L’Airrre! Anno 2 - Numero 5 - € 2,00
Periodico Salutiese
22 Marzo/21 Giugno 2022
L’editoriale Carissime lettrici e carissimi lettori,
L’
anno passato è stato un periodo molto critico per la Pro Loco e per il nostro paese. Gli effetti della pandemia COVID-19 hanno caratterizzato negativamente l’attività associativa non permettendo di organizzare quei momenti conviviali a cui ci eravamo abituati con piacere. Inoltre, la perdita di alcuni nostri compaesani ed amici ha lasciato in tutti noi una sottile malinconia ed un vuoto che in parte potrà essere colmato tenendone vivo il ricordo. Nonostante tutto, gli obiettivi che ci eravamo prefissati sono stati raggiunti. Grazie all’impegno profuso nel voler mantenere viva l’anima della nostra comunità sono state realizzate iniziative molto importanti tra cui il restauro della tela riguardante un’Annunciazione, progetto effettuato in
sinergia con il Gruppo Parrocchiale, e questo periodico che si sta rilevando molto gradito alla popolazione, diventando così motivo d’integrazione fra le varie generazioni e di ampia coesione sociale. Anche il 2022 sarà un esercizio di difficile gestione. È impossibile pianificare qualsiasi attività! Siamo costretti a “vivere alla giornata” nella più diretta maniera pionieristica. Questo però non deve pregiudicare l’atteggiamento rispetto ai traguardi che ci siamo prefissati e su cui, lavoreremo con immutato impegno e dedizione. Il più significativo di questi progetti, iniziato anni fa e che dovrebbe concludersi con l’inaugurazione nel corso dell’estate, è il Centro Polivalente ad uso Pubblico ed Area di Accoglienza della Protezione Civile denominato “CASA SALUTIO”. L’area sportiva, casa dei lanceri bianco-blu, avrà una destinazione d’uso più ampia rispetto alla sola
attività pallonara, con ricadute positive sui cittadini. Già oggi, per la vallata del fiume Salutio, Comune di Talla compreso, è luogo di atterraggio dell’Elisoccorso e, nel prossimo futuro sarà anche un centro permanente di formazione della Protezione Civile. A questo proposito, stiamo lavorando con i responsabili di zona dell’Ente e con l’Amministrazione Comunale, per individuare iniziative a favore degli abitanti. Un’altra idea che abbiamo in cantiere con il Gruppo Parrocchiale è il rifacimento della facciata della Chiesa: siamo nella fase di studio sulla fattibilità dell’intervento. Vedremo nel proseguo l’effettiva possibilità di realizzazione dell’opera. Nel mese di maggio come programmato, dopo la lapide posta all’interno della Cappellina, verrà dedicato all’eroe risorgimentale Paolo Sacchi il giardino lungo la via del fiume (un particolare ringraziamento al Comune di
Castel Focognano per la co-partecipazione al progetto e al M.llo Vincenzo Maggi per la disponibilità operativa dimostrata). Nello scorso mese di febbraio si è insediato il nuovo Direttivo dell’Associazione. A tutta la dirigenza, il mio miglior augurio per un proficuo ed autogratificante lavoro. Per i motivi già evidenziati l’attività da svolgere sarà molto impegnativa e stressante. Dobbiamo affrontare le criticità che si presenteranno al meglio delle nostre capacità, sia individuali che collettive. Per questo chiedo a tutti i salutiesi, nessuno escluso, il massimo impegno nel tenere vivo lo spirito della nostra Comunità e l’identità delle persone che ne fanno parte. Due valori intangibili ma che esprimono al meglio la vera ricchezza di un territorio…. Airrre!!! Alessandro Falsini
L’IMPORTANZA DELLA NOSTRA BOTTEGA
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er noi ragazzi è sempre stato fondamentale avere un punto di ritrovo, un luogo in cui incon-trarci e passare del tempo insieme. Inizialmente era “l’aia” ma col passare del tempo è diven-tata la bottega il nostro luogo preferito. Questo perché non avevamo mai frequentato un po-sto in cui mangiare e bere insieme quindi appena il bar è stato aperto lo abbiamo da subito sfruttato. Oltre ad incontrarci e a parlare avevamo bisogno anche di un punto dove riposarci dopo le lunghe partite di calcio e il bar era il posto perfetto. È anche molto divertente condivi-dere quello spazio perché spesso facciamo commenti sulle partite appena fatte e poi gio-chiamo a carte. La bottega è uno dei posti in cui trascorro più tempo, soprattutto d’estate, con grandi e piccini facendo battute e
ridendo. Mi ricordo i tornei di briscola: ci abbiamo passato i pomeriggi interi a giocare fra amici e a volte ci sfidavamo con i più grandi anche se ci batte-vano sempre data la loro esperienza.
Ingresso alla bottega/IAT di Salutio
Adesso un po’ mi manca frequentare il bar e a volte passandoci davanti mi viene voglia di entrare per giocare. Non mi scorderò mai di quella serata durante la quale tutti ci siamo riuniti
al bar per guardare gli Europei: eravamo tutti affannati e ansiosi che non riuscivamo a spicci-care una parola. Insieme a tutti gli altri del paese si sono aggiunte trombette e urla di gioia per la strepitosa vittoria. Soprattutto non mi scorderò mai di Manuel: il nostro salvatore, colui che ci ha lasciato il giardino del bar per mangiare la pizza e che non ha detto mai nulla ai nostri genitori delle bravate che combinavamo! Per me è come una seconda casa che non scorderò mai poiché ha lasciato nella mia mente tutti i piacevoli incontri che ho avuto con i miei amici e gli abitanti del paese e ciò mi trasmette gioia e serenità.
