VENEZIA NEWS - SEPTEMBER 2025 - #303

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re la secolare grammatica analogica delle relazioni, in un cortocircuito dialettico tra generazioni che sembra dissolvere qualsivoglia punto di riferimento razionale a cui aggrapparsi per ridare progressività leggibile ai nostri giorni. Niente, non vi è scampo, tutti ancorati con le unghie all’isoletta luminosa e gaia del Clooney meravigliosamente Ma sarà proprio verticalmente così? In apparenza sì, proprio così. E del resto un cinema prevalentemente autoriale quale non può che essere quello presentato qui a Venezia come può mai rimanere immune, impermeabile ai drammi, alla complessità del tempo in cui ci tocca vivere? Eppure, dopo un primo momento per i più di comprensibile smarrimento, di grigia desolazione, armandosi di strumenti di lettura i più aperti e curiosi, scavando tra le trame, indagando le bio di registi e attori impegnati in questi lavori oscuri, intuendo gli approcci diversissimi al fare cinema drammatico tra autore e autore, cinematografia e cinematografia, estetica ed estetica, progressivamente l’orizzonte di attesa verso queste visioni si va via via frastagliando in mille sfumature, in mille frammenti di lettura del mondo che ci riportano a vivere l’epicentro tematico di questo tempo con rinnovata curiosità per le probabili ed auspicabili sorprese che intuiamo far capolino dietro la prima lettura di quanto ci attende in questi dieci giorni di grande cinema. Del resto l’arte a che serve se non a complicare e ad arricchire la lettura del mondo, a sorprenderci, ad assecondare la sana propensione al dubbio di cui tutti dovremmo essere in qualche misura dotati, a portare il nostro pensiero, le nostre idee in terreni altri, laddove non avremmo mai prima immaginato poter approdare? Se non riesce in questo anche la cosiddetta settima tra le varie arti che allietano le nostre esistenze, beh, allora tanto vale rimanere incollati ai notiziari 24 ore su 24, oppure viceversa disconnettersi definitivamente dal presente. Ed è così, allora, che fortunatamente, chiudendo il cerchio il cui primo tratto è stato tracciato dal desiderio di lievità, brillante o romantica che dir si voglia, ben incarnato dalla cover del nostro amato George, ci si imbatte persino in qualcuno, pensate un po’, in grado di utilizzare l’immarcescibile registro del riso anche quando è alle prese con i più tragici temi ed eventi del mondo. Perché sorridere, lo sappiamo bene, anzi ridere profondamente, radicalmente e senza remore, è da sempre e a tutt’oggi lo strumento più destabilizzante per il potere che ci vorrebbe tutti, ordinatamente, in fila per tre, per dirla con il celebre menestrello rock partenopeo. Si spengano quindi le luci e si aprano gli occhi senza tregua, qui sì proprio non ci vuole. Perché la raffica di immagini in movimento tra le pieghe infinite del mondo serve eccome, non fosse altro a farci pensare qualche attimo sano in più prima di proferire parola alcuna, in quest’era social che più asociale di così non lo era mai stata

september2025

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2REGATA STORICA

Tradition and competition celebrate the thousand-year history of the Serenissima through the ultimate Venetian rowing regatta. A doge’s procession and a breathless race pay living tribute to a city determined to affirm and show its true self. Come discover the champions of the oar with us! t radition p. 78

TN5

PARIGI ROMANTICA POP

Extravagant, wild, comic, brimming with joy and full of variety: the festive and satirical spirit of the late 19th century takes center stage at the Palazzetto Bru Zane Autumn Festival, which in this highly anticipated edition celebrates the bicentenary of Hervé. classica l p. 164

OORIGIN

N3

YAN ARTHUS-BERTRAND

The Architecture Biennale and the Film Festival engage in dialogue through Origin by Yann Arthus-Bertrand, the festival’s pre-opening at the Lido and the extended version of the short film that inaugurates the “Natural” section of Carlo Ratti’s Exhibition.

a rchitettura p. 80

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CENERENTOLA

Les Ballets de Monte-Carlo bring to the stage a classic that JeanChristophe Maillot reimagines with a playful yet incisive eye, spotlighting a society saturated with artifice and blinded by the relentless pursuit of pleasure. t heatro p. 174

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VENEZIA 82

Everything is here: dramas, auteur docs, a wave of political films, and stories of generational clashes in a world transformed by the digital revolution. The tragedies of our time dominate the Festival, but a Hollywood comedy might still give us a much-needed smile. That’s why we put it on our cover – a small wish for lighter days ahead.

cover story p. 10

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DREAMS IN TRANSIT

With Emma Ursich, CEO of The Human Safety Net, we explore the third floor of the Procuratie Vecchie in Piazza San Marco – a space she calls a “home away from home.” Open to all, it is dedicated to including those who have never known good fortune. Here, social commitment meets art in a landscape of virtuous, tangible sharing. arte p. 124

Un George Clooney al top delle proprie capacità performative e gigionesche e tuttavia

controllatissimo, misurato, sempre simpaticissimo, che interpreta il personaggio complesso di un attore in piena crisi di identità

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82. MOSTRA DEL CINEMA

Intervista Alberto Barbera

VISIONI DI UN TEMPO DISTURBATO

L’industria cinema e le onde nervose che la attraversano, il vecchio format del festival che si reinventa di lustro in lustro rimanendo, mai come oggi, autentico epicentro dei linguaggi della settima arte, sempre più vetrina principe per una teoria infinita di film che faticano a mostrarsi altrove, le ataviche contraddizioni di questo magnifico e complicato Lido, che attrae e respinge insieme un pubblico sempre più composito e famelico di immagini in movimento, i grandi maestri e le nuove scoperte, la grande storia e i drammi intimi, i nuovi linguaggi digitali e ancora qualche meravigliosa commedia a portarci via col soffio più o meno romantico dell’immaginazione, dell’evasione dell’arte-spettacolo per eccellenza… Parlare ogni anno con Alberto Barbera, che oramai è l’incarnazione presente della Mostra del Cinema, è per noi un viaggio in questi mille e altri mondi che caratterizzano la galassia della più straordinaria macchina dei sogni della modernità. E Venezia è sempre una garanzia per vivere al top un viaggio in questo universo caleidoscopico: 82 edizioni e 93 anni e davvero non dimostrarli. Ebbene, entriamo in verticale in questo mare di emozioni della Mostra 2025 accompagnati dal suo maestro d’orchestra. Buon viaggio.

Dopo decenni di duro impegno quotidiano su questo non facile terreno, il dato più divertente, intrigante, del lavoro di selezione e quello più snervante e faticoso. Cosa è cambiato in questo processo lavorativo negli anni?

Il dato più divertente e fertile, sia professionalmente che da un punto di vista relazionale, è costituito senza ombra di dubbio dalla fittissima rete di conoscenze che si è venuta via via sviluppando in questi lunghi anni. Ormai conosco quasi tutti nel cinema, i registi, gli attori, i produttori… Ogni Mostra diventa occasione per ritrovarsi, il piacere di rinnovare dei rapporti che nel corso del tempo si consolidano, si approfondiscono, relazioni fondate sulla fiducia, sul rispetto, sulla stima reciproca. È estremamente bello e gratificante tutto questo, sì.

Il dato invece più faticoso, più problematico, è dover misurare quanto tutto sia divenuto estremamente più complicato nel processo di selezione dei film. Dopo il Covid è cambiato tutto, questo lo sappiamo bene. Sono aumentate le incertezze, sono saltati tutti

i riferimenti. Le difficoltà dell’industria del cinema sono sotto gli occhi di tutti; quelle del mercato distributivo le potremmo definire, senza timore di suonare esagerati, addirittura “gigantesche”. Siamo molto lontani dall’aver raggiunto un riassetto, un equilibrio fra le piattaforme e le sale tradizionali che possa mettere l’intero comparto industriale in sicurezza. Sono lievitate enormemente l’incertezza, l’angoscia. Lo stesso aumento della produzione è un sintomo eloquente di questo disagio: ogni soggetto impegnato in questo mercato continua a produrre senza rallentare il ritmo, sperando poi di poter trovare collocazione in uno degli sbocchi che questa industria al momento offre, vale a dire i numerosi canali streaming tematici o le svariate piattaforme, libere o a pagamento che siano. Ci sono molti più soldi rispetto al passato, anche se tutti si lamentano del contrario sapendo di mentire: di soldi ce ne sono tantissimi, i finanziamenti arrivano da tutte le parti, privilegiando la quantità a scapito, va da sé, della qualità. Ci sono anche, fortunatamente, alcuni film che riescono ad essere venduti alle piattaforme ancora prima di essere realizzati, ma si tratta di eccezioni, lavori di registi affermati che possono permettersi un progetto creato su misura per loro. Nella stragrande maggioranza dei casi i film vengono comunque realizzati per non perdere i finanziamenti concessi, sperando poi, a lavoro bello e concluso, di trovare collocazione in uno dei tantissimi canali distributivi. Non sono affatto pochi, però, i casi in cui la qualità del prodotto finito è talmente scarsa da rendere impossibile ogni sorta di collocazione. Ecco però che intanto i soldi sono stati spesi.

Alla luce di questa complessa e caotica situazione, il passaggio in un festival cruciale come Venezia diventa quindi strumento essenziale, se non addirittura prioritario, per poter fare promozione ad un film, visto che le tradizionali forme di comunicazione pubblicitaria sono oramai ridotte al lumicino. Da qui il profluvio di opere che ci vengono sottoposte quotidianamente senza soluzione di continuità: non faccio altro per tutto l’anno se non guardare film e gestire contatti. Ad essere aumentate non sono tanto le pressioni politiche di cui si parla spesso, quanto quelle di produttori e distributori, in alcuni casi davvero asfissianti. Riuscire a conquistare un posto a Cannes, Venezia, Toronto o Berlino è diventato essenziale per il futuro di un film; vuol dire farlo uscire dal cono d’ombra in cui, nella stragrande maggioranza dei casi, è destinato a rimanere confinato. Fino a poco tempo fa quando comunicavo agli interessati la mia decisione di non includere il loro film nella selezione ufficiale, la

Speakingeach year with Alberto Barbera – today the living embodiment of the Venice Film Festival – is for us a voyage through the countless worlds that make up the galaxy of cinema, the most extraordinary dream machine of modernity. And Venice always guarantees an unforgettable journey through this kaleidoscopic universe: 82 editions, 93 years old, yet it hardly shows its age. So let us dive headlong into the sea of emotions of the 2025 Venice Film Festival, guided by its conductor. Enjoy the journey.

The selection process

The most enjoyable and enriching part, both professionally and personally, has undoubtedly been the incredibly rich network of acquaintances that has gradually built up over all these years. By now, I know almost everyone in the film world: directors, actors, producers... Every festival becomes an opportunity to reconnect, the pleasure of renewing relationships that, over time, have become steady and have deepened. These are relationships built on trust, respect, and mutual esteem. This is extremely beautiful and rewarding. What’s most exhausting and challenging, however, is realizing just how much more complicated everything has become in the film selection process. After COVID, everything changed, as we all know. Uncertainty has increased, and all points of reference have been thrown off. It’s clear that the film industry is facing a lot of problems, not to mention those concerning the distribution market which are really huge.

We are still far from achieving any kind of reorganization or finding a balance between streaming platforms and traditional cinemas that could bring stability to the industry as a whole. Uncertainty and anxiety have risen dramatically.

The increase in production is a clear symptom of this unrest: everyone involved in the film market keeps producing at full speed, hoping to secure a place in either one of the many niche streaming channels or in free or paying major platforms.

There is far more money now than in the past, although everyone keeps on saying the contrary even if they know it isn’t true. Funding comes from everywhere supporting quantity rather than quality. Luckly a few films manage to get sold to platforms even before they’re made, but these are exceptions, they are mainly projects by established directors who can afford to craft tailor-made films. In the vast majority of cases, films are made anyway, just to avoid losing the funding that’s been granted, with the hope that, once completed, they’ll find a place in one of the many distribution channels.

However, often the final product is of such poor quality that it can’t find any placement, turning out to be a waste of money.

© La Biennale di Venezia - