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La scuola bresciana eccellenza regionale e nazionale Docenti, più impegnati a valorizzare componente umana e proposta educativa

Raggiungo la sede dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Brescia adagiata a poche centinaia di metri dal Parco Benedetto Castelli e dallo stadio Mario Rigamonti di Mompiano, dove in questa fase vanno in scena — ormai da troppo tempo — imbarazzanti prestazioni dell’undici calcistico azzurro con la gloriosa V bianca sul petto. Nella mente s’affollano pensieri e collegamenti tra squadra e città ma seguirli porterebbe lontano. Oggi è un altro il proposito che mi ha portato in questo verde quartiere della nostra Leonessa: conoscere e raccontarvi qualcosa della complessa macchina organizzativa che sovrintende al funzionamento delle oltre 1.200 scuole di città e provincia. Un compito non facile, con ricadute in uno dei settori più delicati e di maggiore rilevanza nella e per la nostra società: formare e preparare i ragazzi alla vita, al futuro. Il fronte della struttura in mattoncini rossi, in parte coperto dai platani che punteggiano il contenuto spazio antistante, non lascia presupporre gli spazi ben più ampi della struttura, con due ali laterali simmetriche a forma più di J che di L. Difficile, per i non addetti ai lavori, anche immaginare la complessità e la difficoltà insita nella gestione di migliaia di studenti e migliaia di docenti e di personale ausiliario.

Dottor Bonelli, qual è la situazione della scuola bresciana in questa specifica fase?

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Buona, come lo è sempre stata. Brescia è un punto di riferimento per le buone pratiche formative non solo in Lombardia ma anche a livello nazionale. Dopo gli anni della pandemia le nostre scuole hanno ripreso con slancio e determinazione per recuperare il terreno perduto sul piano degli apprendimenti oltre che per sfruttare al meglio le nuove op- portunità aperte dalla didattica digitale. Ora ci attende la sfida dell’utilizzo di cospicui fondi che il Pnrr ha messo a disposizione delle nostre scuole soprattutto sul versante dell’innovazione e del contrasto della dispersione scolastica. Lei che ha vissuto esperienze in altre province, che ha avuto responsabilità a livello regionale e nazionale, come considera la situazione generale della scuola nella nostra provincia?

Brescia come dicevo rappresenta un’eccellenza a livello regionale e nazionale e quest’anno con il riconoscimento a Capitale italiana della cultura, insieme a Bergamo, potrà sicuramente proporre ulteriori buone pratiche e iniziative rilevanti per le scuole, non solo di questo territorio. Sarà anche l’occasione per offrire a tanti istituti scolastici, a livello regionale e nazionale, la possibilità di visitare il nostro territorio, magari in collaborazione con le nostre scuole.

Brescia come dicevo rappresenta un’eccellenza a livello regionale e nazionale e quest’anno con la Capitale della Cultura insieme a Bergamo potrà sicuramente proporre ulteriori buone pratiche e iniziative importanti per le scuole non solo di questo territorio. Sarà anche l’occasione per offrire a tanti istituti scolastici non solo di questa regione ma di tutto il Paese la possibilità di visitare il nostro territorio, magari in collaborazione con le nostre scuole

Nella cornice di Brescia Bergamo Capitale nazionale della Cultura 2023, ci sono iniziative specifiche del mondo scolastico e dell’istruzione?

Abbiamo già dato un primo significativo apporto componendo, grazie al contributo delle scuole secondarie di primo grado di Brescia e di Bergamo, l’inno per questo anno straordinario. Numerose istituzioni si sono inoltre candidate a offrire iniziative culturali attraverso i bandi promossi dai due Comuni. Infine, molti dei nostri alunni del secondo ciclo di istruzione, attraverso i percorsi per l’acquisizione delle competenze trasversali e di orientamento (l’ex alternanza scuola lavoro) faranno da guide e da supporto alle iniziative culturali in programma. Quali gli aspetti migliori e quale il difetto principale o le problematiche che presentano formazione e istruzione nella nostra provincia?

Sicuramente un punto di forza, che ci differenzia da gran parte del sistema di istruzione e formazione nazionale, è la prevalenza, nelle scelte dopo la terza media di famiglie e studenti, dell’istruzione tecnica e professionale rispetto a quella liceale, il che ci consente di mantenere un tasso di dispersione scolastica inferiore alla media nazione. Il problema nasce nel percorso post diploma, perché abbiamo un numero ancora troppo basso di studenti che raggiungono titoli di studio elevati. In tal senso il raf- forzamento del segmento degli Its (Istituti tecnici superiori che offrono titoli di qualificazione professionale superiori) sarà sicuramente utile.

Quanto è difficile, in questo preciso momento storico, fare l’insegnante, ad esempio rispetto a quindici e trent’anni fa?