Riccardo Nedelcu
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NATALE A SALUTIO
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icembre è un mese magico sia per i grandi che per i più piccini: paesi e città si trasformano vestendosi a festa per regalare quell’atmosfera suggestiva che rende tutti più felici. Vivere la magia del Natale significa anche dare continuità alle tradizioni e rinnovarle, affinché anche una piccola comunità come la nostra non solo sopravviva, ma cresca anche in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo. Dietro tutto questo ci sono persone che dedicano parte del loro tempo per rendere Salutio ancora più accogliente e farci respirare proprio quell’aria magica che solo il periodo natalizio ci regala. Nel cuore del nostro paese vengono messi addobbi e luci che ci accompagnano nel percorso per arrivare alla chiesa, anche lei tutta illuminata, e dal campanile per tutto il periodo delle festività risuonano musiche natalizie. Dobbiamo ringraziare per questo il “gruppo parrocchiale”, che ogni anno si adopera affinché con il calare della sera Salutio somigli ad un paese del presepe. Personalmente devo dire che, percorrere il borgo ed essere accompagnata dalla musica in sottofondo è molto piacevole e, visto che le dolci melodie alimentano le serate un po’ a tutti, ecco che dallo scorso anno è nata una nuova idea: poche settimane prima di Natale è stato deciso di rendere omaggio a Beethoven nella ricorrenza dei 250 anni della sua nascita. Grazie alla collaborazione di Niccolò Tinti è stato possibile nel giorno di Natale far risuonare per tutto il paese, dal campanile, la nona sinfonia. È stato qualcosa di magico e commovente ed abbiamo deciso che sarebbe stato ripetuto. Ed ecco che da un’idea nata così nel parlare, si è dato vita ad una nuova tradizione e quest’anno, dopo la scomparsa del Maestro Morricone, per Salutio hanno risuonato alcuni dei suoi brani più famosi.
La Chiesa innevata
È bello ritrovarsi dopo il pranzo di Natale e godere delle piccole cose che ti fanno riscoprire il vero valore di questo periodo dell’anno. Persone nate e cresciute a Salutio ed altre che ci sono arrivate, ma tutte con la voglia di far vivere il paese e creare qualcosa per il futuro. Fra i nuovi arrivi nella nostra comunità c’è Andrea Peggion, che ha preso subito parte con grande entusiasmo, con la sua abilità a maneggiare la carta, ha creato per tutti noi un presepe di origami che è stato esposto per tutto il periodo delle festività alla Cappellina. Grazie a questa idea si è formato un piccolo gruppo che, nei giorni prima di Natale, con la guida dello stesso Andrea, ha contribuito alla creazione del presepe ma soprattutto si è divertito nel cimentarsi in una cosa nuova. Sono così passate le feste che quest’anno ci hanno però salutato in modo decisamente inaspettato: il 9 Gennaio ci siamo svegliati con un insolito silenzio e, aprendo la finestra abbiamo visto Salutio ancora vestito a festa ricoperto da un bel manto nevoso. Inutile negare che per quanti disagi possa creare, vedere cadere la neve così, come non si vedeva da anni, ha suscitato in tutti noi un grande entusiasmo ed il paese è stato rallegra-
to dagli schiamazzi dei bambini (e non solo) che si divertivano con gli slittini o facendo pupazzi di neve. Abbiamo così concluso in bellezza, con la speranza che il prossimo Natale sia un ritorno alla normalità, consentendoci di poter fare quelle cose che purtroppo sono state sospese e che ci sono mancate, come la tombola o la befana per i bambini che rendevano ancora più bello il nostro periodo Natalizio. Mery Cipriani
Scorcio del borgo di Salutio sotto la neve
Bambini che giocano con la neve sulla strada del Castello
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QUANDO LA STANZA DEI GIOCHI ERA LA STRADA LA FIONDA
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a ragazzi, e qui parliamo degli anni sessanta, quando ci ritrovavamo per una scampagnata tutti avevamo in tasca una fionda auto-costruita. Poteva servire per un tiro al bersaglio, per scacciare un animale o semplicemente per lanciare sassi qua e là. La fionda era costituita da tre pezzi fondamentali: una forcella di legno, due elastici e un rettangolino di pelle dove appoggiare il sasso da lanciare. Per la forcella andava bene qualsiasi biforcazione di un rametto, ma le principali si trovavano su alcune piante o arbusti particolari; io preferivo il legno di acero, i comuni oppi che servivano come sostegno ai filari di viti (le vigne fitte ancora da noi erano sconosciute). Al momento della potatura, prima di essere raccolti per accendere il fuoco e quindi spezzati, un’attenta selezione nel campo ci permetteva di individuare il pezzo prescelto cui seguiva un essiccamento naturale o velocizzato vicino a una fonte di calore. La forcella di acero prendeva la forma di una bella U, a cui era facile la presa ed era anche facile attaccare gli elastici. Alcuni trovavano la forcella nelle macchie di vinchiastro, ma pur modellata, la forma rimaneva molto stretta, più simile a una V. Chi aveva più fortuna si faceva la fionda con rametti di bosso o corniolo, due legni molto resistenti e poco facili da trovare. Gli elastici, chiamati comunemente lacci, si prendevano da vecchie camere d’aria di bicicletta talmente rattoppate da non essere più utili al servizio. Ricordo
bene il colore rosso che a differenza di quello nero era molto più reattivo e lanciava più lontano. Qui lo zio Tai (il fabbro Ottavio) e il figlio Fulvio sono stati sempre generosi, dandomi a richiesta, pezzi di camera d’aria quando la sostituivano ai clienti. Tagliare i lacci non era facile, servivano forbici affilate e precisione nel taglio per evitare intaccature che avrebbero portato alla rottura in poco tempo. Li facevo larghi un centimetro circa e lunghi dai venti ai venticinque centimetri, solo Santi più forzuto riusciva a farli più larghi. Ai lacci dovevamo attaccare un rettangolino di pelle dove sistemare il sasso e non era facile trovarlo, solo Gino calzolaio ci poteva dare uno scarto di lavorazione, a meno che la buona sorte ci facesse trovare nella discarica al fiume una vecchia scarpa a cui togliere immediatamente la linguetta! Ognuno personalizzava la propria fionda con del nastro adesivo da elettricisti, che non mancava in casa perché utile a coprire le screpolature nelle mani che il freddo e la dura vita da agricoltore procurava. Ricordo che me la cavavo abbastanza bene, come gli amici Santi e Loreno. Le prime fionde con elastici a sezione quadrata con forcella di metallo le abbiamo viste in mano ai Pisani che d’estate venivano a trovare lo zio Oscar al Fondaccio. Bei tempi andati... Simone Falsini
MARIA CHE SCIOGLIE I NODI
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ella quarta uscita del nostro periodico di informazione, abbiamo offerto ai nostri lettori un’immagine della reinterpretazione del dipinto Maria che scioglie i nodi eseguito da Fabio Fioresi nel 2002, durante la sua permanenza a Berlino. Si nota, infatti, una breccia nel muro in basso a ricordare la caduta della celebre linea di divisione. L’originale dell’opera, dipinta dal pittore tedesco Johann Georg Melchior Schmidtner nel 1700, è conservato ad Augsburg in Baviera. In esso viene rappresentata Maria al centro, con al lato destro un angelo che le porge un filo pieno di nodi intrecciati e al lato sinistro un altro angelo che raccoglie il filo libero dai nodi che Maria ha sciolto. La Vergine è rappresentata con la luna ai suoi piedi (secondo la visione riportata al capitolo 12 dell’Apocalisse), mentre calpesta un serpente (rappresentazione del diavolo, secondo la profezia di Genesi 3,15). Il significato della rappresentazione è che la preghiera dei fedeli è stata ascoltata e che il nodo (sofferenza) è stato sciolto per intercessione di Maria. Un grazie particolare va a Fabio per la sua concessione. Paolo Tondelli
A lato: Maria che scioglie i nodi - Fabio Foresi, Berlino 2002
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Mi ricordo…non solo la storia del pallone Salutiese Cronache Pallonare
Continua dalla quarta...
