"Il Centro" - Edizione Settembre 2014 n°84

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Anno 8 numero 7 (84) - Mensile gratuito iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Torre Annunziata. Iscrizione n.10 del 9 dicembre 2008 - Contatti: 331.74.88.453; e-mail: info@giornaleilcentro.com ; sito: www.giornaleilcentro.com

Settembre 2014 Prossima edizione: 2 Novembre 2014

il CENTRO Il giornale mensile di ispirazione cattolica della Penisola sorrentina

Il “servizio” nella Chiesa

Ordinazioni 27.09.2014

Mons. alfano sulle elezioni parrocchiali

scout dispersi: ecco la vera storia

la famiglia al centro con il sinodo

la “stella per i giovani” a gianluca di gennaro

l’esempio di don mazzi in cattedrale

federica e bovo: “noi non ci lasceremo mai”



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27 settembre 2014

In copertina: le Ordinazioni diaconali del 27 settembre 2014 presso la Cattedrale di Sorrento

Cronaca&Interviste 4 7 8 11 12 13 14 15 17 18 19 20

«Bello vedere uomini e donne sentisi amati»

Intervista all’Arcivescovo F. Alfano di Costanza Martina Vitale Fede e vita di don Domenico Cassandro Il libro edito dalla comunità di Moiano con le lettere dell’ex parroco Due fratelli nel cammino di fede Intervista ad Antonio Parlato e Gaetano Staiano prima dell’ordinazione diaconale di Iole Filosa Una vocazione giunta fino a Roma Intervista a Salvatore Iaccarino (estratto) di Iole Filosa Il diacono é un altro cristo Riflessione sul significato del diaconato di Gianpiero Fiore Parigi, ciò che rimane di un viaggio L’esperienza nel seminario parigino di Salvatore iaccarino Nuovi corsi per i ministri straordinari Gli incontri organizzati dalla Diocesi Un’avventura nel parco del Pollino Il gruppo degli Scout di Piano di Sorrento di Iole Filosa Ritrovarsi tutti come un tempo Il primo raduno catechisti al cento Zama di Carrino e Vazza Il racconto di San Michele di Ciro Ferrigno In concerto James Senese e i Giovani Gli eventi di Pianissimo 2014 La storia di un gruppo di bene Il volontariato delle Vincenziane di Cecilia Coppola

Rubriche 27

Rinnovata la chiesa di marina piccola Rubrica di devozione mariana di Nino Cuomo

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Il raduno dei ragazzi di via Bagnulo L’incontro dopo 50 anni di Silvio Iaconis Da dove nasce il futuro dell’umanità Anno internazionale della famiglia di Manuela Abbate ottobre mese del santo rosario

Le chiese sorrentine che adorano la Madre di Nino Cuomo Don mazzi, una voce per i giovani L’incontro in Cattedrale a Sorrento di Fabio Vollaro Un apostolo nostrano Il ricordo delle Francescane dei Sacri Cuori Restaurata la chiesa di Marina Piccola L’incontro in Cattedrale a Sorrento di Nino Cuomo Di scena il musical dell’eterno bambino L’estate all’oratorio di Biagio Verdicchio La stella per i giovani a di gennaro Il premio sannicolino di Biagio Verdicchio Corsi per babysitter e Tagesmutter Un’iniziativa di Mamme al Centro con il Piano Sociale di Zona Come tutelare il patrimonio finanziario Il corso gratuito “Rendimento e Rischio” organizzato dal Comune di Piano di Sorrento Novità per gli aspiranti ufficiali Nuove disposizioni per gli esami

Sport 33 34

Sfida con palla e sabbia in Diocesi L’alternativa proposta dall’AC di Delia Maresca Allenarsi alla vita, nonostante tutto In ricordo di Vigor Bovolenta e di Giogiò di Iole Filosa

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lla vigilia gioiosa del sacramento del diaconato per Antonio, Gaetano e Salvatore e in un momento di forte rivoluzione della Chiesa a livello diocesano e non solo, incontriamo l’Arcivescovo Francesco Alfano perché ci informi sugli intendimenti della sua guida. ► Il motivo portante di questa edizione è la “diaconia”. Cosa significa nel tuo ministero il servizio alla Chiesa e cosa deve significare per ogni cristiano? Noi guardiamo a Gesù e ovviamente la nostra fede di cristiani nasce da Lui e impariamo da Lui, così come il Vangelo ce lo presenta e come la Bibbia ci indica. Gesù è il servo innanzitutto perché obbedisce a Dio, perché tutto quello che Egli fa è quello che riceve da Dio, quindi “servizio” significa innanzitutto fidarsi di Dio, non da schiavi che devono essere sottomessi nel senso negativo del termine, ma da figli che ricevono l’amore e cercano non solo di accoglierlo ma anche di condividerlo. Ed ecco l’altra dimensione: Gesù che è servo di Dio e si mette a servizio dei fratelli, fino in fondo. Il servizio è bello perché esprime generosità, perché dà soddisfazione, ma è anche impegnativo. Il servizio che Gesù compie per i suoi fratelli, per il suo popolo e per l’umanità intera è un servizio che costa il sacrificio della croce, quindi fino al dono della vita. Essere servi significa per ogni cristiano fidarsi di Dio e mettere la propria vita in qualche modo a servizio degli altri, il Vescovo lo farà un poco in più perché deve non solo essere servo, ma aiutare i fratelli e le sorelle che Dio gli affida a vivere il servizio in tutte le sue forme. ► In questi giorni la Diocesi vive l’accoglimento di tre nuovi diaconi. Cosa augura per i suoi figli Antonio Parlato, Gaetano Staiano e Salvatore Iaccarino? Giovani che si preparano al sacerdozio per essere preti. Il primo passo è quello del diaconato. Come si sa la Chiesa col Concilio ha recuperato il sacramento dell’ordine del diaconato in forma permanente. Ci sono giovani adulti che scelgono di essere nella Chiesa ministri attraverso il diaconato, quelli che diventano preti, invece, passano attraverso il diaconato, ed è importante. Cogliendone il senso possiamo anche formulare l’augurio perché non si può essere preti, cioè pastori di una comunità, se non si è disposti a servire la comunità “Io sto in mezzo a voi – dice Gesù – come colui che serve”. Dunque il pastore ha una responsabilità e essi da preti avranno la responsabilità, saranno capi, ma non capi che comandano bensì capi che servono, ed è questo l’augurio: che possano sperimentare la bellezza, l’intensità, anche quando è impegnativo e richiede grande sacrificio, di un servizio che è donazione totale ai fratelli. Non c’è gioia più grande che vedere uomini e donne, anziani, giovani e bambini essere felici perché sono amati. ► Hai vissuto nel seminario diocesano dall’inizio e conosci bene i neo diaconi. Che sacerdote intravedi in ognuno di loro? Questa domanda è più difficile perché chiama in causa

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Intervista/1. Il messaggio d’auguri dell’Arci

«CHE GIOIA VEDERE UOMINI

Sulle elezioni parrocchiali afferma: «Stiamo come questa in un’ottica di comunione e di

la conoscenza che in questi due anni ho avuto e le caratteristiche specifiche di ciascuno. È chiaro che poi i doni verranno fuori un po’ alla volta, ma certamente Salvatore Iaccarino è un ragazzo che ama lo studio, si sta preparando a Roma anche approfondendo le sue caratteristiche e le sue peculiarità, uno studio a servizio del Vangelo e a servizio della crescita della comunità. Salvatore che ama le relazioni, ama curare i rapporti, che ama una comunità che sa celebrare la liturgia in un modo dignitoso e non ampolloso … ecco, colgo in queste alcune delle tante caratteristiche che potranno fare di lui un prete, secondo il cuore di Dio, in un tempo come quello attuale che ha bisogno anche di rispondere a sfide come queste. Antonio Parlato è un giovane che trasmette entusiasmo, che contagia positivamente e non superficialmente per la sua passione e per la sua capacità di ascoltare, di raccogliere non solo i giovani ma persone che vogliono davvero fare un cammino di fede. È un giovane che non si scoraggia o, quando si scoraggia, supera lo scoraggiamento dinanzi anche alle difficoltà che trova. Antonio potrà essere, con questa sua caratteristica così peculiare, un segno concreto


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ivescovo Francesco Alfano ai nuovi diaconi

I E DONNE SENTIRSI AMATI»

o approfondendo il significato di una scelta i corresponsabilità» di Costanza Martina Vitale nelle nostre comunità che hanno bisogno di speranza, che hanno bisogno di rapporti sinceri, autentici, non doppi, falsi, ambigui o interessati. C’è questa gratuità nei rapporti che non è affatto superficiale, è frutto di un cammino di fede e di una maturità umana che ovviamente dovrà continuare ma che ci fa ben sperare. Gaetano Staiano, il medico, il dottore, colui che anche attraverso i suoi studi ha potuto affinare quelle che sono le caratteristiche di una persona che fa i conti con le sue debolezze, con la sua fisicità e con la sua armonia. Gaetano è attento alle situazione di una persona, quella esterna e quella interna, ha potuto acquisire questa sensibilità che lo fa stare accanto anche a chi ha qualche difficoltà (penso a disagi non solo fisici ma a disagi interiori o sociali). Le esperienze che ha fatto anche con i giovani nella comunità di recupero per tossicodipendenti e tante altre esperienze che lo hanno accompagnato, portano Gaetano ad andare in profondità nei rapporti e abbiamo bisogno anche di questo, cioè non solo di relazioni vere, ma anche profonde, che colgano quegli aspetti un poco più interiori che portiamo dentro e che rendono oggi la gente troppo sola. Un prete deve essere capace non solo di ascoltare ma di aiutare a far venire fuori queste problematiche, perché il Vangelo possa riempire di gioia. ► Con i seminaristi sei andato in Sicilia dall’8 al 14 settembre. Che esperienza è stata? Una settimana con i seminaristi è sempre un’esperienza straordinaria di grazia, soprattutto dopo un tempo estivo

5 vissuto con tanti momenti diversi, tante circostanze. Intanto è il momento di condivisione tra di noi di questa esperienza ed è un momento anche di distensione perché si visitano luoghi belli, ma soprattutto, e così l’abbiamo vissuto quest’anno, è un incontro con altre comunità. Abbiamo incontrato altre Chiese, altri vescovi, altri seminaristi, altri sacerdoti, che ci hanno accolto e ci hanno permesso non solo di confrontarci ma di entrare in una relazione di profondità e credo che questo sia veramente un grande aiuto nella formazione e nella crescita che dovrebbe caratterizzare ogni Chiesa. Guai a considerarci autosufficienti o addirittura gli unici! L’incontro, il contatto, lo scambio di esperienze e di doni ci fa crescere e ci fa sentire un’unica famiglia pronta ad affrontare le esigenze che ci si attende dalla comunità cristiana e dai suoi pastori: non tanto bei proclami, ma scelte concrete e coraggiose. ► In questi giorni si è parlato tanto degli spostamenti dei sacerdoti della Diocesi, pensiamo, tra gli altri a Don Gennaro Boiano da Pontepersica a Massalubrense – Don Rito Maresca da Massalubrense al seminario interregionale di Posillipo. Vogliamo ripercorrere insieme le motivazioni di queste scelte? Più che scendere nei dettagli è l’occasione di dire i criteri generali. Al vescovo viene chiesto, ovviamente con la collaborazione di chi lo aiuta in questo, di provvedere alle necessità della Chiesa a partire dai parroci e dai sacerdoti che devono guidare le Comunità. Ci sono dei momenti in cui delle situazioni particolari esigono, per esempio dopo un certo numero di anni vissuti in una comunità o per una situazione particolare per cui quella Comunità avrebbe bisogno di un tipo specifico di guida, che si provveda affinché ogni Comunità venga guidata nel modo giusto.

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Giorni in Sicilia con il Vescovo e i 24 seminaristi della Diocesi - 8-13 settembre 2014: Palermo, Monreale, Piana degli Albanesi, Cefalù


SEGUE DA PAGINA 5 Chiaro che ogni volta che c’è un cambiamento c’è anche una reazione inevitabile, addirittura giusta, perché ci si affeziona, ci si lega, si fa un cammino insieme. Io stesso sono stato parroco due volte e quindi ho vissuto, con le rispettive Comunità, questa esperienza che fa crescere sia la Comunità, sia il parroco. Non bisogna mai pensare che una scelta del genere venga fatta per motivi dispotici o chissà quali nascosti, essa è solo per il bene della Comunità. Oltretutto noi sacerdoti quando diventiamo preti promettiamo obbedienza al Signore per mezzo delle mani del vescovo, cioè siamo al servizio della Chiesa locale. Laddove siamo chiamati, ci possono essere poi delle situazione particolari con dei sacerdoti che si sono formati in modo specifico per un servizio e che richiedono un sacrificio maggiore, non solo alla Comunità che deve privarsene, ma all’intera Diocesi che offre a più Diocesi questa competenza particolare. Lo facciamo volentieri per il bene anche di altre comunità perché il tutto andrà a vantaggio anche nostro e questo ci riempie di speranza per il futuro. ► Tra le nuove nomine, recenti sono anche quelle di Don Francesco Guadagnuolo e Don Pasquale Irolla per le Unità pastorali. In cosa consisterà in particolare il loro impegno? Questa è un’altra cosa che mi fa piacere sottolineare. Ho trovato questa scelta già nella Diocesi da anni: cioè tutto il territorio diocesano è distribuito in unità pastorali che fondamentalmente sono costituite da alcune Comunità parrocchiali chiamate a lavorare insieme, pur rimanendo ciascuna con la sua autonomia di parrocchia ma non pensate più in modo isolato, quasi fossero un mondo a sé. Unità pastorali significa che sacerdoti e Comunità, attraverso innanzitutto i consigli pastorali, non solo prendono delle iniziative comuni durante l’anno, ma cercano pian piano di avere un progetto comune, degli obiettivi comuni, la formazione fatta insieme fa diventare ed esprimere sempre più una sola famiglia. Ora, affinché questo avvenga, ci sono degli organismi, cioè un Consiglio formato da un responsabile delle varie comunità che si costituiscono e vengono chiamate a dare questo contributo. I sacerdoti

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dovranno intendersi, collaborare insieme, e c’è bisogno di un coordinatore che non è colui che sta al di sopra e che comanda, ma colui che raccoglie le energie e facilita il contatto tra i preti, gli organismi di partecipazione, i consigli e le Comunità e li aiuta a in questo cammino. Tutti questi coordinatori costituiscono tra i primi collaboratori del vescovo perché questa pastorale possa essere Vangelo tradotto in scelte concrete, adeguate alle esigenze delle singole Comunità del nostro territorio. È una bella sfida! ► A proposito di sacerdoti, le parrocchie di Piano di Sorrento e Meta attendono le elezioni dei loro sacerdoti. Quando avverranno e da cosa è giustificata questa lunga attesa? Questo è un aspetto che studieremo con calma e approfondimento. Io l’ho trovato, non vengo da questa esperienza, perché è una peculiarità non della Diocesi ma di alcune parrocchie della Diocesi ed è un rimando ad esperienze del passato in un contesto storico totalmente diverso dal nostro. So, perché mi sono documentato lungamente, che nel passato ci sono stati dei primi tentativi per capire cosa può significare oggi l’elezione del parroco. Mi sono preso prima un po’ di tempo per conoscere le realtà, oggi cercheremo di approfondire e capire cosa può significare in un tempo come il nostro, dopo il Concilio Vaticano II, un’esperienza come questa in un’ottica di comunione e di corresponsabilità. Vedremo cosa ne verrà fuori. ► Quali sono le novità sostanziali del nuovo Statuto del Consiglio pastorale diocesano? Ho insistito molto sul Consiglio pastorale diocesano avendone fatto già esperienza forte io personalmente nella Diocesi che ho lasciato due anni fa per venire qui e credo che sia l’organismo fondamentale nella vita di una Comunità. È ovvio che non si può sostituire alle Comunità e ai laici, alla vivacità dei gruppi, però mettere insieme laici, religiosi e sacerdoti a rappresentare l’intera Diocesi e a pensare come questa Chiesa può oggi vivere il Vangelo è un grande aiuto. Novità sostanziali di trasformazioni non ce ne sono, ma era essenziale dopo due anni di cammino comune rinnovare il Consiglio che attense di essere così espressione attuale delle singole realtà della Diocesi. ► Cosa si chiede al nuovo Consiglio Pastorale? Al consiglio pastorale si chiede da una parte di esaminare quella che è la situazione attuale a livello religioso e dall’altro di individuare piste comuni da percorrere insieme. Quindi è un grande servizio di discernimento che ovviamene non si sostituisce al cammino che bisogna fare con tutti i preti, con tutti i consigli, con tutte le comunità, ma il mettere insieme è un bel lavoro che potrà aiutarci a crescere nella comunione. Ho insistito perché si rinnovassero innanzitutto i rappresentanti delle singole unità pastorali. Il nostro Consiglio già prevedeva (ed è stato confermato) che ogni unità pastorale avesse un rappresentasse ma abbiamo stabilito (e questo lo abbiamo un po’ modificato) che fossero anche altre laici

