Viaggio benedetto xiii 4 a vignanello, loggetta n 105 (ott dic 2015) 37

Page 1

Maurizio Grattarola

Vignanello

La “gita” a Vignanello di papa Benedetto XIII Strade, paesaggio, architettura e cerimonie religiose nella Tuscia del ‘700 (4 - L’architettura: Vignanello alla metà del ‘700 - II parte) “Onorate il passato, e affrettate il futuro” (Ippolito Nievo, “Le confessioni di un Italiano”)

Il Portone del Molesino

anche l’altezza considerevole era un problema, ed è documentato un incidente con una delle sfere di peperino che investì uno dei muratori. Tutta la parte di scalpellino fu eseguita da mastro Antonio Cartone da Tivoli, artigiano famoso e autore di numerosissime opere a Roma. Le difficoltà incontrate e la gioia per la loro soluzione possono essere sintetizzate nella frase del Grasselli nella lettera del 29 agosto: “Hieri fu tirata in opera l’arme di V.S. Ill.ma con il grido evviva”. E’ un monumento maestoso, e lo era ancor di più per l’epoca: dice ancora Grasselli, in una lettera del 19 giugno: “[Il Portone]…adesso fa una bellissima vista essendoci messavi la cornice e l’arme, ogn’uno de’ forastieri che passa ne fa meraviglia”. Mattia de’ Rossi tornò varie volte per controllare l’opera, accompagnato talvolta da un altro architetto, Filippo Leti, a conferma dell’importanza che egli dava alla sua opera. Recentemente la scala “a lumaca” che porta alla sommità è stata restaurata a cura dell’associazione “I Connutti” e dall’alto del Portone si gode una vista meravigliosa sul Borgo del Molesino e su Vignanello. Per i dettagli sul Portone, rimando al mio precedente articolo apparso sul numero 99. Il Borgo del Molesino

E’ il 17 marzo 1692, un lunedì, una giornata che ancora non fa presagire la prossima primavera. Un gruppo di uomini intabarrati e infreddoliti, le scarpe infangate, guardano un distinto signore sulla cinquantina “di statura alta anzi che no, bianco, e bello di faccia, con capelli castagni, e colle basette, che gli conciliavano maggior venerazione” (come lo descriverà Leone Pascoli) che sta segnando con dei bastoni piantati nella terra umida un perimetro. E’ l’atto iniziale della costruzione di uno dei monumenti più significativi (e meno documentati) di Vignanello. Davanti a mastro Pietro Bossi, un muratore a cui dobbiamo molte delle costruzioni barocche di Vignanello, e a Giovanni Grasselli, ministro della famiglia Marescotti, che farà oggetto di questo momento una lettera al conte Alessandro Marescotti Capizucchi, c’è Mattia de’ Rossi, uno dei più famosi architetti barocchi, venuto appositamente da Roma. Rialzatosi dalla sua opera, prende un rotolo che teneva sotto braccio e lo consegna a Pietro Bossi; in quel rotolo c’è il disegno della pianta, e probabilmente dell’alzata, del Portone che per secoli è stato attribuito a Jacopo Barozzi, detto “Il Vignola”, morto però più di cento anni prima dell’edificazione del Portone. Il Portone, con non poche difficoltà legate al sito, nel quale era difficile trovare un terreno solido sul quale poggiare le fondamenta, venne costruito fra marzo e settembre 1692;

la oggetta L

ott-dic 2015

Il Borgo, prima propaggine di Vignanello ad essere edificata al di fuori del nucleo antico, ha avuto una lunga gestazione. L’espansione iniziò agli inizi degli anni Settanta del XVII secolo, con alcune case costruite da Alessandro Marescotti Capizucchi, come residenza di artigiani che iniziavano a lavorare nel paese. Francesco Marescotti Ruspoli diede ulteriore impulso a tale opera, che fu inizialmente affidata a Giovan Battista Contini, affiancato successivamente da Carlo Buratti. Il progetto finale non fu mai completamente realizzato, ma in ogni caso il Borgo rappresenta un notevolissimo esempio di urbanizzazione razionale: le case avevano quasi tutte alle spalle un orto, e la successione delle abitazioni era scandita dalle porte e finestre delle botteghe, affiancate dalle porte degli appartamenti. Oggi, a causa di interventi spesso sciagurati, come la chiusura o copertura dei vicoli che

dalla Tuscia dividevano i vari isolati, l’eliminazione dei marciapiedi laterali e la costruzione indiscriminata e irrazionale di balconi è difficile riconoscere il Borgo come fu concepito dagli architetti, e come ancora è possibile vedere in foto degli inizi del ‘900. Tuttavia, con un po’ di fantasia, possiamo ancora immaginare i rumori e le voci degli artigiani che per tanti anni lo hanno animato. La Porta Grande o Porta Flaminia

