N.14 Sulla via della pace 2009

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Anno IV n. 2 - Aprile-Giugno 2009 - Trimestrale - Contiene I.R. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi

2009 n. 14

Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy

Inserto Progetti realizzati nel 2008

Editoriale L’economia della pace Shalom in Africa Kenya e Uganda


SOMMARIO 3

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SULLA VIA DELLA PACE Trimestrale di in-formazione Anno IV - n. 2 aprile-giugno 2009 Registrazione n. 263 presso il Tribunale di Rovereto (TN) (19.01.2006) Direttore responsabile Paolo Maino Direttore di redazione Ruggero Zanon Equipe di redazione Paola Angeretti Stefania Dal Pont Gregorio Vivaldelli Progetto grafico Flavio Antolini Editore Associazione Shalom Solidarietà Internazionale - Onlus Direzione e amministrazione Viale Trento, 100 38066 Riva del Garda (Trento) Italy redazione@shalom-i.it www.shalom-i.it Tel. e fax +39.0464.555767 Impaginazione e stampa:

Antolini Tipografia - Tione (TN)

Finito di stampare nel mese di marzo 2009 In copertina: Bambini dell’asilo Shalom di Unyolo (Kenya)

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Editoriale

L’economia della pace

Informazione Riscoprire le ragioni del credere

Intervista all’Arcivescovo di Trento Mons. Luigi Bressan

Shalom in Africa

Kenya, ripartire da donne e bambini - Asilo Shalom - Donne, insieme per costruire speranza - Nancy, il coraggio di diffondere la pace Uganda, una speranza che dà vita - John Bosco: donare una famiglia a chi non l’ha avuta - William e la ricerca della madre - Matthia: trovare la vita nella morte - Lilian: una madre con moltissimi figli

Shalom nel mondo

Uganda - Kenya - Israele

Vita comunitaria

Veglia di preghiera per l’unità dei cristiani L’uomo, la musica, Dio - Incontri di formazione musicale Volti del carisma Shalom in Colombia

Inserto Speciale Progetti

Formazione

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I pilastri

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La Bibba, dialogo tra Dio e l’uomo Il Labirinto

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La responsabilità come chiamata

Cercansi persone vere (II parte)

Quanto amo la tua Parola, Signore Mosè, profeta della precarietà (I parte)

Carissimo...

Un “grazie” che apre alla vita

Trentesimo anniversario di fondazione

La Comunità Shalom è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontificio

Le attività di solidarietà promosse dalla Comunità Shalom sono gestite dalla Associazione Shalom Solidarietà Internazionale - Onlus Viale Trento, 100 - 38066 Riva del Garda (TN) - Italy Tel. 0464-555767 - Fax 0464-562969 posta@shalom-i.it

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di Paolo

Editoriale

Maino

L’economia della pace

N

el mio recente viaggio in Kenya e Uganda ho avuto modo ancora una volta di rendermi conto di quanto possano essere fecondi quei gesti di solidarietà concretizzatisi nei nostri piccoli e grandi progetti di autosviluppo e formazione. Eppure, leggendo anche lì i giornali, le prospettive per il futuro non sembrano affatto rosee. Stiamo sentendo e constatando prospettive di crisi sempre più allarmistiche. Ma questa, dicono gli esperti, non è una crisi come tutte le altre, è la prima crisi economica della storia davvero mondiale, mondiale, di cui si vedono già gli effetti: blocco dei flussi di denaro e del commercio internazionale, chiusura delle grandi fabbriche e disoccupazione a catena, povertà in estensione, taglio delle risorse per l’istruzione e la sanità, rischio di instabilità politica e di nuove guerre. Le soluzioni classiche sembrano mostrare tutti i loro limiti. È interessante constatare che uno dei paradossi di fondo del messaggio evangelico - “Chi perderà la propria vita la salverà” - sembra elevarsi sempre più a modello interpretativo della possibile rinascita economica mondiale, che deve poter partire dal superamento del capitalismo egoistico per la nascita di un nuovo ordine economico, nel quale la finanza e la ricchezza tornino ad essere un mezzo e non un fine fine. Non è, in primo luogo, una questione di morale e di princìpi, ma di calcolo economico ispirato all’idea del bene globale, non più abbagliato dal miraggio dei soldi facili a spese degli altri e dal cinismo di una finanza che alimenta un clima di rapporti internazionali basato sostanzialmente sulla paura e sulla competizione estrema. Con le risorse dei paesi ricchi e con il concorso dell’imprenditorialità, della fantasia e delle enormi potenzialità dei paesi poveri, è possibile dichiarare guerra senza quartiere alla fame ed alla miseria nei paesi più svantaggiati, con l’obiettivo di condurre fuori dalla crisi non il singolo Stato, ma il mondo intero. Si tratta, in concreto, di investire nei paesi più poveri,, in maniera che lì possano crescere benessere, poveri salute pubblica e istruzione. Si tratta anche di cambiare mentalità: sostituire il “dogma” che la nostra ricchezza debba sempre crescere con l’accontentarsi del molto che già si ha. Di armonizzare la preoccupazione di tenere alto il prezzo delle

“nostre” mele con la necessità di pagare equamente le “loro” banane. Di innestare la marcia della sobrietà contro alcune leggi di mercato che incoraggiano lo spreco. spreco Non si tratta di mera illusione utopistica, ma di intelligenza economica liberata dall’ideologia capitalista. Qualcosa di simile è già avvenuto in passato, ad esempio, quando gli Stati Uniti investirono risorse enormi nei piani Marshall di ricostruzione post bellica dell’Europa ricevendone un gran ritorno. Normalmente si è tenuti a credere che l’aumento del benessere sia direttamente proporzionale al crescere della ricchezza e che lo “stare meglio” sia legato al continuo incremento di beni e risorse. Questo modello economico - che non si può negare abbia comunque permesso uno sviluppo senza precedenti nell’ultimo secolo - non sembra più in grado di reggere, mostrando tutti i propri limiti. L’esperienza della nostra Comunità, impegnata in varie parti del mondo, ci fa sempre più comprendere che la sua ragion d’essere è fondamentalmente fuori di sé, nell’altro: “Chi perderà la propria vita la salverà”. Per questo abbiamo cercato di portare nel mondo aiuti economici che potessero trasformarsi in ricchezza continuativa, princìpi vitali che dessero speranza per lottare contro le avversità, avversità, programmi educativo-formativi e aiuti sanitari che promuovessero le nuove generazioni. E tutto in stretta collaborazione con persone e associazioni del luogo, che con il loro lavoro e il loro genio stanno edificando in vari modi la pace. Possiamo testimoniare come sviluppo e dignità, giustizia e pace siano due facce inseparabili della stessa medaglia e come l’investire, il credere nell’uomo - in ogni uomo - sia in grado di generare ritorni inaspettati inaspettati,, anche dal punto di vista economico. L’economia della pace e della riconciliazione - con sé stessi, con gli altri, con il creato - può allora rappresentare quel seme capace di liberare risorse insperate, insite nell’uomo, in grado di portare il vero sviluppo.

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informazione di Ruggero

Riscoprire

Zanon

Intervista all’Arcivescovo di Trento

Mons. Luigi Bressan

A

poi, lo studio personale della Bibbia e del catechismo. La ll’inizio del Suo mandato nell’Arcidiocesi di crescita cristiana non avviene, però, senza un rapporto Trento, Lei ci ha confermato nel nostro carisma - ricocostruttivo con la società civile, di cui nosciuto con decreto 31 gennaio 1997 dobbiamo sentirci corresponsabili, predal suo predecessore mons. Giovanni parandoci a condividerne le sfide. ...comunità Maria Sartori - dandoci nuovo slancio nella missione a servizio della Chiesa. cristiana, Che cosa si attende oggi la Chiesa da Lei ha conosciuto personalmente un’associazione di fedeli laici come la luogo in cui il nostro co-fondatore don Domenico nostra? quali i nuovi orizzonti che siamo nasce Pincelli, di cui a giugno ricorre il sesto anchiamati a percorrere? niversario della morte. Che ricordo serba La Chiesa chiede oggi ad un’associae si sviluppa della figura mite di questo sacerdote? zione di laici come Shalom un costante Ho conosciuto don Domenico come un la fede impegno nell’approfondimento della sacerdote che viveva pienamente la sua fede e una continua riscoperta delle missione al servizio degli altri, soprattutragioni del credere, sia per gli aderenti to nell’accompagnamento spirituale. In che per tutti i fedeli. Di conseguenza, un tempo in cui il numero dei sacerdoti va curata una spiritualità fondata sulla era relativamente elevato, ha sottolineato la Parola di Dio più che sull’emotività, che necessità della vita di preghiera come risposappia far fronte alle sfide dell’a-religiosità sta all’amore di Dio e come fermento per la e del materialismo. stessa comunità cristiana. È stato un uomo Il recente Sinodo dei Vescovi, infatti, ci ha di grande bontà e comprensione, intento a indicato come obiettivo prioritario la conoscenza appropromuovere il positivo più che a puntualizzare ciò che fondita della Parola di Dio, attraverso la lettura reale dei non andava bene. testi biblici e la riflessione sui medesimi. Uno dei pilastri del nostro carisma è la formazione dei laici, sia umana che spirituale, che da sempre è stata avvertita come una priorità. Su quali aspetti ritiene si debba puntare oggi nella formazione di cristiani maturi in grado di rispondere adeguatamente alle contraddizioni della società post-moderna? Per la formazione di cristiani adulti e maturi è necessaria prima di tutto la comunità cristiana, luogo in cui nasce e si sviluppa la fede. In questo contesto è da sottolineare,

Fin dalla sua origine la Comunità Shalom, pur consapevole della propria piccolezza, ha sentito una forte chiamata di apertura al mondo, a condividerne le gioie e le sofferenze. Nel Suo ruolo di Presidente della Commissione Episcopale per l’evangelizzazione dei popoli conosce le difficoltà vissute dalla Chiesa nei paesi più poveri del sud del mondo, dove da anni opera la nostra associazione. Quali le sfide più urgenti che siamo chiamati ad affrontare in questa missione?

