Rivista "Tradizione Famiglia Proprietà" dicembre 2024
Anno 30, n. 105 - Dicembre --2024 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova
“In tutto il mondo regnava la pace”
“
N ell’anno 752 dalla fondazione di Roma, nel quarantaduesimo anno dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto, quando in tutto il mondo regnava la pace, Gesù Cristo, Dio eterno, Figlio dell’eterno Padre, volendo santificare il mondo con la sua venuta, essendo stato concepito per opera dello Spirito Santo, trascorsi nove mesi, nasce in Betlemme di Giuda dalla Vergine Maria”.
Ecco un brano della Kalenda, antichissimo testo del Martirologio Romano poi inserito nella liturgia della veglia della Messa di Natale. La pace che regnava sul mondo era la Pax Augustea, durata dal 29 a.C., quando Augusto dichiarò la fine della grande guerra civile romana del I secolo a.C., fino al 180, quando morì l’imperatore Marco Aurelio.
In particolare, era l’inizio della Pax Christiana. Nostro Signore è il Principe della Pace che, come ricorda S. Agostino, è la tranquillità dell’ordine: ordine interno nelle anime, col dominio della fede e della ragione sulla sensibilità sregolata; ordine nella famiglia e nella società, con l’armonia dei rapporti umani; ordine nel mondo, con l’assenza di guerre fra le nazioni.
persone dello stesso sesso, mentre mette a tacere chi insegna la dottrina della Chiesa? In un mondo che, invece di onorare la purezza, predilige la trasgressione, perfino esibendola come nelle sfilate pride? In un mondo che non vuole riconoscere nemmeno i fatti della natura, negando la distinzione fra uomo e donna? No, davvero!
Può, dunque, stupire che un numero crescente di autori stiano parlando di malessere, di smarrimento, di depressione, di inquietudine e perfino di dispero in riferimento allo stato di spirito dell’uomo contemporaneo?
Come il figliol prodigo, però, qualcosa nella natura umana si sta ribellando. Le imposizioni dittatoriali dei partigiani del vizio contro natura stanno suscitando reazioni sempre più vivaci, anche in Italia. D’altronde, dal più profondo dell’anima dell’uomo contemporaneo, cominciano a manifestarsi aneliti di bellezza, di splendore, di meraviglioso troppo a lungo sepolti dal grigiore del mondo moderno. Di questo abbiamo dato puntualmente notizia nella nostra rivista.
La pace presuppone la giustizia: opus iustitiae pax. Senza giustizia non vi è possibilità di pace: non est pax impiis (Is., 48,22).
Vi può essere pace in un mondo che non riconosce il diritto alla vita del nascituro? In un mondo che chiude gli occhi alla persecuzione dei cristiani in terre a maggioranza islamica? In un mondo che conferisce status legale alle unioni fra
È il momento di accogliere il Principe della Pace che viene a portarci gioia e serenità. Ancora una volta la Sua luce squarcia le tenebre del mondo moderno ridandoci la speranza. AccogliamoLo cantando Puer natus est nobis est Filius datus est nobis, cuius imperium super humerum eius!
In questo Santo Natale, auguriamo ai nostri cari lettori le migliori grazie del Signore, per mezzo di Maria, Santissima Madre Sua e Madre nostra. u
Sommario
Anno 30, n° 105, dicembre 2024
v “In tutto il mondo regnava la pace”2 v A Torino si è mostrata la dittatura abortista4 v Brasile: battosta per la sinistra7 v Un Sinodo dentro il Sinodo?11 v Riflessioni sul Natale16 v Principe della Casa di Davide20 v Inginocchiati davanti al Presepe26 v Weihnachtsmärkte28 v Santurantikuy, il mercatino di Natale delle Ande30 v Cristianesimo e sapori31 v Consigli per la vita intellettuale34 v Il sublime segreto di una Dama cattolica38 v Quattro proposte dei giovani per il futuro della Chiesa cattolica nel Belgio42 v Il mondo delle TFP44 v Combattendo il satanismo46 v Cartolina di Natale48
Copertina: Christus natus est nobis! Venite adoremus! Ancora una volta il Bambino Gesù è nato per noi. Venite, adoriamo!
Tradizione Famiglia Proprietà
Anno 30, n. 105 dicembre 2024 Dir. Resp. Julio Loredo
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A Torino si è mostrata la dittatura abortista
di Julio Loredo
Sabato 12 ottobre, si è tenuto a Torino il convegno di FederVita Piemonte dedicato al tema “Per una vera tutela sociale della maternità”. Avrei dovuto dire che si è a malapena tenuto, poiché è stato pesantemente boicottato e assalito da uno stuolo di femministe militanti, appartenenti a diverse realtà della sinistra. Arrivate prima dell’orario di apertura, le femministe hanno bloccato l’ingresso, impedendo fisicamente alle persone di accedere al teatro del Collegio San Giuseppe, in via Andrea Doria. Scandendo slogan minacciosi (“obiettore ti sprangheremo senza fare rumore”) e facendo scudo col proprio corpo, le femministe sono riuscite a ritardare l’inizio del convegno per ben due
ore. Alla fine, e solo grazie all’azione combinata della Polizia locale, la Questura e i Carabinieri, i partecipanti hanno potuto fare ingresso, scortati da agenti in assetto antisommossa. Uno dei relatori ha commentato: mi sento come in un fortino in territorio nemico. Infatti, gli agenti hanno dovuto presidiare tutti gli ingressi del Collegio per la durata del convegno.
Il convegno alla fine si è potuto realizzare, anche se con numeri ridotti. Alcuni non se la sono sentita di affrontare la furia delle femministe e sono tornati indietro. Altri, nonostante gli sforzi, non sono proprio riusciti a entrare. Fra i relatori c’era mons. Giovanni d’Ercole, vescovo emerito di Ascoli Piceno.
La protesta, in realtà, era cominciata la notte prima, quando mani ignote hanno imbrattato i muri circondanti con slogan tipo “Cloro al clero”; “Viscido cristiano, nella bara ti mettiamo”; “Dovette andare sottoterra”. E uno che si stagliava su tutti: “Solo odio!”. In calce, l’A cerchiata, simbolo degli antagonisti.
Io c’ero, e me la sono cavata solo perché in possesso del tesserino di giornalista. Le femministe non sono riuscite a contestare il mio diritto alla cronaca, e anche a fare fotografie. Mi hanno comunque minacciato con denunce nel caso le avessi pubblicate. Evidentemente ignorano la normativa sulla privacy, che permette la pubblicazione di fotografie di persone in luoghi pubblici purché non leda la loro dignità.
Mentre scrivo, già di sera, i pensieri si accavalcano nella mia testa. Cercherò di metterci un po’ d’ordine.
1. Sento dire, di qua e di là, che l’aborto è già terreno conquistato dalla sinistra e che qualsiasi tentativo di ribaltare la situazione è ormai fuori tempo massimo, fatica sprecata, battaglia persa a priori. Dicono che la gente non ci pensa più: lo ha già “metabolizzato”. La reazione scomposta delle femministe – che rappresentavano diverse realtà della sinistra – mi sembra indicare tutt’altro. L’entità di un’azione si può misurare anche dalla reazione che provoca. Se la difesa della vita innocente suscita una tale ferocia e una tale bramosia di sopprimerla, vuol dire che è ancora un tema vivo. Non ci si scomoda per qualcosa senza importanza. “¡Ladran, Sancho, señal que cabalgamos! – Ci abbaiano, Sancio, segno che stiamo cavalcando!”, diceva Don Chisciotte. Ci odiano e ci assaltano, segno che stiamo avanzando, potremmo dire i difensori della vita innocente.
nocente e della maternità, e quindi della famiglia, in un panorama più ampio di scontro fra bene e male, fra civiltà e anarchia, insomma fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, non avremmo mai lo stesso dinamismo né la stessa ampiezza di vedute della sinistra.
2. Una seconda riflessione si desume dal contenuto del convegno: la difesa della vita umana e della maternità. Come mai la difesa della vita innocente e della maternità suscita tanto odio e tanta contestazione da parte della sinistra antagonista? È chiaro che i rivoluzionari capiscono che qui c’è un filo rosso, un caposaldo della morale, della dignità umana e della civiltà che bisogna assolutamente abbattere per poter avanzare verso l’anarchia. In altre parole, vedono nella lotta in favore dell’aborto, e conseguentemente contro la famiglia, un fattore importante per l’avanzo della Rivoluzione. Lo diceva già Lenin: “Perché la Rivoluzione trionfi abbiamo bisogno delle donne. E l’unico modo per averle è toglierle dalle loro case. Dobbiamo distruggere l’istinto materno individualistico. Una donna che ama i suoi figli non è altro che una cagna”. Ora, io non sempre vedo in alcuni ambienti pro-vita italiani una simile e speculare comprensione della difesa della vita innocente e della maternità come fattori di Contro-Rivoluzione. “Non bisogna mischiare le carte”, mi sento a volte dire. Senza inquadrare la difesa della vita in-
3. Un terzo elemento di riflessione lo traggo dagli slogan dipinti sui muri: “cloro al clero”, “viscido cristiano”, ecc. La sinistra capisce benissimo che questa è una guerra di religione. Io vedo che alcuni esponenti del mondo pro-vita negano questo fatto evidente, e vogliono restringere la loro azione alla difesa della dignità della donna, della libertà di scelta e via dicendo, cause senz’altro eccellenti, ma che non toccano il nucleo della questione: l’aborto è un problema morale, e come tale è, in ultima analisi, un problema religioso. Durante lo stesso convegno, di fronte a gruppi di persone che, impossibilitate di entrare, si erano messe a pregare sul marciapiede, non mancò chi suggerisce di non farlo “per non essere accusati di clericalismo”. Escludere l’argomento religioso dalla causa pro-vita e pro-famiglia equivale
Attualità
a privarla della sua arma più potente. Ci piaccia o meno, questa è una guerra di religione. La sinistra lo capisce. Quanto prima lo capiremo noi meglio sarà.
4. Un’altra riflessione prende spunto dal pamphlet che le femministe distribuivano: “Non lasceremo spazio a questi antiabortisti!”. Illustrato con un pugno alzato, nero e minaccioso, simbolo del socialismo. “Togliere lo spazio” agli avversari è la propria essenza della dittatura. Ed è ciò che hanno fatto, impedendo i partecipanti al convegno – perfino un vescovo – di entrare. Volevano poi infiltrarsi nel teatro per interromperne i lavori. Ossia, hanno calpestato la nostra libertà di movimento e volevano calpestare anche la nostra libertà di parola. Non ci possiamo illudere. Non c’è niente di più brutalmente dittatoriale della Rivoluzione quando si sente trionfante. Gli abortisti sbandierano la libertà come valore definitorio della loro lotta. In realtà, la Rivoluzione dà poca importanza alla libertà per il bene. Gli interessa solo la libertà per il male. Quando è al potere, toglie facilmente e perfino allegramente al bene la libertà, in tutta la misura possibile. Sorge quindi la domanda: si può “dialogare” con questa gente?
5. Un’ultima riflessione riguarda il divario fra l’età anagrafica delle manifestanti e l’“età anagrafica” degli slogan che recitavano. La maggior parte era anagraficamente molto giovane. Ma gli slogan erano gli stessi che le loro nonne urlavano nei cortei radicali degli anni Sessanta e Settanta. Con una vistosa differenza. Confrontate con argomenti, le loro nonne sapevano ribattere. Ne risultavano a volte dibattitti non esenti di profondità e di spirito. Queste ragazze, invece, restavano mute di fronte alla minima argomentazione logica o scientifica. Ripetono senza capirli slogan e parole d’ordine insegnategli dai leader. Aveva ragione Cristina Zaccanti, coordinatrice regionale del Popolo della Famiglia, quando commentava la “fragilità argomentativa ed esistenziale” delle manifestanti. Io stesso mi sono confrontato con tre di loro, in modo pacato e al margine della manifestazione, e sono rimasto scioccato, e anche un po’ deluso, dalla loro inconsistenza dottrinale ed emotiva.
Tirando le somme, credo che sia stata un’esperienza non esente da elementi positivi, che permetterà di sollevare tante domande riguardo al modo di portare avanti la causa pro-vita nel nostro Paese. u
Impediti di entrare in nome della libertà
DBrasile: storica batosta per la sinistra
di Roberto Bertogna
Il centro-destra ha stravinto le elezioni amministrative in Brasile per un margine di 9:1. Si tratta della peggiore sconfitta della sinistra. Cosa sta succedendo in questo importante Paese dell’America Latina?
omenica 27 ottobre si è tenuto il ballottaggio per le elezioni amministrative in Brasile. I risultati hanno confermato l’esito del primo turno. Il centro-destra ha stravinto per un margine di 9:1. Il Partito dei lavoratori (PT) del presidente Luiz Inácio “Lula” da Silva esce pesantissimamente sconfitto. Infatti, è riuscito a prendersi un solo capoluogo, Fortaleza, una vittoria alquanto sofferta con uno scarto di appena 0,38% sul candidato conservatore.
Il centro-destra ha fatto man bassa dei Consigli comunali, eleggendo ben 3.300 consiglieri contro i 382 della sinistra. Il noto opinionista di sinistra Vladimir Safatle ha parlato di “ecatombe”.
Due rappresentanti della nuova leva di giovani conservatori:
A sin., Nikolas Ferreira, il deputado federale più votato del Paese
A dx., Lucas Pavanato, il consigliere comunale più votato di San Paolo
Alcuni casi paradigmatici
Il caso di San Paolo è degno di nota. Con i suoi 12 milioni di abitanti il capoluogo paulista è davvero “la locomotiva del Paese”. Luogo di nascita del Partito dei lavoratori, feudo elettorale del presidente Lula, San Paolo era la piazza da conquistare. Infatti, il PT spese 14 milioni di euro in quella campagna, la più alta cifra nella storia del Brasile, più del doppio dei concorrenti messi insieme. Il ballottaggio era da manuale: da una parte il conservatore Ricardo Nunes, appoggiato dall’ex presidente Jair Bolsonaro; dall’altra Guilherme Boulos, dichiaratamente comunista, candidato del presidente Lula. Alla fine la spuntò
Nunes con un largo 59,35% dei suffragi, contro il 40,65% di Boulos.
Il consigliere comunale più votato a San Paolo è stato Lucas Pavanato, di soli 26 anni, rappresentante della nuova classe di giovani conservatori che si sta affermando nel Paese e sulla quale torneremo più avanti.
Un altro caso degno di nota è Curitiba, capitale dell’importante Stato di Paraná, ritenuta “la città più europea del Brasile”. Lì il ballottaggio è stato fra Eduardo Pimentel, del centro-destra, e Cristina Graeml, una giornalista conservatrice. Ha vinto Pimentel col 57,3%, contro il 42,6% di Graeml, un risultato comunque eccezionale, visto che era alla sua prima esperienza politica. Un noto commentatore ha detto: “La destra curitibana non si è divisa, bensì cresciuta e moltiplicata”.
