Voltana on line n.14-2013

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Vi racconto qualche cosa sulla mafia in Emilia Romagna di Gaetano Alessi Società Civile “opulenta”. In questa storia una parte importante la faranno i numeri. Non per uno sperticato amore dell’autore verso quei meravigliosi segnetti inventati dagli arabi, ma perché fanno da cornice ad un quadro che altrimenti resterebbe, con grande gioia della criminalità, nel Esiste una terra magica dove il solco del folklore. multiculturalismo è già una realtà. A calcare le terre emiliane sono Bellemilia di buon vino, vecchie in questo momento undici organizsedi di partito, con le carte sempre zazioni mafiose. in mano e una fola piano piano, scriResto del mondo batte Italia per 7 ve Luca Taddia in una sua bellissia 4, schierando nell’ordine mafia ma canzone. Il problema è che il Nord Africana, Nigeriana, Cinese, multiculturalismo è quello mafioso, Sud Americana, Rumena, Ucraina e che le carte sono spesso dentro le Albanese. bische clandestine gestite dalle L’Italia risponde con Cosa Nostra, cosche e che la “fola” a cui aggiunCamorra, Sacra Corona Unita e la gerei, come espediente narrativo, ‘Nrangheta, suddivise in 62 cosche, una elle, è quella delle ‘ndrine che hanno ormai artigliato parte del 34 della mafia calabrese, 12 di quella siciliana a pari merito con tessuto economico della Regione. Ora, per evitare che lo scriba quella Campana e una dell’onorata venga definito “mitomane” e società pugliese ben trapiantata in “fissato”, aggettivi amorevolmente riviera dove gestisce il traffico di rivoltimi da politici di tutto lo Stiva- stupefacenti. Da dove arrivano queste realtà e le, vi racconterò una storia che ha quando hanno cominciato ad agire? come protagonisti boss silenti, poliSe fosse una fiaba l’incipit d’apertutici distratti, imprenditori pavidi e Lunedì 4 novembre ore 20,30 Sala Scuderie di Villa Ortolani Piazza dell’Unità d’Italia - Voltana

REALTA’ E PROSPETTIVE DELLE FRAZIONI Trovata su Internet e segnalata da Romina

Voltana Photo Event 2013 Ecco il link per rivedere alcuni momenti della giornata. http://www.youtube.com/watch?v =i44HxLO7_wI

Diamo voce ai cittadini di Belricetto, Giovecca, Passogatto, San Bernardino, Voltana. Ospiti della serata: Roberto BALLANTI Bruno PELLONI Silvano VERLICCHI Moderatore Daniele Filippi (giornalista del Resto del Carlino)

Siete tutti invitati a partecipare Associazione Culturale Civica per la Buona Politica

ra potrebbe essere “C’era una volta”. Già, “c’era una volta”, espressione semplice ma convincente per dire che certe cose oggi non succedono più, per buttare sulle spalle del passato ogni vergogna, ogni cosa che non ci piace ed assolvere il presente. Il nostro quotidiano è però figlio di quel passato e in quel passato “C’era una volta” la legge sui sorvegliati speciali, ereditata dal fascistissimo “confino”. E fu seguendo quella legge che dal 1958 fino quasi ai giorni nostri l’Emilia Romagna è stata terra di migrazioni, non di poveri disperati arrivati con i barconi, ma di mafiosi patentati e potenti, inviati dallo Stato nella “Rossa Emilia” per “ravvedersi”. Dal primo, nel 1958, Procopio Di Maggio, capo mandamento di Cinisi (Pa), a cui è seguito un vero e proprio tsunami mafioso che ha fatto approdare in Regione oltre 3.600 uomini e donne, appartenenti alla cosche. Gente qualunque? E quando mai! Tanto per fare qualche ( Segue a pag. 2 ) Un vero guerriero non combatte perché odia ciò che ha di fronte, ma perché ama e difende ciò che sta dietro di lui. J.K.Rowling

Trovata su Internet e segnalata da Anna

Elezioni Partito Democratico Voltana 28 ottobre 2013 Votanti: 72 - Risulta eletto Segretario di Voltana: Carlo MONTI con 64 voti di preferenze (5 bianche e 3 nulle). - Per la carica di Segretario Comunale: Giacomo BALDINI ha raccolto 64 voti di preferenza (5 bianche e 3 No). - Come Segretario Provinciale: Michele DE PASCALE ha ottenuto 47 preferenze, mentre Danilo MANFREDI ha ottenuto 25 preferenze.


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Vi racconto qualche cosa sulla mafia in Emilia Romagna di Gaetano Alessi nome: Giacomo Riina, Tano Badalamenti (che secondo la Criminalpol dal ’74 al ’76 gestiva da Sassuolo (Mo) i traffici illeciti nella provincia di Modena), Barbieri e Ventrici (tra i leader mondiali del narcotraffico), Pasquale Condello, il “supremo Boss” di Reggio Calabria (cuore in Calabria e portafoglio a Cesena si diceva) e il buon “Sandokan”, quel Francesco Schiavone noto per le sue “simpatie” nei riguardi di Roberto Saviano. E la Società Civile che cosa ha fatto? Li ha respinti? Pare di no, anzi! Essendo l’Emilia Romagna una terra ospitale, capitava che il boss della ‘Ndrangheta Antonio Dragone, uscito dal carcere di Reggio Emilia, venisse omaggiato da imprenditori ed impresari del luogo che fecero la fila per consegnargli quasi un milione di euro, tanto per fargli capire che non c’era bisogno di nessuna opera di estorsione, tanto gli imprenditori si estorcevano da soli! E mentre le mafie s’ingrassano la reazione dello Stato è lenta. Tanto per fare un esempio, nel 2009 a Parma il Prefetto dell’epoca Paolo Scarpis, poi divenuto vice capo dei servizi segreti (siamo in buone mani), disse che la mafia nella città Ducale “Era una sparata”. E le mafie educatamente rispondono “obbedisco”, tanto che Raffaele Guarino (2010), Salvatore Illuminato (2003), Antonino D’Amato (2011) e Gabriele Guerra (2003) vengono “sparati” in giro per la Regione. ( Segue da pag. 1 )