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le ragioni del credere Luigi Bressan è nato a Sarche (TN) il 9 febbraio 1940. Ha frequentato il Seminario diocesano ed è stato ordinato sacerdote dall’Arcivescovo di Trento mons. Alessandro Maria Gottardi il 28 giugno 1964. Prima di essere inviato a Roma per proseguire gli studi, è stato vicario parrocchiale a Besenello e a Riva del Garda. Nel 1971 consegue la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana. Contemporaneamente si diploma presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica ed entra nel servizio diplomatico della Santa Sede come segretario della Nunziatura Apostolica di Seoul in Corea, dal 1971 al 1974, e in quella di Abidjan dal 1974 al 1976. Passa poi alla Segreteria di Stato ad occuparsi dei rapporti con gli organismi internazionali, prima di venire inviato a Ginevra, nel dicembre 1978, presso l’ufficio delle Nazioni Unite. Nel 1982 è in Brasile ed assicura l’interim seguìto al decesso del Nunzio Apostolico; quindi, l’anno successivo, viene nominato Inviato Speciale della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. Il 3 aprile 1989 viene eletto Arcivescovo titolare di Severiana e Pro Nunzio Apostolico in Pakistan. Riceve l’ordinazione episcopale nella Cattedrale di San Vigilio, a Trento, il 18 giugno 1989, dal Segretario di Stato, card. Agostino Casaroli. Nel luglio 1983 è nominato Nunzio Apostolico in Thailandia, Singapore e Cambogia, e Delegato Apostolico per Malesia, Brunei e Myanmar (Birmania). Il 25 marzo 1999 riceve la nomina di Arcivescovo metropolita di Trento. Il 30 maggio 1999 entra ufficialmente in diocesi. Dal 2005 è Presidente della Commissione della CEI per l’Evangelizzazione dei Popoli e la Cooperazione tra le Chiese, e Presidente della Fondazione Missio. È autore di otto libri e di una quarantina di articoli. (dal sito www.diocesitn.i www.diocesitn.it )

Nel mondo missionario si riscontrano grandi sacrifici per il Regno di Dio, ma anche un certo riduzionismo dell’opera di evangelizzazione al solo sostegno economico o al solo rilevamento dei valori esistenti in una società. Certamente, come cristiani, siamo chiamati a dare da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete (cfr. Mt 25), ma il più grande dono resta sempre Gesù Cristo e il miglior servizio è quello di aiutare le persone a convertire i cuori. Questo deve sempre restare la nostra priorità. Il mondo giovanile appare frastornato dalla serie innumerevole di messaggi, possibilità e stimoli che gli sono offerte. Nonostante ciò, si avverte forte fra i ragazzi la ricerca di una verità capace di dare un senso alla propria vita. Che messaggio si sente di dare ai giovani della Comunità Shalom? Vorrei prima di tutto invitare gli adulti a sostenere i giovani, ad ascoltarli e a dare loro una testimonianza di vita che parli di speranza, che indichi quella promessa di un futuro nuovo che il cristiano porta con sé dal Battesimo. Ai giovani, poi, chiedo che siano loro stessi apostoli presso i coetanei, con una metodologia adatta a loro, per far incontrare la cultura giovanile con il Vangelo. È importante però trasmettere ai ragazzi una fede che si fonda sulla spiritualità, sulla capacità di ascolto e di preghiera, che sa esprimersi in un coinvolgimento attivo e concreto nella carità verso gli altri, anche con gesti semplici, alla loro portata.

...il più grande dono resta sempre Gesù Cristo 5


informazione di Paola

Shalom

Barlotti Angeretti

KENYA Ripartire da donne e bambini Paolo Maino e Sara Paternoster si sono recati in Kenya dal 31 gennaio al 5 febbraio 2009. Con Peter Onyango, da molti anni referente in loco dei progetti Shalom, hanno visitato il villaggio Unyolo.

Asilo Shalom Al centro del villaggio Unyolo, abitato da 900 persone che vivono in capanne di fango e paglia, sorge l’Asilo “Shalom”, realizzato dalla Comunità Shalom e sostenuto per alcuni anni anche dalla Scuola Materna di Riva del Garda. È l’unica struttura della vasta area, mentre, per raggiungere la scuola elementare ed il distretto sanitario, è necessario percorrere distanze chilometriche. L’asilo è frequentato da circa 120 bambini dai 3 ai 6 anni, che vi ricevono non solo formazione formazione,, ma anche assistenza sanitaria di base e due pasti al giorno – prima colazione e pranzo – che saranno poi l’unico cibo della loro giornata. I bambini sono divisi in due classi e le due maestre insegnano, fra le altre cose, i primi rudimenti della lingua inglese. La gente appartiene alla tribù Luo – la stessa del vicino villaggio dal quale molti anni fa partì per gli Stati Uniti il padre di Barack Obama – e parla soltanto la lingua locale: asilo e scuola sono le uniche possibilità per i bambini di apprendere la lingua nazionale.

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in Africa

Paolo Maino consegna l’attestato di socio a una delle donne riunite nella cooperativa Unyolo.

Donne, insieme per costruire speranza Le 150 famiglie del villaggio sono composte ormai prevalentemente da donne anziane, cui l’Aids ha tolto mariti e figli, figli, e da bambini orfani, privati dei genitori dallo stesso terribile morbo. Recentemente queste donne si sono unite in una cooperativa - che il 2 febbraio ha svolto la sua prima assemblea generale - per cercare di combattere fame e povertà nello sforzo di rendere autosufficiente il villaggio. Una delle attività con cui cercheranno di raggiungere il loro obiettivo sarà l’allevamento di alcune mucche: il latte prodotto ed i vitelli che nasceranno costituiranno certamente un buon incentivo per le loro speranze. Nell’ottica di aiuto economico, ma specialmente come incoraggiamento alla speranza, Shalom ha previsto l’acquisto di 10 mucche da latte da destinare a questa cooperativa di donne tanto provate ed altrettanto coraggiose.

Nancy, il coraggio di diffondere la pace Carissimi Paolo e Sara, la vostra visita in Kenya ha cambiato la mia vita. Credo che Dio avesse uno scopo nel portarvi in Kenya. Avete fatto rivivere anime che stavano morendo e dato speranza a chi ne era privo. Grazie davvero per le vostre preghiere. Siete venuti ad aiutarci a realizzare il più grande motivo per cui Dio ci ha creati: fidarci di Lui, obbedirgli e lodarlo pienamente. Lui è il Dio che ama. Giorno dopo giorno cerco la pace del Signore e so che il Suo Spirito vive in me per sempre. La mia preghiera è di poter continuare a fare il grande lavoro per il quale Dio ci ha chiamati, cioè costruire la comunità in unità e pace. Per questo cercheremo di raggiungere più persone possibili per aiutarle a far rivivere la loro anima. Pregate per me perché possa avere sempre il coraggio di diffondere la pace. Vi ringrazio per il grande lavoro che Shalom sta facendo e prego Dio che benedica voi e le vostre famiglie. 7 La pace del Signore sia con voi per sempre. Nancy


Shalom

informazione

UGANDA

Davanti all’altare era stata predisposta della sabbia, al fianco della quale stavano dei grandi cesti colmi di sottili candele che, durante la cerimonia, sarebbero poi state accese e infisse nella sabbia dai presenti, in ricordo dei propri famigliari morti di AIDS nel corso dell’anno. La prima candela fu accesa da padre Emmanuel Tusiime, fondatore e responsabile della Comunità “Yesu Ahuriire”, in ricordo di una ragazzo di 25 anni morto il giorno prima: era il guardiano delle capre che pascolavano sul prato della Comunità. Fu poi la volta della candela in ricordo di un giovane uomo che si era ucciso poco tempo prima: dopo aver saputo di avere contratto l’AIDS, aveva preferito morire subito, per non gravare ulteriormente sulla sua famiglia che già era in grande difficoltà a curare ed assistere gli altri famigliari già colpiti dallo stesso morbo. Nel corso della celebrazione Eucaristica alcune persone portarono delle toccanti testimonianze personali. Una bambina ed un bambino di circa 8 anni condivisero di avere appena perso entrambi i genitori e alcuni fratelli e sorelle, tutti colpiti da Aids, e di essere essi stessi ugualmente malati e consapevoli della loro morte imminente. Ringraziavano Gesù di avere loro fatto scoprire il Suo amore, fonte di speranza nella morte. Si avvicinò poi un giovane insegnante, sorretto dall’anziano e fragile genitore, non essendo ormai più in grado di camminare da solo; parlava a fatica per il tumore alla bocca, conseguenza dell’AIDS, e raccontò la sua storia con parole appena comprensibili, concludendo comunque che la speranza rendeva dolce anche il pensiero della morte ormai vicina.

Una speranza che dà vita Dal Kenya Paolo Maino e Sara Paternoster sono poi partiti per l’Uganda per tenere una settimana di formazione umano-spirituale ai membri della Comunità “Yesu Ahuriire” di Mbarara. Di seguito riportiamo alcune storie di speranza. A Mbarara si svolse una sera una cerimonia tanto semplice quanto suggestiva: una celebrazione Eucaristica per adulti e bambini ammalati di AIDS, accorsi numerosi dai villaggi circostanti.

John Bosco: donare una famiglia a chi non l’ha avuta John Bosco ha 36 anni. Ha perso entrambi i genitori a causa dell’AIDS quando era bambino. È rimasto solo con tanti fratelli più piccoli e con l’ unico aiuto di una zia che si è prodigata nei loro confronti facendo tutto il possibile. Quando ormai era un giovane adulto, dopo molte vicissitudini, ha conosciuto la Comunità Yesu Ahuriire dove è rimasto per servire ed aiutare gli altri. Ora si sta preparando per diventare uno dei membri dello staff che lavoreranno presso il Centro Shalom con i bambini rimasti orfani a causa dell’AIDS. È contento di poter donare agli altri quanto ha ricevuto, ricevuto, perché sa quanto faccia soffrire il restare da soli ed il pensare di essere rigettati da tutti.

