Voltana on line n. 12-2013

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Voltana On Line

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Non può essere affidato semplicemente al mercato di Pietro Raitano Sono passati 65 anni da quando Orwell concluse la stesura del suo capolavoro “1984”. Di quell’eccezionale profezia è utile non trascurare l’appendice, quella in cui si definisce la “Neolingua” ufficiale di Oceania, per “venire incontro alle necessità ideologiche” dello Stato del Grande Fratello. “Il fine della Neolingua - scrive Orwell - non era soltanto quello di fornire un mezzo di espressione per la concessione del mondo e per le abitudini mentali proprie ai seguaci, ma soprattutto quello di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. Era sottinteso come, una volta che la

Trovata su Internet e segnalata da Romina

Neolingua fosse stata definitivamente adottata (…), un pensiero eretico sarebbe stato letteralmente impensabile, per quanto almeno il pensiero dipende dalle parole con cui è suscettibile di essere espresso. (…) La Neolingua era intesa non a estendere, ma a diminuire le possibilità di pensiero; (…) tutte le ambiguità e le sfumature di significato erano state completamente eliminate (…). La speciale funzione di talune parole in Neolingua (…) non consisteva tanto nell’esprimere significati, quanto nel distruggerli”. Dovremmo badare di più alle parole. Siamo talmente “dentro” al sistema, che stiamo perdendo le espressioni per raccontare l’alternativa. Non a caso questa è l’epoca delle “larghe intese”. L’epoca in cui una condanna a sette anni per prostituzione minorile e per concussione non ha conseguenze politiche. L’epoca in cui chi si professa “credente” sostiene che la “pace si “arma”. L’epoca in cui i lavori del Parlamento si fermano per prote-

stare contro la Magistratura. L’epoca in cui un “Onorevole” parla di “giuste manganellate” e un altro offende un Ministro della Repubblica, normalizzando e istituzionalizzando il razzismo. L’epoca delle deportazioni “a mia insaputa”. L’epoca del “non ci sono alternative”. In quest’epoca scellerata, continuiamo ancora a voler distinguerci e a preferire il pluralismo. Non siamo i soli. La nostra iniziativa vuole ribadire che l’informazione indipendente è un bene tutelato dal lavoro di chi se ne assume la responsabilità e dal controllo di chi ne usufruisce, a vantaggio della democrazia. E non può essere affidato semplicemente al mercato. Perché sappiamo quali sono le conseguenze. Come direbbe George Orwell: “il giornalismo è scrivere qualche cosa che qualcun altro non vorrebbe fosse scritto. Il resto sono pubbliche relazioni” dall’editoriale di Pietro Raitano in Altreconomia n. 152

La parabola del ranocchio

C’era una volta una gara di ranocchi. L’obiettivo era arrivare in cima a una gran torre. Si radunò molta gente per vedere e fare il tifo per loro. Cominciò la gara. In realtà, la gente probabilmente non credeva possibile che i ranocchi raggiungessero la cima, e tutto quello che

si ascoltava erano frasi tipo: "Che pena!!! Non ce la faranno mai!". I ranocchi cominciarono a desistere, tranne uno che continuava a cercare di raggiungere la cima. La gente continuava: "Che pena!!! Non ce la faranno mai!". E i ranocchi si stavano dando per vinti tranne il solito ranocchio testardo che continuava ad insistere. Alla fine tutti desistettero tranne quel ranocchio che, solo e con grande sforzo, raggiunse alla fine la cima. Gli altri volevano sapere come avesse fatto. Uno degli altri ranocchi si avvici-

nò per chiedergli come avesse fatto a concludere la prova. E scoprirono che... era sordo! Non ascoltare le persone con la pessima abitudine di essere negative… Derubano le migliori speranze del tuo cuore ! Ricorda sempre il potere che hanno le parole che ascolti o leggi. Per cui, preoccupati di essere sempre positivo ! Riassumendo: Sii sempre sordo quando qualcuno ti dice che non puoi realizzare i tuoi sogni! Trovata su Internet e segnalata da Alves e Patrizia


