"Il Centro" - Edizione luglio/agosto 2014

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Anno 8 numero 6 (83) - Mensile gratuito iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Torre Annunziata. Iscrizione n.10 del 9 dicembre 2008 - Contatti: 331.74.88.453; e-mail: info@giornaleilcentro.com ; sito: www.giornaleilcentro.com

Luglio/Agosto 2014 Prossima edizione: 27 Settembre 2014

il CENTRO Il giornale mensile di ispirazione cattolica della Penisola sorrentina

Santuario della Moltiplicazione dei Pani (Mt 14,13-21) a Tabga, in Galilea nei pressi delle rive del lago di Tiberiade

verso l’ordinazione diaconale

IL cammino di san benedetto

NUOVA VITA PER L’ORATORIO

in ricordo della prof.ssa celentano



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Cronaca&Interviste 4

L’oratorio sotto una nuova luce Il restauro della cappella di Cecilia Coppola Offre l’opera e fa rivivere il padre Il dono del ritratto di Roberto Bracco di Nino Cuomo A tavola per il restauro della tela Cene di Beneficenza per Lavinia Fontana di Iole Filosa Un posto per la Prof. Celentano Intitolazione della piazzetta di Meta di Nino Cuomo Cento anni e non sentirli La storia di Lucia Vinaccia di Cecilia Coppola L’incontro dopo 40 anni dal diploma Il raduno della classe 1956 di Iole Filosa In 90 al cammino di San Benedetto Da Norcia a Rieti di Salvatore Iaccarino

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In cammino verso il diaconato Intervista a Salvatore Iaccarino di Iole Filosa Marina di Cassano in festa Fotogallery di Marco D’Esposito Fuochi e musica per Sant’Anna La festa a Sorrento di Iole Filosa La figura degli angeli in Torquato Il nuovo libro di Cecilia Coppola di Nino Cuomo Il prodigio della Madonna di Roselle Il racconto di Ciro Ferrigno Il re del Cubismo a Sorrento La mostra a Villa Fiorentino di Nino Cuomo

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Rubriche 18

Sport 26

Bowling, uno sport a tutto tondo La vittoria di Diego Ambruoso di Antonella Coppola

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Agosto, il mese di Maria Rubrica di devozione mariana di Nino Cuomo Il difetto di discrezione, di giudizio sua prova. Rubrica di diritto canonico “Sono incinta. O forse no” Il caso del Mese di Manuela Abbate

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Direttore responsabile: Costanza Martina Vitale Condirettore: Iole Filosa

Anno 8 numero 6 (83) Mensile iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Torre Annunziata. Iscrizione n.10 del 9 dicembre 2008 Editore: s.c. a r.l. AKMÁIOS iscrizione al R.O.C. n°22022 del 04 febbraio 2012 www.akmaios.it - 331.74.88.453

Hanno scritto su questo numero: Manuela Abbate, Antonella Coppola, Cecilia Coppola, Nino Cuomo, Iole Filosa, Costanza Martina Vitale. Foto celebrazione Oratorio: Rosario Criscuolo Impaginazione e grafica: Akmàios - Società di Comunicazione Questo numero è stato chiuso giovedì 31 luglio 2014 Il prossimo numero uscirà il 27 settembre 2014 Tipografia: “Web Sorrento” Via Tordara, 1 - Sant’Agnello

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Eventi/1. La celebrazione eucaristica con le autorità religiose e civili

L’ORATORIO sotto una nuova LUCE

Dopo il restauro, le parole di Mons. Alfano: «Che continui il cammino di evangelizzazione, accanto alle nuove generazioni»

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l sindaco Giovanni Ruggiero presente alla manifestazione dedicata al restauro della Cappella di San Nicola ha sottolineato: «Il cuore giovane del nostro paese ritorna a battere con rinnovata energia e si proietta nel futuro con rinverdito entusiasmo». Infatti intorno a questo luogo di culto si raggruppava il primo nucleo dell’abitato di Piano e nel tempo ha avuto come ardente sostenitore Don Antonino Guarracino, rettore indiscutibile delle poliedriche attività legate all’esercizio liturgico, come con chiara e coincisa presentazione ha spiegato il Priore pro tempore in carica della Congrega dei Luigini Lorenzo Milano, ricordando che l’Oratorio di San Nicola fu fondato da Don Eduardo Mastellone agli inizi del secolo scorso, adottando l’impostazione data ad analoghe strutture dei Salesiani di San Giovanni Bosco. Ha inoltre citato il Servizio Liturgico prestato fin dal 1949 nella Basilica di San Michele Arcangelo dall’Associazione Corale “ Pueri Cantores” eretta in persona Morale il 15 luglio 1983 da S.E.Mons. Antonio Zama con Direzione di Don Antonino Guarracino che ha riversato in questo delicato compito tutto il suo slancio e la sua grande passione per il Canto a tal punto che la Corale è stata invitata a partecipare a convegni e concerti prestigiosi in Italia e in Europa. Il Priore Milano ha menzionato anche quale linfa vitale abbia apportato l’Associazione Gioventù Italiana di Azione Cattolica intitolata a Don Eduardo Mastellone che ha conseguito ottimi riconoscimenti nelle “gare” di cultura religiosa e ha evidenziato la fattiva collaborazione, nell’ultimo decennio, con l’Associazione Culturale Cypraea, fondata e presieduta da Cecilia Coppola, che ha sottoscritto una convenzione con la Parrocchia e la stessa Congrega. Il personaggio da tutti ricordato con grande commozione è stato Don Antonino Guarracino che, nonostante i suoi novantacinque anni, rimane attento ed infaticabile sostenitore quale Padre Spirituale della Congrega, ancora presente, anche se sofferente, ma ricco di quella forza che solo una Fede ben radicata e vissuta con l’entusiasmo di un cuore fanciullo può dimostrare. Infatti nel suo saluto alquanto commosso, ma lucido e chiaro, ha detto: «La vita nell’Oratorio con i miei ragazzi si è snodata coniugando due verbi, giocare e pregare, senza dimenticare che la vita deve essere spesa all’insegna dell’amore verso Dio e per fare questo occorre essere disposti alla fatica e al sacrificio, dimostrando il nostro modo di essere cristiani ma anche di essere uomini e donne che sanno impegnarsi in prima persona e accogliere la sfida della responsabilità». Il Priore Milano, a nome dei Luigini, ha chiesto, per continuare ancora il prezioso cammino iniziato

La celebrazione eucaristica con Mons. Francesco Alfano. Foto di Rosario Criscuolo

dell’anziano rettore Don Antonino, il sostegno di un altro Sacerdote e il ripristino della Messa Vespertina del Sabato, in quanto la celebrazione Eucaristica ha il compito non solo di aggregare ma anche di rendere fertile l’anima dei giovani e degli adulti. «Noi Luigini - ha poi sottolineato stiamo qui a piantare i semi che, germogliando, daranno succulenti e nutrienti frutti elementi fondamentali per tangibili sviluppi realizzabili in ogni contesto sociale, simili al buon lievito che formerà dell’ottimo pane». Don Pasquale Irolla ha confermato come San Nicola sia un luogo educativo e che la grande sfida da raccogliere è «trovare la presenza del sacerdote che aiuti e sostenga il nostro Don Antonino e che educhi non solo i ragazzi ma anche la classe dirigente. L’Oratorio deve essere la seconda casa che sappia convocare i giovani offrendo, attraverso linguaggi appropriati, esperienze di fede e di maturità umana». L’Arcivescovo Mons. Francesco Alfano ha affermato: «Sarebbe necessario avere maggiori vocazioni per venire incontro alle esigenze delle Parrocchie ma non bisogna mai avvilirsi, in quanto i tempi di crisi, come quelli in cui

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SEGUE DA PAGINA 4 viviamo, sono tempi di grazia e l’Oratorio di San Nicola ha tutti i presupposti per continuare nel suo cammino di evangelizzazione in quanto per oltre un secolo la collaborazione con la Congrega dei Luigini, vissuta con spirito di encomiabile volontariato, ha affiancato le attività parrocchiali quali la Scuola Elementare Paritaria San Michele Arcangelo e la Fondazione Casa di Riposo S.M., pertanto tale cammino fa ben sperare nel futuro. Stasera qui respiriamo una grande gioia che motiva la festa e dobbiamo vedere tutti accanto alle nuove generazioni delle quali non sempre parliamo bene ma che attendono dalla società, dalla Chiesa e da un’Istituzione religiosa come l’Oratorio di San Nicola maggiore attenzione, disponibilità ed accoglienza. Essere loro vicini significa piantare buoni semi che daranno certamente grano che si muterà in pane di vita!». L’architetto Francesco Ruocco, responsabile della

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direzione dei lavori di restauro eseguiti con cura ed attenta sorveglianza, ha anticipato con la proiezione di un DVD l’iter dell’accorta e radicale ricostruzione della Cappella dove sono evidenziate le linee semplici e armoniche dell’edificio immerso in una atmosfera di luce e di serenità. Erano presenti gli assistenti dei Luigini,Vincenzo Russo, Biagio Verdicchio che ha coordinato con entusiasmo la serata, Paolo Perfetto da sempre appassionato e orgoglioso cultore della storia dell’Oratorio e i rappresentanti del Direttivo della Associazione Culturale Cypraea -onlus, disponibili a rafforzare l’attenzione in eventi culturali inerenti alle finalità per un rinnovamento spirituale che tiene conto di tutto ciò che di positivo può scaturire dal coinvolgimento dei giovani. Non bisogna dimenticare la silenziosa e laboriosa opera della sig.ra Mariapia D’Esposito e delle signore che si occupano di rendere ordinati i luoghi del culto e lo spazio dedicato al gioco e allo sport.