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in Africa William e la ricerca della madre William è un ragazzo di 29 anni, di grande forza fisica e sensibilità interiore. Ha perso il padre all’età di 10 anni ed è rimasto affidato a vari zii e parenti, tra i quali ha fatto la spola. La madre era sparita poco dopo averlo messo al mondo. William non sapeva perché, né dove lei fosse, ma nel fondo del suo cuore non aveva mai smesso di sperare di riabbracciarla. Quel giorno arrivò quando lui aveva 26 anni. La trovò sul letto di morte ma, forse anche per la grande gioia di aver ritrovato il figlio, la madre si riprese, pur rimanendo di salute cagionevole. Da allora non si sono più persi di vista. William sa cosa significhi per un bambino crescere con un grande peso nel cuore e desidera aiutare le madri che da sole non possono occuparsi dei propri figli figli.

Matthia: trovare la vita nella morte Matthia aveva solo 10 mesi quando fu trovato da Lilian in una capanna del villaggio, solo accanto al corpo della madre morta di AIDS. AIDS. Urlava spaventato quando Lilian lo portò con sé a casa per sfamarlo. Avendo poi accertato che a Matthia non era rimasto nemmeno un familiare che fosse sopravvissuto all’AIDS, Lilian decise di tenerlo con sé per accudirlo, in accordo con le autorità locali. I medici confermarono quanto Lilian già sospettava: Matthia era a sua volta malato di AIDS e non gli rimaneva molto da vivere. Matthia ha ora 14 mesi e sta crescendo, pur nelle tante sofferenze dovute alla sua malattia. I medici sono meravigliati di come le cure e l’amore ricevuto da Lilian gli stiano non solo allungando la vita, ma lo stiano anche rendendo più sereno.

Lilian: una madre con moltissimi figli

Lilian è un’educatrice professionale di 28 anni. In quanto figlia di una ragazza madre, cosa non accettabile in Africa, fin da piccola è stata abbandonata da tutti assieme alla giovane madre e sottoposta a sofferenze ed umiliazioni. Con enormi sacrifici e determinazione da parte di entrambe, Lilian è riuscita a studiare e ad acquisire una laurea. Da allora, è animata da un forte desiderio di prendersi cura dei bambini abbandonati “perché gli innocenti non devono pagare a causa della crudeltà degli adulti adulti”. ”. Si è già presa cura di tanti bambini, come anche la storia di Matthia racconta. I bambini di cui si è occupata finora sono “rinati” grazie alle sue cure ed al suo amore.

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di

I pilastri

Eliana e Paolo Maino

Ha il coraggio di affrontare il nuovo, di aprirsi al futuro, di vivere questo tempo di grazia della sua vita e della vita della comunità nella prospettiva dello Spirito. Vive di preghiera ed è aperto alla creatività dello Spirito. Il pre-requisito per un responsabile è che abbia raggiunto un suo equilibrio interiore, umano-spirituale, affettivo e relazionale, relazionale, con sé e con Dio, con la propria vita e con le proprie emozioni. La responsabilità è un dono e colui che lo esercita dovrebbe, quale amministratore di Dio, essere “irreprensibile: non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagno disonesto, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé, attaccato alla dottrina sicura, secondo l’insegnamento trasmesso…” (Tt 1,7-9).

La responsabilità come chiamata

“L

a vocazione cristiana è vocazione alla responsabilità, al farsi carico dell’altro, al riconoscere che altri sabilità, si sono presi cura di me e dunque ora è perfettamente naturale che io faccia altrettanto”1. La responsabilità è un salto di qualità che può venire solo da una scelta personale e, quindi, solo dall’interno della persona. Forse attribuiamo significati diversi al termine “responsabilità”. Etimologicamente significa abilità nel rispondere. rispondere. Richiede l’accettazione del proprio ruolo. E questo non avviene senza tensione e lotta interiore. Diventa un atto libero conseguente ad una chiamata che viene dall’Alto e dall’altro. Quindi si presenta come una missione da realizzare: la mia non risposta lascia un tassello vuoto. Il responsabile rientra nella dimensione del sentirsi chiamato, dell’essere scelto scelto,, non del sentirsi portato, non dello scegliere. Oggigiorno si tende a porre l’attenzione sull’autorealizzazione, sul mettere a frutto i propri talenti, le proprie doti, in una prospettiva autocentrata. Ma la prospettiva va capovolta. Il responsabile non agisce in funzione della propria persona o delle proprie doti; il suo operare è mosso dalla riconoscenza, riconoscenza, dalla gratitudine verso Dio e verso la comunità dalla quale ha ricevuto la vita. La responsabilità non è accettazione passiva o subìta, ma è una risposta personale attiva. È un impegno a prendere l’iniziativa, ad essere creativi, a trasformare la realtà con i doni ricevuti. È assumere in prima persona il compito affidatoci e portarlo a compimento con determinazione. La persona responsabile non è un mero esecutore, non aspetta ordini. Ma non è nemmeno colui che comanda e ha sempre ragione. È una persona non bloccata né dall’eccessiva prudenza2 né dalla paura. È disponibile a prendere iniziative, ad individuare e risolvere problemi, ad assumersi i rischi che ogni scelta comporta, anche attraverso l’assunzione di decisioni difficili.

Coniugare efficienza e cuore

Il segreto di un leader efficace è entusiasmare i propri collaboratori alla missione, al progetto, all’opera da realizzare. Favorisce così il lavoro di èquipe nel quale ognuno si sente corresponsabile e indispensabile.

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formazione

Coniuga, inoltre, con giusto equilibrio, professionalità, efficienza, cuore e missione. Il raggiungimento dell’obiettivo è, infatti, sì importante, ma senza dimenticare il carisma e la spiritualità della comunità. È sempre in agguato il pericolo dell’efficientismo e dell’attivismo a scapito del carisma e della missione della comunità. Come pure la gestione della comunità, di un settore o di un progetto non deve mai prevalere sulla dimensione spirituale. La responsabilità è anche apertura al futuro, con le proprie sorprese e novità. C’è un nesso stretto tra responsabilità-creatività e soddisfazione personale: più ci si mette in gioco in prima persona con inventiva ed estro, più ci si sente soddisfatti. Un buon senso di responsabilità poggia su una sufficiente stima di sé che permette di superare l’eventuale mancanza di gratificazione. Questo è avere “sale in sé stessi” e permette di fare tutto per la gloria di Dio, senza cercare una “stima compensatoria” nel ruolo o nel bisogno di gratificazione.

il responsabile, uomo di comunione e riconciliazione

Saper discernere tra i tanti impegni

Troppe volte si è presi dal correre e non si ha la capacità di fermarsi. Si diventa quasi dipendenti dal fare e dalla stima e dal giudizio degli altri. Non si può far tutto. Bisogna saper scegliere le priorità e gli impegni consoni alla missione della comunità e, quindi, avere la capacità di discernere quando dire di sì e quando di no, in un atteggiamento di continua ricerca della volontà di Dio. Occorre, inoltre, distinguere fra il lavoro-extra lavoro-extra,, che è occasionale, e il super-lavoro super-lavoro,, che diventa un bisogno incontrollabile, un assoluto di sostituzione, una droga, la misura della nostra autostima: tanto più facciamo, tanto più valiamo. E così ci allontaniamo dal vero essenziale.

Dalla responsabilità alla dedizione di sé C’è un passaggio di qualità nella presa in carico della responsabilità: dalla responsabilità alla dedizione di sé intesa come passione, devozione, donarsi. “La responsabilità evolve in dedizione di sé quando interviene un nuovo tipo di affettività: non più solo l’impegno verso di sé e gli altri, ma il legarsi ad una scelta di vita. Chi fa il salto capisce che un conto è amare e un altro è compromettersi ad amare”3. Nella dedizione di sé si è disposti a mettere in gioco il proprio onore per passione verso Dio e verso la comunità. comunità. È aver trovato la perla preziosa che non si è disposti ad abbandonare per nessun motivo. È il diventare apostoli, innamorati di Cristo. È imparare da Lui nel servizio ai fratelli. Responsabilità, quindi, non come presupposto dell’agire, ma come estensione della propria identità. La responsabilità non è più una scelta che si opera, ma uno stato di vita nel quale si manifesta la nostra vera identità di operatori di pace.

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formazione San Paolo nello svolgere il suo ministero non ha cercato nulla per sé, ma si è speso per gli altri con cura, passione, dedizione. “Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,33-35). Esistono ‘consumatori’ di comunità e ‘responsabili’ di comunità. I primi sfruttano la comunità e si lamentano di quello che non funziona; i secondi danno il loro apporto e le proprie energie per costruirla e promuoverla4. La comunità è come noi la rendiamo rendiamo. Il responsabile è consapevole del proprio ruolo di guida e favorisce un clima di collaborazione e di pace. Per questo è necessario che sia riconciliato con se stesso, libero da giudizi e pregiudizi, consapevole dei propri condizionamenti, uomo di comunione e di riconciliazione. Sa di avere un’autorità delegata di cui rendere conto a sé, alla comunità, a Dio. Il responsabile, per l’autorità che riveste, deve aver risolto i propri conflitti con l’autorità e aver trovato una capacità attiva di sottomissione. Chi è in autorità deve saper riconoscere l’autorità cercando di essere attento alla volontà di Dio ed operare “nella piena sintonia ecclesiale e in obbedienza alle direttive autorevoli dei Pastori”5. Per chi comanda è necessario saper ubbidire.

vita comunitaria, ed è solo esercitando il suo ruolo che permette un accostamento costruttivo con gli altri. “Molte volte succede che quanti esercitano il compito di autorità si danno mille giustificazioni dinanzi alla responsabilità richiesta - non ne sono capace, non sono la persona adatta, gli altri sono migliori di me, ecc. – confermando da una parte l’impotenza a gestire situazioni comunitarie effettivamente complesse, e dall’altra la difficoltà a trovare motivazioni sufficienti per realizzare il compito a loro assegnato”8.

