Il maiale e la gramigna

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«Sintissi,

non avemu tempo da perdere, la pensione della zia non ci abbasta per

campare, poi quannu addiventa sorda completa ci compriamo l'apparecchio». Lo dice piano, stavolta è lui a usare una voce più bassa del normale dopo avermi preso da parte. «Me

niputi avi ragione, soldi non c'è né, ci vediamo un'altra volta».

Me ne vado con la coda tra le gambe e le palle che strusciando sul selciato sembrano due gelatine molli. Che cacchio di lavoro, o con le chiappe mangiate dai vermi o con parenti che sono delle serpi. Ho avuto alte occasioni per esprimere la mia “arte”, ho provato a drammatizzare, fare spettacolo mettendo in piedi la recita del “audioprotesista preoccupato”. Qualche volta mi sembrava di dare sentenze di morte inappellabili per appioppare uno stramaledetto apparecchio acustico ma non c'era verso, ero poco convinto di quello che facevo, ero proprio un pessimo attore e del resto era così che mi sentivo. Un giorno ci sono riuscito però, ho venduto un apparecchio, senza usare trucchi, a uno veramente sordo. Settimo cielo, benedetti “apprati custici”. Quella sera io ed Elisa abbiamo festeggiato fino a tardi. Il giorno dopo, al lavoro, porto il contratto firmato. «Bravo Angelo!

Lo sai quanto costa a noi l'apparecchio acustico? 60 euro. E tu sei

riuscito a venderlo per 1000. Sei stato davvero bravo!» sentivo lo spumante della sera prima muoversi dentro il mio stomaco, l'acidità salirmi fino al cervello, ebbi


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