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Arte. Il Comune di Sorrento acquisirà in dono il ritratto di Roberto Bracco

OFFRE L’OPERA E FA RIVIVERE IL PADRE

A settant’anni dalla sua morte Dino Paduano vuole ricordare il drammaturgo che ebbe legami con la città del Tasso di Nino Cuomo

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l Comune di Sorrento potrà acquisire il ritratto scultoreo di Roberto Bracco, eseguito dallo scultore pompeiano, Domenico Paduano, offerto dal figlio dello stesso scultore, Dino Paduano, residente a Vico Equense. Domenico Paduano nacque a Scafati (Sez. Valle di Pompei) il 20 gennaio 1916 e frequentò la Scuola d’Arte di Torre del Greco, ponendo le basi che la sua vena artistica doveva sviluppare. Ma purtroppo, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, fu chiamato a parteciparvi ed, essendo stato fatto prigioniero dai tedeschi a Lepanto, fu deportato in Germania, ritornando da Amburgo – dove era rimasto bloccato - alla fine della guerra. Il primo periodo della sua scultura risente dell’influsso del Maestro, Marino Mazzacurato di cui fu allievo a Roma ed è caratterizzato da una numerosa produzione di ritratti scultorei. Paduano, frequentò anche gli studi di Emilio Greco e Pericle Fazzini e sviluppò un’intensa attività creativa di stile “classico”, ed è stata definita una “classicità” poetica anche se con durezza ed oggettività, senza fronzoli perché profonda e ricca di naturalezza. La materia, particoralmente adoperata per le sue opere, era la creta o la terra vesuviana, il cemento misto al pietrisco o il tufo, onde i suoi lavori assumevano un aspetto duro, pur essendo pieno di umanità spontanea. Infatti nelle sculture di Domenico Paduano lo spirito poetico incontrava la sua cieca forza e si traduceva in un carattere potente e deciso, in quanto, con la sua arte, sapeva trasferire nei suoi lavori sculturei tutto se stesso. Aveva un particolare temperamento dinamico di meridionale sul quale avevano avuto evidenti ripercussioni le sofferenze patite, specie nella prigionia tedesca. Grande successo ebbe la sua prima mostra, nel gennaio 1951; anche perché poté giovarsi, nel proporsi al giudizio dei critici, di un catalogo arricchito dalla presentazione di Emilio Greco, Paduano ha dato prova del suo valore ed ha evidenziato di “avere nel sangue i segni di una civiltà mediterranea” e, principalmente nei suoi “gagliardi” ritratti e nelle

loro forme chiuse, tendenti a far assumere un tono “monumentale”, seguendo lo spirito del fervore del rinnovamento culturale dell’epoca. Fin dalle sue prime sculture conquistò un posto eminente fra gli artisti della sua generazione! Oltre al dono del busto del poeta salernitano Alfonso Gatto al Museo Provinciale di Salerno, del maestro pompeiano è stato già fatto dono, di recente. al Museo Nazionale di San Martino di Napoli del busto di Eduardo De Filippo, che è andato ad arricchire la sezione teatrale del museo stesso, insieme ai ritratti di Antonio Petito, Salvatore Di Giacomo, Eduardo Scarpetta e Raffaele Viviani. Il figlio dell’artista, il dott. Dino Paduano, ha messo a disposizione della Città di Sorrento quest’opera paterna, il ritratto scultorio di Roberto Bracco per i rapporti che questi ebbe con la città del Tasso. Il grande scrittore, drammaturgo e giornalista, era confinato a Sorrento, dove morì, a Villa Manning in via Fuorimura il 20 aprile 1943, pochi mesi prima della caduta del fascismo che egli avversava. Nell’anniversario della sua morte l’avv. Francesco de Angelis dettò la lapide per ricordarne il soggiorno. E, nel 1983, Sorrento ricordò il 40° Anniversario della sua morte Domenico Paduano era grande amico di Roberto Bracco e, dai rapporti di amicizia, è nata la scultura che il figlio dell’artista, Dino, ha voluto mettere a disposizione della Città di Sorrento. Toccherà al Sindaco di Sorrento decidere dove collocare quest’opera del maestro pompeiano, anche per affermare e confermare il rapporto della città con Roberto Bracco. La cerimonia di consegna dell’opera sarà l’occasione per ricordare, oltre lo scultore Paduano, il grande drammaturgo, di cui l’anno scorso ricorreva il 70° della morte. E questa manifestazione sarà un’altra gemma dell’attività culturale che, da anni, svolge il Comune di Sorrento, con iniziative tendenti a sviluppare ogni aspetto di questo settore, sia per offrire ore particolari agli ospiti della città, sia per avviare i giovani verso mete di evasione da ogni forma di violenza.


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Eventi/2. Pienone per le Cene di Beneficenza organizzate dalla Pro Loco

A TAVOLA PER IL RESTAURO DELLA TELA

Tre appuntamenti per la raccolta fondi dell’opera di Lavinia Fontana custodita nella Chiesa della SS.Trinità

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unedì 21 e martedì 29 luglio si sono svolte al Chiostro dell’Immacolata le prime due Cene di Beneficenza finalizzate alla raccolta fondi per il restauro della tela di Lavinia Fontana, custodita nella chiesa della SS. Trinità a Piano di Sorrento. L’iniziativa, promossa dall’Associazione Turistica Pro Loco Città Piano di Sorrento insieme al Comune di Piano di Sorrento e con la collaborazione di Slow Food Costiera SorrentinaCapri, Fidapa Penisola Sorrentina, Associazione Archimede e Unitre, ha registrato fin dal debutto un grande successo. Concepita come obiettivo principe dell’edizione 2014 del Maggio dei Monumenti, la causa è stata abbracciata non solo dalla parrocchia della SS. Trinità, nella persona del parroco Don Marino De Rosa, e dalla Venerabile Confraternita dei Pellegrini e dei Convalescenti, nella persona del priore Pasquale Bagno, ma dall’intera cittadinanza. «È un’opera che viene restituita non solo alla comunità di Trinità - ha infatti affermato Don Marino - ma al Comune di Piano di Sorrento e a tutti gli abitanti della Penisola. Grazie all’entusiasmo e alla caparbietà di Marco D’Esposito, Presidente della Pro Loco, abbiamo cullato questo

sogno e ora che la prima fase del restauro si è conclusa, siamo a buon punto per vederne i risultati». Il restauro è stato affidato alle restauratrici Andreina Castellano, trinitense, e Alessandra Cacace, con la supervisione della Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio ed i Beni Storici, Artistici di Napoli e Provincia per il tramite della Dott.ssa Angela Schiattarella, e l’approvazione dell’Ufficio Beni culturali ed Edilizia di culto della Diocesi Sorrento-Castellammare di Stabia. «Si sta procedendo al rintelo - spiega Alessandra Cacace - e al consolidamento del colore. L’analisi del dipinto ha evidenziato criticità dovute al logorio del tempo ma anche ad interventi successivi in inceratura probabilmente tesi al mantenimento della vernice sulla tela, operazione che però ha contributo all’acconchigliamento del colore che si è man mano ingrigito. Si è anche giunti alla determinazione di dover necessariamente sostituire la cornice: è ormai completamente deteriorata, non ha grande valore rispetto alla tela e, inoltre, all’epoca fu inchiodata sulla tela». È interessante sottolineare che il restauro si sta svolgendo interamente nelle navate della chiesa della SS. Trinità ed è possibile seguire di persona l’avanzamento dei lavori la cui conclusione è prevista entro l’anno.

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SEGUE DA PAGINA 7 Il restauro della tela di Lavinia Fontana, una delle pochissime pittrici donne attive nell’ambito della Chiesa nella corrente manierista, ha coinvolto finora circa 150 partecipanti e 40 volontari nello staff che, nella gratuità, hanno sposato la causa. «Le Cene di beneficenza in programma - ha precisato il funzionario del Settore Cultura Carlo Pepe - servono, ancora prima che per raccogliere fondi, per portare la cittadinanza a conoscenza di un’opera d’arte di grande prestigio presente sul territorio». Con questo spirito sarà organizzata anche il prossimo appuntamento, previsto per lunedì 11 agosto alle ore 20.30 presso il Chiostro dell’Immacolata. «Il restauro di un’opera d’arte è già di per sé un monumento simbolico e metaforico - dichiara il Sindaco di Piano di Sorrento Giovanni Ruggiero, presente alla serata - un messaggio chiaro: dare e ridare vita alla cultura e alle bellezze del nostro territorio significa custodirne le

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radici, la storia e il futuro. Significa sottolineare il senso di “appartenenza” ad un luogo, ad una comunità, ad un obiettivo condiviso». E mentre giunge a termine la raccolta fondi per la tela di Lavinia Fontana, la Pro Loco già pensa alle prossime iniziative. «Una volta conclusi i lavori di restauro - spiega il Presidente Marco D’Esposito - è in programma un libro riassuntivo dell’operazione svolta e illustrativo dell’opera d’arte. Con soddisfazione abbiamo toccato con mano l’interesse della cittadinanza nei confronti del patrimonio culturale e artistico del territorio e stiamo valutando l’ipotesi di ripetere l’iniziativa con modalità similari. Se ogni anno la manifestazione del “Maggio dei Monumenti” si facesse carico del restauro di un’opera d’arte potremmo, in un tempo relativamente breve, “salvare” e riconsegnare alle generazioni che verranno una parte significativa della nostra storia».


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Memoria. Intitolato un piazzale alla docente del Liceo di Meta

UN POSTO PER LA PROF CELENTANO

Viene presentato il dialogo “Filo di pensiero” che raccoglie le sue parole pochi giorni prima della morte di Nino Cuomo

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l piazzale della Circumvesuviana di Meta, dove ha ingresso il liceo classico, “P. Virgilio Marone”, da alcuni giorni ha assunto il nome di Laura Celentano, docente in detto istituto per 35 anni, formando più di 900 studenti nelle lingue e letterature latine e greche. Una cerimonia semplice e condivisa per ricordare una docente che, dopo di essere stata festeggiata per la conclusione della sua vita scolastica, 5 giugno 2002, dopo soli 37 giorni, il 12 luglio, cessò di vivere inaspettatamente ed improvvisamente. Il Sindaco della città ha dato inizio alla manifestazione scoprendo la lapide indicativa del piazzale ed alcuni colleghi della docente metese l’hanno ricordata affidandola alla memoria dei posteri. La cerimonia, però, è continuata (nella sala di un ristorante), perché davanti ad un pubblico che ancora ricorda la Celentano, attraverso i suoi insegnamenti e le sue pubblicazioni, la sua passione per la letteratura umanistica e la sua disponibilità al colloquio con gli studenti, è stata presentata una pubblicazione predisposta da Ernesto Anastasio (un suo ex allievo degli anni 1984-87, oggi stimato magistrato a Torre Annunziata), edito pur due anni fa da un altro suo ex, Gino Fienga. Trattasi di un dialogo, registrato pochi giorni (oseremmo dire “poche ore”) prima della scomparsa della professoressa e considerato quasi una testimonianza di chi ha creduto nella cultura grecolatina ed, approfondendone gli aspetti morali e culturali, ne ha trasmesso il contenuto e gli insegnamenti. “Filo di pensiero” è il titolo della pubblicazione e riporta un dialogo sul “mito” e sulla personalità e la figura di Cicerone, con una breve presentazione di Vincenzo Aiello, che, prevenendo il contenuto dell’opuscolo, ricorda come la professoressa aveva doti didattiche particolari, perché evitava d’imporre l’ipse dixit, preferendo impegnarsi a “cercare di stimolare in tutti un filo di pensiero” sul quale consentire ad ognuno di formarsi una “sua” idea e di pervenire ad autonomi e convinti giudizi su fatti e persone. Egli nella presentazione indica che il dialogo, oggetto della pubblicazione, “costituisce un dialogo sullo stesso piano”, anche se questa volta si opera tra ex docente ed ex allievo. Purtroppo quanto registrato (e sbobinato un mese dopo la scomparsa) può considerarsi un “incompiuto”, anche se ampiamente soddisfacente per il “mito” e su “Cicerone”, i due argomenti trattati nel dialogo. Anche se Ernesto Anastasio è riuscito a dare alla sbobinatura un complesso armonico e soddisfacente, idoneo a trasmettere il pensiero della Celentano su argomenti di quella cultura nella quale le sue convinzioni erano ferme e concrete. Dopo che Laura Celentano ha affermato che il mito è “lo spazio che si dà alla fantasia ed all’emozione,

