
5/2025












Massimo Angelo Deldossi
Presidente Ance Brescia
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5/2025












Massimo Angelo Deldossi
Presidente Ance Brescia
Se da un lato si vive un forte calo demografico e alcune parti del nostro Paese si stanno spopolando, dall’altro intensi processi di inurbamento causano un innalzamento dei valori di vendita e di affitto degli immobili. Da questa dicotomia nascono pesanti ripercussioni a livello sociale: alcuni territori, specialmente le aree interne e montane, registrano un calo di manodopera, che indebolisce l'economia, una riduzione dei servizi pubblici essenziali e una perdita di identità culturale e tradizioni locali; mentre parte della popolazione non è in grado di accedere ad alcuni centri urbani che garantiscono maggior produttività e servizi, e dunque lavoro, per via dei costi elevati delle abitazioni. Un problema tanto italiano, quanto europeo. Se guardiamo soprattutto a quest’ultimo fenomeno, si evidenzia che negli Stati Ue i prezzi di acquisto sono cresciuti del 48% (2015-2023) e quelli di locazione del 18% (2010-2022), rendendo molte città inaccessibili. Da bene fondamentale, la casa è diventata un investimento sempre più impegnativo, soprattutto per giovani coppie e ceto medio. In Italia, da nord a sud — e Brescia non ne resta esclusa —, il problema riguarda in totale oltre 1,5 milioni di famiglie. Un dato sconcertante che rimette finalmente l’emergenza abitativa in cima alle priorità dell’agenda politica del Paese. Sottolineo ‘finalmente’, con soddisfazione da parte della nostra Associazione, che da tempo pone l’attenzione sul tema. Serve, com’era successo con il Piano Ina-Casa in risposta al grave problema abitativo e alla disoccupazione del dopoguerra, rinsaldare la consapevolezza di allora, che individuava nella casa lo strumento fondamentale per la coesione della collettività e che oggi necessità di nuovi strumenti e indirizzi. Alla base dell’emergenza abitativa c’è un sistema che non riesce a conciliare salari, costi del credito e di produzione degli immobili. Per poter agire in modo efficace serve un intervento organico che coinvolga le istituzioni, i capitali privati e gli operatori. Un intervento che Ance chiede da tempo, soprattutto a livello nazionale, invitando a interrogarci come sistema Paese su quali possano essere le prospettive d’azione di medio-lungo periodo — per intenderci, con una prospettiva che guarda a un minimo di otto o dieci anni —, segnalando che bisogna riorganizzare le competenze sul tema casa in Italia. Oggi, infatti, sono più di quaranta gli enti che a vario titolo sia nazionale, che regionale, che locale si occupano dell’argomento, ma serve mettere insieme questa “polifonia” di voci e ruoli in un piano generale organico e unitario. Come Ance abbiamo fornito una possibile strada per contribuire a delineare una strategia adeguata. L’Associazione ha proposto di utilizzare i 15 miliardi dei fondi Ue e nazionali disponibili per dirottarli sulla riqualificazione delle case popolari, sugli affitti sostenibili e sui partenariati pubblico-privati. Senza dimenticare una leva fondamentale per attuare un Piano Casa efficace: la rigenerazione urbana. A gran voce ribadiamo che il fronte comune a cui indirizzarsi per rispondere ad alcune delle maggiori urgenze del nostro tempo punta al recupero degli spazi esistenti, di pari passo con il riconoscimento delle esigenze espresse dalle comunità. Dignità dell’abitare, occupazione, servizi e qualità urbana sono gli obiettivi a cui tendere per dare un futuro alle nuove generazioni. Ci sono priorità che non possono più essere messe in secondo piano. La rigenerazione urbana è una risposta innovativa e sostenibile, oltre che sociale, alla crisi abitativa, che offre un contributo essenziale per affrontare la carenza di alloggi. Ne abbiamo parlato anche di recente, come Associazione, anche in una tre giornate a Roma sui temi chiave che riguardano le emergenze e le trasformazioni urbane, coinvolgendo istituzioni italiane ed europee.







L’annuncio della presidente Meloni di un nuovo Piano Casa è un segnale importante, che intercetta una delle emergenze più avvertite dalle famiglie italiane. Occorre elaborare una strategia di lungo periodo che affronti i nodi strutturali che bloccano il mercato abitativo.
Partiamo con qualche dato positivo. Nel 2024, secondo la recente nota dell’Istat, il mercato immobiliare italiano mantiene una certa dinamicità: le convenzioni notarili di compravendita registrano un +1,8% e il Nord-ovest segna un +4,1%; le convenzioni per mutui accelerano del +16,9%. A fronte di questi segnali, la capacità reddituale degli italiani è migliorata? I redditi dichiarati dai contribuenti nel 2023, secondo il Mef, segnano una media di 24mila euro lordi, circa 1.150 euro in più rispetto all’anno prima. Considerando l’inflazione, il reddito è però sceso in media di 90 euro. Nel complesso, il reddito medio è lo stesso da 15 anni. A guadagnare meno sono i giovani: tra i 15 e i 24 anni 8mila euro annui, 21mila tra i 25 e i 44 anni. Non si può parlare di accesso all’abitazione senza tenere conto della ridotta capacità di spesa. Da un lato, abbiamo poche case disponibili a prezzi accessibili; dall’altro, stipendi bassi e un costo del lavoro enorme che grava sulle imprese. È qui che la partita si gioca: la riduzione del cuneo fiscale. Alleggerire il peso contributivo significa restituire potere d’acquisto alle famiglie e, allo stesso tempo, dare respiro alle imprese, che possono così investire di più. Un punto a favore dei giovani è arrivato con la Legge di Bilancio 2025, che ha rifinanziato fino al 2027 il Fondo Consap, strumento che consente alle banche di erogare mutui fino al 100% del valore dell’immobile per i giovani under 36 con Isee fino a 40mila euro. È una misura che riduce in parte le barriere d’ingresso, ma non basta: servono case accessibili, costruite o rigenerate con criteri sostenibili, e, nuovamente, stipendi adeguati. Già nella menzionata Legge si parla di un “Piano Casa Italia”, con un’autorizzazione di spesa di 560 milioni dal 2028 al 2030: risorse insufficienti e da ricalibrare con il nuovo Piano. Preoccupa inoltre la rimodulazione degli incentivi edilizi contenuta nell’ultima manovra, a cui è dedicato un approfondimento nel presente numero. Per le abitazioni principali l’aliquota rimane favorevole, seppur destinata a ridursi nei prossimi anni, per gli altri immobili la detrazione scende notevolmente. La ratio alla base sembra condivisibile: privilegiare l’investimento delle famiglie sulla prima casa. Tuttavia, la scelta rischia di avere effetti complessivi negativi, perché rinnovare lo stock edilizio nazionale non è un lusso, ma una necessità, e la riqualificazione delle seconde case, specialmente se situate in aree periferiche o montane, può diventare una leva di sviluppo per l’economia locale. Limitare gli incentivi rischia di rallentare un processo che deve invece essere accelerato. Parlare di politiche abitative senza affrontare il nodo-risorse è illusorio: non si fanno case senza investimenti e senza un approccio integrato che consideri anche la semplificazione burocratica, la formazione professionale e la collaborazione tra pubblico e privato. Ma i costi di costruzione di un’abitazione — terreno, materiali, progettazione, oneri, finanza — non possono essere ignorati, perché è proprio la capacità delle imprese di lavorare in equilibrio tra qualità richiesta e sostenibilità economica a determinare l’accessibilità delle abitazioni per le famiglie. Il nuovo Piano Casa dovrà tenere insieme due volti: quello sociale legato ai cittadini e al reddito, e quello produttiva, che significa mettere le imprese nelle condizioni di lavorare, innovare e investire con continuità. La casa non è un tema da abbozzare, ma da definire con precisione: ridurre il cuneo fiscale, liberare risorse e favorire gli investimenti. Il tempo giusto per farlo è oggi.




1 editoriale/1
La Casa, bene fondamentale e strategia per il futuro di Massimo Angelo Deldossi
3 editoriale/2
Famiglie e imprese: due volti del futuro piano casa di Alessandro Scalvi

8 in primo piano
Contest FotografiAMO il futuro La quarta edizione al via
11 legalità
Il Network antimafia bresciano
Una rete per la legalità
12 ambiente
Difesa del suolo
13 ance
Cantieri all’estero
14 servizi
Formazione obbligatoria per i datori di lavoro
16 sostenibilità
Dati, metodi e linguaggi
La sostenibilità dalla A alla Z
20 ance giovani
Il Gruppo Giovani di Ance Brescia in visita al cantiere dell’autostrada della Valtrompia
22 digitalizzazione & bim Dpia, Fria e i diritti fondamentali
nell’era dell’IA
26 innovazione & tecnologie
Il dato e l’impresa di costruzioni
28 storia per il domani
Brescia maestra delle armi
39 adt
Assemblea dei Delegati Territoriali

40 architettura
Il padiglione Italia a Expo Osaka 2025
42 economia
Edilizia: nel 2025 il valore complessivo della produzione resta oltre i 285 miliardi
44 siti iconici
Castello di Miramare, dimora mitteleuropea gioiello di Trieste
47 sistema edilizia
Incentivi edilizi: il quadro normativo
58 eseb
Specializzarsi nel settore edile per contribuire a innovarlo dall’interno
60 cape
Un pilastro del welfare e della legalità nel settore edile
63 ance
Ance informa


Rivista bimestrale del Collegio Costruttori Edili di Brescia e provincia anno 7 - numero 5
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grafico e impaginazione


Raccordo autostradale
IL RACCORDO AUTOSTRADALE TRA L'AUTOSTRADA A4 E LA VAL
TROMPIA SI SVILUPPA PER CIRCA 37 CHILOMETRI E COSTITUISCE
UN'OPERA STRATEGICA CHE COLLEGHERÀ IN PARTICOLARE
I TERRITORI DEI COMUNI DIRETTAMENTE COINVOLTI, COME
VILLA CARCINA, LUMEZZANE, CONCESIO E SAREZZO, ALLA RETE
AUTOSTRADALE NAZIONALE. I LAVORI PROCEDONO CON L’OBIETTIVO DI DECONGESTIONARE IL TRAFFICO SULLA SS345 E SULLA VIABILITÀ
URBANA DELLA VALLE; RIDURRE I TEMPI DI PERCORRENZA
TRA LA VALTROMPIA E L’AUTOSTRADA A4 E GARANTIRE MAGGIORE
SICUREZZA E CONTINUITÀ DEL TRAFFICO MERCI E PASSEGGERI
TRA BRESCIA E I CENTRI DELLA MEDIA E ALTA VALLE. IN QUESTO NUMERO IL RACCONTO DELLA VISITA DEL GRUPPO GIOVANI DI ANCE BRESCIA AL CANTIERE.

Dopo il successo delle tre precedenti edizioni, partecipate da fotografi e fotoamatori da tutta Italia, torna il contest “FotografiAMO il futuro”, organizzato da Ance Brescia in collaborazione con la rivista bimestrale associativa “Costruire il Futuro”. L’iniziativa, volta a promuovere per mezzo dell’arte fotografica una nuova immagine di edilizia, è stata accolta con entusiasmo sin dalla prima edizione e propone ai partecipanti di scattare istantanee dell’esistente per valorizzare il ruolo delle costruzioni, comparto sempre più attento all’implementazione di nuove tecnologie e di soluzioni sostenibili.
“Costruzioni e sottoservizi”: il tema dell’acqua al centro dell’iniziativa. Candidature entro il 6 gennaio 2026
L’obiettivo del contest 2025, che gode del patrocinio del Comune di Brescia e della Provincia di Brescia, è sfidare i partecipanti a “colpi di click” per ritornare delle fotografie capaci di rappresentare al meglio il dialogo tra l’elemento acqua e l’edilizia, immortalando un rapporto che rende omaggio tanto al costruito quanto al suo relazionarsi con l’ambiente circostante. “Dopo aver focalizzato su quanto realizzato dal settore, aver messo al centro le persone che ogni giorno vi lavorano e aver sot-


tolineato il potenziale rigenerativo di un costruito che guarda al futuro dei centri urbani, la quarta edizione dà spazio al tema dell’acqua, risorsa indispensabile per l’uomo, che deve essere gestita responsabilmente, anche attraverso infrastrutture e sottoservizi in grado di renderla accessibile e di preservarla nel rispetto dei delicati equilibri ambientali” chiarisce il presidente di Ance Brescia, Massimo Angelo Deldossi.
L’acqua è infatti una risorsa preziosa che va tutelata attraverso pratiche sostenibili e un utilizzo attento. Nel continuo miglioramento dell’operare umano vengono da tempo portate avanti soluzioni che puntano a ridurre sprechi e impatto ambientale. Anche in cantiere, dove la risorsa idrica è fondamentale per le lavorazioni, e nelle imprese del settore, dove la sostenibilità ambientale di un edificio, mentre lo si costruisce, lo si ristruttura o si fa manutenzione è definita dai Cam (Criteri ambientali minimi), l’impatto dell’edilizia sulla natura e sul paesaggio e la configurazione delle infrastrutture primarie viene valutato anche in relazione all’acqua. Le esigenze antropiche e di urbanizzazione hanno spinto infatti l’uomo a orientarsi su due fronti distinti: il primo, quello di preservare la risorsa idrica in maniera intelligente, utilizzandola come fonte di energia rinnovabile; l’altro di
porsi in rapporto con essa per trovare soluzioni di progettazione che possano venire incontro alle esigenze umane nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio naturale. Ponti, viadotti, strade sospese sull’acqua, dighe, porti, palafitte, case e architetture galleggianti, idraulica e sottoservizi, terme, canalizzazioni e consolidamento di sponde fluviali sono, dunque, stati costruiti per rispondere a delle necessità emerse nel corso del tempo e rientrano tra i possibili soggetti immortalabili per l’iniziativa. Il contest, che trova sintesi quest’anno nel titolo “Costruzioni e sottoservizi: l’edilizia in dialogo con l’elemento acqua”, punta così a raccontare come il settore si sia messo in gioco per gestire la risorsa idrica e per proseguire, al tempo stesso, nello sviluppo di un contesto urbanizzato.
Anche per l’edizione 2025 l’iniziativa manterrà la sua struttura classica con sei fotografi vincitori e premi in buoni per l’acquisto di attrezzatura fotografica. La partecipazione all’iniziativa è gratuita e aperta a fotografi e a fotoamatori maggiorenni di tutta Italia. Gli interessati possono candidare fotografie in verticale e in orizzontale, in bianco e nero o a colori, entro martedì 6 gennaio 2026, presentando anche scatti eseguiti in periodi antecedenti all’inizio del contest fotografico. Le opere vincitrici saranno selezionate fra i soli scatti in verticale e si aggiudicheranno anche uno spazio sulle sei copertine del bimestrale “Costruire il futuro” 2026. Le altre fotografie candidate, se selezionate dalla qualificata giuria composta da personaggi influenti del settore artistico, culturale e comunicativo del territorio, troveranno invece spazio in una mostra dedicata e aperta al pubblico. Regolamento e modalità di partecipazione sono pubblicati e consultabili sul sito ufficiale dell’iniziativa: www.fotografiamoilfuturo.it.
contest fotografico quarta edizione




candidature dal 3 novembre 2025 al 6 gennaio 2026

L'iniziativa invita i partecipanti a realizzare scatti che raccontino il dialogo tra elemento acqua ed edilizia, in un rapporto che valorizza il costruito nel rispetto dell'ambiente circostante. Un costruito che si è messo in gioco sia per gestire la risorsa idrica sia per proseguire nello sviluppo di un contesto urbanizzato.

su: www.fotografiamoilfuturo.it


Comune di Brescia (ente capofila); Ance Brescia; Associazione Artigiani; Camera di Commercio; Industria Artigianato e Agricoltura Brescia; Centro Promozione alla Legalità Brescia; Cgil Camera del Lavoro; Cisl Unione Sindacale Territoriale; Cna di Brescia; Confapi Brescia; Confartigianato imprese Brescia e Lombardia Orientale; Confcooperative; Confesercenti della Lombardia Orientale; Confindustria Brescia; Confcommercio Imprese per l’Italia-Associazione Commercianti della Provincia di Brescia; Libera BresciaAssociazioni, Nomi e Numeri contro le mafie; Ordine degli Psicologi della Lombardia; Ufficio Scolastico Territoriale di Brescia; Università Cattolica Del Sacro CuoreCentro studi per l’educazione alla Legalità; Università degli Studi di Brescia
l Network antimafia bresciano (Nab) nasce nel 2018 per volontà dell’Amministrazione comunale di Brescia con l’obiettivo di prevenire e contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico e sociale del territorio. La rete, istituita formalmente il 20 giugno di quell’anno, riunisce attori pubblici e privati — Comune, associazioni di categoria, sindacati, università, forze dell’ordine e realtà del terzo settore — con un intento preciso: offrire una risposta ampia e coordinata al fenomeno mafioso. È operativo nell’ambito del più ampio progetto curato dal Servizio Sicurezza urbana del Comando di Polizia Locale, che si avvale del supporto della Cooperativa sociale Il Mosaico.
Le azioni del Nab si sviluppano lungo tre direttrici principali: 1. Formazione e sensibilizzazione. Il territorio bresciano, caratterizzato da una forte vitalità economica, rappresenta un contesto attrattivo anche per le organizzazioni criminali. Per tale ragione il Nab lavora per accrescere la conoscenza e la consapevolezza del fenomeno, organizzando regolarmente incontri pubblici, seminari e convegni. Recentemente è stato inoltre avviato un concorso dedicato alle scuole superiori, vol-
to a stimolare nei giovani una cultura della legalità e accendere i riflettori sul fenomeno mafioso, purtroppo ben radicato anche nel Nord Italia.
2. Supporto alle vittime. Il network offre assistenza multidisciplinare alle vittime dirette e indirette della mafia. A tal fine è stata attivata una linea telefonica dedicata, che mette in contatto quanti subiscono pressioni o intimidazioni con figure professionali in grado di accompagnarlo in percorsi di tutela e sostegno.
3. Accompagnamento alla denuncia. Il Nab non si sostituisce alle Forze dell’Ordine, ma si configura come una rete di supporto che affianca le vittime, rendendo meno isolante e complesso il percorso che porta alla denuncia dei reati.
La percezione dei cittadini
Per approfondire la percezione del fenomeno mafioso sul territorio, nel biennio 20242025 è stato promosso un questionario anonimo. Pur non essendo statisticamente rappresentativo della popolazione complessiva, l’indagine ha fornito spunti di grande rilievo, che orienteranno le attività del prossimo periodo.
I dati raccolti mostrano un’elevata consapevolezza: la maggioranza dei rispondenti con-
sidera la mafia “abbastanza presente” (35-50%) o “molto presente” (14-19%), e il 58% la percepisce come “preoccupante e pericolosa”. Le organizzazioni ritenute più radicate sono la ’ndrangheta (2228%), le mafie estere (2633%) e la camorra (22-28%).
Le attività criminali maggiormente associate al fenomeno riguardano l’economia: riciclaggio di denaro (15%), contraffazione (10-12%), lavoro nero (9-11%) e appalti truccati (9-10%).
Un elemento critico riguarda il tema delle denunce. Molte vittime scelgono di non rivolgersi alle autorità: il 41-45% per timore di ritorsioni, il 2630% per sfiducia nelle istituzioni. Un segnale preoccupante che rivela come la precarietà economica e la percezione di inefficacia dello Stato possano alimentare il ricorso alla criminalità. Un dato importante riguarda la notorietà del Nab: circa il 90% dei partecipanti al sondaggio dichiara di non conoscerne l’esistenza né le iniziative. Ciononostante, chi lo conosce sviluppa una percezione più lucida e consapevole della presenza mafiosa sul territorio. Per questo motivo, è fondamentale che chi subisce pressioni, intimidazioni o forme di ricatto sappia di non essere solo: il Nab è una rete pronta ad ascoltare, orientare e accompagnare verso percorsi di protezione e legalità. Anche Ance Brescia, insieme alle altre realtà associative e istituzionali, è impegnata nel far conoscere e diffondere l’esistenza di questo strumento imprescindibile per il futuro del territorio.
Oltre 23 milioni da Regione Lombardia. A Brescia interventi per 12 comuni
Eventi meteorologici sempre più intensi, improvvisi e difficili da prevedere mettono alla prova i territori lombardi. Frane, alluvioni e smottamenti rappresentano rischi che minacciano l’incolumità delle persone e compromettono infrastrutture, servizi e attività economiche. Regione Lombardia ha approvato il Programma 2025-2027 di interventi urgenti e prioritari per la difesa del suolo e la mitigazione dei rischi idrogeologici, stanziando complessivamente circa 23,3 milioni di euro.
Le risorse finanzieranno 50 opere distribuite in tutte le province lombarde, selezionate attraverso l’applicativo regionale Odsm e valutate in base all’urgenza, alla strategicità e, in alcuni casi, alla disponibilità di cofinanziamento da parte degli enti locali. Si tratta di lavori che vanno dal consolidamento di versanti franosi alla sistemazione di alvei torrentizi, dal ripristino di argini alla messa in sicurezza di strade e abitati. Un impegno che assume ancora più rilievo nella provincia bresciana, segnata negli ultimi anni da eventi che hanno messo in evidenza la fragilità di aree montane e vallive, ma anche di zone di pianura. Gli interventi programmati puntano dunque non solo a riparare i danni già evidenti, ma a prevenire i rischi futuri, rafforzando il territorio.
Investire nella sicurezza idrogeologica significa evitare costi ben più elevati legati alle emergenze e garantire comunità più sicure e vivibili.
Per la provincia di Brescia sono previsti undici interventi, con uno stanziamento che supera i quattro milioni di euro. Le opere interessano territori montani e pedemontani, specialmente in Valle Camonica, ma anche la pianura, segno che il rischio idrogeologico non conosce confini. L’elenco delle opere:
Breno
Ripristino e adeguamento sezione di deflusso degli affluenti in destra idrografica del torrente Caffaro
€ 560.000
Villanuova sul Clisi
Sistemazione del dissesto in località Bondone
€ 555.846,41
Ossimo
Messa in sicurezza del versante in frana in corrispondenza strada
Ossimo-Lozio
€ 520.000
Malonno
Sistemazione versante in frana a monte dell'abitato di Lava e della linea ferroviaria
€ 500.000
Limone del Garda
Messa in sicurezza Canalone in località Panorama
€ 500.000
Incudine
Mitigazione del rischio idrogeologico e tutela/ recupero ecosistemi e biodiversità nel fiume Oglio
€ 498.000