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icordo...l’estate, andavamo a fare il bagno al fiume. Le pozze più gettonate erano in ordine: la pozza del “Poro Amerigo” vicino alla passarella di Valdiscranna, il “pozzone del Bonano” nel punto d’incontra tra il fiume di Faltona ed il Salutio, la chiusa del Casotto. La Pozza del “Poro Amerigo” era la più estesa e profonda, poteva essere raggiunta in due modi: passando dalla via del Chiassino costeggiando il Capannello dei Badioli (un altro luogo istituzionale di Salutio), oppure lungo la lama. Scendendo dal Ponte di Salutio, un sentiero pulito che poteva essere percorso da scalzi, arrivava fino alla Curva di Casanova. Noi lo facevamo in bicicletta. Tutto snodato in mezzo ai pioppi, completamente all’ombra, portava alla nostra destinazione. Un giorno, mentre andavamo a fare il bagno, pedalando a randello, il primo della fila trovò una buca cadde con tutti gli altri di dietro che gli finirono addosso creando una montagnola di corpi e di biciclette. Sabatino su questo fatto può essere più preciso, per avere maggior informazioni su cosa successe, chiedete direttamente a lui, vi darà tutti i particolari. La scorsa estate, con il Paolo (Sabatino) e i ragazzi che giocano nell’aia del Fondaccio abbiamo risalito il fiume dalla curva di Casanova fino al nostro ponte. Il corso del torrente non è più quello che a noi era familiare. Tutto è cambiato, tutto scorre e anche noi non siamo gli stessi. Uomini in divenire siamo ora, ragazzi nella memoria. Gli anni 70’ sono stati un periodo molto importante per il pallone Salutiese. Il salto di qualità lo fece fare il Fumagalli. Arrivato a Nassa dalla Libia in seguito al colpo di stato del colonnello Gheddafi, il Sig. Fumagalli divenne il nostro allenatore. Era per noi una persona autorevole che riuscì a modellare un gruppo informe poco abituato alle regole e ai ruoli. Il 72’ fu l’anno delle olimpiadi di Monaco caratterizzate dal massacro di undici atleti Israeliani da parte di un commando di Settembre Nero. Golda Mair, il Primo Ministro Israeliano, autorizzò l’operazione segreta denominata “Ira di Dio” con l’obiettivo di “giustiziare” chi era coinvolto nell’eccidio, io e il Rocchio nel muro dell’edificio che ospita l’odierno ufficio postale, attaccammo un manifesto che condannava il brutale gesto terroristico. Lo stesso anno il Salutio calcio (rinforzato dal fortissimo Sisti di Calbenzano colonna del Subbiano, dal “Bussino” Gambineri centravanti della Bibbienese, dal Sandro Bor-
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nioli di Castello, dal Fiorini Massimo di Talla, dal Celli Giancarlo di Rassina) raggiunse la finale del torneo in notturna Città di Bibbiena: la manifestazione estiva più importante del Casentino a cui partecipavano tutti i paesi. Fu un crescendo sinfonico. Passammo il turno del nostro girone, vincemmo i quarti, la semifinale e andammo a giocare la finale con il Poppi. Non è sbagliato dire che “quella sera rimasero a Salutio solo i vecchi e i bambini”. Il paese intero si era spostato allo stadio di Bibbiena. Noi sul prato a ridosso del monte, i poppesi nella tribuna a valle. Lo stadio era pieno. Mi ero fatto fare da mia mamma in un pezzo di lenzuolo bianco una bandiera con la scritta Forza Salutio in nero. Oggetto che ora è esposto nel museo del Salutio, al campo sportivo. Le nostre maglie erano bianche, pantaloncini neri, calzettoni bianchi. Il Poppi in verde. Nessun altro completo ci ha reso onore come quello lì. Il bianco in notturna rende di più, eravamo elegantissimi. Dopo circa un quarto d’ora il Bussino si fece espellere, giocammo una bella gara ma alla fine il risultato non fu a nostro favore. Perdemmo 1 a 0. Si dice che il comportamento del nostro centravanti fosse stato stimolato da...Marcello Fumagalli, entrò negli spogliatoi a fine partita rosso di collera e, con un gesto di sincera stizza, lanciò per terra con rabbia tutti gli spiccioli che aveva in tasca compreso le chiavi della macchina. La nostra dirigenza in campo era composta da Floro Falsini, dal Batone (Mauro Nocentini) e dal Fattore (Livi Amos). La coppa che ci fu consegnata con le foto di quella squadra è ancora conservata fra i trofei sportivi nel museo del Salutio. Il Salutio ha disputato quello splendido torneo anche con i favori del fato: il Primo Faloia aveva interceduto per il nostro portiere, Simone fu premiato come miglior giocatore del torneo. Prese goal solo in finale. Continua … Alessandro Falsini
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DENTRO LA FOTOGRAFIA: SALUTIO 01 GIUGNO 1908
empo fa mi è capitata tra le mani questa vecchia cartolina di Salutio, forse una tra le più antiche esistenti.La foto, regalandoci un’immagine insolita dell’assetto del paese, conserva un suo fascino. L’annullo postale reca l’anno 1908 quindi il periodo in cui è stata scattata si riferisce sicuramente alla prima decina del ‘900. Le differenze si notano subito a partire dalle case in primo piano disposte lungo la strada principale.A molte mancano i piani superiori costruiti solo successivamente: l’esempio più significativo è quello della casa di Marcello Tondelli. Gli alberi del viale sono stati appena piantati; sono gli stessi che, ormai ingombranti e deformati dall’incuria, sono stati tagliati due anni fa a Novembre 2020. Tra il Fondaccio e le prime case del paese, una distesa di campi all’epoca appartenente alla Chiesa di Salutio. Nel Borgo di mezzo non esiste ancora la terrazza che avrebbe messo in comunicazione le due case dei Tondelli: al suo posto, dietro la prima fila di case, si vede un albero svettare sotto palazzo Fini indicando l’esistenza di un cortile. La costruzione dell’insolito passaggio porterà, negli anni ’20 del ‘900 ad un’azione legale tra i Tondelli e i Caporali, entrambi residenti nel Borgo di mezzo. In alto, la canonica della Chiesa. Ben diversa da quella odierna, non copre tutta la lunghezza dell’edificio sacro e termina con un blocco rettangolare. Sulla torre campanaria l’orologio è ancora colorato di un bianco candido: è stato installato da poco. Ma anche il campanile, costruito da non più di 40 anni, svetta verso il cielo recando ancora le sfere di pietra in cima alle guglie; sfere che gli donano un aspetto gotico, più elegante e meno austero di quanto non sia adesso. Sarebbero state poi rimosse per motivi di sicurezza, per timore che, cadendo ad opera del vento o della pioggia, provocassero danni a persone o cose. Sullo sfondo la collina che sale verso il Castello, interamente coltivata a coltura mista con viti, alberi da frutto e cereali. Il paese è fotografato in un giorno di festa, affollato di gente scesa in