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APPUNTI ottobre 2013 di Mario Paganini A Voltana c’è una discarica di interesse non solo locale. Eppure, a Voltana, a fronte di un disagio certo non c’è nessun intervento compensativo. E non c’è neppure una isola ecologica! Ovunque si fanno rotatorie e si piantano alberi. A volte sono rotatorie “simboliche”, come - ad esempio - a Lugo, tra via Mazzini ed il Circondario Ovest. A Voltana, invece, hanno tolto la Mistochina, la rotatoria degli autobus di linea, abbattendo siepi e non pochi alberi. Attendiamo la fine dei lavori. Ma, per ora, quello che è dato vedere, lascia molto perplessi. Dopo una estate in cui i coniugi, per la prima volta, hanno trascorso le ferie ciascuno per proprio conto (ossia: come più piaceva e in compagnia di chi pareva) è tempo di bilanci. Le ferie separate portano sfortuna. Le coppie … scoppiano. Non si capisce se conseguenza del tempo o per gelosia. Un rimedio spiccio e dettato dal buon senso; comunque sia stato quel periodo di ferie non condivise e quali che siano i ricordi: è opportuno dichiararsi infelici, indisponibili per repliche, fremere di collera ad ogni accenno, e via di seguito. Ci penseremo tra un anno! I Dirigenti dell’azienda sanitaria di Timbuctu (indovinato perché non posso usare il nome vero ?) hanno convocato i medici condotti, invi-

tandoli a “tagliare” su tutto; dalle prescrizioni, alle visite, ai giorni di malattia. E ad ogni domanda la sua risposta. Esempio: D. “Ma per i farmaci, come possiamo fare?” R. “Prescrivetene di meno e fate fare un di più di sala d’attesa!” Il risparmio per quella azienda sanitaria si è trasformato anche in un bonus ad personam per i suoi Dirigenti. E se i medici condotti non si fossero lamentati (per non aver preso parte alla … spartizione?) non si sarebbe imparato nulla. Ma quanti gradi di giudizio occorrono per poter affermare, una volta per tutte, che Berlusconi è un gaglioffo? Come si fa a credere che 41 (quarantuno!) processi, siano altrettanti errori giudiziari? Adesso c’è chi suggerisce il ricorso alla Corte Europea. Speriamo non trovino tracce di vita su Marte o i suoi aficionados ricorreranno anche in quella sede! Zitti, zitti sono arrivati i primi F35. Sono sei esemplari del cacciabombardiere più costoso della storia dell’aviazione mondiale. Un aereo che teme le condizioni atmosferiche avverse! Capitasse una guerra, meglio si levasse in volo con il cielo sereno! Mentre, zitti, zitti, Loro Signori non hanno trovato i soldi per l’acquisto di altri Canadair. Eppure in Italia di incendi boschivi (dolosi) ne sono piene le cronache, estive e non solamente estive!

In Italia solo pochi comici e di successo percepiscono emolumenti cospicui. Invece i Parlamentari autori di certe proposte di legge gli emolumenti cospicui li prendono sempre e comunque. Gli “imprenditori” diventano tali perché esiste una Legge. I “mascalzoni”, che massacrano le loro compagne, diventano “buoni” perché esiste una Legge. Una Legge può favorire o essere da deterrente, ma non può fare miracoli! Occorre lavorare anche su altri versanti. Chi legiferando afferma il contrario, può far ridere. Però io non condivido il compenso che gli viene corrisposto! Credevo che di Movimenti e di Partiti ce ne fossero a sufficienza. E invece no. Alle prossime elezioni Amministrative, a Lugo, avremo, probabilmente, anche cinque liste civiche. Non discuto del diritto di aspirare a rappresentare la comunità. Mi sembra però eccessivo l’automatismo: ho qualche idea, e allora mi faccio un Partito! Poi, spulciando tra i nomi, troviamo vecchi “tromboni” della politica, sempre pronti a riciclarsi. E “trombati” dalle elezioni, ma mai rassegnati. Pochi giovani. In compenso molti professionisti della chiacchiera. Persone che hanno trascorso gran parte della loro vita non lavorando, ma “mediando”, “intrallazzando” e “aspettando che venisse il loro momento”. Le prossime elezioni potrebbero riservare delle sorprese, se in tanti apriranno gli occhi.

Vota il sondaggio

Trovata su Internet e segnalata da Rita

“Non comprendo perché occorra acquistare degli F35. Sono uno spreco indegno. Al popolo i sacrifici, ai generali degli aeroplani. BASTA ! Sei d'accordo ? ” Hanno votato Sì : 44,4 Hanno votato No : 55,6 La domanda pareva posta in modo chiaro. Pensavamo i lettori di “Voltana On Line” fossero principalmente degli antimilitaristi… Il risultato ha sorpreso un po’ tutti. E non poco. O è il frutto di una minoranza ben organizzata oppure più caccia bombardieri e meno ospedali e scuole è … ragionevole. Ed allora: perché sorprendersi, a molti sta bene così !