indipendentemente da una logica stringente”, l’interlocutore ha posto la prima domanda per conoscere quale fosse l’importanza del mito greco e perché esso fosse – più importante o meno - “delle favole e delle leggende della letteratura popolare tedesca”. La risposta è stata chiara e decisa, perché la “docente” ha precisato subito il suo parere sulla “vitalità del mito greco”, valorizzato e supportato nel campo della letteratura: “esso è penetrato in una tradizione letteraria inimitabile, quella greca”. Letteratura greca che “è confluita nella letteratura e cultura latina che, forse, ha dato al mondo greco quel sigillo di universalità, di diffusione, di durata nel tempo e di possibilità di creare ulteriori forme di civiltà”. Un richiamo particolare s’incontro discutendo del “mito di Platone” che incontra al centro della Repubblica con quello “della caverna”, dove è narrato che “la condizione umana è vista come la condizione di prigionieri nel fondo di una caverna al buio; poi c’è una specie di fessura da cui penetra una luce che sta all’esterno; la luce, la fonte luminosa, i prigionieri non la vedono; vedono soltanto questa luce che arriva più in alto delle loro teste”. Dopo l’esame del “mito” (molto approfondito), si passa a discutere della personalità di Cicerone, al cui proposito la “professoressa” si presenta alquanto scettica rimproverandogli che, alcune volte, si esaltava troppo (e fa riferimento al suo tentativo poetico – non certo ben riuscito). Ma che Cicerone sia considerato il punto centrale della cultura latina, di quella letteratura che vede il classico nella prosa di Cicerone e nella poesia di Virgilio (anche se non si possono escludere autori come Cesare e Sallustio, Plauto e Terenzio, ed altri ancora). Su ricordo dello stesso Ernesto Anastasio, viene richiamato dalla “professoressa”, quello che può essere considerato un altro merito di Cicerone: l’importanza dell’Hortensius ciceroniano nella conversione di S. Agostino o meglio per la sua crescita morale. E poi il dialogo sulla letteratura latina continua su Seneca e Tacito. E, quando l’interlocutore richiama una lapide a Capri, nella quale “si loda Tiberio e si accenna alle calunnie di Tacito”, Laura Celentano precisa che il vero calunniatore è da considerarsi Svetonio, giudicato come “il pettegolo della storia”. Attraverso questa pubblicazione si conferma che Laura Celentano ha vissuto in pieno la sua missione e che avrebbe potuto ancora svolgerla. specie senza il vincolo della “cattedra”. Questa pubblicazione del giudice Anastasio è un contribuito per confermare, oltre che il ricordo della sua docente, la validità ancora viva della trasmissione del suo messaggio formativo


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Storie d’altri tempi. Nonna Lucia Vinaccia racconta la sua gioventù

CENTO ANNI E NON SENTIRLI

«Erano periodi duri in cui si lavorava molto, si godeva della semplicità delle cose e della ricchezza dei valori» di Cecilia Coppola

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ltrepasso un cancello in via Gennaro Maresca e mi inoltro in un giardino di aranci delimitante un cortile assiepato da piante fiorite che recingono le mura di una casa costruita con mattoni di tufo, una porta a vetri mi introduce a piano terra in una stanza dove ancora tantissime rose si mescolano ad orchidee, a margherite, omaggio ai cento anni compiuti dalla più straordinaria delle nonne: Lucia Vinaccia che mi accoglie nel pieno dei suoi anni portati con lucidità di memoria, un’accurata precisione di linguaggio e un pizzico di civetteria del tutto femminile rivelato da un cenno di rossetto sulle labbra, da un velo di cipria, da un sorriso dolcissimo e da una elegante giacchina ben abbinata alla camicetta dove si adagia come collana una coroncina del rosario in argento. Intorno i parenti, i figli Gennaro e Franco con la moglie Francisca, la nipote Rosetta e il pronipote Michele, un nido caldo di affetti nel denominatore meraviglioso della famiglia. La conversazione con nonna Lucia inizia pacata e scorrevole, ritmata da espressioni corrette prive di cadenza dialettale, e vengo trasportata nel mondo della sua infanzia, all’emozionante momento della prima Comunione a Santo Onofrio, con il vestito arricchito dalla mantellina che portavano le novizie offerto dalle Suore insieme al semplice rinfresco. «I tempi erano duri - puntualizza nonna Lucia - e in casa si consumava quanto la terra coltivata da mio padre Francesco offriva, mia madre Vittoria accudiva con lui la stalla, le galline e il gatto, il latte ricavato dalle mucche veniva venduto, in famiglia si consumava solo quello necessario per la zuppa giornaliera del mattino. I dolci

di cui ero ghiotta giungevano a tavola in particolari feste come quella di Natale o Pasqua, quando mangiavamo le zeppole, gli struffoli, la pastiera preparati da mia madre e noi figli osservavamo il grano che faceva spugnare nell’acqua, poi bollire coprendolo con un panno per farlo scrocchiare per tre giorni, per bollirlo di nuovo insieme al latte e alla sugna.Io attendevo che tutte le fasi di preparazione terminassero per poter finalmente avere la mia fetta e gustarla fino all’ultima mollichetta». Nonna Lucia ricorda che l’uovo di cioccolato era un miraggio, a loro bambini durante il pranzo di Pasqua era dato l’uovo sodo che adornava il casatiello o le uova pinte che, prese dal pollaio, venivano avvolte in un panno mescolate a ritagli di stoffa colorati o erbe del giardino, fiori, cipolle, poi si immergevano nell’acqua per farle bollire e colorare il guscio. Sin da piccola Lucia abitava con la nonna, della quale portava il nome e mi spiega «aveva il giardino confinante con il nostro ed era semplice per me farle compagnia perché il figlio era morto durante la prima guerra mondiale, mi voleva tantissimo bene e io cercavo di darle una mano nelle piccole faccende di casa, l’aiutavo a indossare la giacca, ad infilare le pantofole e a preparare il caffè. Ricordo, ancora ora, che mi ammoniva di versarne solo un poco nella mia zuppa di latte, sottolineando la motivazione con questa frase a te

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SEGUE DA PAGINA 10 fa male. Il focolaio in cucina doveva essere sempre caldo perché - precisa - avevamo bisogno di far bollire l’acqua da versare nella tinozza contenente il farro, la crusca e le fave, che formavano il pastone per le mucche. Avevamo una pentola a pressione, non come quella moderna, ingegnosamente ricavata facendo passare da un manico all’altro uno spago legandolo ben teso sopra il coperchio per far bollire e rendere morbida la carne del pollo o della gallina che venivano raramente cucinati». Mi spiega che aveva conosciuto Gaetano, il marito, perché veniva con i fratelli ad aiutare suo padre a lavorare la terra. «Mi lanciava delle occhiate profonde e cercava di parlarmi - puntualizza - ma io scappavo e, quando chiese a mio padre di fidanzarsi con me, non provavo molta simpatia. Gesù, Giuseppe e Maria - esclama - prima di accettare ho pensato parecchio, ho pregato, mi sono consigliata con mamma. Oggi è tutto diverso e alle volte, riflettendo, penso che sia meglio avere maggiore libertà per conoscersi a fondo, mentre io mi trovavo a disagio non essendo esperta della vita!». Lucia il giorno delle nozze prima di uscire di casa in corteo nuziale dovette inginocchiarsi dinanzi al padre e alla madre che le posero le mani sul capo dicendo: «Figlia mia, a’ Madonna t’accumpagne!» e le gettarono fra i capelli fiori, riso e confetti, lo stesso fecero aggiungendo monetine le persone che la sposa incontrava lungo il percorso a piedi per recarsi nel luogo sacro, mentre i ragazzi intorno con i “coppi” per la pesca

raccoglievano a gara i confetti per non farli sporcare e poterli mangiare. «Il ricevimento si svolse a casa - continua a ricordare Lucia - dove precedentemente avevo esposto il corredo per diversi giorni. Conservo intatte tre lenzuola bellissime di lino, due con le mie cifre e una con quella di mio marito, non ricamate da me perché dovevo lavorare la terra, e una camicia bellissima con ricami di fiori che ho raccomandato di farmi indossare quando volerò in cielo e incontrerò il mio Gaetano». Nonna Lucia, sebbene abbia raggiunto il traguardo dei cento anni, conserva la sua autonomia e sottolinea: «Nonostante la mia vita sia trascorsa a lavorare in giardino fra l’umido, il freddo e l’acqua, con la schiena curva a tagliere l’erba con la falcetta, i miei reumatismi alle articolazioni sono sopportabili, grazie a quella maglietta intima che mia madre Vittoria mi suggerì di indossare dopo il ritorno dal breve viaggio di nozze a Roma, dove mio fratello era soldato e mi portò dal Papa in Piazza San Pietro. Che emozione!» e mi indica con orgoglio la benedizione del Santo Padre per i suoi cento anni che è in bella mostra in un quadretto sulla parete. La schiettezza, la naturalezza e la semplicità di Nonna Lucia riporta al sapore delle cose genuine, riscopre tradizioni della nostra “gente” ed evidenzia la bontà, la semplicità, anche un modo di vivere dove le piccole cose rendevano felici nella loro ricchezza di valori e nel calore della famiglia.

I festeggiamenti Venerdì 4 aprile Laura Vinaccia è stata festeggiata dalla famiglia e gli amici. A rendere omaggio alla cittadina centenaria, è stato invitato anche il Sindaco di Piano di Sorrento Giovanni Ruggiero a nome dell’Amministrazione e dell’intera Città. Accompagnato anche dal Funzionario del III Settore Carlo Pepe, il Primo Cittadino, vestito della fascia tricolore, ha portato ufficialmente gli auguri a nonna Lucia, visibilmente commossa: «Oggi la signora Lucia ci fa un grande regalo – ha detto il Sindaco – permette a tutti noi, anche quelli con qualche anno sulle spalle, di sentirci “piccoli” per un po’ e di risvegliare il bambino che c’è in noi».