Ma Scarpis non è il solo, anche il Sindaco di Ravenna, Fabrizio Matteucci, ad ogni arresto, attentato, intimidazione, dichiara che è “un fatto occasionale”. Di certo “occasionale” non è la presenza delle aziende mafiose nella gestione di opere pubbliche. Tant’è che le mafie negli ultimi trent’anni gestiscono, tra le altre cose, la ristrutturazione della Pinacoteca Nazionale di Bologna, l’ampliamento e la ristrutturazione dell’aeroporto di Bologna e visto che c’erano dal 2004 al 2007 anche i servizi a terra dello stesso scalo e

il progetto di ristrutturazione di Piazza Maggiore a Bologna. La discarica dei rifiuti di Poiatica nel comune di Carpiteti (Re): qui l’azienda, il gruppo Ciampà, ha da anni il certificato antimafia per smaltimento di sostanze tossiche ritirato in Calabria (operazione Black Mountains) e tranquillamente da anni continua a lavorare in Emilia Romagna. E ancora: realizzazione del sottopasso di collegamento di via Cristoni e Pertini oltre la Casa della Conoscenza di Casalecchio di Reno (Bo), alloggi e autorimesse a Budrio (Bo) e Forlì, case popolari a Bologna, Reggio Emilia e Modena. Le aziende delle cosche hanno bei nomi: Icla, Promoter, Ciampà, Doro Group, Enea, e spesso buoni soci, CCC, SaB, Gruppo Ferruzzi. Mangiano bene gestendo ristoranti alla moda come il Regina Margherita a Bologna. Ed hanno, o millantano, amicizie importanti. La telefonata che riporto tra Sasà D. direttore del ristorante Regina Margherita di Bologna e Marco Iorio (Camorrista dal buon curriculum) è del 13 febbraio 2011. È Sasà a chiamare Iorio, che lui definisce “il capo in assoluto” del Regina Margherita Group. Dopo alcune battute sull’andamento del locale Iorio chiede a Sasà del nuovo questore di Napoli, dottor Merolla (questore a Bologna fino a febbraio 2013, ndr) e si accerta se è un suo amico. Sasà: ”L’amico mio… sì, sì, gli ho già parlato!”. Iorio: ”L’amico tuo?” Sasà: ”Sì, tengo il numero di telefono… quando viene a Napoli… già ho organizzato!”. Poi nasce un equivoco. Iorio confonde Merolla con Francesco Cirillo, ora numero due della Polizia: “Ma io già lo conobbi, quel signore di carnagione scura e capelli brizzolati…”. Replica Sasà: “No, tu hai conosciuto Cirillo, quello adesso è capo della Polizia… poi sto Merolla, mo’ è diventato questore di Napoli”, Sasà: “E’ quello là che, io stavo a casa tua, ti feci parlare al telefono!… tu hai parlato al telefono con questo!”.

Iorio: ”Lo so!” Sasà: ”E comunque gli ho detto: ‘dottore, lui dal primo marzo sta a Napoli, lo vado a prendere, stiamo insieme e poi vengo al Regina Margherita (quella di Napoli, ndr) da te!’ Deve stare da te, già è tutto programmato… già ho fatto, è venuto venerdì a mangiare qui, due pizze… è tutto tranquillo, gira molto per i ristoranti”. Iorio è affamato di informazioni sul nuovo questore di Napoli. Chiede se “è pesante o compagno”, Sasà dice che “è compagno” tre volte, “proprio nostro amico… il figlio è un primario, no, è tutto a posto Marco!”. E termina con lo zelo del sottoposto: “Già lo sapevo che dovevo fare così”. L’ex Questore ed il numero due della Polizia, non proprio un quadretto edificante dello Stato in Regione. Ma la storia si sposta nel 2013. Dopo il sequestro del locale e la gestione di un barista locale, il Regina Margherita è stato nuovamente assegnato. Indovinate a chi? Ai gestori di Rossopomodoro, anche loro a suo tempo sotto inchiesta per “amicizie” pericolose e al timone del locale torna Salvatore D’Ascia. Chi è? Il Sasà delle intercettazioni. Unico commento: siamo un paese fantasioso. Ma la “favola” assume connotati dark, dato che le mafie in Emilia Romagna sono silenti per lo più, ma se s’incazzano assaltano Caserme dei Carabinieri (Sant’Agata Bolognese), mollano bombe all’agenzia delle entrate (Sassuolo), elargiscono proiettili (tra gli altri Massimo Mezzetti assessore regionale di SeL), tagliano gomme (liquidatore Sapro nel forlivese), danno fuoco con grande maestria (un mezzo meccanico esplode in media ogni tre giorni), minacciano giornalisti (5 casi negli ultimi anni con Giovanni Tizian che finisce sotto scorta e David Oddone che non può dato che San Marino non prevede “protezioni” per i giornalisti che fanno il loro mestiere). Vantano avvocati di grido, come Libero Mancuso difensore di quel Giovanni Costa che per anni ha ripulito soldi della mafia dal ( Segue a pag. 3 )