Siamo di fronte ad uno degli interventi più sciagurati perpetrati da una amministrazione comunale miope. La Porta Grande, o Porta Flaminia, di cui purtroppo al momento non si sono reperite notizie di un certo rilievo, fu probabilmente eretta nel XV o XVI secolo e si ergeva maestosa a chiudere a ovest l’abitato originario di Vignanello. Fu abbattuta nel 1906, sembra a causa del fatto che rendeva difficoltoso il transito a nuovi veicoli a motore. Allo stato attuale c’è un timido tentativo, da parte di alcuni abitanti, di proporre l’erezione di un simulacro, ma purtroppo il gravissimo danno, storico oltre che architettonico, è ormai compiuto. La Piazza Giudea, o della Torre, o della Giustizia, o Ruspoli

Questa piccola piazza, poco considerata, ha avuto invece un ruolo importante nella vita del paese. E’ citata dai più antichi monumenti, segno che la sua esistenza risale ai primi tempi della Vignanello medioevale. Il nome con cui viene chiamata inizialmente fa

105


dalla Tuscia pensare ad una consistente colonia ebraica, che forse abitava questa zona che era la prima che si incontrava entrando attraverso la Porta Grande. Proprio questa vicinanza la fa nominare talvolta come Piazza della Torre, mentre il nome Piazza della Giustizia risale al 1730, quando qui furono trasferite la sede del Governatore e le prigioni, prima situate nella Piazza della Rocca, trasformata da Francesco Maria Ruspoli in centro e simbolo del potere del principe.

Il Palazzo con gli Archi

del dott. Francesco Posterla romano con musiche di Cintio Vinchioni viterbese, e “La Beata Giacinta Marescotti”, oratorio a quattro voci di Girolamo Curti con musiche di Antonio Bersi. La nuova Rimessa

La Chiesa Collegiata

La chiesa collegiata fu edificata fra il 1710 e il 1724 su disegno di G.B. Contini. La data di inizio può essere determinata molto precisamente: infatti il 1° giugno 1710 vengono consegnate cedole del Monte di Pietà di Roma per 300 scudi ad Alessandro Polvini figlio del ministro di Vignanello Mattia Polvini, “per la provigione di calce et altro per la nuova fabrica in Vignanello della Chiesa Principale”. Altrettanto precisamente possiamo darne le date di compimento, anche se in realtà alcune opere interne furono poi aggiunte successivamente: la chiesa fu inaugurata il 5 novembre 1724 e consacrata l’anno dopo, sempre a novembre, da papa Benedetto XIII, come abbiamo visto. E’ a navata unica, con tre cappelle per lato. La facciata è a due ordini di lesene, con capitelli tuscanici e ionici, e coronata da un timpano triangolare, su cui spicca uno dei due quadranti dell’orologio. La sommità è ornata da candelieri in peperino. Alla costruzione e all’arredamento contribuirono alcuni fra i più famosi artisti ed artigiani romani del tardo barocco. L’interno ha sulla controfacciata un bellissimo organo fabbricato dagli organari romani Alari, mentre la cantoria, in legno dorato, è opera dell’intagliatore Girolamo Corpi. L’abside è impreziosito da un “Gloria” in stucco dorato, opera dello scultore Giuseppe Riccardi, al cui centro è conservata una “Madonna col Bambino” attribuita ad Annibale Carracci. Le opere più importanti conservate nella collegiata sono la tomba del cardinale Galeazzo Marescotti, anch’essa opera di Giuseppe Riccardi, il “S. Biagio” di Sigismondo Rosa nella terza cappella a sinistra, e la “Morte della Beata Giacinta Marescotti” di Giuseppe Passeri nella terza cappella a destra. Tuttavia, vista la notevolissima mole di opere in essa conservata, torneremo su questa chiesa in altri articoli, per sottolinearne la sua importanza storico-artistica ancora poco nota al grande pubblico.