Vione
Messa in sicurezza del versante in frana lungo la strada comunale VioneCanè (loc. Mulini)
€ 455.000
Castelmella e Torbole Casaglia
Opere di difesa idraulica sul torrente Gandovere e sul torrente Mandolossa
€ 200.000
Gussago
Manutenzione straordinaria
torrente La Canale nei pressi del ponte di via Casaglio
€ 163.316,95
Lodrino
Sistemazione frana in località Valle Duppo
€ 100.000
Puegnago
Regimazione acque presso la galleria idraulica laghi di Sovenigo (via Pauletta)
€ 74.766

Il nuovo servizio per le imprese edili bresciane
Ance Brescia amplia i propri servizi a favore delle imprese con l’attivazione di uno sportello dedicato per i cantieri all’estero. L’iniziativa nasce dalla convenzione recentemente stipulata con Andersen, studio professionale di respiro globale presente in oltre 170 Paesi, presente anche a Brescia, e rappresentato dall’avv. Francesco Inturri, che mette a disposizione la divisione Global Mobility, guidata dal dott. Paolo Lucarini. L’obiettivo dell’Associazione è affiancare le aziende associate già impegnate oltre confine, o interessate ad avviare attività all’estero, fornendo strumenti per affrontare un contesto sfidante e sempre più strategico. Il servizio copre principalmente la mobilità internazionale dei lavoratori nell’ambito di appalti e Andersen offrirà consulenza specializzata su aspetti fiscali, previdenziali e lavoristici, oltre ad assistenza per visti, permessi di soggiorno e adempimenti burocratici nei Paesi di destinazione. Una competenza multidisciplinare che consente alle imprese di ridurre rischi legati a normative diverse e prassi amministrative talvolta difficili da interpretare, aumentando così la sicurezza operativa e la credibilità sui mercati esteri. Internazionalizzare comporta inevita-
Ance Brescia amplia i propri servizi a favore delle imprese con l’attivazione di uno sportello dedicato per i lavori all’estero
bilmente sfide: barriere doganali, costi di ingresso, variabili geopolitiche, concorrenza. Ma significa anche accedere a nuove opportunità: diversificare il fatturato, crescere in competitività, consolidare la reputazione di eccellenza che contraddistingue l’edilizia bresciana. Proprio per questo il servizio Cantieri all’estero intende trasformare i possibili ostacoli in occasioni di crescita, fornendo un supporto qualificato e immediato. Per calibrare l’iniziativa sulle esigenze reali, Ance Brescia ha predisposto un sondaggio conoscitivo rivolto a tutte le imprese associate. Il questionario ha permesso di raccogliere informazioni sulle esperienze già maturate e sugli interessi verso nuovi mercati, così da strutturare un servizio modellato sui bisogni specifici delle imprese interessate. Nel mese di novembre si terrà il primo webinar di approfondimento. La collaborazione con Andersen garantirà alle imprese un accesso diretto a una rete di commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro con esperienza internazionale consolidata. Un valore aggiunto che può accompagnare le aziende in ogni fase del percorso: dalla pianificazione iniziale fino alla gestione quotidiana dei rapporti con istituzioni e autorità estere.
Con questo nuovo progetto, Ance Brescia intende sostenere le imprese non solo nella quotidianità del mercato interno, ma anche nella costruzione di un futuro proiettato oltre i confini, in cui la competitività si misura su scala globale e passa attraverso innovazione, preparazione e capacità di anticipare il cambiamento.

Ance Brescia ed Eseb guidano le imprese alla novità dell’Accordo Stato-Regioni
Con l’approvazione del nuovo Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 maggio, cambiano in modo sostanziale i percorsi formativi previsti per imprese e lavoratori. Un cambiamento che riguarda in particolare i datori di lavoro, ora tenuti a frequentare il corso obbligatorio qualora non abbiano frequentato il corso per Rspp. Si tratta di una svolta significativa: per la prima volta viene sancito che la formazione del datore di lavoro non è più solo un’opzione legata all’assunzione diretta di responsabilità tecniche, ma un dovere formativo in sé, che riconosce l’importanza del ruolo imprenditoriale nella prevenzione degli infortuni e nella gestione della sicurezza. Per accompagnare le imprese in questo passaggio, Ance Brescia,
La formazione dei datori di lavoro rappresenta un passo ulteriore nel rafforzare l’idea che la sicurezza non sia delegabile, ma coinvolga direttamente la governance delle imprese. Un cantiere sicuro nasce da una direzione consapevole, capace di integrare le prescrizioni normative con una visione organizzativa che valorizzi la professionalità e la tutela delle persone.
in collaborazione con Eseb, ha avviato una raccolta di interesse e predisposto un primo percorso di formazione dedicato, che sarà attivato nei prossimi mesi. L’obiettivo è duplice: fornire alle imprese un supporto nell’interpretazione delle novità normative e offrire ai datori di lavoro strumenti per adempiere agli obblighi in modo efficace e tempestivo.
Cosa cambia con il nuovo accordo
Il testo del 2025 riunisce e sostituisce gli accordi precedenti (2011, 2012 e 2016), ridefinendo in un quadro unico la formazione per lavoratori, preposti, dirigenti, datori di lavoro, Rspp, Aspp, coordinatori della sicurezza e addetti all’uso di attrezzature e spazi confinati.
Tra le principali novità figura la formazione obbligatoria per i datori di lavoro, anche quando non ricoprono il ruolo di Rspp. Il percorso per i datori di lavoro prevede una formazione minima di base di 16 ore, affiancata da un modulo specifico di sei ore dedicato ai cantieri temporanei e mobili. L’aggiornamento è quinquennale, della durata di sei ore. È inoltre consentita la modalità online, sia sincrona che asincrona, rendendo l’accesso più flessibile e compatibile con le esigenze organizzative delle imprese.
Il servizio alle imprese
Ance Brescia ed Eseb hanno scelto di muoversi con largo anticipo, per dare agli imprenditori un riferimento sicuro e accompagnarli in un percorso che non va visto come un semplice adempimento burocratico, ma come un investimento strategico nella cultura della prevenzione. Non vi è urgenza immediata: l’accordo prevede infatti un periodo transitorio fino a 24 mesi per consentire alle aziende di adeguarsi. Tuttavia, è fondamentale che gli imprenditori colgano questa fase come un’opportunità per organizzarsi con metodo e continuità, evitando corse dell’ultimo minuto. Il corso sarà disponibile dalle prossime settimane. Le imprese riceveranno specifica comunicazione.
di Adriano Baffelli
Questa non dovevi propria farcela, caro Antonio. Ormai prossimo alla pensione, “Così potrò portare in moto per lunghe escursioni la mia Claudia”, mi dicesti in uno degli ultimi cordiali incontri, decantando la bravura di tua figlia e il desiderio di passare del tempo con lei e con Sara, la tua signora. Mancheranno il tuo approccio schietto e un poco guascone, quel “Ciao bell’uomo”, con cui esordivi rispondendo alle mie chiamate, le nostre considerazioni sul traffico che da ogni direzione attanaglia sempre più la nostra città al mattino e alla sera. Mancheranno i confronti sui molti aspetti, innovativi e non solo, dell’affascinante mondo del costruito, del quale sei stato un eccelso testimone e un instancabile ricercatore di novità. Ma tant’è. Messaggini e telefonate hanno sconvolto un’intensa giornata di metà ottobre e l’ingegner Crescini non è più con noi. Ascolterà i Rolling Stones e la tanta buona musica della quale pure discettavamo amabilmente nelle rare pause dai confronti professionali. “Con la sua scomparsa – ha affermato affranto Massimo Deldossi, presidente di Ance Brescia – perdiamo un punto di riferimento prezioso, capace di coniugare competenza tecnica e sensibilità umana. Ha saputo interpretare al meglio lo spirito di collaborazione che anima l’ente bilaterale, mettendo sempre al centro la crescita del settore e delle persone che vi lavorano. Sono stato fortunato ad averlo come direttore durante la mia presidenza di Eseb”. Il leader dei costruttori si è espresso anche in rappresentanza di Raffaele Collicelli, presidente di Cape, la Cassa edile bresciana, e del direttore di Ance Brescia, Alessandro Scalvi, di Davide Diotti di Eseb e di Nicolò Depellegrin, direttore di Cape. Corale e unanime tra gli operatori del settore la considerazione su Antonio Crescini: “È stato un uomo di dialogo, capace di ascoltare e di trovare soluzioni condivise, ha creduto nella bilateralità come positivo strumento di equilibrio tra impresa e lavoro”
“Con Antonio Crescini scompare una figura fondamentale di Eseb, che ha contribuito a far crescere l’Ente bilaterale dell’edilizia bresciana, rendendo la nostra Scuola edile la prima d’Italia per rilevanza”, sono le prime parole dell’attonito Paolo Bettoni, presidente di Eseb, nell’immediatezza della notizia dell’improvvisa scomparsa dell’ingegnere 65 anni.
“Serio, capace, intraprendente e visionario – ha aggiunto Bettoni – mancherà. Ci abbracciamo commossi alla famiglia”.


L’intero Sistema dell’edilizia bresciana è in lutto per la dipartita dello storico direttore della dinamica realtà con sede in via della Garzetta a Mompiano, in città, figura di riferimento per imprese e lavoratori del settore.
Unanime il cordoglio e la riconoscenza nei suoi confronti. Con la sua scomparsa, ha affermato affranto Massimo Deldossi, presidente di Ance Brescia, perdiamo un punto di riferimento prezioso, capace di coniugare competenza tecnica e sensibilità umana
“Nel corso della sua lunga esperienza alla guida dell’ente, ha contribuito con equilibrio e dedizione al consolidamento del dialogo tra Ance Brescia e le organizzazioni sindacali di categoria, Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, promuovendo progetti condivisi sulla sicurezza nei cantieri e la formazione professionale”, ricorda Raffaele Merigo, vicepresidente di Eseb e segretario generale della Feneal Uil Brescia e Mantova. Aggiunge di avere imparato molto da Crescini che gli aveva anche fatto comprendere complessità e potenzialità della Scuola e dell’ente. Espressioni di cordoglio e gratitudine espresse da Merigo anche a nome dei colleghi Segretari generali della categoria: Mirko Capelli Filca Cisl; Stefano Ceni Fillea Cgil Vallecamonica Sebino e Fabio Mascia, Fillea Cgil Brescia, evidenziando il buonissimo rapporto lavorativo professionale e anche di amicizia che il direttore aveva costruito con gli esponenti delle Confederazioni dei lavoratori riconoscendo il ruolo delle sigle sindacali nell’ente bilaterale. L’intero Sistema edile bresciano ha espresso parole di vicinanza e riconoscenza verso l’ingegner Crescini. Nato a Gavardo, si era laureato al Politecnico di Milano nel 1988; dopo il matrimonio si era trasferito a Dello, dove abitava con la consorte Sara e la figlia Claudia. Intenso il suo percorso professionale, con centinaia di convegni, relazioni e interventi, nonché responsabile di consistenti progetti innovativi. Era anche direttore della Fondazione Its “I Cantieri dell’Arte” . Che la terra ti sia lieve, caro Antonio.
Il nuovo glossario della sostenibilità
Da tempo circolano narrazioni pensate per coinvolgere l’opinione pubblica sulla questione climatica, incoraggiando comportamenti più green e sostenibili. La ricerca ha potuto individuare principalmente tre tipologie di “messaggeri” (istituzione pubblica,
Dal sondaggio di Youtrend emerge un diffuso senso di sfiducia verso la transizione ecologica
Youtrend ha realizzato un sondaggio, condotto attraverso la metodologia Cawi (Computer Assisted Web Interview) su un campione di 1.601 persone residenti in Italia, con l’obiettivo di raccogliere significative informazioni su dati, metodi e linguaggi legati alla transizione ecologica. La ricerca, discussa a Brescia in A2A in occasione della presentazione del Bilancio di sostenibilità, si basa su interviste svoltesi lo scorso aprile 2025. Il punto di partenza dello studio — che ha indagato seguendo una stratificazione per quote incrociate di genere, età e titolo di studio — è stato il grande tema della percezione di sé e degli altri. Le risposte hanno evidenziato che il 25% degli intervistati dichiara di sentirsi meno motivato ad agire contro il cambiamento climatico, a fronte del 42% che, al contrario, ritiene siano gli altri a essere meno
azienda e Ong) e quattro categorie di messaggi di sensibilizzazione sul tema, risultati particolarmente convincenti: in primis l’idea che la promozione di scelte sostenibili favorisca uno sviluppo innovativo, oppure che il suo fine ultimo sia dare la possibilità di un futuro migliore alle nuove
generazioni e alla comunità stessa. Segue il concetto secondo il quale un mondo più sostenibile possa rappresentare la chiave per un maggior benessere fisico, mentale ed economico o, ancora, che favorisca la qualità e la promozione del Made in Italy.
Ciascuno dei messaggeri presi in esame si avvale di questi frame, attribuendo ad ognuno un valore differente sulla base del proprio target di riferimento. Molte nuove terminologie sono ormai entrate a far parte del vocabolario sostenibile: dal Green Deal alla
propensi a un intervento. Analizzando il grado di motivazione degli individui oggetto di analisi, si sono riscontrati diversi aspetti interessanti. Ad esempio, è emerso che il 70% non si considera meno motivato, rispetto agli anni passati, ad intraprendere azioni che possano limitare i danni ambientali; una considerazione condivisa invece dal 25% delle persone intervistate. La differenza di vedute si fa meno consistente quando ad essere posta in esame è la percezione che noi abbiamo degli altri. Alla domanda “Rispetto a qualche anno fa le persone intorno a me sembrano meno motivate ad agire contro il cambiamento climatico?”, il 42% si dichiara molto o abbastanza d’accordo, mentre il 49% è poco o per nulla favorevole. Il 43% degli interpellati osserva che anche le imprese appaiono meno incentivate, contro il 46% che evidenzia

il contrario. Dati simili si proiettano anche nei confronti delle istituzioni: ben il 49%, infatti, percepisce una minor motivazione da parte di queste ultime.
Focalizzando l’attenzione sulla fascia giovanile della popolazione, il 58% dei ragazzi e delle ragazze sotto i 35 anni sostiene che la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro non debbano avere la priorità sull’ambiente. Un dato importante, questo, che evidenzia un +14% rispetto alla popolazione generale. In conclusione, possiamo affermare che i giovani, più che sentirsi meno motivati in prima persona nei confronti dell’ambiente, vedono affievolirsi l’interesse degli altri sul tema, nelle imprese e soprattutto nelle istituzioni.
Le motivazioni alla base dello scetticismo collettivo Analizzando invece le cause alla base del senso di sfiducia diffuso sia tra i giovani, sia tra gli over 55, sia nella popolazione in generale, è emerso che il principale motivo di un tale scoraggiamento (31%) è il riconoscimento del problema come troppo grande e complesso. Ben il 30% degli intervistati teme invece che la transizione ecologica possa avere effetti negativi sull’economia e sul mercato del lavoro, mentre il 24% pensa che l’Europa possa essere danneggiata a vantaggio della Cina, dove le tutele ambientali sono meno ferree e vincolanti. Una percentuale poco minore (pari al 23%) difende invece l’idea secondo la quale la co-

neutralità carbonica, dall’ecoansia al Greenwashing. Spesso, però, la mancanza di un equivalente italiano genera problemi di comprensione.
Per questo è essenziale che sigle come Esg, Crs o altre nuove parole siano accessibili e comprensibili ai più.
Nel dizionario della comunicazione, inoltre, la positività di un termine – la possibilità, dunque, di attribuire un valore positivo alla parola – e la comprensione dello stesso sono strettamente correlati. Da un’analisi condotta sui termini di recente introduzione, è emerso
che l’espressione “decarbonizzazione” ha guadagnato un’accezione positiva rispetto al 2024. Tra quelle con una considerazione negativo troviamo invece: “impatto ambientale”, “greenwashing”, “ecoansia”, “net zero”, “compensazione carbonica” ed “Esg”,
parole per lo più incomprese dal grande pubblico proprio a causa della loro complessità. Nonostante, infatti, sigle e acronimi di questo genere stiano proliferando, il loro reale significato e i concetti che rappresentano richiedono maggiore chiarezza.

municazione relativa alla transizione ecologica sia stata eccessivamente allarmista. Il 22%, diversamente, dichiara di essere stato influenzato dal ridimensionamento del problema attuato da altri governi occidentali, - primo tra tutti gli Stati Uniti, dove la recente amministrazione Trump ha introdotto tagli massicci alle regolamentazioni - mentre l’11% considera il cambiamento climatico un fenomeno non direttamente determinato da azioni umane. Infine, il 10% è convinto che le eventuali conseguenze del cambiamento climatico non lo riguardino in prima persona. La statistica si conclude con chi dichiara di mostrare scarso interesse senza specificarne la motivazione, circa il 5% del totale campionario.
Dall’analisi delle risposte raccolte emerge dunque una forte perdita di fiducia da parte dei giovani ad agire contro il cambiamento climatico. La principale causa si riscontra nella portata e complessità del problema, una considerazione che riguarda il 36% dei ragazzi e delle ragazze con un’età compresa tra i 18 e i 35 anni. Il 30% ha deciso di ridimensionare il problema dopo l’affievolirsi delle preoccupazioni da parte degli altri governi occidentali, mentre il 21% teme il rischio di effetti negativi sull’occupazione e sull’andamento economico. Il 19% esprime preoccupazione per un possibile indebolimento dell’Europa a vantaggio della Cina e infine, a pari merito con il 16%, una parte del campione ritiene che la comunicazione sul tema sia stata troppo allarmante, mentre un’altra sostiene che le conseguenze del fenomeno non lo riguardino in prima persona.
Tra gli over 55, emerge una spiccata sensibilità verso le tematiche di carattere economico. Ben il 38% degli adulti sopra i 55 anni sostiene infatti che la principale ragione della scarsa attenzione riservata al tema sia il timore di ripercussioni significative sull’economia e sull’occupazione. Il 29% concorda sulla preoccupazione di una possibile condizione di sfavore dell’Europa a vantaggio della Cina e il 28% sostiene invece che si tratti di un problema troppo grande e complesso per poter essere affrontato efficacemente, immaginando una soluzione concreta. Il 27% è convinto che la comunicazione sul tema sia stata troppo allarmante e il 19% ha deciso di ridimensionare il problema dopo l’affievolirsi delle preoccupazioni da parte degli altri governi occidentali. Solo il 6% sostiene, infine, che le conseguenze non lo riguardino direttamente.
Breve vocabolario in ordine alfabetico degli acronimi e delle sigle più rilevanti in materia

a sostenibilità sta assumendo un ruolo sempre più preponderante. Questioni come il contenimento e la riduzione dell’impatto ambientale, il ricorso a fonti di energia rinnovabili e l’adozione di un approccio più green, sono tematiche prioritarie per le imprese e non solo. È fondamentale partire dal presupposto che la sostenibilità, oggigiorno, non si limita alla sfera ambientale, ma si applica anche ad aspetti sociali ed economici. Quello dello sviluppo sostenibile, proprio per la sua crescente rilevanza, è un ambito in rapida evoluzione. Ma come possiamo rimanere costantemente informati sul tema? Molti dei termini legati alla sfera sostenibile sono inglesismi, acronimi o sigle. L’assenza di equivalenti italiani ci obbliga spesso a farne ricorso, ma, in non pochi casi, si tratta di termini poco comprensibili ai più. Ecco, dunque, riprendendo l’idea di quello che era stato il vocabolario del Superbonus nel numero 1/21 del nostro bimestrale, una panoramica di alcune delle sigle e delle parole più rilevanti in materia, assolutamente da conoscere per navigare nel vasto mare della sostenibilità.
Acome Agenda 2030. Piano d’azione sottoscritto da tutti i Paesi membri dell’Onu, composto da 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) da raggiungere entro il 2030.
Bcome B Corp (B Corporation). Quelle organizzazioni che rispondo a elevati standard ambientali e sociali, abbracciando modelli produttivi più circolari e inclusivi che, senza tralasciare il profitto, mirano a generare un impatto positivo sulla società e il pianeta.
Ccome CSR. Con l’acronimo di “Corporate Social Responsibility”, si intende la Responsabilità Sociale d’Impresa, vale a dire una politica aziendale attenta anche alle tematiche ambientali e sociali attraverso comportamenti e azioni rispettose dell’ambiente e delle persone.
Dcome D&I (Diversity & Inclusion). Approccio sostenibile, che si traduce in una strategia gestionale, volto a riconoscere e valorizzare le differenze tra persone, con l’impegno di creare un ambiente inclusivo, in cui si massimizza il potenziale individuale di ognuno e si elimina ogni tipo di discriminazione.
Ecome ESG (Environmental, Social e Governance). Ci si riferisce ai tre criteri di sostenibilità fondamentali (ambientale, sociale e gestione) su cui si valutano l’impatto e le performance di un’organizzazione in tema di sostenibilità.