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Il silenzio degli innocenti (e dei non innocenti) Marco Iasevoli Un milione tondo tondo. Non è la paga degli avvocati di Berlusconi né tantomeno la fattura della società di comunicazione di Renzi, e nemmeno il numero degli accessi da vendere agli inserzionisti del blog di Grillo. E' il numero dei giovani dai 25 ai 35 anni che hanno perso il lavoro per via della crisi. Sarà la loro silenziosa rabbia a guidare le scelte politiche, o la politica ha deciso che questa generazione deve essere sacrificata per sempre sull'altare delle tattiche privatistico-elettorali? La domanda non è banale, gira tra i parlamentari più di quanto ci si immagini. Sia nel Pdl, sia nel Pd sia nelle formazioni di centro (e anche in M5S e negli altri gruppi di opposizione), la maggioranza ritiene che non debba esserci crisi di governo, che non bisogna correre al voto come dei folli disperati, che prima bisogna "mettere in sicurezza il Paese". Ovvero: consolidare i conti pubblici, far scendere lo spread e i tassi d'interesse sul debito, alleggerire per quanto possibile qualche cappio fiscale e varare prime misure per diminuire il costo del lavoro. Ma è una maggioranza silenziosa, preoccupata, al momento, solo di non disturbare i grandi manovratori. Chi nel Pdl non vuole la crisi (quasi tutti...) trema alla sola idea

che Berlusconi lo additi come traditore. Chi nel Pd non vuole la crisi (quasi tutti...) trema alla sola idea che Renzi lo "asfalti". Chi tra i grillini si ferma a riflettere sul futuro dei giovani trema all'idea di trovare il suo nome in stampatello sul blog del grande capo mediatico. È una maggioranza silenziosa ma, a differenza dei "ragazzi perduti" della crisi, è una maggioranza colpevole, che non potrà proclamare la propria innocenza se non verrà allo scoperto con gesti e parole di responsabilità. Per ora questa maggioranza pensa di cavarsela con qualche tatticismo e un po' di scongiuri. Ma non basta: pochi mesi fa, dinanzi al capo dello Stato, mille parlamentari hanno "giurato" a capo chino, quasi umiliandosi, di lavorare per almeno 18 mesi a indispensabili riforme economiche ed istituzionali. Chi vuole venire meno al patto, esca allo scoperto. Idem chi lo vuole rispettare. Perché ogni giorno di incertezza costa più soldi alle famiglie e alle imprese. I "traditi", gli "innocenti", i giovani privati del lavoro dall'onda di una crisi non causata da loro, sono lì sulla riva del fiume. Per ora guardano impietriti una politica che sembra volerli trascinare in acque pro-

Nell'antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse: Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico? Un momento - rispose Socrate. - Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci. I tre setacci? Ma sì, - continuò Socrate. - Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero? No... ne ho solo sentito parlare... Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono? Ah no! Al contrario... Dunque, - continuò Socrate, - vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell'utilità. È utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico? No, davvero. Allora, - concluse Socrate, - quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?! Se ciascuno di noi potesse meditare e metter in pratica questo piccolo test... forse il mondo sarebbe migliore.

fonde perdendosi in vicende sì importanti e delicate (la decadenza di Berlusconi), ma certo non prioritarie. Cosa sarà di loro se non ci saranno risposte all'altezza della gravità della situazione? Pubblicata su Azione Cattolica Italiana (http://www2.azionecattolica.it)

Voltana Photo Event 2013 RAVENNA ON MY MIND (Ravȇna in t'é mi pinsir) è il cortometraggio, della durata di 28 minuti, presentato per la prima volta alle 15.30 del 5 Ottobre 2013 durante il Voltana Photo Event. Il filmato è stato realizzato interamente con l'interessante tecnica time lapse, che gli conferisce atmosfera e dinamicità, ed è il risultato di 200 giorni di lavoro nel territorio della provincia di Ravenna, durante i quali sono stati acquisiti 200.000 scatti fotografici. Realizzarlo è stata un'esperienza molto interessante, che mi ha permesso di entrare a stretto contatto con la natura e le tradizioni locali. Dal corto emerge un patrimonio di risorse naturali (flora, fauna, paesaggio, risorse idriche) e risorse culturali (gastronomia, musica, arte, artigianato, religione, eventi sociali), che costituiscono la ricchezza di questo territorio. Per vedere il trailer http://www.youtube.com/watch?v=815 IpepKEU

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In cinque parole, tutto. Il genio sta qui: nel riassumere in una frasetta quello che in tanti cerchiamo di dire da anni con fiumi di parole nei post, sui giornali e nei libri. «Tanto noi non volevamo niente» sintetizza perfettamente l’assenza di identità, di obiettivi, di ideali con cui la dirigenza del Pd non sta suicidando solo il partito, ma proprio la speranza. «Noi non volevamo niente», dice