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Storie. A Meta la storia di 25 amicizie nate all’istituto Madre Remigia

l’INCONTRO DOPO 40 ANNI DAL DIPLOMA

«Dopo tanto tempo è stato difficile riconoscerci tra noi. Erano tempi diversi: scioperi della fame, trucco di nascosto e una divisa grigia» di Iole Filosa

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i incontrano dopo 40 anni dal diploma di maturità. Escono a cena insieme, si raccontano a vicenda le storie, vite che nel frattempo hanno preso tante strade diverse, ricordano le amiche che non ci sono, si divertono e sembra esser tornato tutto come in un lontano giorno di scuola. Solo con qualche luna in più. Si avvicina ad una trama di un bel film, uno di quelli da guardare la 1974 domenica pomeriggio, dopo il quale spegnere la tv pensando a quanto possa essere bella, imperturbabile e senza tempo l’amicizia. Eppure un film non è. È successo a Meta, le ragazze dell’Istituto di Madre Remigia, un tempo in Vico S. Stefano, sono tutte sedute al tavolo del ristorante. Classe 1956, si chiamano Maria Laura, Carla A., Maria Francesca, Rosaria B., Maria C., Giovanna, Marisella, Lina, Carla D., Marina, Stefania, Annamaria, Imma, Geltrude, Maria Laura, Anna, Marta, Maria P., Maria B. R., Rosaria S., Maria S., Paola, Ornella e Rosalinda. Tra loro mamme, nonne, insegnanti, casalinghe, medici, artigiane, 2014 commercianti, imprenditrici. È un caldo venerdì di luglio e l’atmosfera è fraterna e frizzante insieme. E anche il Sindaco di Meta, Giuseppe Tito, raggiunge il gruppo per festeggiare un’occasione così rara. Il pensiero scorre su e giù per il registro della memoria. «Con alcune ogni tanto capita di incontrarsi per strada raccontano - con altre però stasera abbiamo avuto difficoltà a riconoscerci. Siamo cambiate ed è normale, ma è stata una gioia vederci». Il gruppo intero era composto dalla sezione A e dalla sezione B, 40 in tutto, oggi splendide sessantenni che di nascondere l’età non solo non ne vogliono sapere ma non ne hanno nemmeno bisogno. I ricordi che condividono oggi, dopo 40 anni dal diploma, ricorrenza scelta simbolicamente, hanno tutto il sapore di un tempo non molto lontano ma diverso, plasmato su piccole trasgressioni, segreti, baci rubati e le prime vere ribellioni di libertà. «All’istituto avevamo la

divisa, un grembiule brutto e grigio topo. Se indossavamo una gonna leggermente più corta la suora ci scuciva l’orlo» racconta Marta. Tempi duri per adolescenti piene di vita messe in fila ogni mattina nel corridoio dell’istituto per marciare, pregare e subire il controllo della mise giornaliera: sobrietà, viso senza trucco e capelli legati. «Erano tempi diversi. Ricordo che iniziai uno sciopero della fame perché volevo comprare dei pantaloni. Mio padre non voleva, diceva che erano solo per maschi. Solo che l’appetito si faceva sentire e io andavo a spiluccare nella padella delle polpette che mia mamma lasciava in cucina racconta invece Carla ridendo - ci pensò poi la nonna a darmi i soldi: i miei primi pantaloni verde petrolio!». E i racconti piovono: «La ritirata era alle 18, quando riuscivano ad andare a ballare potevano rimanere fuori al massimo fino alle 21. Ovviamente ci truccavamo e struccavamo sotto casa quando capitava di uscire insieme». Nei discorsi fitti, tipici di chi ha da recuperare lunghe chiacchierate, c’è spazio anche per chi non è presente quella sera. Ricordano Brigida morta in un incidente e Michelina, invece, per leucemia. E ancora Maria Anastasia che ha iniziato a viaggiare prestissimo e si è trasferita prima in Germania e ora in America. Ma a tenere banco sono sempre i ricordi di gioia: i primi fidanzatini portati poi fino all’altare, l’avventura della seduta spiritica, i libri legati con l’elastico, il carosello dei posti nei banchi per le donne più alte della classe. «Studiare in un istituto di suore a quell’epoca significava stare a regole ben precise, ma c’era sempre chi trasgrediva - raccontano Biancamaria un giorno si mise a ballare sul banco mentre Carla cantava. C’è anche chi litigò con Suor Antonietta e si beccò una sospensione!» . Tanti ancora sarebbero gli aneddoti e le briciole di vita condivise tra fresche risate e tanto divertimento. Ma tutti confluiscono in un’unica certezza: l’affetto non conosce confini e ci si può trovare dopo anni, dopo 40 anni, e guardarsi come l’ultimo giorno di scuola.


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Percorsi. Giovanissimi e animatori passo dopo passo da Norcia a Rieti

IN 90 AL CAMMINO DI SAN BENEDETTO

Un viaggio esteriore e interiore perché «se un cammino non ti cambia il cuore, allora hai fatto trekking». Prossimo obiettivo: Montecassino

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Se un cammino non ti cambia il cuore, allora hai fatto trekking». Ogni viaggio ha un “senso”, una “direzione”, un “significato”, un tragitto, un “verso dove”, una ragione, una motivazione. Viaggiare è accettare il brivido dell’ignoto, è chiudere la porta di casa, lasciare qualcosa, qualcuno, è esplorazione di un’alterità di luoghi, di volti, di situazioni diverse, inaspettate, imprevedibili. Si torna sempre cambiati da un viaggio, qualsiasi esso sia. E se il viaggio è un cammino zaino in spalla, poche cose da portarsi dietro, a piedi per chilometri e chilometri attraverso i luoghi di Benedetto da Norcia a Rieti, potremmo raccontare di più viaggi, o meglio, di un viaggio “altro”, quello interiore. Un viaggio aiuta l’altro, quello esteriore offre spunti a quello interiore e quest’ultimo fornisce le motivazioni al primo e ne anima il percorso. Ciascuno, infatti, ha in sé un “continente interno”, che non finirà mai di esplorare e che nessun altro potrà esplorare al suo posto, ma a delimitare i contorni di questo continente, a modularne suoni e colori, ad arricchirne flora e fauna contribuiscono i “continenti esterni”: paesaggi, luoghi, contesti, odori, scrosci di acqua, prati verdeggianti, monasteri diruti, viottoli acciottolati, tramonti dorati, borghi assopiti. Dal 20 al 24 luglio circa 90 fra giovanissimi e animatori della Parrocchia di S. Michele Arcangelo si sono messi in cammino guidati da Don Mariano Gargiulo e Don

Emmanuel Miccio, accuditi e ristorati dall’equipe di 14 volontari (adulti e giovani della comunità) che con cura e attenzione hanno camminato, anche se in maniera diversa. Ognuno a compiere il proprio viaggio: esteriore, fra le colline e le impervietà dell’Umbria meridionale e della Valle reatina; interiore, nell’essenzialità del poco e del necessario, nella fragilità della fatica, nei limiti di scoprirsi non onnipotenti ma bisognosi di altro, degli altri, di Dio. Questo viaggio è appena cominciato nel cuore dei pellegrini, forse inconsciamente si sta dipanando nei meandri dell’anima, delle coscienze, come fiume carsico fra non molto, o fra tanto (non sta a chi semina decidere del prodotto del raccolto) aprirà nuovi affluenti, si farà strada per raggiungere il mare, porterà un’impetuosità che a tratti sembra assopita dall’abitudine alla grazia, del dovuto, assuefatta in tanta “ricchezza”. Un viaggio ti cambia il cuore, e con esso lo sguardo, il modo di porsi nel mondo, nell’umanità, nel solco della storia, ma non è fine a se stesso, impone una meta: «Quando l’uomo non sa verso quale approdo naviga nessun vento gli è favorevole» (Seneca) e quindi non può salpare. Ora Rieti, l’anno prossimo Montecassino, oggi l’obiettivo di trovare il proprio posto nel mondo a servizio degli altri, nella grande comunità degli uomini, e scrivere pagine di Bene per edificare il Regno. S.I.


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L’intervista. Salvatore Iaccarino, dalla parrocchia di San Michele a Roma

IN CAMMINO VERSO IL DIACONATO

«Rileggendo la mia storia, riconosco la presenza di Dio che ha sempre indirizzato la mia vita, attraverso la voce di tanti sacerdoti» di Iole Filosa

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icorda tutte le date con precisione certosina e sorride di tanto in tanto mentre racconta i passi della sua vocazione ripercorsi oggi, a poche settimane dal grande giorno. Salvatore Iaccarino, proveniente dalla parrocchia di San Michele Arcangelo di Piano di Sorrento, verrà ordinato diacono il 27 settembre presso la cattedrale di Sorrento insieme ad Antonio Parlato e Gaetano Staiano, figli spirituali di Don Domenico Cassandro, parroco di Moiano fino all’ultimo giorno della malattia. C’è attesa ed emozione nelle sue parole, mentre scorrono le immagini di incontri, scelte, legami… ► Salvatore, il 27 settembre sarai ordinato diacono insieme ad Antonio Parlato e Gaetano Staiano. Come hai ricevuto la notizia? L’ho ricevuta venerdì 27 giugno, festa del Sacro Cuore di Gesù, dal Vescovo Francesco Alfano durante l’assemblea del Clero. È stato un momento informale ma intenso, vissuto insieme ad Antonio e Gaetano: dopo tante attese ed ipotesi si è concretizzato un momento, un giorno ben preciso. Il Vescovo ci ha proposto data e luogo: il 27 settembre nella cattedrale di Sorrento. Subito dopo è avvenuto l’annuncio al presbiterio riunito. Saremo ordinati nel giorno in cui la Chiesa ricorda San Vincenzo de Paoli, un Santo della carità, e durante la novena di San Michele, quindi anche in un tempo “forte” per la mia parrocchia di origine. ►Ripercorriamo insieme le tappe principali del tuo cammino, fino ad arrivare a Roma. Rileggendo la mia storia, ho riconosciuto la presenza di Dio che ha accompagnato e ha indirizzato la mia vita, fin da prima che io prendessi consapevolezza della vocazione ad essere prete. Dopo la maturità classica, il 21 novembre 2007 sono entrato nel seminario diocesano per l’anno propedeutico. Nel 2008 poi, il 4 ottobre, è iniziato il mio percorso nel seminario maggiore, per 5 anni, con gli studi alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Quest’ultimo anno è stato ricco, particolare e anche inaspettato: il 26

settembre del 2013, giorno in cui è nato Paolo VI (figura a cui sono molto legato), come alunno dell’Almo Collegio Capranica ho cominciato a frequentare i corsi alla Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana. ► Hai riscontrato difficoltà? Ovviamente ci sono le difficoltà del trovarsi in una realtà totalmente diversa e nuova: la Roma capitale e la Roma fulcro della Chiesa sono un crocevia di scambi, ma anche di contraddizioni. Il salto (non di carriera!) dal piccolo seminario di Vico Equense al Collegio Capranica nel pieno centro di Roma, pur portando problemi di ambientazione e di comprensione della nuova realtà, è stato carico di novità. Innanzitutto la novità della universalità: conoscere gente di latitudini diverse, di tanti Paesi diversi, di culture e storie differenti, l’opportunità dello scambio di esperienze, a più livelli. E questo scambio fa tanto bene. Il rischio che intravedo per le nostre comunità è quello di creare dei piccoli mondi autosufficienti e organizzati, che possono anche essere belli e ordinati ma che poi non sono capaci di confrontarsi, che non vogliono o non sentono l’esigenza di confrontarsi. Papa Francesco, prim’ancora Papa Benedetto, lo ha ricordato spesso: «La Chiesa deve uscire da se stessa, quando la Chiesa diventa chiusa si ammala!». Occorre vigilanza, ma anche la capacità di saper integrare tutti i pilastri della formazione: la preghiera, lo studio, la vita comunitaria, l’attenzione pastorale. In alcune giornate lo studio mi è pesato nella sua solitudine: ci sei tu, il libro, l’esame da fare, ore e ore in biblioteca o nell’archivio. Sento in me una profonda spinta a fare sul serio, a profittare delle tante opportunità che ci sono, ad avere non solo informazioni, erudizioni, ma conoscenza, non solo dati ma rielaborazioni, pensiero. Solo così queste competenze potranno trasformarsi in servizio, ministero per e nella Chiesa. ► In quest’ottica, in che modo affianchi lo studio al servizio in corsia all’ospedale Bambino Gesù?