Direi che è proprio un altro mestiere rispetto a trent’anni fa, quando il docente era un punto di riferimento culturale per tutta la comunità civile e soprattutto per i propri studenti: oggi la componente umana e la capacità di personalizzare la proposta educativa per consentire a tutti i ragazzi di progredire nel percorso di studi deve essere la caratteristica fondamentale di un docente. Rispetto a quindici anni fa, quando l’autonomia scolastica era ai primi passi, oggi va riconosciuta alla gran parte dei docenti una notevole capacità progettuale: si lavora molto anche fuori dalle aule scolastiche e in team con gli altri colleghi.

Giuseppe Bonelli (Milano, 1969) Dirigente scolastico, ha collaborato con i ministri dell’Istruzione De Mauro e Fioroni e ha diretto gli uffici scolastici provinciali di Lodi, Pavia, Mantova e Brescia, l’ufficio Esami di Stato e Supporto all’Autonomia scolastica della Direzione regionale della Lombardia e gli uffici nazionali per i Contributi alle Scuole Paritarie e per gli Organici del personale docente delle Scuole statali presso il ministero dell’Istruzione. Autore di numerosi articoli su riviste e quotidiani collabora con case editrici ed enti di formazione, soprattutto nell’ambito della legislazione scolastica e con l’Agenzia Erasmus plus.

Le imprese cercano personale, in molti casi senza trovarlo. Sono noti i problemi di mismatch, ovvero di mancata corrispondenza tra domanda e offerta. Come può contribuire la scuola a migliorare la situazione?

Tra i fattori che condizionano le scelte orientative degli studenti, il grado di occupabilità di quella professione futura, non è sempre conosciuto e, in caso affermativo, non è il prioritario. Le aspettative delle famiglie condizionano molto le scelte che verranno fatte.

Ma l’idea, ancora radicata di professioni che assicuravano un riconoscimento sociale ed economico, oggi non ha più corrispondenza con le figure e le competenze effettivamente richieste. L’orientamento diventa uno strumento utile ed è per questo che le nostre scuole hanno investito molto in questi anni. Infatti, fin dal 2015, il Progetto di orientamento bresciano, “unico” sicuramente in Lombardia, accompagna tutti i nostri studenti nella scelta della scuola superiore, attraverso percorsi formativi che coinvolgono anche le famiglie, monitorando nel tempo l’efficacia delle scelte fatte (corrispondenza tra consiglio orientativo, scelta effettuata e successo formativo) e mettendo a disposizione delle scuole i dati raccolti. A supporto delle attività di orientamento è stato inoltre creato (nel 2019) un portale con la collaborazione della Provincia, consultabile da parte dell’intera comunità, in cui è possibile conoscere l’offerta formativa del territorio valutando le possibili professioni connesse. A supporto dell’orientamento è stato inoltre creato (2019) un portale con la collaborazione della Provincia, consultabile da parte dell’intera comunità, in cui è possibile valutare l’offerta formativa del territorio attraverso un percorso costruito navi- gando anche rispetto alle possibili professioni connesse. La Scuola Edile bresciana è un punto di riferimento nazionale. All’interno dell’Eseb, ente paritetico che la gestisce, è attivo anche un Its. Entrambi garantiscono piena occupazione ai ragazzi che li frequentano. Come è possibile favorire la conoscenza e le iscrizioni di giovanissimi, rendendoli consapevoli, con le loro famiglie, delle concrete possibilità offerte? Sicuramente il canale informativo è importantissimo, ma non è sufficiente e le classiche modalità comunicative non sono più efficaci. Lo scorso 22 dicembre sono state emanate dal Mim le Linee guida per l’orientamento che prevedono, per il prossimo anno scolastico, nelle scuole secondarie, l’attuazione di moduli formativi di trenta ore per “aiutare gli studenti a costruire in itinere il loro personale progetto di vita culturale e professionale”. Sono previste inoltre attività non solo curricolari, che dovrebbero essere occasioni per autenticare e mettere a frutto attitudini, capacità e talenti facendo emergere/attivando soft skills. Parallelamente vanno aggiornate le figure coinvolte a ogni livello: insegnanti, studenti e fa- miglie. Bisogna prendere coscienza del trend evolutivo che c’è in atto, relativo alla domanda di nuove professionalità e delle conseguenti nuove competenze richieste, oggi, dal mondo del lavoro e rendersi conto della velocità dei cambiamenti in atto. I percorsi Its sono ancora poco conosciuti e/o poco “appetibili” in quanto poco conosciuti e comunque considerati meno “importanti” rispetto a una laurea. È fondamentale far emergere le loro specificità, in particolare la loro connessione alle filiere produttive economicamente più significative per il nostro Paese, capaci di “leggere” e recepire in modo veloce e sinergico le evoluzioni future.

Perché l’alternanza scuola lavoro balbetta?