Nella dimensione affettivo-spirituale : - non ha paura di rapportarsi con le persone, altrimenti provoca una reazione di inferiorità, di soggezione e di distacco, - vede l’altro come fratello. Si instaura un clima relazionale di comprensione e di fiducia reciproca, - sfrutta le eventuali difficoltà di relazione come opportunità di cambiamento. Allora è compito del responsabile indebolire alcuni “stati emozionali negativi presenti nei membri della comunità, come l’ansia, l’insicurezza, la scarsa stima di sé”9 attraverso un’affettività positiva e propositiva. Il responsabile emerge come esperto di carità incarnando i valori fondamentali del Vangelo: l’amore e il perdono. Il buon raggiungimento dell’obbiettivo è la possibilità di lavorare in rete. Questo significa che ciascuno sa qual è il suo ambito di competenza, il suo ruolo e il ruolo gerarchico degli altri, nel rispetto della diversità dei ruoli. Prima di ogni servizio, prima di ogni ruolo, prima di ogni responsabilità c’è la persona. Quindi, il responsabile è responsabile più per quello che è, “modello del gregge”, che per quello che fa. “Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza, ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1Pt 5,1-4).

Ruoli e dimensione spirituale Il responsabile sa armonizzare la dimensione competenza-ruolo con la dimensione affettivo-spirituale, senza sacrificare l’una o l’altra, ma rimanendo in una dialettica equilibrata. Ciò significa non rinunciare al giudizio e alla correzione per salvaguardare la relazione affettiva; come pure non sacrificare la dimensione affettiva interpersonale per il raggiungimento dell’obbiettivo. Nella dimensione delle competenze di ruolo il responsabile deve aver assimilato e riconosciuto la diversità del proprio ruolo gerarchico: - favorisce il dialogo. Per questo è opportuno aver chiare le dinamiche relazionali che emergono in ogni gruppo. Aver chiaro i rapporti tra carisma e comunità, tra realtà esterne e comunità, tra missione della comunità e persone che fruiscono dei servizi della comunità6; - comprende, dà fiducia e offre collaborazione, - valorizza le differenze, - guida, aiuta e controlla senza dominare. “Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede: siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete già saldi”7. Quindi, senza false umiltà, è consapevole di essere responsabile di quel particolare settore della

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A. CENCINI, Il più piccolo di tutti i semi. Pedagogia della proposta e dell’accompagnamento vocazionale, Paoline, Milano 2007, 88. Cf. C. FASANO, Opera o persona? Un nuovo paradigma organizzativo della vita consacrata, Ancora, Milano 2005, 97. A. MANENTI, Vivere gli ideali/2. Fra senso posto e senso dato, EDB, Bologna 2003, 127. Cf. A. CENCINI, Fraternità in cammino. Verso l’alterità, EDB, Bologna 1999, 35. GIOVANNI PAOLO III,, Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, 46. Cf. C. FASANO, op. cit., 65. 2Cor 1,24. G. F. POLI – G. CREA – V. COMODO, Stili di leadership e vita consacrata, Rogate, Roma 2003, 72. Ibid., 72.


PROGETTI C

ome di consueto, desideriamo offrire una breve relazione annuale dei progetti sostenuti dall’Associazione Comunità Shalom. Alcuni di essi sono iniziati negli anni scorsi e tuttora ricevono il nostro sostegno, altri sono di nuova realizzazione.

PROGETTI REAL IZZATI NELL’ANNO 2008 BOLIVIA AS 20 – Cochabamba - Resp. padre Ferruccio Modena Sostentamento di 10 mense che distribuiscono ogni giorno un pasto caldo a 1500 bambini dei quartieri più poveri di Cochabamba. AS 293 – Cochabamba - Resp. padre Ferruccio Modena Costruzione di una scuola per bambini dai 4 ai 14 anni; la struttura ospita 90 bambini nell’asilo e circa 700 nella scuola primaria. BOSNIA-ERZEGOVINA AS 336 – Mostar – Resp. suor Arcangela Kvesic Sostegno per gli operatori della “Casa per anziani” di cui Shalom ha già finanziato la ristrutturazione. AS 334 – Mostar – Resp. don Krescimir Puljic Sostegno economico del Corso di formazione universitaria per ragazzi bisognosi. BRASILE AS 182 – Ortigueira – Resp. Marisa Girardi Alfabetizzazione per i bambini delle favelas. Il progetto fornisce un contributo per l’acquisto di materiale didattico e alimenti. BURUNDI AS 168 –Bujumbura – Resp. padre Vittorio Blasi Sostentamento Centro Shalom Amahoro. Il Centro, sostenuto da Shalom fin dal 1993, ospita circa 100 ragazzi orfani. AS 337 – Bujumbura – Resp. padre Vittorio Blasi Acquisto di banchi per il centro “Shalom Amahoro”, sostenuto da Shalom fin dal 1993. COLOMBIA AS 335- Armenia – Resp. dott. Julian Ramirez Zuluaga Acquisto Centro Shalom: la nascita della nuova Comunità Shalom di Colombia ha reso necessario l’acquisto di uno stabile come punto di aggregazione, come base operativa di tutte le attività.

resoconto 2008


CONGO AS 306 – Sembé – Resp. suor Rita Panzarin Potenziamento del Centro Sanitario Shalom “Don Domenico Pincelli”. Il progetto, che avrà la durata di tre anni a partire dal 2008, prevede il rinforzo del servizio sanitario nel distretto di Sembé, con particolare riferimento ai servizi materno-infantili. FILIPPINE AS 21- Anciray – Resp. suor Rosanna Favero Sostentamento di una scuola materna. Il finanziamento prevede l’acquisto di materiale scolastico ed il mantenimento dell’insegnante per i bambini della scuola. AS 78 – Magsaysay – Resp. suor Rosanna Favero Programma di alfabetizzazione. Vengono assicurati vitto ed istruzione primaria a ragazzi “Mangyans” provenienti dalle zone montuose dell’isola di Mindoro. AS 87 – San Josè – Resp. suor Rosanna Favero Finanziamento per spese mediche ed acquisto medicinali da distribuire ai numerosi bambini ammalati, alle gestanti, agli ammalati di TBC dei quartieri più poveri della città. AS 88 – Labangan e Bangkal – Resp. suor Rosanna Favero Sostentamento di due scuole materne: acquisto di materiale scolastico e stipendio dell’insegnante. AS 183 – Manila – Resp. suor Rosanna Favero Corso di formazione, vitto e alloggio per ragazze “Mangyans” che si sono distinte per facilità di apprendimento e buona volontà, per cui si è deciso di sostenerle economicamente nel proseguimento degli studi superiori. SOSTEGNO A DISTANZA nelle Filippine e in Colombia. BORSE DI STUDIO a studenti di Uganda, Bosnia-Erzegovina, Kenya e Colombia.


Carissimi amici di Shalom, il 15 e 16 dicembre scorsi abbiamo celebrato il consueto incontro con i ragazzi del progetto di Sostegno a distanza e con le rispettive famiglie. Sono stati due giorni di grande gioia, ma, come di consueto, l’atmosfera di festa ed entusiasmo inizia molto prima delle date stabilite e continua poi nelle singole capanne e nei villaggi. Per preparare i pacchi dono di Natale i lavori iniziano ad ottobre, con gli acquisti di vestiario, stuoie, asciugamani, zanzariere, borse, contenitori per l’acqua e altre cose utili per tutta la famiglia. Facciamo gli acquisti a Manila, spediamo tutto via nave e, infine, iniziamo ad impacchettare, accompagnando queste tappe sempre con tanta gioia e riconoscenza perché sappiamo che sono frutto di tanta generosità e solidarietà e che sono eventi attesi da piccoli e grandi. Mentre noi, a nome vostro, prepariamo tutte queste cose, i nostri collaboratori nei loro rispettivi villaggi iniziano a preparare gli auguri natalizi per quanti, pur lontani, sono così vicini da toccare e trasformare le loro vite. È commovente vedere l’impegno, la pazienza e la creatività di grandi e piccoli che con orgoglio consegnano il loro grazie visibile, ma la gratitudine del cuore è espressa certamente molto più spesso. In molti villaggi i nostri bambini ed i genitori si riuniscono per pregare il rosario per i loro benefattori. In questi due giorni, oltre ai nostri collaboratori, ci aiutano tanti ragazzi e ragazze che hanno terminato lo studio grazie al Sostegno a distanza. Sono felici di essere ora protagonisti in modo diverso: aiutano a preparare gli incontri, accogliere le famiglie, distribuire i doni ed il pranzo. La prima giornata è dedicata a coloro che arrivano dalle isole più piccole, quelli che raggiungono San Josè via mare. Qualche gruppo deve mettersi in cammino alle 3 del mattino per scendere al piccolo porto ed evitare la bassa marea, ma non ci sono assenti all’atteso appuntamento. Il giorno seguente, invece, è dedicato ai villaggi delle aree interne ed i primi ad arrivare sono sempre gli indigeni mangyans, che vengono dai monti. Per loro la giornata inizia verso mezzanotte: si mettono in cammino per scendere a valle dove potranno viaggiare con la geepney, dopo tre ore di cammino. Per loro il nostro cancello si apre prima delle cinque ed il loro vocìo festoso si unisce alla nostra preghiera mattutina. Ogni gruppo si organizza in modo da arrivare insieme ed insieme porta anche qualche dono che offre a noi suore, ma col desiderio di indirizzarlo a voi. Nessuno arriva senza nulla: banane, noci di cocco, pesce appena pescato, conchiglie e galline, qualche scopa confezionata dal papà, un sacchetto di sale, papaya o altra frutta, dolci di riso e di banana e le immancabili parol: stelle di Natale confezionate con il materiale più impensabile... Sono doni che riceviamo con commozione e che poi condividiamo con altre famiglie bisognose. Dopo l’arrivo, incontriamo ogni gruppo separatamente: è una bella occasione per portare ai ragazzi e ai genitori i vostri saluti e l’incoraggiamento a continuare con impegno lo studio e la collaborazione fra di loro, nel proprio villaggio e nella comunità cristiana. I villaggi sono 52 e, quindi, il nostro incontro si ripete per 52 volte. I volti sono diversi, ma caratterizzati dallo stesso sorriso. Poi i ragazzi si recano a ricevere i doni: vestiario, cibo, denaro. Quest’anno è stato consegnato un contenitore per l’acqua (dono molto prezioso per ogni famiglia). Amore e solidarietà ricevuti molte volte vengono estesi ad altri: i nostri collaboratori ci raccontano di gesti di condivisione che le famiglie decidono di fare donando qualcosa a vicini o parenti bisognosi. Nel villaggio di Iling Proper i ragazzi hanno deciso di donare del vestiario ai loro coetanei che a Natale non avevano ricevuto nessun vestito nuovo. In altri villaggi sono stati preparati dei doni per i detenuti e per alcune famiglie provate da lutti e malattie. La vostra condivisione si concretizza in esperienze di fraternità e carità che si fanno culla per altri semi di solidarietà. Grazie! Suor Rosanna Favero