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“FEDE E VITA” DI DON DOMENICO CASSANDRO Dopo il libro “Come un testamento”, raccolta delle meditazioni del Mese di Giugno 2011, la parrocchia di Moiano ha deciso di pubblicare un altro libro con le parole di Don Domenico Cassandro: “Fede e Vita. Lettere alla comunità”. Il volume (Franco Di Mauro editore) porta la presentazione di Mons. Francesco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare e l’introduzione di Don Maurizio Esposito, che ha raccolto l’eredità di Don Domenico nella parrocchia di Moiano, ed è stato presentato giovedì 11 settembre presso la libreria in Mondadori di Piano di Sorrento da Marilù Ruggiero. Presenti nella sala gremita anche Don Maurizio Esposito, Don Pasquale Irolla e

SEGUE DA PAGINA 6 a rappresentare un po’ le varie dimensioni, non solo degli uffici, ma anche quelle diverse realtà: uomini, donne, giovani impegnati nel lavoro o alla ricerca del lavoro. Ovviamente il Consiglio non può essere formato da tutti ma deve, con il suo nucleo rappresentativo (circa 40 persone) stimolare altri a lavorare. Una cosa su cui abbiamo insistito è che non saranno solo i membri del consiglio a lavorare. Abbiamo recuperato ciò che già c’era nei vecchi statuti: Commissioni nelle varie tematiche che possano coinvolgere anche altre persone. Insomma una partecipazione il più possibile allargata perché la Chiesa è partecipazione. ► Dopo due anni in questa Diocesi, il lavoro svolto e quello ancora da fare. Stiamo in cammino. Le nostre comunità (adesso lo posso dire con maggiore conoscenza) non sono solo vivaci e piene di iniziative ma anche consapevoli del momento particolare che stiamo vivendo, che è un momento di grande trasformazione a tutti i livelli, anche di mentalità religiosa. Abbiamo da ripensare radicalmente il modo di annunciare il Vangelo. Pensiamo, ad esempio, all’iniziazione cristiana dei ragazzi, dei giovani, alle persone che si sono allontanate, alle situazioni difficili che si vivono oggi nella chiesa, alle famiglie in difficoltà per motivi lavorativi o per situazione di disagio e di crisi matrimoniale … ecco cosa vedo per il futuro: una Chiesa

la famiglia di Don Domenico. «Si rimane senza parole - scrive Mons. Alfano - dopo aver letto, quasi d’un fiato, le lettere che don Domenico ha scritto alla sua comunità: emozioni intense, relazioni profonde, sentimenti forti. Non è certo un pastore che vede ai compromessi o si accontenta delle mezze misure. L’amore a Dio è per lui passione, il servizio pastorale dedizione senza riserve (…). La parola, a volte tagliente e provocatoria ma sempre coinvolgente e autobiografica, ha caratterizzato il ministero di don Domenico, dandogli la possibilità di aprire il suo animo e permettere ad altri di conoscere il suo mondo interiore: idee, sogni, progetti, fatiche, sofferenze, delusioni, ma soprattutto il desiderio sempre più forte di incontrare Dio nei frammenti di storia dei compagni di viaggio». più vicina alla gente, ai bisogni di tutti. Una Chiesa che non va solo per dire o per dare ma che si incontra con le varie realtà anche per ricevere, una Chiesa, come dice Papa Francesco, più in uscita e più missionaria. Anche la nostra lo può diventare e per vocazione lo è data la sua collocazione geografica e per l’incontro con la gente di tutto il mondo che la spinge a dialogare di più. Su questo dovremo fare molti passi accanto ai tanti che sono stati già fatti. ► Ci incontriamo e ci incontreremo spesso, ma c’è un messaggio in particolare che vuoi lasciare per i nostri lettori oggi? In un tempo difficile come il nostro sicuramente un messaggio di speranza che come cristiani e come Chiesa dobbiamo dare non può essere fatto di parole, siamo alla ricerca di gesti concreti, di vicinanza e di solidarietà delle grandi e drammatiche povertà che anche nella nostra terra si vivono, non solo quelle economiche per chi è senza lavoro ma anche quelle morali per chi è rimasto solo e ferito nella vita. Aiutiamoci a vicenda! Non ci aspettiamo dal vescovo o dal parroco o non so da chi che trovi la soluzione, la potrà anche trovare perché lo Spirito lo illumina, ma lo Spirito illumina tutti. E allora man mano che avvertiamo un’ispirazione doniamola agli altri e impariamo a stimolare anche le Comunità per stare più vicini soprattutto a chi nel nascondimento soffre, piange o vive solitudini terribili. Così annunceremo il Vangelo.


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Intervista/2. Le parole dei neo diaconi Antonio Parlato e Gaetano Staiano

due fratelli nel cammino di fede

Entrambi dalla parrocchia di Moiano e figli spirituali di Don Domenico Cassandro: «Lui ha acceso in noi la fiamma» di Iole Filosa

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i può essere fratelli al di là dei legami di sangue. Quando si condivide, poi, un padre spirituale e un forte cammino di fede, di formazione e di crescita ciò diventa quasi inevitabile. Di sicuro è ciò che è successo a Antonio Parlato e Gaetano Staiano. Entrambi originari della parrocchia di Moiano, entrambi hanno scoperto la loro vocazione grazie a Don Domenico Cassandro e insieme sono arrivati al Ministero del Diaconato. Li incontriamo qualche giorno prima dell’ordinazione in cattedrale e approfondiamo il loro percorso. ► Come state vivendo la preparazione all’Ordinazione? Gaetano: In maniera abbastanza tranquilla devo dire. Anche perché, avendo finito il seminario da un anno, ho avuto modo di vivere la quotidianità in parrocchia. Ho vissuto nelle piccole cose, nella pastorale, con i campi, gli incontri, con il pensiero a ciò che sarà dopo attraverso una preparazione quotidiana. Credo che questa relativa tranquillità sia frutto anche del cammino fatto fino ad oggi: è un “sì” che non dice ciò che sto vivendo oggi, ma parla di un cammino. Antonio: Attendo con “ansia” il tempo degli esercizi spirituali a Foggia con Don Salvatore Branca perché il tempo estivo è sempre un periodo pieno nelle nostre parrocchie e il pensiero non è stato totalmente dedicato all’Ordinazione finora. Sono sicuro che questo tempo di esercizi spirituali mi darà la possibilità di concentrarmi e preparare il cuore a quest’evento. ► Brevemente, quali sono le parrocchie dove avete prestato

servizio fino ad oggi? Gaetano: Ho prestato servizio per due anni presso la parrocchia di Santa Maria dell’Arco a Ponte Persica con Don Gennaro Boiano e per altri due anni presso la comunità Fanelli di Pimonte con Don Mario Di Maio. Da ottobre scorso sono a Moiano, la mia parrocchia d’origine con Don Maurizio Esposito e dopo l’ordinazione diaconale si apriranno altre strade ancora per me. Antonio: Io, invece, ho prestato servizio pastorale per due anni presso la parrocchia della SS. Trinità di Piano di Sorrento con Don Marino De Rosa e successivamente, per altri due anni, presso la parrocchia dell’Annunziatella a Castellammare di Stabia con Don Michele Di Capua. Già da un anno, completati gli studi, sono stato affidato alla parrocchia di Sant’Agnello. Entrambi abbiamo scelto di non continuare gli studi di licenza perché entrambi abbiamo già studi alle spalle. ► Cioè? Cosa avete studiato? Antonio: Io sono laureato in giurisprudenza, Gaetano in medicina. Stiamo affiancando master, ma prediligendo comunque il servizio in parrocchia, in particolare nel settore giovanile. Gaetano: Entrambi ci siamo laureati dopo il primo anno di seminario, non abbiamo mai smesso di studiare. Però la nostra indole ci ha portato a voler sperimentare sul campo, in parrocchia.

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A sinistra Antonio Parlato, a destra Gaetano Staiano. In alto durante la missione in Messico; in basso durante i Ministeri con Mons. Alfano


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I primi anni della vocazione di Antonio e Gaetano insieme al padre spirituale Don Domenico Cassandro

SEGUE DA PAGINA 8 ► Gaetano, come nasce la tua vocazione? Vengo da una tradizione cattolica familiare molto forte, i miei genitori mi hanno educato alla fede fin da piccolo. Assorbivo in maniera quasi abitudinaria i ritmi parrocchiali che allora, prima dell’arrivo di Don Domenico non erano così vivi o facili da avvicinare per un giovane. A volte davo una mano durante la messa suonando, ma in quel frangente prevaleva il piacere di suonare più che il servizio vero e proprio alla Chiesa. Poi è arrivato Domenico… Parlai con lui del mio desiderio di fare un’esperienza in Albania in missione e mi aiutò a trovare il posto giusto. Al mio ritorno mi invitò ad un campo scuola, avevo 22 anni, e là, col senno di poi, credo sia cambiato qualcosa nel modo di relazionarmi con Dio e di sentirlo nella mia vita. Per la prima volta ho provato cosa significa credere in un Dio che è una persona con cui puoi avere una relazione. Da quel momento è iniziato anche un coinvolgimento più diretto in parrocchia e a guardare Domenico non più solo come amico e guida ma anche come modello di vita, come una persona che mi sarebbe piaciuto imitare. Durante gli esercizi spirituali ad Avezzano, poi, è uscita fuori effettivamente la vocazione. Agli occhi degli altri poteva sembrare tanto ciò che facevo, un cammino universitario impegnativo e con buoni risultati, ma avevo sempre un senso di insoddisfazione addosso… ► Antonio la tua vocazione, invece, come è nata? Io parto da un cammino di fede quasi inesistente. Non ero nemmeno abituato a frequentare la messa domenicale, sono partito quasi da zero. Anche per quanto mi riguarda la vocazione è legata all’arrivo di Domenico a Moiano. Lui ha acceso la fiamma, prima con inviti alle attività giovanili, poi chiedendomi di accompagnarlo ad un’esperienza di campo nell’estate del 2005. Rimasi quasi scioccato: vedere un allora diacono che parlava in modo così spigliato, semplice, bello, coinvolgente con i giovani mi sorprese totalmente. Tornai dal quel campo a Faito con una domanda: e se anch’io diventassi come lui un giorno? È un idea che cercai di tenere nascosta per lungo tempo, poi dopo l’ordinazione presbiterale di Domenico uscì fuori. Iniziai a parlarne, poi una serie di esperienze condivise con Gaetano mi hanno portato molto velocemente e con un pizzico di coraggio ad entrare in

seminario nel 2007. Un merito che riconosco a Domenico è la sua capacità di intercettare i nostri desideri. Era bravo a farli emergere, a razionalizzarli. L’inizio della mia vocazione è stato un periodo bellissimo, sorprendente. ► Entrambi siete molto legati a Domenico. Cosa ha significato per voi la sua morte? Gaetano: Oltre il dolore che continua tutt’oggi perché la perdita, il lutto è qualcosa che accompagna, si trasforma, si evolve ma c’è sempre, è venuto fuori ciò che credo fosse d’altra parte l’obiettivo di Domenico: è scomparso per far venire fuori che il modello vero da seguire era Cristo. A volte quando parlo di lui mi rendo conto che qualcuno può pensare che mi sia concentrato troppo su di lui come punto di riferimento. E invece non è così, anzi. Non ho mai pensato di lasciare perché era morto Domenico, per esempio. Domenico rimanda a Cristo. L’ho sempre saputo, ma ora che lui ci accompagna da lontano, ne sono ancora più convinto. Antonio: La morte di Domenico è una ferita che sanguina ancora. E durante le tappe più importanti del mio percorso la mancanza è ancora più forte perché sono circostanze fortemente legate a lui. Sono sicuro che, in modo diverso, lui continua ad incoraggiarci. Penso seriamente che, in poco tempo, lui ci abbia detto tutto quello che ci poteva dire, portiamo con noi un bel bagaglio, ci ha lasciato davvero tanto. ► In quale brano del Vangelo vi riconoscete di più? Antonio: Sono particolarmente legato al Vangelo di Giovanni, 21 quando Gesù appare ai discepoli sul lago di Tiberiade. È il passo che mi ha accompagnato sempre e che è ritornato più spesso nella mia storia. Fu questo brano di Vangelo ad accompagnare anche l’itinerario del Mese di giugno del 2007. In quell’occasione Domenico, profeticamente, fece stampare un’immagine in cui c’eravano proprio io e Gaetano di spalle che mostravamo il crocifisso con la scritta: “È il Signore”. Gaetano: Questo passo è caro anche a me per questo aneddoto dell’immaginetta. E poi sento particolarmente il brano dei discepoli di Emmaus. Mi riconosco nel fatto che Gesù legga la loro storia e gliene spieghi il senso. ► La notizia dell’Ordinazione come l’avete ricevuta? Antonio: Era il 27 giugno, mancavano esattamente tre mesi al giorno dell’Ordinazione, il 27 settembre. Era un incontro di

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10 SEGUE DA PAGINA 9 formazione del clero a Castellammare. C’erano tutti i sacerdoti e il Vescovo nella pausa ci ha chiamato e ha comunicato ai noi due e a Salvatore la data. La attendevamo… Gaetano: Fu l’occasione per rendere partecipe tutto il clero. È la prima volta che succedeva ed è stato bello condividere questo momento con la famiglia futura. ► A proposito di famiglia, la vostra famiglia d’origine come ha approcciato alla notizia della nostra vocazione? E gli amici? Antonio: Da parte mia è stato sicuramente il passo più difficile. Sapevo che gli amici in qualche modo avrebbero capito perché il cammino fatto in quegl’anni era condiviso e forte, sapevo che loro avrebbero appoggiato. Con la mia famiglia è stato più difficile ma la notizia ha trovato, invece, una bellissima accoglienza. C’erano sicuramente preoccupazioni, mia madre in particolare era preoccupata per gli studi che ormai erano già a buon punto. Però poi il dono più bello di questi anni è legato proprio alla mia famiglia: il sogno del figlio è diventato il sogno dei genitori. Oggi mi sento davvero accompagnato e sostenuto. I miei genitori sono i miei primi sostenitori e a loro volta si sono avvicinati ad un cammino di fede, fanno parte del gruppo adulti della parrocchia di Moiano. È davvero molto bello…. Gaetano: Anch’io inizialmente mi sono posto tanti problemi, ho aspettato tutto il tempo utile, ma alla fine non ho incontrato alcuna resistenza. Qualche preoccupazione legata alla novità della cosa in sé c’era: a Moiano non entrava qualcuno in seminario da Don Antonio Staiano quindi dieci anni prima. Io nemmeno sapevo dove stava il seminario per dire (ridono)… C’era preoccupazione legata alla novità più che alla scelta in sé. Ma mi hanno da subito sostenuto. ► Che sacerdoti sperate di diventare? Antonio: La mia vocazione è nata in parrocchia e sogno di diventare un sacerdote che vive la quotidianità con la gente della propria parrocchia. È il desiderio più bello che porto con me: vorrei iniziare a “spendermi” in parrocchia, vorrei essere un sacerdote che abbia nel cuore sempre il desiderio di donarsi. Gaetano: Per me fondamentale è stato il desiderio di essere come Domenico. Ho visto un sacerdote che ha dedicato la vita alla sua parrocchia e vorrei diventare un sacerdote per la comunità. ► Siete stati a Palermo con i seminaristi, vero? Antonio: Sì, è stato un tempo molto bello per me. Dopo un anno in cui non avevo contatti assidui con i seminaristi, è stato un po’ come tornare a casa, è stato bello condividere i momenti di preghiera, le visite alla città, il tempo libero. Avevamo chiesto fortemente di vivere questo tempo di vacanza con loro. Gaetano. Da quanto il seminario è a Napoli per noi è molto più difficile tenere i contatti, eppure sono persone con abbiamo stretto legami forti al seminario diocesano. Ci ha fatto bene.