La legge di Katz spiega bene il momento. Fonte : “Uomini e nazioni agiranno razionalmente solo dopo aver esaurito ogni altra possibilità.” Avete presente il primo assioma della legge di Murphy, no? Nella sua versione originale diceva così: «Se ci sono due o più modi di fare una cosa e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo». Ecco: fate un po’ caso alle seguenti scelte. Dicembre 2011: Berlusconi è costretto alle dimissioni ed è ai minimi storici. Il Pd, largamente in testa in tutti i sondaggi, sceglie di non andare a votare e di mettere in piedi il primo governo in alleanza con Berlusconi. Il nuovo esecutivo taglia le pensioni, strozza l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, impone il pareggio di bilancio in Costituzione. Giugno-Dicembre 2012: in vista della fine della legislatura, il Pd decide di proporre agli elettori un’alleanza con il centro di Monti e

Casini, che viene poi ratificata nella Carta d’Intenti con la seguente formula: «I democratici e i progressisti s’impegnano a promuovere un accordo di legislatura con le forze del centro liberale». Nasce intanto l’Agenda Monti (oggi pare archeologia): secondo il Pd, l’obiettivo da proporre agli italiani è «l’Agenda Monti più qualcosa». Dicembre 2012-Febbraio 2013: si va verso il voto. Berlusconi si lancia pancia a terra, tivù per tivù, sulla questione Imu; Grillo batte tutte le piazze, «apriremo il Parlamento come una scatoletta»; Bersani pensa di avere già vinto e in campagna elettorale risulta non pervenuto: di lui si ricorda solo che è meglio un pulcino in mano che un tacchino sul tetto. Inizio marzo 2013: a risultato appreso, il Pd scopre all’improvviso tutti i temi cari ai grillini e propone al M5S di «non impedire un governo Bersani». Le risposte arrivano direttamente in vernacolo.

Immagine trovata su Internet e segnalata da Adriano

Cipputi identificandosi (ancora!) con i suoi rappresentanti nel Palazzo: sono loro, quasi tutti loro, a non volere più niente tranne la propria autoperpetuazione, un governo purchessia, o ad andar bene «l’agenda Monti più qualcosa» come diceva in campagna elettorale la buonanima di Bettola, portandoci così dritti filati nelle braccia di Alfano e Brunetta. Fonte : http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica .it/2013/08/30/in-cinque-parole-tutto/

Piovono rane di Alessandro Gilioli 18-20 aprile 2013: Il Pd dimentica di avere appena chiesto i voti al M5S e propone un Presidente della Repubblica gradito a Berlusconi (Franco Marini); poi questo non passa e allora dimentica di avere appena proposto un Presidente della repubblica gradito a Berlusconi, passando a uno sgraditissimo (Prodi); questo non passa, e allora dimentica di avere appena proposto un Presidente della repubblica sgraditissimo a Berlusconi per riproporne uno di nuovo gradito a Berlusconi (Napolitano). Il tutto nel giro di tre giorni. Fine Aprile 2013: dopo aver giurato per mesi “mai con il Pdl”, nasce il governo Pd-Pdl. Prima di scopo, quindi di necessità, poi di servizio. Infine la verità: un governo politico a tutto tondo, con il numero due di Berlusconi che è vicepremier e ministro degli Interni. Il Pd si porta così definitivamente in pancia il Cavaliere con tutti i guai giudiziari. Agosto 2013. La tempesta a questo punto è perfetta. Come ampiamente prevedibile, i guai giudiziari di Berlusconi arrivano al pettine: condanna definitiva. Proprio quando il Pd gli è alleato. Il Pd è costretto a scegliere: o salva il suo alleato (suicidandosi definitivamente di fronte ai propri elettori) o salva la faccia ma lascia il Paese senza governo, dopo aver mediaticamente venduto per mesi il totem della ’stabilità’ come valore prioritario a cui tutto il resto andava subordinato. E ora ditemi un po’ voi se davvero si sbaglia nell’identificare nella dirigenza del Pd quel «qualcuno» che «di fronte a due o più modi di fare una cosa sceglie quello che conduce a una catastrofe».


