, sul loro accompagnamento e sull’accrescimento delle risorse umane negli ETS. Molti sforzi sono stati fatti nel campo della promozione del volontariato, con un’intensa attività nelle scuole superiori e con l’Università di Genova, per sensibilizzare i giovani e favorire il ricambio generazionale».
A livello territoriale, Celivo opera nella città metropolitana di Genova, dove al 31 dicembre 2023 erano presenti 1.638 ETS.
Il 2023 ha segnato il venticinquesimo anno di età del Centro di Servizio. È stato caratterizzato da un alto interesse all’orientamento al volontariato, in particolare da parte dei giovani. Molto elevato anche il numero di partecipanti ai corsi, sia in presenza sia in webinar, nonché le consulenze per gli ETS.
Genova Impresa - Maggio / Giugno
di Francesca Sanguineti
Stefano Dossi
ANNI
PREMIO PER ESPERIENZE INNOVATIVE DI PARTNERSHIP SOCIALI TRA IMPRESE E ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E/O ENTI DEL TERZO SETTORE (ETS) ANNO 2024
Celivo – Centro di servizio per il volontariato ODV della città metropolitana di Genova e Confindustria Genova hanno sottoscritto, il 30 ottobre 2003, un protocollo d’intesa per favorire lo sviluppo di partnership territoriali tra imprese e mondo del volontariato/ terzo settore. Lo hanno rinnovato a marzo 2010 per consolidare ed implementare la loro collaborazione sui temi della responsabilità sociale, della solidarietà, dello sviluppo delle reti.
Nel 2024, per il ventesimo anno consecutivo, Confindustria Genova e Celivo bandiscono, il Premio per esperienze innovative di partnership sociali tra imprese e organizzazioni di volontariato e/o Enti del Terzo Settore (ETS) – per dare un riconoscimento alle iniziative di collaborazione sul territorio della città metropolitana di Genova tra il mondo profit dell’impresa e il mondo non profit del Volontariato e del Terzo Settore, realizzate o comunque già avviate nel corso del 2024, entro la data di scadenza del Premio.
È ammessa esclusivamente la partecipazione di imprese e Organizzazioni di volontariato (ODV) e/o Enti del Terzo Settore (ai sensi del D. Lgs.117/17), con sede nella città metropolitana di Genova.
La scheda di partecipazione e il testo del Premio sono reperibili sul sito del Celivo (www.celivo.it) e di Confindustria Genova (www.confindustria.ge.it). La scheda di partecipazione dovrà essere sottoscritta dai legali rappresentanti degli enti proponenti, e dovrà pervenire esclusivamente in formato elettronico entro e non oltre le ore 12 di venerdì 18 ottobre 2024 all’indirizzo e-mail: celivo@celivo.it oppure pponta@confindustria.ge.it (La scheda potrà essere eventualmente arricchita con l’invio di un breve video di massimo 3 minuti che racconti sinteticamente il progetto).
La valutazione dei progetti presentati avverrà in base ai seguenti criteri e requisiti:
• Efficacia e originalità dell’iniziativa;
• Miglioramento degli aspetti sociali e ambientali, anche in relazione agli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU;
• Valore sociale dell’iniziativa nei confronti degli stakeholder;
• Capacità di coinvolgere attori sociali diversi;
• Trasferibilità e ripetibilità dell’iniziativa.
Il Premio sarà assegnato nel corso di un’iniziativa pubblica. Verrà assicurata in seguito massima visibilità a tutti i progetti partecipanti. Confindustria Genova assegnerà un premio in denaro pari a euro 1.000 all’Odv e/o ETS capofila che avrà presentato il progetto vincente.
Per ulteriori informazioni si prega di rivolgersi a:
CONFINDUSTRIA GENOVA
Sito internet: www.confindustria.ge.it
E-mail: pponta@confindustria.ge.it (Piera Ponta)
Facebook: Confindustria Genova
Linkedin: Confindustria Genova
CELIVO - Centro di servizio per il volontariato ODV
Sito Internet: www.celivo.it
E-mail: borgogno@celivo.it (Roberta Borgogno)
Facebook - Linkedin: Celivo - Centro Servizio
Volontariato - Genova
LE IMPRESE NEL BILANCIO SOCIALE: PARTNERSHIP SOCIALI, VOLONTARIATO DI IMPRESA E OLTRE 100MILA BENI DONATI AGLI ETS
Le imprese sono presenti nel Bilancio Sociale del Celivo poiché coinvolte in diverse iniziative, per esempio il progetto “Le aziende promuovono il volontariato”, entro il quale le aziende si impegnano a veicolare i valori del volontariato attraverso i propri mezzi di comunicazione (sito, newsletter...) e il progetto di supporto alla programmazione, matching e facilitazione di percorsi tra impresa e volontariato. Le imprese si rivolgono al Celivo anche per identificare gli ETS che possano accogliere i propri dipendenti per attività di volontariato o team building. Anche qui citiamo qualche esempio: PwC Italia, Fratelli Cosulich, KPMG Advisory, Ital Brokers.
In partenariato con il CSV Emilia è stato realizzato “Volunteer Days” che ha coinvolto i dipendenti dell’Impresa Pizzarotti & C.; da menzionare anche “Joy of Moving” di Costa Crociere dedicato ai bambini tra i 3 e gli 11 anni, dove Celivo ha coinvolto gli ETS del territorio genovese e savonese, in collaborazione con il CSV Polis, organizzando 7 appuntamenti nella nave attraccata nei porti di Savona e Genova.
