Dai marescotti ai ruspoli loggetta n 101 (ott dic 2014) 42

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dalla Tuscia

Vignanello

Dai Farnese ai Marescotti e ai Ruspoli (per non parlar dei Capizucchi, Bichi, Corsini, Gabrielli…) ovvero quando le pietre parlano dei loro padroni Premessa Parlando di Vignanello, quasi automaticamente il pensiero va alla famiglia Ruspoli, come quella che più ha inciso sull’attuale struttura urbanistica e monumentale del paese. Tuttavia, se si scorre la successione dei “padroni” di Vignanello (così come li chiama Francesco Lagrimanti nella sua “Storia”), si nota subito come, nel periodo in cui il paese fu feudo, periodo che va dal 1531 al 1816, cioè poco meno di 300 anni, la famiglia Ruspoli ne ebbe a tutti gli effetti il dominio solo negli ultimi 89. Il 1531 è la data di creazione della Contea di Vignanello, mentre il 1816 è l’anno in cui Francesco Ruspoli rinunciò ai suoi diritti feudali a seguito della riforma del cardinal Consalvi, pur mantenendo titoli e possedimenti con anche la loro ereditarietà. Le note che seguono vogliono far luce sulle complesse vicende dinastiche che trasferirono il dominio feudale dai Farnese ai Ruspoli, rivisitate attraverso gli stemmi che, numerosissimi, adornano Vignanello. Dai Farnese ai Marescotti Il feudo fu istituito da Clemente VII il 28 aprile del 1531 e affidato a Beatrice Farnese del ramo di Latera. La figlia Ortensia Farnese, che passerà alla storia come la “Lucrezia Borgia di Parrano”, sposò in prime nozze, probabilmente nel 1531, Sforza Marescotti; nozze forse combinate dal papa Paolo III Farnese che confermò conti di Vignanello Sforza e Ortensia. Questo primo passaggio è evidente nello scudo che orna l’entrata principale del castello, con le armi dei Marescotti e dei Farnese. Dopo un periodo assai travagliato, che copre quasi cinquanta anni, che videro assassinii, pro-

Stemma Orsini sul ponte fra castello e giardino

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Maurizio Grattarola ma fosse innamorata del futuro sposo della sorella Ortensia, il marchese Paolo Capizucchi. Sia come sia, Paolo Capizucchi, marchese di Catino e Poggio Catino, figlio di Mario ed Ortensia Capranica, chiede la mano di Ortensia e la sposa (per lui è la seconda moglie, la prima fu Olimpia Mattei) il 24 gennaio del 1605. Clarice seguirà la sua strada che la porterà alla santità.

Stemma Marescotti-Farnese sul portone del castello

cessi e condanne, in una lotta fra vignanellesi e Marescotti, la famiglia Marescotti riebbe il pieno possesso del feudo nel 1604 con Marco Antonio Marescotti, nipote di Sforza e figlio di Alfonso e Giovanna Baglioni. Contemporaneamente, proprio a seguito dei vari matrimoni di Ortensia Farnese, anche la contea di Parrano ricade sotto la giurisdizione dei Marescotti. Marco Antonio sposa Ottavia Orsini di Mugnano (? - 11 maggio 1636 Roma), figlia di Pierfrancesco Orsini detto Vicino, il creatore del Bosco di Bomarzo, e di Giulia di Pier Bertoldo Farnese. Con loro comincia il risorgimento di Vignanello, che si arricchì dello splendido giardino. La presenza degli Orsini a Vignanello è testimoniata dallo stemma sul ponte che collega il castello al giardino, con la data riportata sulla targa, 1611, che testimonia come i lavori venissero completati dopo la morte di Marco Antonio, avvenuta nel settembre del 1608. Da qui comincia la nostra storia. Una santa innamorata Dal matrimonio di Marco Antonio con Ottavia nacquero numerosi figli. Per i nostri scopi sarebbe sufficiente considerarne due, Sforza Vicino, che succedette al padre come conte di Vignanello e di Parrano, e Ortensia. Ma una terza figura è d’obbligo: Clarice (1583 - 30 gennaio 1640), più nota come Santa Giacinta. Perché? Perché sembra che Clarice, che è noto essere stata piuttosto ribelle nei primi anni di vita, fosse ben lungi dal volersi fare monaca,