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L’area del cambiamento di Luca Grasselli Matteo Renzi e Pippo Civati sono due pezzi pregiati del futuro PD. Un accordo tra loro in vista del prossimo congresso nazionale pare improbabile. Se però la lettera in cui Serena Fagnocchi chiede con forza ai due di "parlarsi" ha suscitato tante reazioni positive ci sarà un perché. Del resto, anche l'assenza di un accordo organico non dovrebbe impedire di constatare tutto ciò che unisce i sostenitori di Civati e di Renzi, e di trarne le necessarie conseguenze politiche, a cominciare dall'azione sul territorio. Renzi e Civati devono evitare che la loro dialettica (che spesso diventa polemica di bassa lega tra le rispettive tifoserie) sia strumentalizzabile da parte di quei settori del partito che perseguono esclusivamente il mantenimento del proprio potere. Settori forse perdenti in una competizione nazionale aperta, ma che hanno molte carte da spendere nei congressi locali riservati ai soli iscritti, come dimostra la richiesta di svolgerli in tempi strettissimi, prima del congresso nazionale. Non è ciò che serve al PD. Il partito quasi dappertutto non è in buona salute. Anche nelle regioni di maggior radicamento tradizionale come

l'Emilia-Romagna o la Toscana, accanto a pochi circoli ben funzionanti, che riescono a suscitare la partecipazione attiva di iscritti ed elettori, la regola è costituita da circoli più o meno asfittici, in cui pochi militanti, dall'età media avanzata, faticano a portare a termine attività importanti ma routinarie (il tesseramento, che mostra sempre più le corde, le feste, le campagne elettorali condotte con mezzi tradizionali) e non hanno energie per svolgere una vera attività politica che susciti interesse al di là del gruppo più ristretto; anzi, i modi della vita di partito, non di rado antiquati e solo formalmente democratici, rischiano di respingere molte persone pur potenzialmente interessate alla politica e al PD. In altre parti d'Italia, come ben sappiamo, i circoli spesso esistono solo sulla carta e il tesseramento avviene in modo erratico e talvolta dubbio. Dovunque, la capacità di attrarre l'attenzione dei cittadini al di là dei bacini tradizionali, di interloquire coi ceti produttivi e coi giovani, di formulare proposte concrete per il bene comune è gravemente deficitaria. Inutile dire che la "malattia del PD" si è aggravata

Ancora una volta gli Stati Uniti e la Gran Bretagna … primeggiano nell’esportazione della democrazia. A tutti i costi. Immagine trovata su Internet e segnalata da Mario

dopo le ultime vicende nazionali, che hanno allontanato o demotivato molti militanti e simpatizzanti incapaci di giustificare le scelte della dirigenza. La cura? Passa attraverso una energica revisione dell'organizzazione del partito, che assicuri un vero dibattito democratico. L'utilizzo delle nuove tecnologie, che pure è fondamentale, è inutile se non si innesta su un partito aperto all'apporto di chi non può o non vuole utilizzare le modalità tradizionali; il cortocircuito tra partecipazione e propaganda non si risolve se i circoli, rovesciando la piramide, non si aprono da un lato alla società e dall'altro non diventano (o ridiventano) luoghi decisionali abilitati a incidere sui livelli superiori del partito; se il PD a ogni scala di grandezza non riesce a riconoscersi come comunità politica. Ma la cura passa anche per l'inserimento di contenuti politici innovativi, che incidano sulla vita delle persone; le tradizionali parole d'ordine - spesso ridotte a meri contrassegni distintivi, per di più contrapposti, tra correnti che hanno da tempo esaurito qualunque vitalità non puramente spartitoria - non devono ostacolare un approccio pragmatico ed eclettico. Ascoltare gli uomini e le donne, organizzati e non; analizzare i problemi con mezzi di elaborazione al passo coi tempi; formulare soluzioni che meritino di essere comunicate con la semplice forza della verità dei fatti. In tutto questo è lampante che Renzi e Civati, e ciò che rappresentano, sono complementari assai più che antagonisti. La separazione dei congressi locali da quelli nazionali, da questo punto di vista, potrebbe cessare di essere uno svantaggio per diventare un'occasione di convergenza, mirata a valutare le proposte di volta in volta più utili alla vita del partito e della società; una convergenza duttile, da modellarsi secondo le esigenze specifiche dei singoli territori; che potrebbe osare, mischiare le carte, coinvolgere anche altre persone, e rivelarsi decisiva in molte occasioni al rinnovamento, non tanto generazionale, ma di metodi, di comportamenti e di scelte. Dal sito www.bodem.it/italia/139


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«Viviamo in un'epoca in cui quasi tutto può essere comprato e venduto. Negli ultimi tre decenni, i mercati - e i valori di mercato - hanno preso a governare le nostre vite come mai prima d'ora. Non siamo giunti a questa condizione attraverso una scelta deliberata. È quasi venuta da sé» (Michel Sandel, Quello che i soldi non possono comprare)

«Ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c'è Mastercard». Il celebre spot, così efficace da essere entrato nel linguaggio comune, affermava che i soldi (simboleggiati dalla carta di credito) possono comprare tante, tantissime cose, ma che anch'essi devono sottostare a un limite che, per la verità, nella pubblicità restava piuttosto indefinito. La definizione di tale limite, tuttavia, è una questione centrale del nostro tempo. O, almeno, dovrebbe esserlo, anche se l'impressione è che manchi totalmente la consapevolezza di questa urgenza. Perché, questa urgenza? Perché un'attenta osservazione dei fenomeni sociali insinua il sospetto che quel limite sia stato spostato sempre più in là, che continui a essere spostato sempre più in là, con l'effetto che le cose che il denaro può acquistare aumentano sempre di più, e quelle che non possono essere acquistate dal denaro diminuiscono sempre di più. In altre parole, la logica del mercato sta progressivamente invadendo sfere della vita che in passato le erano precluse. È la tesi sostenuta da Michael Sandel in Quello che i soldi non possono compare (Feltrinelli), un saggio necessario per i temi etici

che affronta e scritto con uno stile semplice, accattivante, che trae continuamente esempi dalla realtà, sottoponendola a una stimolante critica morale. Professore alla Harvard University di Filosofia politica e Teoria del Governo, il nome di Sandel ha raggiunto la notorietà internazionale per i suoi corsi sulla giustizia, seguiti con entusiasmo da migliaia di studenti in tutto il mondo (www.justiceharvard.com, si veda anche Giustizia dello stesso autore, edito sempre da Feltrinelli). Saltare una coda, farsi tatuare il corpo con messaggi pubblicitari, concedere l'utero in affitto, pagare le persone perché donino i loro organi, vendere il sangue o parti del corpo, comprare il diritto di inquinare, vendere il diritto di soggiorno agli immigrati in grado di pagarlo... Ecco alcuni casi di invasione delle logiche di mercato in ambiti che ad esse non competevano addotti da Sandel nel suo libro. Sanità, scuola, ambiente, il corpo umano, la nascita di un bambino, nulla sembra risparmiato dalla seduzione del denaro. Come dobbiamo porci di fronte a questa realtà? È giusto o accettabile che tutto sia in vendita? Esiste un limite al denaro? Se sì, come identificarlo e dove collocarlo? L'analisi di Sandel porterà alla luce due criteri, in grado di rispondere a questi interrogativi. Il primo è che va salvaguardata l'uguaglianza delle persone. Accettare che con i soldi si possa acquistare tutto, significa riconoscere che non tutti gli uomini sono uguali e godono di uguali diritti. Il secondo, ancora più radicale e innovativo, impone di verificare se il bene protagonista della transazione non venga corrotto, alterato nella sua natura. Un esempio, fra i tanti esaminati dal filosofo americano: quando una scuola accetta di concedere spazi alla pubblicizzazione di alcuni prodotti, corrompe il fine per cui la scuola stessa esiste, che è quello di istruire i giovani, un fine incompatibile con quello di trasformarli in consumatori. Un altro: pagando

donne tossicodipendenti affinché accettino di farsi sterilizzare (negli Stati Uniti esistono programmi del genere), si riduce loro e il loro corpo al rango di macchine guaste, mortificandone la dignità. La domanda fondamentale, sulla quale l'attenzione e il dibattito pubblico dovrebbero essere concentrati, è allora quella che si interroga sulla natura di un bene, cioè su quale valore gli competa. C'è qualcosa che i soldi non possono e non devono comprare? Se sì, che cosa? Quali sono questi beni inviolabili, non negoziabili? In base alla risposta, sapremo se è vendibile oppure no. Professor Sandel, la logica del mercato si è estesa a sfere a cui in passato essa non competeva. Come è potuto accadere questo fenomeno, che lei stesso definisce uno dei più importanti della nostra epoca? «Credo che la logica del mercato abbia invaso tutte le sfere della vita negli ultimi 30 anni. Gradualmente siamo passati dall’avere delle logiche di mercato all’essere una società di mercato. La differenza sta in questo: l’economia di mercato è uno strumento, valido ed efficace, ma è uno strumento, utile per organizzare la produzione. Al contrario, una società di mercato è un posto dove tutto è in vendita, è un way of life, nel quale i valori e le logiche di mercato dominano ogni ambito della vita. È questo ciò che mi preoccupa: diventare una società di mercato». Come è potuto avvenire questo passaggio? «In parte credo che sia accaduto alla fine della Guerra fredda, un evento che è stato male interpretato. Abbiamo pensato che la fine della Guerra fredda significasse l’esistenza di un unico sistema, il capitalismo, come se esso rappresentasse la medesima cosa in ogni angolo del mondo e per tutti. È come se il trionfo del mercato avesse