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INDIA AS 110 – Madras – Resp. suor Dominic Mary Medicine per prevenzione della cecità, causata dalla xeroftalmia, cioè dalla carenza di vitamina A , nella popolazione più povera della città. AS 256 – Ammanettai – Tanjavur – Resp. suor Alangaran Sostegno del dispensario, costruito e dotato da Shalom di attrezzature mediche il cui bacino di utenza è di circa 3000 persone dei villaggi sparsi nel territorio. AS 313 – Kanchipuran District – Resp. fr. L. John Benjamin Costruzione di 30 casette per 30 famiglie Dalits, il popolo dei senza casta e senza diritti, la cui esistenza è nota a pochissimi al mondo. AS 315 – Andimadam-Kumbakonam – Resp. mons. P. Remigius Costruzione di una chiesa che sostituisce la vecchia struttura ormai fatiscente ed in condizioni molto precarie. AS 330 - Swamimalai – Resp. mons. P. Remigius Costruzione di una chiesa per sostituire la piccola cappella preesistente, crollata in seguito alle piogge torrenziali. KENYA AS 333 –Nyanza- Resp. dott. Peter Onyango Sistemazione dell’asilo che accoglie 100 bambini orfani nel villaggio Unyolo: opere di ristrutturazione, progetto per la raccolta d’acqua piovana, sistemazione dei servizi igienico sanitari. UGANDA AS 326 - Mbarara – Resp. padre Emmanuel Tusiime Formazione dei responsabili del Centro Shalom per bambini orfani da Hiv e Aids e per donne con patologia psichiatrica e loro figli. AS 329 – Karama – Resp. padre Emmanuel Tusiime Ristrutturazione di un edificio scolastico già esistente, ma parzialmente inagibile, in quanto pericolante per il 50% della costruzione.


informazione

Shalom nel mondo

Uganda Paolo Maino, nella seconda settimana di febbraio 2009, si è incontrato con il fondatore della Comunità Yesu Ahuriire (Gesù Risorto) padre Emmanuel Tusiime Tusiime,, a Mbarara in Uganda, per una condivisione sul carisma fondativo. Entrambi hanno potuto riflettere ed approfondire la chiamata e la missione specifica di ciascuna comunità e condividere il loro desiderio - e l’urgenza - di offrire una formazione umano-spirituale ai membri delle loro rispettive comunità e a quanti sentono la stessa esigenza. L’annuncio che Dio è pace e che Gesù è vivo può passare attraverso uomini e cristiani maturi, capaci di rispondere alla frammentazione e alle attese del mondo d’oggi nella ricerca di un senso esistenziale. La collaborazione, instaurata ormai da alcuni anni tra le due Comunità, a favore degli ultimi e dei più poveri, continua con la realizzazione di micro e macro progetti soprattutto nei riguardi di bambini orfani, di bambini ammalati di Aids, di donne con problemi di salute mentale, rimaste sole e nell’impossibilità di accudire i loro figli. Nella prima settimana di febbraio, Paolo Maino, accompagnato da Peter Onyango, referente della Comunità in Kenya, e da Sara Paternoster, ha incontrato il Cardinale John Njue a Nairobi in Kenya. Nel corso del colloquio sono state presentate al Cardinale Njue le attività, il campo d’azione e il carisma principale della Comunità Shalom. È stata un’occasione di confronto sulla realtà locale e sul bisogno di una sempre più profonda ricerca di spiritualità, spiritualità, sfociata negli ultimi anni in Kenya nel proliferare di movimenti religiosi alternativi. La Chiesa Cattolica fatica a rispondere a tutti questi bisogni spirituali e il Cardinale si è dimostrato accogliente ed aperto a una possibile futura collaborazione.

Kenya

Israele Dal 31 gennaio al 7 febbraio 2009 Gregorio Vivaldelli si è recato in Terra Santa, a Nazaret ed a Isfiya (sulle pendici del monte Carmelo). Durante il suo soggiorno ha tenuto delle conferenze alla missione sul Monte Carmelo, a Nazaret per i religiosi e le religiose che operano in Galilea e alla comunità arabo-cristiana di Haifa. È stata, inoltre, l’occasione per incontrare padre Pizzaballa, Custode di Terra Santa, il direttore dello Studium Biblicum Franciscanum, nonché il Vescovo melchita Elias Cachour.

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informazione

Vita Veglia di preghiera per l’unità dei cristiani

A

di Tiziano

Civettini

ll’interno della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, lo scorso 23 gennaio 2009 la Comunità Shalom ha organizzato nella Chiesa Collegiata di Arco (TN), in collaborazione con il Decanato di Arco e l’Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo, una Veglia di Preghiera interdecanale. Erano presenti don Luigi Amadori, parroco di Arco, mons. Antonio Sebastiani, delegato diocesano per l’ecumenismo, Martin Burgenmeister, pastore della chiesa evangelica luterana di Merano, Gregorio Vivaldelli, biblista, i diaconi Tiziano Civettini e Mario Fontana. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2009 parte da uno sforzo unitario dei cristiani di varie parti del mondo, è una ricerca di unità forte ed è un processo lungo, ma il motore dell’unificazione è la promessa che Dio porta unità nella sua mano come dice il profeta Ezechiele: Ecco, io prenderò gli Israeliti dalle genti fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nel loro paese: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d’Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né più saranno divisi in due regni (cfr Ez 37,15-28). Se siamo al servizio della volontà del Signore Risorto e vivo, continueremo a crescere insieme e sarà possibile l’unità. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi (Gv 17,11). Gesù prega con insistenza il Padre perché noi possiamo scoprire l’immenso dono di essere suoi figli. Nel corso della Veglia il pastore Burgenmeister e il biblista Vivaldelli hanno proposto due riflessioni sulla Parola di Dio.

L’uomo, la musica, Dio

Incontri di formazione musicale

S

di Mirko

Pettinacci

in dall’inizio della sua storia, trent’anni fa, la Comunità Shalom ha riservato un ruolo importante alla musica. Il piccolo gruppo di persone che si incontravano per pregare insieme e condividere la scoperta di Dio, vivo e vicino, aveva intuito le potenzialità offerte dalla musica: il canto spiega le ali della lode e aiuta chi fatica ad usare le parole, sciogliendo le resistenze del cuore cuore.. Oggi la musica è una dimensione essenziale della vita della Comunità, sia come strumento di annuncio del messaggio di pace, sia come mezzo di guarigione del cuore, per la sua capacità di raggiungere l’interiorità profonda. Con l’obiettivo di aggiungere una maggior consapevolezza teorica all’esperienza trascorsa, è stato organizzato un ciclo di incontri di formazione musicale musicale.. Il primo ha presentato una panoramica della storia del canto cristiano, ponendo l’accento sul ruolo che ebbe, fin dalle origini, nella vita della Chiesa: mettere in risalto la Parola di Dio e il mistero che viene celebrato nella liturgia; favorire la comunitarietà delle celebrazioni, aiutare la lode e la supplica a raggiungere il cuore degli uomini e di Dio. Il secondo incontro ha indagato il rapporto fra musica e movimento, la relazione stretta fra l’emotività, il movimento del corpo e l’espressione musicale, che è all’origine del potere singolare che l’arte dei suoni ha sull’interiorità. L’uso concreto di questo potere è stato approfondito nell’ultimo incontro, dedicato alle possibilità della musica come strumento di guarigione. Se, da una parte, la musica sa parlare la lingua del mondo emozionale, dall’altra, è una forma di comunicazione strutturata in modo equilibrato e razionale e può, quindi, riequilibrare e pacificare anche il nostro mondo interiore ferito.

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comunitaria

di Julian

Ramirez Zuluaga

Volti del carisma Shalom in Colombia Calarcà: nuovo nucleo di preghiera Un gruppo di persone di Calarcà, nella regione del Quindío, ha chiesto alla Comunità Shalom di tenere degli incontri di preghiera nelle loro case case,, poiché desideravano conoscere meglio il carisma comunitario della pace e della riconciliazione. Si è così formato un primo nucleo di quindici persone, con le quali alcuni animatori della Comunità si stanno incontrando settimanalmente, incoraggiandone la fraternità con l’aiuto della preghiera di lode e dell’adorazione dell’adorazione Eucaristica e l’avvicinamento alla Parola di Dio. Dio Le persone, pur molto diverse per professione ed età, hanno fatto esperienza della forza della preghiera, come intercessione per la pace e la riconciliazione.