L’azienda Synlab Italia ha rilanciato il progetto “Le imprese promuovono il volontariato” e ha promosso “Cuore di donna - Screening gratuito prevenzione infarto nelle donne”. Infine, il 2023 è stato molto positivo per il progetto donazioni “Ti serve? Mi serve”, entro il quale Celivo promuove la cultura del riciclo e del riuso e sensibilizza imprese e cittadini a donare beni ancora utili e funzionanti agli ETS. Nel 2023 sono stati donati complessivamente oltre centomila beni, raggiungendo un numero di ETS beneficiari molto più alto rispetto a quanto preventivato. Il bilancio sociale è scaricabile dal sito del Celivo www.celivo.it.●
I NUMERI
1.726 cittadini orientati al volontariato
1.621 studenti formati
74 incontri nelle scuole
49 studenti UNIverso (UNIGE)
227 ragazzi inseriti in PCTO
Formazione:
3.534 persone
Consulenze per gli ETS:
3.770 consulenze e circa
11.800 consultazioni nell’area “documentazione” el sito del Centro
Attività con le imprese:
8 progetti di Partnership Sociali con 11 imprese coinvolte
105.794 beni donati nel progetto “Ti serve? Mi serve”
Consulenze
hanno seguito i corsi registrati 1.209 partecipanti ai corsi Promozione,
LA CITTÀ
Lanciata la terza edizione dell’iniziativa promossa da Walter Vassallo, che valorizza porti, porticcioli e approdi turistici in Italia.
Il valore dell’economia del mare è di 161 miliardi di euro in Italia (questo il dato che emerge dal XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare) e il settore dei porti turistici è rilevante e necessita di strumenti e soluzioni per essere maggiormente supportato e valorizzato.
Il Governo incoraggia iniziative strategiche per far crescere il settore della portualità turistica e renderla meglio integrata al tessuto socio-economico di un territorio, volano del turismo esperienziale, cerniera tra mare e terra, fatta di cultura, valori, tradizioni, storia, sport, arte, enogastronomia. In questo contesto, il mare deve unire, non ci devono essere distinzioni, non ci sono né vincitori né perdenti. È il sistema Italia che deve vincere.
È quanto è emerso il 19 aprile scorso all’evento organizzato da Walter Vassallo all’interno della , moderato dai giornalisti Isabella Puma e Corrado Ricci, per lanciare la terza edizione dei Blue Marina Awards, l’iniziativa ideata dallo stesso Vassallo allo scopo di promuovere eccellenza, sostenibilità, innovazione, sicurezza e accoglienza di qualità nei porti e negli approdi turistici italiani. Che non sono soltanto luoghi di attracco, ma veri poli di aggregazione, scambio e incontro, integrati con le risorse ambientali, culturali, sociali e storiche del territorio circostante. Il compito che si è dato Vassallo con l’istituzione dei Blue Marina Awards, quindi, è
favorire l’avvio di un processo di crescita e di miglioramento delle strutture turistiche coinvolte affinché possano affermarsi nel panorama nazionale e internazionale come catalizzatori di nuove opportunità di business e cultura oltre che come elementi chiave nell’attrazione di flussi turistici, integrandosi sempre più nel tessuto socioeconomico del territorio e delle comunità in cui sono inserite.
Attraverso la partecipazione agli Awards (a titolo gratuito), Marina, Marina Resort, porti, porticcioli a approdi turistici potranno verificare il loro stato dell’arte e ottenere un marchio di certificazione riconosciuto a livello europeo.
Per la terza edizione Blue Marina Awards è stato costituito un Comitato tecnico scientifico incaricato di valutare le candidature sulla base di punteggi assegnati a seconda delle evidenze che ciascun partecipante sarà in grado di presentare riguardo al proprio impegno in merito a temi quali l’accoglienza turistica, la sostenibilità, l’innovazione, la sicurezza. Il marchio di certificazione Blue Marina sarà conferito alle strutture che superano una sommatoria di punteggio superiore al 70% per i porti e al 55% per gli approdi.
La scorsa edizione ha visto la partecipazione di 100 strutture su un numero complessivo di 285, ottenendo il plauso unanime da parte delle principali Istituzioni, inclusa la Commissione Europea. Quest’anno, con l’introduzione di nuovi criteri e il supporto di una piattaforma online all’avanguardia
Walter Vassallo
gestita dal RINA, si prevede una partecipazione ancora più ampia. Le strutture interessate possono registrarsi al sito www.bluemarinaawards.com che invierà in automatico le istruzioni e il link alla piattaforma RINA, dove sarà necessario rispondere ai quesiti e caricare le evidenze entro e non oltre il 18 ottobre 2024.
Le premiazioni si svolgeranno in un evento conclusivo entro fine novembre 2024, la cui data e luogo saranno annunciati prossimamente. Il regolamento è consultabile nel sito www.bluemarinaawards.com.●
Come ormai da tradizione, anche la ottava edizione del Festival dello Spazio (a Busalla dal 27 al 30 giugno prossimi) dedica un’intera giornata alla Space Economy, venerdì 28 giugno.
Tra i relatori spicca Teodoro Valente, nuovo presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana che, intervistato dal giornalista scientifico del Corriere della Sera Giovanni Caprara , spiegherà come l’ASI intenda mantenere il ritmo di grande crescita che ne ha segnato il recente passato, anche grazie a nuove iniziative imprenditoriali. Interpretando un auspicio di Confindustria Genova per una rinnovata collaborazione tra aree industriali vicine, uno dei tavoli di esperti accoglierà uno scambio di esperienze tra Fulvia Quagliotti e Angelo Vallerani, presidenti rispettivamente dei distretti aerospaziali piemontese e lombardo, in dialogo con Giovanni Dal Lago del Direttivo Rete Regionale Veneto Aerospazio e Remo Pertica , presidente del Siit genovese.