E anche qui c’è stata la gradevole sorpresa dell’elezione del giovane conservatore Guilherme Kilter, di 22 anni, il secondo più votato.
Forse, però, la sconfitta più scottante sia stata quella di Porto Alegre, capoluogo dello Stato di Rio
Guilherme Kilter, il secondo più votato a Curitiba Così riassume il suo programma:
“Sono contrario all’aborto, all’ideologia di genere, alla legalizzazione delle droghe, alla corruzione. Sono a favore della scuola parentale, dell’iniziativa privata, della Guardia municipale armata, di un Comune senza ideologia”
Grande do Sul. Storico feudo della sinistra, questa volta ha vinto il candidato del centro-destra Sebastião Melo, col 61,53%, contro il 38,47% della candidata del PT Maria do Rosário.
Dittatura socialista
Alcuni commentatori di sinistra hanno cercato di minimizzare la batosta, affermando che, dopotutto, si trattava appena di “pane, latte e traffico”, cioè di politica locale spicciola. Un’analisi più attenta, invece, svela un panorama molto più complesso. Per capirlo bisogna andare indietro di qualche decennio.
Di fronte al fallimento della sinistra comunista, nel 1980 nacque a San Paolo il Partito dei Lavoratori (PT), costituto da sindacalisti dell’industria siderurgica e automobilista e, soprattutto, da militanti delle Comunità ecclesiali di base ispirate dalla Teologia della liberazione. Il Partito, che si definisce marxista, nacque con la benedizione dell’allora arcivescovo di San Paolo, il cardinale Paulo Evaristo Arns, e la consulenza di una squadra di teologi della liberazione guidata da Frei Betto (Carlos Alberto Libânio Christo, O.P.). Da allora, la Conferenza episcopale brasiliana (CNBB) è stata una sua strenua promotrice.
Il PT prese il potere nel 2002 e lo mantenne fino al 2016. La radicalità della sua politica – che mirava a emulare la Cuba castrista e la Venezuela chavista –provocò, tuttavia, un’immensa reazione popolare, di segno apertamente anticomunista, che finì col travolgere il Governo di Dilma Rousseff, che dovette quindi rinunciare per evitare l’impeachment nel Congresso.
Facendosi eco della crescente onda anticomunista, nel 2018 ha vinto le elezioni Jair Bolsonaro. Con l’ascesa di questo nuovo governo, i movimenti
Il presidente Lula visita la Cuba di Fidel Castro nel 2003. Alla sua destra, il teologo della liberazione Frei Betto, principale mentore del PT
Sotto: alcuni vescovi brasiliani. La Conferenza episcopale è una strenua sostenitrice del PT
di destra apparsi sulla scia delle manifestazioni contro il malgoverno del PT hanno acquisito forza e visibilità. Ciò che sembrava impossibile – un ampio movimento di destra conservatrice –iniziava a emergere dalle profondità del Brasile.
La sinistra si è rifugiata nella Magistratura, quasi tutta scelta dal PT e guidata dal giudice Alexandre de Moraes, che si autodefinisce “comunista e rivoluzionario”. Nel 2022, il Supremo Tribunale Federale (STF) scarcerò Lula, condannato in tre successivi gradi di giurisdizione a nove anni di prigione per corruzione. Mostrando il grado di distorsione della Legge a cui si è arrivato, il STF non dichiarò Lula innocente, bensì lo scarcerò con un atto d’ufficio, permettendo così che egli vincesse le elezioni presidenziali, d’altronde fortemente sospettate di frode. Luís Roberto Barroso, giudice del STF, esultò: “Abbiamo vinto il bolsonarismo!”
Da allora il cosiddetto “consorzio” – Magistratura, media mainstream e Governo federale –, col silenzio complice della CNBB, hanno unito le forze per perseguitare la destra conservatrice. Migliaia di canali YouTube, canali radiofonici e televisivi, pagine Facebook, account Whatsapp, blog e via dicendo sono stati chiusi per ordine di Moraes. Centinaia di giornalisti e blogger di area conservatrice sono finiti in carcere. Altrettanti sono stati costretti a fuggire all’estero. De Moraes è arrivato all’estremo di chiudere in Brasile diverse piattaforme informatiche, come X e Telegram. Qualche mese fa, una giovane influencer è finita in carcere perché scrisse col rossetto sullo specchio di un bar: “La sinistra ha perso!”.
Però, come diceva il Bonaparte: le baionette sono utili per conquistare, ma non per sedersi sopra. Una tale dittatura non può durare a lungo. E le recenti elezioni lo dimostrano.
La giovane generazione
Le elezioni sono importanti non tanto in sé quanto per ciò che rivelano dell’opinione pubblica. Dal quadro elettorale brasiliano emerge con chiarezza la crescita di una corrente anticomunista, composta soprattutto da giovani. I commentatori coincidono nel dire che il socialismo non attira più i giovani. Si parla della “sinistra dai capelli grigi”. Mentre, dall’altra parte, sorgono giovani figure di orientamento conservatore. È in atto la sostituzione del vecchio centro-destra, ancorato nella politica, con
“Questi giovani conservatori sono molto pericolosi, mentre la sinistra ormai puzza di naftalina”
una nuova generazione di leader conservatori molto più preparati a livello intellettuale. Si parla sempre meno di “politica” e più di “movimento”. Questi giovani non si curano tanto delle sigle politiche quanto di portare avanti un programma di idee. Bisogna menzionare, al margine, che questo giro a destra in politica è spesso accompagnato, in campo religioso, da simpatie per il tradizionalismo.
Nelle recenti elezioni non tutti questi giovani sono stati eletti. Molti sono arrivati in secondo o terzo posto. Ne escono, comunque, con centinaia di migliaia di voti in tasca, che potranno usare nelle elezioni politiche del 2026. In altre parole, è nata una realtà che potrà portare – così dicono tutti i commentatori – alla vittoria del centro-destra fra due anni. Più importante di conquistare qualche Comune o controllare qualche Consiglio comunale, è preparare l’opinione pubblica per le elezioni politiche.
Il programma ideologico di questa nuova generazione è molto chiaro: difesa della famiglia, della proprietà privata, dei valori morali nella società, rigetto dell’aborto, dell’agenda lgbt e via dicendo.
Josias de Souza
Prendiamo l’esempio di Lucas Pavanato, il più votato a San Paolo. Presentandosi come “il candidato anti-woke”, egli fece la sua campagna promettendo di “raddrizzare la città”. Pavanato vorrebbe rafforzare il ruolo del marito nella famiglia, affinché la donna abbia più tempo da dedicare ai figli. “Che la sinistra se ne faccia una ragione – dichiarò – la destra è arrivata e ci rimarrà”
Il giornalista di sinistra Josias de Souza fa un commento curioso: “Questi ragazzi della generazione Z sono molto pericolosi. Mentre sfoggiano un discorso arcaico, hanno un viso gioviale e utilizzano i mezzi di pubblicità più moderni. In realtà solo dei Neanderthal che iniettano religione nella politica brasiliana. Dall’altra parte, la sinistra non riesce ad afferrare il fenomeno, e utilizza ancora un discorso con puzza di naftalina”
A questo punto mi chiedo: dove andrà a finire tutto ciò? Prendo spunto da uno slogan che è cominciato a circolare lo scorso ottobre, mese dedicato alla Madonna: “La nostra capitale è Aparecida, e non Brasilia”. Il riferimento è al Santuario della Madonna Aparecida, Patrona del Brasile. Se questi giovani emergenti, e con essi l’opinione pubblica che li segue, sapranno affidarsi alla Madre di Dio, dispensatrice di tutte le grazie, ogni impressa sarà possibile.
Se i capi di questa reazione capiranno che non sono solo leader politici bensì il punto di convergenza di un movimento che ha la vocazione di diventare una vera e propria ControRivoluzione, specie si accetterà di accogliere la Grazia divina, allora il Brasile potrà sperare. Se, invece, il movimento si arenerà nelle paludi della micro politica, allora qualcun’altro prenderà lo scettro e porterà avanti la reazione.
Spetta a noi cattolici rivolgerci alla Madonna Aparecida affinché preservi questo Paese – chiamato originariamente Terra della Santa Croce – dalle grinfie del comunismo. u
Militanti del PT piangono la sconfitta
Si è conclusa a Roma la seconda e ultima Assemblea generale del Sinodo sulla sinodalità iniziato nel 2021. Chi si aspettava una Rivoluzione francese ecclesiastica è rimasto deluso. L’assise è terminata con toni piuttosto pacati. Qualcuno di area conservatrice ha cantato vittoria. Un’analisi più attenta, invece, rivela una situazione molto peggiorata.
Si è conclusa a Roma la seconda e ultima Assemblea generale del Sinodo sulla sinodalità. Chi si aspettava una Rivoluzione francese ecclesiastica è rimasto deluso. L’assise è terminata con toni piuttosto pacati, lontani dal trionfalismo iniziale, e senza concludere quasi niente sui temi più controversi, cioè la situazione delle donne nella Chiesa e l’inclusione delle minoranze LGBT.
Tanto è bastato perché alcune persone di area conservatrice cantassero vittoria: il pericolo sarebbe stato scampato. Troppo rumore per niente.
Un’analisi più attenta, invece, rivela una situazione molto più sfumata, nella quale certamente si evince l’affanno dei progressisti, ma anche le importanti conquiste che hanno riportato. In realtà, dal Sinodo è emersa la bozza di una nuova Chiesa. Ha
ragione Giovanni Maria Vian, già direttore dell’Osservatore Romano, quando afferma in un’intervista a Le Monde: “Dopo Francesco, il potere pontificio non potrà mai più essere esercitato nello stesso modo” (1).
Facciamo qualche riflessione, in ordine sparso.
Il processo è la meta
Lo scopo dichiarato del Sinodo era presentare “un nuovo modo di essere Chiesa”, attraverso “un nuovo modo di fare Chiesa”, cioè di gestire i suoi processi interni, la sua governance, il suo modo di definire dottrine e di proporre linee di condotta. Anziché interrogare la Rivelazione e la Tradizione per dedurne verità e norme, come la Chiesa fa da duemila anni, si pretendeva partire “dal basso”, cioè
di Raffaelle Citterio
dalla vox populi, sicura mediatrice dello Spirito Santo. Il Popolo di Dio, dicevano, è infallibile.
Perciò il Sinodo è stato dispiegato in tre grandi fasi, delle quali la principale era l’“ascolto”: tutto il Popolo di Dio doveva essere ascoltato per discernere ciò che “lo Spirito dice alle chiese”. L’Assemblea doveva limitarsi ad accogliere la voce del Popolo salvo poi tradurla in linee guida. Ecco la “nuova Chiesa costitutivamente sinodale” auspicata da Francesco. La sinodalità diventava così una nota Ecclesiae, in realtà quella principale. Il sinodo non intendeva discutere di questioni dottrinali o pastorali, per poi giungere a certe conclusioni, bensì intraprendere un “cammino” (sin-hodos = camminare insieme) per riformare radicalmente la Chiesa.
Sotto questa luce, e a prescindere dai risultati concreti, lo stesso processo sinodale è già una grande vittoria dei neo-modernisti. Commenta Russell Shaw sul Catholic World Report: “Marshall McLuhan era un guru canadese della comunicazione, noto soprattutto per aver detto: Il mezzo è il messaggio. (…) Mi viene in mente che qualcosa di simile è apparentemente ciò che Papa Francesco ha in mente per il Sinodo, ma in una formulazione diversa: Il processo è il prodotto” (2).
Se il popolo non ci segue, peggio per il popolo
Il processo Sinodale doveva fondarsi su un’ampia consultazione al Popolo di Dio, che ne sarebbe il vero protagonista. La realtà, però, è andata in modo assai diverso.
Tanto per cominciare, solo esigue minoranze di fedeli sono state effettivamente consultate. Stando ai numeri forniti dagli organi sinodali, non più dello 0,5% dei fedeli è stato consultato. E, per coincidenza o deliberazione, si è trattato in generale di minoranze progressiste che già lavoravano per la riforma della Chiesa. In altre parole, i neomodernisti hanno consultato sé stessi.
Credo che più che aspettarsi dal processo sinodale nuove dottrine, e tantomeno documenti magisteriali, dobbiamo vedere il metodo sinodale, cioè il processo. Secondo me, questo “nuovo modo di essere Chiesa” apre un dibattito talmente ampio che si rischia di mettere in discussione sistematicamente, in modo evolutivo e processuale, e quindi mai completo, ciò che finora è stato ritenuto indiscutibile. Introducendo questo modo democratico ed egualitario di operare, si rischia di andare a toccare la stessa struttura della Chiesa definita dalle Sacre Scritture e dal Magistero.
Si rischia, insomma, di inventare una nuova Chiesa, diversa da quella voluta da Nostro Signore. Quindi, una falsa Chiesa.
Quando il vero Popolo di Dio faceva sentire la propria voce, la musica cambiava radicalmente.
Un sondaggio, fatto dalla Segreteria del Sinodo e pubblicato sul conto X Synod.va, dovrebbe far riflettere. Alla domanda: “Crede che la sinodalità, come cammino di conversione e di riforma, possa favorire la missione e la partecipazione di tutti i battezzati?”, i fedeli hanno risposto così: Sì 22% –No 88%. Anziché piegarsi alla volontà del popolo, però, i promotori del Sinodo hanno semplicemente cancellato il post…
Man mano che si approssimava il Sinodo, e poi durante lo svolgimento della prima Assemblea generale nel 2023, le critiche nei confronti del processo sinodale aumentavano in numero e intensità. Diversi cardinali – come Burke, Müller e Sarah – hanno fatto sentire la loro voce, così come autorevoli teologi e canonisti.
Mi piace ricordare una delle maggiori iniziative di critica al processo sinodale: la pubblicazione del libro “Processo sinodale: un Vaso di Pandora”, scritto da José Antonio Ureta e Julio Loredo. Con una bella Prefazione del cardinale Raymond Burke, il libro ha avuto decine di edizioni in 14 lingue, inci-
dendo in modo talmente decisivo sugli avvenimenti che perfino Papa Francesco ne ha parlato.
Di fronte alla marea montante delle critiche, gli organizzatori del Sinodo hanno reagito chiudendosi a riccio.
La prima Assemblea generale doveva essere un’immensa celebrazione di tutto il Popolo di Dio che, festoso, avrebbe celebrato la nascita della nuova Chiesa in una sorta di nuova Pentecoste. In realtà, per evitare che si sentissero voci fuori controllo, l’Assemblea si è tenuta a porte chiuse e ai partecipanti si è proibito di parlare con la stampa.