Armenia: incontro di formazione e preghiera con gli operai La Comunità Shalom è stata invitata a tenere un incontro di formazione e preghiera per un gruppo di dipendenti di una grande fabbrica di mobili di Armenia (Quindìo). Gli operai e i dirigenti della compagnia hanno partecipato al momento di lode guidato dagli animatori della Comunità; hanno ringraziato Dio di potersi recare ogni mattina al lavoro e non dover andare alla ricerca di un impiego, come la gran parte della popolazione di quella regione. È stata, inoltre, un’opportunità per favorire la riconciliazione tra i membri dell’impresa dell’impresa,, che, alla luce dell’esperienza del Vangelo, sono stati invitati ad accogliere Gesù nel loro ambiente di lavoro, amandosi e perdonandosi vicendevolmente. Tra i dipendenti vi sono state spontanee espressioni di fraternità e riconciliazione.

La scoperta del perdono Cari amici italiani di Shalom, da quando frequento la Comunità Shalom mi sono successe molte cose positive, ma la più importante e significativa è stata la scoperta del perdono. Il Signore mi ha messo di fronte alla mia difficoltà di fare il primo passo verso la riconciliazione. Attraverso la Comunità e la preghiera quotidiana, mi ha donato il suo aiuto per salvare il mio matrimonio in crisi, attraverso piccoli passi di accettazione e riconciliazione con mio marito. Ora frequentiamo insieme gli incontri comunitari e quest’onda di perdono si è estesa anche alla mia famiglia di origine ed al mio vicinato.

Estela Quintero

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di Bruno

N

La Bibbia, dialogo tra Dio e l’uomo

Maggioni

«I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie ella Lettera agli Ebrei si dice che Dio aveva parlato non sono le mie vie» (Is 55,8). La Parola di Dio è una «molte volte e in diversi modi nei tempi antichi» (1,1). parola che esce da un mistero, e di questo mistero rende Basta sfogliare la Bibbia per accorgersi della verità di consapevole l’uomo. Ma non sopprime la distanza fra questa affermazione. Dio ha parlato al suo popolo Dio e l’uomo: le sue vie restano le sue vie, più alte delle attraverso la riflessione dei sapienti che hanno scrunostre «quanto il cielo sovrasta la terra» (Is 55,9). tato i fatti della vita e i problemi dell’uomo, attraverso Leggere le Scritture non è sempre facile e richiede la parola ispirata dai profeti, attraverso i fatti, piccoli e qualche aiuto. Perché le parole della Scrittura non sono grandi, eccezionali e quotidiani, della vita. La Bibbia è parole che basta rompere come un guscio di noce per una biblioteca, fatta di libri di epoche diverse, di autori spremerne la ricchezza. Sono parole che vanno capite diversi e di vicende diverse. a fondo inserendole nelle manifestazioni del divino Leggendo la Bibbia ci si accorge che il parlare nel mondo. La funzione della parola scritta è di essere di Dio è dialogico: Dio interroga l’uomo e si lascia utilizzata come «strumento» per ricavare e sviluppare di interrogare dall’uomo. dall’uomo. Le domande di Dio raggiunnuovo quella vita che in essa si è come sedimentata. gono l’uomo attraverso il profeta o la tradizione della Dio ha parlato in un tempo, per l’uomo di quel fede, o la storia stessa. E le domande dell’uomo a Dio tempo, ma quanto ha detto è attuale anche per noi. noi. salgono dalla vita, una vita spesso contraddittoria, che Il fatto che la Parola sia stata scritta è perché lo scritto sembra smentire la presenza di Dio, la sua fedeltà, è qualcosa che dà stabilità. A patto però che non la sua bontà. imprigioni, ma accetti il suo ruolo umile (e imL’originalità dell’uomo biblico è che portante) di «inviare oltre». È un passaggio, le domande che nascono dalla sua non un punto di arrivo. Ciò che importa vita egli non le pone a se stesso, stesso, né capire è chi è Dio e qual è la sua semplicemente agli altri uomini, ma presenza nel mondo e nella direttamente a Dio. Dio nostra vita. Ma c’è anche un altro tratto da osser vare. Nel (dalla prefazione dialogo tra Dio e l’uodi “La Bibbia”, mo e l’uomo e Dio Àncora, 2009) si insinua spesso Bruno Maggioni una tensione: Sacerdote, è uno dei maggiori biblisti italiani. Ha studiato teologia e scienze bibliche alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È docente di esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale di Milano e di Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano, ma tiene costantemente incontri e lezioni in tutta Italia. Ha scritto decine di testi, tutti incentrati sulla Bibbia e la Parola di Dio Dio.

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N

on è una Bibbia per coloro che sono già studiosi ed esperti, ma per uomini normali, che si interrogano sulla vita e il suo senso, che faticano e si domandano la direzione in cui continuare a faticare. In essa troviamo un commento per chi comincia a leggere la Parola di Dio, lasciandosi da essa sorprendere e interrogare. È una Bibbia anche per giovani che vi si accostano probabilmente con curiosità. È una Bibbia per la «gente», che è il pubblico vero al quale Dio ha parlato. Bibbia «Àncora»: questa espressione certamente allude all’Editrice che la pubblica, ma mi piace sottolineare che essa contiene anche un grande simbolo. Senza «àncora» la nave è sballottata dalle onde e dai venti, gli orizzonti si susseguono confusamente, senza la possibilità di osservarli da un punto fermo e da vicino. La Parola di Dio è il punto fermo che ci permette di osservare la vita, il variare delle idee, il moltiplicarsi delle culture, il via vai dei fatti, da un punto fermo, che è ben diverso che osservare le cose una per una e confusamente, senza scorgerne il significato di fondo e il loro collegamento. (Bruno Maggioni - dalla prefazione di “La Bibbia”)

a cura di Bruno Maggioni e Gregorio Vivaldelli

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formazione di Tiziano

Il labirinto

Civettini

Cercansi persone vere (II parte)

C

oncludevamo la prima parte di questo intervento, parlando della “antropologia radicale” e dell’idea di libertà assoluta che propone. Quella che oggi più preoccupa è l’antropologia nichilista, che non è propriamente una antropologia, anzi, ne è la negazione; il nichilismo (deriva da “nihil”, che in latino significa “niente”) è un pensiero che ha svuotato dal suo interno ogni valore, ogni senso compiuto, un pensiero pervasivo, che tende oggi ad invadere tutto e tutti, anche noi cristiani. Siamo partiti da lontano, da una certa idea, di matrice psicoanalitica, per cui io sono le mie pulsioni e la mia storia è quella della soddisfazione delle mie pulsioni. Quest’idea è rafforzata dall’individualismo diffuso, secondo cui l’unico principio sano è il “principio del piacere”. Ne consegue che la vita vera è quella di chi fa quello che si sente e quello che gli piace. La visione nichilista non fa altro che svelare il vuoto di questo stile di vita, che non cancella solo ogni valore, ma il significato stesso del vivere, la gioia di vivere. È una patologia della speranza. Umberto Galimberti ha scritto un libro su questo argomento intitolato L’ospite inquietante. Inizia così: “Un libro sui giovani: perché i giovani, anche se non sempre sono consci, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui” . L’uomo contemporaneo tende a rifiutare le proprie radici: radici: la famiglia, la nazione, l’appartenenza. Rivendica l’azione individuale, immediata e spontanea, quindi mossa dall’impulso del momento; vive a caso, aperto ad ogni situazione e in balìa degli eventi, senza norme, senza leggi, senza un sistema di valori codificati. Un autore contemporaneo afferma: “Siamo stanchi dell’albero, non dobbiamo più credere agli alberi, né alle radici, ne abbiamo sofferto troppo. Niente è bello, niente è amorevole”. L’uomo contemporaneo si considera come un “rizoma”, una pianta senza tronco e senza radici, concentrato esclusivamente sul presente, senza passato e senza futuro. Certamente il passato è passato e il futuro non c’è ancora… ma tanti drammi sociali e personali hanno mostrato che ciascuno sconta il proprio passato (le proprie radici, la propria famiglia di origine) - tanto più se lo rifiuta - e il mancato progetto per il futuro (la fatica di lavorare su se stessi per un dopo). Il nichilismo è una visione del mondo che ha il potere di paralizzarci. Antidoto a questo potere è il radicarsi, il “salire sulla barca”, abbracciando totalmente il nostro passato e il nostro futuro, aprendosi alla speranza, speranza che non è semplicemente ottimismo, ma azione e fatica per un futuro più buono. Foto di Stefano Parisi