Un altro panel offrirà una fotografia di come incubatori e fondi di investimento possano promuovere nascita e crescita di nuove startup spaziali dedicate alla Lunar Economy. A parlarne saranno rappresentanti di Evolunar e ORiS, incubate al Bic dell’ESA a Torino, e di Space V, che mostrerà il suo prototipo di serra spaziale adattiva nella sala delle esposizioni.n
Il programma completo della giornata dedicata alla Space Economy e dell’intero Festival dello Spazio è reperibile sul sito www.festivaldellospazio.com
Genova Impresa - Maggio / Giugno
Mauro Ferrando
Ogni volta diversa, dal 1966 emblema del florovivaismo di qualità, unico appuntamento italiano tra le floralies internazionali riconosciute da AIPH - International Association of Horticultural Producers. La 13ª Euroflora - in programma dal 24 aprile al 4 maggio 2025 - imprime una svolta decisiva nel suo lungo percorso. Dopo le ultime due edizioni nei Parchi e nei Musei di Nervi, torna nella sede originaria, il quartiere fieristico, oggi in corso di profonda trasformazione grazie a uno dei più grandi interventi di rigenerazione urbana del nostro Paese, firmato da Renzo Piano. L’edizione 2025, organizzata da Porto Antico di Genova in collaborazione con Regione Liguria, Comune di Genova e Camera di Commercio, sperimenterà un “ritorno al futuro”, un’Euroflora rigenerata negli spazi, nelle forme e nei contenuti. Con un palmares di oltre 6 milioni di visitatori e 7.000 espositori, Euroflora 2025 sarà un appuntamento affascinante e attrattivo con contenuti di grande bellezza, in un contesto straordinario e una città in festa. «Euroflora - sottolinea il presidente di Porto Antico di Genova Spa Mauro Ferrando - rinasce, ogni volta contemporanea, ogni volta capace di interpretare i bisogni del comparto e di promuovere, attraverso realizzazioni spettacolari, le eccellenze del florovivaismo e le caratteristiche paesaggistiche di ogni territorio come segno di identità. E per riportare il contatto con la natura al centro della vita quotidiana, unito a stili di consumo di piante e fiori più sano e consapevole, si darà spazio alle avanguardie progettuali e alle proposte più innovative con soluzioni ad alto contenuto tecnologico già utilizzabili ed esempi ancora in fase di studio, grazie alla collaborazione con il mondo della ricerca».
Il progetto architettonico della manifestazione, firmato dall’architetto Matteo Fraschini per Urges - Gruppo Valagussa, è qualcosa di assolutamente inedito nelle linee e nei contenuti, in un crescendo di riappropriazione dello spazio verde nel contesto urbano. Il percorso narrativo della mostra si dipanerà attraverso un dialogo con l’arte e il coinvolgimento di tutti i sensi richiamando l’attenzione sulle problematiche del nostro tempo: scarsità d’acqua, contaminazione tra paesaggi naturali e antropizzati, necessità di una nuova leggerezza e naturalità. L’impostazione del progetto mette in luce il suolo come primo riferimento dell’agire umano sulla Terra, una risorsa viva, modellabile e capace di sorprendere, dalla quale prende forma l’idea degli Origami, innalzati a modelli di pratica quotidiana che diventano espressione artistica e landmark per orientarsi tra i diversi spazi espositivi. Il concetto di contaminazione tra uomo e natura ritorna poi lungo il percorso narrativo nelle Arene: spazi destinati a incontri, presentazioni, laboratori e spettacoli. Euroflora si svilupperà partendo dal nuovo parco urbano in Piazzale Kennedy per entrare nel cilindro dell’arena del nuovo Palasport, proseguire negli spazi del piazzale mare per approdare su un percorso galleggiante realizzato nelle darsene su 51 pontili e infine terminare nel grande padiglione Jean Nouvel, per una superficie complessiva triplicata rispetto al 2022. Con una così grande varietà di spazi, coperti e scoperti, Euroflora tornerà a ospitare ogni tipologia di produzione; composizioni floreali, fiori recisi e bonsai potranno contare su ampie superfici espositive nel piano superiore del padiglione Jean Nouvel. Stessa collocazione per il Mercato Verde, che oltre alla vendita delle piante comprenderà le attrezzature e le tecnologie per il florovivaismo e il giardinaggio, gli arredi da esterno e i servizi per le aziende. Agli espositori, come da regolamento internazionale AIPH, sono assicurati gratuitamente gli spazi espositivi e una quota di materie prime come la torba, la sabbia e il tappeto erboso. Per il comparto fieristico la manifestazione è una sfida “imprenditoriale” caratterizzata da un fortissimo investi-
mento iniziale e un ritorno dato esclusivamente dalla vendita dei biglietti e dalle sponsorizzazioni. Fondamentale è l’organizzazione di concorsi, con premi in denaro, e bollino di eccellenza per i vincitori. Le giurie sono composte da figure di alta competenza in materia botanica, agronomica, paesaggistica, compositiva e artistica.