Un matrimonio prestigioso Tornando a Sforza Vicino, nato nel 1589, per lui c’è il matrimonio con la rappresentante di una delle famiglie più in vista a Roma in quel momento: Vittoria, figlia di Orazio Ruspoli e Felice Cavalleri. Il matrimonio viene celebrato nel 1617 in modo fastoso; proprio per l’occasione, fu organizzata in Via Giulia una giostra del saracino, con la partecipazione di numerosi cavalieri. I Ruspoli erano una famiglia di origine fiorentina trasferitasi a Roma, e qui avevano avuto modo di effettuare una notevole scalata sociale. Insomma un matrimonio quasi perfetto. Tutti gli attori sono in campo Come si può vedere, siamo in presenza di quasi tutti gli elementi dinastici: Marescotti, Capizucchi, Ruspoli. Seguendo la successione temporale, partiamo da Ortensia e dal marito Paolo. Dal matrimonio nascono nove figli, tre maschi e sei femmine, queste ultime tutte monache. Un figlio Camillo, muore infante. Camillo Biagio, detto Raimondo, diventa cardinale ed è il più famoso dei tre. Francesco, capolo (1605 - 14 aprile 1678), narrano fosse dedito al gioco. Tutta la gestione familiare dei Capizucchi sembra non essere stata molto oculata; Paolo, anche a causa della gestione paterna, il 21 giugno 1614 fu costretto a vendere Catino e Poggio Catino, avuti nel 1607, a Settimio Olgiati. Ci troviamo quindi di fronte ad una famiglia di antica nobiltà romana, ma probabilmente a corto di liquidità. Ben diverso il discorso dall’altra parte: i Ruspoli sono in ascesa e il fratello di Vittoria, Bartolomeo, che aveva sposato Camilla Sacrati senza tuttavia avere eredi, compera il 5 aprile 1674 il palazzo e la tenuta di Cerveteri di 2.550 rubbie dal duca Flavio Orsini per la notevole cifra di 550.000 scudi. Ma i protagonisti principali sono i figli di Sforza Vicino e Vittoria. Varie fonti dicono che i figli fossero dodici; ad oggi ne abbiamo reperiti per certi dieci, sette maschi e tre femmine. Saranno loro i collettori dei cambiamenti.

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dalla Tuscia Inizia lo spettacolo Vediamoli, questi dieci figli: 1. Marco Antonio (24 marzo 1623 - 8 novembre (?) 1681); 2. Galeazzo (1° ottobre 1627 Vignanello - 3 luglio 1726 Roma); 3. Francesco (1634 - 1 (o 11) dicembre 1687 Frascati ?); 4. Ludovico(? - 1691 Parrano); 5. Orazio (? - ?); 6. Alfonso (? - 1658); 7. Maria Innocenza; 8. Ottavia Felice (? - 10 novembre 1684 Roma); 9. Angela Maddalena; 10. Alessandro ( 27 luglio 1641 - 26 febbraio 1703). Il primo evento che li vede coinvolti, per i fatti che ci interessano, è il testamento del padre, steso il 20 dicembre del 1655. In questo testamento Sforza Vicino, in maniera imperativa (chi non ci sta dei figli avrà diritto solo alla legittima), divide i possedimenti in due: il feudo di Vignanello, compresi annessi e connessi (rocca e mobili), va al primogenito Marco Antonio, canonico, mentre il feudo di Parrano a Francesco. Galeazzo aveva già intrapreso la carriera ecclesiastica, e a lui il padre lascia l’uso delle sue stanze nel palazzo di Roma, con 2.300 scudi di rendita annui, mentre alla moglie lascia vitto, alloggio, servitori e l’utilizzo di tutti i palazzi. Lasciti minori vanno alle figlie. C’è una cosa importante da sottolineare: la disposizione testamentaria prevede che i beni della famiglia devono rimanere nella famiglia, quindi gli eredi non hanno la libera disponibilità dei beni eccedenti la legittima, ma devono far sì che essi rimangano in famiglia, passandoli al primogenito. E’ il concetto di “fidecommesso”. Altra cosa importante: Francesco è dichiarato essere in Fiandra, probabilmente come militare. La sua eredità è soggetta al fatto che entro due anni rientri in Italia e prenda moglie, altrimenti l’eredità passerà al fratello Orazio. Alessandro non è citato nel testamento. Perché? Due fratelli, tre mogli, cinque figli Nel 1655 Alessandro ha 14 anni, e proprio in quell’anno gli sforzi del padre per ottenere per lui un cavalierato di Malta ebbero successo.