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formazione A questo punto si può parlare di antropologia cristiana? Sì, purché si superi l’equivoco che considera il cristiano come l’uomo “modello-base” con in più “il turbo” dello spirito. La questione non riguarda il “di più” da possedere, ma la mèta da conoscere. Le antropologie finora descritte hanno infatti una caratteristica comune: quella di aver smarrito o addirittura negato la mèta, il fine per cui l’uomo esiste. Allora, la domanda che deve guidare noi genitori, qual è il fine lavoratori, cittadini è: “qual è il fine che devo raggiungere e aiutare altri a raggiungere?”. che devo Sappiamo bene che a volte siamo mossi da altre prioraggiungere? rità; potremmo trovar giusto proteggere a qualunque costo coloro che ci sono affidati, evitando loro qualsiasi contrarietà e grattacapo. Saremmo allora servitori del loro benessere, ma non del loro vero bene; li difenderemmo da tutto e da tutti (anche Dio), perdendo di vista che cosa vuole invece il Signore da noi e da loro e che senso ha quello che stanno vivendo, anche la sofferenza. Essere credenti non significa essere esenti da rischi, perché essere credenti non è semplicemente accettare per vere delle affermazioni di principio, dei valori, dei comandamenti, ma condividere il pensiero di Dio sull’uomo, condividere il suo desiderio e cercare di agire di conseguenza. Tutti esistiamo per un unico fine soprannaturale, che tuttavia non riusciamo a raggiungere con le nostre sole forze, cioè con tutte le energie del corpo, della mente e dello spirito. Questo vale per tutti gli uomini, non solo per i cristiani. Come credente, come responsabile, come genitore, come cittadino, devo perciò coltivare la visione positiva dell’uomo che aveva S. Paolo: in ogni persona c’è “un altare al Dio ignoto”, una nostalgia di Dio che attende di ricevere senso con una parola adeguata. Ma contemporaneamente devo tener presente che in ogni essere umano c’è una dialettica insuperabile tra la ricerca di noi stessi e la ricerca di Dio. In fin dei conti siamo dibattuti tra due amori: l’amore di sé e l’amore di Dio, come diceva S. Ignazio di Loyola. Questa è la nostra costituzione umana, la nostra antropologia, a partire dalla quale possiamo vivere bene in questo mondo. È un’antropologia della lotta, lotta, per cui, sapendo che non dipende tutto da noi, dobbiamo però agire come se tutto dipendesse da noi per raggiungere il fine per il quale siamo stati creati. È un’antropologia della riconciliazione, che ci chiama non a risolvere le nostre ambiguità, ma a fare unità in noi, ad integrare le nostre ferite e le nostre conquiste, la nostra dimensione debole e la nostra dimensione forte. Per questo è così importante e vitale il perdono permanente verso tutti, anche verso noi stessi. È un’antropologia della libertà, ma non per vivere in balìa di quello che vogliamo o ci sembra di volere in un dato momento; la libertà è la capacità di aprirci alla nostra più profonda verità, verità, una capacità che deve continuamente essere liberata, mantenuta libera ed educata. Dice ancora sant’Ignazio di Loyola che quel che conta nell’uomo è l’intenzione buona (non la buona intenzione), cioè tenere l’occhio del cuore fisso al fine per cui siamo stati creati, che è anche il nostro compimento, la nostra realizzazione. La scelta di fondo allora non è tanto tra il bene e il male, ma tra il vivere “per me” e il vivere “per Dio”; non è fare opere buone, ma fare “l’opera di Dio”. È un’antropologia della pace, che non è fatta per chi “vuol essere lasciato in pace”, ma per chi vuol costruire rapporti, strutture, ambienti, cultura di pace. Ma una antropologia della pace va inventata, liberando ogni potenzialità di amore che ci è stata data. “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”, dice Gesù.

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formazione di Gregorio

Vivaldelli

Mosè:

il profeta della precarietà (I parte)

Quanto amo la tua Parola, Signore Foto di Stefano Parisi

«Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto…» (Es 3,1-14) chiamata divina. Rispondere alla propria chiamata spesso può richiedere il coraggio di saper rinunciare alla sicurezza dei propri punti di vista, alle proprie certezze.. La chiamata richiede di intraprendere un cammino tezze aperto al futuro, che abbia il coraggio di scommettere la propria vita sulla Parola di Dio, la quale molte volte si presenta così debole rispetto all’arrogante sicurezza con cui ci raggiungono tante parole pubblicitarie e televisive da sembrare inattuale e inattuabile.

M

osè, uno dei più importanti personaggi dell’Antico Testamento, ci permette di soffermarci sul tema della precarietà. In ogni fase della vita di Mosè – dall’abbandono in un cesto di vimini sul Nilo alla drammatica morte sul monte Nebo – si possono individuare degli aspetti che rivelano la capacità di incarnare la missione affidata da Dio entro i confini della fragilità e precarietà umane: «Abramo non sospetta che Dio possa essere nell’errore e nell’ingiustizia. La sua fede è assoluta. È il Anche la rivelazione del nome stesso di Dio profeta della certezza. Mosè invece è il profeta del (Es 3,13-14) non dice tutto sull’identità di Colui che dubbio, del rifiuto, della ribellione ribellione.. Si torna sempre a sta chiamando Mosè. YHWH apre un cammino, un lui quando si cerca l’esempio di una profezia del dolore» futuro, assicura una presenza e una compagnia. L’uo(A. A. Neher Neher). ). Infatti, come giustamente mo chiamato da Dio impara a fidarsi ha scritto Ravasi, «Mosè non è il tipo di Lui facendo esperienza nella sua dell’eroe coraggioso, che prevale L’esperienza di Mosè non nega vita di un Dio che entra nella storia combattendo. È piuttosto uomo di la precarietà del vivere, ma la assumendo su di sé la stessa precapassioni instabili e la sua paura viene considera un’opportunità data rietà umana: affidando se stesso e più volte ricordata». all’uomo per vivere in pienezza la propria credibilità all’opera di un la propria chiamata. uomo. «Io sono colui che sono» non Nel racconto della vocazione ha fretta di rivelare il suo volto; la codi Mosè (Es 3,1-12), chiamato a buon noscenza di Dio da parte di Mosè sarà diritto la madre di tutte le vocazioni, il nostro tanto più profonda quanto più fedele sarà la protagonista comprende che la propria vita sarà una sua sequela. Anche nel parlare del suo Dio Mosè sarà risposta alla volontà di un Altro che gli sta indicando un “precario”, perché non potrà dire tutto, non potrà un cammino difficile, imprevedibile e, forse, incredibile. essere padrone del suo Dio, non potrà mai rinchiudere Proprio nel momento in cui, scappato dall’Egitto, dopo in un cassetto concettuale l’assoluta grandezza di Dio. aver commesso un omicidio, si è sposato con Zippora, Anche noi siamo senz’altro chiamati a testimoniare il figlia del madianita Ietro, trovando in tal modo stabilità volto misericordioso di Dio negli ambienti nei quali viper la sua vita, Mosè viene chiamato da Dio dal fuoco viamo. Tuttavia, l’esperienza di Mosè al roveto ardente del roveto. Egli deve “togliersi i sandali”, rinunciare cioè ci ricorda che Dio è sempre oltre rispetto ad ogni nostra alla sua proprietà e ai suoi progetti, passare al vaglio del comprensione. È la precarietà della conoscenza di fuoco di Dio, che lo purifica e lo plasma. Il sandalo è anDio da parte dell’uomo. dell’uomo. È la precarietà di ciò che ci che la protezione che l’uomo interpone tra sé e la nuda pare di aver capito di Dio. In tal senso la precarietà si terra, che simbolicamente può rappresentare il mondo. In rivela come un formidabile antidoto capace di insegnarci questo modo Mosè è invitato, davanti a Dio, a deporre che Dio, oggi stesso, può rivelarsi in un modo ancora ogni sicurezza, sicurezza, dimostrando così una totale fiducia nella più nuovo e sorprendente. (-continua-)

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formazione

Carissimo...

di Eliana

Un “grazie”

Aloisi Maino

La persona grata è in un circolo per il quale sarà sempre più amata e benvoluta. La persona ingrata è nel circolo opposto. Che fare per entrare nel circolo positivo e spezzare quello negativo? L’elemento fondamentale è il desiderio e, quindi, la decisione. Posso decidere, scegliere e volere un atteggiamento costante di gratitudine e cioè voglio voler vedere quanto Dio, la vita e gli altri mi donano. È una scelta di verità. Non posso intervenire direttamente sull’attitudine del cuore, ma posso farlo attraverso la mente, la parola, il corpo. Il primo gradino è la decisione di sorvegliare quanto la mia mente pensa, la mia bocca e il mio corpo esprimono e abbandonare il linguaggio della mormorazione, del pensare e parlare male. Il passo successivo sarà di tenere un’attenzione vigile e costante su quanto ricevo, decidendo di non dare niente per dovuto o assodato. La cecità di cui siamo affetti non è patologica, ma è provocata da atrofia, da non uso. Quindi la vista della gratitudine dovrà essere allenata un po’ alla volta a riprendere la sua funzionalità. funzionalità. Così come dovrà essere allenato il nostro linguaggio a dire “grazie”. All’inizio potrà essere una ricerca, una gratitudine razionale: grazie del sole che splende e che non ho fatto io, grazie di questo luogo così bello nel quale vivo, grazie di questo corpo che ho ricevuto e che mi permette di fare tante cose. Un po’ alla volta verrà pulita la nostra vista interiore e ci accorgeremo di quanto ci verrà donato… e di quanto è bella e generosa la vita!

che apre alla vita Carissimo, sono d’accordo con te: la gratitudine sembra essere una pianta in via d’estinzione. Ed è un vero peccato, perché la gratitudine e l’ingratitudine, prima di essere aspetti morali, sono elementi di felicità o d’infelicità. Su questi due fattori si gioca molto del nostro ben-essere. Provo a spiegarmi: c’è una circolarità tra mente - cuore - bocca - corpo. Io sono quello che ho nel cuore, che la mia mente pensa, la mia bocca esprime e il mio corpo manifesta manifesta.. Se nel mio cuore e nella mia mente c’è una visione positiva della vita, il mio parlare è positivo e il mio corpo esprime positività. Mi sento bene con me stesso e con il mondo. Parlo e penso bene di me e degli altri e questo rinforza continuamente l’attitudine di fondo del mio cuore e il cuore mi spinge ad agire sempre meglio. Si innesca un circolo virtuoso: ognuno di questi elementi rinforza ed è rinforzato dagli altri e contribuisce a rendermi sempre più una persona integrata e sostanzialmente positiva. Cosa c’entra questo discorso con la gratitudine? La gratitudine è il sentimento di riconoscenza per un bene ricevuto ricevuto.. Mi accorgo, ri-conosco, quanto ricevo da Dio, dalla vita e dagli altri e mi sento muovere dentro un sentimento di affetto ed anche di commozione e stupore: sono così importante per qualcuno, che mi sta donando qualcosa! Ed è chiaro che poco importa il valore di quel “qualcosa”. Questo sentimento, unito alla constatazione razionale di quanto ricevuto, mi porta in modo naturale a benedire, a “dire-bene”, a dire GRAZIE. Amo gli altri e la vita perché sono buoni e generosi con me e tale disposizione d’animo provoca in me la migliore condizione per ricevere ancora e di più, per essere amato ancora di più. “A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza”. Perché? Perché assumo un atteggiamento così grato verso il mondo e le persone da attirarne la benevolenza e la simpatia. Perché la gratitudine fa bene a chi la esprime e a chi la riceve riceve. La persona ingrata non è una persona cattiva, sembra essere piuttosto una persona cieca. Non si accorge, non vede quanto riceve e, quindi, è come se non ricevesse nulla. E non accorgendosi di quanto riceve, viene continuamente rinforzata nell’idea negativa degli altri, del mondo ed infine di se stessa. Queste persone mi fanno tanta tenerezza: soffrono e fanno soffrire. Proprio perché non vedono quanto ricevono, sono convinte di essersi fatte da sole e di non dover ringraziare nessuno.