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Vi racconto qualche cosa sulla mafia in Emilia Romagna di Gaetano Alessi ( Segue da pag. 2 ) suo attico con vista tribunale di galleria FalconeBorsellino a Bologna. E la Società Civile che cosa fa? Si costerna, s’indigna e s’indegna senza gran dignità. Per SoS impresa l’8,6% degli esercizi commerciali o paga il pizzo o è vittima di usura. Ma nessuno, o quasi, denuncia. Secondo il Magistrato Lucia Musti, memoria storica dell’antimafia emiliana, l’omertà è una costante della regione dato che, dice la Musti, “le intimidazioni denunciate sono state pochissime, quello che abbiamo trovato l’abbiamo trovato grazie alle operazioni di ascolto, alle intercettazioni”.

Ma non basta, la Dia (Direzione Investigativa Antimafia) ha evidenziato che non c’è provincia o zona della Regione che non sia contaminata dal nesso inscindibile tra gioco d’azzardo, indebitamento e successiva estorsione e usura. Mentre lo Stato ammorba l’etere con la frase “Ti piace vincere facile” le mafie si arricchiscono a dismisura aprendo sale Slot e gestendo le macchinette in bar ed esercizi commerciali tra l’indifferenza più o meno complice dei proprietari delle attività, ma anche di certe parti dello Stato stesso. Può anche capitare, quindi, che un uomo, Nicola Femia, n’dranghetista riconosciuto universalmente con condanna nel 2002 per narcotraffico, potesse camminare liberamente e far gestire attività intestate ai figli nella tranquilla Conselice (Ra), dove in pochi si chiedevano come questo uomo venuto da fuori possedesse tutto questo potere economico. Per fortuna a togliere dall’imbarazzo chi doveva vigilare ci ha pensato la magistratura, che ha sbattuto il Femia in galera sequestrando, nell’operazione Black Monkeys (gennaio 2013), beni per 90 milioni di euro. E dato che appalti, usura, traffico di uomini e donne e droga c’erano, non poteva mancare il traffico d’armi, con partenza dal porto di Ravenna e ultima meta le coste della Somalia. Il traffico di armi è una sorta di ricompensa verso chi si occupa dello smaltimento di rifiuti tossici nelle acque del Golfo di Aden, a nord dello stato africano, ma anche nell’oceano Indiano, a

sud. Uno scambio di morte che parte dalle gioiose coste romagnole. Cose turche! Direbbe Franco Franchi, cose nostre potremmo aggiungere, perché il quadro della presenza mafiosa in Emilia Romagna non è ancora finito dato che la Regione è la prima in Italia per lavoro nero e la seconda sul fronte degli irregolari. Il 70% degli appalti viene dato in sub appalto e sempre più spesso viene utilizzata, per assegnare le gare, la formula del “massimo ribasso”. Ad esempio, il Cie di via Mattei a Bologna (assegnato di forza dalla Prefettura ad un’azienda siciliana, il consorzio “Oasi” con il 70% di ribasso, collassato in pochi mesi con il risultato che la Procura ha aperto un fascicolo contro la Prefettura e i lavoratori sono finiti tutti per strada); tutto questo crea, nel silenzio, l’humus che permette il radicamento nell’edilizia (e non solo) delle forze criminali. Ancora: anche per il trasporto su gomma, dove per anni mafiosi come Ventrici, quello del “Contro di noi la guerra non la vince neppure il Papa”, hanno gestito il business anche per multinazionali come la Lidl, avviene il miracolo economico per eccellenza. Quale? Quello del trasporto merci, senza mezzi di trasporto! Mi spiego. Su 9.083 imprese di trasporto in Emilia Romagna 2.599 (il 30%) risultano non possedere neppure una bicicletta! L’arcano lo spiega Franco Zavatti della Cgil di Modena “Alcune di queste sono le ditte fantasma attraverso cui la malavita organizzata fa il pieno d’infiltrazioni nei cantieri. Entra ed esce e controlla il territorio, la manodopera, minaccia chi lavora onestamente e la butta fuori dal mercato”. Anche qui pochissime proteste e tanto silenzio della comunità anche di fronte alle minacce verso Cinzia Franchini, presidente CNA Fita di Modena, che per le sue prese di posizione si è vista recapitare dei proiettili in sede. Il silenzio è una costante. Nel silenzio le organizzazioni criminali riciclano il denaro tramite, per esempio, il proliferarsi di compro oro e sale Vtl; le mafie straniere