La ricchezza produttiva del nostro territorio ha favorito fin dall’inizio una collaborazione fattiva tra scuole e aziende ed enti, soprattutto nell’implementazione di tirocini per i propri studenti, che sono diventati la forma ancora ad oggi più diffusa e più utilizzata nella nostra provincia. Nonostante le criticità emerse inizialmente, anche nel nostro territorio, soprattutto nei licei, i diversi monitoraggi condotti dall’Ust evidenziano da parte degli studenti bresciani un apprezzamento significativo rispetto alle esperienze fatte nell’ambito dell’Asl: il 77% degli studenti si è dichiarato molto soddisfatto/soddisfatto delle esperienze di Asl svolte, già nel 2017. Criticità rimangono ancora oggi in relazione ai Pcto in merito alla valorizzazione da parte dei docenti di questi percorsi, in quanto, pur avendone riconosciuto gradualmente il valore formativo e orientativo fanno ancora fatica a “interiorizzarle” nella valutazione dello studente. Da quando il corso per Geometri ha cambiato nome in Cat sono diminuite le iscrizioni nonostante la continua domanda di professionisti del settore. Come mai, secondo lei e cosa si può fare per cambiare rotta?

Le motivazioni possono essere diverse. Il cambiamento da Istituto per Geometri a Costruzione, Ambiente e Territorio ha creato confusione nell’immaginario collettivo, in quanto non c’è stata una chiara identificazione della figura professionale ad esso associata, soprattutto rispetto al “vecchio” Geometra e agli sbocchi lavorativi tradizionali associati. Poco conosciuta è la richiesta attuale di tale figura nell’ambito delle nuove professioni green. L’attivazione della Laurea triennale per Geometri potrebbe essere un altro fattore che condiziona la scelta di questo indirizzo di studi superiore, in quanto non ponendo differenza tra geometra e geometra laureato, potrebbe far spostare la scelta per tale professione nel tempo. I moduli orientativi previsti dalle linee guida potrebbero aiutare a orientare in modo più consapevole.

Nell’ambito del Pnrr ci sono anche provvedimenti a favore della scuola, ad esempio sul fronte delle attività di orientamento?

Il Pnrr sul versante specifico dell’orientamento ha investito prioritariamente sulle università perché appunto l’attenzione strategica è quella di consolidare il percorso post diploma dei nostri ragazzi aumentando anche il numero dei laureati e ridimensionando il numero di Neet (studenti che non studiano e non lavorano). Sul fronte scuola ovviamente l’importante investimento sul contrasto alla dispersione scolastica comporta anche un’attenzione strategica alle dinamiche di orientamento e su questo si innestano le nuove linee guida proposte dal ministro Valditara, tese ora a rendere questa attenzione non un di più rispetto all’offerta curriculare, ma una parte dello stesso percorso di studio degli alunni.

Dottor Bonelli, avesse la bacchetta magica quale provve- dimento introdurrebbe per migliorare la scuola?

Premesso che non serve una bacchetta magica ma solo un po’ di buon senso per far funzionare al meglio un sistema come quello della scuola, che a dispetto della vulgata mediatica è un punto di riferimento per le famiglie e per i nostri studenti, credo che si debba investire soprattutto sull’aspetto organizzativo e gestionale delle nostre scuole. Gli Istituti scolatici sono pubbliche amministrazioni con un numero molto alto di laureati che tuttavia viene gestito da una pattuglia di assistenti amministrativi, molto sparuta e in continuo turn over soprattutto al nord, e da un dirigente che deve assumersi tutte le responsabilità. Questo talvolta penalizza la grande potenzialità progettuale delle nostre scuole. Trova sia vero che rispetto ad altre nazioni da noi sia sotto- valutata, socialmente ed economicamente, la figura dell’insegnante?

Di sicuro la considerazione sociale dei docenti non è più quella di un tempo e lo si vede nel numero sempre più esiguo di ragazzi che scelgono dopo l’università questa professione soprattutto nel campo delle discipline scientifiche, ma credo che non si tratti di disistima nei confronti della categoria, salvo casi eclatanti e purtroppo dolorosi come quelli che talvolta balzano agli onori della cronaca, ma un problema di investimento pubblico non solo di risorse stipendiali ma anche di inquadramento contrattuale: oggi un docente della scuola ha le stesse prerogative contrattuali di un pubblico impiegato nonostante il contratto nazionale di riferimento sia il medesimo del comparto università e ricerca. A mio avviso alcune delle pre- rogative degli altri operatori della conoscenza presenti in questa area di contrattazione andrebbero estese ai docenti, come le indennità per fare ricerca o gli scambi con l’estero non sporadici, come quelli che curo per l’Agenzia Erasmus, ma strutturati nell’arco di un intero anno.

Quando è libero dall’impegno professionale, nei fine settimana e durante le vacanze, a cosa si dedica preferibilmente?

Alla mia famiglia, che fortunatamente è sufficientemente numerosa per occuparmi il tempo libero ed evitare di pensare al lavoro e ai suoi problemi: quando si hanno responsabilità apicali occorre evitare che diventino assolutizzanti altrimenti si perdono la necessaria lucidità e il giusto distacco che ci fanno vedere i problemi nella giusta dimensione e ci consentono di individuare meglio le soluzioni.

I veri valori non sono cambiati. E mai cambieranno.

Dal 1977 una storia imprenditoriale con forte orientamento al servizio e presenza sul territorio.

Dal 2007 produttore di pannelli fotovoltaici di alta qualità ed un punto di riferimento per gli specialisti del fotovoltaico.