Con la collaborazione degli Ordini e delle Associazioni dei professionisti del settore è già stato lanciato uno speciale concorso riservato ai progettisti. Sono state raddoppiate le aree messe a disposizione, 10 riservate ai progettisti under 30, 10 riservate ai progettisti over 30. Una prima giuria selezionerà i 20 progetti da realizzare, la seconda li valuterà una volta allestiti “sul campo”.
La collaborazione con l’Agenzia ICE si intensifica con una promozione trasversale, che coniuga iniziative di matrice tradizionale come fiere e incoming, ad altre più innovative. Dopo una campagna di comunicazione verticale nei principali paesi target, arriveranno a Genova oltre 60 top buyer da mercati maturi, Est Europa, Fascia adriatica e Middle East. Nella giornata di lunedì 28 aprile tutti gli operatori professionali accreditati accederanno alla manifestazione gratuitamente e avranno a disposizione spazi dedicati per gli incontri.
Ma Euroflora è un’occasione unica, aperta a un pubblico di ogni età, grazie alla capacità di parlare linguaggi diversi, agli esperti di settore come agli appassionati. Green lo è per definizione, per scelta e per il suo percorso evolutivo. Da diversi anni persegue importanti obiettivi di crescita nella raccolta differenziata dei rifiuti e di riduzione, ove possibile, dell’impiego di materie plastiche e derivati negli allestimenti, nella ristorazione e nell’utilizzo di carta FCP per i materiali di promozione, con un’implementazione dei canali on line. Obiettivo dell’edizione 2025 è la certificazione ISO 20121, standard di gestione per l’organizzazione sostenibile di eventi. Per quanto riguarda la mobilità in avvicinamento, si conferma anche per l’edizione 2025 nel Waterfront di Levante la scelta compiuta per necessità nelle edizioni ai
Parchi di Nervi: impiego prioritario di mezzi di trasporto pubblico, posti auto riservati ai soli mezzi di servizio e ai visitatori con disabilità.
L’attenzione per i giovani sarà concentrata in Euroflora Young. A partire dalla storica collaborazione con l’Istituto Agrario Marsano di Genova, che si traduce in un importantissimo lavoro di preparazione e di manutenzione delle aree espositive e nell’allestimento di un giardino tematico, per i più piccoli è in serbo un programma ad hoc di laboratori, giochi e spettacoli. Novità 2005 sarà il concorso di progettazione riservato agli under 14 finalizzato ad accrescere l’amore per le piante. Il tema riguarderà gli spazi verdi all’interno delle scuole: dalla cura di una semplice piantina a quella di una piccola aiola, spazi permettendo. Per saperne di più c’è Il sito www.euroflora.genova.it in costante aggiornamento: un’interfaccia per gli espositori e un sito informativo completo di biglietteria per i visitatori. Euroflora 2025 è presente su Facebook, Instagram e X.●
VINCENZO MONACO
NUOVO DIRETTORE GENERALE DI PORTO ANTICO DI GENOVA
Toscano di nascita, veneto di adozione, Vincenzo Monaco, 59 anni tra poco, laurea in economia e commercio, MBA in Gestione delle Pubbliche Amministrazioni, è da poco approdato al Porto Antico di Genova, forte di una lunga esperienza prima in Tirrenia di Navigazione come direttore commerciale delle 4 società regionali Caremar, Saremar, Saremar e Siremar, poi come direttore generale in Vela Spa, società di marketing territoriale della città di Venezia e infine dome Direttore Generale di una delle associazioni più rappresentative italiane: la Confcommercio di Treviso. Un’esperienza che lo ha portato a gestire con una visione manageriale una molteplicità di servizi fortemente connaturati alla specialissima vocazione del territorio e via via ampliatisi nel tempo: dai trasporti marittimi e terrestri all’organizzazione dei grandi eventi, dal marketing urbano alla comunicazione e alla promozione culturale. Un approccio fondamentale per questa fase di trasformazione di Porto Antico che, dopo l’acquisizione del ramo fieristico e delle marine di Fiera di Genova Spa, si appresta ora a intraprendere una nuova fase di sviluppo dell’attività grazie alle prospettive offerte dal nuovo Waterfront di Levante, in termini di spazi e di aumento dell’attrattività, senza perdere di vista la continua valorizzazione di una delle aree più frequentate della città: il Porto Antico di Genova. Una società che oggi si trova a gestire aree afferenti ma non contigue con business diversi e variegati tra loro come eventi, congressi, fiere, real estate, darsene e parcheggi. «La sfida - sottolinea Monaco - sarà quella di dare uniformità alla gestione, continuità alla produzione e promozione delle attività nelle due aree alle quali aggiungere opportunità straordinarie per la Città quali Euroflora, evento internazionale simbolo del florovivaismo made in Italy e della migliore tradizione storica della Liguria».●
Verso il LA CITTÀ contemporaneo
Per la direttrice di Palazzo Ducale, Ilaria Bonacossa, è la Royal Academy di Londra il modello cui ispirarsi per intercettare pubblici diversi, di generazioni diverse.
Ilaria Bonacossa
Dallo scorso gennaio la critica d’arte milanese Ilaria Bonacossa è subentrata a Serena Bertolucci nel ruolo di direttrice di Palazzo Ducale, l’istituzione culturale più importante della città. Il suo è un ritorno a Genova, dove aveva lavorato, anni fa, al progetto di riqualificazione del museo d’arte contemporanea di Villa Croce.
Dal 2012 al 2016 lei è stata curatrice del museo di Villa Croce. Ora è di nuovo a Genova, con una carica di assoluto rilievo, nel bel mezzo di un processo di “conversione” della nostra città in meta turistica massiva. Quali sono le sue impressioni su questi primi mesi di lavoro? In quale stato di salute ha trovato il sistema culturale del nostro capoluogo?