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Quello che i soldi non possono comprare

stabilito che le sue logiche e i suoi valori rappresentano il nostro bene comune. Questo, per me, è un grave errore. Ma è anche un’idea molto influente oggi. E la ragione della forte influenza, della forte attrattiva di questa idea è che la logica del mercato sembra essere un modo neutro per decidere, una forma imparziale per decidere delle questioni sociali ed etiche. Ma i mercati non sono neutri. La cosa preoccupante è che ad essi, e ai loro valori, abbiamo delegato la responsabilità di risolvere le questioni morali. Infatti, se ne vedono le conseguenze sul dibattito pubblico, sempre più impoverito e in realtà scevro di temi etici. Abbiamo smarrito la capacità di avviare un dibattito etico a livello pubblico. Uno degli scopi di questo libro era quello di incoraggiare, di ispirare un dibattito». Lei denuncia la scomparsa di questo dibattito a livello pubblico, e, cosa ancor più grave, anche politico. «Accade in tutte le democrazie attuali: il vuoto morale regna sovrano nel discorso pubblico. Ed è una delle ragioni per cui la gente è così disillusa rispetto alla politica e ai partiti. Il discorso pubblico è dominato in tutto il mondo da questioni piccole, burocratiche, molto più che dalle grandi questioni morali ed etiche. Eppure penso che ci sia una grande fame da parte dei cittadini di affrontare tali temi nella dimensione comunitaria». L'invasione del mercato e dei suoi valori era comprensibile quando l'economia globale cresceva e creava prosperità. Oggi che il mercato è in crisi, come si spiega l’assenza di un’analisi dei limiti da imporgli? Perché questo modello continua a riscuotere successo?

«Una bella domanda. Un rebus che va spiegato. In seguito alla crisi finanziaria del 2008 si pensava, io stesso lo pensavo, che la crisi decretasse la fine di trent’anni di fede cieca nei mercati. E penso che molti si aspettassero l’apertura di un confronto pubblico sul ruolo e i limiti del mercato. Ma questo non è successo. E la ragione sta nel fatto che l’appeal del mercato va al di là di considerazioni di tipo economico, al di là della promessa di prosperità e di crescita del Pil. Il facino dei mercati risiede nel fatto che sembrano offrire la libertà, la libertà per gli individui di intrattenere scambi di mercato come gli pare e piace. E anche la libertà di evitare controversie nei dibattiti politici. Ebbene, la mia convinzione è che questa idea di libertà sia sì molto influente, ma fallace, perché è la libertà del consumatore, ma non della persona nella sua interezza o del cittadino che vive in una democrazia. Per riuscire a incoraggiare un dibattito pubblico su giustizia, beni comuni, limiti morali del mercato bisogna trovare il modo di articolare una discussione sulla concezione della libertà, su che cosa significhi essere liberi, al di là del consumo». Lei mette in evidenza che gli effetti dell’estensione di questa logica sono due: la negazione dell’uguaglianza e la corruzione del bene in gioco. Nasce in questo modo una riflessione originale e inedita sui concetti di eguaglianza e corruzione… «Sono le due domande che ci dobbiamo porre prima di decidere se e come usare il mercato nelle varie situazioni. Prendiamo il caso degli uteri in affitto. Alcuni Paesi hanno legalizzato la pratica delle gravidanze in affitto, per permettere alle donne povere di crearsi un reddito. In India, ad esempio. Coppie facoltose pagano donne disagiate affinché portino avanti per loro la gravidanze e poi dargli il bambino. Ci sono due possibili obiezioni all’uso della logica di mercato applicata alla gravi-