Un Sinodo dentro il Sinodo
Nella seconda Assemblea le cose sono andate anche peggio. Non vi è stata consultazione dei fedeli, e ci si è riuniti a porte chiuse. Ma non è bastato. Il Papa ha voluto aggiungere all’Assemblea generale una sorta di terzo elemento del Sinodo, ovvero i “gruppi di studio” di specialisti per trattare le tematiche più controverse, come il ruolo della donna nella Chiesa e le questioni attinenti alla morale sessuale. Questi gruppi di studio, che secondo i responsabili vaticani fanno pienamente parte del Sinodo, si sono riuniti a porte chiuse: una sorta di Sinodo dentro il Sinodo.
Pur facendo parte del Sinodo, le conclusioni di questi Gruppi di studio non saranno inclusi nel Documento finale. Essi dovranno presentare le loro “Risposte” entro la metà del 2025, prolungando così ancor di più i tempi sinodali. C’è da chiedersi: quale sarà l’importanza del Documento finale dell’Assemblea generale se pochi mesi dopo usciranno queste “Risposte”? È chiaro che, una volta aperto il processo sinodale, si è scoperchiato un Vaso di Pandora.
Il silenzio del popolo è lezione dei Re
Si diceva una volta che il silenzio del popolo è una lezione per i Re. Non volendo, per rispetto, contestare il proprio Re, il popolo manifestava il suo dissenso
facendo silenzio al suo passaggio. Qualcosa di simile possiamo dire riguardo al Sinodo sulla sinodalità e a Papa Francesco.
È evidente che il processo sinodale non ha riscaldato i cuori dei fedeli. Anzi, c’è stata un’indifferenza quasi generalizzata che dovrebbe far riflettere. Le cerimonie pubbliche del Sinodo, come la Messa d’inaugurazione in piazza San Pietro, sono state vistosamente con poca gente. Gli stessi mezzi di comunicazione hanno dato pochissimo spazio all’evento. Persino i giornalisti accreditati che accompagnavano il Sinodo sono stati meno numerosi dell’anno scorso.
Qualcuno ha persino ipotizzato che questa disattenzione abbia fatto piacere a Francesco, che così ha potuto avanzare senza troppe polemiche. Il fatto è che il silenzio dei fedeli ha comunque imposto un cambio di passo. Francesco, che all’inizio era un gran promotore della cosiddetta “conversione sinodale della Chiesa”, oggi invece sembra preferire un processo discreto di riforme ben consolidate anziché grandi colpi di scena che possono suscitare reazioni e far sentire voci fuori controllo, come è accaduto con il Cammino sinodale tedesco.
A parte la semi-segretezza del Sinodo, gli organizzatori hanno avuto cura di togliere dai documenti di lavoro le questioni più controverse, ovviamente per disinnescare eventuali polemiche. Francesco stesso ha più volte assicurato che il Sinodo non
Il silenzio del popolo è lezione dei Re
Piazza San Pietro semivota
avrebbe toccato certi temi controversi. Il Popolo di Dio non era preparato.
Poi, però, questi temi sono stati affidati ai Gruppi di studio, in particolare al Gruppo 9, guidato da monsignor, oggi cardinale, Carlos Castillo Mattasoglio, arcivescovo di Lima, noto seguace della Teologia della liberazione marxista. I lavori di questo Gruppo hanno mantenuto accese le aspettative dei progressisti, come afferma per esempio il corrispondente a Roma di New Ways Ministry, un’associazione catto-LGBT.
Il primato della prassi
Dall’inizio del suo Pontificato, Francesco ha ribadito che “non dobbiamo occupare spazi ma aprire processi”, cioè non dobbiamo affermare idee ma avanzare nei fatti. La dottrina si dovrà poi adeguare. È il cosiddetto primato della prassi, un concetto di origine marxista (3) e poi modernista (4).
Leggiamo nel documento di lavoro del Gruppo 9: “Non si tratta più di proclamare principi dottrinali astratti con una sterile verbosità sclerotica, bensì di vivere l’esperienza di fede nella sua rilevanza sociale e personale (…) in fedeltà non solo al Vangelo ma al cammino concreto della comunità e degli individui”.
Durante il Sinodo Francesco stesso ha dato un appoggio a questo approccio ricevendo in Vaticano
un gruppo di transgender/intersex col quale si è intrattenuto ben 90 minuti. All’uscita, un membro del gruppo ha dichiarato: “Il Papa si è mostrato molto ricettivo”. Un altro passo concreto è stata la nomina di Padre Timothy Radcliffe a cardinale. Il frate domenicano, severamente censurato da Benedetto XVI e oggi elevato al cardinalato, è un noto promotore dell’agenda LGBT. Un altro fatto ancora è stata la nomina della mozambicana Sheila Pires come Segretaria della Commissione per l’informazione sinodale. Pires è una nota promotrice dell’agenda femminista radicale.
Un nuovo decalogo per una nuova Chiesa
La “nuova Chiesa sinodale” richiede un nuovo Catechismo e, addirittura, un nuovo Decalogo. Questo è stato proposto nella “cerimonia penitenziale” nella Basilica di San Pietro che ha preceduto l’apertura della seconda Assemblea. Nella cerimonia, presieduta da Francesco, si è chiesto perdono per peccati dei quali nessuno aveva mai sentito parlare: peccato contro la pace, contro il clima, contro le donne, contro la povertà e via dicendo.
Due hanno richiamato particolarmente l’attenzione: il peccato contro la sinodalità e il peccato di dottrina. Il primo sembra affermare che, mettersi contro il processo sinodale implicherebbe peccato
Vaticano: sondaggio shock
Il Sinodo sulla sinodalità 2021-2024, che vorrebbe stravolgere la struttura della Chiesa e la sua dottrina, prende spunto – così dicono i suoi promotori – da un’ampia consulta al “Popolo di Dio”, che sarebbe infallibile nella Fede. Bisogna ascoltare i fedeli per conoscere ciò che lo Spirito Santo dice alla Chiesa nei giorni nostri.
Questo in teoria. Nella pratica, i promotori del Sinodo affermano esattamente il contrario di quanto pensa il Popolo di Dio. E vanno avanti imperterriti, infischiandosene della vera opinione dei fedeli. Più volte in questa rivista abbiamo denunciato questa vistosa dicotomia.
Ecco che arriva l’ennesima prova. Un sondaggio fatto a luglio dalla Segreteria del Sinodo e pubblicato sull’account X Synod.va, dovrebbe far riflettere. Alla domanda: “Crede che la sinodalità,
come cammino di conversione e di riforma, possa favorire la missione e la partecipazione di tutti i battezzati?”, i fedeli hanno risposto così:
SÌ - 28,7%
NO - 71,3%
Impossibile! hanno detto i promotori del Sinodo. Hanno quindi ripetuto il sondaggio. Questa volta il risultato è stato:
SÌ - 22%
NO - 88%
Chiaramente, lo “Spirito Santo” si sbagliava. Il sondaggio è stato cancellato. Preferiscono seguire la loro ideologia pur di non piegarsi alla realtà. u
«Quanti sono quelli che vivono in unione con la Chiesa questo momento che è tragico come è stata tragica la Passione, questo momento cruciale della storia, in cui tutta un’umanità sta optando per Cristo o contro Cristo?»
Plinio Corrêa de Oliveira
mortale. Così la sinodalità viene elevata alla categoria di dogma, proprio mentre si nega l’esistenza stessa dei dogmi… Il secondo sembra affermare che non ci possono essere principi dottrinali, cadendo in questo modo nel relativismo più completo.
I nuovi peccati enunciati per la liturgia penitenziale vaticana non sono teologici ma sociologici, riconducibili a un’agenda più politica che religiosa. Poi, in quanto agenda politica, si tratta di una agenda nettamente sbilanciata a sinistra. Secondo il cardinale Gerhard Müller, questi nuovi “peccati” si ispirano a un’ideologia fra il gender e il woke Ebbene, la liturgia penitenziale era tanto piena di militanti sinodalisti quanto vuota di fedeli. È stata l’ennesima dimostrazione dell’abisso creatosi fra le reali aspirazioni spirituali dei fedeli e le astruse elucubrazioni di una certa classe ecclesiastica.
Come reagire?
Di fronte a un panorama così cupo, molti cattolici si sentono smarriti, scoraggiati, confusi, perplessi e perfino delusi. E non tutti reagiscono in modo adeguato. Alcuni cedono alla tentazione del sedevacantismo: abbandonano la Chiesa per diventare autoreferenziali. Altri cedono alla tentazione dell’apostasia: abbandonano la Chiesa per abbracciare altre confessioni. La maggior parte sprofonda nell’indifferenza: abbandona la Chiesa alla sua triste sorte.
Costoro sbagliano in modo clamoroso! Amicus certus in re incerta cernitur: è proprio adesso che Santa Madre Chiesa ha bisogno di figli amorevoli e intrepidi che la difendano contro i suoi nemici, esterni e interni. Dio ce ne chiederà conto!
Per questo noi ci domandiamo, come fece Plinio Corrêa de Oliveira nel 1951: «Quanti sono quelli che vivono in unione con la Chiesa questo momento che è tragico come è stata tragica la Passione, questo momento cruciale della storia, in cui tutta un’umanità sta optando per Cristo o contro Cristo?». Dobbiamo pensare come pensa la Chiesa, sentire come
sente la Chiesa, agire come la Chiesa vuole che agiamo in tutte le circostanze della nostra vita.
Questo suppone il sacrificio di tutta un’esistenza. Un sacrificio tanto più doloroso, quando si considera che alti esponenti della stessa gerarchia ecclesiastica non sempre lo gradiscono e, anzi, a volte lo perseguitano con acredine.
Possiamo quasi esclamare parafrasando il salmista: «Alienus factus sum in domo matris meae –Sono diventato un estraneo nella casa di mia madre» (Sal 68,9). Sì, alienus, ma pur sempre in domo matris meae, cioè nella Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, fuori dalla quale non c’è salvezza. u
1. Giovanni Maria Vian, vaticaniste : « Le pouvoir lié à la papauté ne pourra plus être exercé de la même manière après François », Le Monde, 6/10/24.
2.Russell Shaw, The synodal method is the synodal message, Catholic World Report, 24-08-24
3.Scrive da Marx in «Tesi su Feuerbach»: “La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teoretica, ma pratica. È nella prassi che l’uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere immanente del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero isolato dalla prassi è una questione puramente scolastica” (Pedrag Vranicki, Geschichte des Marxismus. Erster Band, Suhrkamp Verlag, Frankfurt 1972, p. 123-124).
4.La “filosofia dell’azione” elaborata da Maurice Blondel, uno dei fondamenti filosofici del Modernismo.
Riflessioni sul Natale
di Plinio Corrêa de Oliveira
Natale
Virgen Blanca, catedrale di Toledo
Carissimi, siamo alla soglia della Vigilia di Natale. Solo poche ore ci separano dalla mezzanotte, e quando questa scoccherà saremo entrati nella vigilia del Natale. È naturale, quindi, che la nostra attenzione sia tutta concentrata sulla festa della Santa Natività di Nostro Signore Gesù Cristo. Sono contento che, per celebrare questa magna festa, sia stato scelto un magnifico brano di padre Manoel Bernardes [1644-1710], uno dei classici della lingua portoghese, ma soprattutto un teologo molto ortodosso, molto profondo, conciso ed enormemente ricco di pensiero. Ciò che avete ascoltato sono autentici tesori, tra l’altro magnificamente declamati. Padre Bernardes ipotizza cosa avrebbe detto la Madonna al Bambino Gesù, e immagina la preghiera della Madonna al suo Divin Figliolo.
Ci sono stati aperti questi tesori e abbiamo potuto esaminarli come se fossero pietre preziose, parola dopo parola, pensiero dopo pensiero, facendoli risplendere alla luce della Fede. E ne siamo rimasti meravigliati. Come potrei io commentare le bellissime parole di padre Bernardes?
Prima di tutto, sono parole pronunciate con profonda emozione. Qualcuno potrebbe obiettare: ma non erano un po’ sentimentali? Io dico: quelle parole erano, sì, molto delicate, ma per niente sentimentali. Anzi, direi che erano l’esatto opposto.
Primo movimento: venerazione
Nella scena della Natività vediamo tutto l’affetto della Vergine Madre verso il suo Bambino, ma questa non è la prima nota nella sequenza degli affetti che emanavano dall’anima della Madonna.
Prima di tutto vi è la venerazione della creatura verso Dio, suo Creatore.
La Madonna è stata modello di umiltà. Non si è avvicinata al suo Figlio prima di aver espresso tutto il rispetto e l’ammirazione che il Divin Salvatore merita. Lei sa che, come creatura, è il vertice della creazione. Ma si è messa in posizione di umiltà di fronte al suo Salvatore. Perché la più alta delle creature è pur sempre infinitamente inferiore al Creatore.
Immaginate una persona che si considera più vicina al sole perché è dieci centimetri più alta dell’uomo medio. C’è da ridere. Cosa cambia nella distanza dal sole per appena dieci centimetri?
Dio è infinito. Anche l’enorme distanza che separa la Madonna da noi è piccola rispetto alla distanza che la separa da Dio. Si capisce, quindi, che il suo primo atteggiamento al cospetto del suo Divin Figliolo, sia stato di umiltà.
Ma non è un’umiltà egocentrica, è un’umiltà teocentrica. Ella non inizia dicendo: «Io sono l’ul-
Natale
Vi ringrazio, o Divino Infante, o Divino Bambino Gesù, per avermi dato la vocazione e per avermi permesso di militare nelle fila benedette della Contro-Rivoluzione
tima delle creature»
Prima di avere in vista la sua limitata condizione di creatura, ella ha in vista l’infinita grandezza del Creatore. Ed è per questo che i suoi affetti iniziano con atti di ammirazione. La Madonna comincia ammirando e proclamando tutto ciò che vede in Dio, analizzando perché è degno di ogni ammirazione.
Prima proclama tutta la sua ammirazione e tutto il suo rispetto per Dio, e solo dopo comincia a parlare del suo amore. E questo è l’opposto del sentimentalismo.
Ammirazione: fondamento dell’amore
C’è qui un ordine, un ordinamento logico delle cose, che merita un commento, anche se molto veloce. Per amare moltissimo qualcuno, dobbiamo iniziare con l’ammirarlo. Perché l’ammirazione è il fondamento dell’amore.
Nel caso specifico, la Madonna aveva davanti la più ammirevole di tutte le creature, in quanto Uomo. Poi, come Uomo-Dio, Egli era legato ipostaticamente alla Santissima Trinità. Non ci sono parole per ammirare la Santissima Trinità. Ma se non ci sono parole per ammirare, non ce ne sono nemmeno per esprimere sufficientemente l’amore, che è una decorrenza dell’ammirazione. Quello della Madonna era un amore che eccedeva ogni espressione.
Ella sapeva per rivelazione divina che il Figlio che era stato generato in Lei dallo Spirito Santo era il Figlio di Dio, la Seconda Persona della Santissima Trinità. Il primo stupore è stato: «Così debole, così piccolo, eppure è Dio nella sua infinita grandezza!».