Fcome FER. Acronimo di “Fonti Energie Rinnovabili”, il termine designa tutte quelle fonti di energia che non derivano da combustibili fossili ed evitano l’esaurimento di risorse naturali.
Gcome GRI (Global Reporting Initiative). Un'organizzazione punto di riferimento internazionale per la redazione di report sulla sostenibilità ambientale, sociale e di governance delle organizzazioni.
Hcome HLPF (High-Level Political Forum). Si tratta di una piattaforma delle Nazioni Unite per il follow-up e la revisione dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e dei suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Icome ILO. L’International Labour Organization è l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite per la promozione del lavoro dignitoso e proficuo come elemento imprescindibile per lo sviluppo sostenibile di carattere sociale, economico e ambientale.
Lcome LCA (Life Cycle Assessment). Traducibile in italiano in “Analisi del ciclo di vita”, fa riferimento a un metodo standard di valutazione dell’impatto ambientale di prodotti, processi e servizi nel suo intero ciclo di vita.
Mcome MtCO2eq (Million Tonnes of CO2 Equivalent). Si tratta di un'unità di misura standard per quantificare l'impatto che i diversi gas serra esercitano sul cambiamento climatico, attraverso la loro conversione (mediante un indice chiamato GWP) nella medesima quantità di anidride carbonica.
Ncome NET ZERO. Il termine, che sta per “emissioni nette zero”, indica il raggiungimento di un equilibrio tra i gas serra emessi e la percentuale rimossa, limitando in questo modo l’aumento della temperatura della Terra.
Ocome OCSE . L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico è promotrice di uno sviluppo sostenibile attraverso una serie di linee guida rivolte alle aziende. Inoltre, collabora con i governi per l’integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile a livello locale e nazionale.
Pcome PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima). Si tratta di un piano italiano di transizione energetica e di decarbonizzazione volto a definire gli obiettivi in tema di energia e clima entro il 2030, in linea con l’accordo di Parigi e il Green Deal europeo.
Qcome QFP (Quadro Finanziario Pluriennale). Si tratta di un bilancio a lungo termine dell'UE rivolto alle priorità di spesa solitamente per periodi di sette anni. Al suo interno si riscontra una sempre maggiore attenzione rivolta al tema della sostenibilità.
Rcome Rating Esg. Punteggio rilasciato da agenzie di rating specializzate e indipendenti, assegnato a un'azienda che misura le sue performance e la sua capacità di gestire rischi e opportunità legate a tre fattori chiave – ambientali (Environmental), sociali (Social) e di governance –, certificando la sua solidità in termini di sostenibilità e responsabilità sociale.
Scome SDGs (Sustainable Development Goals). L’acronimo fa riferimento ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile approvati dalle Nazione Unite e parte dell’Agenda 2030 che, tra le tante tematiche, affrontano anche il cambiamento climatico e la tutela del pianeta.
Tcome TBL . La Triple Bottom Line è un approccio di valutazione del livello di sostenibilità delle aziende, noto anche come approccio delle tre P, in quanto si sviluppa lungo tre dimensioni: il profitto (Profit), l’aspetto sociale (People) e quello ambientale (Planet).
Ucome UNI PdR 125:2022 . Standard di riferimento che prevede azioni aziendali mirate a ridurre le disparità di genere e a migliorare la qualità del lavoro femminile. Le aziende che possiedono la certificazione UNI PdR 125:2022 hanno adottato specifici KPI (Key Performances Indicator - Indicatori chiave di prestazione) inerenti alle Politiche di parità di genere nelle organizzazioni, godono dunque di un apprezzamento particolare da parte degli stakeholder e possono beneficiare di un maggior punteggio nelle gare d'appalto pubbliche. Possono inoltre accedere ad agevolazioni fiscali e opportunità di finanziamento.
Vcome VOC (Volatile Organic Compounds). In italiano “Composti Organici Volatili”: sostanze chimiche con carbonio che a temperatura ambiente evaporano con facilità nell’aria diventando gas e si trovano in molti materiali da costruzione, prodotti per la pulizia e altri oggetti di uso quotidiano.
Zcome ZEB (Zero Energy Building). In italiano si può tradurre con “Edificio a Energia Zero” e indica un edificio dalle elevatissime prestazioni energetiche, in grado di soddisfare completamente (o quasi) il proprio fabbisogno attraverso l’uso di fonti rinnovabili.

Guardare da vicino la realizzazione di un’infrastruttura tanto attesa come la bretella autostradale della Valtrompia significa anche prendere consapevolezza del ruolo che l’edilizia svolge nel modellare il futuro della comunità
Un cantiere che rappresenta una delle più importanti opere infrastrutturali in corso nel territorio bresciano ha accolto il Gruppo Giovani di Ance Brescia, accompagnato da alcuni componenti del Consiglio di Presidenza dell’Associazione. La visita al cantiere dell’auto-
strada della Valtrompia, nel tratto di Lumezzane, è stata l’occasione per conoscere da vicino l’avanzamento dei lavori e riflettere sul valore della formazione “sul campo” per la nuova generazione di imprenditori edili.
L’opera, realizzata da Salc S.p.A., prevede il raccordo au-

tostradale tra l’A4 e la Valtrompia, con un tracciato complessivo di circa 10 chilometri, di cui 6,5 in galleria. Si tratta di un intervento complesso, che comprende sistemi di ventilazione e sicurezza di ultima generazione, viadotti, svincoli e opere di integrazione con la viabilità esistente.
Nelle ultime settimane il cantiere ha registrato un’importante accelerazione: proseguono gli scavi della galleria Lumezzane-Villa Carcina, mentre nella zona di Codolazza, tra Villa Carcina e Concesio, sono stati completati interventi strutturali rilevanti, come la difesa spondale del fiume Mella e la realizzazione del ponte in acciaio-calcestruzzo. La complessità tecnica e logistica di un’infrastruttura di questa portata ha offerto ai giovani imprenditori un’occasione formazione in contatto diretto con la realtà produttiva. Visitare un grande cantiere significa comprendere come sicurezza, organizzazione e tecnologia si intreccino nella pratica quotidiana del costruire. Significa anche osservare da vicino la complessità del coordinamento, l’importanza
della pianificazione, la forza del lavoro di squadra. In questo senso, l’esperienza di Lumezzane si inserisce pienamente nel percorso che il Gruppo ha tracciato per il triennio in corso, dedicato al rafforzamento delle competenze manageriali, con un’attenzione particolare ai temi della governance d’impresa, del controllo di gestione e dell’innovazione. La visita è stata anche un momento di coesione e confronto tra pari condividere impressioni e domande con chi opera ogni giorno in prima linea. Guardare da vicino la realizzazione di un’infrastruttura tanto attesa come la bretella autostradale della Valtrompia significa anche prendere consapevolezza del ruolo che l’edilizia svolge nel modellare il futuro della comunità. Ogni metro scavato, ogni ponte costruito racconta la capacità del settore di innovare e di rispondere a esigenze collettive.
Le tecniche di scavo impiegate nel cantiere
Nel cantiere dell’autostrada della Valtrompia lo scavo delle

gallerie viene eseguito con il metodo drill and blast, il più diffuso nei terreni rocciosi. Il processo prevede una sequenza di fasi ripetute: perforazione, caricamento con esplosivo, brillamento, rimozione del materiale e messa in sicurezza del fronte. La perforazione è affidata a una drilling jumbo, macchina dotata di più bracci mobili equipaggiati con trapani rotativi o martelli perforatori. L’orientamento e la profondità dei fori vengono definiti da un sistema laser di posizionamento, che consente di rispettare con precisione il “pattern” previsto dal progetto. Durante la perforazione, quattro martinetti stabilizzano la macchina per mantenere costante l’angolo dei fori. Ogni esplosione permette di avanzare di circa quattro metri. Dopo ogni ciclo di scavo vengono installate centine metalliche e applicato spritz-beton per consolidare la volta e garantire la sicurezza della galleria. Nelle zone di imbocco, dove il terreno non è roccioso ma più sciolto, viene invece impiegata la tecnica del jet grouting. Si tratta di una pro-



cedura di consolidamento del suolo: si perfora il terreno, si introduce una lancia e si inietta a pressione molto elevata una miscela di cemento, acqua e additivi. La miscela rompe e mescola il terreno, formando un “monolite” di terreno-cemento

più resistente, coeso e impermeabile. Questa operazione riduce il rischio di cedimenti e garantisce maggiore stabilità al volume di terreno sopra e intorno alla futura galleria, permettendo di procedere con lo scavo in condizioni di sicurezza.
In ottobre il Gruppo Giovani ha partecipato al XV Convegno Area Nord dei Giovani imprenditori edili Ance, dal titolo “Alleati nel futuro – Tradizione e innovazione, insieme per costruire il futuro” . L’incontro, organizzato dai Gruppi Giovani delle regioni del Nord Italia, ha rappresentato un momento di confronto tra le nuove generazioni dell’edilizia, chiamate a coniugare competenze tecniche, visione imprenditoriale e responsabilità verso il territorio. Durante la giornata si sono alternati interventi e tavole rotonde con esponenti del mondo accademico e imprenditoriale, tra cui Angelo Luigi Marchetti (Marlegno), Andrea Bona, Livio Petriccione e Stefano Moroni del Politecnico di Milano. Per i Giovani Ance Brescia la partecipazione è stata occasione per rafforzare il dialogo con le altre delegazioni e approfondire il tema dell’innovazione nel settore delle costruzioni.

di Adriano Baffelli
L’intelligenza artificiale non è più soltanto uno strumento di intrattenimento o di supporto tecnico: è entrata nel cuore dei processi decisionali di imprese e Pubbliche amministrazioni, sollevando interrogativi che vanno ben oltre l’efficienza operativa. Quando un algoritmo assume un ruolo attivo nelle decisioni amministrative o aziendali, infatti, il rischio non è soltanto tecnologico ma pure giuridico: si toccano direttamente i diritti fondamentali dei cittadini e si mettono alla prova le garanzie normative che presidiano il rapporto tra istituzioni, imprese e individui. Il delicato aspetto è analizzato nel seguente articolo dell’avvocata
Chiara Micera, fondatrice dello studio legale Micera con sedi a Bologna, Brescia e Roma, esperta di Legal Bim e diritto delle nuove tecnologie, consulente di Ance Brescia, nell’ambito del servizio su Bim e digitale, posto a servizio delle imprese associate. Il quadro europeo si è mosso con decisione in questa direzione. Il Gdpr ha introdotto strumenti di tutela legati al trattamento dei dati personali, mentre l’Ai Act ha previsto specifiche valutazioni d’impatto sui diritti fondamentali per i sistemi a “rischio elevato”.
A questi si affianca, in Italia, l’articolo 30 del decreto legislativo 36/2023, che disciplina l’uso delle procedure automatizzate nei contratti pubblici, imponendo principi di trasparenza, non discriminazione e supervisione umana. Si tratta di norme che non si limitano a incoraggiare la digitalizzazione, ma disegnano un perimetro preciso di responsabilità e obblighi.
La sfida, dunque, non è più se adottare l’Ia, ma come farlo. Ogni implementazione deve partire da una valutazione d’impatto che non si fermi ai dati, ma analizzi logiche decisionali, grado di controllo umano, misure di mitigazione dei rischi e persino scenari di interruzione o migrazione del servizio.
In questo percorso, strumenti come la Data Protection Impact Assessment e la Fundamental Rights Impact Assessment non possono essere relegati a meri adempimenti burocratici: rappresentano veri e propri presìdi di legittimità, capaci di fornire valore probatorio in caso di contenzioso e di consolidare la fiducia degli stakeholder. Trasparenza, outsourcing, contratti chiari, routine di verifica e formazione specializzata completano il quadro di una governance che deve rimanere umana, anche quando mediata dall’algoritmo. Solo in questo equilibrio tra innovazione e diritto si può garantire che la trasformazione digitale produca benefici duraturi, senza sacrificare le libertà fondamentali sull’altare dell’efficienza.
a cura dell’Avv. Chiara Micera © riproduzione riservata

L’espansione globale dell’intelligenza artificiale (Ia) ha ormai superato la dimensione meramente ricreativa, penetrando nei processi decisionali delle imprese e delle Pubbliche Amministrazioni.
L’adozione di tali tecnologie, pur promettendo efficienza, solleva interrogativi cruciali, poiché i sistemi Ia, quando assumono funzioni decisionali autonome, possono compromettere i diritti fondamentali degli interessati.
Si pensi a una Pubblica Amministrazione che deleghi a un applicativo Ia la gestione di procedimenti amministrativi senza controlli da parte di operatori qualificati.
In questo caso, l’algoritmo non si limita a supportare l’attività amministrativa, ma entra a far parte del circuito decisionale, con rischio di violazione di norme vigenti e dei diritti degli interessati. Il problema, quindi, non è solo tecnico, bensì eminentemente giuridico.
Ciò detto, alla luce del Gdpr e dell’Ai Act, misurare il rischio significa predisporre una valutazione d’impatto che non si limiti a esaminare il trattamento dei dati personali, ma che consideri anche i profili etici e giuridici connessi all’uso dell’Ia.
I concetti espressi dalla normativa europea trovano poi un forte punto di ancoraggio nella normativa interna, cui all’articolo 30 del D.lgs 36/2023, il quale disciplina in maniera organica l’utilizzo di procedure automatizzate nel ciclo di vita dei contratti pubblici, delineando principi e obblighi che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono rispettare quando introducono soluzioni tecnologiche basate su Ia o su sistemi digitali avanzati.
Tale norma non si limita a incoraggiare la digitalizzazione per finalità di maggiore efficienza, ma impone precise garanzie giuridiche: dalla trasparenza algoritmica alla non discriminazione, dalla supervisione umana alla rettifica degli errori, fino alla pubblicazione degli strumenti utilizzati nella sezione Amministrazione trasparente dei siti istituzionali. In questo contesto, pertanto, l’adozione di sistemi IA richiede una valutazione preliminare che esuli dai meri benefici organizzativi, ma si estenda ad una ponderazione accurata dei rischi concreti per i diritti e le libertà fondamentali.
All’interno del quadro normativo appena elencato si collocano due strumenti fondamentali:
la Data Protection Impact Assessment (Dpia), prevista dal Gdpr (Reg. Ue 2016/679), volta a valutare i rischi connessi al trattamento dei dati personali; la Fundamental Rights Impact Assessment (Fria), introdotta dall’Ai Act europeo, che si concentra sull’impatto complessivo dei sistemi Ia ad “alto rischio” sui diritti fondamentali.
Si tratta di adempimenti che richiedono metodo, tracciabilità e competenze interdisciplinari: la loro integrazione nei processi aziendali e amministrativi è indispensabile, soprattutto in caso di utilizzo di sistemi Ia classificati come ad alto rischio.
Il punto di partenza di ogni valutazione è la definizione precisa dell’oggetto del trattamento, delle tipologie di dati coinvolti e delle finalità perseguite. Senza tale analisi preliminare non è possibile comprendere gli effetti sulla sfera giuridica e sociale degli interessati né pianificare misure di mitigazione adeguate.
Ad esempio, in un sistema di smistamento automatizzato di pratiche amministrative, la valutazione dovrà documentare: i dati che alimentano l’algoritmo; le logiche decisionali sottese al modello; il grado di supervisione umana; le procedure di verifica e validazione degli output.
La Fria deve configurarsi come resoconto tecnicogiuridico, finalizzato a:
1. identificare e analizzare i rischi e le criticità; 2. motivare le scelte progettuali adottate; 3. descrivere dettagliatamente le misure di mitigazione previste.
Non basta quindi dichiarare genericamente di avere adottato “misure tecniche e organizzative idonee”: occorre specificare criteri, frequenza dei test e modalità di gestione delle anomalie.
Questo approccio, oltre a garantire la conformità normativa, costituisce un comparto probatorio rilevante in caso di contenzioso.
Altro tema centrale riguarda l’outsourcing.
Spesso i titolari del trattamento si avvalgono di fornitori esterni per la creazione, manutenzione e aggiornamento dei modelli Ia, nonché per servizi di hosting e infrastrutture cloud. In questi casi, una solida disciplina contrattuale assume un ruolo fon-

damentale nella gestione del rischio. Infatti, la circostanza che il provider fornisca la documentazione tecnica e proprie valutazioni (relative al servizio esternalizzato) non esonera il titolare dai propri autonomi obblighi di verifica, validazione e integrazione e non limita la sua responsabilità giuridica.
Per questo motivo gli accordi contrattuali devono includere clausole dettagliate e precise che disciplinino: garanzie e livelli di servizio (Sla); diritti di audit e ispezione; accesso ai dataset di addestramento; obblighi di notifica in caso di modifiche sostanziali ai modelli Ia o condizioni d’uso; procedure per la cancellazione, restituzione o migrazione dei dati alla cessazione del rapporto.
Nel settore pubblico, tali profili devono essere previsti già in fase di gara, trasformando i requisiti posti a tutela dei dati in criteri tecnici di valutazione e obblighi esecutivi vincolanti nel capitolato.
Ad esempio, al fine di garantire la regolare conformità normativa e la solidità operativa del progetto, è essenziale includere nel bando, tra gli altri: criteri di qualità e mitigazione dei bias; clausole di audit indipendenti; requisiti interoperabilità e portabilità dei dati.
Terminata l’analisi in merito all’outsourcing non ci si può esimere dal trattare l’ulteriore tema relativo alla trasparenza: elemento essenziale per la legittimità dei trattamenti automatizzati e la comprensibilità delle decisioni algoritmiche.
L’informativa deve essere redatta con rigore tecnico-giuridico e linguaggio accessibile, includendo riferimenti specifici in merito all’impiego di processi decisionali automatizzati, la finalità, l’ambito ed il tenore di tale impiego, le categorie di dati trattati; le logiche essenziali del modello, le possibili conseguenze per gli interessati, i diritti esercitabili e le modalità di esercizio (accesso, rettifica, opposizione, riesame umano delle decisioni algoritmiche).
Ciò detto, occorre altresì precisare che il consenso dell’interessato, in presenza di rapporti di dipendenza o squilibrio tra le parti, non è di per sé sufficiente a legittimare il trattamento.
In tali casi, infatti, oltre al consenso eventualmente prestato, occorre documentare nella valutazione d’impatto il rispetto del principio di proporzionalità, corredando la valutazione con le misure organizzative e di sicurezza adottate per prevenire potenziali impatti lesivi sui diritti fondamentali. Sotto il punto di vista operativo, per adempiere agli obblighi documentali pre-