paese per la messa. Il fotografo si è sistemato al Fondaccio sulla terrazza dei Falsini. Sembra di sentirlo gridare mentre cerca di mettere in posa la gente incuriosita dall’insolita mattinata; per molti è la prima volta che vedono una macchina fotografica. Le case in primo piano sono affollate di persone affacciate alla finestra e così è sulla terrazza. Altre sono appoggiate al muro accanto alla bottega Tondelli; attiva fin da metà ‘800 è solo da pochi anni che si è trasferita dal Borgo di mezzo alla strada principale. La bottega è aperta anche oggi, giorno festivo, ed un tendone abbassato la ripara dal sole. Tutti sono rivolti verso il fotografo in attesa di essere immortalati, ignari che quella loro foto diverrà un’importante testimonianza storica per il paese. Sulla terrazza in primo piano, un signore regge la bandiera italiana. Ma non è l’unica, ve ne sono altre appese alle finestre qua e là per il paese: vediamo un’altra bandiera penzolante dalla finestra superiore di quella che oggi è casa Maggini e un’altra ancora nella finestra della casa di Luciano Cincinelli, nel borgo all’estremità di sinistra della cartolina. In qualche bandiera sembra di vedere una piccola macchia scura nella banda bianca centrale: è lo scudo sabaudo sormontato dalla corona reale che adornava la bandiera italiana durante il Regno d’Italia. E’ il festeggiamento del Primo Giugno, anniversario dell’Unità d’Italia. La festa, istituita durante il Regno d’Italia dal 1861 in poi con ricorrenza il primo giorno di Giugno di ogni anno, voleva ricordare il coraggio, il sogno e la gioia che caratterizzarono il processo unitario, ancora vivo negli italiani del tempo. Di fronte a questa gente chiaramente felice di festeggiare l’importante ricorrenza, fa pensare come oggi tanti si scaglino con rabbia contro quegli stessi ideali che poco più di un secolo fa univano il paese.
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Nicola Fognani
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I COLORI ...
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er quest’uscita del nostro adorato L’Airrre! abbiamo pensato di dedicare la nostra sezione di “Educazione” al momento dell’anno in cui un po’ tutti tornano bambini e i bambini lo sono più di sempre: CARNEVALE! Il Carnevale si celebra nei Paesi di tradizione cristiana e in particolare in quelli di rito cattolico: i festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate ricche di elementi giocosi e fantasiosi; l’elemento distintivo e caratterizzante è l’uso delle maschere e dei costumi. In questi anni quest’evento goliardico è stato bruscamente interrotto dalla situazione che tutti, purtroppo, conosciamo e viviamo quotidianamente. Il nostro intento, però, con questo articolo, è quello di lanciare qualche aneddoto, curiosità e un bel disegno come dei coriandoli che volano colorati e poi si posano sull’asfalto grigio, difficili da mandare via. Torna alla mente in questo momento il bellissimo carnevale del nostro Comune, dove i bambini e i più grandi sfilano con i costumi più
colorati, eleganti e divertenti per le piazze di Rassina. Se si chiudono gli occhi affiora l’odore della pasta al sugo il giorno della Cuccagna, delle bombolette spray, vietate negli ultimi anni, ma così meravigliose, il rumore dei coriandoli sparati dal pugno di un amico a volte, ahimè, sul viso! La parola “Carnevale” deriva dal latino carnem levare (eliminare la carne) poiché indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. Le prime testimonianze dell’uso di questo vocabolo provengono dai testi del giullare Matazone da Caligano alla fine del XIII secolo. Le caratteristiche della celebrazione del Carnevale hanno origini in festività molto antiche come le dionisiache greche o i saturnali romani: entrambe le ricorrenze erano pensate come occasione di coesione sociale a tal punto che in Grecia venivano interrotti i procedimenti penali e addirittura liberati i prigionieri per poter-
NO USA I? I S i OL CHÉ PER ORIANDnto i semassati I C scime ano gl o ina van eniv Nel Rndolo v ro, veni propria e la oria . cche del c on lo zu mostrar l trionfo c r a ti pe pazione a i c lan arteci p
Giada Beatrice Tofan
QUAL È LA MASCHERA PIÙ ANTICA DELLA TRADIZIONE ITALIANA? È quella di Pulcinella, già conosciuta ai tempi dei Romani, sparì con l’arrivo del Cristianesimo. agaglia
Mattia B
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... DEL CARNEVALE li includere e farli partecipare! Durante queste feste si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo e alla dissolutezza. In questa occasione era lecito lasciarsi andare, liberarsi dagli impegni per dedicarsi al gioco; inoltre, mascherarsi rendeva irriconoscibili e scomparivano così le differenze sociali, ma una volta terminate le feste il rigore e l’ordine tornavano impetuosi nella società. Da un punto di vista storico e religioso il Carnevale rappresentò quindi un periodo di rinnovamento simbolico durante il quale il caos sostituiva l’ordine e viene oggi spontaneo pensare a quanto i bambini riescano a rendere naturale il gioco e lo scherzo senza dover indire un giorno specifico per sfogarsi, il Carnevale per loro è solo un’accentuazione di un meraviglioso stile di vita che andrebbe conservato anche da adulti, dove un po’ di colore e qualche gioco possono curare il cuore. L’antica tradizione del Carnevale si è mantenuta anche dopo l’av-
vento del Cristianesimo: a Roma la maggiore festa pubblica tradizionale era il Carnevale Romano, in onore della Dea Iside, che si diffuse in tutto l’Impero. Nel XV e XVI secolo, anche a Firenze i Medici organizzarono grandi parate mascherate su carri chiamate trionfi, accompagnate da canti carnascialeschi, ovvero canzoni a ballo di cui anche Lorenzo il Magnifico fu autore. Il Carnevale è una festa popolare con un’antica tradizione: ogni comunità locale, o quasi, ha il proprio Carnevale, doveroso citare i meravigliosi eventi che si svolgono in questo periodo a Venezia, Ivrea, Viareggio. Nell’occasione, anche noi abbiamo cercato di ricreare un delicato Carnevale, coinvolgendo alcuni dei più piccoli abitanti del Paese nella riproduzione del Carnevale secondo i loro occhi e ricordi e quindi non possiamo che ringraziarli per aver portato il Carnevale a Salutio con i loro bellissimi disegni. Angelica Tinti e Silvia Sassoli
PERCHÉ IL VOLO DELL’ANGELO AL CARNEVALE DI VENEZIA? In un’edizione di metà Cinquecento un giovane acrobata turco riuscì a raggiungere il campanile di San Marco camminando in equilibrio su una corda tesa.
