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Checkpoint • Accogliere l'handicap

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DI TIZIANO TIZIANO CIVETTINI CIVETTINI

La società civile e anche la Chiesa si trovano a fare i conti con questa novità epocale: il virus, un male che sembra spezzare tutte le nostre sicurezze. Non eravamo abituati a problemi che non si possano risolvere in poco tempo, e ne siamo scandalizzati. Eppure, abbiamo il dovere di dare un senso alla realtà che ci ha colto di sorpresa, un senso esistenziale e un senso credente. Cosa stiamo vivendo? Come lo stiamo vivendo? Cosa siamo chiamati a fare? Mi sembra che, consapevoli o no, sia cambiato l’orizzonte davanti a noi. Parlo di un orizzonte interiore che non è più sconfi nato, libero, aperto e inebriante: monti, pianure e cieli blu. È un orizzonte limitato, insopportabilmente limitato. Non ci siamo abituati, nega i presupposti della nostra illusoria onnipotenza (qualcuno ci ha defi niti società post-mortale). Come, non si può far tutto? Ci privano della libertà! E allora si protesta, si trasgredisce, si nega l’evidenza (il Covid non esiste, o può essere debellato con diete che promettono di superare di gran lunga la quota cento in senso anagrafi co…).

Accogliere l'handicap

Per i credenti ci sono ulteriori domande. Come vivere la fraternità se non ci si può neanche toccare? Bisogna favorire l’accesso alle chiese o limitarlo, per non mettere in pericolo il prossimo? Il Signore vuole da noi atti eroici o attesa paziente? E se questa incertezza si protraesse per mesi o per anni? Sono domande inquietanti, che non si possono liquidare superfi cialmente.

Ma se fosse che la società e la Chiesa sono sfi date da questo segno dei tempi ad accogliere non una fragilità, ma un vero e proprio handicap? Siamo pronti a rinunciare all’illusione del ‘vivere al massimo’ e ad accettare questa prospettiva? Come ci hanno dimostrato tante persone che conosciamo, che vivono il loro handicap fi sico o psichico (non solo nello sport, ma anche nella normale quotidianità), è possibile dare il meglio di sé, accettando il limite, riplasmando la propria vita nella ricerca di nuove modalità di essere dono e cura per gli altri. Possiamo e dobbiamo ‘guarire il mondo’, ma - come ha aff ermato papa Francesco all’udienza del 12 agosto - “La pandemia ha messo in risalto quanto siamo tutti vulnerabili e interconnessi. Se non ci prendiamo cura l’uno dell’altro, a partire dagli ultimi, da coloro che sono maggiormente colpiti, incluso il creato, non possiamo guarire il mondo”.

Ma credo sia necessario non venire travolti dall’ansia, che si traduce in aggressività e intolleranza. Proprio oggi mi ha toccato e dato pace una preghiera, scritta su un segnalibro che mi è saltato fuori da un volume: “Quello che tu vuoi Signore, solo quello che tu vuoi. Non so se mi chiami a essere un grande fi ume, che irriga intere pianure, o solo una piccola goccia di rugiada, che tu invii nel deserto a una pianta sconosciuta. Non so se mi chiami ad essere un grande albero dai frutti vistosi, o una piccola semente nascosta nella terra e che vi muore per far nascere la spiga. Quello che tu vuoi Signore, solo quello che tu vuoi…”.