L’introduzione di sistemi Ia nei processi pubblici e privati richieda un incrementato focus sulla compliance, sulla trasparenza e sulla formazione del personale
scritti, sono disponibili strumenti digitali che supportano le organizzazioni nella redazione e gestione di Dpia e Fria, come piattaforme che guidano la compilazione delle valutazioni e tool per il monitoraggio delle prestazioni dei modelli Ia.
Tuttavia, tali strumenti non sostituiscono il giudizio critico dell’operatore umano.
Il Dpo, l’ufficio legale e gli organismi di governance mantengono la responsabilità di valutare criticamente i risultati prodotti, verificare la coerenza con la normativa ed adottare tempestivamente misure correttive e di mitigazione del rischio.
In chiave organizzativa, il processo di trasformazione digitale verso le Ia richiede investimenti strutturali nella formazione di figure dedicate alla governance dell’Ia, predisposizione routine periodiche di revisione e verifica e di procedure interne per la gestione dei test e delle segnalazioni. Misure che, se correttamente implementate, generano benefici strategici che riducono il rischio di sanzioni e contenziosi, consolidano la reputazione dell’organizzazione e accrescono la fiducia degli stakeholder, grazie a prassi di governance verificabili.
Infine, ogni progetto di implementazione Ia deve prevedere piani per interruzione
o transizione del servizio, garantendo la protezione dei dati in tutte le fasi di “vita” dell’applicativo.
È necessario quindi definire: criteri per la sospensione temporanea o definitiva delle funzionalità automatizzate, piani di rollback e garanzie contrattuali per migrazione, restituzione o cancellazione sicura dei dati.
Tali cautele devono tradursi in clausole contrattuali specifiche e rigorose, assicurando che la soluzione tecnologica resti sempre integralmente governabile.
Alla luce di quanto sinora esposto, si può senza dubbio sostenere che l’introduzione di sistemi Ia nei processi pubblici e privati richieda un incrementato focus sulla compliance, sulla trasparenza e sulla formazione del personale.
Solo così facendo si potrà coniugare la spinta verso l’innovazione con la tutela effettiva dei diritti fondamentali.
E, in tale disegno, Dpia e Fria non devono essere percepite come meri adempimenti burocratici, ma come condizioni di legittimità per l’implementazione sostenibile di tecnologie Ia.
Esse rappresentano, infatti, strumenti dinamici che permettono di governare l’Ia attraverso meccanismi di controllo trasparenti e verificabili, favorendo un dialogo costante tra tecnologia e principi giuridici. Solo con competenze specialistiche, strumenti adeguati e scelte organizzative consapevoli sarà possibile creare un ecosistema in cui l’innovazione produca un valore duraturo, senza sacrificare le libertà fondamentali sull’altare dell’efficienza.
Angelo Luigi Camillo Ciribini Università degli Studi di Brescia
La digitalizzazione dell’impresa di costruzioni è un tema ormai annoverato, per così dire, nelle ovvietà, quantunque, nella realtà, nelle sedi delle imprese stesse e nei cantieri, edili e infrastrutturali, essa appaia piuttosto rarefatta.
Di fatto, la domanda di servizi di consulenza strategica e di trasferimento tecnologico che le imprese di costruzioni manifestano è assai ridotta rispetto alle necessità che si potrebbero presupporre.
Evidentemente, la digitalizzazione non è fenomeno che sia realmente incidente nell’operatività quotidiana, se non per episodi puntuali.
Dopo che all’impresa, nel tempo, sono state proposte innumerevoli soluzioni digitali, a iniziare dal famigerato Bim, è, pertanto, tempo di ragionare sulla comprensione della natura e dell’utilizzo dei dati che l’impresa di costruzioni possa detenere.
In primo luogo, l’esigenza principale che si dovrebbe prospettare all’impresa è quella di mettere a sistema l’ingente mole di dati che essa ormai sta producendo tramite le diverse applicazioni e di finalizzarne la presenza.
Non è, in effetti, possibile mettere a profitto tale mole se non introducendola in un contesto articolato.
Ciò comporterebbe che essa fosse dotata di un sistema di controllo di gestione: il che
non implica semplicemente di disporre di un apposito dispositivo digitale, bensì di avere introdotto una razionalità nella definizione degli obiettivi, nella individuazione delle risorse, nell’attribuzione delle responsabilità, supportata da un sistema informativo a supporto del processo decisionale.
La ragione principale per cui la digitalizzazione resta marginale nelle pratiche correnti imprenditoriali è data dalla sua parziale capacità di presidiare le decisioni.
Questa prima considerazione introduce una distinzione tra imprese che siano in grado di collocare le serie di dati che detengono in un contesto organico e imprese che generino serie di dati fini a se stesse, al più traducibili in documenti statici.

La ragione principale per cui la digitalizzazione resta marginale nelle pratiche correnti imprenditoriali è data dalla sua parziale capacità di presidiare le decisioni
Secondariamente, il fatto che i dati siano prodotti da referenti singolari e con scopi circoscritti (dalla realizzazione di un modello informativo al sostegno offerto da un modello linguistico alla redazione di una offerta, dall’aggiornamento del patentino di un operatore alla registrazione dell’ingresso di un lavoratore in cantiere, dall’allerta generata da un sensore installato su un macchinario all’analisi dei movimenti di un escavatore) fa sì che i dati in circolazione non fluiscano, vale a dire, non siano condivisibili né sfruttabili, anche per altre finalità, da altri soggetti coinvolti nell’impresa. È proprio questa limitazione nella diffusione e nel riuso dei dati e delle informazioni che rende spesso la digitalizzazione superficiale ed estranea al vissuto quotidiano, tanto più che, si pensi al cosiddetto Bim o all’IoT, sono adottate terminologie specialistiche e, di conseguenza, esoteriche agli occhi della maggior parte degli individui interessati.
L’aggiornamento continuo dei modelli informativi richiederebbe una loro interiorizzazione nelle attività quotidiane del cantiere ma le turbolenze e le mentalità correnti sanciscono un loro abbandono sino, al più, ai momenti finali

Queste forme di digitalizzazione, che siano indotte da un disposto legislativo, da un incentivo fiscale, da una moda passeggera o da altro, restano, infatti, super fetali, quasi che siano, appunto, incidenti occasionali poco rilevanti per prassi consolidate.
Al contempo, tuttavia, le carenze di carattere semantico costituiscono uno dei principali fattori ostativi alla possibilità di condivisione operativa dei dati e delle informazioni, ma certo oggi parlare di ontologie e di temi connessi potrebbe a molti risultare del tutto siderale.
Questa osservazione spiega il motivo per cui digitalizzare l’impresa di costruzioni significhi iniziare un approccio incrementale che miri a ricostruire le unità organizzative (di sede e di cantiere, colla re-
lativa catena di fornitura) attorno alla centralità del dato: nel senso che, definiti i centri di responsabilità, di costo e di profitto all’interno del sistema di controllo di gestione, ci si proponga di assicurare una continuità dei flussi informativi tra le unità organizzative stesse, tra i processi, tra le organizzazioni.
In buona sostanza, solo allorché i dati e le informazioni inizino a essere conosciuti diffusamente all’interno dell’impresa sarà immaginabile che di essi si faccia un utilizzo proficuo.
A ciò mira, anzitutto, la metodologia messa a punto, per conto di Ance, da parte del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Brescia: a consentire ai dati e alle informazioni di essere accessibili ai diversi soggetti, chiamati a comprendere quali impieghi ulteriori siano proponibili.
Nel momento in cui dati specifici potranno essere elaborati (congiuntamente o meno) da amministrativi e da tecnici, da uomini e donne attivi in sede e in cantiere, da consulenti esterni e da dirigenti interni, da affidatari e da fornitori, allorché informazioni attinenti a ciò che accade nel cantiere possa interessare coloro che si occupano di fiscalità o di approvvigionamento, ecco che la digitalizzazione non avrà più bisogno di legittimarsi.
Vi sono alcuni esempi di situazioni iconiche.
Il primo di essi riguarda il processo di preparazione di una offerta: l’impresa oggi nutre grandi aspettative verso l’In-
telligenza Artificiale, ma ciò, in buona sostanza, rappresenta il desiderio di poter rafforzare la produzione documentale (più che il ricorso al dato) quantitativamente e qualitativamente riducendo l’impiego di risorse umane.
In qualche modo, si pensa di utilizzare le soluzioni digitali più innovative per rafforzare le prassi analogiche.
Vero è che, in questo modo, l’impresa intuisce il valore delle serie di dati, benché poi, per renderle del tutto affidabili, necessiterebbe di condividerle con potenziali concorrenti o, comunque, di gestirle al proprio interno con particolare cura. Il secondo caso emblematico riguarda l’uso della modellazione informativa nel corso dell’esecuzione dei lavori.
L’aggiornamento continuo dei modelli informativi richiederebbe una loro interiorizzazione nelle attività quotidiane del cantiere (e la diffusione di essi presso i singoli operatori, appaltatori e sub fornitori), ma le turbolenze e le mentalità correnti sanciscono spesso rapidamente un loro abbandono sino, al più, ai momenti finali. Di conseguenza, i modelli informativi, ridisegnati inizialmente o meno, fuoriescono completamente dai processi decisionali.
Naturalmente, tutto ciò prelude, come già per il sistema di controllo di gestione, a introdurre nell’impresa criteri e metriche per misurare e per valutare le prestazioni aziendali.
Sarà l’impresa disponibile a offrire ai propri finanziatori, investitori e committenti elementi valutativi così precisi?
Sarà, soprattutto, l’impresa disponibile a metterli a disposizione di sé medesima?
Un primo tentativo è offerto dalle attività di un Digital Innovation Hub (Dihcube), promosso da Ance, rivolte alla valutazione del livello della maturità delle organizzazione nei confronti del fenomeno.
di Franco Robecchi, ingegnere e autore
alauguratamente stiamo vivendo tempi in cui guerre vicine risuonano nelle nostre orecchie attraverso filmati, scritti giornalistici e testimonianze televisive. Come sempre accade, la sensibilità è tanto maggiore quanto l’evento è più vicino geograficamente, anche se questo non è l’unico elemento di giudizio. Certo lo sbarco dei britannici nelle Falkland, nel 1982, non ci turbò più di tanto. Fecero un po’ eccezione, quanto a impatto psicologico, le guerre nella ex Jugoslavia, avvenute solo 26 anni fa, oltretutto alle porte di casa dell’Italia. Ma, si sa, i Balcani e le nazioni serbe o kosovare sembravano in un altro mondo. Fu la prima e ultima volta, dopo la Seconda guerra mondiale, che aerei caccia militari italiani decollarono per andare a bombardare uno stato estero, in quel caso le forze di Belgrado. Tuttavia, le guerre in atto, in Ucraina e in Medio Oriente, risaltano maggiormente nel nostro animo e a ciò si somma la nuova ventata bellicistica del riarmo europeo. Insomma, il tema armi è ritornato alla ribalta, anche a suon di centinaia di miliardi di euro.
Se fino al Quattrocento la produzione di armi nel Bresciano era ovvia e per uso interno, ma non esaltata, da quando Brescia fu inglobata
nella Repubblica di Venezia il suo ruolo in questo campo divenne centrale

Quella delle armi è quindi un’economia che torna a imporsi, come quasi sempre è stato nella storia, quando le guerre erano una sorta di sport di massa all’ordine del giorno. La produzione armiera era quindi essenziale nell’economia politica di ogni stato e su questo versante Brescia ha la sua da dire. Se fino al Quattrocento la produzione di armi nel Bresciano era ovvia e per uso interno, ma non esaltata, da quando Brescia fu inglobata nella Repubblica di Venezia il suo ruolo in questo campo divenne centrale. Le aziende triumpline, e la Beretta in primis, divennero vitali per i veneziani e le officine che producevano armi da taglio o le prime armi da fuoco furono tenute in gran conto. Avevamo, presso Rezzato, anche un’importante fabbrica di cannoni. Lo stato pretese il monopolio della produzione bresciana e innumerevoli provvedimenti furono adottati per tutelare la lavorazione, mantenere i segreti produttivi, impedire l’esportazione, ecc.
Il successo bresciano in campo armiero favorì la diffusione dei nuclei produttivi, soprattutto nelle valli Trompia e Gobbia, dove la cultura e la specializzazione generavano operai che potevano diventare, a loro volta, piccoli produttori autonomi, che operavano in un contesto fatto di reciproca assistenza e di fervore costruttivo, infarcito anche di innovazioni, spesso escogitate da singoli artigiani.




La Prima guerra mondiale fu un’occasione straordinaria per l’economia industriale bresciana, appunto per la produzione di armi. Si convertirono a quell’attività anche aziende che sino allora si interessavano di meccanica più generale, come la Metallurgica Bresciana. La città attirò nuova popolazione che portò i residenti al numero di 100.000 e nonostante questo gli operai non bastavano. Si procedette addirittura a chiamare dalla Libia lavoratori africani, per i quali si costruì in piccolo quartiere di case molto dimesse, chiamato quartiere dei Libici, presso il cimitero di via Milano. Il dopoguerra segnò un pesante contraccolpo nell’economia del settore, ma il solco era tracciato. Fu in esso che approdò in Brescia, a metà anni Venti, anche la Breda Meccanica, emanazione dell’industria milanese di Ernesto Breda. Anche in quell’azienda, che aveva sede all’estremo ovest della città, si produssero armi, come in altre aziende minori, fra le quali ricordiamo solo la Franchi Armi e la Lorenzotti. Nelle fasi di maggiore stagnazione nel campo delle armi da guerra la produzione bresciana si è rivolta alle armi sportive, con la nascita, negli anni Cinquanta, di una stupefacente ditta di Botticino, divenuta leader mondiale nel campo dei fucili da tiro sportivo: la Perazzi. Insieme a Beretta la Perazzi è presente tra le braccia dei maggiori campioni del mondo di tiro al piattello, Olimpiadi comprese. Naturalmente la Beretta era da tempo assurta a riferimento internazionale per le armi non solo sportive. È rimasta nella storia del successo italiano e bresciano l’adozione, nel 1985, di una pistola Beretta, la M 9, da parte dell’esercito e di molti corpi di polizia degli Stati Uniti, che pure sulle armi e con le loro ditte interne hanno una storia esemplare. L’arma italiana è stata in dotazione agli Usa per 32 anni. Nonostante oscillazioni periodiche di mercato,

Foto 1. Scena di caccia con fucili e reti ad abbattimento in un’incisione della fine del Cinquecento.
Foto 2. Veduta ottocentesca di un interno della fabbrica d’armi Beretta di Gardone Valtrompia.
Foto 3. Particolare di un fucile della ditta Perazzi stupendamente decorato ad incisione su acciaio.
Nel Bresciano vi sono fabbriche che producono imitazioni di armi antiche: un’attività che unisce meccanica, cultura ed estetica. Questo settore ha un mercato internazionale fatto di raffinati cultori oltre che dal mondo del cinema. Per le armi da taglio di imitazione storica è nota anche l’area di Toledo, in Spagna, ma l’Italia e Brescia non sfigurano, soprattutto per l’imitazione di pistole e fucili
recentemente le 23 aziende bresciane che producono armi mantengono un elevato volume d’affari. Si parla di un fatturato intorno ai 300 milioni di euro annui, impugnato da aziende che esportano in 84 paesi. Non a caso in Gardone Valtrompia ha sede, dal 1910, il Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali, che è un ente ufficiale presso il quale devono essere testate e approvate le armi di nuova produzione.
Nel Bresciano vi sono anche fabbriche che producono imitazioni di armi antiche: un’attività che unisce meccanica, cultura ed estetica. Anche questo settore ha un mercato internazionale fatto di raffinati cultori oltre che dal mondo del cinema. Per le armi da taglio di imitazione storica è nota anche l’area di Toledo, in Spagna, ma l’Italia e Brescia non sfigurano, soprattutto per l’imitazione di pistole e fucili.
Naturalmente la produzione bresciana si è anche nutrita per molti decenni della passione per la caccia. In tale ambiente, ora in declino, si ebbe una diffusissima presenza di fucili con cartucce a pallini. Quasi come nel vecchio Far West, dove un revolver non si negava a nessuno, era normale trovare almeno un fucile quasi in ogni famiglia bresciana, soprattutto nelle campagne. Si trattava di un interesse che accomunava il popolo e l’élite aristocratica, che si faceva vanto di percorrere i campi alla ricerca di selvaggina. Poteva anche trattarsi di lepri, ma la stragrande maggioranza delle prede era costituita dagli uccelli, soprattutto quelli di piccole dimensioni. Non a caso, parallelamente, era tipica la squisita gastronomia


dello spiedo di uccelli, un capolavoro che avrebbe meritato di rientrare fra i patri moni immateriali dell’Unesco. Invece è miseramente finito sotto lo schiacciasassi del conformismo animalista ed ecologista, senza alcuna logica di sostanza, del tipo riferibile a estinzioni di specie e altri allarmismi. La grande cultura della caccia agli uccelli ha avuto un ventaglio di sistemi e di invenzioni che potrebbero rientrare in un museo delle eccellenze tecniche e creative: dai roccoli agli archetti, dalle trappole a caduta alle postazioni in capanni. Per non parlare del settore del-

l’ammaestramento dei cani da caccia. Questo mondo venatorio ha visto restringersi notevolmente la domanda, ma l’abilità e il mercato sono polivalenti e spazi si trovano all’estero.
Va considerato quanto ogni discorso sulle armi smuova reazioni spesso irrazionali e certamente idealistiche che toccano nervi



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Foto 4. Un archibugiere di inizio Seicento.
Foto 5. La gloriosa pistola Beretta M9 che fu adottata dall’esercito degli Stati Uniti.
Foto 6. Un campione internazionale del tiro al piattello mentre spara un colpo durante una gara. Sulla maglia, al braccio, ha il logo della bresciana Beretta, mentre imbraccia un fucile Perazzi.
Foto 7. Scena di caccia con fucile in un’immagine del Settecento.
scoperti delle posizioni politiche e ideologiche. Il cristianesimo e il progressismo pacifista e antiviolento hanno sempre fatto leva sul senso di colpa che provoca la costruzione e l’uso di strumenti che portano la morte. Ovviamente si è vista ogni sorta di manifestazione contro le armi personali e contro gli aerei militari, contro le industrie armiere e contro la caccia. Non importa se gli stati modello di quell’area ideologica, come l‘Unione Sovietica e la Cina, abbiano costituito patrimoni di armi statali senza eguali, anche a detrimento di un’industria civile della quale le loro povere popolazioni avevano più bisogno che mai. Non parliamo poi del cor-
tocircuito ideologico quando ci si soffermi sulla bellezza della guerra partigiana o delle armi usate contro il nazifascismo. C’erano pure delle armi buone a Stalingrado, contro i tedeschi.
Di fatto proteste politiche sono state alla base dell’estinzione di un’interessante, ed economicamente molto utile, esposizione nazionale che si è tenuta a Brescia fra il 1981 e il 2013, denominata Exa, “Exhibition Arms”. Si preferì, e si preferisce, non ammettere la necessità di attrezzarsi con mezzi di difesa, che implica anche l’offesa. Ma ora, come d’incanto, l’Unione Europea sta cambiando idea, anche a seguito dell’esperienza ucraina.
Da ultimo ricordiamo un’attività straordinaria, legata alle armi, per la quale i bresciani sono, ancora una volta, giustamente famosi nel mondo. Ricchi petrolieri arabi e facoltosi americani vengono a Brescia per acquistare fucili, che pagano anche 200.000 euro, decorati con incisioni nell’acciaio da abilissimi artisti-artigiani che risiedono soprattutto in Valtrompia. Incassatori e incisori sanno trasformare le placche in acciaio che fanno parte del fucile in autentici capolavori artistici. L’abilità di questo lavoro, spesso personalizzato sul cliente, è appresa con un praticantato che dura anni e che risale a secoli addietro. Non a caso un illustre studioso di storia dell’arte affermò che le armi sono state il primo esempio di disegno industriale, con il loro abbinamento fra tecnica costruttiva ed estetica formale. È appunto in Brescia uno dei più importanti musei mondiali delle armi, il Museo Marzoli, che racconta ed esibisce quanto tale affermazione sia vera.