Quindi il suo primo pensiero è per Dio. Poi il suo pensiero va al Bambino in ciò che Egli ha di gran-
dezza. Solo dopo si rivolge ai suoi aspetti piccoli, delicati, carini. Ma poi misura la distanza che va dall’uno all’altro, dall’umanità all’Unione Ipostatica, e quindi alla gloria che questa Unione fa risplendere in fasci solari sul Bambino. Il suo affetto di Mamma è circondato da questa gloria, Ella vede negli occhi del Bambino il sole della gloria di Dio. Poi c’è anche la tenerezza della Mamma: Ella tocca le braccia e i piedini di Gesù Bambino e li sente freddi. Cioè, viene fuori tutta la sua umana piccolezza.
Qualcuno dirà che in questo momento l’ammirazione svanisce e resta il puro affetto. Dico di no, perché nel momento in cui muore l’ammirazione, muore anche l’affetto. E se muore l’affetto muore anche l’ammirazione. L’ammirazione e l’affetto sono due stati d’animo correlati, che si postulano a vicenda.
Combattente nella buona battaglia
Nel contemplare un bambino che viene al mondo, ogni madre dovrebbe comprendere che egli è entrato in un immenso campo di battaglia. Una madre dal cuore retto dovrebbe esclamare: “Battagliatore! Combattente! Ti ammiro perché sei un combattente della buona battaglia! Questo è il tuo dovere”. Ai piedi del Presepe, la Madonna fu un esempio esimio di questo.
Nel testo che abbiamo letto, Padre Manoel Bernardes tratta la Madonna come Madre del Verbo di Dio Incarnato, con tutta la conoscenza del Mistero del Verbo di Dio Incarnato. Ma non conosce il futuro. L’unico accenno al futuro è quando la Madonna dice che adagerà questo Bambino tra le sue braccia, affinché possa dormire tranquillo fino al momento in cui dormirà tra le braccia di una Croce. È un gioco di parole molto bello, molto toccante. Ma al di fuori di questo accenno profetico, in cui la Madonna esprime conoscenza della fine che avrà il suo Figlio, non c’è alcun riferimento a ciò che sarebbe successo a Nostro Signore e al mondo.
Noi, invece, adoreremo Nostro Signore nel 1988. Lì, nel Presepe di Betlemme, c’era già in nuce tutto lo sviluppo storico lungo ormai venti secoli.
C’era il convivio di trent’anni della Sacra Famiglia nella Casa della Madonna, dove tra l’altro Nostro Signore avrebbe assistito alla morte di San Giuseppe, il Santo Patrono della Buona Morte. C’erano i miracoli che Egli avrebbe compiuto nella sua vita pubblica, le anime che avrebbe attirato, poi la crescente persecuzione degli ebrei, l’indifferenza degli stessi Apostoli, il tradimento di Giuda.
C’era anche la Pentecoste, l’espansione della Chiesa in tutto il bacino del Mediterraneo, la liberazione della Chiesa da parte di Costantino, poi l’invasione dei barbari, e poi San Benedetto, che si stacca da quella palude, e si incammina verso Subiaco dove dà inizio a una via spirituale da cui nascerà il Medioevo.
Ma il Medioevo decade, dando inizio alla Rivoluzione con successive ondate di ribellione: il Rinascimento, l’Umanesimo, il Protestantesimo, la Rivoluzione francese, la Rivoluzione comunista e poi quella culturale, dai contorni ancora incerti.
Tradizione Famiglia Proprietà
Tutto questo, sì, ma anche il momento in cui, per un disegno della Madonna e in contrasto con questo mare di fango, sarebbe nata la TFP e sempre più giovani avrebbero iniziato a gridare sulle vie di tanti Paesi: “Tradizione Famiglia Proprietà!”
Ciascuno di voi, miei cari, potrebbe ritornare al Presepe per la sua storia individuale. Potrebbe discernervi come la grazia ha camminato nella sua anima, dal momento in cui ha ricevuto la chiamata per entrare nelle fila benedette della TFP, lungo anni di militanza, con alti e bassi, momenti in cui l’anima brilla con la grazia divina, altri in cui invece le tentazioni dell’orgoglio e della sensualità si fanno sentire, fino alla vittoria finale per la misericordia di Dio. Alcuni sono caduti lungo la strada, alcuni si sono rialzati, altri no. La mia preghiera non manca affinché la Madonna li faccia ritornare sulla strada giusta.
Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
Dobbiamo considerare tutto questo quando ci troveremo davanti al Presepe. Dobbiamo esclamare: Voi, Signore, siete pietra di divisione, la pietra di scandalo che divide a metà la storia. Chi è con voi fa
parte della Contro-Rivoluzione, chi è contro di Voi fa parte della Rivoluzione.
Vi ringrazio per aver messo la lotta sulla mia strada affinché io potessi diventare un eroe. Vi ringrazio per la forza che mi avete dato per resistere, per pregare e per combattere.
Vi ringrazio per tutto questo, ma specialmente, Signore, Vi ringrazio per tutti gli anni che ho passato nella Vostra santa grazia. E, se ho avuto la sventura di perdere questa grazia, Vi ringrazio di esservi tornato. Vi ringrazio, o Divino Infante, o Divino Bambino Gesù, per avermi dato la vocazione e per avermi permesso di militare nelle fila benedette della Contro-Rivoluzione.
Vi ringrazio per aver potuto combattere contro i miei difetti. Vi ringrazio per non essere stato impaziente con me e per avermi mantenuto in vita affinché avessi ancora il tempo di correggerli fino al momento della morte. E se posso dirvi una preghiera in questa vigilia di Natale, Signore Gesù, Vi rivolgo la preghiera del Salmo: “Mio Dio, non rapirmi a metà dei miei giorni”
Io potrei glossarlo dicendo: “Non toglietemi la vita a metà della battaglia. Aiutatemi perché i miei muscoli non perdano vigore, la mia anima non perda forza e agilità, prima che io abbia, per la vostra gloria, superato tutti i miei difetti, scalato tutte le vette interiori che Voi mi avete messo davanti, prima che, sul campo di battaglia, io abbia compiuto tutte le gesta eroiche a cui mi chiamaste, dandovi tutta la gloria che vi aspettavate da me quando mi avete creato” u
(Brani di una conferenza per soci e cooperatori della TFP brasiliana, 23 dicembre 1988. Tratto dalla registrazione magnetofonica, senza revisione dell’autore).
Principe della Casa di Davide
San Giuseppe e il Bambino Gesù, Scuola cusquena
Per fortuna si parla molto della Sacra Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe. Si glossa giustamente la loro umiltà, la loro povertà, la loro semplicità. Purtroppo, spesso si dimentica l’altra faccia della medaglia: l’altissima nobiltà terrena e il passato aristocratico di questa Famiglia.
Nobiltà d’animo e nobiltà di cuore sono aspetti così evidenti che non insisteremo su di essi. Atteniamoci agli aspetti omessi. La nostra è una rivista delle verità dimenticate, scomode, quelle che cozzano con lo spirito ugualitario moderno. Perché non ricordare – alla pari dell’evidente povertà della nascita del nostro Divin Salvatore – il fatto che Egli era Principe Regale?
Utilizzeremo alcuni brani di Papi e Santi, tratti dall’opera di Plinio Corrêa de Oliveira Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato e alla Nobiltà romana (Marzorati, Milano 1993).
San Bernardino da Siena
“In primo luogo, consideriamo la nobiltà della sposa, cioè della Ss.ma Vergine. La Beata Vergine fu la più nobile di tutte le creature esistite nella natura umana, che possano o abbiano potuto essere generate. San Matteo (cap. I), collocando tre volte quattordici generazioni, da Abramo a Gesù Cristo compreso, mostra che ella è discendente da 14 Patriarchi, da 14 Re e da 14 principi. (…) San Luca, scrivendo anch’egli nel capitolo 3 sulla nobiltà di lei, a partire da Adamo ed Eva, prosegue nella sua genealogia fino a Cristo Dio. (…)
“In secondo luogo, consideriamo la nobiltà dello sposo, cioè di san Giuseppe. Nacque egli di stirpe patriarcale, regale e principesca, discendendo direttamente com’è stato detto. Quindi san Matteo (cap. I) elenca in linea diretta tutti questi padri da Abramo fino allo sposo della Vergine, dimostrando chiaramente che in lui sfociò tutta la dignità patriarcale, regale e principessa. (…)
“Gli Evangelisti descrivono la nobiltà della Vergine e di Giuseppe per rendere manifesta la nobiltà di Cristo”
San Bernardino da Siena
“In terzo luogo, prendiamo in esame la nobiltà di Cristo. Egli fu, pertanto, come deriva da quanto è stato detto, Patriarca, Re e Principe, per parte di madre e padre. (…)
“I menzionati Evangelisti descrivono la nobiltà della Vergine e di Giuseppe per rendere manifesta la nobiltà di Cristo. Giuseppe fu quindi di tanta nobiltà che, in un certo modo, se ci è permesso esprimerci così, diede la nobiltà temporale a Dio in Nostro Signore Gesù Cristo” (Sancti Bernardini Senensis Sermones eximii, in Aedibus Andreae Poletti, Venetiis, vol. IV, 1745, p. 232).
Natale
Beato Pio IX
“La nobiltà è, non si può negarlo, un dono di Dio, e benchè Nostro Signore volesse nascere umile in una stalla, pur si legge di lui, a capo di due Evangeli, una lunga genealogia che discende da Principi e Re. Voi usate degnamente di questo privilegio; mantenendo sacro il principio della legittimità” (Allocuzione al Patriziato e alla Nobiltà romana, 17 giugno 1871).
“Gesù Cristo stesso amò l’Aristocrazia. Anch’Egli volle nascer nobile, dalla stirpe di David; e suo Vangelo ci fa conoscere il suo albero genealogico fino a Giuseppe, fino a Maria, de qua natus est Jesus. Dunque l’aristocrazia, la nobiltà è un dono di Dio”. (Allocuzione al Patriziato ed alla nobiltà romana, 29 dicembre 1872)
Leone XIII
“Come negare un particolare riguardo alla cospicuità del casato, se mostrò col fatto di averla in pregio il divin Redentore? Certo, nel suo terrestre pellegrinaggio, egli adottò la povertà, né volle mai compagna la ricchezza: ma pure i natali suoi li elesse da stirpe regale” (Allocuzione al Patriziato ed alla Nobiltà romana, 21 gennaio 1897)
“Gesù Cristo stesso amò l’Aristocrazia. Anch’Egli volle nascer nobile”
Beato Pio IX
“E Gesù Cristo, se volle trascorrere la vita privata nell’oscurità di un ignobile abituro, passando per il figlio d’un fabbro, e se nella vita pubblica amò farsela tanto col popolo, scegliendo per Madre Maria e per Padre putativo Giuseppe, eletti rampolli della stirpe davidica; e ieri, giorno sacro al loro sposalizio, potemmo ripetere colla Chiesa le belle parole: Regali ex progenie Maria exorta refulget [Rifulge Maria, per nascita da stirpe regale]” (Allocuzione al Patriziato ed alla Nobiltà romana, 24 gennaio 1903).
Benedetto XV
“Fu nobile anche Gesù Cristo, e nobili furono Maria e Giuseppe, quali discendenti da regale prosapia, sebbene la virtù ne eclissasse lo splendore nei poveri natali che la Chiesa ha commemorato nei passati giorni. Cristo, adunque, che tanto insigne attinenza volle avere colla terrena aristocrazia, accolga nella onnipotente umiltà della sua culla il caldo voto che Noi oggi vi deponiamo. Che, cioè, come nel presepe la più alta nobiltà fu socia della più gloriosa virtù. Tal sia dei diletti figli Nostri, i Patrizi e i Nobili di Roma” (Allocuzione al Patriziato ed alla Nobiltà romana, 6 gennaio 1917).
San Pietro Giuliano Eymard
“Non fermatevi a considerare la sua povertà attuale: l’ingiustizia scacciò la sua famiglia dal trono al quale aveva diritto, ma non per questo egli cessa di essere Re, figlio di quei Re di Giuda, i maggiori, i più nobili, i più ricchi dell’universo. Anche nei registri anagrafici di Betlemme san Giuseppe sarà iscritto e riconosciuto dal governatore romano quale erede di Davide: questa la sua regale pergamena, facilmente riconoscibile e che porta la sua regale firma.
“Ma che importanza ha la nobiltà di Giuseppe?, direte forse. Gesù è venuto soltanto per umiliarsi. Rispondo che il Figlio di Dio, il quale ha voluto umiliarsi per un certo tempo, ha voluto anche riunire nella sua Persona tutti i generi di grandezza: Egli è Re anche per diritto di eredità, poiché di sangue reale. Gesù è nobile e, quando sceglierà i suoi Apo-
stoli tra i plebei, li mobiliterà: questo diritto Gli appartiene, giacché figlio di Abramo ed erede del trono di Davide. Egli ama quest’onore di famiglia; la Chiesa non intende la nobiltà in termini di democrazia: rispettiamo, pertanto, tutto ciò che essa rispetta. La nobiltà è di Dio.
“Ma allora, è necessario essere nobile per servire Nostro Signore? Se lo siete, Gli dareste una gloria in più; tuttavia, non è necessario, Egli si accontenta della buona volontà e della nobiltà del cuore. Eppure, gli annali della Chiesa dimostrano che un grande numero di santi, tra i più illustri, ostentavano un blasone, possedevano un nome, una famiglia distinta: alcuni erano persino di sangue reale.
“Nostro Signore si compiace nel ricevere omaggio di tutto quanto è onorifico. San Giuseppe ricevette nel Tempio un'accurata educazione e così Dio lo preparò a diventare un nobile servitore del suo Figlio, il cavaliere del più nobile Principe, il protettore della più augusta Regina dell’universo” (Mois de Saint Joseph, le premier et le plus parfati des adorateurs — Extraits des écrits du P. Eymard, Desclée de Brower, Paris, VII ed. pp. 59-62).
San Carlo Borromeo
“L’inizio del Santo Vangelo, scritto da san Matteo, che da questo pulpito vi è stato poco fa proclamato dalla Santa Madre Chiesa, ci induce innanzitutto ad esaminare attentamente la nobiltà, l’insigne lignaggio e la magnificenza della Ss.ma Vergine. Se quindi si deve considerare nobile quello che trae la sua origine dal merito di illustri antenati, quanto grande è la nobiltà di Maria che trasse la sua origine da Re, Patriarchi, Profeti e sacerdoti della tribù di Giuda, dalla razza di Abramo, dalla stirpe regale di Davide?