106

Fu costruito fra il 1725 e il 1727, abbattendo case medievali, che sorgevano sul lato nord della piazza. Il progetto risale probabilmente a Giovan Battista Contini, ma l’attribuzione è da considerarsi per il momento incerta. Quello che è certo è che fu costruito per dare compimento alla piazza, che rimaneva ancora come era nel medioevo. Sin dall’inizio, fu concepito come complesso di abitazioni e botteghe, che furono affittate o date in sostituzione di quelle abbattute. Sulla facciata, ora restaurata, spicca lo stemma Ruspoli-Cesi. La Fontana Pubblica Abbiamo già illustrato questa fontana, primo monumento eretto in Vignanello dalla famiglia Marescotti nel 1673 (vedi Loggetta n. 100 di lug-set 2014); basti qui ricordare che fu eretta da Francesco Marescotti Ruspoli su legato testamentario del padre Sforza Vicino, su disegno di Giovan Battista Contini, l’opera dello scalpellino Giuseppe catani di origini livornesi, e l’utilizzo di maestranze locali. Il teatro e il palazzo della Pallacorda

La nuova Rimessa, ultima opera di Francesco Maria Ruspoli, con la quale si chiude in pratica la trasformazione di Vignanello, è la costruzione iniziale del Borgo di S. Sebastiano. Anche in questo caso la memoria non ha aiutato: fu trasformata già nell’Ottocento, quando ne fu alterata la composizione interna, e ora la facciata ovest, ricca di targhe che ricordano sia Francesco Maria Ruspoli che la proprietà della famiglia, versa in uno stato di abbandono. Fu costruita proprio per il nuovo assetto della piazza, dove prima insisteva la vecchia rimessa, a poco distanza dal castello. Non ha niente di particolarmente rilevante dal punto di vista architettonico, ma rappresenta pur sempre il capitolo finale di questa grande operazione urbanistica, e meriterebbe maggiore attenzione. In breve Ho cercato di dare con questi articoli una idea di come fosse la Vignanello che accolse Benedetto XIII nel 1725; spero di esserci riuscito. Ora l’impegno comune deve essere quello di salvaguardare quanto resta delle meraviglie architettonico-artistiche di Vignanello e della Tuscia tutta, spesso abbandonate al loro destino. maurizio.grattarola@alice.it

Non più esistente (fu abbattuto (sic) dopo un incendio), faceva parte dello “skyline” di Vignanello. Si ergeva sul lato sud del Giardino, sopra il Giardino Segreto. La conformazione finale fu raggiunta nel 1727, quando Francesco Maria Ruspoli riattò il teatro per ospitare le rappresentazioni tenute durante i festeggiamenti per la beatificazione di S. Giacinta Marescotti, avvenuta a Roma nel 1726. Era orientativamente lungo 15 metri e largo 7, e Luc’Angelo Cammilli, un decoratore di Orte, già attivo nella collegiata, dipinse alcune scene nuove, che rappresentavano il “Cocchio”, ossia la Marescotta, parte nord del giardino. Nel maggio 1727 vi furono rappresentate “La Penitenza Trionfante Della Beata Giacinta Marescotti”, dramma sacro

Note bibliografiche: Oltre ai vari documenti dell’archivio segreto vaticano, è opportuno segnalare alcuni articoli che illustrano la Vignanello dei Ruspoli: AA.VV.: IL TERRITORIO DELLA MEDIA VALLE DEL TEVERE - LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE COMPRENSORIALE - VIGNANELLO, Facoltà di architettura università di Roma, in “Quaderni dell’Istituto di Ricerca Urbanologica e Tecnica della Pianificazione”, n. 3, 1966, pp. 115-119 F. Fiperno: L’ORGANO DELLA CHIESA COLLEGIATA DI VIGNANELLO FATTO COSTRUIRE DAL PRINCIPE FRANCESCO MARIA RUSPOLI

(1723), in “Organo”, Patron Bologna 1981 M. Curti: GIOVAN BATTISTA CONTINI, CARLO BURATTI E GIOVAN BATTISTA GAZZALE NEI PIANI PER VIGNANELLO, in “Biblioteca e Società”, vol IX, n. 3-4, 1990, pp. 3-11 Alberta Campitelli: LA ROCCA E IL BORGO DI VIGNANELLO DAI FARNESE AI RUSPOLI, in “Bullettin de l’Insitute Historique Belgique de Rome”, voll-62-63 1993/1994 Maria Celeste Cola: LA COMMITTENZA RUSPOLI A VIGNANELLO. PASSERI, CERRUTI, ROSA, NICOLOSI ED ALTRI AL SERVIZIO DEL PRINCIPE FRANCESCO MARIA NELLA CHIESA COLLEGIATA, in “Bollettino d’Arte” n. 143, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Roma 2008 Maria Celeste Cola: SCELTE DINAMICHE E RESIDENZIALI DI UNA FAMIGLIA FIORENTINA A ROMA: I RUSPOLI, in “Il sistema delle residenze nobiliari - Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma...”, coordinamento di Marcello Fagiolo, Roma, De Luca Editori d’Arte, 2003-2009”, pp. 129-136

la oggetta L

ott-dic 2015


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.