Ciao. Tua Eliana

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VenerdÌ 19 giugno

Riva del Garda (Tn)

19- 21 giugno 1979- 2009

Siamo lieti di invitarVi al

30 Anniversario

F ore 20.30 Celebrazione Eucaristica in memoria di don Domenico Pincelli, cofondatore della Comunità Shalom Chiesa Parrocchiale di Varone - Riva del Garda (TN) Presiede S. E. Mons. Fabio Duque Jaramillo, Arcivescovo di Armenia (Colombia). Concelebra S.E. Mons. Yves Marie Monot, Vescovo di Ouesso (Congo-Brazzaville) portando la testimonianza dell’attività del “Centro Medico Shalom don Domenico Pincelli” realizzato nella sua diocesi.

Sabato 20 giugno

F ore 15.30-18.00 Incontro con i responsabili della Comunità Shalom e delegati dei Paesi Varone di Riva del Garda (TN) presso padri Verbiti.

F ore 20.00 Celebrazione Eucaristica Chiesa Collegiata S. Maria Assunta ad Arco (TN) presiede l’Archimandrita Sergius Gajek, Visitatore Apostolico “ad nutum Sanctae Sedis ” per i greco-cattolici in Bielorussia.

Domenica 21 giugno

°

di Fondazione della

Comunità Shalom

F ore 8.30-12.00 Voci dal mondo Centro Congressi Hotel Astoria - Viale Trento 9 - Riva del Garda (TN) F ore 10.30-11.00 Coffee break

F ore 12.00 Lectio Magistralis di S. E. Card. Stanislaw Rylko Centro Congressi Hotel Astoria - Viale Trento 9 - Riva del Garda (TN)

F ore 13.30 Pranzo presso i padri Verbiti Varone di Riva del Garda (TN) (è gradito un cenno di conferma - tel. 0464 555767 cell. 3479278272)

F ore 16.00 Celebrazione Eucaristica Chiesa Parrocchiale di S. Giuseppe - Riva del Garda (TN) Presiede S. E. Card. Stanislaw Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. (traduzione simultanea in inglese, francese, tedesco e spagnolo)

Oltre ai delegati dei Paesi dove operiamo, saranno presenti: S. E. card. Stanislaw Rylko

S. E. mons. Fabio Duque Jaramillo

S. E. mons. Anthonisamy Neethinathan

Arcivescovo di Armenia (Colombia)

Vescovo di Chingleput - Tamil Nadu (India)

S. E. mons. Yves Marie Monot

S. E. mons. Paul K. Bakyenga

Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici

Vescovo di Ouesso (Congo-Brazzaville)

Arcivescovo di Mbarara (Uganda)

S. E. mons. Luigi Bressan

S. E. mons. Francis Antonysamy

Archimandrita Sergius Gajek

Vescovo di Kumbakonam - Tamil Nadu (India)

S. E. mons. Gabriel Kujur

Visitatore Apostolico “ad nutum Sanctae Sedis” per i greco-cattolici (Bielorussia)

Vescovo di Daltonganj - Jharkhand (India)

Mons. Segundo Tejado Munoz

Arcivescovo di Trento (Italia)

rappresentante Pontificio Consiglio Cor Unum

per informazioni contattare Rita o Roberta al n. +39 0464.555767


Prendi nota APRILE Venerdì 3 - ore 20.30 Incontro di preghiera per i malati Giovedì 9 Chiesa di S. Anna di Arco Veglia del Giovedì Santo dalle ore 21.30 alle 02.00 Venerdì 17 - ore 20.30 S. Messa presiede don Daniele Laghi Domenica 19 - ore 15.00 Domenica di formazione e spiritualità: “Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso” Gregorio Vivaldelli Venerdì 24 - ore 20.30 Incontro di preghiera: l’unità

MAGGIO Venerdì 8 - ore 20.30 Chiesa Parrocchiale di Varone di Riva del Garda Il terzo viaggio missionario di Paolo Gregorio Vivaldelli Venerdì 15 - ore 20.30 S. Messa Venerdì 22 - ore 20.30 Incontro di preghiera: la lode Venerdì 29 - ore 20.30 Incontro di preghiera: la gratitudine Domenica 31 - ore 15.00 Pentecoste - Festa di Alleanza Uomini riconciliati sulle strade del mondo Paolo Maino

Tutti gli incontri si svolgono presso la sala dei Padri Verbiti a Varone di Riva del Garda (TN) Gli appuntamenti possono subire delle variazioni. Per aggiornamenti consultare il sito www.shalom-i.it

GIUGNO Venerdì 5 - ore 20.30 Incontro di preghiera per i malati Venerdì 12 - ore 20.30 Incontro di preghiera Venerdì 19 - ore 20.30 Chiesa Parrocchiale di Varone di Riva del Garda S. Messa in memoria di don Domenico Pincelli presiede S. E. mons. Fabio Duque Jaramillo Sabato 20 - ore 20.00 Chiesa Collegiata di Arco S. Messa presiede l’Archimandrita Sergius Gajek Domenica 21 - ore 16.00 Chiesa Parrocchiale di S. Giuseppe Riva del Garda (TN) Celebrazione eucaristica del 30° di fondazione della Comunità Shalom presiede S.E. card. Stanislaw Rylko Venerdì 26 - ore 20.30 Incontro di preghiera Sabato 27 - ore 21.00 Chiesa Parrocchiale di Brenzone (VR) Worship concert

FORMAZIONE GIOVANI Dal 12 al 18 luglio 2009 a Vetriolo (TN) si terrà una settimana di formazione e condivisione per bambini e ragazzi dai 9 ai 14 anni. anni. Sarà l’occasione per sperimentare da vicino ed in prima persona il carisma comunitario della gioia, della pace e della condivisione, nella semplicità dello stare assieme. Per i giovani delle scuole superiori: presso la sede Shalom di Riva del Garda (TN), Viale Trento 100, alle ore 15: sabato 4 aprile: aprile: L’affettività (dott.ssa Maria Luisa Toller); sabato 18 aprile: aprile: La famiglia e i giovani (Alberto Vivaldi); sabato 25 aprile aprile:: Gita sul Monte Stivo - Rifugio Marchetti; sabato 9 maggio - domenica 10 maggio maggio:: Raccolta carta e ferro con Parrocchia di Arco e Associazione ArcoNoi; sabato 16 maggio: maggio: Il sentiero della pace (Alberto Vivaldi); sabato 23 maggio ore 20.30: 20.30 Chiesetta di S. Anna ad Arco, Adorazione Eucaristica.

ALLEANZA Domenica 31 maggio 2009, 2009, nella solennità di Pentecoste, la Comunità Shalom celebra, come tutti gli anni, l’evento più significativo della sua vita comunitaria: il rinnovo del Patto di Alleanza, Alleanza, come previsto dallo Statuto della Comunità. È la giornata in cui ogni membro della Comunità sceglie di camminare insieme a Dio ed ai fratelli sulla via della pace, della gioia e della condivisione con i poveri. Paolo Maino terrà un insegnamento dal titolo “Uomini riconciliati sulle strade del mondo”. La celebrazione Eucaristica sarà presieduta da don Ellerino Cozza,, Vicario episcopale per la vita consacrata. Cozza

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5 x mi lle La tua firma a sostegno dell’Associazione dell’ Associazione Shalom Solidarietà Internazionale onlus

Mario Rossi 93006880228

Codice fiscale dell’Associazione Shalom Solidarietà Internazionale

Il contribuente ha la possibilità di destinare una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). All’interno della dichiarazione dei redditi (CUD - 730 - UNICO) c’è una sezione in cui specificare la scelta per la destinazione del 5 per mille dell’IRPEF. Il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente ed indicare il codice fiscale del soggetto beneficiario (vedi esempi).

CON il tuo ai uto

assicuriamo il sostentamento O delle mense di Padre Ferruccio Modena in Bolivia Bolivia, O del Centro di riabilitazione per disabili a Mostar, in Bosnia-Erzegovina Bosnia-Erzegovina, O del Centro Shalom-Amahoro in Burundi Burundi, O del Centro di attività e formazione in Colombia Colombia, O dei progetti di solidarietà di suor Rosanna nelle Filippine Filippine, O dei numerosi progetti dell’India India, dell’Uganda Uganda, del Kenya Kenya…

Mario Rossi 93006880228

Codice fiscale dell’Associazione Shalom Solidarietà Internazionale

Strumenti di Pace

La Bibbia

a cura di Bruno Maggioni e Gregorio Vivaldelli Pagine 1768

Non è una Bibbia per coloro che sono già studiosi ed esperti, ma per uomini normali, che si interrogano sulla vita e il suo senso, che faticano e si domandano la direzione in cui continuare a faticare. In essa troviamo un commento per chi comincia a leggere la Parola di Dio, lasciandosi da essa sorprendere e interrogare. È una Bibbia anche per giovani che vi si accostano probabilmente con curiosità. È una Bibbia per la «gente», che è il pubblico vero al quale Dio ha parlato. Bibbia «Àncora»: questa espressione certamente allude all’Editrice che la pubblica, ma mi piace sottolineare che essa contiene anche un grande simbolo. Senza «àncora» la nave è sballottata dalle onde e dai venti, gli orizzonti si susseguono confusamente, senza la possibilità di osservarli da un punto fermo e da vicino. La Parola di Dio è il punto fermo che ci permette di osservare la vita, il variare delle idee, il moltiplicarsi delle culture, il via vai dei fatti, da un punto fermo, che è ben diverso che osservare le cose una per una e confusamente, senza scorgerne il significato di fondo e il loro collegamento. (Bruno Maggioni - dalla prefazione di “La Bibbia”)


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