“Anche se non ignoriamo che tutti apparteniamo alla vera nobiltà - quella cristiana - la quale conferisce a tutti l’Unigenito del Padre, in quanto ‘a tutti quelli che lo ricevono diede il potere di diven-
“Non fermatevi a considerare la sua povertà attuale: l’ingiustizia scacciò la sua famiglia dal trono al quale aveva diritto, ma non per questo egli cessa di essere Re, figlio di quei Re di Giuda, i maggiori, i più nobili, i più ricchi dell’universo”
tare figli di Dio’ (Gv. 1, 12), e che a tutti i fedeli cristiani è comune questa dignità e nobiltà, tuttavia non pensiamo assolutamente che debba essere disprezzata o rifiutata la nobiltà secondo la carne. Al contrario, chi non riconoscesse che anche questa stessa nobiltà é un dono e favore singolare di Dio, e non ringraziasse specialmente per essa Dio, che è il dispensatore di tutti i beni, costui sarebbe in verità assolutamente indegno della qualifica di nobile, poiché, per deformità di uno spirito ingrato che non potrebbe essere più vergognosa, oscurerebbe lo
San Pietro Giuliano Eymard
Natale
splendore dei suoi maggiori, in quanto la nobiltà della carne molto contribuisce anche al vero brillio dell’anima e le dona non piccoli benefici.
“Innanzitutto, lo splendore del sangue, la virtù degli antenati e le imprese famose predispongono in modo meraviglioso il nobile a marciare sulle orme di coloro dai quali discende. È fuor di dubbio, poi, che la sua natura è più inclinata al bene e alla virtù: sia perché questo gli spetta per la conformità del suo sangue a quello dei suoi progenitori e, di conseguenza, per la trasmissione del loro spirito; sia per la perenne memoria che conserva delle sue virtù, le quali ritiene più care - e ciò sa ben valutarlo - per avere brillato nei suoi consanguinei; sia finalmente per la sana educazione e formazione che ricevette da uomini illustri. È certamente riconosciuto come vero che la nobiltà, la magnificenza, la dignità, la virtù e l’autorità dei genitori inducono molti figli a mantenere lo zelo per queste cose. Ne deriva che i nobili, per un certo qual istinto della natura, sono desiderosi di onore, coltivano la magnanimità, disprezzano i vantaggi di basso prezzo, aborriscono infine tutto quanto ritengono indegno della loro nobiltà.
“In secondo luogo, la nobiltà è ugualmente uno stimolo ad aggrapparsi alle virtù. Ciò è diverso dal primo beneficio che abbiamo riferito, poiché quella
“L’inizio del Santo Vangelo, scritto da san Matteo, che da questo pulpito vi è stato poco fa proclamato dalla Santa Madre Chiesa, ci induce innanzitutto ad esaminare attentamente la nobiltà, l’insigne lignaggio e la magnificenza della Ss.ma Vergine”
San Carlo Borromeo
lo predispone il nobile ad abbracciare più facilmente le opere rette; quest’altro, tuttavia, aggiunge anche al primo, ormai diventato facile, stimoli veementi; e, come un freno, coarta i vizi e le azioni sconvenienti al nobile e fa sì che, se talvolta il nobile cade in una qualsiasi mancanza, sùbito si farà prendere da un pudore straordinario e procurerà, con tutte le sue forze, di purificarsi da quella macchia.
“Infine, l’ultimo beneficio da considerare nella nobiltà è che, così come una pietra preziosa rifulge più quando è incastonata nell’oro che nel ferro, così le stesse virtù sono più splendenti nel nobile che nel plebeo; e la nobiltà si unisce alla virtù diventandone il maggior ornamento.
“Non è soltanto vero che si deve attribuire valore alla nobiltà e al lustro degli antenati, ma inoltre sosteniamo molto fermamente queste due tesi: la prima è che, così come nel nobile è molto più splendida la virtù, anche il vizio in lui è di gran lunga più vergognoso. Così come più facilmente si nota la sporcizia in un luogo chiaro e illuminato dai raggi solari, che non in un angoletto oscuro, e le macchie su un vestito di oro che non in un vestito comune e lacero, o infine i segni e le cicatrici sul viso che in altra parte occulta del corpo, così anche i vizi sono più notevoli e attirano di più l’attenzione, e più vergognosamente sfigurano l’anima colpevole nei nobili che non negli uomini di volgare condizione. Che c’è in verità di più indegno dell’adolescente nato da genitori illustri e di raffinata educazione che finisce corrotto e dedito alle taverne, ai giochi, agli alcoolici e alle abbuffate?
“La seconda tesi è che, anche quando qualcuno è nobilissimo, se alla nobiltà dei suoi maggiori non aggiunge le proprie virtù, immediatamente diventa oscuro; poiché, con la discontinuità della virtù, cessa
in lui la nobiltà, dato che, seppure rimangono in lui le vestigia del lustro dei suoi antenati, esse sono certamente inutili; queste infatti neanche raggiungono il loro scopo, quello cioè di farlo diventare sempre più incline alle grandi imprese, che siano per lui stimolo alla virtù e freno al peccato. Tutta la nobiltà gli serve a sommo obbrobrio, e non aggiunge il minimo grado al suo onore. Questo è quanto rimproverava Nostro Signore Gesù Cristo ai farisei, che si vantavano di essere figli di Abramo, dicendo loro: ‘Se siete figli di Abramo, compite le opere di Abramo’ (Gv. 8, 39). Infatti uno si può vantare di essere figlio o nipote, e partecipe alla nobiltà, solo di colui del quale imita le virtù. Perciò il Signore diceva ai farisei: ‘Avete come padre il diavolo’ (Gv. 8, 44), ed erano chiamati inoltre, dal santissimo Precursore di Cristo, ‘razza di vipere’ (Lc. 3, 7).
“Chi è in verità così ignorante e sprovveduto da trovare ancora motivo di dubitare della somma nobiltà della Ss.ma Vergine Maria? Chi non sa che ella non soltanto uguagliò le virtù dei genitori ma di gran lunga le superò, in modo tale che si può e si deve chiamarla, con ragione, nobilissima, poiché lo splendore di così illustri Patriarchi, Re, Profeti e sacerdoti, che il Vangelo di oggi ci descrive, giunse in lei al massimo?
“Qualcuno chiederà senz’altro per qual ragione, da tutto quanto finora è stato esposto, si può dedurre la nobiltà degli antenati di Maria, visto che è stata descritta l’origine di Giuseppe, che di Maria fu sposo. Tuttavia, chi più accuratamente abbia studiato le Sacre Scritture risolverà facilmente questo dubbio, in quanto nella Legge divina si stabiliva che la Vergine non prendesse uomo fuori dalla propria tribù, principalmente in vista della linea di successione ereditaria (Cfr. Num. 36, 6 ss.); e perciò rimane chiaro che Maria e Giuseppe erano della stessa tribù e famiglia, e questa descrizione della generazione umana del Figlio di Dio ci rende palese che era unica la nobiltà dell’una e dell’altro”.
“In terzo luogo, infine, o dilettissime figlieperché questo vi riguarda - è descritta la progenie di Giuseppe, non quella di Maria, perché impariate a non insuperbirvi e a non dire in modo insultante ai vostri mariti: ‘Io ho introdotto la nobiltà nella tua casa; io ti ho portato lo splendore degli onori; dovete attribuire a me, o marito, quello che avete ricevuto in dignità’. Sappiate, in verità, e scolpite questo costantemente nel vostro animo, che il decoro e la nobiltà della famiglia della moglie non è dovuta ad un’altra famiglia se non a quella dello sposo; sono detestabili quelle mogli che si preferiscono al ma-
rito o - peggio ancora - si vergognano della famiglia di lui; nascondendone il cognome e menzionando soltanto la propria origine. “C’è qui realmente un diabolico spirito di superbia. Qual’è dunque la famiglia di Maria? Quella di Giuseppe. Qual’è la tribù, quale la casa, quale la nobiltà di Maria? Quelle del suo sposo Giuseppe. E questo, o mogli cristiane veramente nobili e timorate di Dio, è ciò di cui più si deve tenere conto” (Sancti Caroli Borromaei Homilae CXXII, Ignatii Adami et Franscici Antonii Veith Bibliopolarum Augustae Vindelicorum, ed. novissima, s.d. coll. 1211-1214). u
Inginocchiati davanti al Presepe
di Plinio Corrêa de Oliveira
Commemoriamo ancora una volta, Signore, la festa del Vostro Santo Natale. Ancora una volta la Cristianità si appresta a venerarvi nella mangiatoia di Betlemme, sotto il brillare della stella o sotto la luce, ancora più luminosa e fulgente, degli occhi dolci e materni di Maria.
Al Vostro lato sta san Giuseppe, tanto assorto nel contemplarvi che sembra non accorgersi neppure degli animali che Vi circondano, dei cori angelici che squarciano le nubi e cantano, ben visibili, nel più alto dei Cieli.
Di qui a poco si udrà lo scalpitio dei cavalli dei Maghi in arrivo, che portano su lunghe carovane i doni di incenso, oro e mirra, sorvegliati da una innumerevole servitù. Nel corso dei secoli, molti altri verranno a venerare il Vostro Presepio: dall’India, dalla Nubia, dalla Macedonia, da Cartagine, dalla Spagna; galli, franchi, iberi, germani, i loro discendenti, fra cui i pellegrini e i Crociati che verranno dall’Occidente per baciare la terra della grotta in cui nasceste.
E fra tutti costoro, anche noi, qui, stiamo inginocchiati e Vi contempliamo. Guardateci, Signore, e osservateci con misericordia. Siamo qui e desideriamo parlarvi. Noi, chi siamo noi?
Siamo quelli che non piegano le ginocchia, e nemmeno un solo ginocchio, davanti a Baal. Quelli che hanno la Vostra legge scolpita sul bronzo dell’anima, non permettendo che le dottrine del secolo attuale gravino coi loro errori su questo bronzo, reso sacro dalla Vostra Redenzione. Quelli che amano la purezza immacolata dell’ortodossia come il tesoro più prezioso, ricusando qualsiasi patto con l’eresia, con le sue opere e le sue infiltrazioni. Quelli che hanno misericordia del peccatore pentito, e che implorano la Vostra misericordia anche per se stessi, così spesso indegni e infedeli, ma che non risparmiano l’empietà orgogliosa e insolente che presume di sé, il vizio che si ostenta con arroganza schernendo la virtù. Quelli che hanno pietà per tutti gli uomini, ma particolarmente per i beati che soffrono persecuzioni per amore della Vostra vera Chiesa, che sono oppressi su tutta la Terra
per la loro fame e sete di virtù, che sono abbandonati, scherniti, traditi e calunniati per il fatto che si mantengono fedeli alla Vostra legge.
Quelli che soffrono senza che la letteratura contemporanea si ricordi di esaltare la bellezza delle loro sofferenze: la madre cristiana che oggi prega solitaria davanti al suo presepio, nel focolare domestico abbandonato dai figli che profanano con orgie il giorno del Vostro Natale; lo sposo austero e forte che, per fedeltà al Vostro Spirito, si è reso incompreso e antipatico ai suoi; la sposa che sopporta le amarezze della solitudine di anima e di corpo, poiché la leggerezza di costumi ha trascinato all’adulterio colui che avrebbe dovuto esserle colonna della famiglia, metà della sua anima; il figlio o la figlia pii che, durante il Natale, mentre le famiglie cristiane sono in festa, avvertono più che mai il gelo con cui l'egoismo, la sete di piaceri, il mondanismo paralizzano e uccidono nel loro focolare la vita familiare; l'alunno abbandonato e vilipeso dai suoi compagni perché Vi resta fedele; il maestro detestato dai suoi alunni perché non viene a patti con i loro errori; il sacerdote che sente intorno a sé l’oscuro muro dell’incomprensione e dell’indifferenza, perché si rifiuta di permettere la corruzione di quel deposito della Fede che gli è stato affidato; il cattolico fedele, smarrito dalla crisi penetrata anche nel Tempio di Dio, che viene trattato come un estraneo nella stessa Casa della sua Madre, la
Chiesa; l’uomo onesto ridotto all'indigenza per non aver rubato.
Questi sono Signore, quelli che nell’ora presente dispersi, isolati, ignorandosi fra loro, ora tuttavia si avvicinano a Voi per offrirvi i loro doni e presentarvi la loro preghiera.
Preghiera, prima di tutto, per quello che più amano al mondo, che è la Vostra Chiesa, santa ed immacolata. Che la Vostra Chiesa trionfi, alla fine di questo secolo di peccato, e plasmi per la Vostra maggior gloria una nuova civiltà. Per i santi, perché siano più santi. Per i buoni perché si santifichino. Per i peccatori, perché diventino buoni. Per gli empi, perché si convertano. Che gli impenitenti, refrattari alla grazia e nocivi alle anime siano dispersi, umiliati e annientati dalla Vostra punizione.
Preghiera, poi, per loro stessi: che li facciate più esigenti nell’ortodossia, più severi nella purezza, più fedeli nelle avversità, più attivi nelle umiliazioni, più terribili verso gli empi, più compassionevoli verso quelli che, vergognandosi dei loro peccati, lodano in pubblico la virtù e si sforzano seriamente di conquistarla.
Preghiera, infine, perché la Vostra grazia, senza la quale nessuna volontà persevera durevolmente nel bene, sia per essi tanto più abbonante quanto più numerose sono state le loro miserie e infedeltà. u
Chi siamo noi? Siamo quelli che non piegano le ginocchia, e nemmeno un solo ginocchio, davanti a Baal. Quelli che hanno la Vostra legge scolpita sul bronzo dell’anima, non permettendo che le dottrine del secolo attuale gravino coi loro errori su questo bronzo, reso sacro dalla Vostra Redenzione.
Weihnachtsmärkte
di Georg Stillemauer
In Germania li chiamano Weihnachtsmärkte, Mercati di Natale, in Austria e in Tirolo Christkindlmärkte, Mercati del Bambino Gesù. In Italia li abbiamo battezzati Mercatini di Natale. Ormai si realizzano in quasi tutto il mondo, dalla Romania agli Stati Uniti. Nessuno, però, dubita delle loro origini tedesche.
Volle la Divina Provvidenza che nel mondo teutonico il Natale acquisisse alcuni connotati archetipici, ovvero usi e tradizioni poi diventati universali. Dall’albero di Natale –trasposizione moderna del culto del Tannenbaum, ossia dell’abete, l’unico albero a non perdere le foglie d’inverno, e quindi simbolo di Cristo che non tradisce mai – allo Stille Nacht, composto nel 1818 a Mariapfarr, presso Salisburgo, e poi diventato il canto natalizio per eccellenza, tradotto in italiano come Astro del Ciel.
Tra le tradizioni natalizie germaniche ormai diffuse in quasi tutto il mondo vi sono, appunto, i Mercatini di Natale. In Italia, oltre che nell’Alto Adige, troviamo mercatini in quasi tutto l’arco alpino, da Verona a Brescia, Bergamo, Milano. E ormai perfino nel Meridione, dove assumono un carattere proprio. Si tratta di mercati all’aria aperta,
generalmente nelle piazze del centro cittadino, dove si vende ogni sorta di oggetti legati al Natale: dalle statuine per i presepi ai regalini per i bambini fino agli addobbi per gli alberi. Il mercatino nostrano più rinomato è, forse, quello di Merano, che inizia con l’Avvento il 26 di novembre e si chiude a Capodanno (foto a sin.).