Genova ha sempre avuto una vita culturale attiva. Ora, però, rispetto anche a soli pochi anni fa, la città è in una fase molto reattiva. C’è anche più voglia di far interagire la cultura col turismo, con una modalità un po’ più proattiva di ingaggio del pubblico... E forse, per fortuna, c’è anche maggiore voglia e capacità di fare sistema. Dal mio personale punto di vista, la principale differenza nel mio lavoro è che Villa Croce aveva risorse molto minori, ma mi consentiva di operare in totale libertà, e anche di sbagliare. Qui a Palazzo Ducale è diverso. Qui c’è una rete articolata di persone e realtà, fatta anche di rapporti storici, che sono chiamata a far funzionare come sistema culturale. Ho sicuramente una responsabilità di continuità dell’identità del Ducale, con una voglia tutta mia, però, di spingere verso il “contemporaneo”. Il che, sia chiaro, non significa tanto o soltanto aumentare l’offerta di mostre d’arte contemporanea, quanto gestire in modo più vivace e, appunto, contemporaneo, la struttura. Se dovessi citare un modello eccellente di ciò che ho in testa, direi la Royal Academy di Londra che, pur facendo anche mostre d’arte antica, ha
una modalità di porsi e di comunicarsi molto contemporanea, transculturale, aperta, con al centro l’idea di intercettare diversi pubblici, di generazioni diverse.
Qual è il tratto a suo avviso più particolare dell’identità di Palazzo Ducale?
Molto bella e strategica è la sua identità di “piazza”, il suo non essere un museo, inteso come un mero luogo espositivo, ma un vero e proprio aggregatore culturale. Da più di vent’anni Palazzo Ducale è “il” luogo di riferimento per la presentazione di libri, incontri e conferenze, che vengono
offerti al pubblico in regime di gratuità, e questa è una cosa preziosa, niente affatto scontata, da portare avanti con convinzione. A dare identità a Palazzo Ducale sono poi alcune eccellenze, come “La Storia in Piazza”, un festival sul quale occorre investire, perché, secondo me, è un vero fiore all’occhiello della città, e non solo del Palazzo.
Sul piano dei contenuti dell’offerta culturale, quali sono le sue linee-guida?
Continueremo a proporre mostre di fotografia, che esistono a Palazzo Ducale da molti anni, con una storia d’eccellenza - come sta riconfermando, in questi giorni, anche “Aqua Mater” di Salgado. Le mostre fotografiche allestite negli spazi che danno su Piazza Matteotti consentono di risvegliare l’interesse di persone, turisti e semplici curiosi che, magari, non sono così abituati a frequentare i musei. Bello, e potenzialmente vincente, l’essere su strada, con un acces-
so facile, che consente una permeabilità anche fisica fra l’arte e i suoi potenziali fruitori. Stiamo lavorando per fare, a ottobre, una mostra di Lisetta Carmi, nel centenario della sua nascita. Con tanti inediti, e alcune foto di Staglieno e dei suoi “classici” travestiti, che non sono mai state presentate a Genova. La Carmi è un’artista che sta diventando sempre più importante a livello interazionale. Era un peccato che Genova non capitalizzasse su una figura di questo tipo, che ha anticipato tutto un filone della fotografia odierna sull’identità di genere. E poi, proiettandoci nel 2025, stiamo realizzando una grande mostra sulla scorta del tema individuato dal Tavolo della Cultura per l’anno prossimo, l’Ottocento. L’idea è quella di lavorare con le altre istituzioni del territorio. Perché, secondo me, un’altra delle linee strategiche intorno alle quali sarà bene orientarci è continuare sempre di più a collaborare, ad aprirci ad altri musei e istituzioni territoriali e, insomma, a renderci meglio permeabili alle eccellenze della città.
Com’è la situazione, dal punto di vista della disponibilità degli sponsor a supportare le vostre iniziative? Bisogna sempre più lavorare su una sinergia pubblico/privato, e provare a fare sistema. Si tratta di una chiave di volta necessaria per fare un salto in avanti, e consentirci di fare delle cose - sia a livello di produzione, sia nella comunicazione e nell’ambito del digitale - che possono darci forza nazionale e internazionale. Uno dei motivi per cui il sistema-Torino funziona molto bene è che lì ci sono due fondazioni bancarie che agiscono da assessori alla cultura in pectore, in continuità da vent’anni. Una delle due, la Compagnia di San Paolo, è fondamentale anche per noi, ma alla città manca la Fondazione bancaria della “sua” banca, e questo si sente. I privati sono una risorsa. Ce ne sono, di disponibili al dialogo. Molti di loro sono meritoriamente attenti al sociale, ma vanno coinvolti di più rafforzando l’idea, della quale sono fieramente convinta, che l’arte e la cultura sono parte essenziale del sociale, perché sono formidabili strumenti di formazione civile. Su questo bisogna fare tanto lavoro, soprattutto in termini di sensibilizzazione. Che per noi vuol dire essere capaci di raccontare in modo credibile le ragioni di una storia, di un evento, di un ciclo di conferenze che possono essere nelle corde del partner al quale andiamo a chiedere sostegno. Funziona in tante città, e Genova non è un piccolo paese, ma una grande città, con tante realtà industriali e imprenditoriali significative.
La Fondazione Palazzo Ducale le ha attribuito un mandato di cinque anni. Come s’immagina il Ducale alla fine del 2028?