Stemma Marescotti-Bichi sulla fontana pubblica

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Alessandro Marescotti entrò nella Religione di Malta il 5 febbraio 1658. Il fratello Francesco ritorna evidentemente dalle Fiandre e il 17 febbraio 1661 sposa Girolama del marchese Galgano Bichi di Siena, diventando signore di Parrano. Due anni dopo, il 1° aprile 1663, Alessandro, novizio gerosolimitano, ottiene una licenza di tre anni per motivi familiari. La motivazione è che sono presenti problemi familiari che richiedono la sua presenza a Roma. Il documento non dice di quali problemi si tratti, ma possiamo avanzare l’ipotesi che, non avendo ancora avuto eredi il fratello Francesco, in qualche modo la famiglia volesse cautelarsi sul fronte della discendenza. In questo periodo, padrone di Vignanello è, come da disposizione testamentaria, il canonico Marco Antonio Marescotti. Non sappiamo al momento cosa successe nella vita di Alessandro in questi anni; lo vediamo riapparire nel 1670, quando il 15 giugno sposa Anna Maria Corsini, figlia del marchese Andrea Corsini (1613 - ?) e di Angela de’ Medici (? - 1664). La carriera gerosolimitana è ormai alle spalle. In questo periodo il cugino Francesco Capizucchi, pro senatore di Roma, come abbiamo detto giocatore e scapolo, decide di lasciare il proprio cognome ad Alessandro per perpetuare la stirpe. Francesco morirà nel 1678, ma già alcuni documenti fanno riferimento ad Alessandro non più come Marescotti ma come Capizucchi. Nel 1672 Anna Maria Corsini, che aveva già avuto una figlia, Angela Ortensia (1671 - 1744), dà ad Alessandro, chi dice il 10 febbraio a Roma, chi il 5 marzo a Vignanello, il primogenito maschio, Francesco Maria, che durante i primi anni di vita assumerà i cognomi Marescotti e Capizucchi. Anna Maria muore, probabilmente di parto, e la data riportata è 2 marzo 1672, il che farebbe propendere la nascita di Francesco Maria per il 10 febbraio. I tre rami si dividono Nel 1677 Alessandro sposa in seconde nozze Prudenza Gabrielli (17 dicembre 1654 - 13 dicembre 1709), figlia di Mario Gabrielli e Maddalena Falconieri, e prima donna ad essere ammessa nell’Accademia dell’Arcadia. Da queste seconde nozze nascono tre figli: Sforza (1680-1723), Mario (1681-1758) e Vittoria (1683-1748). Nel 1681 la situazione dei vari fratelli ancora viventi è la seguente: Francesco assume il cognome e l’eredità Ruspoli dallo zio Bartolomeo; Alessandro ha assunto il cognome Capizucchi nel 1678 (o prima) dal cugino Francesco; Galeazzo e Ludovico, entrambi ecclesiastici, hanno ancora il cognome Marescotti I quattro fratelli decidono, per evitare la dispersione dei beni della famiglia Marescotti, che i beni stessi vadano a quello dei figli di Francesco, e nel caso costui morisse senza eredi, ai figli di Alessandro, che assumerà il cognome Marescotti. Francesco Marescotti Ruspoli muore a dicembre del 1687, e nel suo testamento lascia usufruttuaria dei beni la moglie Girolama Bichi, con la precisa disposizione che, alla sua morte, i beni e il cognome Ruspoli passassero a Francesco Maria Mare-

Stemma Capizucchi-Gabrielli sul portone del Molesino

scotti Capizucchi. A questo punto Francesco Maria, come primogenito di Alessandro, si trova ad essere virtualmente erede dei beni e dei cognomi di tre famiglie: Marescotti, Capizucchi e Ruspoli. Qui Alessandro, per salvaguardare tutti e tre i figli maschi, fa testamento, stabilendo quanto segue: a Francesco Maria, primo figlio maschio, già nominato erede dallo zio Francesco dei beni e del cognome Ruspoli, la sola legittima di 7.000 scudi; al secondo figlio Sforza la possibilità di accettare, entro due mesi dalla sua morte, la primogenitura della famiglia Marescotti e “l’arme senza mistura” più la legittima di 7.000 scudi e la contea di Parrano. Nel caso Sforza non accettasse queste condizioni, e volesse mantenere il cognome Capizucchi, allora il cognome Marescotti passerebbe al terzo figlio Mario; il terzo figlio Mario viene designato erede universale e nominato primogenito della famiglia Capizucchi. Su questa base, Francesco Maria rinuncia, nel 1698, ai beni Marescotti, oggetto del fidecommesso di Sforza suo avo e alla primogenitura Capizucchi a favore dello zio Galeazzo e del padre Alessandro, che a loro volta rinunciano per i beni Marescotti a favore di Sforza, e della primogenitura Capizucchi a favore di Mario. Tutto a posto allora? Solo apparentemente, perché Francesco Maria lega la sua rinuncia alla disponibilità dell’eredità Ruspoli, che in quel momento è ancora in bilico a causa del tentativo della zia di mantenerla nella famiglia Bichi. Solo il 3 marzo 1705, dopo un’ aspra battaglia legale durata due anni, il Tribunale dà ragione a Francesco Maria, che può finalmente fregiarsi del cognome Ruspoli, e di lì a poco anche della disponibilità dei beni. E Vignanello? Siamo arrivati alla fine, ma c’è ancora un “ma” importante che deve essere chiarito. Dopo i fatti narrati, essendo ancora in vita il cardinale Galeazzo Marescotti, le due contee, Vignanello e Parrano, rimangono sotto la sua giurisdizione come Marescotti. Sarebbe logico pensare, da quanto detto sopra, che Vignanello rimanesse