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SEGUE DA PAGINA 14 Il rischio della vita da collegiale è “l’accademicismo”, diventare dottori, laureati in qualcosa, ma non padri. L’esperienza al Bambino Gesù è una palestra di formazione: stare in corsia mi ricorda l’umanità, mi permette di toccare con mano la quotidianità, la difficoltà della sofferenza dinanzi al dolore dei bambini, degli innocenti e delle loro famiglie. Quest’anno non ho avuto una parrocchia a cui sono stato affidato, non ci sono ragazzi dell’ACR, giovanissimi, gruppi animatori come nelle esperienze pastorali ad Arola e poi nelle parrocchie in solido di Lettere-Casola. La mia esperienza pastorale è avvenuta tra le corsie di questo ospedale, nel reparto di pediatria 1 e di onco-ematologia: ogni stanza porta il suo carico di dolore, di fede o di disperazione, di lacerazioni, di dubbi, di lacrime, di resa, di speranza. Penso ai bambini che in quest’anno non ce l’hanno fatta. Ricordo in particolare Antonio, un quattordicenne che ho conosciuto all’ACR ad Arola, che abbiamo accompagnato alla morte durante questa Quaresima nella domenica di Lazzaro per me è esperienza di fragilità e di grazia. ► Manca poco alla tua ordinazione diaconale. Da cosa sarà caratterizzato questo periodi di attesa e di preparazione? Siamo in una fase pienamente organizzativa: gli incontri con il Vescovo e con i vari uffici della Diocesi, la preparazione dei dettagli. A settembre gli esercizi spirituali predicati da don Salvatore Branca. Una preparazione

15 esterna ed interna… Sarà, poi, un’estate molto piena: a luglio il cammino di Benedetto con i giovanissimi di Piano di Sorrento, ad agosto l’opportunità di vivere e studiare per un mese a Parigi grazia ad una borsa di studio offerta dall’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, a settembre una settimana a Palermo con il Vescovo Francesco e i seminaristi della Diocesi sulle orme di Don Puglisi. ► Quali altri incontri ti hanno segnato in questo anno? Roma è stata occasione per tantissimi incontri. Penso alle personalità che passano in Collegio, a tutti i compagni, ognuno con un’esperienza diversa, l’amicizia con alcuni compagni ortodossi L’incontro più dolce e inatteso credo, però, sia stato quello con Papa Francesco. La prima volta che ho avuto l’occasione di salutarlo è stato il giorno dell’Immacolata, a Santa Maria Maggiore. Ero lì per il servizio liturgico al vespro e il Papa è arrivato per fare una preghiera alla Salus populi romani, icona protettrice di Roma, a cui il Papa è molto legato tanto da avervi fatto visita già otto volte. L’ultima occasione, la più emozionante, è avvenuta a marzo scorso, al Palazzo apostolico, nell’aula delle benedizioni. Insieme ad altri compagni di Collegio, ho avuto la possibilità di salutare il Papa, di dirgli che saremmo stati ordinati diaconi nel prossimo anno. È stato bello per me il momento in cui i nostri sguardi si sono incontrati. È stato un momento emozionante, non mi sembra ancora tangibile, qualche minuto per dirgli che prego per lui... Spero ci siano altre opportunità per poterlo incontrare. Siamo lì con gli occhi

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SEGUE DA PAGINA 15 a guardare ciò che fa, i suoi gesti che non sono per nulla banali o semplicistici, ma rivelano una grande saggezza, gesti che ci mettono anche in discussione, che rompono dei muri. ► A proposito di punti di riferimento, quali guide spirituali hanno segnato il tuo cammino di fede? Mi ritengo fortunato perché sono tanti i sacerdoti a cui ho guardato. Da sempre nel mio cammino riaffiorano due pagine di Vangelo, entrambe dell’evangelista Giovanni: l’incontro di Gesù con i discepoli del Battista al capitolo 1 e l’incontro con Pietro al capitolo 21. In filigrana vi ritrovo la mia storia, accompagnata dalla voce, dallo sguardo, dalle mani di tanti sacerdoti con cui ho camminato e con i quali continuo a camminare ancora oggi. Da piccolo sono stato chierichetto con Don Girolamo Bagnasco, poi ho affiancato Don Antonino Guarracino nel servizio alla casa di riposo. Poi la figura di Arturo (Mons. Arturo Aiello, ndr) fin dai tempi in cui ero ministrante, guida paterna che mi protegge le spalle, che mi sorregge pur lasciandomi libero nelle mie scelte. Penso anche alla presenza di Pasquale (Don Pasquale Irolla, ndr) e di tanti sacerdoti che hanno accompagnato la mia vita. Più cresco e più ritrovo e riconosco in me aspetti e modi di fare di alcuni di loro, testimonianza del segno lasciato su cui si sta formando il mio essere prete.

► Tu che sacerdote speri di diventare? Non so quali forme assumerà il mio ministero. è importante non smettere mai di guardare a Cristo, abbeverarsi della sua Parola, avere uno sguardo attento agli altri, non chiudersi, non rinchiudersi... Tante volte mi chiedo che prete sarò, ma a volte è solo fonte di ansia pensare alle forme che assumerà il mio ministero. E allora mi affido al Signore, alle scelte del Vescovo, alle esigenze della Chiesa… ► Con Don Franco, Arcivescovo di SorrentoCastellammare di Stabia, che rapporto hai? Con Don Franco si è istaurato fin da subito un rapporto filiale, profondo. Abbiamo avuto modo di vivere a stretto contatto per due anni quando si è stabilito in seminario.

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Mi sento legato a lui dall’ esperienza comune a Roma e al Collegio Capranica. Lo mantengo aggiornato attraverso mail e messaggi visto che il nostro Vescovo è altamente tecnologico. È un cammino che facciamo insieme. ► Chi altro ti accompagna in questo cammino? Che ruolo hanno la tua famiglia e i tuoi amici? Per me è una grande grazia che sia la mia famiglia che i miei amici mi abbiano sempre accompagnato in questa scelta, fin dal primo istante in cui ho detto ciò che forse era già chiaro da tempo. Mi sento con le spalle molto coperte dalla mia famiglia, dagli amici di sempre e quelli trovati lungo la strada, gli amici d’infanzia, quelli con cui ho condiviso il cammino in Azione Cattolica, al centro parrocchiale, quanti ho conosciuto nelle esperienze ad Arola, a Lettere-Casola, a Roma. La tentazione è quella di voler trattenere le persone e i ricordi, ma si continua a camminare e poi il Signore al momento opportuno ci permette di ricordare e di ritrovare ogni cosa, anche se in modo diverso. ► Anche il giornale “Il Centro”, come mensile di ispirazione cattolica, fa in qualche modo parte della tua storia e del tuo percorso. Quanto è importante la comunicazione per te? Da sempre credo molto nella comunicazione, in tutti i livelli. C’è una comunicazione che può creare comunione e una cattiva comunicazione che invece crea allontanamenti. A volte è questione di poco. La mia passione per la scrittura nasce a scuola, alle scuole medie e poi al liceo quando la mia indole, curiosa anche delle briciole di questa terra così bella, venne attirata dal mondo del giornalismo. Ricordo il primo numero del nuovo “Il Centro”, il 14 maggio 2006, poi l’esperienza del laboratorio di giornalismo con Fabrizio d’Esposito che ha dato vita al giornale nella versione attuale. È un cammino che in periodi diversi ho seguito, da lontano o da vicino. Ora a quante edizioni siamo? ► Questa è la 83° edizione, lo scorso 14 luglio siamo entrati nell’ottavo anno di attività editoriale Ecco, c’è chi disse che non saremmo arrivati al quarto numero, e invece… Credo di essere uno dei lettori più petulanti del giornale (ride) per i miei commenti tartassanti. È una creatura venuta su progressivamente, nell’impegno di chi ha continuato quest’opera, anche con sacrifici in alcuni momenti. È importante raccontare ciò che accade di bello, in alcuni momenti anche alzare una parola forte, sapersi esporre, raccontare la giusta verità senza travisarla, senza andare dietro le logiche “classiche” del giornalismo, capacità di andare controcorrente. Per me, da Roma, “Il Centro” rappresenta un anello di congiunzione con la mia terra. Quando ho l’opportunità per me è bello anche dare il mio contributo scritto. È importante che tutto ciò vada avanti. Ad maiora!


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Eventi/3. La processione della Madonna delle Grazie a Piano di Sorrento

MARINA DI CASSANO IN FESTA

Don Emmanuel Miccio: «Guardiamo a Maria come madre e maestra. Lei è la più bella perché ha gli occhi fissi in Dio»

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l’appuntamento più atteso e carico di tradizione della Marina di Cassano, a Piano di Sorrento: la processione della Madonna delle Grazie. Processione di storia e di storie che attraversa, con la banda in sottofondo, tutta la città dalla cappella del borgo marinaro alle strade della città, con il saluto delle autorità religiose e civili, per poi tornare al porto dove il fiume di persone sfocia nel corteo di barche toccando tutti i Comuni della Penisola sorrentina. “Tu, o Maria, rappresenti per noi la stella che ci orienta nell’incertezza della vita caotica di questi tempi moderni” recita la preghiera alla Madonna letta in Piazza Cota, cerimonia in cui si, ai piedi delle statue, si raccolgono i fedeli.

Un pensiero, tra la commozione, viene dedicato a due componenti storici della processione, Gigino e Roberto, scomparsi di recente. «In questo giorno luminoso – ha detto Don Emmanuel Miccio, che ha presenziato alla cerimonia - Maria splende come stella, stella del mare. E noi guardiamo a lei oltre che a madre come maestra e vogliamo imparare da questa luce. Maria è la più bella perché ha gli occhi fissi in Dio, perché sin dal primo momento dall’annuncio dell’Angelo ha ascoltato la Parola di Dio e ha cercato di metterla in pratica in ogni istante della sua vita, nel suo essere madre e amica. E anche noi vogliamo guardare a Dio per diventare “belli” come Maria».

