Febbraio 2012

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l’Abru

o che produce

Marinella Sclocco consigliere regionale PD

Il declino delle

Cooperative Sociali

L

a legge 38/91 che istituisce le cooperative sociali compie quest’anno 21 anni di vita. Le cooperative sociali sono “piccole grandi imprese” che si occupano del welfare con professionalità e dedizione: le “tipo A” forniscono servizi alla persona che gli enti pubblici non riescono più a garantire e quelle di “tipo B” danno lavoro a persone le cui storie raccontano un riscatto straordinario dalla marginalità del carcere, dell’handicap, della malattia. La cooperativa sociale è un’impresa passionale, una forma d’organizzazione che ha retto alla prova del tempo e della crisi ed ha immagazzinato competenze e preparazione utili a fare fronte anche all’insicuro futuro del nostro paese e del suo welfare. Si tratta di un universo che, oltre a gestire servizi socialmente utili, crea molta occupazione. Gli addetti totali delle cooperative sociali sono oltre 317mila, di cui 229mila nelle cooperative di tipo A ed il restante in quelle di tipo B. I dati dell’osservatorio Isnet, che ha l’obiettivo di monitorare a scadenze periodiche la capacità dell’impresa sociale di governare le dinamiche dei mercati e di sviluppare progettualità innovative, sono chiari: in Italia decine di migliaia di posti di lavoro sono in crisi, quattro cooperative su dieci rischiano di chiudere, centinaia di migliaia di utenti potrebbero perdere qualsiasi forma di servizio e assistenza. Perdita sia di servizi che di posti di lavoro. Questo “bollettino di guerra” è uno degli effetti dei pesanti tagli ai fondi sociali che il Governo, e a cascata le amministrazioni locali, hanno effettuato. L’Abruzzo non è escluso. Ai tagli nazionali la Regione non è stata in grado di coprire l’ammanco con risorse proprie, al contrario ha tagliato a sua volta generando un effetto senza ritorno sui territori, sulle imprese

sociali e sui cittadini. Nel piano sociale regionale, che è il Piano-Quadro per la gestione dei servizi sociali in Abruzzo, con un gioco di prestigio, i fondi per l’inclusione sociale provenienti dall’Europa e utili solo per la formazione, hanno aggiunto risorse al totale. Ma i servizi alla persona, quelli gestiti quasi totalmente dalle cooperative di cui parliamo, sono altra cosa. Il mondo del terzo settore sta subendo duri contraccolpi che mettono alla prova la sua capacità di tenuta e anche di innovazione. Sempre secondo l’Isnet, in un’indagine basata su un campione di 400 cooperative sociali, il 39% si trova in situazione critica, dato che nel 2007 era fermo al 15%. Solo il 25% registra una crescita economica, e sempre un 39% ha previsto nuove difficoltà in arrivo. La causa principale è chiaramente la minor disponibilità di risorse dedicate, delle Regioni (al 2008 gestivano il 17,3% della spesa sociale) degli enti locali (i comuni il 74,9%) e dello Stato che nel 2011 arriva a gestire fondi pari quasi allo zero. Se pensiamo che le cooperative sociali svolgono servizi di assistenza per gli enti, tanto che l’incidenza dei fondi pubblici sui loro fatturati è del 55%, proveniente quasi per la metà dai fondi sociali nazionali che sono stati praticamente azzerati -passando da 1,2 miliardi di euro del 2008 a 178 milioni nel 2011, si capisce in quale misura per il mondo della cooperazione sociale si profilano difficoltà. Il tutto è aggravato dall’ultima manovra approvata a metà settembre, che ha introdotto un aumento delle imposte sugli utili accantonati a riserva dalle cooperative stesse per i nuovi investimenti. Questo il quadro devastante e la prospettiva non rosea di una delle categorie di un Abruzzo che può e deve continuare a produrre

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