gestiscono la prostituzione, l’immigrazione clandestina e lo spaccio di stupefacenti; il paradiso fiscale di San Marino dà ricetto a tutti i traffici al grido di “pecunia non olet”. Per i beni confiscati, oltre 100, non si trova ancora la chiave legislativa per restituirli alla comunità. Ma il motore economico che fa girare tutti gli affari della criminalità è la droga. Il 34,2 % (tra i 15 e i 64 anni) degli emiliano romagnoli ha fatto o fa uso di cannabis. Visto che di legalizzazione non se ne parla le mafie, ‘Ndrangheta come capofila, hanno trasformato Bentivoglio (Bo) e Ozzano (Bo) come centri del narcotraffico internazionale. Luoghi dai quali Francesco Ventrici e Vincenzo Barbieri in un decennio, 2001-2011, hanno messo sul campo un’organizzazione capace di trattare alla pari con i Narcos di qualunque parte del mondo inondando l’Europa di coca e milioni di euro sporchi. Il 2013 è anche l’anno delle morti per “eroina bianca”. Solo su Bologna 15 decessi con una media di un morto al mese fino all’esplosione estiva con quattro morti ad agosto e tre a settembre. Da quando a Bologna ha iniziato a girare la “bianca”, è scattata l’emergenza. Questo tipo di eroina, allo stesso prezzo di una dose “normale”, si parla di 25-30 euro, contiene un principio attivo del 70-80%, una quantità molto maggiore rispetto agli standard abituali a cui gli utilizzatori non sono abituati. Questa piccola ecatombe in un territorio gestito “militarmente” dalla ‘Ndrangheta, che al principio del silenzio deve la sua ricchezza, suona davvero strana e potrebbe essere il segnale che in Regione si sta aprendo una crepa nel monolite della mafia made in Calabria, sfidata da mafie emergenti e con talmente pochi scrupoli di immettere nel mercato “cocktail” assassini pur di ritagliarsi uno spazio. Se questo segnale fosse vero ci troveremmo ad affrontare per la prima volta in terra emiliano romagnola una guerra di mafie e sarebbe la fine dell’illusione che la mafia in Emilia Romagna è un “problema degli altri”. Nel quadro fin qui ( Segue a pag. 4 )


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Vi racconto qualche cosa sulla mafia in Emilia Romagna di Gaetano Alessi ( Segue da pag. 3 ) disegnato vi è però una punta di colore, sono gli anticorpi democratici che stanno venendo su veementi negli ultimi anni. Nati in periferia, nelle piccole cantine dove si riuniscono le associazioni di base come il Gruppo dello Zuccherificio di Ravenna, Gap di Rimini, Sui Generis di Parma, Cortocircuito e Partecipazione di Reggio Emilia, NoName e DieciVenticinque di Bologna per fare alcuni nomi. Le Anpi di molte zone della Regione che hanno avuto l’intuizione di coniugare la Resistenza al nazi-fascismo con quella alla mafia: Carpi, Marzabotto e Daniele Civolani a Ferrara ne sono un esempio. Libera, l’Arci, Articolo21 e parte della Cgil, alcuni politici illuminati come Antonio Mumolo e Thomas Casedei. Una serie di piccoli “nidi di ragno” capaci di incrinare il silenzio e mettere sotto gli occhi della politica e dell’opinione pubblica una situazione esplosiva ma non ancora esplosa. La fortuna è anche quella di aver trovato

nell’Università di Bologna ed in Stefania Pellegrini il mezzo, il corso ”mafie e Antimafia” ed il laboratorio di giornalismo antimafia che ne fa parte integrante, dove incanalare in percorsi di difesa democratica (perché soprattutto questo è l’antimafia sociale) una serie di sensibilità che nascono dal territorio. Da questo lavoro hanno preso vita due leggi regionali ed il protocollo sulla ricostruzione, ma soprattutto una consapevolezza oramai generalizzata: che le mafie in questa regione ci sono, sono presenti e potenti, e che non fanno sconti. Ed un ulteriore certezza: che se l’antimafia vuole contrastare questo impero criminale fatto di droga, prostituzione, riciclaggio, usura, colletti bianchi e sangue deve avere la stessa determinazione. Non è una partita tra gentiluomini, ma una vera e propria nuova Resistenza, dove in palio non c’è nessun premio, ma il futuro di una terra straordinaria come l’Emilia Romagna.

* Gaetano Alessi, premio “G.Fava” 2011 per il giornalismo antimafia Curatore 2011/2012 per l’università di Bologna (facoltà di Giurisprudenza/Scienze Politiche) del laboratorio di giornalismo partecipativo “mafie e antimafia in Emilia Romagna”. Scaricabile qui N.b. L’articolo nasce dall’esigenza di mettere in fila i fatti di mafia in questa Regione negli ultimi anni. L’ampiezza del tema trattato, lo spazio e la volontà di non tediare il lettore non mi ha consentito di essere né esaustivo né esauriente. Chi volesse approfondire i vari fatti narrati, e controllare le fonti può consultare i Dossier 2011/2012 sulle mafie in Emilia Romagna sul sito www.gaetanoalessi.blogspot.com Ringrazio tutti gli studenti del laboratorio di giornalismo partecipativo dell’università di Bologna “mafie e Antimafia” e Silvia Occhipinti per il prezioso lavoro di ricerca.