A poco più di un anno dalla sua costituzione, Fondazione Campus Edilizia Brescia Ets ha approvato le linee di indirizzo che guideranno le attività sul territorio per il prossimo anno. Unione di intenti, obiettivi comuni e voglia di lavorare per il futuro della città muovono i soci dell’ente del terzo settore e disegnano una visione salda e coesa di quello che può diventare Brescia da qui al 2050.

Residenzialità, analisi delle dinamiche evolutive, valorizzazione del territorio, trovando anche le risorse necessarie per rispondere ad esigenze concrete. Parte dallo studio dei principali trend e da un’intensa attività che si articola su più fronti il piano d’azione di Fondazione Campus
Edilizia Brescia Ets traccia l’orizzonte di attività per il nuovo anno
Edilizia Brescia Ets per sostenere il cammino di sviluppo e crescita del territorio bresciano. Obiettivi ambiziosi che sono stati snocciolati nel corso dell’assemblea svoltasi in settembre per fare il punto sui sedici mesi trascorsi dalla sua costituzione e per delineare le azioni che impegneranno l’ente del terzo settore nel corso del prossimo anno. Un incontro per riflettere su cosa è stato fatto, cosa si sta facendo ma soprattutto cosa si vuole fare nei prossimi mesi.
Dopo un indispensabile iter per mettere a regime un’organizzazio-

ne che, essendo iscritta al terzo settore, deve rispettare procedure e modalità precise, la Fondazione ha proseguito, nel solco dell’originario progetto nato nel 2017, l’impegno a strutturare un confronto condiviso sul territorio con gli stakeholder locali, impostando una serie di progetti da attuare oggi, come ente giuridicamente distinto, per incoraggiare un futuro di crescita e sviluppo in linea con le specifiche esigenze emerse negli ultimi anni.
Fondazione Campus Edilizia Brescia Ets è stata parte attiva e supporto in diverse iniziative. La sua intensa attività si estrinseca nella produzione di studi e analisi, appunto da rendere disponibili a comuni ed enti locali. Solo nel caso ci sia richiesta da parte di uno degli enti sopra richiamati, la Fondazione Ets fornisce lo specifico supporto sulla base dell’attività di
Il bilancio dell’anno trascorso consente di affermare, con legittimo orgoglio, che la Fondazione ha saputo mantenere fede alla propria missione: essere al servizio del territorio, offrendo una visione sistemica, innovativa e inclusiva
studio e ricerca, anche eventualmente strutturata sulla base delle necessità espresse dall’ente o dal comune. In tale ottica è da leggersi l’affiancamento ai progettisti per accelerare la realizzazione di 69 alloggi di edilizia pubblica a Sanpolino, così da rispettare le scadenze del Pnrr con consegna prevista in primavera 2026. Lo stesso dicasi per il contributo, insieme all’Ordine degli Ingegneri, alla riuscita del convegno sulla rigenerazione urbana nel marzo
2025 e per l’attivazione di un Gruppo di lavoro dedicato alla rivalutazione catastale a seguito di ristrutturazione.
Parallelamente, nel corso del 2024 sono stati avviati progetti di respiro strategico che troveranno compimento entro l’anno 2025. Il più rilevante riguarda il tema della residenzialità, destinato a fornire al Comune di Brescia gli elementi conoscitivi necessari per l’elaborazione del nuovo piano casa. In questo ambito la Fondazione col-

L’8 maggio 2024 viene costituita a Brescia la Fondazione Campus Edilizia Brescia Ets, un ente del terzo settore che nasce dalle ceneri del progetto avviato nel 2017 con lo stesso nome. Un momento rilevante per Brescia perché, per la prima volta nel nostro Paese, un territorio ha lanciato le basi per un approccio sistemico ai problemi dell’ambiente costruito con una Fondazione che anima il confronto tra tutti gli stakeholder principali. Un’agorà dove queste realtà, dal sistema Ance (Associazione costruttori edili, Cape ed Eseb) al Comune di Brescia, ai tre ordini professionali degli architetti, degli ingegneri e dei geometri, passando da Confindustria e Camera di Commercio, possono delineare e condividere studi, confrontarsi sui problemi concreti e valutare possibili soluzioni da proporre alle amministrazioni. Un approccio olistico che ha poi convinto anche la Provincia di Brescia, A2A e le due università cittadine ad aderire, ampliando il ventaglio di interlocutori con cui dialogare per il futuro dei territori.

labora con il Centro di ricerche Cresme di Roma, incaricato di svolgere un’analisi approfondita della domanda abitativa, dell’andamento del mercato immobiliare, delle condizioni abitative e dei modelli innovativi da applicare. Contestualmente, in partnership con l’Agenzia per la casa e con il supporto di un gruppo di lavoro che coinvolge dieci soci, sono in elaborazione proposte concrete relative a segmenti cruciali della residenzialità: housing sociale, senior living, abitazioni per lavoratori. Il progetto, che gode del cofinanziamento della Fondazione Cariplo, esamina con attenzione lo stato dell’arte del patrimonio immobiliare ad uso abitativo in territorio comunale per far fronte a una domanda in crescita costante.
Un’altra iniziativa di rilievo è la coprogettazione con il Comune di Brescia dell’Agenda Urbana 2050, strumento unico a livello nazionale che
consentirà alla città di dotarsi di un quadro organico per programmare il proprio sviluppo. In questo caso la Fondazione, sempre a fianco del Cresme, sta predisponendo un quadro conoscitivo di contesto e un’analisi della percezione della città fino al 2050 per comprendere come Brescia venga vista nel contesto nazionale e internazionale. A questa analisi si affianca lo studio delle filiere produttive, che più incidono sullo scenario economico attuale e futuro della città e del suo territorio, l’analisi del patrimonio immobiliare e della domanda abitativa, valutando lo stato di conservazione, l’efficienza energetica, la classificazione sismica, le tipologie edilizie e l’utilizzo reale degli immobili e un percorso di ascolto e dialogo con ben 65 realtà economiche e sociali cittadine, coinvolgendo gli stakeholder locali. I risultati delle indagini condotte sono stati presentati a fine ottobre,

In supporto all’Agenda per promuovere modelli di sviluppo urbano sostenibili
Al fianco di Fondazione Campus Edilizia Brescia Ets, sono in campo per interpretare le sfide che attendono la città, l’Ufficio di Piano del Comune di Brescia, l’Urban Center Brescia e il Tavolo di Coordinamento dei settori comunali. Da questa sinergia, nata per volontà del Comune di Brescia, prende vita il
Laboratorio Brescia 2050, un Urban Living Lab che promuove un modello partecipativo e aperto per condividere la vision che determinerà le future strategie di governance e le azioni possibili per lo sviluppo bresciano. Il Laboratorio elaborerà risposte condivise con l’obiettivo di costruire l’Agenda Urbana 2025 e rafforzare il posizionamento europeo di Brescia, declinando l’impegno della città in quattro principali missioni per la sostenibilità, che affrontano le sfere culturale, economica, ambientale e sociale. Missioni che sono al centro del progetto di ascolto e dialogo con la città che si declina, tra ottobre e novembre, in quattro appuntamenti aperti alla

rivelando un’interessante panoramica di come sia Brescia e di come la città possa evolvere nei prossimi anni.
L’orizzonte di lavoro dell’ente del terzo settore non si ferma al capoluogo: la Fondazione, insieme al Cresme, sta infatti sviluppando un’analisi dei dati economici e demografici dei comuni della provincia per delineare i trend territoriali, offrendo così un utile strumento per la pianificazione sovracomunale. A questo si aggiunge anche l’impegno dell’ente in un progetto dedicato alle aree montane, particolarmente vulnerabili al calo demografico, nel quale l’housing sociale viene considerato una leva per contrastare lo spopolamento. Un ulteriore filone di intervento riguarda la finanza per le amministrazioni locali. Con la Luiss di Roma la Fondazione ha avviato un percorso volto a individuare soluzioni innovative per garantire la continuità degli investimenti anche oltre la stagione del Pnrr. Si
cittadinanza, con la partecipazione di esperti nazionali e internazionali. L’Agenda che andrà definendosi assumerà un duplice ruolo: sarà un documento di vision condivisa con un ruolo strategico per la promozione dei modelli di sviluppo urbano sostenibile e un White Paper sulle Agende Urbane che parte da Brescia con l’obiettivo di ispirare e costruire una rete di città medie europee in grado di indirizzare le politiche continentali. Brescia è infatti una città-laboratorio di politiche innovative e punta a governare le trasformazioni di breve e medio termine, in dialogo costante con le strategie europee e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu.

Una iniziativa di rilievo è la co-progettazione con il Comune di Brescia dell’Agenda Urbana 2050, strumento unico a livello nazionale che consentirà alla città di dotarsi di un quadro organico per programmare il proprio sviluppo
tratta di una tematica di primaria importanza, destinata a diventare centrale alla fine del 2025.
“Il bilancio dell’anno trascorso consente dunque di affermare, con legittimo orgoglio, che la Fondazione ha saputo mantenere fede alla propria missione: essere al servizio del territorio, offrendo una visione sistemica, innovativa e inclusiva” dichiara il presidente Massimo Angelo Deldossi. “Un impegno su più fronti che parte dalla volontà dei soci di supportare attivamente progetti di trasformazione urbana, di
innovazione tecnologica e di sostenibilità con il fondamentale apporto della ricerca accademica e dell’analisi scientifica per affrontare le sfide economiche, ambientali e sociali del prossimo futuro. Un approccio collaborativo che rappresenta un rilevante benchmark d’interesse generale per il settore e si pone quale esempio per strutturare analoghi modelli di cooperazione a livello nazionale”. Gli esiti positivi del 2025 rappresentano uno stimolo ulteriore per il 2026, anno per il quale sono stati fissati obiet-
tivi ambiziosi. A partire dallo sviluppo di progetti e proposte di intervento, con particolare attenzione all’housing sociale, al rafforzamento delle partnership con realtà locali, così da ampliare competenze e capacità operative della Fondazione. L’ente del terzo settore sta lavorando anche per promuovere iniziative per la valorizzazione paesaggistica e ambientale, avviare progetti rivolti ai giovani in sinergia con le università, realizzare una banca dati completa sugli studi di urbanistica relativi al territorio bresciano ed estendere agli ambiti provinciali gli studi demografici, sociali ed economici già avviati. Un ventaglio di proposte articolato, che si apre anche a nuove adesioni, come già sta avvenendo con la Comunità montana della Val Trompia, attualmente impegnata nelle procedure di ingresso, confermando la credibilità dell’iniziativa e la sua utilità per l’intero territorio bresciano.
Open Network, tramite il dipartimento Sostenibilità, diretto dalla Dott.ssa Beatrice Scappini (professionista con oltre un decennio di esperienza in consulenza, insegnamento e ricerca in ambito universitario sul tema) fornisce servizi all'avanguardia nel settore dell'ESG –Environmental, Social, and Governance –, sempre più cruciale per il tessuto imprenditoriale contemporaneo.
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Rilevante in questo contesto è il supporto che Open Network offre
anche al settore edile e delle costruzioni.
In questo ambito, l'adozione di principi di sostenibilità assume un ruolo importante: ancora oggi, il settore è fortemente legato all'utilizzo di materiali “estrattivi vergini” e poco orientato alla circolarità.
Grazie alla convenzione stipulata con Ance Brescia, Open Network rivolge a tutti gli associati servizi su misura orientati all’adozione dei criteri Esg, riservando condizioni di particolare favore.
L’obbiettivo è quello di guidare le imprese edili verso pratiche più sostenibili, ponendo le basi per una business continuity che tenga conto dell'importanza di un impiego responsabile delle risorse e della minimizzazione dell'impatto ambientale. La consulenza prevede innanzitutto l'implementazione di strategie di sostenibilità mirate, che permettano
alle imprese di allinearsi con gli standard ESG globali. Questo non solo migliora l'immagine aziendale e rafforza la fiducia degli stakeholder, ma apre anche la strada a nuove opportunità di mercato e a una maggiore resilienza operativa.
Inoltre, Open Network risolverà per il cliente il problema della complessità normativa e della rendicontazione in ambito ESG.
Molte aziende si trovano infatti alle prese con la sfida di interpretare e applicare le normative sul tema, che sono effettivamente molto articolate e in continuo aggiornamento.

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Nella sede associativa l’appuntamento che fa il punto sulle novità di interesse del settore
Afine settembre si è svolta nella sede di Ance Brescia l’Assemblea dei Delegati Territoriali, appuntamento di confronto e condivisione che ha permesso di approfondire i principali temi all’attenzione dell’Associazione e di presentare le iniziative dedicate alle imprese associate.
Al centro dei lavori, le proposte fiscali elaborate da Ance per il 2026, con l’obiettivo di tradurre i principi della Legge Delega Fiscale 111/2023 in strumenti concreti di sostegno al comparto. Sei i punti cardine: la riapertura degli incentivi per la valorizzazione edilizia, con agevolazioni sulle imposte d’atto per l’acquisto di immobili da riqualificare; la detrazione del 50% dell’Iva per chi acquista abitazioni ad alta efficienza energetica; la proroga al 31/12/2028 delle agevolazioni “prima casa” per i giovani under 36; l’introduzione di misure a favore della locazione abitativa promossa dalle imprese; il ripristino
della piena deducibilità degli interessi passivi sui finanziamenti relativi agli “immobili merce”; la tutela delle imprese negli appalti pubblici con l’eliminazione delle sanzioni in caso di errata applicazione dell’Iva quando l’operazione è avvenuta in conformità alle indicazioni degli enti pubblici. Presentate le novità dello schema di decreto relativo alla gestione di terre e rocce da scavo, con l’introduzione di semplificazioni procedurali e documentali pensate per velocizzare l’avvio dei cantieri, in particolare quelli legati al Pnrr. Altri temi sul tavolo hanno riguardato la trasferta dei lavoratori ed il Prezziario regionale. Relativamente al primo procedono le interlocuzioni a livello nazionale, con l’obiettivo di migliorare l’attuale procedura, snellendo regole e adempimenti burocratici. Fornito inoltre l’aggiornamento sui lavori di revisione prezzi da parte delle commissioni di Ance Brescia e Ance Lombardia, con la realizzazione
L’incontro ha ribadito la funzione di Ance Brescia quale punto di riferimento per le imprese del settore, capace di coniugare rappresentanza e servizi, promuovendo al contempo una visione strategica orientata alla crescita, alla sostenibilità e alla qualificazione dell’intera filiera delle costruzioni
di tavoli lavoro specifici sulla base del materiale redatto da Brescia. Ampio spazio è stato riservato al tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, alla luce del nuovo Accordo Stato-Regioni. In questo ambito, Ance Brescia, con il supporto tecnico di Eseb, proporrà un corso dedicato ai datori di lavoro del settore edile. Il percorso formativo, della durata di 22 ore, sarà disponibile a partire da ottobre 2025 in modalità asincrona e gratuitamente per le imprese associate, così da facilitare l’adempimento degli obblighi previsti entro il 2027. Tra i progetti di respiro internazionale è stato presentato Thamm Plus, iniziativa congiunta ItaliaTunisia che prevede, entro il 2026, l’inserimento regolamentato di 2.000 giovani lavoratori tunisini nel settore delle costruzioni. Il progetto, accompagnato da percorsi formativi in lingua, sicurezza e competenze tecnico-professionali, si propone di rispondere alla crescente domanda di manodopera qualificata, favorendo al contempo l’integrazione ordinata nel tessuto produttivo locale. Presentato infine un aggiornamento sulle attività di comunicazione esterna e istituzionale. I dati confermano una forte crescita della presenza dell’Associazione sui canali digitali e nei rapporti con i media, segno di un progressivo consolidamento del ruolo di interlocutore autorevole a livello territoriale e nazionale.
L’incontro ha ribadito la funzione di Ance Brescia quale punto di riferimento per le imprese del settore, capace di coniugare rappresentanza e servizi, promuovendo al contempo una visione strategica orientata alla crescita, alla sostenibilità e alla qualificazione dell’intera filiera delle costruzioni.

Il Giappone torna sotto i riflettori del palcoscenico mondiale con un evento intenzionato a scrivere le sorti del Pianeta. Dopo le edizioni svoltesi nel 1970 e nel 1990, Osaka torna ad ospitare l’Esposizione Universale, quest’anno dedicata a tematiche più che mai attuali: sostenibilità, innovazione, progresso e ambiente. L’evento, dunque, si è inserito nel solco del tema scelto per questa nuova edizione dal titolo: “Designing Future Society for Our Lives” (Progettare la società del futuro per le nostre vite).
Nello specifico, è l’isola artificiale di Yumeshima, situata nella baia giapponese di Osaka, ad aver ospitato in innovativi e futuristici padiglioni, una serie di mostre organizzate dagli oltre centossessanta Paesi provenienti da tutto il mondo, che hanno deciso di aderire all’iniziativa per offrire numerosi contributi a sostegno di un mondo più equo e sostenibile. Al centro del dibattito, molteplici soluzioni innovative per far fronte alle più grandi e urgenti sfide contemporanee e non solo, promuovendo altresì un confronto sul ruolo delle tecnologie, sull’avvenire dell’urbanistica e sulle prospettive della sanità, il tutto riletto e interpretato in chiave sostenibile. La visita di ogni padiglione, inoltre, ha regalato ai visitatori un’esperienza fortemente digitalizzata, supportata dall’uso di servizi e tecnologie avanzate orientate al miglioramento degli standard di vita umana, come il trasporto autonomo, la raccolta di dati o la realtà virtuale.

Un perfetto equilibrio tra uomo e natura
Grazie a un team formato da oltre cento professionisti altamente qualificati, è stato ideato uno straordinario esempio di architettura, metafora della “città ideale rinascimentale”

Non solo una magistrale opera di costruzione, ma anche di smantellamento. Il padiglione Italia, infatti, abbraccia
un’idea di economia circolare che va ben oltre il ciclo di vita della struttura. Seguendo un concetto di trasformazione pienamente sostenibile, agli elementi di cui è composta verrà data nuova vita non appena la costruzione diverrà inutilizzabile. Un intervento significativo, questo, che si va ad aggiungere ai numerosi accorgimenti già applicati in
Ed è stata proprio la sostenibilità il filo conduttore dell’intero padiglione Italia, progettato da Mario Cucinella Architects, uno studio fondato nel 1992 a Parigi da Mario Cucinella ed oggi specializzato nella progettazione architettonica di strutture che rappresentano un grande modello di sostenibilità, frutto di sapienti strategie ambientali ed energetiche. Grazie a un team formato da oltre cento professionisti altamente qualificati, è stato ideato uno straordinario esempio di architettura, metafora della “città ideale rinascimentale”. Il percorso espositivo si è sviluppato lungo tappe-simbolo dell’identità urbana e sociale dello Stivale, in un vero e proprio viaggio nel cuore dell’Italia. Il percorso iniziava da alcuni Atelier, rappresentazione della creatività del Bel Paese e omaggio a tre capisaldi dell’eccellenza italiana: artigianato, ricerca scientifica e arte. L’itinerario proseguiva poi attraverso il Teatro, luogo carico di suoni, immagini e colori, dove i visitatori hanno potuto abbandonarsi a un’esperienza immersiva. La vera protagonista però era, come detto, la città ideale. Gli spazi del padiglione hanno ospitato riflessioni su temi centrali quali la qualità dell’aria, la salute o lo sviluppo di infrastrutture. Non sono mancati gli omaggi al “Made in Italy”, all’autenticità della cultura culinaria di questo territorio e agli
fase di realizzazione: l’attenzione all’origine naturale dei prodotti, la predilezione per gli elementi riciclati, l’eliminazione di ingredienti tossici. Un insieme di fattori che ha reso possibile la realizzazione di una costruzione davvero unica nel suo genere, in grado di mitigare il proprio impatto ambientale senza comprometterne il valore estetico.
spazi all’aperto, come l’elegante giardino all’italiana, espressione di un nuovo equilibrio tra natura e uomo.
A livello architettonico, il padiglione si componeva di una struttura in legno, con un foyer d’ingresso a costituirne il cuore pulsante. Si è deciso di suddividere lo spazio in due sezioni, la prima ospitante l’unità espositiva, mentre la seconda era destinata a funzioni accessorie.
A creare l’atmosfera magica degli spazi del padiglione, hanno contribuito anche affascinanti giochi di luce, resi possibili da una facciata attraversata dalla luce naturale. Quest’ultima poteva essere sottoposta a controllo mediante una facciata tessile esterna, a copertura dell’edificio: una soluzione all’avanguardia che ha consentito la regolazione di luce, aria e temperatura. Alla base di tale scelta architettonica, non c’è solo l’intenzione di creare un’atmosfera suggestiva, ma anche la volontà di abbracciare soluzioni ecologiche. Infine, il soffitto a cassettoni, composto da una rete fitta di travi e pilastri, è un altro richiamo alla tradizione italiana.

