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Charis • Il “riposo nello Spirito”: esperienza mistica?

Il riposo nello Spirito: esperienza mistica?

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DI PAOLO MAINO

Un fenomeno caratteristico e quasi esclusivo del Rinnovamento Carismatico (RC), è il “riposo nello Spirito”. Si tratta di un argomento intrigante e inquietante sia per la poca conoscenza, sia per la curiosità che produce. Si manifesta normalmente durante la preghiera: le persone cadono per terra, con effetti vari di pianto, di riso, di pace, di tremore, manifestazioni sempre difficili da codificare. È un’esperienza misteriosa: la persona, lucida nelle proprie facoltà mentali, sembra che, “toccata dallo Spirito”, abbia una specie di “abbattimento”. È un fenomeno che sembra avvicinarsi alla mistica, ma una mistica È un fenomeno che sembra avvicinarsi semplice, dove anche le dimensioni di alla mistica, ma una tempo e spazio mistica semplice vengono alterate o superate, in una visione che incorpora passato e futuro nel presente, e dove si vive un momento di esperienza unica ed irripetibile. Dalle molte testimonianze, che in tanti anni ho potuto raccogliere, quasi sempre emerge che, durante il “riposo nello Spirito”, avviene la visualizzazione di una luce, che sembra identificarsi con Dio, con lo Spirito, con Gesù. Questa luce fa sorgere sentimenti di pace, di conversione, di rinnovo del senso la presenza di Dio della vita, di attrazione verso il divino, in me era così forte che “calamitava” di benessere ogni mia facoltà generale. Il modo in cui viene sperimentato lo Spirito è da sempre descritto come un “fluire, un fondere e uno splendere” e si presenta come “energia vitalizzante” o come “sorgente luminosa”. Lascio la parola a due testimonianze che descrivono l’esperienza fatta e gli effetti prodotti.

“Era l’estate del 1985, avevo 18 anni… Durante la preghiera avvertii una grande pace, un senso di calore pervadere tutto il mio corpo dalla testa fino ai piedi e le forze venire a mancare. Mi accasciai sul pavimento. Sentivo una forte presenza di Dio. Ero perfettamente

cosciente di ciò che mi succedeva intorno, ma la presenza di Dio in me era così forte che “calamitava” ogni mia facoltà. Un senso di grande quiete e di pace pervadeva ogni cellula del mio essere e del mio corpo. Sperimentavo un senso di benessere nuovo… Mi sembrava tutto bello, tutto facile, tutto possibile: per la prima volta vedevo la vita e la mia vita con occhi nuovi. Questo stato di grazia durò alcuni minuti, poi mi rialzai. Nei mesi e negli anni a seguire ho ricevuto ancora molte volte il dono del riposo nello Spirito. A volte sentivo Gesù parlare al mio cuore, a volte avvertivo che qualcosa in me stava succedendo – senza però rendermi conto di cosa – e il senso di pace nel quale ero mi sembrava quasi “un’anestesia”, altre volte rimanevo semplicemente abbandonata nell’abbraccio di pace che mi avvolgeva. Ciò che ho potuto constatare a distanza di tempo, guardando indietro, La morte improvvisa e è stata in molti casi una potente drammatica di mia guarigione madre mi aveva confermato come la vita fosse solo interiore di situazioni che mi bloccavano ed un’attesa della morte ostacolavano il mio cammino verso Gesù…” spazio. Qui sono in gioco i sentimenti, la soggettività, l’emotività, i sensi, la profondità nascosta del cuore, la visione, la luce, le profezie, le lingue; e cadono i mediatori, esclusi dal rapporto diretto con il divino. Il fenomeno del “riposo nello Spirito” era prassi comune nella tradizione protestante, ed è ben documentato. Nella tradizione cattolica ed anche nel RC, si nota un controllo molto rigoroso, giustificato dal timore - come scrive J. Vernette - di confondere la dimensione spirituale con quella emotiva, il misticismo con l’intimismo, il divino con l’irrazionale.

Spesso, al solo nominare questo tipo di esperienza, emerge un mondo visionario e onirico, di trasgressione, quasi di magia, di trance, di esaltazione, di esperienze limite, di tecniche per raggiungere stati superiori di coscienza. La linea di demarcazione tra queste esperienze e il riposo nello Spirito è molto sottile. È sempre difficile cogliere dove inizia l’impulso spirituale e dove entrano elementi di suggestione, anche perché è facilmente sorpassabile il limite tra quello che il fedele riceve in dono dallo Spirito e quello che lui stesso produce.

Nella seguente testimonianza sembra che, oltre al “mancamento” fisico, alla presenza luminosa dell’esperienza diretta con Dio, e ad un ritorno al passato come processo di guarigione interiore, venga messa in risalto anche la visione di un contatto con una terza persona: Sottolineo che il “riposo nello Spirito” non significa in alcun modo perdita di coscienza, interruzione del libero arbitrio o della propria volontà, ma solo una specie di “mancamento di forze”. Se vi è una concreta iniziativa da parte di Dio, la persona conserva sempre l’esercizio della propria libertà e delle proprie capacità intellettuali.

“I miei studi mi avevano portato ad avere come unica fede quella della scienza sperimentale, credevo solo in ciò che si poteva dimostrare. La morte improvvisa e drammatica di mia madre mi aveva confermato come la vita fosse solo un’attesa della morte. Durante la preghiera ho avvertito un rilascio fisico generale e mi sentivo cadere, ma avevo anche la consapevolezza di poter rifiutare “quella cosa” e di poter resistere… Avvertivo la presenza di una luce esterna a me, che mi era di fronte e contemporaneamente mi avvolgeva. Percepivo chiaramente in questa luce la presenza di Dio, come se la presenza evidenziasse l’assenza in me. Successivamente, con molta commozione, mi sono visto appoggiare sul grembo di mia madre: e la chiara sensazione che mia madre mi avvicinava a Dio” . L’indagine su queste esperienze, così fortemente soggettive, è irta di difficoltà, e può essere fuorviante, se poggia unicamente su argomenti intellettuali, dal momento che, in questo campo, la razionalità ha poco

Ho cercato di riassumere alcune riflessioni su questo fenomeno, non tanto per concentrare l’attenzione su di esso, ma soprattutto per aver toccato con mano, nella mia esperienza e nella testimonianza di molte persone, i frutti di bene che ne derivano. Quando è genuino sarebbe un errore impedirlo, anche se non mancano i rischi, quali la ricerca del sensazionale, l’autosuggestione psicologica, il ripiegamento su se stessi con il privilegiare il sentimento e l’emozione gratificante, una religiosità disincarnata ed una ricerca esagerata dell’esperienza, facendo scivolare in secondo piano i mezzi offerti dalla spiritualità della tradizione della Chiesa. È da ricercare il giusto equilibrio È da ricercare il giusto equilibrio senza scivolare in un misticismo teologico, attribuendo ad un’azione senza scivolare in un misticismo teologico trascendente di Dio tutto quello che accade nella preghiera e nella vita, e osservare il fenomeno nella sua complessità e con uno studio interdisciplinare, che va dalla fenomenologia alla antropologia, dalla teologia spirituale alla psicologia. Forse la sfida sta nello sviluppare la “costruzione di una antropologia soprannaturale che osservi storicamente e criticamente la visibilità del fenomeno spirituale senza manomettere l’azione di grazia che Dio opera nell’uomo”.