Vorrei essere riuscita a farlo virare un po’ di più verso la contemporaneità, l’ho già detto e lo ribadisco, lavorando anche sul rapporto fra la dimensione pubblica del palazzo e l’arte che si fa. E vorrei averlo fatto anche tramite un’opportuna alfabetizzazione digitale, perché è un modo nuovo di incontrare dei pubblici e una via in qualche modo inesorabile... E poi, con il mio staff, che è molto competente, appassionato e motivato, vorrei aver prodotto dei contenuti di qualità, come nel caso della mostra in corso “Nostalgia”. È importantissimo, infatti, che un’istituzione come la nostra non sia solo un ente ospitante, ma produca cultura di suo.●
20 maggio di undici anni fa Flavio Costantini moriva a Rapallo dove per tanti anni aveva vissuto in una casa da cui si godeva l’impareggiabile visione del Golfo del Tigullio. Quando tracciava a tempera i suoi caratteristici racconti, per non smarrire la concentrazione oscurava le finestre dello studio che si spalancavano su un simile spettacolo edenico. Così nascevano gli “anarchici” di cui aveva scritto nel 1983 Leonardo Sciascia su una monografia dedicata ai “maestri contemporanei” venduta a cadenza mensile nelle edicole. In Costantini, come lo vedeva Sciascia, «l’anarchico era rap-
presentato nel gesto micidiale, quello in cui si assommava la propria vita e la propria morte: piccolo, sparuto, commiserevole - in piccolezza sproporzionato all’avvenimento tragico che col suo gesto creava. Patetico sino a sfiorare il comico, irrompeva da intruso in quelli che Machiavelli chiama i luoghi alti. I luoghi alti della tragedia: e la rigenerava, dopo qualche secolo di desuetudine». In tali composizioni non è contemplata la prospettiva: le vicende si svolgono su un unico piano senza fuga. I personaggi proiettano le loro azioni nel nostro tempo: ci guar-
CULTURA & SOCIETÀ
Genova Impresa - Maggio / Giugno
Flavio Costantini
di Luciano Caprile
Terra Nova, 1988. Courtesy Archivio Flavio Costantini, Genova e Carrara
dano, paiono interrogarci. L’impatto emozionale è immediato, il disegno ricama nei particolari una storia che fa da coreografico corredo alla drammaticità del racconto: i protagonisti sono colti sul fatto con la pistola in mano o con la bomba nell’atto di lanciarla. Nessun dubbio: sono colpevoli, eppure la narrazione non li condanna, li offre come vittime di un destino più grande di loro. Così appaiono i protagonisti di “Nogent sur Marne” del 1965 o di “Chicago, 3 maggio 1886” del 1968. Un modo direttamente traumatico e raffinatamente didascalico di rileggere certa storia che ci colpisce, ci fa pensare e ci fa riandare a certe allusioni kafkiane che Costantini conosceva e riversava nelle sue vicende. Un modo che ribalta anche certa logica corrente. L’aveva già fatto qualche anno prima con il ciclo della “Corrida” dove il vero protagonista è il toro e i toreri sono le vittime designate. Un filo di ricorrente e talora tragica ironia attraversa ogni opera che in tal modo non consuma il suo significato nell’immagine ma chiama ciascuno di noi a un dialogo interiore. Infatti il distillato decoro in cui avvolge le sue storie assume il ruolo del contenitore di un mistero celato dall’apparenza. Un mistero che ci appartiene e da svelare ognuno per sé. Così si possono accogliere anche quelle vedute di segreti angoli di Genova (per esempio “Piazza Banchi” e “Piazza Portello” del 1962) che sembrano evocati da un dagherrotipo; così ci appaiono i ritratti di letterati come gli amati Kafka, Proust e Conrad da specchiare in un caratteristico elemento di distinzione. A toccare il colmo della stupefazione e dell’angoscia è quindi iniziata nel 1982 la serie dedicata al naufragio del Titanic. Qui l’assenza di presenze umane fa da sinistro contrasto alle festose luci che precedono e in qualche modo accompagnano la caduta nell’abisso; qui i sontuosi decori di un particolare (come in “Private Promenade”) vengono vanificati dall’inclinazione del pavimento che annuncia la catastrofe. Un clima che nella narrazione ha senz’altro accolto certe paure e certe sinistre emozioni vissute dalla stesso Costantini nella prima fase dell’esistenza trascorsa in mare quando aveva navigato con la Marina Militare e con quella Mercantile. Questo autore solitario che non aveva avuto maestri se non di natura letteraria, che non aveva seguito “correnti” o “ismi”, raccontava pertanto vicende che avevano in comune il piacere della stupefazione e di una eleganza propositiva capace di offrire straordinari stimoli interpretativi. Così l’ironia, l’eleganza e il suo timido sorriso si ritrovano ancora oggi in queste opere che mantengono e propagano una rara, preziosa attualità concettuale.●
94 Genova Impresa - Maggio / Giugno 2024
Errico Malatesta e Michele Angiolillo, Londra, luglio 1896 (1971), tempera, cm 70x50. Courtesy Archivio Flavio Costantini, Genova e Carrara
CULTURA & SOCIETÀ
OLT RE la tela
Giacomo Madia presenta “con parole sue” il percorso artistico e le opere esposte alla Galleria d’arte contemporanea Capoverso di Genova nella mostra “Oltre la tela”.