Foto Marco D’Esposito


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Devozione mariana. I luoghi di culto con la raffigurazione della Madonna

AGOSTO, IL MESE DI MARIA

Tutte le ricorrenze che si festeggiano in questo perdiodo: la Madre del Soccorso, l’Assunta e la Madonna di Casarlano di Nino Cuomo*

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orrento, città mariana per eccellenza, per chiese ed confermata dalla collocazione dell’effigie di Maria al immagini, per celebrazioni e devozione, durante centro dell’abside e del portico esterno. il mese di maggiore intensità economica, nella E vi è un’altra chiesa che ha come….titolare l’Assunta! E’ sua vocazione turistica sviluppa una particolare la chiesa gestita dalla Congregazione dei Servi di Maria, serie di onoranze alla Madre di Dio. Se numerose sono i cui confratelli si riuniscono innanzi al prezioso quadro, le testimonianze mariane (che in questo mensile abbiamo opera del grande pittore del Settecento, Carlo Amalfi, periodicamente illustrate), durante il mese di agosto se ne posto sull’altare maggiore della preziosa chiesa. La celebrazione più estesa si verifica sulla registrano numerose. collina orientale di Sorrento, nell’antica Il primo appello ai devoti di Maria è parrocchia di S. Maria di Casarlano, ricca lanciato dai fedeli della Marina Piccola, di ricordi e di tradizione, con processione che la onorano sotto il titolo di “Madre e sagra paesana, che mantiene la zona in del Soccorso”, nell’antica cappella alla festa per parecchi giorni, con la numerosa quale si rivolgono, in modo particolare, partecipazione dei sorrentini (Da anni in tutti i naviganti e quelli che operano con preparazione di questa festività, e per il mare. E suggestiva è la processione per alcun i giorni successivi, si organizza mare, quando la statua della Madonna, la particolare manifestazione “Aperti su di una motobarca è condotta fra per ferie”). Si racconta che l’affresco, le marine della costiera sorrentina, sull’altare maggiore della chiesa dove le varie popolazioni l’attendono parrocchiale, sia stato scoperto per il per testimoniare la loro devozione ed realizzarsi di un evento miracoloso: una impetrare la sua protezione. giovane contadina mentre conduceva al Ma è il 15 agosto che, maggiormente, pascolo la sua vitella, sentì una voce che invita i devoti mariani di Sorrento ad le suggeriva di invitare suo padre a che, onorare la Madre di Cristo. Sembra strano Sorrento, chiesa SS. Annunziata. Madonna insieme agli altri contadini della zona, che ciò avvenga in coincidenza con quel della Cintura con i santi Agostino, Monica, Ferragosto, durante il quale le “vacanze” Nicola da Tolentino e papa Gregorio XIII scavassero nella zona. Infatti, dopo che la stessa giovanetta, per non aderire degli ospiti della città raggiungono il loro punto massimo. La ricorrenza dell’Assunzione di Maria, all’invito, si sentì ricevere uno schiaffo per la sua inerzia, fu anima e corpo, in cielo impegna chiese e parrocchie, fedeli operato lo scavo e venne alla luce questo artistico affresco trecentesco di origine bizantina. Intorno a questo simulacro e confraternite. La prima celebrazione è quella è quella, ultracentenaria, sorse la chiesa e poi la parrocchia, con lo sviluppo di una della Dormitio Mariae, organizzata dall’Arciconfraternita grande devozione che nei decenni è riuscita a realizzare un di S. Monica, che prevede anche una processione – il 14 bellissimo tempio che ha assorbito l’antico affresco. agosto - della statua della Madonna dormiente, anni fa E la celebrazione mariana sorrentina si conclude con la incoronata di una corona d’oro, realizzata con l’oro donato devozione alla Madonna della Cintura, che si venera dai fedeli. E’ tradizione, nell’ambiente sorrentino, che nell’antica chiesa dell’Annunziata (di origine agostiniana). ricorda durante la sua Assunzione, la Vergine benedica la terra ed La Madonna, protettrice dei “cinturati”, ogni famiglia espone bacili di acqua, con petali di fiori ed l’apparizione della Madre di Cristo a S. Monica, madre erbe aromatiche, con la quale ci si lava il viso al mattino di S. Agostino, che le chiedeva la sua protezione per la successivo. E, gli abitanti lungo le colline sorrentine dissolutezza del figlio e la Vergine Maria che, togliendosi (in massima parte contadini) mantengono accesi falò, la “cintura” che le manteneva la veste, la donò alla Santa Madre, perché la sostenesse nelle sue preghiere. Ed il appositamente allestiti, per accompagnare l’assunzione. Il giorno dell’Assunzione, secondo l’insegnamento degli figlio si convertì e divenne vescovo d’Ippona, fondando anziani, è una giornata la cui ricorrenza è rispettata anche l’Ordine che prese il suo nome. Quest’anno, la ricorrenza che ricade nella domenica dagli “infedeli”Turchi! Un particolare nella chiesa sorrentina è che la Cattedrale successiva alla celebrazione delle feste di S. Monica e di – anche parrocchia principale di Sorrento – oltre che S. Agostino (27 e 28 agosto), sarà onorata il 31 agosto. agli apostoli Filippo e Giacomo, è dedicata anche alla Madonna Assunta in cielo. E tale affermazione è anche *Presidente Associazione Studi Storici Sorrentini


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Eventi/4. La festa a Marina Grande colora l’antico borgo di Sorrento

fuochi e musica per sant’anna

Spettacolo pirotecnico sulle note di Vivaldi. Ospiti della Processione i Cavalieri di Malta, della Cristianità e della Pace

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colori, le luminarie, candele accese alle finestre, i turisti curiosi, l’allegria della folla, le porte della chiesa aperte, i residenti al balcone, la spiaggia gremita, i venditori itineranti, la musica, i fuochi d’artificio, i flash delle macchine fotografiche, le cene ai tavolini del borgo, i sorrisi dei bambini, i palloncini che volanno via sospinti dal vento: la Festa di Sant’Anna a Marina Grande è tutto questo. Un vortice di sensazioni che rimanda a tradizioni consolidate, antiche, sentite che si intrecciano con le tendenze, le richieste del mercato, le novità. È in questo connubio tra vecchio e neonato che si è svolta la Processione di Sant’Anna, quest’anno con la partecipazione, in qualità di ospiti della parrocchia, della Confraternita del SS. Sacramento di Aquara dalla vicina Massa Lubrense, dei Cavalieri di Malta ad Honorem e dei Cavalieri del-

la Cristianità e della Pace. Ma, insieme ai festeggiamenti religiosi, a Marina Grande non può mancare lo spettacolo dei fuochi d’artificio. Alle 23.30, per l’edizione 2014 della festività, la prima nota gridata al cielo di Sorrento ha dato inizio a “Notti di fuoco sul mare”, l’evento piromusicale organizzato dal Comune di Sorrento per domenica 28 luglio in onore di Sant’Anna. Dai quattro pontoni galleggianti, ancorati al largo del borgo marinaro, danzano a ritmo delle musiche di Vivaldi luci d’ogni tipo, forma e colore. Ed è festa, subito. Per i bambini a piedi nudi sulla sabbia, per gli anziani ai vetri delle case, per i ragazzi innamorati chiusi in un abbraccio, per gli amici, quelli di sempre e quelli conosciuti lì, in quell’atmosfera conviviale e fraterna, in cui tutto, almeno per qualche minuto, per il solo fatto di “stare insieme”, è semplice e possibile.


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ari lettori siamo arrivati al nostro ultimo appuntamento prima della consueta pausa estiva. Questo mese concluderemo il capitolo di nullità del defectus discretionis iudicii occupandoci del suo aspetto probatorio. Dalla lettura dei casi pratici dei numeri scorsi sarà risultato evidente che nelle cause in cui è accusata la nullità per defectus discretionis iudicii il Giudice si avvale sempre dell’ausilio di un esperto (Peritus n.d.s) nelle discipline psichiche – psichiatria o psicologia –. Questo non deve stupire. É la stessa legislazione ecclesiastica, infatti, che impone al giudice di fare ricorso all’opera di uno o più periti nelle cause de consensus defectu per anomalie psichiche (cfr. can.1680). La norma si giustifica perché alla base del fatto giuridico da provare (ossia il difetto di discrezione di giudizio che comporta la nullità del vincolo matrimoniale) ci sono dei fatti (le anomalie psichiche) che richiedono necessariamente la qualificazione di un tecnico. Il perito, che deve essere aderente ai principi dell’antropologia cristiana, avrà il compito strettamente tecnico di indicare nelle sue conclusioni, secondo i principi della propria scienza, la situazione psichica della persona presunta “incapace”. In altre parole il perito dovrà mostrare al Giudice gli elementi sul funzionamento normale o patologico

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Diritto Canonico. Il Sacramento del Ma

IL DIFETTO DI DISCREZIONE D

Per raggiungere la certezza morale sul deve avvalersi dell’aiuto di uno o più p

delle facoltà intelletive-volitive-affettive del nubente asserito incapace, al tempo in cui fu emesso il consenso matrimoniale. Egli dovrà, altresì, indicare al Giudice la natura, l’origine, la gravità e il tempo di insorgenza dell’eventuale anomalia psichica riscontrata. Il perito, inoltre, nelle sue conclusioni dovrà evidenziare l’influsso che l’eventuale anomalia psichica riscontrata abbia avuto sulle funzioni critico-intellettive. Spetterà, invece, solo ed unicamente al Giudice tradurre in concetti giuridici le conclusioni peritali e quindi dichiarare o meno la nullità del vincolo. Il Giudice, poi, non potrà limitarsi ad accettare acriticamente le conclusioni del perito, ma dovrà esprimere compiutamente ed analiticamente i motivi per cui egli accetta o rifiuta la perizia (cfr. can. 1579). Il Giudice, dunque, al fine di raggiungere la certezza morale sul capo di nullità di cui si sta trattando dovrà valutare i risultati della perizia alla luce delle risultanze probatorie, ossia dovrà esaminare le dichiarazioni delle parti e dei testi, che potranno fornire elementi sull’indole

«sono incinta. o forse no»

Anastasia e Dimitri si incontrarono presso un scuola di lingua straniera e instaurarono una relazione che durò circa due anni tra litigi e rotture. Quando Anastasia pensò di essere in stato interessante i due giovani scelsero di sposarsi. Poco dopo, tuttavia, Anastasia svelò che la gravidanza era falsa. Tutto, però era pronto per il matrimonio e sebbene Dimitri nutrisse dei dubbi il matrimonio fu comunque celebrato. Il consorzio coniugale, allietato dalla nascita di due figli, nonostante i dissidi durò per circa vent’anni

allorquando i coniugi giunsero alla separazione legale pronunciata dalla competente autorità civile. Successivamente Dimitri presentò al Tribunale Ecclesiastico competente un libello con il quale accusava di nullità il suo matrimonio con Anastasia per difetto di discrezione di giudizio da parte sua e subordinatamente per simulazione totale del consenso da parte sua e ancora subordinatamente per esclusione dell’indissolubilità ex parte viri actoris. Effettuata l’istruttoria di rito il Tribunale emise sentenza negativa ad omnia. Avverso la predetta sentenza propose appello Dimitri. Il Tribunale di secondo grado effettuò un supplemento di istruttoria facendo redigere anche due perizie ex officio. Dopo il decreto di conclusio in causa, non essendo stato posto dalle parti alcun atto processuale fu dichiarata la perenzione dell’istanza. Decorso un lungo periodo di tempo l’attore appellò alla Rota Romana dove dopo aver ritualmente concordato il dubbio fu effettuato un supplemento istruttorio mediante un nuovo esame giudiziale dell’attore e una nuova perizia ex officio. È doverosa una precisazione. Non ci occuperemo dell’esame dei capitoli concordati subordinatamente – ossia della simulazione totale e dell’esclusione dell’indissolubilità – che in ogni caso hanno avuto risposta negativa.