Segnali incoraggianti dall’economia bresciana, che regge alle sfide del mercato
Un comparto strategico, da sempre riferimento per il sistema economico generale, chiamato ora a fare i conti con le incertezze, accompagnate da una sorta di paradosso. Il mercato delle costruzioni in Italia si avvia verso una fase di rallentamento. Quest’anno è atteso un calo del 6,1%, tuttavia la domanda abitativa continua a salire, creando un vuoto stimato in oltre 250mila nuove unità residenziali come testimonia il 38° Rapporto congiunturale e previsionale sul settore pubblicato dal Cresme, il Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato per l'edilizia e il territorio. «La questione non è se l’economia mondiale rallenterà ma quanto rallenterà», spiega.
Una visione che sembra riflettere l’avvio di una pausa dopo un momento storico florido per il comparto, trainato prima di tutto dai bonus edilizi e in parte dagli investimenti del Pnrr. La frenata era visibile già a fine 2024, con un calo del -2,7%. Nonostante il rallentamento, il valore complessivo della produzione del mercato delle costruzioni nel 2025 resta oltre i 285 miliardi di euro, tra impianti, investimenti, opere pubbliche e manutenzione ordinaria. Ma sarà un settore profondamente diverso rispetto al biennio precedente. A trainare il settore non saranno più le riqualificazioni residenziali, ma le opere pubbliche, sostenute anche dagli sforzi legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nel solo primo trimestre del 2025 sono già stati messi a gara 28 miliardi di euro di lavori pubblici, dopo i 59,5 miliardi del 2024, in calo rispetto ai picchi del 2022 e 2023, ma comunque tre volte superiori alla media pre-pandemia.
Le infrastrutture civili cresceranno dell’8,8%, mentre gli investimenti in edilizia pubblica non residenziale aumenteranno del 18,5% nel 2025, dopo il +34,3% del 2024. A rallentare è invece la riqualificazione del patrimonio edilizio, in flessione dell’11,2% nel 2025, soprattutto per l’esaurimento dell’effetto trainante del Superbonus, che ha sostenuto il comparto tra il 2020 e il 2023. Il quadro e le prospettive dell’edilizia toccano da vicino anche Brescia: un territorio dal quale emergono alcuni segnali incoraggianti anche in chiave regionale. Come testimoniato dai dati dell’Osservatorio congiunturale di Unioncamere Lombardia, rielaborati dalla Camera di commercio bresciana, il secondo trimestre di quest’anno ha portato buone notizie per il sistema manifatturiero lombardo e il made in Bs si distingue: dopo otto trimestri consecutivi di rallentamento, la produzione industriale è cresciuta in provincia dell’1,2% a livello tendenziale, il doppio rispetto al dato della Lombardia (+0,6%). Bene anche l'artigianato, che ha fatto registrare una crescita della produzione dello 0,8% sul trimestre precedente e una crescita dell’1,1% guardando al pari periodo 2024, mentre la Lombardia cresce in modo meno marcato, con un +0,2% congiunturale e un +0,3% tendenziale. «Nonostante l'instabile quadro generale determinato dai continui mutamenti delle decisioni del governo Usa in merito ai nuovi dazi, l'economia bresciana ha registrato una positiva inversione di tendenza: va comunque evidenziato che i primi mesi del 2025 hanno registrato un rialzo anomalo del commercio mondiale, per tentativo di alcune imprese di


Nel 2025 aumento del 18,5% negli investimenti in edilizia pubblica dopo il +34,3% del 2024
Nel secondo trimestre 2025 cresce del +1,2% la produzione industriale
Tra aprile e giugno 2025 -0,6% per le esportazioni bresciane rispetto al 2024
accelerare le consegne di prodotti negli Stati Uniti allo scopo di anticipare l’introduzione dei dazi - ha commentato il presidente dell’ente camerale territoriale, Roberto Saccone -. L'auspicio è che tale ripresa possa consolidarsi, anche in relazione alla possibilità di trovare nuovi mercati di sbocco, considerata la radicata vocazione all'export dell'economia bresciana, oggi rapportata alla difficoltà che stanno attraversando alcuni mercati tradizionali di riferimento».
Per quanto riguarda gli altri settori, nel Bresciano il Commercio registra una crescita dell'1,5% del fatturato nel confronto con il secondo trimestre dell'anno precedente, inoltre sale la percentuale di quanti si aspettano un aumento del fatturato (dal 22,1% al 24,6%). I Servizi evidenziano, quanto a fatturato, un ulteriore incremento del 0,9% rispetto al periodo aprile-giungo 2024, mentre riguardo le aspettative degli imprenditori ammonta al 18,9% la percentuale di coloro che si aspettano fatturati in diminuzione per il trimestre successivo. Rimane però alta la percentuale di quanti si aspettano stabilità (63,4%) o un aumento del fatturato (17,7%). Le luci e le ombre che caratterizzano il sistema economico bresciano trovano riscontro anche in altri due indicatori. Crescono le imprese del territorio, ma i settori tradizionali continuano a soffrire, fatto salvo quello delle costruzioni che nel periodo analizzato evidenzia un saldo positivo di 93 aziende tra avviate e cessate: emerge dall'analisi trimestrale condotta dalla Camera di commercio sui dati del Registro delle Imprese e relativo al periodo aprile/giugno. Alla fine del primo semestre 2025 ammontano a 117.236 le imprese registrate al Registro della Cdc territoriale, con un tasso di crescita trimestrale dello 0,64%. Questo, per effetto di una differenza in attivo tra nuove imprese aperte (1.637) e chiuse (889) di 748 unità nel secondo trimestre dell'anno.
Guardando oltre confine, tra aprile e giugno 2025 il valore delle esportazioni bresciane (pari a 5.305 milioni di euro) registra una flessione rispetto allo stesso periodo del 2024 sebbene di modesta entità (-0,6%) all’interno di una serie che, negli ultimi due anni, si è caratterizzata per la netta prevalenza di «segni meno», con la sola eccezione del quarto periodo del 2024. A rilevarlo sono i dati Istat elaborati dal Centro Studi di Confindustria Bs. Nei primi sei mesi del 2025 l’ammontare complessivo dell’export made in Brescia si attesta a 10.382 milioni di euro, sperimentando una contrazione marginale (-0,4%) sull’analogo periodo del 2024, in attesa della verifica con l’impatto — diretto e indiretto — dei nuovi dazi Usa. Negli Stati Uniti, comunque, nel periodo analizzato si è già registrato un -4,4% solo nel secondo trimestre dovuto anche all’apprezzamento dell’euro sul dollaro. Considerate importazioni nell’intero primo semestre pari a 6.483 milioni di euro (in aumento del 4,8% sul 2024), il saldo commerciale generato nel Bresciano resta positivo per 3.899 milioni di euro, il valore più basso dal 2020.
Il Castello di Miramare, aggrappato come un gioiello chiaro all’estremità rocciosa del promontorio di Grignano, alle porte di Trieste, è un caso esemplare di dimora ottocentesca che racconta insieme gusto personale, geopolitica europea e il rapporto forte, quasi teatrale, tra architettura e mare. Voluto dall’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo-Lorena e realizzato tra il 1856 e il 1860 su progetto dell’ingegnere austriaco Carl Junker, il castello si presenta come un edificio di chiara tonalità avorio che guarda il Golfo di Trieste con un’eleganza misurata e un’impostazione eclettica: elementi neomedievali, neorinascimentali e richiami orientalisti convivono in un’unica struttura che rispecchia le passioni culturali del committente. Il primo sguardo esterno tradisce due dati materiali e compositivi chiave. Il corpo di fabbrica è costruito in pietra d’Istria, una scelta pratica e simbolica, perché lega l’edificio al territorio carsico e al grande cantiere edilizio dell’area adriatica, e la volumetria gioca sull’articolazione di torri angolari, logge e finestre a bifora, con cornicioni e modanature finemente lavorati. La pietra chiara contribuisce all’effetto palatiale e dona al castello, nelle giornate terse, un contrasto luminoso rispetto al verde del parco e all’azzurro del mare, enfatizzando la sua presenza scenica sulla costa. All’interno, Miramare fu concepito non come una fortezza, ma come una dimora intima e raffinata: le stanze private dell’arciduca riproducono talvolta atmosfere marine, l’ufficio e la cabina di Massimiliano ricordano la plancia di una nave, e gli arredi originali, ancora in larga parte conservati, raccontano gli orizzonti culturali del proprietario, tra collezionismo orientale e gusto per l’arte figurativa europea dell’epoca. Le sale di rappresentanza, affacciate al primo piano, mostrano un gusto più solenne con pannellature lignee, arazzi e decorazioni che richiamano il ruolo sociale degli Asburgo e la dimensione cerimoniale della residenza. Il rapporto con il territorio non si esaurisce nella pietra: è il parco di Miramare a completare l’idea progettuale dell’arciduca. Ol-

di Adriano Baffelli
La storia del castello è intensa e drammatica: pensato per la vita privata di Massimiliano e della moglie Carlotta, divenne subito luogo emblematico delle vicende del duca che, chiamato poi a regnare in Messico, fu giustiziato nel 1867


Oggi il Castello di Miramare è parte integrante della vita cittadina, meta di turismo e di memoria, ma soprattutto ponte tra passato e presente: una finestra sul mare che restituisce a Trieste la sua immagine più autentica. Il Castello è un Museo storico aperto al pubblico: le stanze, gli arredi, le raccolte orientali e gli spazi espositivi offrono una visita che è insieme immersione domestica nel gusto di un’epoca e percorso storico. Il complesso, castello, Castelletto e parco, è gestito come istituzione museale che custodisce la memoria del luogo e ne promuove la fruizione culturale, con attività didattiche, visite guidate e interventi conservativi che cercano di coniugare tutela e accoglienza turistica. Contemporaneamente il castello mantiene quella forte relazione visuale con il mare che è il suo marchio: chi lo visita non assiste solo a un museo di mobili e quadri, ma a una scenografia paesaggistica dove architettura e natura restano inseparabili. Miramare è dunque un esempio riuscito di come una residenza privata possa trasformarsi in patrimonio collettivo: la sua architettura e i materiali raccontano una scelta locale, la pietra d’Istria, l’eclettismo formale riflette il cosmopolitismo di metà Ottocento, mentre il parco e il posizionamento sul mare conferiscono al complesso una for te identità territoriale. Visitare Miramare significa percorrere una storia che intreccia passioni individuali e grandi eventi europei, e camminare in un paesaggio costruito perché fosse, letteralmente, uno sguardo sul mare.

tre venti ettari di giardino, sapientemente congegnati e in parte importati con specie esotiche scelte dallo stesso Massimiliano durante i suoi viaggi da marinaio, trasformano il promontorio in una sorta di paesaggio collezionato. Sentieri, affacci naturali, boschetti e scorci sul mare fanno del parco un laboratorio di botanica romantica e un continuum visivo tra casa e orizzonte marino; l’effetto complessivo ribadisce l’idea di una residenza aperta verso il panorama, non chiusa su se stessa. La storia del castello è intensa e drammatica: pensato per la vita privata di Massimiliano e della moglie Carlotta, divenne subito luogo emblematico delle vicende del duca che, chiamato poi a regnare in
Messico, fu giustiziato nel 1867. La sorte tragica del committente e il destino tormentato di Carlotta hanno caricato la residenza di valenze emotive e memoriali. Nei decenni successivi Miramare attraversò trasformazioni negli anni Venti e Trenta, con successivi diversi usi istituzionali e militari durante la Seconda guerra mondiale, sino all’occupazione da parte delle truppe alleate nel secondo dopoguerra e al ritorno alla funzione museale; restauri e ricomposizioni d’ambiente hanno tentato di restituire l’aspetto ottocentesco documentato da fotografie e inventari d’epoca. Trieste e il Castello di Miramare vivono da sempre in un rapporto di reciproco riconoscimento: la città guarda al mare con lo stesso senso di apertura che ispirò l’arciduca Massimiliano d’Asburgo nella scelta di erigere la sua dimora su questo promontorio. Miramare non è solo una residenza storica, ma un simbolo identitario che lega l’anima cosmopolita di Trieste alla sua vocazione marittima. La sobria eleganza del castello, sospesa tra le architetture asburgiche e il paesaggio mediterraneo, racconta la duplice anima della città: mitteleuropea e adriatica, aperta alle rotte commerciali e culturali. Il parco, con le sue essenze esotiche e la vista sull’orizzonte, ricorda la tensione al viaggio e alla conoscenza che caratterizza la storia triestina.

Negli ultimi anni le precipitazioni sono caratterizzate da picchi di piovosità violenti e improvvisi sempre più frequenti. Rainplus rappresenta la più efficiente tecnologia per il drenaggio delle acque piovane, in grado di gestire precipitazioni anche estreme, ed è perfetto per la copertura di edifici di grandi dimensioni, anche nel contesto della ristrutturazione.
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Il sistema degli incentivi edilizi ha rappresentato negli ultimi anni uno degli strumenti più incisivi di politica economica in Italia. Le misure introdotte negli ultimi anni hanno contribuito, con diversi gradi di intensità, a stimolare investimenti, sostenere l’edilizia e promuovere obiettivi ambientali e di sicurezza. Tuttavia, la pluralità di strumenti ha prodotto anche un quadro normativo complesso, stratificato e spesso di difficile interpretazione, generando incertezza sia per i cittadini sia per i professionisti del settore. Con la Legge di Bilancio 2025 (legge 207/2024), in vigore dal 1° gennaio 2025, il legislatore ha deciso di operare un intervento radicale, abbandonando il sistema precedente e introducendo un modello profondamente rinnovato. Non si tratta di una mera revisione tecnica, bensì di una vera e propria rifondazione del sistema, che si muove lungo due direttrici: la semplificazione e la concentrazione delle risorse.
Le novità sono numerose e non prive di conseguenze pratiche di rilievo. In questo articolo, che riprende quanto elaborato dalla Direzione Politiche fiscali di Ance, vengono analizzati i cinque punti più significativi della riforma, cercando di chiarirne i contenuti e di valutarne i possibili effetti sul settore delle costruzioni e sui proprietari di immobili.
Le novità sono numerose e non prive di conseguenze pratiche di rilievo. In questo articolo vengono analizzati i cinque punti più significativi della riforma, cercando di chiarirne i contenuti e di valutarne i possibili effetti sul settore delle costruzioni e sui proprietari di immobili
La modifica più rilevante riguarda il principio su cui si fonda l’assegnazione delle aliquote. Fino al 2024, l’entità della detrazione era legata alla tipologia di intervento: riqualificazione energetica, riduzione del rischio sismico, ristrutturazione edilizia ordinaria. Ogni intervento aveva un proprio regime, con aliquote differenziate e spesso crescenti in funzione dei risultati conse-
guiti. Dal 2025 questa logica viene abbandonata. Il legislatore ha scelto un criterio soggettivo, che ruota intorno alla posizione del contribuente e all’uso dell’immobile.
Abitazione principale: aliquota più favorevole, pari al 50% nel 2025, destinata a ridursi progressivamente al 36% nel 2026 e 2027.
Altri immobili (seconde case, immobili locati, immobili di proprietà di imprese): aliquota ridotta, pari al 36% nel 2025 e al 30% negli anni successivi.
La definizione di abitazione principale, ripresa anche dalla Circolare 8/E del 2025, ricalca quella già consolidata: è l’unità immobiliare in cui il proprietario o i suoi familiari dimorano abitualmente. È bene precisare alcuni punti di interesse operativo:
la destinazione ad abitazione principale può avvenire anche al termine dei lavori;
le pertinenze (garage, cantine) godono della stessa aliquota dell’abitazione principale;
i familiari conviventi permettono comunque di applicare l’aliquota più favorevole;
negli interventi condominiali, il singolo proprietario ha diritto alla percentuale maggiore se l’unità di sua proprietà è destinata ad abitazione principale.
Si tratta di un cambio di prospettiva radicale. L’obiettivo non è più promuovere in generale la riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale, ma sostenere in modo mirato le famiglie che investono sulla propria residenza.
2. La fine della logica premiale del Sismabonus
Il Sismabonus ha rappresentato, negli anni scorsi, uno strumento di grande rilievo, soprattutto per la promozione di interventi di messa in sicurezza in aree ad alto rischio sismico. Il suo tratto distintivo era la progressività: più incisivo era il miglioramento, più alta era l’aliquota di detrazione. Gli interventi che comportavano il passaggio a una o due classi di rischio inferiori potevano beneficiare di detrazioni fino all’85%, soprattutto nei contesti condominiali. Dal 1° gennaio 2025 questo meccanismo viene meno. La riforma ha uniformato le regole, eliminando la correlazione tra qualità dell’intervento e percentuale di detrazione. Anche per il Sismabonus, dunque, vale la distinzione fondamentale tra abitazione principale e altri immobili. Il vantaggio in termini di semplificazione è evidente: non sarà più necessario certificare i salti di classe di rischio, con procedure tecniche e burocratiche complesse. Tuttavia, il rovescio della medaglia è la perdita di un incentivo specifico per gli interventi più ambiziosi e realmente efficaci.
Nuove aliquote e condizioni d’accesso Tabella di sintesi
altre abitazioni
2026-2027
principale
principale
2026-2027
2026-2027
principale
principale
principale
principale
2026-2027
2025 BONUSBARRIERE
ARCHITETTONICHE
altri immobili
altri immobili
altri immobili
altri immobili
abitazione principale
75%
tutti gli immobili
96.000 euro per u.ie relative pertinenze (tetto max di spese)
100.000 euro
euro
euro (tetto max di detrazione)
136.000 euro per il n. di unità dell’edificio (tetto max di spese)
96.000 euro per il n.diunità dell’edificio (tetto max di spese)
50.000 euro (unifamiliari)
40.000 euro (edifici sino a 8 u.i.)
30.000 euro (edifici oltre 8 u.i.) per il n. di unità dell’edificio (tetto max di spese)
In un quadro che riduce e armonizza le aliquote, rimane un’importante eccezione: il bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche. L’aliquota è fissata al 75% per tutte le spese sostenute fino al 31 dicembre 2025.
Questa misura si applica però a un insieme limitato di interventi: scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici. Restano esclusi interventi che in passato avevano potuto beneficiarne, come la sostituzione di infissi o il rifacimento di bagni. Inoltre, la detrazione non è utilizzabile nei casi di demolizione e ricostruzione dell’edificio, anche se qualificati come ristrutturazione edilizia.
L’agevolazione, pur nella sua portata circoscritta, mantiene un rilievo particolare. La scelta politica appare coerente con l’esigenza di sostenere l’accessibilità e l’inclusione, ma richiede una pianificazione attenta da parte di chi intende beneficiarne, proprio a causa dei vincoli stringenti introdotti.
La riforma degli incentivi edilizi del 2025 rappresenta un punto di svolta. Da un sistema frammentato e complesso, caratterizzato da molteplici aliquote e regole specifiche, si passa a un modello semplificato, fondato sulla distinzione tra abitazione principale e altri immobili.
L’impostazione risponde a esigenze chiare: rendere più leggibile il quadro normativo, concentrare le risorse sui nuclei familiari, ridurre l’onere per la finanza pubblica. Tuttavia, non mancano interrogativi sugli effetti che questa razionalizzazione potrà avere.
La riduzione generalizzata delle aliquote, la scomparsa dei meccanismi premiali e l’introduzione di tetti reddituali potrebbero
ridimensionare gli investimenti in riqualificazione energetica e in sicurezza sismica, rallentando il percorso di ammodernamento del patrimonio edilizio nazionale. Allo stesso tempo, la scelta di privilegiare l’abitazione principale appare coerente con l’intento di garantire un beneficio diretto alle famiglie, riducendo la dispersione delle risorse. Il settore delle costruzioni si trova dunque

4. Il nuovo limite reddituale
Un’altra novità significativa riguarda la platea dei contribuenti con redditi più elevati. La Legge di Bilancio introduce un tetto complessivo agli oneri detraibili, che include anche i bonus edilizi. Il meccanismo funziona così:
per i redditi superiori a 75.000 euro si applica un tetto base di 14.000 euro;
per i redditi superiori a 100.000 euro, il tetto si riduce a 8.000 euro;
l’importo è poi modulato in funzione del numero di figli a carico, con coefficienti che ne possono aumentare o diminuire il valore.
Si tratta di un vincolo che non incide formalmente sulle aliquote ma può ridurre in misura significativa la detrazione effettivamente fruibile. Per i contribuenti ad alto reddito, dunque, il beneficio potrà risultare inferiore rispetto al passato, anche quando gli interventi rispettino pienamente i massimali previsti dalle singole agevolazioni.
Questa scelta risponde all’esigenza di contenere il costo fiscale delle agevolazioni e di introdurre un principio di maggiore progressività, ma inevitabilmente riduce l’appeal degli incentivi per una parte della popolazione che, in molti casi, rappresenta proprio quella maggiormente propensa a investire in riqualificazione.
di fronte a una nuova fase, che richiede capacità di adattamento e, probabilmente, ulteriori interventi normativi per correggere eventuali criticità.
Solo l’applicazione nei prossimi anni potrà confermare se questo nuovo modello sarà in grado di coniugare sostenibilità dei conti pubblici, sostegno alle famiglie e promozione della qualità del costruito.
Le novità non riguardano soltanto i proprietari persone fisiche. La riforma ha effetti anche sugli acquisti immobiliari e sugli interventi delle imprese.
Sismabonus acquisti: il meccanismo che premiava con aliquote del 75% o 85% gli acquirenti di immobili frutto di demolizione e ricostruzione con miglioramento sismico è stato abrogato. Dal 2025 l’aliquota dipende unicamente dal fatto che l’acquirente destini o meno l’immobile ad abitazione principale.
Imprese: società e imprenditori individuali non possono accedere all’aliquota maggiorata, in quanto privi del requisito dell’abitazione principale. Per loro si applicano soltanto le aliquote ordinarie (36% nel 2025 e 30% nel 2026-2027).
Queste scelte riducono sensibilmente la convenienza fiscale per gli operatori economici, che negli anni precedenti avevano utilizzato i bonus anche come leva per interventi di valorizzazione immobiliare.

L’ASSESSORATO ALL’ISTRUZIONE, FORMAZIONE, LAVORO DI REGIONE LOMBARDIA, SVOLGE UN RUOLO STRATEGICO NEL PROMUOVERE LO SVILUPPO DEL CAPITALE UMANO LOMBARDO E FAVORIRE
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L’edilizia
di Adriano Baffelli
La sede dell’Assessorato al Lavoro di Regione Lombardia si trova all’interno di Palazzo Lombardia, il grande complesso che rappresenta uno dei simboli della Milano contemporanea. L’edificio principale, una torre di cristallo e acciaio alta oltre 160 metri, si apre su una piazza interna di respiro europeo, pensata come luogo di incontro e di attraversamento urbano. Gli spazi dell’assessorato si inseriscono in questo contesto fatto di trasparenze e linee dinamiche, dove la luce naturale filtra abbondante dalle facciate vetrate, creando un dialogo costante con la città circostante. L’atmosfera è sobria ma al tempo stesso dinamica: corridoi ampi, ambienti flessibili, sale riunioni che si affacciano su scorci di skyline milanese. L’architettura evoca un’idea di apertura e connessione, coerente con la funzione istituzionale del luogo, che ha a che fare con reti sociali, opportunità e sviluppo del lavoro. La modernità delle forme, unite al disegno attento degli spazi pubblici, restituisce un senso di efficienza e accessibilità.
In un comparto come quello edilizio, oggi fortemente sollecitato dalla transizione ecologica e digitale, come Regione Lombardia intende orientare i percorsi Its per formare figure tecniche capaci di affrontare le sfide legate all’efficienza energetica, alla sostenibilità e all’uso delle nuove tecnologie di cantiere?
Gli Its Academy sono il cuore della strategia lombarda per la transizione ecologica e digitale. In edilizia stiamo raf-

forzando percorsi dedicati all’efficienza energetica, alla sostenibilità e all’uso delle nuove tecnologie di cantiere. Vogliamo formare tecnici capaci non solo di rispondere ai fabbisogni attuali, ma anche di guidare il cambiamento. È una sfida che richiede competenze elevate, costruite insieme alle imprese e sempre più attrattive per i giovani.
Gli Its hanno senso solo se riescono a connettere formazione e bisogni delle aziende. Quali strumenti sta proponendo la Regione per rafforzare la collaborazione con imprese e associazioni di categoria dell’edilizia, così da rendere i percorsi formativi realmente aderenti alla domanda di lavoro?
Gli Its funzionano solo se nascono in stretta connessione con il tessuto produttivo. Per questo Regione Lombardia promuove partenariati con imprese e associazioni di categoria, attiva patti territoriali per le competenze e strumenti innovativi come la piattaforma digitale LabLab. In questo modo aziende e scuole co-progettano i percorsi, definiscono insieme fabbisogni e profili professionali, garantendo agli studenti una formazione utile e immediatamente spendibile nel lavoro.
Molti giovani faticano a considerare l’edilizia come un settore attrattivo. In che modo i
percorsi formativi professionali e i nuovi Its possono contribuire non solo a colmare il fabbisogno di competenze, ma anche a valorizzare il settore agli occhi delle nuove generazioni, trasformandolo in un’opportunità professionale qualificata e di prospettiva?
L’edilizia va raccontata ai giovani come settore del futuro, non del passato. Oggi significa rigenerazione urbana, digitalizzazione dei cantieri, costruzioni sicure e sostenibili. Con la formazione professionale e gli Its mostriamo che non si tratta di un lavoro faticoso e poco qualificato, ma di una carriera moderna, con sbocchi professionali di alto valore. Vogliamo trasformare l’edilizia in un’opportunità concreta, capace di attrarre i talenti e di restituire orgoglio a chi vi lavora.
Dall’edilizia passiamo al più generale tema della formazione e del lavoro. In un contesto in cui la domanda di profili tecnici e specializzati continua a crescere, quali azioni concrete sta applicando Regione Lombardia per rafforzare gli Its e rendere più attrattiva la formazione professionale agli occhi di studenti e famiglie? Gli Its Academy rappresentano un modello di eccellenza: in Lombardia contiamo 27 fondazioni, con 208 corsi attivi e oltre 8.300 studenti. I dati parlano chiaro: l’89% dei diplomati trova lavoro entro 12

mesi dal titolo. Per sostenerne la crescita abbiamo stanziato dieci milioni di fondi regionali, oltre 120 milioni dal Pnrr e 11 milioni per infrastrutture didattiche moderne. Parallelamente, stiamo innovando l’Istruzione e Formazione professionale, che coinvolge oltre 57mila studenti, introducendo percorsi più flessibili e vicini al mondo del lavoro. La sfida è culturale: dobbiamo far capire a famiglie e ragazzi che questi percorsi non sono un ripiego, ma la via più rapida e qualificata per costruire un futuro professionale solido e appagante.
Il disallineamento tra offerta formativa e domanda del mercato del lavoro resta un nodo critico. Quali strumenti intende potenziare o introdurre per migliorare l’orientamento dei giovani e facilitare l’incontro tra scuole, università e imprese? Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è una sfida reale. Oltre agli strumenti innovativi che abbiamo ideato, come LabLab, per superarlo è necessario investire in percorsi formativi qualificati e coerenti con i fabbisogni delle imprese. Gli Its offrono una risposta concreta grazie a un modello che integra teoria e pratica in stretto raccordo con il mondo produttivo. Accanto a essi, la formazione professionale rimane strategica per
Simona Tironi è diplomata in Ragioneria e laureata in Economia e Commercio all’Università degli Studi di Brescia. Dopo il percorso che la vede per cinque anni dapprima impegnata come assessore all’Istruzione e Cultura, e poi come vicesindaco del suo paese natale, Travagliato, viene eletta nel 2018 consigliere regionale della Lombardia. Per cinque anni ricopre il ruolo di vicepresidente della Commissione Sanità e Politiche sociali. In Commissione, il suo massimo impegno porterà al raggiungimento di diversi traguardi che la vedono impegnata come prima firmataria delle leggi regionali in tema di tutela dei minori che frequentano asili nido e micronidi, prevenzione e cura dei disturbi alimentari e della legge approvata
dotare i giovani di competenze tecniche aggiornate e spendibili. Con filiere formative flessibili e un forte dialogo tra scuole e imprese, possiamo rafforzare il legame tra istruzione e lavoro e offrire ai ragazzi opportunità di crescita solide e consapevoli.
Le trasformazioni legate all’intelligenza artificiale e alla transizione digitale richiedono nuove competenze. Come si sta muovendo il suo assessorato per aggiornare i percorsi formativi e favorire l’upskilling dei lavoratori già occupati?
La transizione digitale e l’intelligenza artificiale impongono nuove competenze. Regione Lombardia ha formato oltre 5mila docenti e introdotto l’AI nei percorsi IeFp e Its. Per i lavoratori già occupati attiviamo programmi come Gol, Formazione Continua e Formare per Assumere, che hanno coinvolto oltre 360mila persone. L’obiettivo è sostenere upskilling e reskilling, con particolare attenzione ai settori digitali e green. Non è solo aggiornamento: è la chiave per restare protagonisti nel mercato che cambia.
Su inclusione e diritto allo studio, sapendo che il tema delle disuguaglianze educative è sempre più rilevante, soprattutto in alcune aree della regione, le chiedo quali iniziative
all’unanimità sul tema dei caregiver familiare. Altri rilevanti progetti riguardano la neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza per cui sono stati apportati finanziamenti e interventi su misura, così come l’approvazione del piano sul tema dell’autismo e il piano regionale della prevenzione cui si aggiunge l’istituzione di una rete oncologica lombarda (Rol) per diffondere l’informazione e la prevenzione a 360 gradi. Viene riconfermata il 13 febbraio 2023 alle elezioni regionali della Lombardia nella provincia di Brescia. Nella XII Legislatura è nominata dal presidente Attilio Fontana assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro.

Regione Lombardia promuove partenariati con imprese e associazioni di categoria, attiva patti territoriali per le competenze e strumenti innovativi come la piattaforma digitale LabLab

L’edilizia va raccontata ai giovani come settore del futuro, non del passato. Oggi significa rigenerazione urbana, digitalizzazione dei cantieri, costruzioni sicure e sostenibili. Con la formazione professionale e gli Its mostriamo che non si tratta di un lavoro faticoso e poco qualificato, ma di una carriera moderna, con sbocchi professionali di alto valore


sono previste per garantire a tutti pari opportunità di accesso e successo nei percorsi scolastici e formativi?
Inclusione significa garantire a ogni ragazzo la possibilità di esprimere il proprio talento, indipendentemente dalle condizioni di partenza. Per questo abbiamo avviato “Scuola in ascolto”, un servizio psico-pedagogico che coinvolge 50 reti scolastiche e raggiunge oltre 800mila studenti, offrendo supporto contro disagio e fragilità. Parallelamente, contrastiamo la dispersione con programmi personalizzati e reti territoriali che uniscono scuole, imprese e servizi sociali. Nessuno deve restare indietro: questo è il principio che guida le nostre scelte.
Con il rischio di nuove crisi occupazionali in alcuni settori tradizionali e l’emergere di nuove professionalità in altri, quali politiche attive sta progettando la Regione per sostenere la ricollocazione e la formazione dei lavoratori più esposti?
Regione Lombardia è impegnata a sostenere imprese e lavoratori in un percorso di innovazione e adattamento ai cambiamenti del mercato del lavoro. La nostra priorità è duplice: accompagnare le aziende nei processi di riorganizzazione e crescita e, al tempo stesso, promuovere un’occupazione di qualità attraverso formazione, riqualificazione e politiche attive mirate. Con

La Regione sostiene imprese e lavoratori in un percorso di innovazione e adattamento ai cambiamenti del mercato del lavoro. La nostra priorità è duplice: accompagnare le aziende nei processi di riorganizzazione e crescita e, al tempo stesso, promuovere un’occupazione di qualità attraverso formazione, riqualificazione e politiche attive mirate
Dote Unica Lavoro, giunta alla quinta fase, garantiamo percorsi personalizzati di reinserimento. Il Programma Gol ha già coinvolto oltre 360mila lavoratori, con 212.959 doti attivate e particolare attenzione a donne, Neet e disoccupati di lunga durata. Formazione Continua, che nella prima edizione ha interessato 2.975 imprese e 24.500 lavoratori, con-
ta oggi 7.454 domande. Con Formare per Assumere, infine, abbiamo raccolto oltre 5.500 richieste, segno di quanto le imprese credano in strumenti che uniscono aggiornamento professionale e incentivi all’occupazione. Il capitale umano resta la risorsa più preziosa: per questo investiamo in un sistema formativo capace di preparare al lavoro e al futuro.
Nel suo ruolo di assessore regionale le è capitato di occuparsi di parità di genere e di rispetto nei confronti delle donne?
È un tema che considero prioritario. Regione Lombardia è stata la prima in Italia a sostenere la Certificazione della Parità di Genere, con uno stanziamento di dieci milioni di euro. I risultati sono concreti: oltre mille imprese lombarde hanno aderito e più di 500 hanno già ottenuto la certificazione. La parità di genere rappresenta una leva di competitività, innovazione e benessere aziendale. Credo che il rispetto per le donne nei luoghi di lavoro sia una battaglia culturale prima ancora che normativa, e per questo continueremo a investire in strumenti che favoriscano
equità, merito e conciliazione vita-lavoro.
Al di là delle contingenze, nel medio periodo qual è il tema principale che vorrebbe affrontare e con quale risultato? Il tema che più mi sta a cuore è il contrasto al fenomeno dei Neet. In Lombardia parliamo di 150mila giovani che rischiano di restare esclusi da studio e lavoro. Con il pacchetto giovani (48,5 milioni) e con il progetto “ZeroNeet”, sviluppato con Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, abbiamo reso disponibili 50 milioni di euro. Lavoriamo su prevenzione, reinserimento e conoscenza. Nessun giovane è irrecuperabile: il mio obiettivo è che tutti abbiano la possibilità di costruire il proprio futuro.



L’incontro si è confermato un’occasione preziosa per fare chiarezza su norme e procedure che incidono direttamente sulla vita quotidiana dei cantieri e sulla gestione amministrativa delle imprese, offrendo strumenti per affrontare la complessità normativa e digitale che caratterizza il settore
L’ auditorium di Eseb ha ospitato un incontro di approfondimento dedicato agli aggiornamenti sulla gestione del rapporto di lavoro in edilizia. L’evento, realizzato da Ance Brescia e Cape, rivolto specificamente ai consulenti del lavoro e coorganizzato con Eseb e l’Ordine dei Consulenti del Lavoro - Consiglio Provinciale di Brescia e con l’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, ha rappresentato un
momento di confronto qualificato e valido anche ai fini della formazione continua obbligatoria.
Dopo i saluti istituzionali, i lavori sono entrati nel vivo con l’intervento dei consulenti sindacali di Ance Brescia, Francesco Zanelli e Sara Zoni, che hanno affrontato il tema dell’apprendistato alla luce del Ccnl edilizia industria. Partendo dai riferimenti normativi — in particolare gli articoli 41-47 del D.Lgs.
81/2015 e l’accordo del 4 aprile 2019 tra Ance e organizzazioni sindacali — i relatori hanno chiarito i punti che più frequentemente generano dubbi interpretativi. Sono stati analizzati aspetti fondamentali come la durata minima e massima del contratto, le modalità di cumulo dei periodi in caso di rapporti successivi, il recupero delle assenze prolungate, la disciplina del periodo di prova e i criteri di inquadramento. Un focus par-
ticolare è stato dedicato al trattamento economico: nel settore edile, infatti, è stato scelto di legare la retribuzione dell’apprendista a una percentuale progressiva rispetto a quella dei lavoratori qualificati, piuttosto che al meccanismo di inquadramento inferiore previsto in altri comparti. L’obiettivo è garantire un percorso formativo coerente e, al tempo stesso, una maggiore chiarezza per le imprese.
La seconda parte dell’incontro ha visto l’intervento del direttore di Cape Nicolò Depellegrin, che ha illustrato alcune novità gestionali di interesse pratico. In particolare, è stato presentato il nuovo canale per prenotare appuntamenti — sia telefonici sia in presenza — con la Cassa Edile, pensato per semplificare l’accesso ai servizi. Marina Zanola (Cape) ha infine mostrato la procedura di compilazione delle denunce contributive mensili attraverso la piattaforma Gedi, strumento digitale che permette una gestione più rapida e precisa degli adempimenti, con invio automatico verso Cape. Un’innovazione che, come sottolineato, riduce il rischio di errori e velocizza lo scambio di informazioni tra imprese, consulenti e Cassa.
Tra le novità operative, anche l’invio da parte di Cape di una comunicazione ai consulenti per l’aggiornamento dei dati relativi a Iban e contatti telefonici dei dipendenti, a tutela della correttezza e della sicurezza dei flussi.
L’incontro, che ha registrato circa ottanta partecipanti, si è confermato un’occasione preziosa per fare chiarezza su norme e procedure che incidono direttamente sulla vita quotidiana dei cantieri e sulla gestione amministrativa delle imprese, offrendo strumenti per affrontare la complessità normativa e digitale che caratterizza il settore.
Per Simone Moreni inizia un nuovo futuro professionale in Eseb
Lo spirito propositivo e lo sguardo moderno delle nuove generazioni per un’edilizia che vuole stare al passo con l’evoluzione delle comunità. Per l’Ente sistema edilizia Brescia, che grazie al ramo Scuola coltiva ogni giorno il futuro professionale dei giovani studenti iscritti, valorizzare le idee e le progettualità di ragazzi e ragazze per tradurle in nuove sfide per il settore è pane quotidiano. Il duplice stimolo di formare gli operatori dell’edilizia di domani e di trovare chiavi innovative e moderne per trasformare le costruzioni in linea con le nuove esigenze e le potenzialità tecnologiche disponibili sul mercato è alla base di una visione che vede Eseb attore protagonista nello sviluppo dell’edilizia bresciana. Questo anche grazie alle figure che al suo interno operano ogni giorno per coniugare le fondamenta di un mestiere antichissimo con le innovazioni che lo portano ad essere la chiave per lo svi luppo dei territori in ottica moderna e sostenibile. Un binomio che la Scuola edile ripropone nelle at tività formative e nella didattica per una prepara zione completa degli studenti. Studenti che, come nel caso di Simone Moreni, possono trovare un futuro professionale anche all’interno di Eseb, contribuendo a delineare il domani dell’ente. Dopo aver appreso le conoscenze di base durante il percorso triennale, per poi proseguire con un quarto anno di studi per l’ottenimento del diploma di Tecnico edile, Simone ha collezionato un percorso sco lastico ricco di soddisfazioni, partecipan do anche ad attività extra curricolari che l’hanno portato a mettersi in gioco ap profondendo temi specifici. Da ultimo il suo coinvolgimento nel progetto di startup “Futuredil Akademy” che pro pone una formazione sulle competenze edili valorizzando il lavoro artigianale di esperti qualificati. Da studente par tecipe e attivo, Simone è oggi nell’or ganico dell’ente per sostenerne le attività e fornire un supporto agli studenti del plesso scolastico. Gli abbiamo rivolto alcune domande per conoscere i dettagli del suo percorso che si avvia a una stimolante nuova carriera professionale.



