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Solidarietà

Africa: Covid 19 e solidarietà

DI NANCY OWAK

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Grazie davvero per la vostra gentile donazione per l’acquisto di cibo da distribuire alla nostra comunità in Utawala. Diverse famiglie ora possono mangiare e sorridere grazie al vostro generoso gesto. Desidero condividere alcune parole dette dalle famiglie che abbiamo visitato.

“Possa Dio benedirvi molto e accrescere le vostre finanze così che molte persone possano mangiare” – ha detto nonna Eliza, che è priva di qualsiasi risorsa. Durante gli scontri dopo le elezioni del 2017, tutti i suoi figli sono stati uccisi e la sua casa bruciata; lei è completamente sola.

“In un villaggio, una madre è arrivata a bollire delle pietre in modo che i bambini potessero addormentarsi senza aver mangiato; un ragazzo ha ucciso un gatto e lo ha cucinato perché non poteva acquistare nessun altro cibo. Vi ringrazio molto per aver pensato a me in questo momento di prova”. Queste parole sono di nonna Esther. Esther è vedova. Si cura dei nipoti, figli di una defunta nipote. Soffre di una malattia cronica alla schiena e non può camminare in posizione eretta. Settimanalmente ha bisogno di fisioterapia, che attualmente non è in grado di pagare.

“Possa Dio benedire la persona che ha avuto l’idea di condividere il poco che aveva con altre persone” - ha detto Pasaka mentre stavamo lasciando la sua casa. Pasaka è un volontario e con la moglie si prende cura di bambini orfani e vulnerabili.

“Abbiamo passato dei brutti momenti: niente medicine per i nostri figli, niente denaro, niente terapie per loro. Grazie molte perché ora abbiamo il cibo per nutrire i nostri bambini”. Queste parole sono state dette dalla mamma di George, 16 anni, e Angel, 13, che vivono in un sobborgo di Nairobi, con i genitori e altri tre fratelli più piccoli. George e Angel sono affetti da Fenilchetonuria, una rara malattia genetica ereditaria. Se non diagnosticata alla nascita, come viene fatto comunemente in Europa, e adeguatamente trattata con una dieta speciale, questa patologia comporta disabilità intellettiva, microcefalia, deficit motori, disturbi dello spettro autistico, epilessia, deficit di accrescimento e sintomi psichiatrici. I due ragazzi necessitano di cure e sorveglianza continua, devono essere imboccati, lavati, vestiti e accuditi in tutto. Per questo motivo il padre, James, ha lasciato il lavoro per aiutare la moglie nel prendersi cura di loro e sostiene la famiglia allevando polli e altri volatili nel cortile di casa. Le entrate della famiglia non sono stabili e, purtroppo, a causa della pandemia da Covid 19 la vendita degli animali è crollata. Il guadagno non è sufficiente nemmeno per l’acquisto delle loro medicine, del cibo speciale e dei pannoloni, la cui spesa ammonta a oltre 550 euro al mese.

Anche Jeff e Andrew, Wafula, Wairimu e i suoi fratelli, Jemimah, Caroline, Christine, Okoma, Emmaculate e molti altri, che vivono in situazioni di precarietà, acuita dall’epidemia di Covid 19, stanno ricevendo sostegno nel tempo dell’emergenza.

Tante vite sono state toccate grazie al vostro aiuto. Avete davvero fatto la differenza per noi e vi siamo estremamente grati.

il progetto

Dopo un’accurata fase preliminare di studio, è stato individuato un progetto che prevede l’aggiunta di una nuova ala, di due piani, all’edificio esistente. Oltre alle stanze per il riposo, vi saranno spazi adeguati per lo studio, una piccola infermeria, una stanza di “isolamento” in caso di malattie contagiose, una per le bambine con bisogni particolari legati a una qualche disabilità, un guardaroba ed un deposito per i materiali didattici. Cucina e refettorio sono già presenti nella struttura precedente ed i pasti saranno suddivisi in due turni. L’ampliamento permetterà di raddoppiare la ricettività della “Casa della pace” portandola da 70 a 140/150 posti.