Al centro del mercatino – non poteva essere diversamente – la Weihnachtskrippe, ovvero il presepe, che naturalmente ritrae la Sacra Famiglia in un ambiente alpino. Attorno al presepe e sulle bancarelle, le Zwetschgenmännle, figurine fatte con prugne secche e vestite come personaggi del luogo: il parroco, il sindaco e via dicendo, nonché i Nussknacker, fatti invece con noci intagliate.
Trattandosi del mondo germanico, l’aspetto culinario è basilare. Gli ambulanti dalle bancarelle servono ogni tipo di salsiccia – Bratwurst, Weisswurst, Brühwurst, Blutwurst – accompagnata da patate, pane nero e senape, fino all’infinita varietà di dolci: Lebkuchen e Magenbrot, ovvero biscotti allo zenzero, Christstollen, una sorta di panettone alla mandorla, senza dimenticare le onnipresenti gebrannte Mandeln (mandorle tostate). Il tutto innaffiato con le bevande del periodo: Glühwein, Apfelwien, Eierpunsch, o semplicemente birra.
Non a caso, una frase ricorrente in questi giorni è “Hier riecht es nach Weihnachten!” (Qui profuma come il Natale!). Tutti i sensi sono coinvolti in questa festa universale, quando perfino la natura sembra vestirsi di gala.
L’aspetto più importante, però, è il convivio, Zusammengeführt, ovvero il sentirsi insieme, tutti figli dello stesso Dio che sta per nascere, lodandoLo e cantando con gli angeli, questa volta in latino: “Gloria in excelsis Deo e in terra pax hominibus bonae voluntatis!”. u
Santurantikuy, il mercatino di Natale delle Ande
Quando si pensa ai mercatini di Natale, vengono subito in mente i paesi nordici, in particolare quelli germanici. Ebbene, dalla metà del secolo XVI a Cusco, già capitale dell’Impero Inca, si realizza in occasione del Natale il Santurantikuy, ovvero il “mercato dei Santi”, un vero e proprio mercatino di Natale nel cuore delle Ande.
Originalmente, nel mercato si vendevano quadri e statue natalizie di scuola cusqueña. Un tema ricorrente era il Bambino Gesù vestito da Inca, con tanto di mascaipacha (corona imperiale), a simboleggiare la sua regalità (foto sopra). Si vendevano anche mobili in legno intagliato, acquistati soprattutto dalle famiglie benestanti.
Con alti e bassi, il mercato natalizio di Cusco è arrivato fino ai giorni nostri, attirando migliaia di visitatori, tra cui non pochi turisti. Si realizza dal 23 al 25 di dicembre, e resta aperto tutta la notte di Natale, fungendo anche da punto di ritrovo per i festeggiamenti dopo la Messa del Gallo.
Oggi, la figura più usata è quella del Niño Manuelito, da Emanuele (“Dio è con noi”), nome affettuoso con cui gli indigeni si riferiscono al Bambino Gesù. Un’altra versione è il Bambino della Spina, che raffigura il piccolo Gesù seduto su una sedia mentre si toglie una spina dal piede (foto a sin.).
Tra le tante attrazioni natalizie vanno menzionati anche il grande presepe, in cui si mischiano elementi indigeni e spagnoli, e i famosi retablo ayacuchano, ovvero i colorati presepi in legno di Ayacucho, la seconda città più importante delle Ande peruviane (foto sotto). u
Cristianesimo e sapori
di Nelson Fragelli
Oltre al suo carattere essenzialmente religioso, il Natale è legato inscindibilmente anche alla buona tavola. Ogni Paese, ogni regione, ogni città, a volte ogni famiglia ha i suoi cibi tipici per quell’occasione. Questo non è un aspetto trascurabile né, tantomeno, “mondano”. Nella civiltà cristiana, la Fede è strettamente legata alla cultura, compresa quella culinaria.
La Chiesa ha dato alla tavola un significato sacro, penetrandola con un senso religioso che va oltre il convivio e la gastronomia.
Cibo e contemplazione
Lo scopo dei sapori nella civiltà cristiana è quello di far sì che la degustazione di un piatto susciti nella mente un piacevole sentimento di ammirazione o ispirazione, che eleva l’anima. Un bel dipinto si giudica dal tema, dall’adeguatezza dei colori, dal talento del pittore e via dicendo. Un buon piatto si apprezza attraverso un procedimento dello spirito del tutto simile. L’arte culinaria consiste nel saper trattare un elemento commestibile utilizzando determinati condimenti, al fine di ottenere un sapore gradevole. Questo trattamento richiede intelligenza ed elevazione di spirito.
L’eccellenza culinaria è stata raggiunta dai popoli cristiani. Nessuna civiltà ha raggiunto il livello di sviluppo culturale come la civiltà cristiana. Fin
dall’Antico Testamento, prefigurazione della Santa Chiesa, l’importanza data al cibo ha portato all’elaborazione dei sapori secondo una retta filosofia, molti legati a determinate feste religiose. Nel Nuovo Testamento, poi, il cibo ha un ruolo molto importante. Il primo miracolo di Nostro Signore Gesù Cristo fu trasformare l’acqua in vino nelle nozze di Canaa. Egli chiamò gli Apostoli “sale della terra”. Moltiplicò più volte il pane per le moltitudini.
Nostro Signore
Gesù Cristo lasciò la sua Presenza Reale nella Chiesa sotto forma del pane e del vino nei quali la Chiesa dichiara di contenere “omne delectamentum”, cioè tutte le delizie.
Dalla pomposa solennità dei banchetti nella corte imperiale di Vienna, al calore dei pasti borghesi, all’onorevole candore del tavolo contadino, la Chiesa diede alla tavola un senso transcendente.
Il Salvatore seguì così l’esempio del Padre suo, il quale determinò meticolosamente per gli ebrei la composizione di alcuni pasti solenni o penitenziali, dopo averli nutriti con la manna contenente tutte le delizie del gusto. Niente diventa così intimo per la persona come l’integrazione del cibo nel proprio corpo.
A causa della frequenza quotidiana dei pasti, la cucina ha un’enorme influenza sulla psicologia. Ogni sapore risveglia nell’anima l’appetito per la virtù, oppure per il vizio. Il gusto del buon vino, diceva Plinio Corrêa de Oliveira, risveglia il senso dell’onore come il sapore del pane ravviva il senso dell’onestà. Non invano si dice di qualcuno: è buono come il pane. Il Creatore ha voluto che ogni alimento esercitasse un influsso sulla mente e questa azione inclina lo spirito all’istruzione morale. Di qui la sacralità dei pasti così coscienziosamente insegnata dalla Chiesa.
La tavola, la confessione e l’eresia culinaria
L’elaborazione di stili culinari, che variano da popolo a popolo, ritrae un ideale sociale che si riflette in quei sapori. Possiamo così parlare di “filosofia del gusto”. E con buona ragione. La preparazione dei cibi traduce un certo modo di essere, sotteso allo spirito di ogni popolo. Questo spirito guida la preparazione dei piatti. In tempi di ascesa morale di un popolo, la tavola riflette questa ascesa. D’altra parte, la decadenza morale si esprime non solo nello stato d’animo di un popolo, ma anche nei suoi piatti. Per esempio, mentre nel suo apogeo culturale la Francia ha dato al mondo cibi che hanno segnato la storia, diverse tendenze moderne – dalla nouvelle cuisine all’uso di farine di insetti – mostrano un declino morale.
In questo campo è interessante leggere i libri di gastronomia di Jean-Robert Pitte, Segretario perpetuo dell’Accademia francese di scienze morali e politiche, già Rettore dell’Università della Sorbona. Pitte si chiede: perché i sapori creati dalla cucina dei paesi cattolici sono superiori a quelli della cucina dei paesi protestanti?
Da una parte abbiamo Paesi come Francia e Italia, i cui piatti, pani, formaggi e vini fanno parte del mondo delle eccellenze. Dall’altra abbiamo l’Inghilterra e i Paesi scandinavi. La ricerca condotta da Pitte è scientifica e precisa. Egli conclude che la superiorità della gastronomia cattolica deriva dal sacramento della confessione. La confessione calma la coscienza del peccatore e la penitenza data dal confessore gli dà la sicurezza di aver saldato un debito con il Redentore. Il protestante, negando il sacramento della penitenza, rimane nell’incertezza se è stato perdonato e senza sapere come saldare il suo debito con il Redentore. I tre pasti della giornata gli offrono l’occasione di fare penitenza. Turbato, egli allora sopprime il legittimo piacere del buon cibo, imputa come peccaminosa la qualità di ciò che mangia e, per non cedere al legittimo piacere del buon cibo, rende il cibo meno appetitoso. È una vera e propria “eresia culinaria”.
Splendore non egualitario
La buona tavola offriva ai pittori la possibilità di fissare sulla tela immagini di usanze, di costumi, di cortesia. Queste rappresentazioni pittoriche comprendono dalla pomposa solennità dei banchetti nella corte imperiale di Vienna, al calore dei pasti borghesi, all’onorevole candore del tavolo contadino.
Nel suo libro Vienna ai tempi di Mozart e Schubert, Marcel Brion descrive i banchetti nuziali dei mendicanti nella capitale austriaca. Anche i mendicanti avevano un modo di esistere che univa la fede ai costumi sociali. Anche loro avevano il loro semplice sfarzo di cui i buoni piatti erano ingredienti indispensabili.
Quella filosofia di vita andò man mano scemando, mentre lo strisciante egualitarismo cancellava i cerimoniali che abbellivano i riti sociali dell’epoca. È subentrata la catena McDonald’s. L’egualitarismo e la volgarità prevalgono ovunque.
Imposizione dittatoriale di una certa ecologia
I francesi che vedono nella loro cucina il riflesso della loro azione civilizzatrice sono rimasti stupiti dalla notizia pubblicata dal quotidiano “Le Monde” lo scorso 16 maggio. La Francia ha cominciato a importare farina di grillo dal Vietnam! Sono
finiti i tempi in cui la Francia evangelizzava e civilizzava quel paese dell’Estremo Oriente. Adesso è il Vietnam, retto ancora da un regime comunista, a portare in Francia l’anticultura.
L’utilizzo di questa farina è iniziato in Tailandia e Cambogia, ma solo per gli animali. Poi è subentrata l’ONU, che prevede la futura sostituzione della carne bovina e suina, così come quella di pollo, con questi insetti. Dicono che è un modo ecologicamente pulito di produrre proteine. In Spagna e Italia la farina di insetti si nasconde nella produzione della pasta, in Germania è usata negli hamburger e negli Stati Uniti circolano già i “cricket cracker”
I grilli hanno agenti pubblicitari che promettono proteine e dollari, dichiarando che entro il 2029 il mercato globale degli insetti commestibili dovrebbe raggiungere i 9,04 miliardi di dollari. La farina è redditizia perché si utilizza tutto l’insetto: ali, budella, zampe, antenne, pungiglioni, uova, ecc. Lo scarabeo è particolarmente redditizio grazie alle sue corna.
Aspetto non trascurabile del triste declino della Civiltà cristiana è, senza dubbio, il declino della buona tavola.
In questo Santo Natale facciamo un atto in controtendenza, allestendo il nostro tavolo secondo lo splendore della Tradizione. In questo modo, avremmo fatto non solo cosa piacevole ai sensi ma, soprattutto, un atto di resistenza morale e religiosa. Che il Bambino Gesù ci benedica! u
Il pranzo di Babette, celebre film danese in cui un talentoso chef francese, Babette Hersant, riesce a cambiare la mentalità calvinista di una setta attraverso la raffinatezza della tavola, a riprova dell’intima connessione fra cibo e spiritualità
Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
Consigli per la vita intellettuale
di Plinio Corrêa de Oliveira
Con l’autorizzazione del destinatario, trascriviamo di seguito una lettera di Plinio
Corrêa de Oliveira a un giovane cooperatore della TFP brasiliana con alcuni consigli sulla vita intellettuale. Ci auspichiamo che questi consigli possano essere utili a tutti coloro che lottano per la difesa della verità. I sottotitoli sono redazionali.
Mio caro amico, Salve Maria!
Ho letto con molta simpatia la lettera che mi hai inviato.
Non prendertela a male se ti dico che non ho potuto fare a meno di sorridere, vedendo che tu vorresti essere un uomo come me. Ti garantisco, con
grande sincerità, che non ci guadagneresti nulla, anzi. Se potessi augurarti qualcosa di buono, sarebbe proprio che ciò non accadesse. Ognuno di noi possiede una personalità unica e inconfondibile, ed è chiamato da Dio per realizzare un proprio ideale di perfezione. Da noi viene richiesta una fedeltà alla verità, l’unico cammino per attingere la nostra meta personale.
“Chi ha la passione della verità è disposto a spogliarsi di sé stesso, senza la pur minima restrizione,per cercare austeramente di palesare la verità, solo la verità, che è sempre ardua per la nostra condizione umana, a causa della sua essenziale trascendenza”
Solo la passione della verità giustifica l’esistenza dei filosofi e degli scrittori
Parlando di verità, arriviamo proprio al punto cruciale della tua lettera. Infatti, il mondo abbonda di filosofi e scrittori, ma c’è una sola cosa che giustifichi l’esistenza degli uni e degli altri: la passione della verità. Senza questa passione, libri e filosofie non sono altro che vanità, pericolosissime vanità che incendiano la Terra e attizzano le fiamme dell’inferno.
Chi ha la passione della verità è disposto a spogliarsi di sé stesso, senza la pur minima restrizione. Sacrificherà le più seducenti idee, i più ingegnosi sistemi, le più profonde e luminose elucubrazioni, le più care intuizioni, le soddisfazioni più elevate dell’intelligenza, e infine le formulazioni più avvincenti e le immagini più esteticamente favorevoli, per cercare austeramente di palesare la verità, solo la verità, che è sempre ardua per la nostra condizione umana, a causa della sua essenziale trascendenza.
Chi ha la passione della verità si espone all’antipatia degli uomini
E non è solo questo. La verità non è mai stata molto apprezzata dagli uomini, essendo effettivamente disprezzata ai nostri giorni. La verità è una e immutabile, ma gli uomini amano lo spettacolo variegato delle apparenze che si susseguono; la verità è eterna, ma gli uomini seguono le mode; la verità è seria e gli uomini sono frivoli; la verità indica il dovere, mentre gli uomini vogliono i piaceri; insomma, la verità è rigida e gli uomini non hanno tempra.
Quindi, chi ha la passione della verità si espone, necessariamente, all’antipatia degli uomini, ma pre-
ferirà la verità ai beni temporali, alla carriera, alla fama e alla propria reputazione. Sarà perseguitato e accusato da quelli che prostituiscono la verità e fanno di essa un semplice strumento della loro infatuazione e cupidigia.