Del buon uso della contrarietà di Roberto Mancini […] Una mentalità inadeguata della vita democratica e una politica fuori della realtà rappresentano un ostacolo enorme per il cambiamento urgente che è necessario all’Italia e al mondo. Ma questa contrarietà non deve spingere chi lavora per un’altra forma di società - più sincera, giusta,, solidale, democratica – a nel ghetto del settarismo. L’errore peggiore è quello di trovare consolazione nel sentirsi superiori, nel limitarsi ad attività alternative di nicchia senza pensare di allargare l’orizzonte e di coordinarsi con altri. Illudersi di “prendere il potere” per cambiare tutto è sbagliato, ma è sbagliato anche compiacersi del proprio stare ai margini mentre si vede affondare la società. Invece possiamo imparare a fare i conti con le contrarietà e a volgerle in occasioni per trovare strade nuove. Proprio

dove si è deboli o sconfitti, lì ci è data l’opportunità di costruire una risposta che sia feconda. La contrarietà di sfida se la subisci e basta ti spinge alla disperazione. Ma se la affronti con sapienza, ironia e creatività, la sfida stessa indica un punto su cui puoi fare leva. Se il problema è il pregiudizio, tu devi introdurre un pensiero rivelativo. Se il problema è la chiusura del potere in se stesso, tu devi dimostrare l’efficacia della cooperazione e del potere come servizio. Affrontare la contrarietà significa adottare il metodo del rifiutare e sostituire, tipico della giustizia generatrice di democrazia, che porta appunto a rifiutare e sostituire abitudini, logiche, comportamenti che offendono la dignità delle persone. Questo metodo va portato nel cuore delle Istituzioni che influiscono sulla vita di tutti: nei partiti, nei sin-

dacati, nel Parlamento, nel mercat, nelle imprese, nella Chiesa o nelle altre Istituzioni religiose. Anzitutto nella città. “Sostituire” non equivale a inventarsi soluzioni improvvisate, significa piuttosto evidenziare criteri, logiche, modalità ed esperienze alternative, collegandole tra loro. Si obietterà: siamo pochi, ai margini, non contiamo: come fare? Ovunque siamo, si tratta di far valere questo metodo senza più esitare nel proporlo apertamente dentro Istituzioni che risultano impermeabili ed ostili. Resteremo in pochi finché non cercheremo quelle alleanze nuove e più ampie che il settarismo ci impedisce di vedere. Occorre soprattutto serbare nel cuore la fiducia che la tenacia di questo agire porterà frutto. Articolo di Roberto Mancini Pubblicato dal mensile di informazione indipendente ALTRECONOMIA Economie solidali, diritti e nuovi stili di vita. N. 152. Visita il sito: www.altreconomia.it


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Il più grande errore e la più grande delusione della mia vita

«L’errore politico che rimprovero nella mia vita è di non aver fatto un partito dopo la notte delle primarie del 2005. Non l’ho fatto perché volevo unire e non dividere», a dirlo è Romano Prodi, in un libro di Marco Damilano, Chi ha sbagliato più forte (Laterza), dedicato alla vicenda del centrosinistra in questi vent’anni. Prodi ripercorre con amarezza la storia dell’Ulivo. «Quando la cosa ha cominciato a marciare, i partiti misero le mani avanti sostenendo che senza la loro capillare organizzazione non ci sarebbe stata possibilità di vittoria. Nelle riunioni iniziali, talvolta senza ostilità, si chiariva continuamente che io ero un mandatario dei partiti. E la destra diceva che io ero la maschera di D’Alema in quanto egli rappresentava la parte più forte della tradizione dei partiti. Ogni volta che si è presentata una novità nella politica

di Giuseppe Vittori

Silvio Berlusconi. «Contro di me è stata schierata una Commissione parlamentare, la Telekom Serbia, poi la Mitrokhin: sono stati acquistati parlamentari. Putin una volta scherzando mi ha detto: “Dovevi dirmelo che eri del Kgb, avremmo fatto insieme cose bellissime!”. Si riferiva al caso Mitrokhin, evidentemente». Tutto inutile. «Non sono riusciti a farmi fuori», annota il Professore. «Credo che anche questo, oltre alle due sconfitte elettorali, abbia spinto Berlusconi dopo il voto del 2013 a dichiarare a Bari che avrebbe cambiato Paese in caso di una mia elezione al Quirinale», prosegue. «La mia più grande delusione però non è arrivata da lui. Ovunque quando qualcuno dall’esterno ti attacca la tua organizzazione ti difende: è una regola elementare. Nei miei confronti non c’è stata una parola di difesa arrivata dalla mia parte dopo l’attacco di Berlusconi di Bari. È stata questa la mia più grande delusione».

italiana per i partiti l’opzione più comoda è stata dire: la forza però è nostra». Un atteggiamento che secondo Prodi non è mai venuto meno. «Questo spiega, ad esempio, la difesa di fondo del Porcellum – prosegue il Professore – mantenuto in vita perché, pur essendo indifendibile, ha il grande vantaggio di garantire la fedeltà degli eletti, un sistema molto buono per un leader, se non avesse il difetto di fargli perdere le elezioni… È il grande errore che si è perpetrato in tutti questi anni, una mentalità che ripete: rimanga il partito, perdano tutti coloro che cercano vie nuove. Meglio perdere le elezioni che perdere il partito. Pareggiarle è ancora meglio». Ma naturalmente nei ricordi e nelle riflessioni di Romano Prodi ce Fonte: Articolo di Giuseppe Vittori n’è anche per il centrodestra e per su l’Unità del 17 ottobre 2013 .