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atrimonio dal punto di vista della legge

perito procederà ad esaminare gli atti di causa e quanto emerge dagli stessi e in questo caso il suo lavoro sarà considerato come “votum” sottoposto ad un più accurato da parte del Giudice. defectus discretionis iudicii il giudice esame La seconda, invece, riguarda la possibilità di non periti di Manuela Abbate* effettuare la perizia ex officio. Tale ipotesi, per quanto personale del nubente, sulla sua maturità, sulla suo rara, è pur sempre contemplata dalla legge nel solo caso condizione familiare, l’educazione ricevuta, il suo modo in cui essa appaia “evidentemente inutile”. Questo di agire, sul suo modo di inutilità viene interpretata interagire con le altre persone da dottrina e giurisprudenza in ambito sociale, lavorativo, come il caso in cui agli atti familiare e dovrà esaminare di causa sia già acquisita anche eventuali documenti documentazione clinica clinici che siano stati esibiti comprovante la stato di in causa. psicopatologia del soggetto A questo punto sono (es. cartelle cliniche necessarie due ultime ospedaliere attestanti precisazioni. La prima è i ricoveri in strutture che nelle cause di nullità psichiatriche pubbliche). può avvenire sia che la Abbiamo così concluso parte presunta incapace l’esame dei principi di diritto sia disponibile a sottoporsi del defectus discretionis all’esame del perito, per iudicii (can. 1095 n. 2). cui in questo caso abbiamo Affrontiamo ora l’ultimo caso la “perizia” in senso tecnico, sia che essa non sia pratico e poi ci saluteremo per le ferie estive. disposta a farsi sottoporre ad esame. In questo caso il *Avvocato Rotale

DI GIUDIZIO E LA SUA PROVA

«Nelle cause sull’impotenza o sul difetto di consenso per malattia mentale, il giudice si serve dell’opera di uno o più periti, a meno che dalle circostanze non appaia evidentemente inutile»

Per quanto riguarda il difetto di discrezione di giudizio i Giudici del Turno rilevano che nella causa in oggetto non mancano elementi di criticità, come le difficoltà familiari dovute alla salute inferma del padre e quelle lavorative dovute alla precarietà del lavoro soprattutto in prossimità delle nozze. A rendere il quadro ancora più complesso, ci sono da un lato le affermazioni contraddittorie dell’attore – che mentre dichiara che si sentiva moralmente obbligato a contrarre matrimonio per lo stato di gravidanza di Anastasia, afferma che «pregavo per ottenere dal Signore la grazia che ci potessero essere le minime basi per costruire il matrimonio e ho sempre accettato il tutto convinto di portare la mia croce» –. Dall’altro lato ci sono i testi che mentre dichiarano una cosa subito dopo la negano. Dall’altro lato ancora ci sono la convenuta, che nega di aver mai finto uno stato di gravidanza, e la madre dell’attore, che nega di aver mai saputo dal figlio che Anastasia era incinta e che si sposava per questo motivo. Il quadro di elementi probatori discordanti diviene ancora più complicato nell’esaminare le perizie. Il primo perito, infatti, afferma che Dimitri era privo della libertà interna a causa di «oscuri condizionamenti che esplodono dall’inconscio più profondo […]» che «lo rendono succube e quasi passivo di fronte a scelte non valutate né soppesate».

Il secondo, invece, pur riconoscendo l’esistenza di elementi di conflittualità nella personalità dell’attore afferma che non si tratta di aspetti francamente patologici che possano far postulare che Dimitri non godesse della discrezione di giudizio sufficiente alla scelta matrimoniale all’epoca del consenso. Il terzo perito concorda sostanzialmente con il secondo, mentre il quarto, il prof. D, pur affermando l’esistenza di «anomalie del carattere ed elementi nevrotici di discreta entità» non conferma la carenza di libertà interna dell’attore. I Giudici del Turno, dunque, in considerazione della contraddittorietà delle dichiarazioni dell’attore e dei testi, del fatto che alcune circostanze fondamentali (es. la presunta gravidanza) non siano provate e nonché atteso che tre delle quattro perizie fatte ex officio pur riconoscendo tratti anomali nell’attore non li ritengono patologicamente rilevanti, dichiarano la validità del matrimonio tra Dimitri e Anastasia. A questo punto cari ed affezionati lettori non mi resta che salutarvi, dandovi appuntamento a settembre ed invitandovi a scrivere alla Redazione all’indirizzo mail info@giornaleilcentro.com se avete domande, alle quali risponderò nella prima edizione utile e nel rispetto dell’anonimato. Buona Estate a tutti voi!

Manuela Abbate


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Letteratura. Uno studio interessante e originale sulle opere tassiane

LA FIGURA DEGLI ANGELI IN TORQUATO

Si coglie un bifrontismo bene-male nella Gerusalemme Liberata che colma una lacuna e accende nuovi stimoli di Nino Cuomo

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ella bibliografia tassiana non avevamo ancora trovato una pubblicazione che trattasse l’argomento dell’Angelo Custode e gli Angeli del Bene e del Male. Da qualche settimana questo argomento è entrato nell’elenco degli studi sul Poeta delle Crociate, mercè una pubblicazione di Cecilia Coppola (Edizione Nicola Longobardi), scrittrice e pittrice, fondatrice e presidente dell’Associazione Culturale Cypraea, dalla multiforme attività culturale. Tra gli Angeli,“espressione di un atto di dolcezza e di sostegno da parte di Dio Creatore” ed i Demoni, che “fanno da contorno a Plutone” impegnati “nella loro grande e perversa drammaticità”, si cerca la presenza, il ruolo, gli interventi ed il peso che hanno avuto nella lunga guerra di conquista di Gerusalemme e della sua liberazione da parte degli “infedeli”. E’ il Tasso classico, che sente l’influsso della religione (siamo nel secolo della Controriforma), ma non disdegna, nella sua opera, di ricordarsi (si combatte contro il mondo musulmano) dell’influsso della magia. Ma è anche il Poeta epico italiano che segue Omero e Virgilio, registra i contrasti fra Greci e Persiani, fra Atene e Sparta, Romani e Cartaginesi, di Apollo e Dafne, Amore e Psiche per trasmettere ai posteri il disagio, ma anche la lotta fra i seguaci di Cristo e quelli di Maometto, cristiani e musulmani. A giusto motivo il nostro Torquato fu definito il “Virgilio cristiano e l’Aquinate della poesia nei parti del suo intelletto”. La Gerusalemme si sviluppa lungo questo doppio binario, lungo il quale il grande Poeta sorrentino si cimenta ed affronta la storia dell’evento e la fantasia dei particolari, modellando i vari Goffredo e Tancredi, Erminia e Clorinda, Armida e Rinaldo, Argante e il Saladino, i maghi, Ismeno e di Ascalona. Proprio il paragone fra questi due ultimi personaggi suggerisce l’osservazione dell’influsso degli Angeli del Bene e del Male, specie considerando come il mago di Ascalona, da filosofo pagano operi, poi, da convertito, grazie all’intervento di Pier l’Eremita. E le magie tassiane s’individuano, ancora, nella selva di Saron e nel giardino di Armida, contrastando i sostegni e l’assistenza degli arcangeli che, intervengono a fornire appoggio ed ispirare fede nei guerrieri cristiani. L’opera del Tasso mantiene come filo conduttore il conflitto fra cristiani e musulmani, che s’innesta come tema portante di tutta l’opera sviluppando quel “bifrontismo spirituale” che esprime il contrasto che il poeta viveva nel suo animo. Sembra vivere i contrasti di oggi nelle terre dell’altra sponda del Mediterraneo richiamando massacri e sacrifici, ancora una volta individuabili soggetti agli influssi

degli Angeli del Male contro quelli del Bene. Il Poeta “sradicato profondamente dalla propria patria”, visse in una situazione storica di grande conflittualità, in una società che vedeva fiorire la letteratura e la scienza in contrasto con la libertà, fra fede e ragione, fra l’esercizio civile e l’autoritarismo papale. E’ il tema del suo poema che vive ancora!| E’ consequenziale che se gli Angeli del Bene sono i “messaggeri” del Creatore e sostengono i cristiani nella conquista del Santo Sepolcro, quelli del Male, espressione longa manus del maligno, ne ostacolano il cammino, usando le loro…armi ed influenzando con le loro cospirazioni la vita ed il comportamento dei crociati. Gli interventi di Gabriele e Michele, ad ispirare ed a sostenere, sono sintomatici e pongono il Poeta, legittimamente, nella letteratura angelica più che mai. Nella Liberata si evidenzia la formazione giovanile di Torquato, fra i Benedettini della Badia di Cava dei Tirreni ed i Gesuiti di Napoli, confrontando la materialità degli Angeli del Male con la spiritualità di quelli del Bene, descritti, rispettivamente, nel “buio “ e nella “luce”. Forse nell’animo del Poeta, nell’elaborazione di queste contrastanti figure, non sono rimaste estranee le sue alterne vicende della vita! Il lavoro si presenta ricco nella sua formulazione, prezioso nelle ricerche di studiosi e nell’organizzazione della sistematica, aperto alla facile comprensione dei lettori, completo nella citazione e nell’inserimento di parte dell’opera tassiana. E Cecilia Coppola offre anche – e non si poteva non attenderselo – inserimenti grafici dovuti alla sua grande abilità artistica. Del resto, già nel 1995 – in occasione del Quarto Centenario della morte di Torquato Tasso – la nostra autrice ha presentato agli studiosi del Poeta “Le donne del Tasso, guerriere, maghe, eroine”. Ed opportunamente Massimo Grillandi affermò che la Gerusalemme Liberata con i suoi disegni usciva “con la dolcezza perentoria che il poeta vi pose, ma anche con tutte la sua insostituibile carica drammatica”. Se c’era una lacuna in questo settore, dell’epopea tassiana, oggi si può dire colmata; se era viva la curiosità dell’approfondimento dell’argomento la si può ritenere soddisfatta; se si vuol considerare questo studio come l’avvio ad un diverso approfondimento al capolavoro tassiano non si poteva avere una partenza migliore. Tutti gli studiosi del Cantore delle Crociate, la cui fama mondiale non ha sosta, troveranno in questa pubblicazione di Cecilia Coppola, sicuro stimolo per ampliare le ricerche e, nelle biblioteche tassiane, essa avrà il suo giusto ruolo e inizierà la promozione di ulteriori nuovi studi e nuove indagini.