Ma non è ancora tutto. La passione della verità può portarlo a tacere per anni, mentre gli altri si elevano di fronte all’opinione generale e alla critica, con la loro produzione di opere letterarie e filosofiche. Egli, nel frattempo, rimarrà in silenzio, fino a quando spunti l’unico motivo che lo indurrà a manifestarsi: dare testimonianza della verità.
Dinanzi a quel che ho appena detto, tu potresti replicare che io, invece di segnalare la via della filosofia, ho indicato quella della santità. È vero. Voglio soltanto sottolineare che, per chi ha la vocazione agli studi filosofici, la perfezione spirituale si chiama passione della verità. Per noi, cattolici, la verità non è solo una questione epistemologica o metafisica, è la Seconda Persona della Santissima Trinità, il Verbo di Dio che si è incarnato per salvarci.
Adesso che siamo arrivati a questo punto, possiamo dedurre le conclusioni, per rispondere alle questioni particolari che mi proponi nella tua lettera.
La vita intellettuale è intimamente unita alla spirituale, e da essa dipende
La prima questione è che non ci deve essere una distinzione tra la tua vita spirituale e la tua vita intellettuale. Giacché dici di voler fare tutto secondo la volontà di Dio, e ti ritieni con vocazione agli studi filosofici, allora non preoccuparti del futuro, né come farai a guadagnarti la vita: adempi coscienziosamente
i tuoi doveri e spera nella Provvidenza. Abbi fiducia, Dio non si dimentica di coloro che Lo servono.
Tuttavia, Egli suole mettere alla prova la fiducia dei suoi servi. Quando questo ti capiterà, non supporre di essere abbandonato: questi sono i cammini normali della Provvidenza. Quando tutto sembrerà perduto o compromesso, allora arriverà la soluzione. Però, non aspettarti soluzioni definitive. Rimarrà sempre un certo margine di incertezza e di rischio. Anche questo è necessario, perché Dio vuole che abbiamo fiducia solo in Lui, e non nelle sistemazioni umane.
D’altra parte, non possiamo perdere di vista che siamo esiliati in questo mondo, e che la vita presente è provvisoria e precaria. Perciò non c’è, ne dobbiamo desiderare, situazioni definitive in questa Terra. Dobbiamo vivere di fede, e la fede è necessariamente oscura, poiché ha come oggetto ciò che è invisibile e inaccessibile alla ragione naturale. San Pietro, camminando sul mare in tempesta, è l’immagine della vita cristiana. So bene che questo cammino è difficile. È lo stretto cammino della salvezza, indicato da Gesù. Non ne esiste un altro.
Evitare qualsiasi divorzio tra il pensiero e la vita
In secondo posto, per quel che riguarda più direttamente ai tuoi studi, sarà necessario evitare diligentemente qualsiasi divorzio tra il pensiero e la vita. La filosofia non può essere trattata come chi risolve un teorema di geometria. In altre parole, il filosofo
Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira
“Per noi, cattolici, la verità non è solo una questione epistemologica o metafisica, è la Seconda Persona della Santissima Trinità, il Verbo di Dio che si è incarnato per salvarci”
non può situarsi confortevolmente “fuori” dalla filosofia, e poi costruirla con eleganza e distacco. Al contrario, lui, la sua vita, il suo destino, il destino dell’umanità, sono visceralmente coinvolti dal corso che avranno preso le questioni filosofiche. Il filosofo stesso deve essere il primo problema filosofico in gioco, perché è attraverso il suo essere di carne ed ossa che il filosofo ha i piedi nella realtà.
Essendo così, il filosofo non deve solo possedere un’intelligenza acuta e sviluppata, ma è indispensabile che abbia una personalità ricca, possente, vigorosa, nella quale tutta la realtà possa ripercuotere ampiamente. Per ottenere questo spessore e profondità di personalità, mi sembra utile che, oltre agli studi propriamente filosofici, sui quali parlerò dopo, tu coltivi il tuo spirito nel contatto con le grandi opere, in cui si esprimono certe caratteristiche fondamentali dell’anima umana, e la cui frequentazione produce un insuperabile allargamento della visione di tutti i problemi. Virgilio, Dante, Shakespeare, i classici francesi, sono in questa linea. Non perché siano irreprensibili, nota bene. Ma in tutti loro spira un soffio magnifico che ingrandisce l’uomo.
Non ti dico neanche di fare uno studio sistematico di queste opere. Ben lungi da questo. Non si tratta di studiare, di fare un compito, ma di compiacersi, di assaporare. Tra queste sceglierai quella che più ti piace. Come pure potrai variare, trattenendoti sia in un brano di una, sia in un passaggio di un’altra. La libertà è totale. L’importante è che siano lette dall’originale.
Non è soltanto la lettura delle grandi opere letterarie che conduce all’obiettivo mirato, ma pure la contemplazione della grande pittura e l’audizione della musica dei grandi maestri, come Bach o Haendel. In tutto ciò, ognuno deve seguire la propria inclinazione, ed io desidero più suggerire che influire.
San Tommaso è più chiaro di non pochi tra i suoi commentatori
Ritornando, quindi, ai tuoi studi, devo dire che capisco perfettamente l’insoddisfazione e la perplessità che ti causano certi autori contemporanei che si presentano come tomisti. Questi autori non sono né
veramente dei filosofi né tomisti, e la miglior cosa che tu possa fare, per adesso, è metterli da parte. Potranno solo confonderti lo spirito e spingerlo verso sentieri pericolosi.
Quanto a [Jacques] Maritain, non è altro che un divulgatore dotato di qualità letterarie e di nessuna serietà scientifica. Coloro che lo seguono hanno una mentalità superficiale, che si soddisfano e si cullano con le sue formule lirico-metafisiche, le quali non reggono a un’analisi più accurata, perché subito evidenziano inesattezze, dubbiosità ed equivoci di cui sono impregnate. Quando avevo la tua età, confesso che me ne lasciai sedurre, poiché esaltavano la mia sensibilità. Dio, però, mi ha fatto la grazia di vedere, in tempo, il veleno che contenevano.
Quando si viene a conoscenza dei veri filosofi, ci si vergogna delle divagazioni vuote, inconseguenti, sciocche e pretenziose di certi filosofi pseudo tomisti dei nostri giorni, che non fanno altro che deformare il tomismo, adattandolo a tutte le ultime mode (che non riescono nemmeno a capire), mentre scavalcano i più profondi pensieri di San Tommaso con la più candida delle incompetenze.
Vai direttamente alla fonte. Cerca di familiarizzarti con i testi di San Tommaso. Non temere, il Dottore Angelico è più chiaro di non pochi dei suoi commentatori. Tutto dipende dall’abituarci al suo stile e, ciò che è più importante, alla sua disciplina. Questo, però, non sarà difficile, purché abbiamo diligenza e umiltà.
Per iniziare, ti raccomanderei la Prima, della Somma, e il De Veritate. Dalla Prima, lascia da parte le questioni 2ª, 23ª e 24ª. Quanto al De Veritate, per adesso non andare oltre alla 3ª questione. Ancora per iniziare, non dedicarti a uno studio sistematico, ma fai come ti ho raccomandato a riguardo delle opere classiche. Ricordati che non si tratta ancora di imparare San Tommaso, bensì, di familiarizzarsi con lui. Perciò, quando qualche testo presenterà una maggiore resistenza alla tua intelligenza, non insistere, ma cerca qualcosa di più facile.
E adesso ti farò un’osservazione di maggior rilevanza: la meditazione e la riflessione valgono più della lettura. Quindi, cerca, quanto potrai, di trovare le soluzioni da te stesso, invece di cercarle già pronte. Soprattutto, limitati esclusivamente ai testi di San Tommaso, e non cercare di leggere le note esplicative che vengono a piè di pagina. Quando ti sarai così ambientato allo spirito di San Tommaso, allora si potrà pensare a qualcos’altro.
Vita spirituale autentica: unico alimento dell’intelligenza
Giungiamo, infine, all’ultima conclusione, che è quella di maggior peso. Il vero filosofo solo può alimentare il suo pensiero e la sua personalità con una vita spirituale autentica. A mio avviso, la miglior base sono ancora gli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, con il complemento naturale dell’Imitazione di Cristo. Secondo gli orientamenti che do a questi miei suggerimenti, cerca, preferibilmente, solo i testi originali; soltanto i testi, senza alcun commento. Dato che la devozione cattolica è fondamentalmente di ispirazione mariana, abbi sempre a portata di mano le eccellenti opere di San Luigi Maria Grignion da Montfort; tutte quante, se ti sarà possibile.
Il demonio pesca nelle acque torbide del nervosismo
Credo così di aver risposto nella miglior forma a mia portata - e dopo aver chiesto a Dio luci per un compito di tale responsabilità - alle difficoltà, che mi hai presentato nella tua lettera. Certamente troverai in questa mia risposta, molte lacune: è la parte umana. Dio, però, le supplirà, quando ricorrerai a Lui con fiducia.
Innanzitutto, stai calmo e in pace. Cerca di non perturbarti. Il nervosismo è l’acqua torbida in cui il demonio fa la sua pesca; ed è maestro nell’irritare i nervi e tormentare le coscienze, per mezzo di immaginazioni, suggestioni, istigazioni, ed anche agendo direttamente sul corpo, dove provoca le sensazioni fisiche di malessere, angoscia, ripugnanza, palpitazioni, e quant’altro. Non lasciarti impressionare da nulla di tutto ciò. Guarda in avanti, ai Cuori di Gesù e di Maria, e cammina sulle onde agitate con piena fiducia.
Qui siamo, io e i miei amici, a tua disposizione, per quel che avrai bisogno. Non fare cerimonie. E non dimenticarti di me nelle tue preghiere.
Tuo in Gesù e Maria,
(Nelle foto, Plinio Corrêa de Oliveira nella fazenda Nostra Signora dell’Amparo, a San Paolo, dove soleva soggiornare per svolgervi lavori intellettuali distante dal chiasso cittadino.)
Il sublime segreto di una
Dama cattolica
di Carlos Vitor Santos Valiense
Plinio Corrêa de Oliveira
“Ho cominciato a leggere queste pagine ignorando totalmente l’altissimo valore del contenuto. Ciò che inizialmente era una semplice curiosità è maturato velocemente diventando una franca simpatia, che è andata man mano crescendo fino a sfociare in ammirazione e stupore. Più che la biografia di una donna straordinaria, stavo leggendo la vita di una vera santa, nella pienezza del termine”.
Questo l’incipit del parere scritto dal celebre teologo spagnolo Antonio Royo Marín, O.P., su una biografia di Lucilia Corrêa de Oliveira.
“La virtù – scrisse mons. François Trochu – passa facilmente dal cuore delle madri al cuore dei figli”. Plinio Corrêa de Oliveira deve molto alla mamma: dalla Fede cattolica, apostolica e romana, alla formazione del suo carattere, fondamentalmente opposto alla modernità rivoluzionaria. Da lei Plinio ebbe l’impronta spirituale che segnò la sua vita: “Lei mi spinse sulle vie della Fede cattolica fin dove arrivarono le sue braccia”.
Lucilia Corrêa de Oliveira fu, soprattutto, una dama. Una dama che seppe mantenere il suo rango aristocratico con uno spirito che derivava dal suo intenso amore a Dio, secondo la famosa formula di S. Ignazio di Loyola: “Soyons distingués ad maiorem Dei gloriam”. In contrasto con lo spirito laico e ugualitario, Donna Lucilia rappresentò in modo esimio l’ideale di dama cattolica.
In un’epoca in cui non c’è quasi autenticità, molti potrebbero chiedersi: che importanza ha parlare di una persona che non ha avuto risalto storico, non è canonizzata, non è conosciuta ed è stata una semplice madre e casalinga?
La risposta diventa categorica se guardiamo alle madri vere, semplici, sconosciute e non canonizzate. Dal loro anonimato non dedurremmo, ad esempio, che abbiano formato un grande santo, come san Giovanni Bosco. Oppure se guardassimo l’elenco delle sante madri, non dedurremmo che necessariamente abbiano avuto dei figli grandi, come un Sant’Agostino o una Santa Teresa del Bambino Gesù.
Santa Monica e Mamma Margherita sono due esempi noti: chi sarebbe sant’Agostino se non fosse per la fede di sua madre e la fiducia nella sua conversione? Chi sarebbe San Giovanni Bosco se sua madre, con le virtù che la rendevano una donna forte e determinata, preparata a una vita difficile, non gli avesse dato la formazione che gli ha dato? Si realizza così la massima evangelica: «L’albero si riconosce dal suo frutto».
“Stavo leggendo la vita di una vera santa, nella pienezza del termine”
Antonio Royo Marín, O.P.
Carattere di donna Lucilia
Plinio Corrêa de Oliveira
tranquillità, la forza del suo sguardo. Era lo sguardo di una persona schietta e onesta con una superiorità unica. Chi non era retto e onesto poteva addirittura sentirsi in imbarazzo in sua presenza. Era uno sguardo dolcissimo, molto gentile, ma a chi non aveva la coscienza in pace non piaceva affatto! Sarebbe l’incontro di sguardi tra una persona virtuosa e un’altra senza virtù. Sono rimasto molto colpito dal suo sguardo, che incoraggiava le persone ad affrontare le difficoltà della vita”.
Fu sotto lo sguardo di donna Lucilia che Plinio imparò fin da bambino a guardare l’unico ideale della sua vita: il Sacro Cuore di Gesù. Guardandola negli occhi alla luce di questo ideale, egli poté comprendere tutto ciò che era contrario a Lui e voleva portarlo alla rovina. Fu così che egli prese la decisione di lottare contro tutto ciò che avversava il Sacro Cuore di Gesù. Non gli fu difficile allargare poi questa militanza alla realtà, mille volte sacra, emersa dal suo costato aperto: la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
Donna Lucilia Ribeiro dos Santos Corrêa de Oliveira, madre del dott. Plinio, fu la figura perfetta di figlia, madre, zia e nonna, cattolica fino in fondo, monarchica e tradizionalista, che mai acconsentì all’allentamento dei costumi né alle mode stravaganti del tempo. Da questo albero frondoso non poteva nascere altro frutto che un grande uomo cattolico. Il suo ruolo di madre è stato essenziale nella formazione di Plinio Corrêa de Oliveira: “Spesso mi chiedo se sarei stato l’uomo calmo che sono se l’affetto di mia madre non mi avesse accompagnato continuamente. Posso dire di lei che era dignità senza fortuna, dolcezza senza viltà, intransigenza senza rigidità, nobiltà senza arroganza”.
Crociato e polemista
Suo nipote Adolpho Lindenberg, presidente dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, ricordando la sua defunta zia, ha detto in un’intervista: “Non commento quasi mai il modo di essere di zia Lucilia. Tuttavia, quando si presenta una buona opportunità, sono felice di parlarne. Per chi non la conosceva personalmente, non è facile comprendere appieno la sua figura. Mi colpiva molto, oltre alla sua gentilezza e
Plinio fece dei nemici della Chiesa i propri nemici, come dice il Salmo 139, 21,22: “Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano e non detesto i tuoi nemici? Li detesto con odio implacabile come se fossero miei nemici”. La necessità rese Plinio un grande polemista e fece della sua vita una vera crociata contro i mali del mondo moderno. Un critico letterario, leggendo le sue opere, noterà fin dall’inizio lo spirito combattivo delle sue parole e, allo stesso tempo, l’aria cavalleresca del suo discorso.
