La Voce del Popolo 2011 05

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LA VOCE DEL POPOLO 4 FEBBRAIO 2011

Ecclesia onger@lavocedelpopolo.it

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Benedetto XVI L’Egitto e i ragazzi dell’Ac

Due colombe bianche lanciate per la pace

I

di Fabio Zavattaro

In piazza San Pietro, domenica scorsa, tante bandiere dell’Egitto; sui volti delle persone si leggeva sofferenza, tristezza, preoccupazione e il desiderio che si possa tornare presto a una vita normale senza violenze, disordini, feriti e morti. Alla finestra con il Papa due ragazzi, Anna e Lorenzo, di 12 e 10 anni, e un messaggio: “Contiamo sulla pace. Ci contiamo perché sappiamo che la pace è lo strumento migliore per costruire il nostro futuro”. In piazza c’erano anche 5000 loro coetanei, tutti ragazzi dell’Azione cattolica di Roma che hanno concluso il mese dedicato alla pace e da piazza Navona hanno raggiunto a piedi piazza San Pietro. Anna ha letto il messaggio accanto al Papa: “Ultimamente abbiamo ascoltato tante brutte notizie. Troppe persone decidono di usare la violenza per imporre le proprie idee politiche e religiose. Tutte le volte che litighiamo con i compagni, i grandi ci dicono sempre che dobbiamo fare la pace, che dobbiamo parlare tra di noi e andare d’accordo. E noi oggi vorremmo dire la stessa cosa a tutti: dobbiamo volerci bene come fratelli, a qualsiasi religione o cultura apparteniamo”. Giornata internazionale di intercessione per la pace in Terra Santa, così papa Benedetto ha guardato a quella terra,

si è associato alle parole del patriarca latino di Gerusalemme e al custode di Terra Santa, e ha invitato tutti “a pregare il Signore affinché faccia convergere le menti e i cuori a concreti progetti di pace”. Poi sono state liberate in volo due colombe bianche; un piccolo gesto simbolico per dire ancora una volta “sì” alla pace. Pace difficile e non solo in Medio Oriente. E forse non è un caso che le due colombe, dopo un breve volo, hanno scelto di entrare nella casa del Papa; poi, con non poca difficoltà, sono state riprese e nuovamente lasciate libere di volare. Benedetto XVI ha dedicato l’Angelus al racconto evangelico delle beatitudini, il primo grande discorso che il Signore rivolge alla gente; il primo dei cinque grandi discorsi sul Regno di Dio. Parla Gesù sulle pendici della collina che sovrasta il lago di Galilea. Il monte ha un valore simbolico; fa memoria del Sinai, la montagna dove Dio ha consegnato le tavole della legge al suo popolo. Ed è sul monte che Gesù convoca il popolo di Israele, memoria e nuova consegna della volontà di Dio. Gesù, ha ricordato papa Benedetto all’Angelus, è il nuovo Mosè; parla ai discepoli che si sono avvicinati a lui, “prende posto sulla cattedra della montagna, e proclama beati i poveri in spirito, gli afflitti, i misericordiosi, quanti hanno fame della giustizia, i puri di cuore, i perseguitati”. Commenta il Papa: “Non si tratta di una nuova ideologia, ma di un insegnamento che viene dall’alto e tocca la condizione umana, proprio quella che

il Signore, incarnandosi, ha voluto assumere, per salvarla”. Il discorso della montagna “è diretto a tutto il mondo, nel presente e nel futuro”. E le beatitudini sono “un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri. Quando, infatti, Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, significa che, oltre a ricompensare ciascuno in modo sensibile, apre il Regno dei cieli”. Ancora, le beatitudini sono per papa Benedetto “la trasposizione della croce e della risurrezione nell’esistenza dei discepoli. Esse rispecchiano la vita del Figlio di Dio che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli uomini sia donata la salvezza”. Messaggio diverso da quello che il mondo offre, e che Anna ha evidenziato dalla finestra del Papa. La voce del mondo oggi sembra una esaltazione dei superbi, dei violenti, di coloro che non hanno scrupoli, che guardano all’effimero, più all’apparire che all’essere. Le parole pronunciate sul monte delle beatitudini sono completamente diverse; evidenziano non tanto un modo di agire o di essere dell’uomo, quanto l’agire stesso di Dio, che si prende cura della vita di ogni uomo. Ricorda ancora papa Benedetto: “Le beatitudini sono doni di Dio, e dobbiamo rendergli grandi grazie per esse e per le ricompense che ne derivano, cioè il Regno dei Cieli nel secolo futuro, la consolazione qui, la pienezza di ogni bene e misericordia da parte di Dio”.

Il comunicato finale dei lavori del Consiglio permanente della Cei

Parole di fiducia e di incoraggiamento “La Chiesa che vive in Italia ha parlato al Paese con riconosciuta autorevolezza e credibilità. Ha saputo farlo dimostrando unità di giudizio, anche nella disamina delle delicate problematiche che ne stanno segnando la vita politica e sociale”. Lo afferma il comunicato finale, reso noto il 28 gennaio, del Consiglio permanente della Cei, che si è tenuto ad Ancona dal 24 al 27 gennaio. “È emersa la consapevolezza che l’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi costituisce una chiave di accesso a una realtà pastorale più ampia, che abbraccia in primo luogo i genitori e le famiglie”. Per questo motivo il tema principale della prossima Assemblea generale, che si svolgerà a Roma dal 23 al 27 maggio, sarà “Introdurre e accompagnare all’incontro con Cristo nella comunità ecclesiale: soggetti e metodi dell’educazione alla fede”. Guardando al decennio nel suo insieme, il Consiglio ha è poi deciso di dedicarne la prima metà all’approfondimento tematico intorno al tema “Comunità cristiana ed educazione alla fede”, mentre la seconda parte sarà dedicata al tema “Comunità cristiana e città”. A fare da spartiacque tra le due fasi sarà il Conve-

gno ecclesiale nazionale. Tra i punti all’ordine del giorno del Consiglio permanente vi era il documento conclusivo della 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani, del quale è stata autorizzata la pubblicazione. “Il documento – ricorda il comunicato – riconduce la questione sociale alla questione antropologica nella sua integralità e la declina riprendendo le sessioni tematiche della Settimana sociale: intraprendere (ambito nel quale la crisi economica è stata analizzata e ricondotta alle sue cause più profonde); educare (dove si ribadisce la centralità del ruolo dell’adulto e l’importanza di strumenti con cui sostenere famiglia e scuola e dove non manca una lettura della realtà giovanile, colta quale risorsa che chiede di trovare uno sbocco); includere (con attenzione al fenomeno migratorio, ai percorsi di cittadinanza e alle condizioni dei rifugiati); slegare (valorizzando le opportunità che ciascuno può offrire, come anche le opportunità del mercato, all’interno di un nuovo patto sociale); completare la transizione istituzionale (evitando di escludere i giovani, i poveri e i non qualificati, come pure di snaturare l’impianto della Costituzione)”.


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