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Quanto amo la tua Parola • L'ultima ora

L'ultima ora

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DI MARIA LUISA TOLLER

Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna". Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fi no ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. (…) Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi. (Mt 20,1-16)

Ma che logica è? Davanti a questa parabola ho sempre provato un senso di irritazione e di frustrazione. Finchè, un giorno, come se fosse caduto un muro o dissipata la nebbia, ha iniziato a parlarmi in modo personale. Dio mi ha chiamata all’alba, quando lo avevo appena incontrato, e mi ha mandata nella sua vigna promettendomi la paga, perché non potevo comprendere nessun’altra logica. La sua chiamata si è rinnovata più volte. Il Padrone della vigna approfondisce la chiamata, cerca di coinvolgere la mia vita in modo totale. Man mano che le ore passano, sembra proprio che a Lui

interessino le persone, più che la vigna stessa…tanto che, sovvertendo la regola dell’uscita ogni tre ore, esce ancora verso le cinque.

Questa uscita di Dio l’ho sentita come inaspettata, imprevedibile. Ormai la giornata è quasi fi nita, quello che è fatto, è fatto. Quello che ho perduto, l’ho perduto. Ormai non rimane che un’ora, “un’ora soltanto” … Proprio quell’ora benedetta, quell’ora che è kairòs, tempo di grazia. Quell’ora in cui non dovrò fare tanta fatica sotto il sole, perché c’è già la brezza della sera, quell’ora è riservata alla mia debolezza, a me, che non ho avuto il coraggio di mettermi in gioco, che sono stata “tutto il giorno oziosa”, che pensavo di non essere adatta. È l’ora riservata a me, che sto invecchiando, a me, che ho perso tante occasioni, a me, che ho sbagliato strada, che ho sprecato i miei doni, che, “ormai” … Oggi Dio esce e mi off re l’ora in cui mi darà ciò che è giusto, cioè la sua misericordia, solo misericordia.

Ed ecco, la parte di me che è stata chiamata all’alba si irrita e non capisce. Sono io, quando rivendico quello che ho fatto, che elenco i miei meriti, che enumero le mie fatiche, che cerco attenzione, riconoscimento e visibilità. Ma, proprio attraverso la misericordia che mi viene usata nell’ultima ora, ho la possibilità di convertirmi alla logica di Dio, riconoscere l’invidia che mi muove e accogliere la Sua bontà.

Anche per me c’è un “oggi”, una chiamata, ogni giorno nuova e sorprendente. Allora, chiamata ed educata dalla misericordia, posso accogliere ogni parte di me con tenerezza e compassione, e fare mia la gioiosa danza che porta i primi ad essere ultimi e gli ultimi ad essere primi.