Aurora Tinti Manuel Bianchini
EVALE QUAL È IL CARNITALIA? PIÙ VECCHIO DI ano, È quello di F giamenti i cui primi festeg 347. risalgono al 1
Mirko B
ianchin
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UNA TOMBA ROMANA NEI PRESSI DI TULLIANO
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ello scavare i fondamenti per una nuova casa colonica lungo la pubblica strada, che corre forse 500 passi sotto la Villa di Tulliano fu trovata l’anno 1797 tra infranti loculi di terra cotta, e fra umane ossa, una pietra rettangolare, lunga braccia due, larga uno, ove a caratteri Romani era scolpita la seguente iscrizione sepolcrale: D. M. / L. Testimi Victorini / L. Testimus /Valerianus et /L. Testimus Verus /Fratri dulcissimo”. Così l’abate Pietro Porcellotti nell’Illustrazione critica del Casentino Casa Chioccioli oggi descrive il ritrovamento di un sepolcro romano nei pressi di Tulliano, avvenimento che a suo tempo fece scalpore non solo tra gli abitanti accedeva attraverso una porta ed una scala ed il cui tetto, con il tempo della vallata salutiese ma anche tra gli studiosi casentinesi ed aretini. e l’incuria, era crollato su se stesso seppellendolo per molti anni e Il ritrovamento avvenne nel Novembre del 1797 e gran parte della riempiendolo di rovine; o forse le incursioni barbare durante i secoli vicenda fu seguita dal sacerdote don Girolamo Perelli, studioso e bi- bui ne avevano accelerato la distruzione. Il sepolcro accoglieva i resti bliotecario della Fraternita dei Laici di Arezzo. Il Perelli, in qualità di del caro Vittorino, signore di Tulliano, ma le molte ossa dissepolte testimone oculare del ritrovamento, avrebbe poi lasciato un mano- nell’intorno mostravano che Vittorino era stato sepolto insieme a tutscritto conservato in un fondo della biblioteca della Fraternita con ap- ti i servi e i liberti che lo avevano servito nella villa romana di Tulliapunti dettagliati di come si svolsero i fatti. Lo stesso Perelli nel 1798 no. Il sacro luogo era stato costruito vicino alla pubblica strada aretina avrebbe pubblicato un articolo (Memorie sopra l’Iscrizione Romana di (che forse in antichità passava proprio da lì nella destra dell’Arno) per Tulliano) dove illustrava le sue scoperte al mondo accademico e dal ammonire i viandanti della mortalità della vita umana come voleva il quale ho ripreso le informazioni per il presente testo. costume romano in età imperiale. Il sepolcro doveva trovarsi proprio in corrispondenza dell’odierna I tre fratelli avevano lo stesso praenomen (cioè Lucius) e lo stesso noCasa Chioccioli; infatti, confrontando le mappe granducali di quel men gentilitius (Testimius) in quanto appartenenti tutti alla gens Testiperiodo, nel 1830 Casa Chioccioli (che difatti è indicata nelle map- mia (famiglia sicuramente ricca e benestante della quale tuttavia non pe come Casa Nova), risultava essere l’unica esistente sotto Tulliano esistono molti riferimenti) ed erano distinti tra di loro solamente in lungo la strada pubblica tra Talla e Rassina. Il terreno in cui avvenne base al loro cognomen cioè Valerianus, Verus e Victorinus. Una caratla scoperta, così come la casa di nuova costruzione, appartenevano al teristica, quella di avere figli con lo stesso praenomen e con il solo coSig. Orazio Pietro Cherici. La famiglia Cherici era all’epoca domici- gnomen diverso, che indusse il Perelli a pensare che il sepolcro risalisse liata a Bibbiena, ma aveva vasti possedimenti distribuiti tra Salutio, al periodo imperiale del III secolo d.C. appena prima della diffusione Tulliano e la Montanina; qui il Sig. Orazio Cherici tornava periodica- del Cristianesimo poiché questa era l’usanza in quel periodo. mente per controllare lo stato dei suoi averi. La nuova casa colonica, Una testimonianza questa che certifica che Tulliano in quel periocostruita forse in un terreno di recente acquisto, sarebbe servita per la do apparteneva alla gens Testimia, famiglia che, dall’imponenza del sistemazione di una nuova famiglia di coloni al loro servizio. sepolcro, doveva essere forte e potente. In realtà, secondo la teoria Saputo del sepolcro, il Sig. Orazio Cherici non esitò a contattare don comunemente accettata che associa il nome dei paesi che terminaGirolamo Perelli poiché sapeva essere studioso di antichità romane no nella desinenza latina –anus all’antica famiglia proprietaria della e latine; il Cherici era imparentato con lui per via del matrimonio villa romana, ancora più anticamente Tulliano doveva essere appardella sorella con un Perelli. Ecco spiegato il motivo del coinvolgimen- tenuta alla gens Tullia, la famiglia della quale faceva parte lo stesso to del sacerdote aretino. Al momento del ritrovamento, il sepolcro Cicerone. Ma evidentemente la villa romana due secoli più tardi era mostrava, nella terra rivoltata dagli scavi, numerosi resti di loculi di passata alla gens Testimia non si sa se per discendenza o in seguito ad terracotta misti ad ossa umane; tra questi si distingueva una pietra un cambio di proprietà. rettangolare con l’iscrizione scolpita come in figura. Purtroppo, la scoperta avvenne in un periodo in cui ancora lo studio Il senso letterale dell’iscrizione era facilmente spiegabile e facile era dell’archeologia locale faceva i suoi primi passi ed i reperti trovati, non l’associazione di questa ad un’iscrizione seritenuti degni di essere conservati, passarono polcrale. Le due lettere in apertura erano presto nel dimenticatoio insieme agli studi l’abbreviazione di un’invocazione propiziadel Perelli. I lavori per la costruzione di Casa toria cara agli antichi Romani, solitamente Chioccioli non si arrestarono e i resti di ossa utilizzata nella semplice forma abbreviata umane e i loculi di terracotta vennero disperD. M. oppure nella forma estesa D. M. S., si. Il Perelli nel manoscritto lasciato alla Fraacronimo con il significato di Dis Manibus ternita dei Laici annota che già a 4 anni dalla (Sacrum) o nella forma arcaica Deis Manibus scoperta (cioè nel 1801) la lapide era tenuta (Sacrum). L’invocazione era solitamente poindecorosamente in una stalla del podere di sta all’inizio delle iscrizioni funerarie e rivolta Tulliano; possiamo facilmente immaginare ai Mani, le ombre dei morti che popolavano che cosa ne sia stato poi, tenuto conto anche gli Inferi, il regno sotterraneo del dio Ade. del fatto che il Granducato di Toscana stava Sotto, il nome dei due fratelli Valerianus e per entrare in uno dei periodi storici più diffiVerus che dedicavano all’amato fratello (fracili e più caotici della sua esistenza con l’arrivo ter dulcissimus) Victorinus, defunto, l’iscridelle truppe napoleoniche nel suo territorio. zione funeraria per indicare la locazione del Fu così che il sepolcro romano e la lapide suo sepolcro. andarono persi per sempre lasciandoci solaIl tutto aveva l’aspetto di un sepolcreto famimente gli appunti del Perelli a testimonianza liare, appartenuto ad una famiglia gentilizia dell’importante ritrovamento di Tulliano. e distinta per ricchezze e proprietà. Probabilmente un sepolcreto sotterraneo al quale si Lapide del sepolcro di Tulliano (ricostruzione) Nicola Fognani 8
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22 Marzo/21 Giugno 2022
ESILARANTE (DIS)AVVENTURA DELLA FAMIGLIA SANTORI A SALUTIO
L
a mamma era maestra, assai amata dai suoi piccoli alunni. Al termine di ogni anno scolastico, sbrigate le ultime incombenze burocratiche, a metà giugno era libera da impegni fino a settembre. Questo consentiva fin dai primi anni cinquanta del secolo scorso a tutta la famiglia, composta da lei, da mio padre Armando maresciallo dei Carabinieri a riposo, da mio fratello maggiore Claudio e da me, di trasferirsi per sfuggire al caldo estivo di Arezzo (che anche all’epoca era feroce, altro che cambiamenti climatici!) nel Castello di Salutio, dimora dei miei antenati per parte materna. La mia nonna Adele era infatti un’esponente della famiglia di proprietari terrieri Sacchi che, proveniente da Bibbiena, ai primi dell’ottocento aveva acquistato il Castello (dove io sono nato) già dei conti fiorentini Teri fino dal XIV secolo. Qui, in aperta campagna, noi ragazzi potevamo correre e saltare a piacimento, formando allegre brigate con gli altri bambini locali che, fra l’Aiaccia e il Piazzone, erano una vera e propria squadra. Posso dire che a questi luoghi sono legati i più dolci ricordi della mia infanzia fra escursioni nei boschi, passeggiate, merende e battute di pesca (con esiti quasi sempre fallimentari!) al fiume Salutio e all’Arno presso la Montanina, oltre ai soliti giochi fanciulleschi. Ogni anno il viaggio di trasferimento da Arezzo a Salutio era un rito, a bordo della macchina che era una Fiat Topolino B prima serie (per intendersi, quella con la ruota di scorta fissata sul retro sotto un coperchio metallico rotondo, con i fari esterni e le frecce ad impulso che noi per fare arrabbiare il babbo bloccavamo inserendovi a contrasto delle cortecce d’albero!). Fu venduta per 25.000 lire nel ‘57 per acquistare una Fiat Seicento di seconda mano: pessimo affare, ogni tanto l’acqua entrava in ebollizione e bisognava rabboccare il radiatore, mentre oggi quella Topolino sarebbe un cimelio di gran valore. Arrivati a Salutio, per salire al Castello c’era da fare la pettata dei Campini; chi la conosce, sa che la macchina non ce la poteva fare, per cui si doveva scendere e portare a mano i bagagli con l’aiuto di Cannone che, per una piccola mancia, si incaricava delle valigie più pesanti. Cannone era un omone grande e grosso che da militare era addetto a portare sulle spalle il pezzo d’artiglieria, donde il nomignolo che in paese gli era stato appiccicato. Una volta, io avrò avuto sì e no sei anni, avvenne il fatto più esilarante della nostra storia familiare. La nostra Topolino, che era decappottabile ed aperta, era stracarica fino all’inverosimile di ogni ben di Dio perché, come è noto, le donne quando si spostano si portano dietro tutto, fino all’ultimo mestolo. Alla guida c’era naturalmente il babbo, mentre la mamma sedeva accanto con in collo il gatto Lollone, tutto bianco con una macchia nera in testa, di purissima razza bastarda. Claudio era seduto dietro la mamma, ma forse dormiva perché dice di non ricordare nulla, mentre io, sotto un cappello di paglia, ero collocato dietro il babbo, in senso contrario a quello di marcia, a sedere su un seggiolino di tela ripiegabile, incastrato fra una valigia con sopra un grosso fagotto a destra, un’al- Vista del Castello dai Campini
tra valigia sormontata da un vaso di maestoso basilico sulla sinistra. Il tutto, in spregio alle odierne norme di sicurezza che peraltro all’epoca non andavano tanto per il sottile. Arrivati a Santa Mama, il passaggio a livello era chiuso, per cui fu necessario fermarsi ed aspettare l’arrivo del treno. Ed ecco, vidi materializzarsi in lontananza sulla strada l’imprevedibile: un carretto a due ruote trainato da un ciuco si avvicinava lemme lemme guidato da un omino, chiaramente del contado, che stava a cassetta. Giunto a breve distanza dalla macchina, l’uomo tirò le redini ma la bestia, adocchiato il basilico, non se ne dette per inteso e, avanzata ancora di qualche passo, mise la testa dentro e cominciò a mangiarlo di gusto strappando fragorosamente le foglie a morsi. A questo punto, la scena divenne apocalittica. Il babbo, imbarazzatissimo, non potendo fare altro si agitava sul sedile e, girato indietro, gridava sbracciandosi nel vano tentativo di scacciare l’animale: aveva infatti davanti la sbarra del passaggio a livello chiusa, dietro il ciuco e non c’era spazio di manovra. Nel frattempo la mamma, nel vedere la distruzione del suo prezioso basilico che aveva curato con tanto amore come la pianta di dìttamo della zia Bettina di Gian Burrasca, strillava come un’aquila. Lollone, che fino a quel punto le aveva dormito placidamente acciambellato in grembo, si svegliò e cominciò a miagolare sempre più forte e a soffiare gonfiando la groppa, mentre la mamma lo stringeva per il collo per non farlo scappare. Intanto il guidatore del barroccio, dopo aver tentato invano di far retrocedere il ciuco tirando disperatamente le redini, cominciò a bestemmiare e a menare il bastone, ma niente da fare: la bestia continuò tranquillamente a perseguire la sua opera demolitrice, senza emettere un fiato, fino a quando non restarono che pochi poveri gambi spennacchiati. Voi non ci crederete, ma io dopo quasi settant’anni sento ancora risuonarmi dentro, pur in mezzo a tutto quel fracasso, il fragore delle foglie strappate e tritate e quell’andar di mascelle a pochi centimetri di distanza dal mio orecchio. E poiché tutte le storie hanno una morale, anche questa ne ha una. Infatti, alla fine l’unico pienamente soddisfatto rimase il ciuco, paziente e con aria serafica nonostante la gragnòla di colpi ricevuti. Sarà perché alle bastonate i somari, come del resto il popolo, sono da sempre abituati. Daniele Santori
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ORIGAMI: LE MANI CHE COSTRUISCONO SOGNI
A
partire da questo numero, come preannunciato in quello precedente, sarà presente ne L’Airrre! una piccola rubrica di Origami. All’interno della redazione è stato deciso di adottare una modalità nuova e efficace per dare la possibilità di visionare i vari modelli: inserire la foto di questo con accanto un QRCode che permetterà, via telefono o computer, di trovare la pagina web con i diagrammi delle istruzioni per realizzarlo. A monte di questa rubrica voglio sottolineare che i modelli, la cultura, la storia e gli “insegnamenti” degli origami in Italia sono ascrivibili per gran parte all’ Associazione “Centro Diffusione Origami” (https://www.origami-cdo.it). L’Associazione è nata nel 1978 e, ad oggi, è sempre più viva: conta più di 500 soci, pubblica un periodico trimestrale intitolato “Quadrato magico” e uno annuale, “Quaderni di Quadrato magico”, organizza convegni nazionali, uno periodico dedicato al mondo educativo “Origami, dinamiche educative e didattica”, oltre a quello internazionale per tutti i soci. Ha servizio di vendita di libri e carta origami di difficile reperimento riservato ai soci e mantiene rapporti fra origamisti e Associazioni origamistiche di tutto il mondo. In questo numero, in riferimento al periodo di pubblicazione e ispirati dalle feste di San Valentino, del Carnevale e dell’arrivo della Primavera, abbiamo scelto di pubblicare due cuori e l’Elmo da samurai (Kabuto), quest’ultimo simbolo di protezione per tutti i bambini. Vi ricordo che, se lo desiderate, sono disponibile a for-
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nire informazioni o chiarimenti e organizzare incontri di piegatura, (in tal caso scrivere alla redazione dell’ Airrre). A proposito dell’Elmo da samurai, vorrei far presente che in Giappone il quinto giorno del quinto mese dell’anno (secondo il calendario lunare cinese) si festeggiano i bambini. In questa occasione si espone anche una bambola di Kintaro che cavalca una grandissima carpa indossando il tradizionale elmo samurai, il Kabuto. Kintaro è il nome di un famoso samurai eroe del periodo Heian, famoso per la grandissima forza che aveva da piccolo: la leggenda racconta infatti che giocava con gli animali di montagna e cavalcava orsi. Esporre la bambola di questo bambino prodigio significa perciò augurare ai propri figli di crescere forti e sani proprio come il piccolo Kintaro. Se il quinto giorno del quinto mese si festeggiano i maschietti, il terzo giorno del terzo mese dell’anno si festeggia l’Hinamatsuri, ovvero la festa delle bambine. In questo giorno i familiari delle bambine pregano affinché vengano loro date bellezza e salute. Durante questa festività, infatti, si pensa che le bambine riescano a trasferire la sfortuna alle bambole, allontanandola da loro stesse. Adesso inquadra con il tuo telefono il QRCode associato agli origami proposti, potrai così scaricare le istruzioni per la realizzazione. Buona Piega
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Andrea Peggion
Anno 2 - Numero 5
22 Marzo/21 Giugno 2022
ENIGMISTICA SALUTIESE
a cura di Daniele Santori
REBUS (Frase: 8, 5, 1, 7)
ANAGRAMMA Gli xxxxxxx trascurati sottoposti a xxxxxxx una volta restaurati come quello a Salutio ci ricordan dalla torre centenaria: il tempo corre!
DIALETTI I dialetti hanno sfumature così sottili ed espressive, che spesso mancano in lingua, nonostante l’italiano sia ricchissimo di lessico. Purtroppo anche nelle nostre zone il dialetto si va perdendo, e quasi più nessuno lo parla o lo capisce. Sapresti associare ad ognuno dei seguenti termini dialettali tipici casentinesi l’esatto significato, scegliendo fra quelli indicati a fianco? In italiano questi termini possono non esistere, o avere un significato diverso.
CINEMA
SPIGOLATURA SALUTIESI LESTI DI LINGUA: Uno di Salutio, che si era trasferito a Talla, incontra un amico di Bibbiena. Questi, con fare chiaramente canzonatorio, gli chiede: «che ce fai a Stalla?». E quello, a colpo: «faccio la governa per que’ somari de’ bibbienesi!».
A) bàghere 1. Filoncino di pane raffinato 2. Comune della Palermo metropolitana 3. Cilindro per tirare le funi
Soluzioni n. 4
B) traìcche 1. Invito a sgomberare 2. Veicolo senza ruote 3. Inganno ingegnoso C) palàia
1. Arnese del fornaio 2. Rimedio peggiore del male 3. Giovane bosco ceduo
D) rinségola 1. Piega cutanea infiammata 2. Spago da calzolaio 3. Grasso lubrificante. E) brénna
1. Ruminante nordico 2. Risposta inadeguata a uno sfottò 3. Moglie di un capo dei Galli Senoni
F) trasto
1. Asse di legno 2. Tastiera del pianoforte 3. Ruzzo
IL GIOVANE FAVOLOSO IT 2014 Regia: Mario Martone Cast: Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis
Ci vuole coraggio a portare sul grande schermo la biografia di Giacomo Leopardi e convincere gli studenti e gli ex studenti italiani a guardare questo nostro grande poeta sotto un punto di vista diverso da quello prettamente scolastico. Il regista di questo film, però, ha fatto un ottimo lavoro, e lo confermano i numerosi premi che “Il giovane favoloso” ha vinto. Con l’aiuto, poi, di un grande attore come Elio Germano, che interpreta Leopardi, Mario Martone è riuscito a dare al poeta un volto diverso, più umano, più quotidiano, a tratti ironico. Le poesie all’interno del film sono quelle più famose, quelle che ci ricordano i banchi di scuola e che quelli della mia generazione dovevano imparare a memoria, talvolta senza capirne una strofa e spesso crescendo purtroppo con una profonda avversione verso la poesia in genere. In questo film è un grande professionista che declama le poesie leopardiane e la sua recitazione fa la differenza! CINEQUIZ Da quale famosissimo film comico americano è stata presa questa battuta?: “Quando la sorte ti è contraria e mancato ti è il successo, smetti di far castelli in aria e va a piangere sul...” RISPOSTA CINEQUIZ 4° NUMERO Kill Bill di Quentin Tarantino. - Uma Thurman.
L’INFINITO
E POESIA
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s’annega il pensier mio: E il naufragar m’è dolce in questo mare. Antonella Nangano
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La cucina di Moreno
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Schiacciata con i Ciccioli di Maiale
uesta tipica ricetta toscana è molto in uso nel nostro Casentino. Ancora oggi viene riproposta in molte famiglie dove è sempre viva la tradizione della lavorazione del suino e non meno sono i forni sparsi nella nostra valle che propongono un prodotto assolutamente interessante. La schiacciata con i ciccioli, nonostante la sua semplicità di preparazione, è di una bontà unica, è friabile, gustosa e adeguata a qualsiasi abbinamento. Per ottenere i ciccioli la procedura è molto semplice: acquistate circa 500/700 gr di lardo di suino e tagliatelo a dadini, più piccoli possibile (oppure fatelo macinare direttamente dal vostro macellaio di fiducia), depositate il lardo su un tegame o una padella adeguatamente capiente dove avrete messo un mezzo bicchiere di acqua. Sul fuoco, moderato, piano piano il grasso a contatto con il calore si scioglierà diventando liquido ma lasciando dei piccoli residui che diventeranno i nostri ciccioli. Quando i ciccioli avranno preso un colore nocciola togliete dal fuoco e aiutandovi con un colino filtrate il liquido, diventerà strutto e sarà ottimo per le vostre fritture (resterete stupiti del risultato se lo usate per fare patate o dolci: le chiacchiere (cenci) fritte nello strutto sono il top). Quello che resta nel colino sono i nostri ciccioli, consiglio di asciugarli con un panno per renderli più asciutti e croccanti. A questo punto aggiungete un pizzico di sale e saranno pronti per essere incorporati all’impasto della schiacciata. Io di seguito propongo una ricetta per l’impasto ma ognuno di voi può seguire quella che crede migliore oppure può trovare in commercio impasti già pronti a cui basta aggiungere i ciccioli e impastare e la schiacciata è subito pronta.
i nuovi nati a Salutio Niccolò Simoni 26 dicembre 2021 Flora Biagioli 25 febbraio 2022
INGREDIENTI per la pasta:
• 400 g farina di grano duro • 200 g farina 0 • 18 g Sale • 2 g lievito di birra fresco • 370/380 ml acqua • sale grosso (per la superficie) PREPARAZIONE
Versate la farina e il lievito nella planetaria o nell’impastatrice, se non le avete potete usare una semplice ciotola e impastare a mano. Scaldate leggermente l’acqua, una volta tiepida iniziate a versarla in modo graduale e a lavorare l’impasto. Una volta ottenuto un impasto ben omogeneo aggiungete il sale e la restante acqua, continuate a lavorare l’impasto e dopo qualche minuto aggiungete i ciccioli e amalgamate bene il tutto. Coprite il vostro impasto con pellicola trasparente, fate lievitare per una notte a temperatura ambiente o comunque fino al raddoppio del volume. Stendete l’impasto su una teglia unta con un filo d’olio o (meglio) strutto, livellatelo bene e praticate delle fossette con i polpastrelli. Coprite con pellicola trasparente, mettete la teglia dentro al forno spento e fate lievitare ancora per due ore circa; i tempi di lievitazione possono variare in base alla temperatura. Scaldate il forno a 250° possibilmente ventilato, aggiungete un po’ di sale grosso alla focaccia e a piacere qualche rametto di rosmarino. Cuocete la focaccia con i ciccioli per 15/20 minuti circa, i tempi possono variare in base al forno, valutate la doratura. La schiacciata sarà ottima sia calda che fredda, ideale per accompagnare salumi o formaggi. È ottima anche per aperitivi e nonostante sia un tipico piatto invernale secondo me è da gustare in ogni stagione. Il vino migliore che la può accompagnare è certamente il Prosecco, anche il Prosecco rosé, oppure un bianco come una Vernaccia. Ma come rifiutare un bel rosso locale o fatto dai nostri compaesani?
Buon appetito! Moreno Innocenti
L’Airrre! Proprietà: Proloco di Salutio. Editore: Proloco di Salutio. Direttore Responsabile: Nicola Fognani. Vice Direttore: Massimo Moro. Segreteria di Redazione: Moira Detti. Editor: Paolo Tondelli. Grafico: Sansai Zappini. Redattori: Silvia Sassoli, Giulia Lodovini, Angelica Tinti,
Serena Decembrini, Corinna Bendoni, Nicola Fognani.
Fotografo/Film Maker: Niccolò Tinti, Nadia Veschi. Vignettisti: Maria Tondelli, Nicola Mazzi. Collaboratori: Simone Falsini, Alessandro Falsini, Mery Cipriani,
Roberto Moro, Silvano Sonni, Moreno Innocenti, Ivonne Casali, Irene Renna, Nicola Mazzi, Lorenzo Tofan, Antonella Nangano, Franco Acciai, Sandra Sonni, Don Erik, Elisabetta Maestrucci, Associazione Calcio Salutio, Manuel Piras, Daniele Santori, Giuliano Reich. _______
La presente pubblicazione sarà distribuita con uscite trimestrali. Punti di distribuzione:
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