danza. L’argomento dell’uguaglianza dice che le persone che accettano di vendere il loro corpo per le gravidanze sono donne molto povere, disperate, quindi non si tratta di uno scambio volontario, fra corpo e denaro, bensì frutto di una coercizione. Ma c’è un altro argomento che possiamo mettere in campo. Se anche questo scambio fosse davvero condotto su basi volontarie, se anche fosse uno scambio fra pari, resta il fatto che i corpi di queste donne viene utilizzato come se fosse un servizio, uno strumento. In questo senso, è una violazione della dignità della persona. Che rovina, corrompe non solo il corpo della donna, ma anche il legame fra genitore e figlio. Questo è l’esempio di una doppia valutazione morale, applicabile a tutte le situazioni». Lei scrive che per porre dei limiti al mercato dobbiamo domandarci qual è la vera natura di una cosa. Mi sembra la questione cruciale per l’etica, ma anche il punto su cui siamo in difficoltà, la domanda rispetto alla quale non abbiamo la lucidità per rispondere. «La società moderna pluralista non è d’accordo su che cos’è un bene, non è che non abbia la risposta. Ha risposte diverse. Siccome poi non abbiamo una risposta univoca, siamo tentati a lasciar fuori la questione su che cosa sia il bene comune, a toglierla dal dibattito. Ma è un errore chiedere ai cittadini di lasciare le loro convinzioni morali fuori o dietro di sé nel momento in cui entrano nella piazza pubblica. Abbiamo bisogno di discutere pubblicamente su che cosa sia il bene, nonostante la possibilità di disaccordo, perché non possiamo sapere in anticipo quando una discussione porterà a un accordo e quando no. Bisogna provarci. E anche se non ci si trovasse d’accordo, il fatto di essersi impegnati in una discussione pubblica approfondisce la cittadinanza democratica delle persone». A causa della crisi finanziaria e del debito accumulato dagli Stati, questi chiedono sempre più spesso l’intervento dei privati nella


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Quello che i soldi non possono comprare

scuola, nella gestione del patrimonio culturale e ambientale, nella sanità. Come valuta questa tendenza, questa apertura ai privati? «La mia è un’università privata, sostenuta da donazioni, ma non è un’organizzazione che mira al profitto. In generale, nell’istruzione c’è spazio per il privato, purché il fine non sia il profitto e alla condizione che promuovano i valori dei beni comuni e l’accesso degli studenti di ogni ceto sociale. Se le fondazioni o i privati donatori sostengono le istituzioni scolastiche, ad esempio, può ancora essere un bene, sempre che l’accesso sia consentito a tutti, poveri e ricchi». E nella politica? «Il finanziamento privato in politica è praticato nel mio Paese, gli Stati Uniti. Secondo me, è un sistema che non funziona, perché le campagne politiche sono sempre più determinate dal denaro privato. Il pericolo è che i politici che sono stati eletti grazie a questi ca-

pitali diventino automaticamente dipendenti dai donatori: così sarebbe difficile governare nella logica del bene comune. Sarebbe meglio avere campagne politiche finanziate con soldi pubblici, porre un limite alle donazioni private e concedere a tutti un tempo uguale in televisione». Lei analizza molti ambiti di invasione dei valori di mercato. Fra tutti, quale la preoccupa di più? «Quando la democrazia stessa è dominata dalle logiche di mercato, e ciò accade in due maniere. La prima, quando il denaro domina le campagne elettorali e quindi le politiche future. Ma c’è un altro modo in cui le logiche di mercato dominano le democrazie: una democrazia sana e vitale richiede che i cittadini condividano una vita pubblica e si incontrino in luoghi pubblici. Il venir meno di questo spazio comune, la crescente separazione fra ricchi e poveri, insieme all’aumento della disuguaglianza causa una

“Sai qual è una delle cose più brutte? Vedere che se non cerchi tu, le persone a cui tieni, loro non ti cercano”. L’orgoglio si può mettere da parte, ma la dignità non si perde per nessuno.

“La cosa che tollero meno al mondo, anche meno dell'ignoranza, è la maleducazione. Perché se avere il cervello piccolo è una disgrazia, essere cafoni è una scelta.”

Frase segnalata da Cristina

Frase segnalata da Meri

minaccia per la democrazia. È grave, questa separazione di censo, perché erode il senso di comunità che sta alle fondamenta di ogni democrazia». In assenza di un dibattito pubblico, qual è la cosa più urgente da fare per cominciare a porre limiti al mercato? «Il rafforzamento delle istituzioni della società civile, inclusi i movimenti sociali, le comunità religiose, i sindacati, i movimenti ambientalisti, le associazioni culturali… Questi movimenti si collocano a metà strada fra lo Stato e l’individuo. Sono luoghi che possono riunire i cittadini in forme che contribuiscono al bene comune. C’è la necessità che le istituzioni della società civile vengano rafforzate, perché rappresentano un’alternativa, una terza via fra lo Stato e le logiche dei mercati». 26 agosto 2013 http://www.famigliacristiana.it/arti colo/sandel.aspx Un calendario, aggiornato, degli eventi pubblici a Voltana ? Lo trovi nel sito www.voltanaonline.it facendo click in AGENDA !

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Al Centro Sociale “Ca’ Vecchia”, tutti i martedì corsi di: Salsa Portoricana, Cubana, Rueda, Bachata.

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