Il fisco dovrebbe perseguire - con efficacia ed efficienza - obiettivi di redistribuzione della ricchezza tra i cittadini. di Pietro Raitano La tutela dei diritti ha un costo e questo costo si chiama “tasse”. Il fisco - il sistema che regola le tasse - dovrebbe perseguire - con efficacia ed efficienza - obiettivi di redistribuzione della ricchezza tra i cittadini. Un circo ha accompagnato la triste vicenda della “sedicente” abolizione dell’Imu (Imposta municipale unica, o propria) e del temuto aumento dell’Iva (Imposta sul valore aggiunto) confondendoci le idee. Occorre fare un passo indietro. E - anche se ormai è considerato reazionario e fuorimoda - partire dalla Costituzione, la quale all’articolo 53 sancisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Ora la parola “progressività” non ammette interpretazioni. Un’impo-

sta è fissa se è uguale per tutti. Si chiama proporzionale se dipende dall’ammontare su cui grava. Si chiama regressiva se, all’aumentare dell’ammontare, cresce meno che proporzionalmente. E si chiama progressiva se cresce più che proporzionalmente rispetto all’ammontare su cui grava. L’Irpef, è un esempio, appartiene a quest’ultima categoria (progressiva per scaglioni, per essere precisi). Cancellare l’Imu - il suo presunto “superamento” è previsto per il 2014 - equivale a cancellare una tassazione patrimoniale: migliorabile, ma una delle poche nel sistema fiscale italiano. Un pasticcio per i conti pubblici, un regalo a chi dispone di redditi più alti, messo sul conto di chi ha redditi più bassi, a fini elettorali. L’aumento dell’Iva che potrebbe conseguire a questa bella trovata

richiede però di andare oltre la bassa diale ttica politican te (“ucciderebbe la ripresa”, oppure “non si può ritardare; l’Europa ci chiede di spostare la tassazione dalle persone alle cose”). L’Iva è un’imposta tipicamente regressiva: colpisce maggiormente i redditi più bassi. Tradotto: il suo aumento pesa più sui poveri che sui ricchi. E attenzione, non è solo un’ipotesi. Al di là del paventato aumento dal 21 al 22%, ancora solo minacciato, l’innalzamento dell’Iva dal 4% a 10% sui servizi sociali a partire dal 2014 è già previsto dalla Legge di Stabilità 2013 (20 228 del 24 dicembre 2012). Colpirà servizi che riguardano gli utenti delle cooperative sociali di tipo “a”, oltre 4,3 milioni di persone, per la maggior parte minori svantaggiati, e metterà a rischio oltre 43mila posti di lavoro. Più in gene- ( Segue a pag. 6 )


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YouPorn è passato di mano per 100 milioni di dollari YouPorn è passato di mano. Ok, scusate il gioco di parole era inevitabile. Però quando il sito porno più famoso del mondo passa dalle mani (ops, di nuovo) di un trentacinquenne tedesco a quelle di un gruppo di manager per 100 milioni di dollari c'è davvero materiale scottante per interrogarsi. Fabian Thylmann ha ceduto le azioni del suo impero all'attuale top management del suo gruppo, appunto Manwin. "Per me e mia moglie è una delle decisioni più difficili della nostra vita. Siamo cresciuti grazie a tutti voi e spero di avervi insegnato i giusti valori per portare avanti questa azienda nel miglior modo possibile", ha lasciato scritto ai dipendenti. Il manager tedesco è considerato il Mark Zuckerberg del porno perché di fatto ha rivoluzionato il settore. I suoi portali non solo continuano a crescere come traffico ma anche come fatturato. Il segreto? I contenuti premium a pagamento, più che la pubblicità. Ecco per cosa la gente è disposta a pagare, altro

che pirateria. Però non si può solo parlare di YouPorn per la Manwin, ormai il network comprende anche Brazzers, Twistys, Spankwire, RedTube, Tube8, ExtremeTube, KeezMovies, Mofos, JuicyBoys ePornHub, Playboy Plus, Digital Playground e Reality King. Insomma, il gotha del video porno online. Solo YouPorn nel 2012 ha totalizzato oltre 4 miliardi 800 mila visitatori, con un consumo procapite di 8 pageview e durata media del "rapporto" di consultazione pari a 10 minuti. In sei anni di onorato servizio si parla di complessivamente 93 miliardi di visite. Adesso ci sarà da interrogarsi sul futuro del sito e del network. Cambierà la linea editoriale? Saranno inseriti nuovi generi? Magari si punterà sul 4K? Saranno ridotti gli investimenti per gli aggiornamenti? Sarà una notte insonne per qualcuno. di Dario d'Elia, 21 ottobre 2013. Fonte: www.tomshw.it/

L’immagine è tratta dalla PRIMA PAGINA del quotidiano il manifesto del 25 ottobre 2013 Nostra traduzione delle scritte. In alto: Sì, noi ti esaminiamo approfonditamente . Ovale con Obama: Verso una società perfettamente controllata . Esplode lo scandalo Nsa, secondo il Guardian gli Usa hanno intercettato almeno 35 leader mondiali (e milioni di persone comuni). L'Italia fa finta di niente e l'Europa prova ad arrabbiarsi. Bruxelles minaccia la rottura dei negoziati sul libero scambio e un giro di vite contro i giganti del web come Google e facebook Ricorda: quando sei su Internet c’è sempre qualcuno che ti controlla e si prende nota di cosa stai facendo.

