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È solo l'amore che ci salva dalla ferita del mondo

di Miriam Mangiacotti

“Il bacio non unifica, non compenetra, non fonde gli amanti in un solo corpo. Nel bacio i corpi restano divisi, separati, distinti. L'intimità del bacio fa sprofondare l’Uno nell’Altro, ma i corpi restano Due. Anzi, è solo perché i corpi restano Due che il bacio è possibile”. Così scrive lo psicoterapeuta Massimo Recalcati nel suo libro “Mantieni il bacio”, a cui si ispira il cantautore Michele Bravi per l’omonimo brano. Il desiderio di eternità, insito nell'uomo, nell'attimo del bacio si traduce nel tentativo di custodirlo per “non lasciarne cadere neanche solo un frammento”, perché duri in eterno. Recalcati sottolinea l’esistenza fondamentale del Due che non si fonde e non deve fondersi in un’entità confusa in cui Io non sono e Tu non sei ma suggerisce l’amore come luogo miracoloso in cui entrambi, e insieme, siamo. Su questa scia Nicolò Terminio, psicoterapeuta e primo relatore del nostro seminario autunnale dal titolo “L’affettività come orizzonte e prospettiva di compimento umano”, ci ha guidati in una serie di questioni sollevate da noi studenti e studentesse. Uno dei punti focali del suo intervento è stato decostruire l'idea di legame come ciò che sazia le aspirazioni e che completa la persona. Una relazione che funziona, piuttosto, ci mette di fronte alle nostre incompletezze (che dobbiamo imparare ad accogliere), e di fronte al fatto che non sono “così come dovrei essere”. Il rischio a cui si va incontro, tra i tanti, è quello di restare fissi sull’idea di noi stessi, perdendo il contatto con la verità e di illuderci di essere altro. Prendersi cura di sé stessi e imparare a conoscersi, imparare a trattare con tenerezza le nostre ferite è il primo passo da compiere per una affettività risolta, che non vede l’altro come soluzione definitiva alle mie debolezze ma come alterità da amare, proprio perché diversa da me. Terminio, sulla stessa linea degli altri relatori, ha insistito sulla necessità di prendersi cura del legame stesso, del “terzo”, metaforicamente chiamato “Il Figlio”. Prendersi cura del Figlio significa mettere al mondo una relazione che a sua volta diventa generativa, nel senso che permette di vedere il Nuovo nello Stesso, di “rompere l’errore del tempo” per restare nel qui e ora e non cercare un Nuovo nell’Altrove. Don Marco Settembrini, relatore del secondo giorno di seminario, ha tenuto un intervento dal titolo “Relazione e affettività nella prospettiva biblica”. Abbiamo attraversato con lui le storie di incontro casuale e miracoloso di alcuni personaggi del testo biblico e ci siamo interrogati sul modo in cui si inseriscono l’affettività e la sessualità nel disegno di Dio. Metafora dell’incontro d’amore è il pozzo, che diventa luogo fisico e spirituale di apertura all’Acqua, all’Amore e quindi alla Vita. Tornando poi indietro ai primi capitoli della Genesi, Dio fin dall'inizio plasma l'Uomo dalla polvere e crea un aiuto “che gli corrisponda, perché non é bene che sia solo”: la donna e l'uomo, l’una di fronte all’altro. “E vide che era cosa buona”. Infine, con l’intervento dal titolo “Relazioni pericolose: il problema delle dipendenze affettive”, Luca Cerniglia ha parlato dei problemi di affettività che affondano le loro radici nell’infanzia e che possono intensificarsi nell’adolescenza. Il rapporto con i caregivers (coloro che si prendono cura) fin dai primi attimi di vita è il fondamento su cui si costruirà la capacità di amare e di lasciarsi amare. Abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di noi e ci permetta di essere noi in modo compiuto e ci dia la possibilità di guarire le ferite. Questo avviene quando al bambino, alla bambina, viene data la possibilità di sperimentare “la propria spinta ad essere” in una relazione coerente, prevedibile, stabile e prevalentemente positiva. Come il mare che va e che torna, come una sistole e una diastole, nel rapporto d’amore con l’altro troviamo rifugio generativo, l’Alterità che dà sapore alla quotidianità. Questo seminario ha rappresentato per la comunità di Villa Nazareth l’occasione di un interrogarsi sincero sul modo di vivere le relazioni. •

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“Il bacio”, olio su tela del 1907-1908 di Gustav Klimt, Österreichische Galerie Belvedere – Vienna.