Alla scoperta di donna Lucilia
Donna Lucilia ebbe una vista discreta e ritirata, accompagnando il figlio solo in qualche occasione pubblica importante. Nel 1967 Plinio Corrêa de Oliveira si ammalò gravemente. La sua casa si riempì naturalmente di amici. Profondamente angosciata, e già alla veneranda età di 92 anni, donna Lucilia accoglieva tutti con gli usi dell’antica aristocrazia paulista, mostrando il suo affetto materno, la sua rassegnazione cristiana, la sua illimitata bontà di cuore e la sua dolcezza affascinante. Per tutti coloro che visitarono in quell’occasione la casa del dott. Plinio fu una gradita sorpresa e, comprensibilmente, anche una gioia per l’anima.
Il dottor Plinio non era ancora del tutto guarito quando Dio chiamò a sé sua madre. Da allora ad alcune persone è venuto in mente di chiedere la sua intercessione presso Dio, e si sono ritrovate esaudite. In ringraziamento, hanno cominciato a decorare il suo
tumulo nel cimitero della Consolazione in segno di rispetto e gratitudine. Niente di più naturale. Come era naturale che raccontassero tutto ciò ai propri amici. E altrettanto naturale è stato il graduale aumento del numero di coloro che si recano a pregare sulla sua tomba. Si tratta di una tomba molto semplice, che contrasta con i fastosi monumenti presenti in quel camposanto. Era come se, di là della morte, donna Lucilia continuasse a essere ciò che era sempre stata: una madre cattolica, sempre attenta ai bisogni dei propri figli.
Interrogato su questi cenni di rispetto alla sua defunta madre, il dottor Plinio così rispose al Direttore di un importante quotidiano paulista: “Tocca a me, come figlio, oppormi a questo, che lungi dall’essere ridicolo o stravagante, è – per chi ha fede – profondamente rispettabile? Sarebbe utile se cercassi in qualche modo di privare di questo sostegno morale le persone tormentate dalle tribolazioni di una vita di lotta in mezzo ai tumulti del mondo contemporaneo? Di fronte a fatti ai quali ho assistito con discrezione, senza però incoraggiarli, toccava solo a me restare silenzioso, riverente, commosso e grato. Insisto: al posto mio, quale figlio non farebbe una cosa del genere? [...] Chiedere l’intercessione di una persona morta piamente non ha il significato intrinseco e necessario di proclamarla santo d’altare. La dottrina cattolica insegna che è legittimo che i fedeli ricorrano all’intercessione di coloro che li hanno preceduti in signum fidei, soprattutto quando, con la loro condotta o con le loro parole, li hanno incoraggiati alla virtù e li hanno così avvicinati a Dio. Su questo principio generico si basano, ad esempio, le note richieste alle anime del Purgatorio, quando i fedeli le sottopongono”
Il sublime segreto di donna Lucilia
Lo spirito rivoluzionario non crede nell’armonia come condizione naturale dei rapporti umani. Crede solo nell’interesse o nella paura. Donna Lucilia insegnava, col discreto charme della sua presenza, che il convivio umano è fatto invece di affetto reciproco. Soleva ripetere: “Vivere è stare insieme, guardarsi e volersi bene”. E ciò è l’opposto dello spirito rivoluzionario. Volersi bene è volere il Bene e, quindi, la Verità. E la Verità si trova solo nella Santa Chiesa. La Madre è la quintessenza della famiglia, la quintessenza dell’amore, la quintessenza dell’affetto, la quintessenza della bontà e della misericordia. Ecco il sublime segreto, se così si può dire, di donna Lucilia Corrêa de Oliveira. u
Pagina a fianco, Donna Lucilia in abito di gala nel 1906
Sopra, con una nipote
Sotto, in giovane età
Il mondo delle TFP
Quattro proposte dei giovani per il futuro della Chiesa cattolica nel Belgio
In occasione della visita di Papa Francesco nel Belgio, i giovani della TFP Student Action Europe hanno distribuito nelle piazze un volantino con alcune proposte per contribuire alla riflessione sul futuro della Chiesa.
1. “Omnia instaurare in Christo”
Dagli anni ‘60 sono stati introdotti molti cambiamenti nella vita della Chiesa con il pretesto di adattarla al mondo moderno e così attrarre i giovani. Il risultato è stato a dir poco catastrofico: le chiese si sono furono svuotate e il numero dei candidati al sacerdozio è calato. Nelle nostre chiese, ormai, il numero dei funerali supera di gran lunga quello dei battesimi. Oggi, una delle maggiori preoccupazioni dei vescovi è di sapere quante chiese dovranno chiudere per essere messe in vendita...
Le comunità cosiddette progressiste stanno invecchiando e non hanno prospettive per il futuro. Dall’altro canto, le parrocchie che favoriscono la pietà tradizionale, l’adorazione al Santissimo Sacramento, le processioni, il Santo Rosario, le novene e via dicendo, attirano sempre più giovani.
Di fronte a questa realtà, ormai pubblica e notoria, riteniamo che “modernizzare” ulteriormente la Chiesa, promuovendo un cambiamento nel suo insegnamento e nella sua pratica pastorale, non sia solo dottrinalmente errato, ma anche suicida.
La nostra prima proposta filiale alle autorità della Chiesa è, quindi, restaurare tutto in Cristo, cioè ritornare alle pratiche immemorabili che, secolo dopo secolo, hanno attirato moltitudini di giovani.
2. Leadership in difesa della vita innocente e della famiglia come
Dio le ha create
Il recente ribaltamento da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti del disastroso caso Roe v. Wade, dimostra che la lotta contro l’aborto non solo è possibile, ma ottiene vittorie concrete. La gerarchia cattolica non può restare in silenzio di fronte a questa valanga di omicidi che “gridano vendetta al cospetto di Dio”, per riprendere la formulazione degli antichi catechismi.
La base militante del movimento per la vita nel nostro Paese è costituita principalmente da giovani. Se la Chiesa in Belgio vuole trattenerli o attirarli nelle sue file deve ridiventare il grande baluardo della lotta in difesa della vita umana innocente.
I cattolici devono assumere la guida del movimento ProLife in nome della Fede, immettendovi tutte le dinamiche di una Crociata in difesa della vita, per essere coerenti con la loro convinzione che l’aborto costituisce un crimine abominevole e una grave trasgressione del Quinto Comandamento.
La difesa della vita umana innocente si abbina alla battaglia per la famiglia come Dio l’ha creata. La cellula base della società è oggi attaccata dall’“ideologia del genere”, che nega la differenza tra i sessi che Dio ha inscritto nella natura umana: «Maschio e femmina li creò» (Gen 1,27).
La Chiesa cattolica è e sarà sempre il bastione di difesa della famiglia tradizionale basata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna con l’obiettivo primario di procreare e di educare i propri figli.
3. Allontanarsi dal Synodaler
Weg tedesco
Lo scorso febbraio, i vescovi belgi hanno pubblicato una bozza con “proposte audaci” in vista della prossima Assemblea generale del Sinodo. Tali proposte assomigliano a quelle del famigerato Synodaler Weg tedesco, comprese la fine dell’obbligo del celibato sacerdotale e l’ordinazione diaconale delle donne.
I fatti, però, smentiscono clamorosamente il Synodaler Weg. Da quando è stato implementato, l’esodo dei fedeli dalla Chiesa è aumentato in modo
drammatico. Mentre le comunità più conservatrici sono fiorenti e piene di vita, attirando sempre più giovani, nonostante l’accesa ostilità di cui sono vittime. Riteniamo che continuare sulla strada del “progressismo” ecclesiale, malgrado i suoi effetti disastrosi negli ultimi decenni, dimostrerebbe una voglia settaria di distruggere ciò che resta dell’influenza di Santa Chiesa in Belgio e in Europa a beneficio di un’ideologia moribonda.
4. Rifiutarsi di applicare i principi della Dichiarazione Fiducia Supplicans
Infine, proponiamo a tutti i cattolici belgi di sollecitare rispettosamente i loro vescovi di non applicare i principi contenuti nella Dichiarazione Fiducia Supplicans, sull’esempio di quanto hanno fatto i loro colleghi africani. Lo slancio missionario della Chiesa africana è tale che un crescente numero di parrocchie, in Belgio e in Europa, è ormai affidato alla cura di sacerdoti provenienti dal Continente Nero.
Oltre a contraddire il bimillenare insegnamento cattolico, questa Dichiarazione ha solo gettato i semi della divisione all’interno della Chiesa.
* * *
Ci auguriamo che la voce dei giovani cattolici sia ascoltata dai vescovi belgi durante la visita di Papa Francesco nel nostro Paese. u
Varsavia: inaugurata nuova sede della TFP
Per accompagnare la forte crescita delle attività, è stata inaugurata una nuova sede centrale della TFP polacca a Varsavia. Situata in un quartiere periferico, la casa conta con quattro piani e numerose stanze.
Una Santa Messa in rito romano antico, seguita dalla solenne benedizione di ogni stanza, ha segnato l’inizio delle attività. Si è poi realizzato un simposio per soci e cooperatori intitolato “Plinio Corrêa de Oliveira e la Polonia”.
Oltre a un aneddotico contatto quando, a Parigi nel 1912, un nobile polacco ha invitato il dott. Plinio, allora bambino, a soggiornare nel suo castello, da adulto il leader cattolico brasiliano ha avuto stretti rapporti con la Polonia, difendendo la libertà della Santa Chiesa contro la dittatura sovietica.
Da ricordare la polemica che ha mantenuto negli anni Sessanta contro la sinistra cattolica polacca capeggiata da Tadeusz Mazowiecki, futuro Primo Ministro sotto Lech Walesa, che ebbe ripercussioni mondiali.
Nel 1974, egli è stato insignito dal Governo polacco in esilio con la Gran Croce dell’Ordine della Polonia Restituta, conferita alle personalità distintesi nella lotta contro il comunismo internazionale. u
Perù: la Madonna visita l’Amazzonia
Portata da volontari di Tradición y Acción (la TFP peruviana), una statua pellegrina della Madonna di Fatima ha percorso parte dell’Amazzonia. Dopo aver visitato le grandi città: Tingo María, Pucallpa, Iquitos e altre, i volontari si sono addentrati nel cuore della foresta vergine per andare a trovare le comunità native, fra cui le tribù Bora, Yama e Kukama.
Commenta Héctor Arzubialde, uno dei volontari: “Contrariamente a ciò che una certa propaganda progressista divulga, non solo nessun indigeno mostrò il benché minimo rigetto della Madonna pellegrina di Fatima ma, anzi, dimostrarono una devozione sincera e profonda, anche se ovviamente semplice. L’autentico Perù amazzonico ha bisogno di un’iniezione di Fede, non di rituali ‘amazzonici’ come quelli proposti nel Sinodo Pan-Amazzonico tenutosi in Vaticano, del quale, sia detto, nessuno ha sentito parlare da queste parti. Gli indigeni hanno bisogno di sentire l’amore e la misericordia della Madonna, che tutto ottiene per i suoi figli”. u
Combattendo il satanismo
La meta del processo rivoluzionario è cancellare dall’universo ogni traccia di Dio, aprendo così le porte al padre della menzogna. Questo aspetto satanico della Rivoluzione, finora piuttosto implicito, si sta mostrando sempre più apertamente. I cattolici devono assolutamente reagire!
Negli Stati Uniti, dove il fenomeno è più avanzato, la TFP da anni è impegnata in questa battaglia. Adesso il satanismo comincia a mostrare le grinfie anche nel Vecchio Continente.
A ottobre è andata in scena a Tolosa, in Francia, l’opera di François Delarozière “La porta delle tenebre”, già presentata alla Hellfest (Festa dell’inferno), a Clisson (foto sopra). Immediata la reazione
della Fédération pro-Europa Christiana, che raggruppa le TFP europee, che ha lanciato una sottoscrizione online chiedendo al sindaco Jean Luc Moudenc di ritirare l’autorizzazione all’evento.
Raccogliendo la reazione dei fedeli, l’Arcivescovo di Tolosa, mons. Guy de Kerimel, ha consacrato la diocesi al Sacro Cuore di Gesù in una solenne cerimonia tenutasi nel Duomo.
Mentre la TFP in Francia così reagiva contro l’avanzata del satanismo, la TFP irlandese realizzava una vasta campagna di opposizione al Púca Festival, una festa in cui viene esaltato il passato pagano del Paese e, invece, attaccato il cristianesimo (foto sotto). Nei giorni precedenti, volontari della TFP hanno distribuito quasi 30mila volantini nelle case dei dintorni. Poi, durante il festival, hanno realizzato diverse processioni di riparazione portando a spalla la Madonna di Fatima, mentre pregavano il Santo Rosario e invitavano i passanti a unirsi alla protesta (foto a sin.). u
Gentile lettrice / Caro lettore,
Un anno finisce, uno nuovo si apre. Non posso lasciar finire l’anno senza ringraziarla.
Guardandoci indietro, non possiamo che ringraziare la Divina Provvidenza perché, in mezzo a mille difficoltà, ci ha permesso di portare avanti il nostro apostolato.
Ma devo ringraziare anche Lei per il suo continuato sostegno e la sua amicizia. Senza il suo aiuto non avremo potuto fare nulla. Quindi, grazie, grazie di cuore! Che la Madonna la ricompensi!
Una grande novità del 2024 è stata, senz’altro, il lancio del canale YouTube “Visto da Roma”. Sono lieto di informarla che, con l’aiuto della Madonna, abbiamo quasi raggiunto i quattordicimila iscritti.
Tante, troppe, persone si sentono ferite, confuse, smarrite… Diventano facile preda di ogni sorta di teoria mirabolante. Bisogna trasmettere fermezza e fiducia nella Fede! Ecco lo scopo di questo canale.
Nel 2025 vogliamo portare il Canale fino ai trentamila iscritti. Ma per questo ho bisogno del suo aiuto.
Per crescere, un Canale ha bisogno di campagne promozionali. Mentre alcune sono relativamente economiche, altre sono assai onerose. Insieme ai nostri tecnici abbiamo disposto un piano promozionale per il 2025, che dovrà permetterci di raggiungere quel traguardo.
Posso contare sulla generosità per coprire questa spesa?
Per ogni eventuale offerta, può farlo online sul nostro sito www.atfp.it Menu “Sostienici”, oppure col CCP accluso.
Grazie, mille volte grazie!
Colgo l’occasione per augurare, a Lei e alla sua famiglia, un Santo Natale, e un felice Anno Nuovo 2025.