Nel mese di luglio 2020 è stata posta la prima pietra del nuovo edificio e sono iniziati i lavori di realizzazione. A beneficiare di questo progetto non saranno solo le nuove bambine accolte ed alcune famiglie. Allargando lo sguardo, si intravvedono altri aspetti positivi legati alla realizzazione dell’opera, che saranno potenziati:

• Le ragazze presenti aiutano le suore e diventano custodi delle più piccole con il sostegno nello studio, compagnia nel gioco, aiuto nelle piccole incombenze, in modo tale che anche le nuove arrivate possano gradualmente aprirsi all’altruismo ed alla riconoscenza; • La coltivazione di un piccolo terreno intorno alla casa, oltre a procurare ortaggi per le residenti, consente l’apprendimento graduale di un’attività manuale che potrà essere utile anche in futuro; • La Casa della Pace ospita le bambine, ma le sue porte sono aperte anche all’esterno, con la possibilità

Era dicembre del 2014, quando il fondatore di Via Pacis Paolo Maino e la presidente dell’omonima Onlus, Roberta Riccadonna, inauguravano a Loikaw, Myanmar, la Casa di accoglienza per ragazze che, fin da subito, la gente del posto ha chiamato “Casa della pace”. Si trattava di una struttura in grado di accogliere 70 ragazze e bambine di varie età, provenienti da villaggi remoti delle montagne al confine con la Thailandia, zone lontane anche dalle amministrazioni locali, senza i servizi fondamentali, come l’istruzione. Luoghi pericolosi, battuti da ribelli contrari al governo centrale. Luoghi poco adatti a bambine e ragazze, spesso orfane, dove la violenza, il commercio di droga e, soprattutto, la tratta di esseri umani, sono merce quotidiana.

per bambini dei villaggi vicini di usufruire delle sale per il doposcuola del pomeriggio; • La casa accoglie le ragazze senza distinzione di razza o di religione. Seppure gestita da un ordine religioso cattolico, è molto apprezzata anche dai buddhisti, che sono la maggioranza in Myanmar. Non è raro che i più benestanti dei villaggi vicini portino doni per le bambine (vestiti, alimenti, ecc.) e persino dalla pagoda di Loikaw vengono offerti alimenti dai doni portati per il Buddha.

Possiamo quindi affermare che questo nuovo progetto non potrà che portare riflessi di pace, convivenza armoniosa e reciproco apprezzamento fra le religioni e le etnie presenti a Loikaw.

Sr. Rosanna scrive

Sono lieta di informarvi che stamattina – 27 luglio – c’è stata la benedizione dell’inizio dei lavori e, com’è tradizione nei nostri paesi, sono state messe nelle fondamenta della costruzione alcune immagini religiose tra le quali quella di sant’Antonio…

Poter procedere alla realizzazione di questo progetto ci riempie di stupore e gratitudine: anche in questo tempo di pandemia, carico di difficoltà ed incertezze economiche, la tenerezza di Dio si manifesta attraverso il vostro lavoro di informazione, sensibilizzazione e solidarietà...

Una particolare forma di sopruso è attuata proprio nei confronti di giovani donne e bambine, schiavizzate da organizzazioni criminali per comparire – come animali di uno zoo – nei villaggi delle “donne giraffa”, creati come attrazione per i turisti occidentali. Da quel giorno di dicembre sono trascorsi più di 6 anni, la casa si è riempita oltremisura e gli spazi esistenti non bastano più. Si sono resi necessari dei lavori di rinforzo dei soffitti sotto il dormitorio, per reggere il peso di tante nuove ragazzine. Le suore, che gestiscono la casa, hanno esposto la situazione a suor Rosanna Favero, che ha inviato una richiesta di sostegno a Via Pacis per verificare la possibilità di ampliare la capacità ricettiva della casa.