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Racconti. Storie locali fra tradizioni, leggende e saggezza popolare

il prodigio della madonna di roselle

La piccola Maria Luigia Maresca e il dipinto che tornò a nuova vita da solo dopo il miracolo e il tocco del pittore di Ciro Ferrigno

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fine Settecento la nostra terra viveva un periodo di grande splendore. La coltivazione degli agrumi, delle noci e la produzione dell’olio d’oliva davano vita ad un fiorente commercio. Le marine erano enormi cantieri, dove si fabbricavano i velieri che avrebbero solcato gli oceani, vanto del Regno di Napoli e di Sicilia. Iniziava l’epopea della manifattura della seta e tutta la Penisola sorrentina assisteva alla costruzione di splendide ville. Erano i siti per la villeggiatura delle nobili famiglie napoletane, che avrebbero dato inizio ad una nuova moda, quella del turismo “dell’andar per ville”, antesignano del movimento turistico nazionale ed internazionale degli anni a venire. Un periodo, diremmo noi, di grande espansione economica, forse mai più rivisto. Velieri, barche, barconi, gozzi: ad Alimuri come a Cassano si costruiva di tutto. Centinaia di uomini, dall’alba al tramonto, con grande maestria, davano forma e vita alle imbarcazioni, in un andirivieni continuo di gente ed animali, di rumori assordanti, imprecazioni, bestemmie e preghiere, seghe e martelli, asce e cordame, un intreccio, una frenesia che a malapena aveva termine con il sopraggiungere delle ombre della sera. Maria Luigia era la più piccola, in un gruppo di donne che, quasi quotidianamente, scendeva a Cassano munito di ceste, per raccogliere pezzi di legna inutilizzata nel cantiere, ma che sarebbe servita per accendere i focolari domestici. Il gruppo scendeva cantando, con le ceste vuote, di buon mattino e saliva ansimando con carico, dopo la sudata raccolta. Il suo arrivo sull’arenile non passava inosservato agli operai. Gli uomini si giravano, sorridevano, ridevano e parlottavano tra loco, ed erano scambi di saluti, ammiccamenti, sorrisi, parole. Ma quella mattina Maria Luigia non sorrideva, non parlava. Aveva coperto la testa ed il viso con uno scialle e solo gli occhi scoperti scintillavano d’una luce inconsueta. Una luce astrale, vivida, trasognata. Le donne erano quasi giunte all’arenile, quando Carmela, la più anziana del gruppo, si fermò, e, rivolta alla ragazzina, le disse: “ma che tiene ‘stammatina, pecché nun parle e nun cante ccu nuje?”. Tutto il gruppo si fermò, quasi a voler sapere qualcosa che già si presagiva nell’aria ma che ancora non aveva preso la consistenza della parola. La ragazza cercò di resistere, avrebbe preferito tacere, non raccontare

quella “cosa” assurda, che era capitata nella sua casa, ma poi per l’ingenuità dei suoi anni, fu vinta e prese a narrare quella “cosa” tremenda, nel suo splendore. Le donne già sapevano della grave malattia del fratello Bartolo, del voto della madre alla Madonna, della guarigione ottenuta in modo miracoloso, ma mancava ancora l’ultimo tassello e Maria Luigi, tra lacrime e singhiozzi, lo aggiunse. La madre, per tenere fede al voto, aveva fatto venire nella sua casa un bravo pittore, perché pulisse il quadro della Vergine, nero per la polvere, l’umidità e la fuliggine dei tanti ceri accesi nei giorni della paura, al suo cospetto. L’uomo si accingeva alla delicata operazione di pulitura e aveva già preparato una miscela di cenere ed acqua, quando, al primo tocco, la tela, come per incanto, tornò viva in tutto il suo splendore. Nel vedere ciò, l’artista cadde in ginocchio, esclamando: “Santu Luca avrà pittato ccu ‘e mmane soje stesse ‘sta bella Madonna… e mo’ nun vo’ essere tuccata!”. La madre, che aveva assistito al prodigio, corse a chiamare i figli Bartolo, Maria Luigia e la piccola Chiara Stella e tutti si inchinarono dinanzi al quadro, tornano da solo alla bellezza antica. Provavano un misto di stupore, di incredulità, di una follia che li faceva piangere e ridere allo stesso tempo. Lodavano la Madre di Dio, che si era degnata di manifestare, con un segno così grande e tangibile, la Sua benevolenza. Sentito ciò, le donne iniziarono a correre per la Marina, raccontando a tutti gli uomini intenti al lavoro, la storia del miracolo. A Maria Luigia cadde a terra lo scialle che le avvolgeva il capo, le si sciolsero i capelli e apparve alla folla, come una novella Maddalena, che – prima tra tutte – comunicava al mondo l’avvenuta Risurrezione di Cristo. Intorno, come per incanto, tutto si fermò. Non si sentivano più rumori di martelli, delle asce, delle seghe; pure l’andirivieni degli uomini e delle bestie coi loro carri, si arrestò. Persino le onde del mare ed i gabbiani in volo sembravano fermi per ascoltare il magico racconto, che passava di bocca in bocca. La stessa aria, ad un certo punto, ne fu piena. L’anziano sacerdote spalancò il portone della Cappella e, dall’altare, intonò il “Magnificat anima mea Dominum”. Tutti andarono ad inginocchiarsi davanti alla Madonna delle Grazie che, da quel giorno e per sempre, sarebbe diventata anche la “Madonna di Rosella”.


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Agenda. Picasso in mostra a Villa Fiorentino fino al 12 ottobre 2014

IL RE DEL CUBISMO A SORRENTO

Dopo le grandi esposizioni dei mesi scorsi, arrivano anche il Pablo spagnolo e la sua arte contemporanea di Nino Cuomo

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opo Aligi Sassu e Mimmo Paladino, Salvador Dalì e Mario Sironi, la Fondazione “Sorrento” presenta in mostra Picasso con numerose serie grafiche complete e diversi esempi dell’attività di ceramista del genio indiscusso del secolo scorso. E’ il grande evento culturale dell’estate 2014 a Sorrento! E’ un’ulteriore prova dell’attività e dell’efficienza di un ente fondato per porre Sorrento all’altezza dei grandi centri, nello sviluppo della cultura e dell’arte. La classificazione di Villa Fiorentino per le mostre più visitate nel 2013, riportata da “Il corriere dell’arte”, è la prova del ruolo assunto e dai risultati conseguiti. Precedere, per affluenza giornaliera di visitatori, le mostre di Modigliani al Palazzo Reale di Milano, di Guttuso al Vittoriano di Roma e di Canova alle Gallerie d’Italia a Piazza La Scala a Milano (anche in considerazione delle rispettive popolazioni e dei relativi ospiti delle suddette città), è il risultato più significativo e qualificante delle iniziative della Fondazione. Questa mostra rappresenta, per Sorrento (e non solo) un evento eccezionale, in quanto consente di poter ammirare in un unico contesto, diversi aspetti dell’attività artistica di Picasso a dimostrazione del suo eclettismo, specie nella ricerca, particolarità che ha giustificato, da parte di critici e cultori, l’elogio di riconoscimento di essere stato “il più geniale tra gli artisti del ‘900”. La mostra conferma il percorso artistico del grande spagnolo, che si può individuare con l’inizio nel 1902, quando iniziò il cosiddetto “periodo blu”, abbandonando la sua

pittura “mondana” all’insegna del post-impressionismo cézanniano e di Toulouse-Lautrec. Se è indiscutibile che la fama di Picasso è in gran parte merito per essere stato l’inventore del cubismo, innovazione eccezionale all’inizio del secolo scorso, nella sua multiforme attività artistica, ha lasciato anche la sua testimonianza espressiva nell’incisione, su incitamento dell’amico pittore catalano Riccardo Canals che gli fece da maestro nella tecnica dell’acquaforte e gli consentì di sviluppare una vera e propria passione nell’incisione che si realizza in tutti i suoi aspetti, dall’acquaforte alla puntasecca, dall’acquatinta al bulino, dalla xilografia alla litografia. I suoi periodi artistici sono individuabili in quattro tavole litografiche a colori dal titolo Barcellona Suite realizzate per il museo che, nel 1963, gli venne dedicato nella capitale catalana. Quando si trasferì in Costa Azzurra nacque nell’artista spagnolo la scelta di seguire la ceramica e, dal 1947 al 1973, la sua ricca produzione ceramica inondò un mondo che aveva subìto un tracollo economico per effetto della seconda guerra mondiale che aveva invaso particolarmente l’Europa. La mostra allestita a Villa Fiorentino di Picasso lascia incantati i numerosi visitatori che lasciano, nel registro delle testimonianze, espressioni di gioia e di soddisfazione per aver potuto godere di questo grande artista in occasione del soggiorno o, anche, di una visita a Sorrento. Ciò dimostra come lo scopo di queste iniziative è raggiunto ed il ricordo di Sorrento resterà nel cuore dei visitatori insieme a quello delle multiforme opere di Picasso.


Ordinazione Diaconale di Antonio Parlato Gaetano Staiano Salvatore Iaccarino con Mons. Francesco Alfano Sabato 27 settembre 2014 ore 19.00 Cattedrale dei Santi Filippo e Giacomo in Sorrento

INVITO


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Sport. Intervista a Diego Ambruoso, vincitore del torneo amatoriale di aprile

BOWLING, UNO SPORT A TUTTO TONDO

Primo con 394 punti davanti a 250 partecipanti: «Da agosto prenderò delle lezioni da un professionista» di Antonella Coppola

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o scorso aprile si è svolto a Sorrento il quinto torneo amatoriale di bowling, che ha visto sfidarsi circa ducentocinquanta partecipanti. Il match finale ha visto protagonisti undici concorrenti e per la categoria maschile, ad aggiudicarsi il premio con il maggior numero di punti, per l’esattezza 394, è stato il carottese Diego Ambruoso. ► Diego, da cineopatore ai birilli. Come nasce questa passione? Nasce per caso, andando spesso a giocare al bowling mi sono appassionato. Per me era uno sport nuovo e divertente, veder cadere i birilli mi dava una grande soddisfazione. ► Perché hai deciso di partecipare al torneo? Ho deciso perché anche l’anno scorso mi ero qualificato ma non avendo trovato la pista ideale non ero riuscito a esprimermi come avrei voluto, quindi ho voluto riprovarci. ► Quante ore di allenamento ti sono servite? Mi sono allenato con costanza per circa tre ore a sera per un anno. ► Tra i tanti partecipanti c’era un avversario che temevi di più? Sì, perché nelle qualificazioni aveva raggiunto il mio stesso punteggio, quindi bastava un birillo a mettere a repentaglio una mia possibile vittoria. ► Quando ti sei reso conto che avevi la vittoria in pugno? Quando tra me e il mio avversario dell’altra pista avevamo circa centocinquanta punti di differenza e quindi ho

cominciato a quasi gioire, ma mantenendo comunque la calma ho cercato di fare più strike possibili. ► Quindi una vittoria meritata che ti fa sognare una nuova partecipazione al prossimo torneo o ti accontenti? No che non mi accontento! Il prossimo agosto prenderò lezioni da un professionista del settore presso il bowling di Sorrento per poter parteciare a campionati nazionali.

E tu che passione hai? Racconta la tua esperienza scrivendo all’email info@giornaleilcentro.com o chiamando al 331.74.88.453




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