Non è facile presentare le proprie opere a terzi, in quanto l’auto referenzialità è pur sempre suscettibile di incerta trasparenza. Comunque sia, non disponendo di altra voce che sia la mia, e avendo raccolto una parte delle opere per una esposizione, mi è parso più semplice e diretto parlare in prima persona della mia “origine artistica” e del lavoro che è conseguenza di anni di attività e di osservazione dell’evoluzione di ciò che si identificava in pittura e scultura, e che attualmente non trova una sua univoca identificazione artistica, se non nell’insieme del largo concetto di arti visive, non necessariamente congiunto alla rappresentazione ed interpretazione dell’oggetto o della figura di per se stessa. Ho iniziato a disegnare, dipingere ad acquarello e olio e a plasmare la plastilina (ho sempre detestato il “Pongo”) all’età di 12 anni, riportandomi a tutto ciò che attirava la mia attenzione sulla figura e scultura, e a 15 ho collezionato il mio primo quadro regalatomi dal pittore De Cavero, del movimento DECALAGE di Torino, che, in occasione di una esposizione alla Galleria Rotta a Genova nel 1957, colpito dall’assiduità con la quale un ragazzetto della mia età continuava a frequentare ogni pomeriggio la galleria, impalato di fronte a un suo quadro, mi disse: “se il sig. Rotta (a quei tempi il figlio Rinaldo non era ancora entrato in Galleria) non mi chiede le commissioni, te lo regalo”. Erano dunque gli anni fra il 1950 e 60, durante i quali si svilupparono i movimenti artistici più significativi e io stesso, frequentando assiduamente tutte le gallerie d’arte genovesi e avendo avuto la fortuna di ricevere aiuto all’introduzione ai concetti di arte non figurativa da parte del padre di un mio carissimo amico e grande collezionista, ero preso dalla genialità delle visioni artistiche e interpretazioni dei vari movimenti trascorsi e contemporanei. Così ricordo gli scambi di vedute con galleristi e artisti genovesi, quali Rocco Borella, Guido Chiti, Silvio Boero, Liliana Contemorra, quest’ultima di tendenza costruttivista e della quale “giace” una scultura nel giardino del Museo di Villa Croce. (...) Una intensa vita di lavoro non lascia spazio a una dedizione all’arte, così quando, per l’età raggiunta, decisi di allentare la pressione dell’impegno lavorativo e riprendermi il tempo libero, mi trovai in uno stato critico per ricercare in me non solo le mie capacità espressive, ma quali fra le tante che avevo immagazzinato negli anni, e al di fuori dei disegni e bozzetti, e di una esposizione alla Galleria d’arte Rotta di Genova e una partecipazione ad ARTE Genova nel 2005, mi domandavo quali forme e tecniche sarebbero state più consone ad esprimere, con linea di continuità, quel senso che entro di me volevo perseguire. (...) A poco a poco, giungevo a una sintesi che voleva per un verso semplificarsi e da un altro espandersi per comprendere ciò che da sempre mi aveva affascinato nel compendio di spazio e tempo tramite la più grande espressione: il segno dell’uomo, la scrittura. Ma ancora avevo bisogno di condensare in una mia forma o linguaggio, questa sintesi. E dunque tornai a rivivere le esperienze di Fontana, dello spazialismo di Castellani, del cubismo, della scrittura
degli Assiro Babilonesi, del braille dei ciechi, delle cancellature di Isgrò, dei nastri delle telescriventi, e volli così, sperimentare il passaggio del colore attraverso una piastra di metallo traforato facendo affiorare, trasparire ciò che non si vedeva dal lato del verso, che era nascosto, e che apparendo sul recto poteva essere letto, ed eventualmente manipolato, utilizzato o distrutto. (...) Volli quindi ricercare e dare capacità espressiva alla tela stessa e di permetterle, senza violarla, così come fu il “taglio” di Fontana o le lacerazioni di Burri, di far parte del risultato più che di semplice mezzo, per far trasparire effetti che avrebbero potuto scaturire, ma erano nascosti. Forzai così il passaggio del colore dal verso della tela al recto, ottenendo delle “apparenze”, in parte volute, tramite stesure del colore più leggere o più pesanti, e in parte dovute alla maggiore o minore tensione dell’incrocio della trama con l’ordito, e accettando questa “casualità” come una narrazione dell’opera dovuta alla tessitura della tela stessa, quasi una evidenza delle vicende che la vita ti para dinanzi, ti suggerisce o ti oppone. (...)
La citazione di Paul Klee «l’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è» traduce compiutamente quello che mi prefiggo con il mio lavoro: esprimere un concetto, promuovere una sensazione e lasciare spazio all’interpretazione personale dell’osservatore.●
INDUSTRIA & LETTERATURA
di Massimo Morasso
L’assunto è di quelli che intrigano, e spingono a riflettere. Gli intellettuali (gli scrittori) che poco più di sessant’anni fa hanno “inventato”, in Italia, la cosiddetta letteratura industriale sarebbero stati i portavoce inconsapevoli di una latente, paradossale antimodernità. Il cupo ritratto impietoso che quegli scrittori - da Elio Vittorini a Ottiero Ottieri, da Paolo Volponi a Luciano Bianciardi, da Pier Paolo Pasolini a Lucio Mastronardi, da Franco Fortini a Goffredo Parise, da Italo Calvino a Giovanni Testori - hanno fatto del controverso fenomeno del miracolo economico sarebbe stato il frutto di una scelta di campo ideologica, o comunque di una visione parziale, che li portò a mettere in evidenza quasi soltanto i lati in ombra e le storture dei due mondi della fabbrica: quello per così dire “iperuranio” dei padroni, e quello psicologicamente ed economicamente “infernale” degli operai, sottoposti, per lo più, al regime disumanizzante della catena di montaggio.