Simone, partiamo dall’inizio, cosa ti ha spinto a iscriverti alla Scuola edile bresciana?
La passione trasmessa negli anni da mio papà, che da tempo lavora nel settore. Mi sono iscritto alla Scuola edile bresciana perché sin da piccolo ho avuto modo di vedere con quanto impegno, dedizione e soddisfazione svolge la sua professione.
Ascoltare i suoi racconti mi ha fatto capire che ama davvero quello che fa. Spesso mi portava con lui nei cantieri e mi mostrava come si eseguono certe lavorazioni. Io non vedevo l’ora ed ero sempre curioso e interessato. Questo mi ha fatto avvicinare sempre di più al mondo delle costruzioni, fino a decidere di mettermi in gioco e di provarci anch’io.
Durante il percorso scolastico sei rimasto soddisfatto del piano didattico e delle competenze acquisite?
Quali insegnamenti porti a casa e quali sono le materie che ti hanno maggiormente interessato?
Durante il percorso scolastico sono rimasto molto soddisfatto del piano didattico e delle competenze che ho acquisito, anche a livello pratico. Gli anni di studio in Eseb mi hanno fatto capire ancora di più quanto siano connessi la teoria e l'attività sul campo, ma anche quanto tante volte sia difficile mettere i due aspetti in relazione.
L’insegnamento più grande che mi porto a casa è quello dell’adattabilità: il percorso scolastico in Eseb è riuscito a fornirmi una buona base per affrontare e capire come organizzare una lavorazione in base al cantiere e alle attività edili da svolgere.
E in cantiere, quali sono gli aspetti che ti appassionano di più?
In cantiere gli aspetti che mi appassionano sono tanti, per esempio la realizzazione di opere di contenimento in calcestruzzo armato, oppure il rifacimento o la costruzione da nuovo di coperture con travi in legno faccia a vista. Mi interessa molto e ho avuto


proprio progetto, un percorso unico. Parlo per la mia esperienza personale. Non serve pensare che qualcosa sia inutile o, peggio ancora, che una persona non possa aiutarci o darci il proprio contributo, perché ogni azione che compiano e ogni figura che incontriamo, anche involontariamente, ci potrebbe far prendere decisioni, anche piccole, che potrebbero un giorno essere la svolta del nostro percorso professionale.
Simone, in generale, come immagini il domani del settore edile?
anche modo di mettermi alla prova nella complessa realizzazione di impianti fognari (servizi) per un’abitazione.
Nel corso di questi quattro anni hai partecipato a iniziative, progetti ed eventi che hanno arricchito il tuo percorso scolastico. Pensiamo, ad esempio, alla gara d’arte muraria Ediltrophy e al tuo coinvolgimento nel progetto di start up Futuredil Akademy. Puoi raccontarci in breve queste esperienze?
In questi quattro anni ho partecipato a molti progetti ed eventi. La gara di arte muraria Ediltrophy mi ha permesso di mettermi in gioco, di sfidare me stesso, imparando ad essere meno pessimista. Questa gara si è svolta in due giornate: la prima a Cremona, dove è stata fatta la selezione regionale e poi i primi classificati sono andati a Bari alle finali nazionali dove, come
scuola, siamo arrivati secondi. Mentre l’altra bellissima esperienza è stata la partecipazione al progetto che consisteva nel progettare e mettere in campo una vera e propria start up chiamata da noi “Futuredil Akademy” partendo dalla sfida che Kerakoll ci ha lanciato per rispondere al problema della perdita di artigianalità tradizionale, per passare all’analisi del mercato e infine arrivare al servizio da erogare, che consiste in un corso di formazione che fa da ponte tra passato, presente e futuro.
Sappiamo anche che hai ricevuto premi che attestano il tuo impegno. Fra gli ultimi il riconoscimento che ti posiziona sul gradino più alto della classifica WorkSpeech di Its Academy Machina Lonati, un progetto che prevede la realizzazione di podcast per connettere il mondo dei giovani a quello delle imprese. Nel portare la tua testimonianza, quali consigli dai agli altri ragazzi per un futuro lavorativo ricco di soddisfazioni?
Il primo consiglio che mi sento di dare agli altri ragazzi è quello di non focalizzarsi troppo sulle esperienze degli altri. Bisogna riuscire a trovare e a realizzare un
Il futuro del settore edile lo immagino pieno di cambiamenti, ma soprattutto di innovazione. Penso però che, al fianco delle trasformazioni che attendono il settore, la tradizione sia fondamentale per preservare un concetto di edilizia che pone le proprie radici in valori quali il lavoro, la dedizione, l’abilità artigiana che si tramanda di generazione in generazione. Si potrà seguire la strada dell’innovazione, ma la base della professione resterà sempre quella portata avanti da secoli dal settore.
Quale sarà il tuo ruolo in Eseb per portare avanti questa visione?
Seguirò la parte dove è più “semplice” fare innovazione: la scuola vera e propria. Essendo un ragazzo giovane, diplomato di recente, mi impegnerò nel confronto diretto con gli studenti iscritti in Eseb, affinché possa essere più facile il dialogo, data la vicinanza d’età e l’affinità del percorso formativo scelto.
E quale sarà il tuo apporto nelle varie attività svolte dall’ente?
Garantirò supporto agli altri tecnici impegnandomi a fornire quella visione innovativa che caratterizza le giovani generazioni. Questo attraverso l’introduzione di nuovi strumenti e di un nuovo metodo, ma senza dimenticare l’apporto fondamentale del lavoro tradizionale.
di Adriano Baffelli
Un percorso di impegno e dedizione per la categoria, iniziato nel 1946: nel 2026 si celebrerà l’Ottantesimo, un’occasione per richiamare le radici. E per guardare al futuro, facendo leva sul significativo traguardo
La Cassa Edile di Brescia, ufficialmente denominata Cassa assistenziale paritetica edile (Cape), nasce nel 1946 per iniziativa congiunta dell’Associazione dei Costruttori edili di Brescia, oggi Ance Brescia, e dei sindacati delle costruzioni, Fillea-Cgil, Filca-Cisl, Feneal-Uil. Il suo scopo è duplice: da un lato garantire i diritti, le prestazioni e la tutela del lavoratore edile; dall’altro supportare le imprese affinché operino in un mercato caratterizzato da competizione leale e rispetto delle norme, in un contesto che spesso è frammentato, con cantieri temporanei e rapporti di lavoro non sempre stabili. Se vi state chiedendo che cosa fa la Cassa Edile, ecco indicate alcune delle sue principali funzioni: erogazione delle prestazioni economiche previste dal Ccnl per i lavoratori: gratifiche natalizie, elementi variabili della retribuzione, anzianità, supporti welfare, assistenze sanitarie e presidi per i familiari. Supporto alle imprese: aiuti amministrativi, trasparenza nei rapporti contributivi, formazione e sicurezza nei cantieri tramite l’Ente sistema edilizia Brescia, Eseb, che opera in modo bilaterale. Lotta alla concorrenza sleale e

al dumping contrattuale, tutela della legalità nei cantieri, con protocolli d’intesa che coinvolgono anche enti pubblici locali per la verifica della regolarità contributiva delle imprese. Nella moderna ed efficiente sede dell’organizzazione incontriamo il presidente Raffaele Collicelli, espressione datoriale Ance Brescia e il nuovo vicepresidente Fabio Mascia esponente sindacale della Fillea Cgil, per un approfondimento da offrire ai lettori della nostra rivista. Un percorso di impegno e dedizione per la categoria, iniziato nel 1946: nel 2026 si celebrerà l’Ottantesimo, un’occasione per richiamare le radici. E per guardare al futuro, facendo leva sul significativo traguardo. All'interno del richiamato perimetro si tratta di trovare la giusta modalità per valorizzare l’esperienza e insieme le propensioni all’utilizzo di nuovi strumenti e nuove tecnologie. Un’occasione, la celebrazione dell’Ottantesimo, che riteniamo sia utile e preziosa per recuperare, fra il resto, l’orgoglio di appartenenza dei protagonisti di un mondo che merita di essere raccontato e conosciuto, nonché rispettato e valorizzato.

Intervista al presidente
nuovo
Presidente Collicelli, sulla base dei dati rilevati da Cassa Edile Brescia, che fase sta vivendo l’edilizia bresciana?
Si pensava poco tempo fa che finito il 110% sarebbe crollato il sistema, o comunque avrebbe rallentato. Vero che in parte c’è ancora una rendita del superbonus, con cantieri in Rsa e condomini, ma si continua a navigare bene, non a vista, tanto che si registra un +6% su base annua. Certo, il quadro della manifattura, i dazi, lo scenario internazionale sono preoccupanti, è probabile che una contrazione nel 2026 ci possa essere ma per ora il dato è positivo.
Qual è, in sintesi, il ruolo principale di Cape nei confronti delle imprese?
stione trasparente del salario differito, Ape (Anzianità professionale edile), un composito mosaico di supporti e servizi che indicono positivamente sulla vita lavorativa e familiare delle maestranze edili.
Vicepresidente Mascia, quanto è utile l’esperienza maturata come vicepresidente dell’Ente sistema edilizia Brescia (Eseb) nel nuovo ruolo al vertice della Cape?

Sicuramente è molto utile, ad esempio, perché quel percorso ha reso evidente l’importanza di fare quadrato, di avere un sistema che tenga conto della salute, della sicurezza in cantiere. In sintesi, di un sistema che funzioni.
I due enti bilaterali del Sistema edilizia Brescia hanno intrapreso un percorso di intensa collaborazione, con quale proposito?

Per le imprese, l’iscrizione alla Cassa Edile seppur rientrando tra gli obblighi contrattuali, rappresenta innumerevoli vantaggi: attraverso Cape le aziende accedono a una rete di servizi che semplifica la ge stione degli adempimenti e rafforza la loro reputazione di operatori regolari e qualificati. I servizi alle imprese iscritte hanno un obiettivo preciso: favorire la legalità, la concorrenza leale e la tutela del lavoro regolare. Da imprenditore mi piace ricordare: i rimborsi per infortuni e malattia, la gratuità dei corsi di formazione in Eseb, la premialità per le imprese regolari, la fornitura di vestiario e calzature antinfortunistiche aderente alle esigenze di sicurezza e al Dvr. Cape rappresenta un pilastro del sistema bilaterale edile provinciale, garantendo l’applicazione corretta del contratto collettivo, assicurando tutele ai lavoratori e trasparenza nei rapporti tra imprese e istituzioni.
E nei confronti dei lavoratori?
Si tratta di erogare servizi legati al Welfare, assistenza sanitaria con il Sanedil, prestazioni scolastiche, vestiario, contributi, ge-
Il sistema edile bresciano sta convintamente facendo dialogare i due enti perché tra loro legati, sia pure con funzioni diverse, ad esempio la Scuola edile si occupa di formare i giovani e di offrire supporto agli operatori esperti per con una formazione continua. Cassa edile svolge, come ricordava il presidente Collicelli, un ruolo di rilievo sul fronte del welfare. Sostegno al reddito, alle famiglie, servizi per integrare. La sanità nazionale? Situazione brillante a Brescia. Inoltre, si rivolgono a un unico ecosistema. C’è quindi l’obiettivo di soddisfare le esigenze attraverso la bilateralità. Consideriamo, anche, che entrambi fanno riferimento a un unico contratto nazionale.
E quali sono i risultati sin qui raggiunti?
Negli ultimi anni Cape ha consolidato il proprio ruolo di punto di riferimento per il settore con strumenti innovativi e rafforzando la vicinanza alle imprese e ai lavoratori. Tra i risultati più significativi: la digitalizzazione dei servizi, che consente a imprese e consulenti di gestire online pratiche, comunicazioni e prenotazioni di appuntamenti in presenza o da remoto; il potenziamento delle prestazioni di welfare, con rimborsi per attività scolastiche, sportive ed estive dei figli dei lavoratori, per un valore complessivo di migliaia di euro ogni anno e una collaborazione sempre più integrata tra gli enti del sistema, con l’obiettivo di fornire un servizio unitario.
Il lavoro nel mondo delle costruzioni garantisce ai professionisti dell’edilizia l’accesso a servizi sanitari e sociosanitari di qualità. La Cassa Edile di Brescia promuove infatti un’ampia gamma di servizi e pacchetti welfare mirati a tutelare il benessere dei lavoratori iscritti e la salute dei loro familiari, attraverso il Fondo di assistenza sanitaria integrativa Sanedil. L’offerta si compone di prestazioni sanitarie, garanzie per infortunio e prestazione in autogestione. Tra i servizi più apprezzati c’è il pacchetto dedicato alle prestazioni odontoiatriche volto a tutelare la salute orale dei dipendenti e dei loro familiari a carico, con un notevole risparmio di costi. Gli iscritti possono accedere direttamente alla prestazione attivando la convenzione a tariffe agevolate, oppure richiedere un rimborso se si rivolgono a professionisti di fiducia. I massimali e sottomassimali previsti per nucleo familiare risultano però d’importo maggiore se il paziente si rivolge alla rete convenzionata. Ad esempio, per interventi chirurgici odontoiatrici finalizzati alla cura di patologie particolari, il massimale è di euro 3.000 se si accede alla rete convenzionata, mentre scende a euro 1.600 se la prestazione avviene in altre strutture. Per richiedere l’elenco completo dei massimali previsti è possibile contattare la Cassa Edile di Brescia attraverso l’apposito servizio ticketing: www.cassaedilebrescia.it/ticketing.
Richiedi l’elenco completo dei servizi previsti
Dalle newsletter settimanali di settembre e ottobre 2025, una panoramica su alcune delle ultime novità in tema di tributi, lavori pubblici - giurisprudenza, trasporti e economia. Tutte le notizie sono riportate anche sul sito internet dell’Associazione: ancebrescia.it

TRIBUTI
settembre / Imposta di bollo.
I chiarimenti del Mit su accordi quadro e appalti con più lotti
Il Mit si è espresso in merito al pagamento dell’imposta di bollo nei contratti pubblici, soprattutto relativamente agli accordi quadro e agli appalti suddivisi in lotti. Nel caso di convenzioni o accordi quadro Consip o di altre centrali di committenza, il bollo viene versato al momento della stipula del contratto, in proporzione al suo valore massimo. Il versamento “copre” anche il tributo che sarebbe dovuto in relazione alla stipula dei successivi contratti che costituiscono attuazione della convenzione. Affinché il versamento “una
tantum” sia sufficiente, è necessario indicare nell’accordo quadro il corrispettivo massimo. Il versamento unico non vale, invece, nel caso di contratto unico riferito a più lotti aggiudicati dallo stesso operatore economico. In questo caso, ogni singolo contratto viene considerato autonomo anche ai fini dell’imposta di bollo che dovrà essere calcolata separatamente. Per informazioni contattare gli uffici di Ance Brescia.
settembre / Cessione del bene ammortizzabile esclusa dal pro rata Iva
L’Agenzia delle Entrate ha stabilito che la vendita di un fabbricato strumentale da parte di un ente non lucrativo non rileva ai fini del calcolo della
percentuale di detrazione del pro-rata Iva. L’articolo 19-bis, comma 2 prevede che non concorrono alla formazione del pro rata le “cessioni di beni ammortizzabili” in quanto solitamente di natura straordinaria e occasionale. In considerazione di ciò, l’Agenzia delle Entrate conclude per l’esclusione dal calcolo della percentuale di detrazione del pro rata Iva della cessione dell’immobile strumentale. Chi volesse ricevere
maggiori informazioni può contattare gli uffici di Ance Brescia scrivendo a enrico.massardi@ance brescia.it.
settembre / Transizione 5.0. Il Gse aggiorna la piattaforma e introduce nuove funzionalità
Il Gestore dei Servizi Energetici ha comunicato l’aggiornamento della piattaforma digitale dedicata al piano

Transizione 5.0: uno strumento utile alle imprese, le quali possono accedere ai crediti d’imposta previsti per investimenti in efficienza energetica e innovazione tecnologica. Le novità hanno reso più semplice, intuitivo e trasparente l’iter per la presentazione delle richieste, aumentando le opzioni per gli operatori. Tra le nuove funzionalità introdotte: beneficiari estesi alle ESCo, cumulo agevolazioni, sostituzione beni materiali, dichiarazione semplificata sotto i 300mila euro, nuove tipologie di impianti termici. È inoltre disponibile una versione aggiornata dalla guida operativa e della modulistica per accompagnare imprese e consulenti nelle procedure e nella gestione dei crediti d’imposta.
Per approfondimenti: enrico.massardi@ance brescia.it.
TRASPORTI
settembre / Immatricolazione dei mezzi pesanti. Nuove indicazioni sulle emissioni di CO2 nei documenti di circolazione
Con l’entrata in vigore del Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 2 luglio 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sono state introdotte significative modifiche alla procedura di immatricolazione dei veicoli pesanti. A partire da tale data, nei documenti rilasciati al momento della prima immatricolazione di veicoli appartenenti alle categorie N2 e N3 dovranno essere obbligatoriamente riportati anche i dati relativi alle emissioni di anidride carbonica. La misura intende regolare le tariffe di pedaggio
e accesso alle infrastrutture stradali in base alle emissioni; potenziare il monitoraggio ambientale e stimolare la diffusione di veicoli a minor impatto climatico.
settembre / CCIAA di Brescia: bandi con presentazione delle domande nel 2026
La Camera di Commercio di Brescia segnala la pubblicazione sul sito istituzionale dei seguenti bandi, con presentazione delle domande nell’anno 2026: bando sicurezza e prevenzione atti criminosi, bando riduzione consumi energetici, impatto ambientale e rifiuti; bando fiere in Italia, bando fiere in Lombardia, bando formazione professionale, bando alternanza scuola lavoro, accesso al credito, bando confidi. Maggiori informazioni sono disponibili sulla pagina Bandi di contributo camerali. Per chi volesse maggiori informazioni può contattare gli uffici di Ance Brescia (enrico.massardi@ance brescia.it).
settembre / Nuove risorse per il bonus investimenti 4.0. Disponibili 686 milioni di euro
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) ha reso nota la disponibilità di nuove risorse per il credito d’imposta Investimenti 4.0, rivolto all’acquisto di beni strumentali materiali innovativi. Ancora disponibili oltre 686 milioni di euro per investimenti effettuati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2025. Il bonus si rivolge alle aziende che investono in tali beni per favorire una maggiore digitalizzazione

dei processi produttivi. Risorse assegnate fino ad esaurimento fondi. Per informazioni più dettagliate si invita a contattare gli uffici di Ance Brescia.
settembre / Il costo della manodopera, differentemente dai costi della sicurezza è assoggettabile al ribasso
La modifica di costi della manodopera dichiarati pregiudica gli interessi pubblici a presidio delle esigenze di tutela delle condizioni di lavoro e lede il principio della parità di trattamento dei concorrenti. Ciò che è ammesso, dunque, sono variazioni parziali e limitate delle voci di costo purché adeguatamente bilanciate da altre componenti del quadro economico. In conclusione, il costo della manodopera, differentemente dai costi della sicurezza, è assoggettabile a ribasso. Si tratta di una conclusione, questa, che chiarisce ulteriormente il contenuto normativo attribuibile al terzo periodo dell’art. 41, comma 14 cit.: una più efficiente organizzazione aziendale potrà rappresentare, per l’offerente, la base per giustificare il discostamento dal costo della manodopera indicato nel bando di gara. Per dettagli contattare la referente di ANCE Brescia: sara.meschini@ancebrescia.it.
settembre / Verifica Cel e attestazioni per richieste Soa. Devono essere evase senza oneri
Anas è intervenuta in merito alle richieste Soa di veridicità di atti, certificati e titoli abilitativi presentati dagli operatori economici nelle relative istanze. Si ribadisce che le richieste vanno evase senza richiesta di oneri. Alle amministrazioni non vanno richiesti contributi economici non dovuti per diritti di segreteria o considerando la richiesta come una procedura di accesso agli atti. Nelle richieste di emissione dei Cel (Certificati di esecuzione lavori), alla stazione appaltante è richiesto di attestare la corretta esecuzione dei lavori mediante certificato (Cel). In conclusione, si esclude la natura onerosa della funzione pubblica svolta dalle Soa relativamente alle procedure di attestazione. Gli uffici di Ance Brescia rimangono a disposizione per eventuali chiarimenti.
settembre / Portale
Anac: attivo il nuovo servizio di registrazione degli utenti
È online il nuovo servizio di registrazione degli utenti per accedere ai servizi Anac, con l’introduzione di una nuova Area Personale dove gestire i propri dati, i profili e le deleghe. L’accesso ai servizi resta attivo, così come restano invariati i diritti di accesso. Nella sezione dedicata saranno inoltre disponibili anche video tutorial esplicativi. Gli interessati possono contattare Ance Brescia al seguente indirizzo: sara.meschini@ancebrescia.it.
















