Voltana On Line n.4-2013

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n. 4 - 2013

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Un’opera di Rino Graziani: “la Resurrezione”

Nel cimitero di Voltana. Superato l’ingresso “nuovo”, subito a destra e seguendo muro di cinta.

Quando l'opera è di un voltanese all'onore si unisce l'emozione. Infatti, alla gratitudine per il dono, si somma la commozione per l'affetto dimostrato da chi, lontano - divenuto artista rinomato ed affermato - non ha, però, dimenticato le origini, né tagliato ogni legame con il suo primo paese e la sua gente. L'omaggio fatto a Voltana, dallo scultore e ceramista Rino Graziani, è una composizione di medie dimensioni (siamo sui due metri per due) concepita per restare all'aperto. La prima cosa da fare, quando si vede un'opera d'arte è, ovviamente, guardarla e osservarla attentamente. Un'opera d'arte non è una pubblicazione, ma sia per questa sia per quella valgono gli stessi principi. Tutta l'arte è elevazione, elevazione del gusto, della sensibilità, dello spirito. Tutta l'arte parla, narra qualche cosa, trasmette un messaggio. I soggetti di Rino Graziani sono ben comprensibili e facilmente intelleggibili. Certo, come in tutte le cose, occorre un attimo di attenzione. Se non fosse richiesto un piccolissimo sforzo, non ci sarebbe elevazione, affinamento e il livello sarebbe quello iniziale; nessun impegno, quindi, tutto come prima. Non così per i lavori di Rino Graziani. Già il posto chiesto e scelto dall'artista fornisce qualche indizio e suggerimento. La collocazione, in

verità non dell'artista, poteva essere diversa (il bassorilievo, infatti, guarda in pieno il sorgere del sole, mentre sarebbe stato meglio godibile se rivolto a mezzogiorno), inoltre la vista del muro di cinta, subito dietro, non è certo felice. Fortunatamente, quando l'opera è eccellente, figura sempre ed ovunque. La composizione consta di due parti: una lastra (o monolite) di cemento lavorato nello spessore superficiale, poggiante su un basamento che non è solo supporto, ma parte dell'opera medesima, talché si completa in una colonnina appendice. L'insieme raffigura una "Resurrezione", lo si evince, nitidamente, dai molti elementi. Da notare che, tra i soggetti sacri, la "Resurrezione" è pochissimo affollata. Tutti ricordiamo Annunciazioni, Natività, Ultime Cene, Crocifissioni celebri, di artisti universalmente famosi. Poco frequentata, invece, la "Resurrezione". Soprattutto in scultura ed, in particolare, in tempi recenti. Queste considerazioni, evidentemente, non hanno spaventato o scoraggiato Rino Graziani. Cosa "vede" l'osservatore che si improvvisa critico d'arte? E da dove iniziarne l'esposizione? La comprensione è illuminazione e, infatti, bene rappresenta quanto accade alla mente la "lampadina" dei fumetti.

di Mario Paganini

Improvvisamente capiamo, scopriamo ciò che non si conosceva, dominiamo il tutto. Quel monolite di cemento colpisce, non fosse altro perché, ai più, di opere scultoree, in cemento, non è capitato di vederne molte. Immaginabili le difficoltà tecniche. Come l'argilla il cemento si modella facilmente, ma, a differenza dell'argilla, il cemento tende a modificare la forma, assestandosi e livellandosi in piano. Si colgono, immediatamente, alcune raffigurazioni: un globo in basso, una croce (sullo sfondo a destra ed in alto), un uomo crocefisso (con la testa in una posizione strana), il tratteggio, ridotto all'essenziale, di linee curve e piccoli motivi. Necessariamente meno evidenti le modifiche di livello adottate per dare luce, movimento plastico e vita all'opera. Quell'uomo, con le braccia in croce - eppure ben staccato dalla croce- , quel volto silenzioso, dai lineamenti distesi e regali, che ispira sentimenti soffusi, è il Cristo. Non può essere altri che Lui. È l'Uomo della Sindone, non ha i segni del supplizio, ma quelli della regalità sul mondo che Lui sovrasta. Dall'alto, ma non da sopra; non si coglie, infatti, nessun senso di superiorità. Lui è lì, con gli occhi chiusi; forse non sono chiusi, ha le palpebre abbassate per poterci guardare e seguire. Ha le palpebre abbassate, ma certamente non è morto. Se fosse morto Rino Graziani l'avrebbe ideato con il capo in una posizione diversa, reclinata e, comunque, ben in mezzo alle spalle. Sotto il mondo, un globo chiuso nelle sue geometrie, nei suoi meridiani e paralleli. E' un mondo a noi tanto familiare. Sovente freddo, razionale, duro, meccanico, grigio (tanto simile a quel cemento in cui è plasmato). E sopra - discreto, ma ben presente - si staglia quel volto, che ci rassicura, che ci dice che Lui è lì e ci ama per quello che siamo. Incise nel globo ci sono 14 tacche: le stazioni della via crucis sono 14. Uno scarno efficacissimo lavoro di linee curve dona armonia e movimento plastico all'opera. Raramente pochi essenziali tratteggi e piccole figure possono dona- ( Segue a pag. 5 )


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