A farci prendere coscienza di questa realtà, o quantomeno di questa ipotesi critica, è un libro bello e importante, che è uscito da poco più di un anno per i tipi di Marsilio. Si tratta di “La modernità malintesa. Una controstoria dell’industria italiana” di Giuseppe Lupo, cioè a dire uno dei nostri più intelligenti narratori delle trasformazioni antropologiche del Novecento, studioso appassionato, dal coté letterario, della civiltà industriale e post-industriale.
Quella di Lupo in questo nuovo saggioracconto, che ha il pregio non irrilevante di farsi leggere con piacere, è una ricognizione documentatissima, che si muove attraversando storie e geografie letterarie le più diverse. Il libro ripercorre il paradigma del moderno lungo un’asse temporale che va dal tramonto della civiltà contadina all’avvento dell’industrializzazione, e poi dalle speranze utopiche dell’era del boom agli incubi distopici del nostro postmoderno avanzato. Al centro del discorso stanno i modi, le ragioni e gli esiti, nel riverbero della pagina ben scritta, del rapporto tra uomini e macchine nel corso del Novecento. Un rapporto non facile, si sa. Perché dire Novecento, oggi, equivale a dire tante cose: “secolo breve”, “età della fine delle ideologie” e anche, più obiettivamente, “modernità industriale”. Ma dire modernità industriale significa evocare un inedito, e per taluni aspetti inquietante, crogiuolo di contraddizioni che ha infranto equilibri secolari, imprimendo una svolta epocale, sul piano economico e politico, che ha generato un insieme indistricabile di promesse e delusioni: si pensi alla rapida ascesa e caduta del proletariato sul proscenio socio-politico, e, nel riflesso colto dei fermenti che le hanno favorite, al sostanziale fallimento dell’opzione neorealistica fomentata all’inizio degli anni ‘60 da Vittorini & co., per i quali alle nuove condizioni economiche e sociali doveva corrispondere una nuova forma di romanzo, un nuovo modo di fare letteratura. Il revisionismo storico-letterario agito da Lupo si basa su una visione multiprospettica. La controstoria nominata nel sottotitolo del libro non è solo il frutto di una lettura di
taglio storicistico delle diverse tappe d’eccellenza che, nell’insieme, fanno l’epopea del romanzo industriale - un’epopea che, secondo lo studioso, ha come limiti cronologici “Tre operai” di Carlo Bernari (1934) e “La dismissione” di Ermanno Rea (2002). La fisionomia credibile di questa storia alternativa emerge con nettezza, infatti, anche alla luce dei perspicui affondi che lo scandaglio di Lupo fa negli universi del design, dell’architettura e della pubblicità, e grazie all’analisi della rilevante funzione di svecchiamento e orientamento intellettuale attutata dai periodici aziendali. La parte forse più interessante dello studio è forse proprio quella, piuttosto corposa, dedicata agli “house organ”, che vengono visti come dei luoghi cruciali di dialogo dell’intellighenzia letterata con la modernità, tra entusiasmo (interessato o meno che fosse) e (larvato, o possibile) dissenso. Nell’ottica di Lupo le riviste di fabbrica condensano, e portano ad ambigua incandescenza, le dialettiche attive nella lunga contesa fra contaminazione e purezza che, secondo lui, ha animato il secolo scorso al di là delle apparenze: strumenti di taglio pubblicistico quali erano, sono state lo stesso capaci di focalizzare con creatività e lungimiranza perlomeno alcune delle problematiche che il vento del progresso stava portando in dote al nostro Paese. Detto con le parole di Lupo, agli intellettuali chiamati a dar vita e identità a queste innovative casse di risonanza si chiedeva, più o meno sottotraccia, di farsi portavoce del moderno, «operando in vista di una comunicazione che fosse anche contaminazione di piste culturali, di prospettive euristiche, di linguaggi».
In controtendenza rispetto alla sua sostanziale svalutazione di molti dei romanzieri militanti, Lupo si concentra su alcune realtà e figure che hanno indagato senza preconcetti la modernità. Fra queste, fa emergere (giustamente) Leonardo Sinisgalli, al quale dedica un intero capitolo. A un tempo scienziato e umanista, nel 1948 l’ingegnere-poeta Sinisgalli fondò “Pirelli”, house organ dell’omonima azienda, una rivista avveniristica di mediazione fra la cultura tecnico-scientifica e la cultura tout court, che diresse per quattro anni, pilotandola in territori critico-immaginativi che stavano ben al di là della mera opportunità propagandistica, spinto com’era dal «bisogno di esplorare l’orizzonte della modernità attraverso gli occhi dei poeti e degli artisti». Insomma e per finire, “La modernità malintesa. Una controstoria dell’industria italiana” è un libro che merita attenzione, oltre che un plauso. Anche perché, facendoci guardare al nostro passato, compreso quello più recente (fra le pagine di Lupo si parla anche di “Mammut” di Antonio Pennacchi, di autori operai di culto come Luigi Di Ruscio, Vincenzo Guerrazzi e Tommaso Di Ciaula, e di romanzi appena pubblicati, come “Non è un pranzo di gala” di Alberto Prunetti, del 2022), con uno sguardo corrosivo per quanto persuasivo, ci spinge a convincerci che è arrivato il momento di invertire la rotta. E di riprogettare il futuro, anche quello “letterario”, con rinnovata fiducia.●