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dalla Tuscia legato a questa famiglia, ma il testamento di Alessandro Capizucchi non teneva conto di tutta una serie di problemi secondari, legati a doti, censi e altre vicende economiche che si intrecciavano e che legavano molti componenti delle varie famiglie. Per risolvere queste pendenze, fu necessario fare delle riunioni fra avvocati (i “congressi”) durante i quali si stabilirono tutti i vari dettagli lasciati in sospeso. E qui, in un documento conservato nell’archivio Capizucchi alla Biblioteca Nazionale di Roma, troviamo l’anello finale che dà il passaggio di Vignanello dai Marescotti ai Ruspoli. Nel “congresso” tenuto a Roma il 12 giugno 1703, Francesco Maria, non ancora sicuro dell’eredità Ruspoli, fra le altre cose si riserva il diritto di

Stemma del cardinale Galeazzo Marescotti sul portone del Molesino

primogenitura su Vignanello! Questo, possiamo dire, è l’atto formale che sancisce il passaggio della contea dai Marescotti ai Ruspoli, anche se dovranno passare ancora ventitré anni, fino alla morte dello zio Galeazzo, avvenuta nel 1726, perché l’allora principe di Cerveteri Francesco Maria Ruspoli possa divenire a tutti gli effetti conte di Vignanello, legando la contea e il paese al suo nuovo cognome. maurizio.grattarola@alice.it Nota bibliografica Fonti manoscritte Sugli eventi narrati, così come su Vignanello, la fonte più importante rimane il Fondo Ruspoli-Marescotti conservato nell’Archivio Segreto vaticano. Altra fonte fondamentale è F. Lagrimanti, “Storia delli padroni di Vignanello”, ms. 1588, conservato alla Biblioteca Angelica di Roma. Per la parte riguardante Alessandro Marescotti Capizucchi esiste un’altra fonte, l’Archivio Capizucchi, molto mutilo, conservato nella Biblioteca Nazionale di Roma. Una terza fonte manoscritta, con vari documenti sulle famiglie coinvolte, è conservata nei numerosi faldoni nell’Archivio di Stato di Roma alla Sapienza.

Carissimi,

per me questo è un Natale diverso, grazie all’arrivo di Elena, la mia prima nipote. Pertanto, insieme a lei, voglio augurare a voi e a tutti i vostri cari un felice Natale e un bellissimo 2015, pieno di splendide cose. Maurizio Grattarola

Fonti a stampa Per le complesse vicende che coinvolsero Vignanello alla fine del Cinquecento, il testo fondamentale rimane Carmine Iuozzo “Feudatari e vassalli a Vignanello” (Agnesotti Ed. Viterbo). Per il matrimonio fra Sforza Vicino Marescotti e Vittoria Ruspoli si può vedere il testo in www.morelli.it/giulia/storia2.htm. Per la vicenda legata al cavalierato di Malta di Alessandro Marescotti, Irene Polverini Fosi “Genealogie e storie di famiglie fiorentine a Roma nel Seicento”. Moltissime notizie interessanti su tutte le famiglie coinvolte sono reperibili in uno dei testi fondamentali per la Storia di Roma nel Settecento, il “Diario” di Francesco Valesio (edito da Longanesi). Sempre sulle famiglie romane e non solo, si possono vedere Anthony Majanlathi “Guida completa alle grandi famiglie di Roma” (Vallardi), e Claudio Rendina “Le grandi famiglie di Roma” (Newton Compton), nonché l’“Enciclopedia Nobiliare” dello Spreti.

LA SUCCESSIONE DEI “PADRONI” DI VIGNANELLO

Ci uniamo alla gioia del nostro autore/collaboratore ingegner Maurizio Grattarola, ricambiando di cuore a lui e famiglia i nostri più affettuosi auguri. La Redazione Stemma Ruspoli-Cesi

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