► Il vostro rapporto con Mons. Alfano? Gaetano: Il vescovo non manca mai di mostrare la sua predisposizione ad istaurare una relazione che vada al di là della formalità. Viene fuori spesso anche dal modo in cui ci parla. Anche durante la vacanza è stato con noi al di là delle visite canoniche, anche semplicemente per un caffè al bar, è un invito ad aprirci. Antonio: C’è un’attenzione particolare verso noi seminaristi e una grande disponibilità all’ascolto. Se vuoi parlare chiami direttamente lui, fin dall’inizio ha detto che con lui avremmo potuto parlare di qualsiasi cosa. E questo non è da tutti. ► Quali altre esperienze vi hanno segnato? Antonio: Nel mio cammino di formazione sono stati fondamentali il Mese ignaziano ad Ariccia, Roma, con due gesuiti, Padre Davide Saporiti e Padre Pino Piva, un’esperienza bellissima di Dio, un tempo in cui ho sentito concretamente la sua presenza nonostante sia stato un periodo di lotta interiore. E poi la missione in Messico condivisa con Gaetano: 40 giorni a fine quinto anno del seminario, con la comunità missionaria di Villaregia. So che c’è una comunità oltreoceano che mi appoggia, che prega per me, che ho accolto e che mi ha accolto. Porti tutti loro nel cuore. Abbiamo vissuto nella parrocchia di una periferia del Messico. Ci occupavamo delle visite alle case, degli incontri ai ministranti senza parlare spagnolo quindi a gesti (ridono), vendevamo vestiti usati nei mercatini, visitavamo agli ammalati, incontravamo i giovani. Abbiamo toccato la vita e la morte lì. Vorrei tanto ritornare. ► E per te, Gaetano? Gaetano: Anche per me sono state importanti queste tappe. Il Mese ignaziano io l’ho vissuto a Bassano del Grappa con Padre Mario Marcolini. È stato una nostra scelta, 30 giorni di silenzio, preghiera, dove puoi scavare profondamente dentro di te, nei tuoi desideri, nelle attese e nel rapporto con Dio. Un ritorno alla radice. È duro prendere contatto con la parte più profonda di te, non è semplice perché ci trovi tanti fantasmi, tante paure che nella vita di tutti i giorni fai finta di non vedere o a volte non sai nemmeno che ci siano. Scavi nel silenzio, viene fuori il fango, ma anche cose belle. E poi il Messico. È stato bello anche affidarci al rettore del seminario Don Enrico D’Amora, non abbiamo scelto la meta ed è stata un’esperienza di Chiesa bellissima. Lì c’è il contatto con l’universalità della Chiesa. Ci separa tanto, la lingua, la cultura, ma Dio ci accomuna. E anche lì abbiamo servito la parrocchia. ► Fate un augurio ai vostri compagni di diaconato? Gaetano: Auguro ad Antonio e Salvatore di diventare santi, di assomigliare sempre di più a Cristo, di donarsi seguendo il desiderio che ha mosso i primi passi, che è sempre quello più vero, e di accompagnarmi anche nel mio cammino Antonio: Il mio augurio per Gaetano e Salvatore è semplice: auguro ad entrambi di essere preti con il fuoco nel cuore. Il fuoco dice tanto: è passione, amore, ardore.


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27 settembre 2014

Intervista/3. Dalla scorsa pubblicazione, le parole di Salvatore Iaccarino

UNA VOCAZIONE GIUNTA FINO A ROMA

«Non so quali forme assumerà il mio ministero, credo sia importante non smettere mai di guardare a Cristo. Per il resto mi affido al Signore»

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l nostro approfondimento nel significato delle ordinazioni diaconali per la Diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia è iniziato la scorsa edizione con l’intervista a Salvatore Iaccarino. Un amico della redazione, ancor prima che uno dei tre ordinandi, con il quale abbiamo condiviso e ripercorso alcuni passi fondamentali della sua vocazione fino ad oggi. Vi riproponiamo uno stralcio dell’intervista. ►Ripercorriamo insieme le tappe principali del tuo cammino, fino ad arrivare a Roma. Rileggendo la mia storia, ho riconosciuto la presenza di Dio che ha accompagnato e ha indirizzato la mia vita, fin da prima che io prendessi consapevolezza della vocazione ad essere prete. Dopo la maturità classica, il 21 novembre 2007 sono entrato nel seminario diocesano per l’anno propedeutico. Nel 2008 poi, il 4 ottobre, è iniziato il mio percorso nel seminario maggiore, per 5 anni, con gli studi alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Quest’ultimo anno è stato ricco, particolare e anche inaspettato: il 26 settembre del 2013, giorno in cui è nato Paolo VI (figura a cui sono molto legato), come alunno dell’Almo Collegio Capranica ho cominciato a frequentare i corsi alla Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana. (...)

► Manca poco alla tua ordinazione diaconale. Da cosa sarà caratterizzato questo periodo di attesa e di preparazione? Siamo in una fase pienamente organizzativa: gli incontri con il Vescovo e con i vari uffici della Diocesi, la preparazione dei dettagli. A settembre gli esercizi spirituali predicati da don Salvatore Branca. Una preparazione esterna ed interna… Sarà, poi, un’estate molto piena: a luglio il cammino di Benedetto con i giovanissimi di Piano di Sorrento, ad agosto l’opportunità di vivere e studiare per un mese a Parigi grazia ad una borsa di studio offerta dall’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, a settembre una settimana a Palermo con il Vescovo Francesco e i seminaristi della Diocesi sulle orme di Don Puglisi. (...) ► Tu che sacerdote speri di diventare? Non so quali forme assumerà il mio ministero. è importante non smettere mai di guardare a Cristo, abbeverarsi della sua Parola, avere uno sguardo attento agli altri, non chiudersi, non rinchiudersi... Tante volte mi chiedo che prete sarò, ma a volte è solo fonte di ansia pensare alle forme che assumerà il mio ministero. E allora mi affido al Signore, alle scelte del Vescovo, alle esigenze della Chiesa…

Leggi l’intervista integrale a Salvatore Iaccarino nella scorsa edizione (luglio/agosto 2014) Nella stessa edizione: il restauro dell’Oratorio di San Nicola, le cene di beneficenza per la tela di Lavinia Fontana, i 100 anni della Signora Lucia Vinaccia, il Cammino di San Benedetto, il raduno delle studentesse del Madre Remigia a 40 anni dal diploma, la festa di Marina di Cassano, il libro di Cecilia Coppola sugli Angeli


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Riflessioni. Il diaconato secondo un diacono. Parla Gianpiero Fiore

IL DIACONO È come un altro cristo

«Egli è, come il presbitero, un uomo che, servendo, diventa ciò che è. Per dono e non certo per merito» di Gianpiero Fiore*

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a redazione de “Il Centro” mi ha contattato, qualche mese fa, perché io scrivessi un articolo sul diaconato in vista delle prossime ordinazioni del 27 Settembre di tre giovani della nostra Arcidiocesi: come al solito, ogni volta che sono chiamato a svolgere un ministero -sarà la mia indole- subito accetto con entusiasmo poi, con il passare dei giorni, avverto la grandezza e l’importanza della cosa e mi fermo un attimo... un po’ perché mi sento a disagio e non so da dove cominciare, un po’ perché, d’altro canto, so bene che è sempre Lui, il Signore, che deve indicarmi la strada ed è il Suo Spirito che deve parlare attraverso di me! Qualcuno potrà pensare: ma guarda un po’ che sfacciato questo tipo! Ed invece è proprio così: stamattina, nell’Ufficio delle Letture, sant’Agostino ci ricorda che «siamo veramente beati se, quello che ascoltiamo, o cantiamo, lo mettiamo anche in pratica. Infatti il nostro ascoltare rappresenta la semina, mentre nell’opera abbiamo il frutto del seme. Premesso ciò, vorrei esortarvi a non andare in chiesa e poi restare senza frutto, ascoltare cioè tante belle verità, senza poi muovervi ad agire». Ecco: il diacono è, o dovrebbe essere, uno dei battezzati che, stanco di fare sempre le stesse cose, aiutato anche dalla ripetitività dell’Anno Liturgico, capisce che è il momento di rispondere “Eccomi!” a Colui che dà vita ad ogni cosa e ad ogni sentimento. Il diacono è, come il presbitero, un “Altro Cristo” che, come Lui, entra nella Storia dell’uomo e si mette al suo servizio. Don Tonino Bello , in un Suo celebre discorso sul “servizio”, afferma: «Chi sa che non sia il caso di completare il guardaroba delle nostre sacrestie con l’aggiunta di un grembiule!». Il riferimento è al notissimo episodio dell’ultima Cena di Gesù che, all’inizio della Sua Passione, prima di prendere il vino e di “spezzare” il pane, si inginocchia davanti ai Dodici e lava loro i piedi. Il diacono, così come tutti i cristiani, è chiamato ad imparare a vivere come il Maestro e, in più, deve ricordare a tutti che la cosa

più grande, più nobile, non è “farsi servire, ma servire!” Il diacono è uno che, servendo, impara ad essere quel che è. Per dono e non certo per merito! Il diacono vive così la bellezza e la grandezza di uno stato così come un sacerdote, un vescovo, un papà e una mamma di famiglia (e così via): chi mai sa già come e cosa fare se prima non accetta - scusatemi se mi ripeto - per dono una condizione o uno stato di vita? Ecco dove inciampa la “sapienza del mondo”: qualcuno vorrebbe prima un titolo, una verifica delle capacità, una prova di realizzabilità, per poi scegliere! Ma non può funzionare così la vita: un bambino allora, per vivere, dovrebbe prima laurearsi e poi venire al mondo? Sarebbe contro natura, vero? E così è per la vocazione: se vediamo i sei diaconi permanenti, i primi ordinati il 30 Dicembre 2000 da Mons. Felice Cece, non è che sono tanti santi con aureola ed ali annesse… Sono sei poveri peccatori che, vivendo nel mondo, cercano di obbedire al Cristo, Servo per Amore, per imparare da Lui a portare la Croce dell’obbedienza, della disponibilità e del servizio nelle diverse realtà loro affidate. A cominciare dalla propria famiglia, con la moglie ed i figli. Guai se, al contrario di quanto detto finora, il diacono vivesse i suoi giorni come se fosse un “arrivato” oppure come uno che, d’ora in poi, non deve far altro che avere i primi posti, con stola e dalmatica, vicino al vescovo, per leggere il Vangelo, per alzare il Calice, per dare la Comunione… Quando qualcuno chiede “che può fare il diacono?” un giorno penserà, facilmente, che il presbitero può fare tutto. E così, invece di fare la Chiesa, distruggiamo il Vangelo. Allora è meglio fare un sorriso, abbracciarLo e, nel Silenzio di Dio, stargli vicino! Auguri ai prossimi diaconi!

* Diacono

1) XXII Domenica del Tempo Ordinario Anno A. 2) Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo (Disc. 23 A, 1-4; CCL 41, 321-323) 3) Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi fino alla morte nel 1993. 4) Consiglio, a tal proposito, una bella lettura, il testo da cui ho tratto la citazione: MARIO D’ELIA, Diaconi dono di Dio all’umanità- Genesi, decadimento, ripristino, ed. Insieme, Terlizzi (Bari) 2014, pagina 46.


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Formazione. Salvatore Iaccarino racconta la sua esperienza francese

PARIGI, CIò CHE RIMANE DI UN VIAGGIO

Nel seminario delle mission étrangères de Paris ragazzi di tante nazioni. La fede è il grande comun denominatore Parigi, 29 agosto 2014 Lentamente muore un giorno col sole che si nasconde e si eclissa adagio adagio dietro una montagna, una casa di collina, oltre la linea dell’orizzonte, oltre la vista, oltre… Lentamente il tempo scorre sul quadrante di un orologio, passano le stagioni, gli inverni, le “domeniche del villaggio”, giornate attese come il Leopardi all’imbrunire del sabato, attimi eclatanti dove ci sembra di vivere veramente, con tutte le forze e l’ardore. È sempre lo stesso “dramma”: lasciare qualcosa, qualcuno e lasciarsi andare, perdersi e ritornare, partire e rientrare… Alla fine di questo mese a Parigi, esperienza inaspettata, intensa, appassionante, mi ritrovo con questi stessi pensieri e sentimenti. L’autunno avanza infondendo nel cuore un senso di pace velata da tristezza: viene il freddo con il vento che di sera soffia sui ponti della Senna, sopraggiungono le piogge minute e insistenti, l’alba ritarda il suo apparire al mattino e il sole anticipa il suo nascondersi dietro la Torre Eiffel, le foglie cominciano a cadere a ogni soffio di vento. Colori d’autunno, giornali e magazzini che pubblicizzano i nuovi romanzi e film in uscita, la programmazione di manifestazioni artistiche, letterarie, musicali per i prossimi mesi, negozi che riaprono dopo la pausa estiva, i primi scioperi preannunciati. Termina anche quest’estate, estate 2014 per coloro che un giorno inseriranno questo tempo in un’ escalation di dati, in grafici statistici o in cronologie storiche. L’estate del tempo incerto, dell’epidemia Ebola, del riaccendersi del conflitto Israele-Gaza (o bisognerebbe scrivere Gaza-Israele?), delle tensioni fra la Russia e l’Ucraina, del viaggio del Papa in Corea del Sud, della proliferazione del “califfato” islamico in Iraq con migliaia di cristiani in fuga, la mia estate a Parigi, prima del 27 settembre. Tempo di rientri, tempo di migrare, tempo di ritornare, tempo di ripartire, tempo di… Dalla finestra del Seminario delle Missions étrangères de Paris (una casa di formazione per preti e seminaristi che svolgeranno il loro ministero come missionari in Asia) scorrono lentamente anche i giorni vissuti all’ombra della cattedrale di Notre Dame, immersi nell’intreccio della vita della città e della chiesa che qui vive, una “minoranza creativa”, come la definiscono i vescovi francesi per cercare di ridare linfa e identità alla vita della Chiesa “primogenita” che, anno dopo anno, conta sempre meno fedeli. L’occasione data dalla borsa di studio offertami dall’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede si è rivelata ben più che una sola occasione di studio e di perfezionamento della lingua all’Institute Catolique di Parigi. L’opportunità di vivere a Parigi, di scoprirne le meraviglie, di esserci non come turista passeggero di qualche giorno, ma per più settimane, ha arricchito di colori e di sempre nuove sfumature l’orditura del mio essere qui, donandone dinamicità, aprendo varchi interiori di pensieri e di progetti, dilatando la mente e il cuore nell’incontro di tanti volti, di tante storie.

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NUOVI CORSI DI FORMAZIONE PER I MINISTRI STRAORDINARI

L’Ufficio Liturgia della Diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia organizza gli incontri di formazione per i candidati al Ministero straordinario della Comunione per Zone pastorali in vista di un servizio attento e coscienzioso ai fratelli, in particolare a quanti vivono nella sofferenza. Il Direttorio Liturgico-pastorale recita: “Il ministero straordinario della Comunione è conferito su designazione del Parroco a cristiani esemplari, maturi e disponibili, non come premio o onorificenza, ma per rispondere a oggettive esigenze della Comunità.” I candidati al Ministero sono scelti dal Parroco, o dalla Superiore per gli Istituti religiosi femminili. I candidati, dopo richiesta di iscrizione, sono successivamente tenuti a seguire gli incontri previsti per Zona che si terranno alle ore 19.30 secondo il seguente calendario: 3 ottobre per l’isola di Capri nei locali della Chiesa del Santissimo Salvatore; 6-7 ottobre per la I Zona nei locali della Cattedrale; 8-9 ottobre per la II Zona nel Centro parrocchiale della Basilica di Meta; 20-21 ottobre per la III Zona nei locali della Parrocchia di Santa Maria del Carmine; 22-23 ottobre per la IV Zona nel Teatro della Parrocchia Madonna delle Grazie in Gragnano. Il mandato sarà conferito da Mons. Francesco Alfano nella Celebrazione eucaristica che si terrà il 25 ottobre alle ore 18,00 nella Cattedrale di Sorrento.

SEGUE A PAGINA 15 Michel ha trentadue anni, è prete da quattro, domani festeggeremo la sua partenza per la Cina dove andrà come missionario; padre Olivier ha vissuto tutta la sua vita in Madagascar, dove era rettore di un seminario; Antoine, Jean-Batiste, Robert sono seminaristi che i loro vescovi coreani hanno inviato a Parigi per perfezionare gli studi in teologia; Dominique studia medicina alla Sorbonne e la domenica insieme a Christopher e Gilbert fa il ministrante nella cattedrale di Notre Dame; Hyejin è diplomatica per la Repubblica di Corea, è cattolica e mi racconta della vita della sua diocesi; Mariusz e Cristian studiano la Sacra Scrittura e fra qualche mese continueranno gli studi all’Ecole Biblique di Gerusalemme; padre Vincent è curato di una parrocchia in Bretagna; Enrique e Alexander, come me, sono alla vigilia del diaconato. La tavola o il giardino alberato del Seminario MEP, i corridoi dell’Institute Catolique, le navate della Cattedrale di Notre Dame, i grandi boulevards parigini, i tavoli di una boulangerie di quartiere, hanno fatto da cornice a tanti racconti, suscitati dalla curiosità, dal desiderio di conoscere, di condividere, nella consapevolezza di sentirsi Chiesa, di riconoscere nelle culture e nelle storie, tanto differenti, l’unico comune denominatore della fede in Cristo Gesù, la gioia di appartenersi, di essere membra dello stesso corpo, al servizio, in cammino anche se geograficamente distanti. Si sta per ritornare a casa: nell’ultima sera, mentre il vento comincia a soffiare per le antiche strade dell’Isola Saint Louis alle spalle di Notre Dame, due fotografie in bianco e nero rapiscono la mia attenzione: mi ci ritrovo, sento che mi appartengono e che gli appartengo, diventano icona dei miei sentimenti e dei pensieri inespressi. Sono io seduto ai banchi di scuola, discepolo alla scuola del Maestro, con gli occhi fissi a sillabare sull’abbecedario della fede, sono io che porto fra le mani un dono così fragile e importante, la mia vita, la mia vocazione e come piccolo chiedo di essere custodito, per non perdermi… «E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa…» (Mt 10,42)


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Scout. La Route estiva del Gruppo di Piano di Sorrento sui media nazionali

UN’AVVENTURA NEL PARCO DEL POLLINO

«Allertati i soccorsi in due Regioni. Rintracciati tramite whatsapp. Ma ora vi raccontiamo come è andata davvero» di Iole Filosa

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egli Scout abbiamo sentito parlare a inizio settembre. La notizia è rimbalzata nella rete mediatica: allarme per quattro dispersi durante un’escursione nel Parco del Pollino. I protagonisti fanno parte del Gruppo Scout Agesci Piano di Sorrento Uno. È un’avventura nostrana tutta ancora da raccontare perché, in questa storia, non tutti i dettagli sono venuti fuori. Ne parliamo con chi c’era: i due capo unità Gianfranco Maltese e Dora Iaccarino, e l’aiuto capo unità Monica Russo e R. uno dei giovanissimi Scout recuperati dalle Forze dell’Ordine. ► Ricostruiamo i fatti. Cosa è successo nel weekend del 5 e 6 settembre? Gianfranco: Eravamo alla Route estiva, un campo mobile dove i ragazzi fanno l’esperienza della strada caratteristica della Branca R/S. Dopo aver comunicato con debito anticipo l’itinerario al Corpo Forestale dello Stato, hanno preso il via due spedizioni: i ragazzi, cinque in tutto, sono stati divisi in due gruppi con itinerario diversificato e l’invito a riflettere su alcuni spunti durante il cammino. Noi capi, quattro adulti, a coppie abbiamo seguito i ragazzi a distanza di circa mezz’ora facendo il loro stesso percorso e restando in contatto sia telefonico che radio. ► A che ora è iniziata l’escursione? Siamo partiti alle 8.00 dal Rifugio De Gaspari in Basilicata. L’appuntamento per il ritrovo, e quindi il ricongiungimento di entrambi i gruppi, era previsto intorno alle 17 al Colle Gaudolino, in Calabria. Il primo gruppo, che aveva un itinerario di sentiero, è arrivato in tempo per l’appuntamento. Il secondo, invece, no. ► Cosa era successo? Uno dei capi Scout del gruppo, che affrontava un percorso di quota, ha accusato un malore durante il cammino, quindi si è resa necessaria una sosta del nucleo Scout adulto. Il primo allarme, intorno alle 15.00, sono state proprio loro a darlo riferendolo a se stesse. Nel frattempo i due ragazzi, di 16 e 17 anni, complice una particolare zona con bassa copertura di segnale come capita a tratti in montagna, hanno continuato il percorso e, ad un certo punto, hanno perso il collegamento con i capi Scout. ► A questo punto come hanno agito i ragazzi? I ragazzi si sono resi conto che il percorso da affrontare

era ancora tanto, troppo lungo per il tempo e le ore di luce a disposizione. Quindi hanno deciso di tornare indietro di poco, trovare un posto favorevole e accamparsi per la notte. Non hanno rischiato di andare avanti e affrontare il sentiero nelle ore notturne. ► Quando è stato dato il via alle loro ricerche? Abbiamo atteso due ore e mezza rispetto all’orario dato per il ritrovo che è, per prassi, un tempo stimato ragionevole per un ritardo sul ritmo di marcia. Poi, non essendoci stato alcun contatto, alle 19 abbiamo allertato il Corpo Forestale dello Stato, mentre per le capo Scout erano già iniziate le ricerche da parte del Soccorso Alpino. ► Dal momento dell’allarme a quello del ritrovo quanto tempo è trascorso? Le capo Scout sono state rintracciate e recuperate intorno a mezzanotte. I ragazzi individuati poco dopo e prelevati con l’elicottero nelle prime ore del mattino. In entrambi i casi l’intervento delle Forze dell’Ordine è stato tempestivo. Dora: Cogliamo a proposito anche l’occasione per ringraziare chi ha collaborato: il Corpo Forestale dello Stato, il Soccorso Alpino, gli speleologi, i cinofili, i Vigili del Fuoco, i Carabinieri, il 118... C’era veramente di tutto. Si sono mossi in tempi brevissimi, con condizioni meteo non delle migliori. ► La notizia ha avuto un’enorme risonanza in rete e sui giornali… Gianfranco: Decisamente, e non sempre con informazioni esatte. Diciamo che trovandoci in una zona che copriva sia la Calabria che la Basilicata sono stati avvisati tutti gli Enti preposti delle due Regioni e gli organi competenti nazionali. Il coinvolgimento delle risorse investite, nonostante la rapidità dei soccorsi, è bastato per amplificare l’entità dell’accaduto. ► Quanto è stato importante aver comunicato sin dall’inizio l’itinerario che ci si apprestava ad affrontare? È stato fondamentale. Infatti il Corpo forestale ci ha fatto i complimenti per l’organizzazione e la gestione dell’emergenza perché, avendo la mappa dettagliata del percorso, sono riusciti a restringere molto il campo delle ricerche. Conoscendo l’itinerario è più semplice calcolare di quanto ci si può spostare e circoscrivere l’area velocemente.

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SEGUE DA PAGINA 15 Dora: Tra l’altro sono stati contattati tramite i cellulari di ultima generazione dal Soccorso Alpino del Piemonte che gestisce le operazioni a livello nazionale. Loro fanno le localizzazioni attraverso i messaggi di whatsapp e hanno fornito così ai ragazzi le indicazioni con i collegamenti a Google Maps. Un metodo tecnologico sperimentale che ha velocizzato ulteriormente le operazioni. ► L’episodio ha avuto ripercussioni sulla Route in corso o effetti sui ragazzi? Dora: Di certo nulla di negativo. Il campo ha continuato il normale svolgimento perché i ragazzi hanno voluto proseguire le attività senza alcun problema. In fondo non hanno fatto altro che mettere in pratica ciò che è stato loro insegnato in Reparto, il periodo di formazione teorico. Gianfranco: Da questo campo il gruppo è uscito sicuramente molto più coeso, è scattata una solidarietà reciproca molto forte. D’altra parte il percorso è stato affidato calibrando le attitudini e le competenze di ognuno e anche le coppie sono state formate facendo in modo che la preparazione complessiva fosse completa e complementare. ► Tutto sotto controllo quindi. Sì, infatti. Gli Scout sono preparati a cavarsela nei momenti di emergenza. Il problema non è mai la situazione difficile o extra-ordinaria davanti la quale ci si può trovare, ma la sua gestione. E i ragazzi sono stati in grado di applicare tutti gli strumenti dati prima di fare un’esperienza sul campo. ► R., cosa ti rimane di quest’esperienza? Mi è servito tutto quello che ho imparato finora, sopratutto saper costruire un rifugio e usare la bussola. Ci siamo divertiti in elicottero (ridono)… E poi, non volendo rimanere senz’acqua, abbiamo pensato di non sprecare le scorte e sfruttare prima quella contenuta in una scatola di piselli che avevano, come cibo di regola, nello zaino. ► Conosciamo meglio il vostro mondo. Cos’è innanzitutto una Branca R/S? Dora: La R sta per Rover, cioè i maschi, e la S invece sta per Scolte, le femmine. La forcola, un bastone a forma di Y come una fionda, è il simbolo della Branca Rover/Scolte, e rappresenta la scelta. Il nostro obiettivo è portare i ragazzi ad essere in grado di prendere decisioni, negli Scout come nella vita, di fare delle scelte. Le tre parole fondamentali sono strada, comunità e servizio. I ragazzi nei 4 anni in cui vivono

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la Branca sperimentano a vari livelli queste tre parole. “Comunità” perché il Clan è un vero e proprio gruppo attivo che decide, propone, si verifica, si dà obiettivi. “Strada” perché è uno degli strumenti che usiamo per prendere coscienza dei limiti e per imparare che non si cammina soli ma con gli altri, “al passo del più lento”, come recita un detto. “Servizio” perché negli Scout si sperimenta cosa significa rimboccarsi le maniche ed essere a disposizione del prossimo. Tutto questo è incorniciato in un discorso di fede: siamo un’associazione Agesci, Associazione guide e Scout cattolici italiani. Oltre ad essere capi scout siamo anche capi catechisti nella comunità dei Padri Sacramentini di Piano di Sorrento. In tutte le attività la proposta di catechesi è costante. ► All’interno del gruppo si diversifica poi la formazione teorica e pratica quindi? Sì, il gruppo ha al suo interno la suddivisione in Lupetti (8-12 anni), Reparto (11-15 anni) e Clan (16-21 anni). In Reparto si acquisisce, a livello teorico, il 90% delle tecniche generali che negli anni di Clan vengono poi messe in pratica. Le programmazioni di tutte le attività sono curate nei particolari. Poi entra in gioco l’imprevisto e, come nella vita, esce fuori la predisposizione. ► Quante altre realtà Scout esistono in zona? Monica: In Diocesi, oltre noi, ci sono il Gragnano Uno, Gragnano Due, Sant’Antonio Abate e gli Scout di Castellammare di Stabia, nel quale esistono due gruppi Agesci e uno Asci. Quest’ultimo è un gruppo di soli adulti Scout. Dall’anno scorso facciamo parte della Pastorale giovanile diocesana e stiamo cercando di rientrare in una realtà nuova, finora sconosciuta per noi, che stiamo scoprendo man mano con Mons. Francesco Alfano. ► Quanti siete nel Gruppo Scout di Piano di Sorrento? Dora: Circa sessanta quest’anno. Alla Route nazionale, tenuta dall’1 al 10 agosto a Pisa, eravamo 33.000 e non hanno partecipato tutti i Clan. È stato un evento importante, l’ultima risaliva al 1986. E ogni gruppo ha portato il proprio Capitolo confrontandolo con gli altri. ► Di cosa si tratta? Monica: Il Capitolo si basa su tre fasi: osservare, giudicare e agire. Tutti i Clan italiani lavorano ad un progetto che riguarda il coraggio in qualche ambito, approfondendo il tema attraverso il confronto. Poi si fa un’inchiesta tra la gente e successivamente si ipotizzano le azioni più adatte per perseguire l’obiettivo. ► R. tu hai partecipato. Cosa ha scelto il tuo gruppo? R.: Noi, in collaborazione con gli Scout di Castellammare Due, abbiamo scelto il “coraggio di essere cittadini”. Abbiamo verificato quali fossero le problematiche a Castellammare somministrando anche questionari ai passanti. Poi abbiamo scelto di concentrarci sul problema della legalità, partendo dal piccolo, quindi abbiamo allestito un “gazebo della legalità”. Tutti gli scontrini emessi hanno partecipato all’estrazione di premi messi in palio dai negozianti aderenti all’iniziativa. Abbiamo pensato così di incentivare l’emissione e la richiesta degli scontrini, contribuendo alla sensibilizzazione sull’argomento.


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Catechisti. Primo raduno al centro Zama per ricordare 37 anni di servizio

RITROVARSI TUTTI COME UN TEMPO

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l 28 luglio di quest’anno si è tenuto al Centro Parrocchiale “Antonio Zama “ di Piano di Sorrento il primo raduno dei catechisti che si sono alternati nel servizio della Parrocchia dal 1977 al 2014. Questo evento significativo, sognato da tempo, è stato per tutti memoria di grazia, gioiosa condivisione e reciproca rinnovata accoglienza. L’incontro si è svolto in un clima di preghiera iniziato con la recita del Santo Rosario meditato da Don Pasquale Irolla sul tema “Il catechista è: preghiera-perdono-compassione-ascolto-fede”. Paola Carrino, attuale responsabile, ha portato la sua testimonianza, il suo pensiero, la sua emozione. Gemma Vazza, ex responsabile, ha lasciato un messaggio che potrà essere per tutti motivo di riflessione e di speranza. L’incontro, molto vissuto dai partecipanti, si è concluso in un clima di festosa serenità. MESSAGGIO DI PAOLA CARRINO “Vorrei tanto organizzare un incontro di tutti i catechisti chiamati al servizio nella Parrocchia di S. Michele Arcangelo, dal 1977 ad oggi”. Queste furono le parole di Gemma quando per la prima volta mi illustrò il suo progetto. Io le dissi “Va bene!” , ma, confesso, a fior di labbra. In realtà non mi ero subito resa conto di quanto fosse “audace” il suo sogno, e non avrei mai immaginato si arrivasse a contattare più di novanta “ragazze/i” . Man mano che il progetto prendeva forma, mi piaceva, mi ci sono affezionata, mi ha preso il cuore, mi ha emozionato. “I have a dream”: un sogno che hai accarezzato, amato e portato avanti con tenacia, cara Gemma, finché si è concretizzato il 28 luglio di quest’anno. È stata una piacevole serata, densa di ricordi e arricchita

Foto Salvatore Irolla

«È stato per tutti come aprire una vecchia scatola di latta e guardare le tante immagini raccolte»

da una toccante preghiera guidata dal Don Pasquale. È stato per tutti, come aprire una vecchia scatola di latta e guardare le tante, tante foto: immagini, persone, bambini, adulti, sacerdoti... Quanto tempo! Tra assenze e ritorni quanti motivi per dire: “Grazie!” Lo spunto lo traggo da Luca 17,11-19 laddove su dieci lebbrosi guariti, solo uno ritorna da Gesù per ringraziarlo. “Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? ...»”. Ho sentito questo rimprovero per me e, con immensa emozione, dico: Grazie, Gemma, per questa serata; per questo ritorno al tempio; per l’opportunità di riflettere sul rischio dell’ abitudine,del dare tutto per scontato: la vita, i figli, la salute, l’amore... dimenticando così di aprirsi allo stupore, alla gratitudine, alle lacrime, alla gioia. Grazie, Signore, per questo tempo vissuto; per i Sacerdoti; per i seminaristi; per le religiose e i religiosi; per le catechiste conosciute in questi anni da “responsabile”, intimamente giovani nell’entusiasmo, nella creatività, nell’accoglienza; per la Tua Misericordia e le Tue Benedizioni che ogni giorno riversi abbondantemente su tutti noi; per Maria, “portavoce della volontà del Figlio”, che costantemente invita ad ascoltare e a compiere i gesti che Lui ci chiede:“Fate quello che vi dirà...” [Gv 2, 5] Prego affinché tutti noi possiamo accogliere l’invito della Madonna a vivere una vita di servizio nella vocazione alla quale siamo chiamati. “Donaci, o Padre, di rispondere con gioia alla tua chiamata”. Paola Carrino MESSAGGIO DI GEMMA VAZZA Ho atteso questo incontro ricordando con affetto ciascuno di voi. La nostra presenza questa sera parla di gratitudine

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Il racconto. NELL’ALBERO DI GELSO DI GOTTOLA FU SCOLPITA LA STATUA DELL’ARCANGELO

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a processione di San Michele, a Piano, è cosa rara. L’Arcangelo esce dalla chiesa solo ogni venticinque anni, a meno che non ci siano motivi gravi come un’epidemia, una calamità naturale e così via. Quella di oggi poi assume un significato davvero particolare: è l’anno 2000, quello del Grande Giubileo, l’anno che chiude il millennio. La processione è solenne, ci sono le confraternite e tutte le massime autorità; quelle civili, quelle militari e religiose. Ali di popolo si assiepano ai lati delle strade. La statua, tirata a lucido da un recentissimo ed amoroso restauro del Comandante Pietrantonio, brilla in tutto il suo splendore. Il nostro San Michele è bellissimo. Ma perché proprio San Michele è il patrono di Piano? Io penso che, prima ancora di essere scelto dal popolo, San Michele stesso abbia voluto questa terra: Gottola, Carotto, Cavone, Cavoniello, i valloni, anche la toponomastica ricorda che qui tutto è grotte e l’Arcangelo da sempre ha prediletto questo tipo di Santuario naturale per propria dimora. Ricordo Monte Sant’Angelo del Gargano, in Puglia, dove apparve nel 490, 492 e 493 e poi le grottesantuario di Sant’Angelo in Grotte, Olevano sul Tusciano, Avella, giusto per citarne qualcuna. Quindi anche qui a Piano, San Michele deve aver avuto per suo primo luogo di culto una grotta, una cavità naturale nell’antichissimo rione di Gottola. Mi piace immaginare quella piccola sta-

tua, scolpita in una pietra di tufo. Era portata in processione, quasi duemila anni fa, dai primi abitanti del nostro paese, convertiti alla fede di Cristo. Partiva da quella grotta di Gottola, verso il tempio, dedicato alla nuova religione con l’innalzamento di quella prima, rudimentale croce, che lo rese chiesa “estaurita”. Quindi quella di oggi è la processione che ripercorre orme antiche: la mia mente rincorre la storia di questo cammino. E se la storia ha la sua logica e non è solo una serie di fatti casuali, ecco perché proprio da Gottola venne il grande tronco dell’albero di gelso, dal quale nel ‘700 fu scolpita la statua dell’Arcangelo che oggi ripercorre le vie del Piano. I vecchi affermano che c’è un percorso fatto di grotte e cunicoli che congiunge l’antico rione di Gottola con la basilica di San Michele. È lì che è passata la storia del paese: gente in fuga dai pericoli degli assalitori provenienti dal mare, pirati, saraceni, tedeschi… grotte per ripararsi dalla cenere del Vesuvio o dal pericolo delle bombe dell’ultima guerra, grotte per conversare i prodotti della terra, come il vino, l’olio, le arance, i limoni, la legna per le navi. Quindi quale santo protettore avrebbe mai potuto desiderare Piano, se non San Michele? Anzi io penso che tutti noi abitiamo come ospiti, nella terragrotte-santuario di San Michele.

Ciro Ferrigno

da “Storie di paese” (Longobardi Editore 2008)

SEGUE DA PAGINA 17 e di ringraziamento per tutto quello che il Signore ha operato in tutti questi anni nel nostro cuore, nelle nostre famiglie,nella nostra comunità. Essere qui è anche voce di benedizione per tutti coloro, sacerdoti ed amici, che con la parola e con la vita ci hanno guidati, formati e illuminati perché il nostro servizio rimanesse nel tempo coerente e fedele. Oggi è festa dentro di noi e,siccome vi porto nel cuore, tutti, voglio consegnarvi un piccolo messaggio, una piccola frase che può dare un tocco di luce in più al senso della nostra vita e alla nostra spiritualità. Questa frase recita così: “Nulla dies sine linea” che letteralmente tradotta è: “Nessun giorno senza una linea, un segno”. Per coglierne un messaggio più profondo ci dice: “Nessun giorno della tua vita passi senza che tu non abbia lasciato un piccolo segno del tuo passaggio” Una linea, un piccolo segno, è invisibile agli occhi del distratto, ma agli occhi di Dio no! Un piccolo segno è una preghiera come primizia del giorno in risposta alla fedeltà di Dio. Un piccolo segno è un gesto di carità concreto e donato con le parole del cuore. È un consiglio, un biglietto, un silenzio, un sorriso, un fiore, uno sguardo. È un sì che consola, un no che corregge. È asciugare una

lacrima. È la forza di convivere con le difficoltà, con i torti, con le interferenze del mondo, con la malattia, senza perderne il senso. È il coraggio di dire la verità, quella costosa, detta con parole umili che non offendono ma con la pedagogia di Dio. Un piccolo segno del nostro passaggio è una tenerezza. La tenerezza è una eleganza dell’anima, una delle tante che ogni anima può contenere se si lascia modellare dalle mani di Dio. C’è poi la gioia,e non parlo dell’allegria o della ilarità, anch’essi doni da condividere, ma della gioia quella vera, silenziosa, profonda che dà agli occhi una luce nuova, quella gioia che è il cuore e il motore di ogni amore, che dà tono e colore ad ogni cosa bella della vita. Certamente, ogni cuore così allenato al bene, riceverà grazia su grazia e farà, nel tempo, cose più grandi di queste. Tornando a casa portiamo con noi oltre le grazie che oggi ci sono state donate, anche questa piccola frase: “Nulla dies sine linea” Sia così per tutti noi! Avremo seminato il bene, forse qualcuno ci porterà nel cuore, ma, cosa molto più importante è che saremo benedetti da Dio.

Gemma Vazza


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Eventi/1. I festeggiamenti religiosi e civili nei giorni 28 e 29 settembre

IN CONCERTO JAMES SENESE E I GIOVANI

In concomitanza con la festività di San Michele, torna la manifestazione “Pian...issimo” organizzata da Pro Loco e Comune di Piano di Sorrento

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l 28 e il 29 settembre a Piano di Sorrento, da sempre, si respira aria di festa. Sono i giorni dedicati al Santo Patrono della Città, San Michele Arcangelo e confluiscono i festeggiamenti religiosi della ricorrenza celebrata dalla Chiesa e le manifestazioni civili che la Città vive in concomitanza. Ogni sera, a partire dal 20 settembre, presso la Basilica di San Michele Arcangelo si tiene la tradizionale Novena con la recita del Rosario alle ore 19.00 e la celebrazione del vespro con meditazione e benedizione eucaristica alle 19.30. Un appuntamento che raccoglie sempre tanti fedeli e che culmina il giorno 29 settembre con il Vespro solenne che si conclude con la Visita al Tempietto di San Michele. Nella stessa giornata vengono celebrate altre sette messe: alle ore 7.00, alle 8.00, alle 9.00, alle 10.00, alle 11.15, alle 17.00 e alle 18.00. In concomitanza la comunità civile vive, ormai da quattro anni, la manifestazione “Pian…issimo”, organizzata dall’Associazione Turistica Pro Loco Città Piano di Sorrento e dal Comune di Piano di Sorrento. La due giorni prevede sempre l’incontro della tradizione con la novità. «Dopo l’esperienza dello scorso anno in cui furono protagonisti band e cantanti della penisola sorrentina - spiega il Presidente della Pro Loco Marco D’Esposito - per l’edizione 2014 abbiamo scelto di dedicare un’attenzione particolare ai giovanissimi talenti». Così domenica 28 settembre, dalle ore 16.00 Piazza Cota

si trasforma in un grande parco giochi con i gonfiabili e l’intrattenimento dedicato ai bambini. La sera alle ore 21.00 sono inoltre le voci delle nuove generazioni ad essere portate in concerto con i ragazzi dei programmi televisivi “Ti lascio una canzone” e “Io Canto”. Ma il giorno clou è chiaramente il 29 settembre. E, per ricordare i concittadini defunti nel giorno in cui la comunità carottese festeggia il Santo Patrono, la mattina del lunedì viene deposta una corona di alloro ai piedi del Monumento ai Caduti di Piazza Cota. Immediatamente dopo è la banda “Città di Piano di Sorrento” a svegliare simbolicamente le strade del paese concludendo il matinée musicale in Piazza Cota. Protagonista di “Pian…issimo” 2014 è, però, il jazz-rock virtuoso forgiato nella migliore tradizione napoletana e nel ritmo afroamericano che caratterizza il concerto della sera con il sassofonista James Senese, alla ribalta con Pino Daniele, Tullio De Piscopo e Joe Amoruso, e il suo gruppo “Napoli Centrale” fondato insieme a Franco Del Prete. «Una ventata di internazionalità - conclude il Presidente Marco D’Esposito - un testimone artistico che passa dalle nuove generazioni ad un veterano della musica». L’apertura del concerto di James Senese & “Napoli Centrale” è affidata al cantautore Marco Mariconda e la sua band. L’Open Act è previsto per le ore 20.45 e saranno eseguiti brani inediti tratti dal progetto discografico pop-rock “Fade In”.


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Vincenziane. L’opera dei carottesi che seguono le orme di S. Vincenzo

LA STORIA DI UN GRUPPO DI BENE

Collaborazione e volontariato al motto di “Non mollare mai” che sintetizza l’operato del santo fondatore di Cecilia Coppola

Non mollare mai” è una frase che ben sintetizza l’operato di San Vincenzo, il quale, sebbene nato da una modestissima famiglia contadina, potette frequentare il Collegio Francescano di Dax sostenuto finanziariamente da un avvocato della zona che, ammirato dall’acume del giovinetto, convinse i genitori a lasciarlo studiare e tale possibilità allora permetteva di avviarsi alla carriera ecclesiastica. Il 20 dicembre 1596 San Vincenzo ricevette la tonsura e gli Ordini minori, poi sempre grazie all’aiuto del suo benefattore, si iscrisse all’Università di Tolosa per i corsi di teologia e, a soli 19 anni, riuscì a farsi ordinare sacerdote. La sua vita fu una continua avventura che lo pose di fronte a situazioni scabrose come quando, mentre viaggiava per mare da Marsiglia a Narbona, la nave fu attaccata da pirati turchi ed i passeggeri, lui compreso, furono fatti prigionieri e venduti a Tunisi come schiavi. Riacquistò la libertà dopo due anni fuggendo su una barca, nel 1612 coronò il suo sogno di essere nominato parroco di Clichy, alla periferia di Parigi; nell’arco di tale periodo avvenne l’incontro decisivo con Pierre de Bérulle che, accogliendolo nel suo Oratorio, lo formò a una profonda spiritualità. Coinvolto nella vita fervente di preghiera di alcuni parrocchiani, padre Vincenzo, a 31 anni, lasciò da parte le preoccupazioni materiali e di carriera e prese ad insegnare il catechismo, visitare gli infermi ed aiutare i poveri. Conoscendo la povertà sin dalla sua nascita, il contatto con la realtà disagiata dei contadini lo turbò profondamente, soprattutto verificando che specie se ammalati erano lasciati nell’abbandono e nella miseria più profonda, e nel suo animo si formò l’idea che era necessario un’assistenza continua da parte di persone e per questo formò la prima ‘Carità’, le cui associate presero il nome di “Serve dei poveri”. In tre mesi l’Istituzione ebbe un

suo regolamento fondato sul concetto che tutto deve avere origine da quell’amore cristiano, che in ogni povero fa vedere la viva presenza di Gesù, e da una valida, cosciente e compatta organizzazione. Iniziò così a predicare nelle zone rurali, fondando le ‘Carità’ nei numerosi villaggi e avrebbe voluto che gli uomini collaborassero insieme alle donne ma si scontrò con la mentalità dell’epoca e dovette desistere. Soltanto un paio di secoli dopo, nel 1833 a Parigi, un gruppo di sette giovani universitari, tra cui c’era il beato Federico Ozanam, diede inizio alle “Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli”. Col trascorrere del tempo San Vincenzo, rendendosi conto che la povertà era presente in forma ancora più dolorosa non solo nelle campagne ma anche nelle città, fondò le “Dame della Carità”, nelle quali confluirono moltissime nobildonne, che poterono dare un valore positivo e uno scopo sociale alla loro vita spesso piena di effimere vanità. Le sue associazioni acquistavano sempre di più un ampio respiro nella formazione dell’istituzione cittadina detta dell’ “Hotel Dieu” (Ospedale), che costituirono il più concreto aiuto verso trovatelli, galeotti, schiavi, popolazioni affamate per la guerra e nelle Missioni rurali. Fra le centinaia di donne associate a questa meravigliosa opera, vi furono la futura regina di Polonia Luisa Maria Gonzaga e la duchessa d’Auguillon, nipote del Primo Ministro, cardinale Richelieu.Le prime ‘Carità’ vincenziane sorsero in Italia dal 1652 al 1656 a Roma, Genova e Torino. Il seme della Carità ha continuato a produrre un raccolto copioso e a coinvolgere sempre di più nel mettere in atto le virtù caratteristiche dello spirito vincenziano, nell’esercizio incomparabile di soccorrere il prossimo. Esse sono le “cinque pietre di Davide”, cioè la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione e lo zelo. Nel nostro paese il Gruppo vincenziano si attiva con slancio e abnegazione e ogni anno si prodiga

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Storie. Si incontrano dopo 50 anni nel cortile d’infanzia: gioia e commozione

il raduno dei “ragazzi di via bagnulo”

Il saluto del Sindaco Giovanni Ruggiero: «Testimoniate la potenza dei legami e l’indissolubilità di alcune amicizie» di Silvio Iaconis

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rano ragazzi di 10-15 anni quando srotolavano la loro fanciullezza nel cortile del palazzo in Via Bagnulo 39 (oggi 59 ). Erano circa 60 tra ragazzi e ragazze che intrecciavano i loro sogni e che davano vita ad un’unica famiglia sotto gli occhi vigili dei loro genitori e delle sorelle più grandi. Scendevano per via Bagnulo insieme per andare a scuola, ritornavano insieme, giocavano insieme nel cortile interno del palazzo che li ha rivisti riuniti, ancora per una volta, il 31 Agosto scorso al tramonto, quando anche le luci della cappellina dedicata alla Madonna costruita da alcuni di loro negli anni 60, si sono accese quasi a voler illuminare i loro volti, con qualche velatura più bianca nei capelli ma sempre con lo stesso sorriso e la stessa gioia di stare nel “loro” cortile che chiamavano “il giardino”. Tanta emozione, tanti gli occhi lucidi ma soprattutto tanti ricordi, specialmente quando è stato passato il microfono a ciascuno di loro, seduti a cerchio lungo il famoso muretto. E non è mancato un momento di vera poesia quando Rosaria Russo, moglie di Pasquale Del Santo, entrambi ex ragazzi del condominio, ha declamato in dialetto napoletano la poesia “A storia ‘e nu’ palazze” da lei appositamente scritta per l’occasione. E Rosaria e Pasquale non sono gli unici che si sono innamorati intrecciando la vita delle famiglie che vivevano in Via Bagnulo 39. Graditissimo a tutti è stata anche la pergamena fatta recapitare durante il raduno da parte del Sindaco

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a rafforzare l’aiuto alle famiglie indigenti preparando tra le tante attività anche la Cena di Beneficenza, supportate non solo dall’adesione numerosa dei conviviali ma anche dall’Associazione Cuochi Penisola Sorrentina che, come spiega il presidente Antonino Morvillo: “Sono ben quaranta anni che la Federazione Cuochi si adopera alle attività di assistenza collaborando con disponibilità spontanea a interventi sociali che richiedono anche la preparazione di vivande per la raccolta di fondi a favore dei bisognosi”. Non è mancata la preziosa disponibilità di Annalisa Pascariello nello spazio di Babylandia, che vive la presenza dei bambini nel momento educativo della loro vita e per una sera è diventato per gli adulti esempio di insegnamento caritativo nel ricordo di zio Peppe, esempio di generosità forte ed innata. Anche Paolo Perfetto ha dato la sua disponibilità per un filmato testimonianza efficace dello svolgersi dell’evento. Rosita Lauro, presidente del Gruppo Vincenziano, ha portato il saluto di Padre Ferruccio assente per impegni, che ha sottolineato ancora

di Piano di Sorrento, Giovanni Ruggiero, che si è unito all’incontro col pensiero, non potendo essere fisicamente presente per impegni istituzionali concomitanti. «“Il ricordo è un modo di incontrarsi” - ha scritto il Sindaco - per non lasciare andare nell’oblio pezzi di vita vissuta e sudata». Ed ha concluso il suo saluto scrivendo: «Voi oggi permettete al passato di cedere il passo al futuro (...). Apparecchiate nuovamente il vostri “luoghi dell’anima” con quell’accoglienza di cui la vostra generazione è maestra. Testimoniate la potenza dei legami, la bellezza d’avere compagni di avventura, l’indissolubilità di alcune amicizie e la possibilità reale di non perderle mai, nonostante il tempo, le distanze, le partenze, le mancanze, le assenze... Auguri per i vostri ricordi, per questo raduno e per la vostra storia. Una storia che è un po’ anche la storia di Piano di Sorrento.». una volta come la Carità è espressione della Comunità, forza della nostra Fede e non si riveste di arroganza ma di umiltà e tenerezza, concetto ribadito anche dal parroco Don Pasquale Irolla che, sebbene stanco da un rientro di preghiera, non ha fatto mancare la sua presenza anche se per poco tempo. Rosita Lauro ha ricordato come San Vincenzo ha seguito la strada di Gesù sintetizzata nel suo Vangelo nel precetto dell’Amore verso Dio e verso il prossimo:” Questa sera – ha sottolineato - noi vincenziane e tutti voi siamo una palese risposta a tale insegnamento che affonda da le sue profonde radici nella carità, scelta di vita, nodo di essere, sentimento più bello da coltivare nel quotidiano”. Affrontando dunque questo cammino di condivisione con il bastone della solidarietà e della generosità, quest’anno grazie alla compatta unione di tutte le socie e al loro attivo impegno di volontariato è stata raccolta la generosa somma di settemila e quattrocento euro che sosterrà molti nuclei familiari e singole persone a superare seri momenti di difficoltà.


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Ricorrenze/1. Il 2014 si celebra l’anno internazionale della famiglia

DA DOVE NASCE IL FUTURO DELL’UMANITà

Due Assemblee, straordinaria e ordinaria, per parlare di Vangelo, di pastorale e di genitorialità di Manuela Abbate

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Fondata sull’amore e aperta al dono della vita, la famiglia porta in sé il futuro stesso della società […] Famiglia, vivi concordemente ed appieno la tua missione!» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Celebrazione della XXVII Giornata Mondiale della Pace (1 Gennaio 1994)“Dalla famiglia nasce la pace della famiglia umana”) Il 2014 è l’anno internazionale della famiglia. Tuttavia la famiglia, come tutte le comunità e i legami sociali, attraversa una profonda crisi culturale (cfr. Esortazione A p o s t o l i c a Evangelii Gaudium, Città del Vaticano, 24 Novembre 2013, n. 66), Questa profonda crisi sociale e spirituale della famiglia, nucleo vitale della società e della comunità ecclesiale, i n t e r p e l l a la missione evangelizzatrice della Chiesa. Non si può, infatti, tacere che l’annuncio del Vangelo della famiglia è parte integrante della missione della Chiesa, poiché la rivelazione di Dio illumina la realtà del rapporto tra l’uomo e la donna, del loro amore e della fecondità della loro relazione. L’uomo e la donna sono fatti ad immagine e somiglianza di Dio (Gen, 1, 24-31), accogliendosi reciprocamente si riconoscono fatti l’uno per l’altro e mediante il loro amore nuziale hanno il compito di rendere presente nel mondo ‘il grande mistero’ dell’amore tra Cristo e la sua Chiesa (cfr. Ef 5,31-32). Orbene in considerazione della crisi e dell’importanza di questo amore esclusivo e definitivo che diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo (cfr. Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est, Città del Vaticano, 25 Dicembre 2005, n. 11) l’8 Ottobre 2013 Papa Francesco ha convocato la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi (dal 5 al 19 Ottobre 2014 n.d.s) sul tema: «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». Il Santo Padre, in considerazione dell’ampiezza e della complessità del tema, ha ritenuto che il lavoro dei Padri

Sinodali si svolgesse in due diversi momenti i quali, tuttavia, costituiranno un’unità organica. Infatti, la prima tappa sarà quella dell’Assemblea Generale Straordinaria del prossimo mese di Ottobre. In essa i Padri sinodali, al fine di rispondere alle nuove sfide sulla famiglia, valuteranno e approfondiranno i dati, le testimonianze e i suggerimenti che sono pervenuti alla Segreteria Generale del Sinodo, dalle Chiese particolari che hanno risposto alle domande contenute Documento Preparatorio inviato e divulgato dalla stessa Segreteria Generale all’indomani dell’indizione del Sinodo. La seconda tappa sarà quella dell’Assemblea G e n e r a l e Ordinaria del 2015, maggiormente rappresentativa dell’episcopato che si innesterà sul precedente lavoro sinodale e rifletterà in modo più approfondito sulle tematiche affrontate con lo scopo di individuare adeguate linee operative pastorali (cfr. III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, Documento Preparatorio, Città del Vaticano, Ottobre 2013, n. 1 n.d.s.). Il dibattito della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo si svilupperà su tre grandi ambiti (che sono stati raccolti nelle tre parti dell’Instrumentum Laboris della III Assemblea Generale Straordinaria reso noto in una conferenza stampa tenutasi presso l’aula Giovanni Paolo II in Vaticano il 26 Giugno c.a. n.d.s.). Questi tre ambiti sono: il Vangelo della famiglia da proporre nelle circostanze attuali; la pastorale familiare da approfondire di fronte alle nuove sfide; la relazione generativa ed educativa dei genitori nei confronti dei figli. Il primo dei tre ambiti, ossia quello del Vangelo della famiglia da proporre nelle circostanze attuali, «esprime l’intenzione prioritaria che ha spinto il Santo Padre Francesco a scegliere come oggetto d’indagine e di riflessione per la prossima Assemblea Sinodale la famiglia e l’azione pastorale riguardo ad essa» (Conferenza

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SEGUE DA PAGINA 22 Stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 26.06.2014, Intervento di S.E. Mons. Bruno Forte). I Padri sinodali dovranno, infatti, considerare che l’azione pastorale rivolta alla famiglia non può non tenere conto del fatto che pur essendo l’istituto familiare in crisi i giovani mostrano un grande desiderio di matrimonio e famiglia che sia fedele ed indissolubile e che possa offrire serenità alla crescita umana e spirituale dei suoi membri (cfr. Instrumentum laboris n. 45). Per quanto riguarda l’ambito della pastorale familiare da approfondire di fronte alle nuove sfide esso è quello «sul quale i Padri Sinodali dovranno portare in modo particolare la ricchezza del loro apporto, alla luce del vissuto delle Chiese locali» (Conferenza Stampa, Intervento di S.E. Mons. Bruno Forte). Quest’ambito specifico è quello dove appare più evidente l’azione sinodale e il carattere pastorale dello stesso. Non si tratterà di porre in discussione la dottrina della Chiesa, ma ci si interrogherà sul modo di proporla, di accompagnare la sua recezione e la sua pratica, di mostrare quali potenzialità umanizzanti essa abbia a fronte di una diffusa non conoscenza o incomprensione (cfr. Instrumentum laboris n. 17-19). In questo secondo ambito si tratterà anche delle situazioni matrimoniali irregolari per le quali è compito della Chiesa non assumere l’atteggiamento di giudice che condanna (cfr. Papa Francesco, Omelia del 28 febbraio 2014), ma quello di una madre che accoglie i suoi figli e cura le loro ferite in vista della guarigione (cfr. EG 139141). Infine l’ultimo ambito, quello della relazione generativa ed educativa dei genitori nei confronti dei figli, dovrà affrontare la problematica della denatalità, il valore della vita e da ultimo la sfida educativa. Queste problematiche toccano il futuro stesso dell’umanità, e l’impegno della comunità cristiana

in questo campo assume più che mai la rilevanza di un servizio fondamentale alla causa dell’uomo e del suo destino. «La Chiesa è chiamata ad annunciare la fecondità dell’amore, la profondità e la ricchezza della generazione dei figli, che rende l’uomo collaboratore dell’amore creatore di Dio. Il valore della vita viene affermato dalla comunità cristiana tanto a sostegno del valore sacro della sua trasmissione, quanto nell’impegno educativo, che porta la persona ad apprezzarne fino in fondo il senso e la bellezza» (Conferenza Stampa, Intervento di S.E. Mons. Bruno Forte). I Padri sinodali avranno, dunque, il compito di mettere in luce l’immagine della Chiesa Madre che genera, accompagna e sostieni tutti i figli di Dio. In altre parole il Sinodo avrà il compito di mostrare la Chiesa ‘in uscita’, al servizio di tutto l’uomo in ogni uomo, per la salvezza di ogni creatura, una Chiesa che sostiene il servizio della famiglia e quanti vivono ferite connesse alla prova o al fallimento dell’unione familiare.

*Avvocato Rotale

Direttore responsabile: Costanza Martina Vitale Condirettore: Iole Filosa

Anno 8 numero 7 (84) Mensile iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Torre Annunziata. Iscrizione n.10 del 9 dicembre 2008 Editore: s.c. a r.l. AKMÁIOS iscrizione al R.O.C. n°22022 del 04 febbraio 2012 www.akmaios.it - 331.74.88.453 mail: redazione_ilcentro@yahoo.it info@giornaleilcentro.com Il nostro sito www.giornaleilcentro.com

Hanno scritto su questo numero: Manuela Abbate, Paola Carrino, Cecilia Coppola, Nino Cuomo, Ciro Ferrigno, Iole Filosa, Gianpiero Fiore, Salvatore Iaccarino, Silvio Iaconis, Deila Maresca, Gemma Vazza, Biagio Verdicchio, Costanza Martina Vitale, Fabio Vollaro. Fotografie: Diego Ambruoso, Rosario Criscuolo, Salvatore Irolla, Katia Veniero Impaginazione e grafica: Akmàios - Società di Comunicazione Questo numero è stato chiuso giovedì 26 settembre 2014 Il prossimo numero uscirà il 2 novembre 2014 Tipografia: “Web Sorrento” Via Tordara, 1 - Sant’Agnello Facebook: Il Centro Giornale WhatApp: 331 74 88 453

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Ricorrenze/2. La seconda decade autunnale è da sempre dedicata alla Madre

ottobre: mese del santo rosario

Tre sono le chiese sorrentine che la prima domenica del mese onorano la Madonna secondo la propria tradizione di Nino Cuomo*

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e maggio è il mese particolarmente dedicato alla Madre di Dio, se in agosto in molte chiese si celebra l’Assunzione di Maria al cielo, quello di ottobre è il mese nella cui prima decade Maria è onorata e venerata come la madre del S. Rosario. Il quinto mese dell’anno, universalmente ci si dedica, per tutti i trentuno giorni, ad una celebrazione, per la quale, i devoti della Madonna si sentono impegnati a riunirsi costantemente innanzi a statue (o a quadri) che la ricordano per il particolare e tradizionale “mese mariano”. Quante persone non ricordano la loro giovinezza durante la quale, a sera si sceglieva la chiesa più vicina alla propria abitazione od alla quale ci si sentiva più legato per ascoltare il “pensiero mariano”, cantare giaculatorie e litanie in onore di Maria Santissima (oggi è inserita anche la Santa Messa, dopo la concessione di poterla celebrare anche di pomeriggio)! Una volta solo nella Basilica di S. Antonino, il mese mariano si celebrava alle prime ore del mattino (per la concomitanza, nei primi giorni del mese, con il triduo alla festa del Santo Protettore di Sorrento, dedicata ai “giardinieri”). Molte chiese sorrentine soddisfano questa devozione e, fino a qualche anno fa, la chiesa cattedrale non celebrava il mese mariano e, di converso, le altre chiese non celebravano il mese di giugno, dedicato al Cuore di Gesù, che era prerogativa della chiesa madre di Sorrento. Di converso, il terzo mese dell’anno d’impronta mariana è quello di ottobre, durante il quale, nella sua prima domenica, la Madre di Dio è onorata sotto il titolo di Madre del S. Rosario. Sorrento ha due parrocchie nelle quali la Festa del S. Rosario è quella ufficiale della comunità, mentre una chiesa, dedicata alla Madre di Dio sotto tale titolo, una delle più antiche e anche sede di un’Arciconfraternita, è in pieno Centro Storico. Con il passar degli anni l’ordine di tali celebrazioni ha subito variazioni, perché la precedenza – nella prima

domenica di ottobre – era concessa alla chiesa del S. Rosario di Sorrento (ex chiesa dei Ss. Felice e Bacolo e antica cattedrale ), e ad essa seguivano le chiese parrocchiali di Priora e del Capo di Sorrento (quest’ultima era l’ultima, perché parrocchia derivata da quella di Priora, cui doveva concedere precedenza). Fino ai primi anni di vescovado di mons. Pellecchia, a Sorrento, dalla festa della Madonna del Carmine, quasi ogni domenica si celebrava una festa mariana fino ad ottobre, con la tradizionale “processione” dell’immagine cui si era particolarmente devoti. Fu il grande Presule, da tutti riconosciuto come “l’Arcivescovo del Concilio”, che dispose che, nella città di Sorrento, si limitassero le processioni e di quelle mariane se ne effettuasse una sola all’anno (salvo le parrocchie periferiche). In conseguenza di ciò, svolgendosi la celebrazione del S. Rosario (anche con la recita della supplica alla Vergine del Rosario di Pompei), nella chiesa di via Tasso, normalmente solo all’interno, la parrocchia di Priora si è “appropriata “della prima domenica di ottobre, consentendo a quella del Capo di Sorrento – proprio intitolata al S. Rosario, mentre quella di Priora, come titolo, ha quello di S. Attanasio (uno dei quattro vescovi santi di Sorrento) – di onorare la sua titolare (anch’essa con processione) nella seconda domenica di ottobre. Oggi l’unica processione mariana – ma limitata anche nel percorso – rimasta fissa, nel centro di Sorrento, è quella della “Dormizione di Maria” che si svolge, in pieno Ferragosto, come vera Peregrinatio, con la visita ad una chiesa mariana e rientro in quella di partenza. Così, nel mese prossimo, Sorrento potrà onorare la Madre di Dio sotto il titolo del S. Rosario in tre diverse chiese, anche se dislocate con sufficiente distacco ed ognuno con la propria tradizione che risale a molti decenni (come abbiamo illustrato in alcuni precedenti numeri di questo periodico).

*Presidente Associazione Studi Storici Sorrentini

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Semisiamo. Il ciclo di incontri promossi dalla Cattedrale di Sorrento

don mazzi, una voce per i giovani

Il padre deve seguire la crescita del figlio educandolo dentro e fuori la vita familiare di Fabio Vollaro

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er il ciclo di incontri dell’iniziativa “Semi…siamo”, tenuti sul sagrato della cattedrale di Sorrento, è intervenuto nella serata di mercoledì 10 settembre don Antonio Mazzi, sacerdote veronese ottantacinquenne, fondatore della onlus Exodus (per saperne di più è possibile consultare il sito web www. exodus.it), che nasce come comunità di recupero per tossicodipendenti, ed oggi conta più di 40 centri distribuiti sul territorio nazionale, oltre a tanti progetti all’estero, in Madagascar, Europa e Sud America. Il tema dell’incontro è l’Educazione del giovane, in particolare l’adolescente, soggetto fragile, che attraversa questo periodo della vita in balia delle proprie emozioni, che sente il bisogno di dar libero sfogo a tutto quell’eccesso di energia accumulata e di vitalità che la natura o, se consentite, Dio gli ha donato in relazione a quell’età così bella e tempestosa. Don Mazzi ci racconta parte della sua esperienza, giacché sarebbe impossibile riassumere in meno di due ore una vita così piena come la sua, votata al servizio verso il prossimo, a cui la sua vocazione l’aveva condotto. Si tratta di un esistenza di un uomo rimasto sempre giovane tra i giovani, che si è sporcato le mani, che ha vissuto a contatto con problemi come la droga, la delinquenza, l’abbandono, la povertà intellettuale e che ha conosciuto l’esperienza e la “saggezza” di chi vive per strada. Ecco che interviene la figura della Chiesa, che si fa carico dell’educAzione (tanto per riprendere l’efficace gioco di parole usato da don Carmine Giudici, promotore dell’evento, ivi presente) della società, testimoniando la Parola di Dio, la spiega al fedele, ne mostra l’applicazione nella vita quotidiana. Ecco come don Mazzi risponde alle domande dell’intervista, di cui vengono riportate alcune domande, curata da Gigliola Alfaro. ► Perché i giovani sono infelici? Perché ci sono così tanti casi di suicidio tra loro? Perché non si amano! I giovani hanno dentro di sé speranza e disagio, sono sensibili, intelligenti, esplosivi, ma la razionalità non prevale sul loro agire come accade negli adulti, che quindi non possono approcciarsi a loro, se non tenendo conto delle loro emozioni. Del resto il Vangelo stesso non è un testo, ma un’esperienza, non va letto con la ragione, ma con il cuore, è fatto di emozioni, è passione! Gesù stesso da adolescente è stato esplosivo: ve ne rendete conto se leggete la presentazione di Cristo nel tempio (Lc 2, 41-52). Inoltre il primo simbolo dell’Eucarestia è compiuto grazie a un giovinetto, che scappando via dal posto in cui era seduto, porta al Maestro cinque pani e due pesciolini, sfamando una folla di cinquemila

uomini nel deserto (Gv 6, 1-15). […] In questa società gli uomini non sono più padri e gli adolescenti non vivono la loro età. Il padre dovrebbe tirar fuori l’adolescente dall’infanzia, farlo crescere, scoprire cosa c’è all’interno di quella cornice esteriore, che racchiude l’adolescente interiore. Padri, vi sedete mai accanto a vostro figlio e gli fate capire, guardandolo negli occhi, che per voi è importante?” ► La figura del padre manca. Perché? I padri nelle società contadine di un tempo non sono mai esistiti, perché vi era una sorta di “paternità condivisa”, dunque ora sono impreparati ad assumersi la responsabilità di un compito così delicato, che oggi non possono più delegare alla società. Oggi il padre deve costruire un solido rapporto con suo figlio, al fine di conoscerlo in maniera sempre più profonda, di scoprire qualità che da bambino non mostrava. Il papà deve seguire la crescita del figlio, ne deve diventare l’amico, educandolo dentro e fuori dall’ambiente familiare. ► Nel libro Cambiare Noi (di L.Ciotti A. Mazzi e A. Sciortino, giugno 2013, San Paolo Edizioni, ndr), che stasera ha presentato, parla di educabilità. Che differenza c’è tra educabilità ed educazione? Don Bosco diceva: “Sei educatore finché sei educabile”. Essere educabile significa metterti in discussione, esser aperto al dialogo, lasciando che anche gli altri possano insegnarti qualcosa, esser consapevole di non poter sapere tutto. Il padre deve essere educabile. Il perdono, quello reciproco padre-figlio, è lo strumento principe per l’educazione, perché contiene al suo interno questo concetto. ► Tra i difetti dell’educatore si può riconoscere la sindrome da Peter Pan?

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Eventi/2. Da Piano Padre Simpliciano della Natività

un apostolo nostrano

A Villa Fondi le Suore Francescane dei Sacri Cuori per ricordare le origini carottesi

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omenica 14 settembre 2014 sulla Terrazza di Villa Fondi si è tenuto l’incontro, organizzato da Ciro Ferrigno, patrocinato dal Comune di Piano di Sorrento, intitolato “Padre Simpliciano della Natività. Dalla nascita alla vocazione” con la partecipazione delle Suore Francescane dei Sacri Cuori e della relatrice Graziella Starace. In merito all’incontro e al personaggio celebrato lo stesso Ciro Ferrigno scrive quanto segue. “Num. D’Ordine 164. L’anno milleottocentoventisette il dì undici del mese del mese di maggio alle ore venti avanti di Noi Raffaele Cesaro Sindaco ed ufficiale dello stato civile del comune di Piano distretto di Castellammare provincia di Napoli è comparso Pascale Esposito di anni quaranta di professione bracciante domiciliato al Cavone quale ci ha presentato un bambino secondoché abbiamo oculatamente riconosciuto ed ha dichiarato che lo stesso è nato da Rosa Maria Aversa sua moglie di anni trentuno domiciliata al Cavone nel giorno suddetto del mese di maggio anno milleottocentoventisette nella casa di abitazione, lo stesso ha inoltre dichiarato di dare allo stesso il nome di Aniello Francesco Saverio”. Questo è quanto recita l’attestato di nascita del Servo di Dio Padre Simpliciano della Natività, al secolo Aniello Francesco Saverio Esposito. Ma sono ancora tanti quelli che a Piano non conoscono affatto questo straordinario personaggio che, presto, potrebbe salire all’onore degli altari. I motivi di questa “non conoscenza” sono sostanzialmente due. Padre Simpliciano visse poco a Piano, solo i primi diciassette anni. Nacque in Via Cavone, dove trascorse l’infanzia e l’adolescenza con la famiglia, coloni di Villa Massa; frequentò l’Istituto Nautico fino al diploma e poi andò via per sempre, svolgendo il suo apostolato tra

SEGUE DA PAGINA 25 Certo! Molti genitori sono immaturi: a quarant’anni ne dimostrano venti. Ma come loro, anche molti educatori sono impreparati, hanno bisogno loro stessi di crescere, il mondo esterno li spaventa. Una volta alcuni educatori di una comunità di recupero scoprendo che un giovane, appena uscito dal carcere, portava nella sua borsa un coltello, ne furono sorpresi e si fecero prendere dal panico. “Di cosa vi meravigliate” chiesi io “alla vostra età, dopo tutti questi anni di esperienza nelle comunità di recupero? Vi scandalizza così tanto un coltello? Voi non lo adoperate? Perché lui non potrebbe portarlo con sé? Deve per forza utilizzarlo come arma, soltanto perché è un ex carcerato?”.

Portici, Napoli e principalmente Roma. Al momento del suo ingresso nel severo ordine del Padri Francescani Alcantarini, dovette cambiare il cognome Esposito in Maresca finendo, alla lunga, per non essere più riconosciuto dai discendente della sua stessa famiglia, rimasta Esposito. Tocca a noi, oggi, riappropriarci di questo figlio della nostra terra, che fu apostolo della carità, figura di enorme spessore spirituale, che nel nome di Cristo dedicò tutte le proprie energie e la vita stessa a favore degli ultimi: i poveri, gli indifesi, i malati, gli sfortunati, le prostitute. Fondò a Roma un Istituto che aveva come finalità il soccorso alle prostitute, la liberazione dalla schiavitù del peccato e il ritorno ad una vita normale. Un obiettivo difficile da raggiungere, al quale si dedicò con tutta l’anima, subendo incomprensioni, mortificazioni, derisione ed anche un attentato. Nella Roma, diventata da solo qualche anno la capitale d’Italia, svolse questo apostolato così delicato e particolare solo per quel senso di carità che gli imponeva di non lasciare al loro terribile destino quelle sventurate conosciute negli anni di frequentazione degli ospedali della città. “Ecco il frate che vuole portare in paradiso tutte le Maddalene” gli dissero. Forse tutte no, ma tante sì, possiamo aggiungere noi oggi. E da quelle prime conversioni nacque un Ordine che oggi risponde al nome di Suore Francescane dei Sacri Cuori che stende il manto pietoso della carità, voluta dal Fondatore, in tutto il mondo. Un augurio? Che presto si dica: San Simpliciano della Natività.


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Devozione mariana. I luoghi di culto con la raffigurazione della Madonna

RESTAURATA LA CHIESA DI MARINA PICCOLA

Da qualche anno “la cappella del porto di Sorrento” presentava infiltrazioni di Nino Cuomo d’acqua e gravi tracce di umidità

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a devozione dei fedeli, la costanza di alcuni dei sorrentini del porto di Marina Piccola, la disponibilità di altri, ha consentito la riapertura della chiesa dedicata alla Madonna del Soccorso, simbolo di una secolare devozione di quanti nel mare hanno sempre trovato la fonte della loro vita. Anche chi scrive, fino a quando – il 6 gennaio 1948 – non fu inaugurato il collegamento diretto della Circumvesuviana fra Sorrento e Napoli, quando per raggiungere il capoluogo bisognava servirsi della “via del mare” – come molti altri – prima di avviarsi all’imbarco (quasi sempre con la “gloriosa” motobarca, “S.Antonino”) passava per la cappellina, sempre aperta, posizionata vicina ai gradini che immettevano nell’area portuale. E’ una delle chiese più antiche di Sorrento e, in occasione della strada carrozzabile per il porto, opera sostenuta e voluta dal grande Sindaco, Luigi De Maio (al quale, poi, giustamente fu intitolata) nei primi decenni del secolo scorso, fu mutilata nello stato attuale. Mancano pochissimi anni per datare di quattro secoli l’origine di questa devozione alla Marina di Capo Cervo (com’era intitolata l’insenatura nella costa tufacea sorrentina, chiamata “piccola”, a fronte della rada più ampia, sul lato occidentale detta “dei pescatori” e nominata “grande”). E nella storia, proprio attraverso questa cappella, le due “marine” di Sorrento sono collegate! Inizialmente questa cappella era dedicata a S. Leonardo e, solo dopo alcuni secoli, nel 625, si ha notizia dell’esistenza del quadro, autore il sacerdote Andrea Scarpato, della Vergine del Soccorso. Nello stesso secolo, un gruppo di pescatori della Marina Piccola, facenti parte della Confraternita di S. Giovanni in Fontibus, si staccò e costituì la Confraternita del Perpetuo

Soccorso, presso la Cappella che stiamo descrivendo. Confraternita che, allorché, per effetto delle leggi eversive del 1866 fu incorporata nella Congrega della Carità, fu estinta. Inizialmente la celebrazione della solennità della Madre di Dio, venerata sotto il titolo del Soccorso alla Marina Piccola di Sorrento, avveniva il 15 agosto, ma, per lo coincidenza con la medesima celebrazione nella chiesa parrocchiale – chiesa cattedrale – di cui l’Assunzione era (ed è) titolare insieme ai Santi Giovanni e Giacomo, fu trasferita alla seconda domenica di agosto e, da una trentina d’anni, si festeggia nella prima domenica dopo il 5 agosto. Da qualche anno la “Cappella del Porto di Sorrento” presentava infiltrazioni d’acqua e gravi tracce di umidità da evidenziare esigenze vive di restauro. Ed un gruppo di fedeli, con consistenti sacrifici e sotto la direzione dell’arch. Antonino Aprea, si sono resi meritevoli delle opere necessarie per farla ritornare all’antico splendore, arricchendola di molti vantaggi derivanti dalla tecnica moderna. Infatti è stato posto sottotraccia l’impianto elettrico, si è provveduto ad elettrificare le campane, si è ripristinato l’organo antico, reso più efficiente l’impianto microfonico e rifatti porta d’ingresso ed infissi. Ed il 10 agosto, l’arcivescovo, mons. Francesco Alfano, preceduto da un triduo di preparazione, condotto dal vice-parroco, Don Roberto Imparato, ha inaugurato e benedetto la Cappella, dopo la tradizionale processione per mare. Così è ritornato all’antico (forse maggiore) splendore un tempio mariano che arricchisce il pregevole patrimonio di devozione a Sorrento alla Madre di Dio. Foto Rosario Criscuolo


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Oratorio di San Nicola/1. L’estate rinnovata nella veste e nello spirito

DI SCENA IL MUSICAL DELL’ETERNO BAMBINO

L’hanno chiamato “passaggio di testimone” questo aprire le porte della chiesa a nuovi piccoli protagonisti di Biagio Verdicchio

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’estate sannicolina, la prima dopo i tanto attesi lavori di restauro alla piccola Cappella, ha visto protagonisti più che mai i giovani. L’hanno chiamato “passaggio di testimone”, come se la freschezza riacquisita dagli stucchi e dalle pareti della chiesa, abbiano coinvolto anche le menti e i cuori di quelli che un tempo erano i “protagonisti” e che oggi da “animatori” aprono le porte a nuove generazioni di formidabili ragazzi. Ha così trovato spazio (a dire il vero da tre anni, ma questa volta con maggior convinzione) la Flo Band, un gruppo (ebbene sì, non si tratta di una scuola, né di una associazione) che da anni coinvolge ragazzi e ragazzi tra i 9 e i 17 anni nel canto, nella danza, nel canto, nella recitazione! A dirigere il tutto Floriana Apreda, una ragazza di 17 anni, appassionata di teatro e danza, studentessa, con belle e sane ambizioni. Finita la scuola riunisce nel giardino di casa, una abitazione in via Gottola, nel cuore più cuore di Piano di Sorrento, la bellezza di 30 ragazzini. Età diverse dicevo, impegni, passioni, pulsioni diverse. Impossibile capire come lei riesca a tenerli uniti. In questi casi si usa la parola Magia... Viene da dire piuttosto che questa sia da chiamarsi Grazia. Per tre anni Floriana e il suo gruppo è stato “ospite” all’Oratorio di San Nicola. Ma agli “addetti ai lavori” questa parola piace poco. Perché si considerano ospiti coloro i quali “usano” e non “vivono” il posto dove stanno. Così si è pensato già dalla primavera scorsa di concedere a questi ragazzi una chance incredibile: usando e vivendo, appunto, l’Oratorio. Che per mesi è diventata una palestra. Tra salti, piroette, prese, note. Una “scuola di musical” perfetta. San Nicola non è mai stato un posto per ospiti, soprattutto per dei ragazzi. Soprattutto della nostra città. Con Floriana e i suoi ragazzi si sono

rivissuti sapori che da queste parti non si annusavano da anni: risate, divertimento, gioia di vivere, confronto, anche scontro ... Ma soprattutto ragazzi ... tanti ... troppi ... tutti insieme ... Sono i figli di chi forse a malapena ricorda cosa sia stato l’Oratorio di San Nicola. E’ venuto il tempo di far conoscere loro cosa è questo posto, cosa è stato per la città di Piano di Sorrento, cosa vorrà essere insieme a loro. E così dopo le rappresentazioni di Cenerentola e Sister Act, questa banda di ragazzini scalmanati si ritrova a raccontare, nell’anno più importante della storia di San Nicola, la vicenda di Peter Pan, un eroe, con pregi e difetti, che sono in fondo anche i nostri: siamo “umani, troppo umani”. È infatti dell’uomo il desiderio di restare bambino, anche se, talvolta, i bambini hanno fretta di crescere, ma non tutti. Si dice che i giovani non vogliano crescere, che non si assumano le proprie responsabilità, che non intendano lasciare le comodità della casa dei genitori. La favola di Peter Pan è lo specchio del nostro tempo, di questa precocità e al tempo stesso dell’insicurezza di fondo dovuta all’assenza di valori e figure di riferimento. Il 28 agosto scorso (il bis è stato concesso agli ospiti della Casa di Riposo S. Michele), davanti ad una marea umana di oltre 350 persone, tra parenti, amici e curiosi, è stata vissuta una serata di Grazia, perché in fondo, in una epoca di valori ridotti in poltiglia, l’affiatamento, l’amicizia, la voglia di stare assieme vanno oltre i post pubblicati su facebook, i selfie, le dita incollate sulle tastiere ... La vivacità respirata in questa estate 2014 a San Nicola, è la dimostrazione di quanto sia ancora tanta la voglia di mettersi in gioco, di osare, o più semplicemente di condividere qualcosa ... La stessa Floriana ammette che è già al lavoro per lo spettacolo del prossimo anno. Ci sarà da divertirci. A San Nicola ovviamente!


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Oratorio di San Nicola/2. L’attore partenopeo si racconta al premio

LA STELLA PER I GIOVANI A DI GENNARO

Il padre, le prime interpretazioni, il mito del cinema, la passione per il Napoli calcio e il figlio Gabriele di Biagio Verdicchio

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’impressione che spesso si ha dei protagonisti dello showbiz, è di personaggi in preda a manie di protagonismo, tic inconfessabili e vizi insospettabili. Una “Gomorra” per usare il termine biblico, che accomuna attori, cantanti, ballerini, e tutti i protagonisti del palcoscenico. Sia esso quello televisivo o teatrale. Sbagliato, terribilmente sbagliato. Perché quella di Gianluca e Leandra potrebbe essere una qualsiasi storia di quotidiana normalità. Eppure lui è Gianluca di Gennaro, e lei, Leandra una bellissima ragazza, e dolcissima madre poco avvezza alla luce dei riflettori. Gianluca comincia la sua carriera da attore a soli 11 anni col film “Certi Bambini”. Prosegue con “Un Posto Al Sole”, “Come un Delfino” e si fa spazio tra i grandi del cinema italiano. Napoletano doc, giunge a recitare da protagonista nella fiction “Il Clan dei Camorristi” con Stefano Accorsi. E per Raiuno dapprima nella fiction “Il coraggio di Angela”, al fianco di Lunetta Savino nei panni “della prima donna che si ribellava al racket a Napoli”, e poi nell’”Oro di Scampia” dove Di Gennaro interpreta Toni Capuano, ragazzo del quartiere le Vele (uno dei più «difficili» di Napoli) che assieme al padre Enzo (Beppe Fiorello) arriverà al podio più alto delle Olimpiadi di Sydney, vincendo la medaglia d’oro nello judo. Una storia chiaramente ispirata all’impresa di Pino Maddaloni, che conquistò appunto l’oro nello judo sotto la guida del padre Giovanni. Per questa interpretazione (campioni di ascolti della primavera di Raiuno), lo stesso Gianluca si è detto contento di dare un’immagine migliore della sua città. In un’intervista per Vanity Fair, alla domanda se come attore si sentisse responsabile dei ruoli che interpreta, dà una risposta che è

il senso stesso del perché è stato, lo scorso 14 settembre, protagonista all’Oratorio di San Nicola di una serata di forti emozioni: «Finché anche i ruoli negativi sono raccontati con un fine di denuncia va bene, ma non sempre si ha la fortuna che tutte le persone ricevano il messaggio giusto: molte tendono a prendere esempio da ciò che vedono, perciò bisogna stare attenti, soprattutto al pubblico giovane». Gianluca è stato “La Stella per i Giovani” (evento organizzato dalla Congrega dei Luigini Oratorio di San Nicola, col patrocinio della Città di Piano di Sorrento ed il prezioso contributo della Pro Loco), che ha visto premiate già Claudia Koll (2008) e Veronica Maya (2012). La cornice è quella splendida dell’Oratorio di San Nicola, luogo che per decenni è stato di formazione non solo religiosa per generazioni di cittadini di questo angolo di Costiera. Il particolare riconoscimento (una stella in legno opera del M° Carmelo D’Esposito) premia quei personaggi “pubblici” che attraverso il proprio lavoro, trasmettono alle giovani generazioni impegno, professionalità e giusti valori. Gianluca Di Gennaro, dopo l’inevitabile bagno di folla delle giovanissime (e meno) fan, si è raccontato attraverso delle immagini proiettate sul palco. Sono state quelle foto, a far parlare l’attore partenopeo. Dalla foto del nonno Nunzio Gallo, grande cantante e attore, che per Gianluca «è stato da sempre come un secondo padre, purtroppo adesso non c’è più, sarei stato felice se avesse visto i miei ultimi lavori, era molto orgoglioso di me, vorrei tanto potergli dire la stessa cosa! Mi ha formato caratterialmente, come uomo!», a quella del debutto al cinema con “Certi Bambini” (2004 di Antonio e Andrea Frazzi, con Mirian Candurro e Rolando Ravello). Lui scelto fra centinaia di ragazzini. «Il mio esordio in assoluto

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“mamme al centro” forma le babysitter e le tagesmutter del domani

SEGUE DA PAGINA 29 è stato a teatro, avevo 11 anni. Poi è arrivato questo film da protagonista, una pellicola anche difficile, che mi ha fatto vincere numerosi premi prestigiosi come migliore attore, un’esperienza unica. Era un film davvero molto duro ed io avevo soltanto 13 anni, ma sul set ricordo di essere stato sempre seguito e protetto dai bravissimi registi e da mia madre che, essendo io ancora minorenne, mi accompagnava spesso. È stata un’esperienza davvero bellissima ed indimenticabile che porto ancora nel cuore. Riguardo con piacere e con occhi sempre diversi questo film». E poi ancora qualche curiosità, come rivedere proiettato Mel Gibson, protagonista di BreaveHeart, il suo film preferito. «Il primo film che ho visto. Andai al cinema con mio padre, io avevo 8 anni e riuscii a stare incollato allo schermo per ben tre ore». La foto della curva del San Paolo lo emoziona. E non solo per essere il luogo sacro del “dio Pallone”. «Sì, sono un gran tifoso. Quando posso, sono presente in Curva A. Il San Paolo è un luogo di amicizia e aggregazione, vorrei che tornasse ad essere come un luogo familiare. Gli ultimi fatti di cronaca, la morte di Ciro Esposito, stanno uccidendo quello che in fondo resta uno sport». Infine l’immagine tenera della mano di un padre che gioca con quella di un bambino. Gianluca e Leandra hanno messo al mondo, 3 anni fa, un bellissimo bambino. Si sono conosciuti fuori ad un locale. Il loro amore resiste alle mille tentazioni del set, e dello showbiz. «Mio figlio Gabriele è la cosa più bella che mi sia capitata, sono follemente innamorato di lui, iniziamo ad interagire, a ridere e a scherzare insieme, non c’è nulla di più emozionante, la paternità ha cambiato il modo di vedere la vita, un figlio ti fa maturare, ti fa diventare più responsabile e ti stimola a fare sempre di più». Speranze, sogni, dolcezze. Passioni. Come ha ben ricordato il Sindaco di Piano, Giovanni Ruggiero in apertura. Rivolgendosi soprattutto ai giovanissimi presenti. Le passioni da coltivare e che fanno sentire meno pesanti le fatiche e gli sforzi per raggiungere il proprio sogno. Una stella che continua a brillare luminosissima e che ha riempito di gioia il cuore di fan e curiosi, accorsi numerosi in una bella serata di settembre. Foto di Diego Ambruoso (Foto e Video XXl)

L’Associazione Mamme al Centro Endas formerà le babysitter e le tagesmutter (cioè persone adeguatamente formate che offrono educazione e cura dei bambini presso le proprie case) del domani. L’iniziativa è inserita all’interno del Progetto “AccordiamociAccordiamo” del Piano Sociale di Zona e con finanziamento dalla Regione Campania e offre a coloro che si sono iscritte entro il 26 settembre una formazione completamente gratuita. Destinatarie dei corsi di baby sitter sono le donne di età superiore ai 18 anni. Le destinatarie dei corsi di tagesmutter sono le mamme o le ragazze di età maggiore di 21 anni, in possesso di specifico titolo per poter operare nel settore dell’infanzia, diploma di operatore per l’infanzia, Laurea in Scienze dell’educazione, o titolo. Entrambe i Corsi avranno una durata di mesi tre e forniranno elementi di pedagogia, pediatria, alimentazione, igiene e pronto soccorso. Rispetto ai Corsi di tagesmutter verranno forniti anche elementi di economia. Al termine dei Corsi è previsto un tirocinio. Tutte le aspiranti corsiste saranno sottoposte ad un colloquio in cui sarà valutato il curriculum vitae e la propensione al lavoro con i minori. Al termine del corso e del tirocinio è previsto il rilascio di un attestato di frequenza e un attestato delle competenze acquisite. La formazione dell’elenco delle candidate ammesse sarà resa pubblica tramite i siti www.pszna13. it e www.accordiamociaccordiamo.it o www. mammealcentro.it


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Formazione. A Piano arriva il corso gratuito di educazione finanziaria

come tutelare il proprio patrimonio

«Prima di comprare una nuova auto ci informiamo per giorni. Se dobbiamo fare un investimento siamo degli sprovveduti»

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i chiama “Rendimento e Rischio” ed è il corso completamente gratuito di educazione finanziaria promosso dal Comune di Piano di Sorrento nell’ottica del servizio al cittadino con l’obiettivo di fornire un background di informazioni utili per affrontare le piccole e grandi decisioni quotidiane in materia economica personale, familiare e aziendale. Un corso semplice e alla portata di tutte le fasce d’utenza per orientare al risparmio, all’investimento consapevole e alla pianificazione previdenziale. «Puntiamo sulla conoscenza come antidoto alla crisi dichiara il Sindaco di Piano di Sorrento Giovanni Ruggiero nel presentare l’iniziativa - in un tempo in cui si sente fortemente la necessità di mantenere saldo l’equilibrio dell’economia familiare e delle attività produttive, questo progetto rappresenta per i nostri cittadini l’opportunità per affrontare la congiuntura economica del momento senza lasciarsi trasportare dagli eventi, dai luoghi comuni e dalle facili, e spesso drammatiche, conseguenze». Il corso di educazione finanziaria organizzato dal Comune di Piano di Sorrento in collaborazione con la società di gestione del risparmio Anima (slogan “Chi risparmia ama”) si pone molteplici obiettivi sulla scia delle esperienze già rodate in grandi realtà come la città di Milano, l’Inghilterra, gli Stati Uniti o l’Australia in cui si è registrato un aumento considerevole della fiducia dei cittadini nei confronti del mondo finanziario e dell’intenzionalità nelle azioni di investimento e di risparmio. «L’obiettivo finale di questo progetto - spiega l’Assessore al Bilancio Daniele Acampora - è una netta virata in controtendenza circa la mentalità con cui si affronta l’economia quotidiana. È un segnale forte contro la negatività e la diffidenza di fondo nei confronti del mondo finanziario. Attraverso una mirata campagna di

informazione, affidata ad esperti del settore, possiamo dare ai cittadini gli strumenti necessari per una corretta, responsabile e oculata gestione del proprio patrimonio». Per creare maggiore dimestichezza con la materia, nel concreto il progetto “Rendimento e rischio” intende far acquisire conoscenze di base degli strumenti finanziari e/o assicurativi, permettere di misurare il rischio degli strumenti di investimento, orientare i risparmiatori nella scelta degli strumenti finanziari e fornire elementi di pianificazione previdenziale e finanziaria. La conduzione del corso è stata affidata al Dott. Giuseppe De Maio, consulente finanziario di Piano di Sorrento, vincitore del “PF Awards 2014” con medaglia d’oro nelle sezioni “Costruzione del portafoglio” e “Relazione con il cliente”, certificato EFPA (European Financial Plannig Association) e inserito da “Professione Finanza” nell’Annuario 2014 dei migliori consulenti in Italia. «Sarà un corso semplice e alla portata di tutti spiega il Dott. Giuseppe De Maio - in cui verranno date le informazioni necessarie per affrontare le piccole o grandi decisioni finanziarie che ogni famiglia si trova a gestire: il mutuo, il futuro accademico dei figli, la cura dei genitori anziani, le scelte economiche migliori prima e dopo il matrimonio, gli investimenti nelle attività per i giovani e tanto altro. Tutto parte dal concetto che risparmi oculati e investimenti ponderati creano valore - conclude il Dott. De Maio - ed è importante occuparsi del futuro anche sotto l’aspetto finanziario perché è la prospettiva naturale dove ogni decisione del presente porterà i suoi frutti». I prossimi incontri si terranno alle 18.30 presso il centro culturale di Via delle Rose a Piano di Sorrento: 1 ottobre “Previdenza o Provvidenza, soluzioni e strumenti operativi”; 8 ottobre “Gestione del Patrimonio in tempi di crisi”; 15 ottobre “Incontro conclusivo con esperti della società Anima Sgr”.


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Attualità. Emanate le disposizioni applicative per i corsi di formazione

NOVITà PER GLI ASPIRANTI UFFICIALI

A Torre del Greco l’unico ente della Campania e dell’intero Sud Italia in grado di fornire la preparazione necessaria

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o scorso 19 agosto sono state emanate dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto le disposizioni applicative relative ai nuovi corsi di formazione per il conseguimento delle competenze di livello direttivo per gli Ufficiali di coperta e di macchina, così come istituiti dal Decreto dirigenziale del 4/12/2013 n.1365 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In merito alle discussioni sollevate da tale provvedimento, il Capitano Aniello Russo, Presidente dell’ACMA Enterprise Training Center, già Associazione Culturale Marittimi, dichiara: «Si tratta di un ulteriore step formativo obbligatorio oggi per essere ammessi a sostenere gli esami di abilitazione di Primo Ufficiale di Coperta e di Macchina ma crea un periodo di “vuoto” che, inevitabilmente, porterà ad un blocco dell’immissione di neo Ufficiali nel mondo del lavoro e, nel frattempo, avremo padri di famiglia impossibilitati a procedere nella propria carriera marittima: questi gli effetti immediati delle disposizioni in vigore da appena un mese». Alle porte della sessione invernale degli esami, secondo le norme ora vigenti gli aspiranti esaminandi dovranno aver già maturato 300 ore di lezione per la sezione Ufficiale di coperta e 570 ore per quella di Ufficiale di macchina. In caso di mancanza di questo nuovo requisito imprescindibile, non saranno ammessi a sostenere l’esame.

Ad oggi in Campania e nel Sud Italia l’unico ente pronto ad offrire la preparazione necessaria agli esami di livello direttivo è l’Istituto di istruzione paritaria ACMA Enterprise di Torre del Greco, riconosciuto dalla Regione anche come Istituto nautico paritario di II grado, che svolge regolarmente corsi professionali, moduli di allineamento e corsi autofinanziati con fondi dedicati quindi gratuiti per i marittimi, con una media complessiva di 300 corsisti al mese. «Rimane il problema “tempo” tra l’entrata in vigore delle nuove norme e gli imminenti esami invernali che getta un’ombra sulla praticità dell’operazione adottata dal Ministero. La priorità però conclude il Capitano Aniello Russo - è permettere a tutti coloro che hanno talento, capacità e passione di continuare nel modo migliore il proprio iter formativo quindi ad ottobre partirà il primo corso di livello direttivo che finirà, orientativamente, a metà dicembre». Per iscrizioni e/o ulteriori info: ACMA Enterprise Training Center Via Comizi, 18 - Torre del Greco (NA) www.acmaenterprise.com tel 081 849.49.38 info@acmaenterprise.com

Basilica di San Michele Arcangelo


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Sport/1. In campo Meta, Trinità, Mortora, San Michele e Massa Lubrense

SFIDA CON PALLA E SABBIA IN DIOCESI

I padroni di casa vincono il torneo. Da un’idea dell’equipe giovani AC il primo degli eventi “alternativi” in programma di Deila Maresca*

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campi di beach volley della spiaggia di Meta hanno visto scontrarsi 6 squadre di giovani provenienti da 5 parrocchie della nostra diocesi: Meta, Trinità, Mortora, San Michele e Massa Lubrense. Questo torneo è nato in seguito alla proposta dell’equipe giovani formata dai consiglieri diocesani giovani di Azione Cattolica e dai responsabili Giovani/giovanissimi parrocchiali della nostra diocesi. L’idea era semplice, proporre un torneo “alternativo” come modo nuovo e insolito per conoscersi, incontrarsi e creare nuovi legami. Il torneo si è svolto in allegria e con un tantino di sana competizione! Complimenti ai vincitori della parrocchia di Meta, ma non solo! Complimenti a tutti i partecipanti per lo spirito sportivo e gioioso con il quale si sono battuti! Un torneo “pioneristico” a cui seguiranno altre proposte per giovani e perché no, la seconda edizione l’anno prossimo. Io e gli altri organizzatori ci auguriamo che questo evento sia stato per tutti, come lo è stato per noi, momento di grazia e di gioia. Vorremmo ringraziare tutti i partecipanti

e un ringraziamento speciale a Don Daniele Pollio (assistente adulti di AC) che ci ha sostenuto anche con la sua presenza alla chiusura del torneo. Augurandoci di riuscire a formare un’equipe diocesana di giovani per i giovani, oggi ringraziamo il Signore per questo dono e iniziamo a progettare un nuovo anno liturgico. *Vice presidente Giovani diocesano di AC

Fotografie di Katia Veniero


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Sport/2. “Noi non ci lasceremo mai”: il file rouge del beachvolley carottese

allenarsi alla vita, nonostante tutto

Una promessa di legame eterno. In ricordo di Vigor Bovolenta, Liberato Iaccarino, GiòGiò e di tutti coloro che ci hanno lasciato di Iole Filosa

Noi non ci lasceremo mai”: è una promessa, una speranza, una sfida. Ed è anche il titolo del libro di Federica Lisi presentato il 26 agosto alla cavea di Piano di Sorrento in Via Francesco Ciampa durante una delle serate a tema organizzate all’interno della programmazione del Torneo di beach volley degli Zoccoli Volanti. Federica è la moglie di Vigor Bovolenta, il campione di pallavolo maglia azzurra negli anni di Julio Velasco. Lui il “gigante”, la sua squadra una “generazione di fenomeni”. Il 24 marzo del 2012, durante una partita Vigor si accascia in campo. Un attimo, un malore e poi il buio. A 37 anni lascia moglie, figli, famiglia, amici e compagni di avventura. «A casa mia è stato scelto il capitano della squadra più importante» dice Federica puntando il dito verso l’alto. E lì sono brividi. Anche lei pallavolista, una donna che, con il dolore ancora negli occhi, riesce ad esprimere tutta la gioia del “nonostante tutto”. Lo sport allena ad una forza di volontà disperatamente tenace, ma a veder crollare ogni cosa all’improvviso non si è pronti. Non lo si è mai. «Uno squillo del telefono due anni fa mi ha catapultato in una vita senza di lui - racconta durante l’incontro - ma voglio trasmettere ai miei figli che la vita è meravigliosa, che esistono persone splendide, legami forti a cui bisogna tendere la mano quando si ha bisogno d’aiuto e che dipende da noi come vivere quella linea tra la nascita e l’allontanamento terreno». Il libro di Federica Lisi, “Noi non ci lasceremo mai. La mia vita con Bovo”, scritto con Anna Cherubini ed edito da Mondadori, è un inno all’amore senza confini, alla vita senza attenuanti, alla speranza senza rinuncia. Perché anche nel “senza”, anche nella mancanza, anche nel vuoto c’è un’opportunità di scoperta e di vita: «La prima regola è: non si molla, mai. Possiamo giocare male, avere una brutta giornata, ma non si molla, se si molla sono dolori. Noi la giochiamo».

La storia di Federica e Bovo è una storia unica, eppure con tratti comuni a tanti. È la storia di Liberato Iaccarino, il calciatore ventottenne di Sorrento che pochi giorni fa ha lasciato tutti i suoi affetti sul campo. Anche lì un attimo, un malore e poi il buio. È la storia del giovane carottese Vincenzo Arma che l’anno scorso perse la vita durante la navigazione. Ed è la storia di un altro marittimo, Giovanni Somma, GiòGiò. A lui è stata dedicata l’edizione 2014 del Torneo di beach volley di Piano di Sorrento. La notizia è arrivata da lontano e il dolore non ha risparmiato nessuno. L’organizzazione degli Zoccoli Volanti ha voluto ricordare la sua gioia contagiosa nelle serate d’estate con il “GiòGiò day”, una maratona di amicizia ancor prima che di sport durata ventiquattro ore. Il volo libero di palloncini colorati ha aperto la manifestazione alla presenza del Sindaco di Piano di Sorrento Giovanni Ruggiero, della guida spirituale di San Michele Arcangelo Don Pasquale Irolla, degli amici di sempre e di tutti coloro che hanno voluto celebrare la potenza delle relazioni umane. “Noi non ci lasceremo mai” è una certezza, una promessa e una sfida anche nei confronti di Liberato, di Vincenzo, di GiòGiò e di tutti coloro che restano, sempre e per sempre, nel cuore. “Noi non ci lasceremo mai” è, quindi, il filo conduttore del Torneo di beach volley della Città di Piano di Sorrento, giunto quest’anno alla 22° edizione con il patrocinio del Comune di Piano di Sorrento nell’Assessorato allo Sport e la collaborazione dell’Associazione Turistica Pro Loco Città Piano di Sorrento nella persona del Presidente Marco D’Esposito. L’Associazione Zoccoli Volanti, capitanata quest’anno da Cristian Cavaliere, ha registrato una grande affluenza di pubblico e un’altrettanta entusiasta partecipazione di imprenditori e commercianti, con eventi a tema e un fitto calendario di sfide sportive suddivise per categorie. Un gruppo coeso e propositivo che già si dà appuntamento all’edizione 2015.




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