Il fisco dovrebbe perseguire - con efficacia ed efficienza - obiettivi di redistribuzione della ricchezza tra i cittadini. di Pietro Raitano ( Segue da pag. 5 )

rale, un aumento di 6 punti dell’Iva costringerà gli Enti Locali a tagliare i servizi a parità di spesa, di fatto con un trasferimento di risorse dal Locale allo Stato centrale. In barba alla Costituzione, la regressività si fa strada un po’ dappertutto, se è vero che anche il Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas ha di recente suggerito che le tariffe elettriche andrebbero riviste, distribuendo gli oneri di sistema non in base ai consumi. Ovvero, per incentivare i consumi di energia elettrica, far pagare meno a chi consuma di più. Alla Faccia del risparmio energetico. Per inciso, nel “Decreto del Fare 2” si prevede la realizzazione nel Sulcis di una centrale termoelettrica, che ne dovrebbe usare il carbone. La centrale - dotata di un fantomatico impianto di cattura della CO2, tecnologia cui non crede più nessuno - godrebbe di incentivi

pari a oltre 60milioni di euro l’anno, ovviamente recuperati - in maniera regressiva - dalle bollette degli italiani. Alla faccia delle fonti rinnovabili. Tutto questo, al solito, in nome dei mercati e della competitività del sistema economico nostrano. Noi rimaniamo dell’idea che la competizione non si vince con nuove infrastrutture, grandi opere, alta velocità e perdita di diritti (sono 9milioni le persone in sofferenza lavorativa, tra disoccupazione, precariato, mobilità, ecc.) Forse non esiste alcuna competizione. Esiste

semmai la necessità di un sistema economico degno, che è tale solo con una classe dirigente (politica ed economica) più preparata, con livelli di istruzione più alti per i giovani, con investimenti in settori dove ancora mantiene eccellenze: cultura, ricerca e innovazione tecnologica, paesaggio, turismo e agricoltura.

Leggere poesie crea un’elevata indipendenza.

La lettura migliora te e chi ti sta intorno.

Paolo Gagliardi

Editoriale di Pietro Raitano Pubblicato dal mensile di informazione indipendente ALTRECONOMIA Economie solidali, diritti e nuovi stili di vita. N. 153. Visita il sito: www.altreconomia.it

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Crisi della politica e istanze di cambiamento di Maurizio Montanari Oggi la domanda di rinnovamento interroga lo strato più profondo della politica e non è detto che la ricerca del consenso sia l’aspetto principale, piuttosto occorre più consapevolezza. Ma poi rinnovamento di cosa e rispetto a cosa? C’è un’aspirazione al cambiamento, ma proviene da una moltitudine di istanze che, nella crisi della politica, appare difficile interpretare con chiarezza ed equità. Ecco perché la domanda di rinnovamento deve diventare domanda di verità e solo dopo il consenso su un programma politico diverrà un’alternativa allo stato delle cose. La domanda di verità non è quella generica, né quella proclamata o gridata: essa è tale quando impegna la vita degli individui e la cambia perché toglie privilegi e rende giustizia. Recentemente ho citato in un intervento pubblico, una frase di Socrate che diceva: “L’individuo non può essere giusto in una società ingiusta e la società non può essere giusta se gli individui non sono giusti”. Parole che ci dicono che un progetto di società, elaborato da un partito come il PD, per un programma di governo che persegua la giustizia sociale non è per nulla superato, anzi. Come inquadrare questa esigenza quando si parla di un possibile segretario provinciale del PD? E’ possibile solo se si coglie il nesso fra rinnovamento civile di una società e rinnovamento morale di ciascuno. Allora il nodo di un segretario giusto da votare si fa sentire di più e ci pone di fronte ad un’opera di giustizia, cioè quella del progetto e quella che potremmo dire dell’anima, tradotto: il punto è capire qual è il miglior progetto di PD provinciale e le migliori qualità personali, umane e politiche, di ciascun candidato. Ne discende il giudizio su chi abbia più intelligenza politica, nel senso del pensiero intelligente, definito dalla sua relazione con il bene. Un bene da perseguire che in realtà sono tanti beni da realizzare, ne cito alcuni:

- Il bene comune - Il bene del PD, dei suoi iscritti, dei suoi militanti - Il bene della società, del nostro territorio e dei suoi cittadini - Il bene della verità, imperativo che corrisponde ad un bisogno morale - Il bene dell’umiltà e della semplicità, nelle relazioni personali - Il bene di un progetto di organizzazione democratica e partecipata Ma se si vuole rinnovare si deve riprendere ed approfondire il compito di ridurre il male che costantemente minaccia la nostra vita associata, nel PD, nel territorio e nel Paese. Pensare finalmente non alle ambizioni personali, come va dicendo Davide Ranalli da qualche tempo, ma alle ambizioni delle persone, ai loro bisogni e alle loro speranze: poche parole per un cambiamento radicale e per mettere in connessione sentimentale il PD con il popolo che rappresenta e vuole rappresentare. Ecco perché il compito deve essere più alto, perché si va dalla sfera vitale, dove più ci somigliamo, alla sfera personale, dove più ci differenziamo, ma la politica ed il PD, in primo luogo, hanno il compito di renderci umanamente e socialmente più uguali ed importanti per le idee e per la passione politica. Io non so se uno dei due sia più adeguato dell’altro, sarei presuntuoso se lo dicessi, perché in sostanza non conosco i due candidati, ma so che dovrebbe vincere chi ha maggiore consapevolezza, chi ha coscienza che occorre restituire la fiducia e la speranza alle persone, chi crede nella fiducia e nella stima reciproca, nel rispetto personale, senza il quale non c’è uso di ragione nel parlare ed agire, nella cooperazione e nella competizione o nel conflitto. Rispettarsi e non presentarsi come anime belle, ma persone di buon senso, che possono suscitare anche dubbi. Quando Michele De Pascale dice che non è opportuno appartenere

ad una corrente (semplifico a memoria), dice una cosa giusta, ma riuscirebbe a definire la sua candidatura completamente estranea all’influenza di certe decisioni ed alle referenze di peso nel PD? Quando Danilo Manfredi dice che il partito deve essere dei militanti e non dei dirigenti (anche qui semplifico a memoria), dice una cosa giusta, ma se la sentirebbe di affermare che il PD, nella sua dinamica interna, sarebbe governato realmente dagli iscritti e non dai ruoli di primo piano dello stesso partito? Forse, mai come in questo caso, la verità sta in mezzo: fra i due uno vincerà, ma in mezzo ci sono idee, speranze, passioni ed intelligenze, che non potranno essere disperse, perché il bene da perseguire, nel PD e nel territorio, non si esaurisce mai nelle idee di una persona. Maurizio Montanari Direzione Comunale PD Lugo

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I cattolici: così salviamo l’Italia di Francesco Anfossi, Fulvio Scaglione, Alberto Chiara. È facile notarlo: non passa giorno senza che papa Francesco solleciti i cattolici a portare la propria fede non solo nel cuore ma anche nel mondo. Il 10 ottobre, nella meditazione mattutina alla Casa Santa Marta, ha chiesto di rinunciare «all’atteggiamento di “chiave in tasca e porta chiusa”», che trasforma la fede in un’ideologia. Il 14 ottobre, parlando al Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, ha detto: «La Chiesa è inviata a risvegliare dappertutto questa speranza, specialmente dove è soffocata da condizioni esistenziali difficili, a volte disumane, dove la speranza non respira, soffoca». E prima ancora, agli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti: «Noi cristiani non possiamo “giocare da Pilato”, lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo coinvolgerci nella politica, perché la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune. E i laici cristiani devono lavorare in politica». I cattolici italiani non sono rimasti insensibili. Lo dimostrano i risultati del sondaggio

Fatti e gente di Voltana e dintorni

che pubblichiamo in queste pagine, realizzato da Demopolis in esclusiva per Famiglia Cristiana: il 90% per cento di loro (il 67% con un’adesione totale, senza se e senza ma) condivide l’appello del Papa per un maggiore impegno nella società. Una società che soffre Un impegno non generico ma, al contrario, consapevole e indirizzato ai punti di maggiore sofferenza di una società, quella italiana come quella degli altri Paesi sviluppati, prigioniera di uno smarrimento economico, certo, ma anche morale e spirituale. Una società che ha smesso di crescere e produrre ricchezza ma che, soprattutto, non sa più in quale direzione andare. Non è un caso se chi ha risposto al nostro sondaggio, pur tenendo presente un ampio spettro di valori, si è concentrato su quattro temi portanti: il futuro dei giovani, nettamente in testa alle preoccupazioni, e poi la legalità e il senso morale in politica, la difesa della famiglia e la Un calendario, aggiornato, degli eventi pubblici a Voltana ? Lo trovi nel sito www.voltanaonline.it facendo click in AGENDA !

solidarietà con i più deboli. Si percepisce, in questa scelta, non solo l’urgenza del momento ma anche il desiderio di ricostruire una scala di priorità, di ridare un senso alla vita individuale e collettiva, che hanno bisogno di speranza per il futuro e di salde radici nel nucleo portante della famiglia, di correttezza nell’amministrazione del bene pubblico e di attenzione nei confronti di chi non ce la fa. Un grande capitale umano Torna così alla mente con una certa prepotenza una celebre frase del generale Charles De Gaulle: «Non credendo mai in quello che dice, un politico si meraviglia quando altri ci credono ». Il sondaggio mostra che c’è un grande capitale umano a disposizione del Paese e una grande occasione che la politica dovrebbe solo cogliere. Non c’è nemmeno bisogno di scrivere o riscrivere un programma di Governo, qualunque sia la sua composizione: sgravi fiscali alle aziende che assumono giovani e investimenti (non altri tagli) nella scuola, riduzione del numero dei parlamentari e riforma del finanziamento pubblico dei partiti, difesa del Welfare e aiuti alle famiglie che lo sostengono prendendosi cura degli anziani e dei disabili, sostegno alle organizzazioni di volontariato. Questi i provvedimenti in cima alle aspettative dei cattolici italiani, che per essi sono disposti a impegnarsi, a spendersi e a battersi. Affinché la politica smetta di essere, come ironicamente scriveva il poeta francese Paul Valéry, «l’arte di impedire alla gente di occuparsi di ciò che la riguarda». E nella prospettiva di un’Italia più efficiente e più giusta. Articolo pubblicato dal settimanale Famiglia Cristiana del 23 ottobre 2013 Disponibile nel sito www.famigliacristina.it

Al Centro Sociale “Ca’ Vecchia”, tutti i martedì corsi di: Salsa Portoricana, Cubana, Rueda, Bachata.

Nella Sala Polivalente della Casa del Popolo, tutti i mercoledì corsi di Zumba.

Caffè letterario di Lugo Hotel Ala d’Oro - Corso Matteotti, 56 Info: 0545 - 22388 e su Facebook


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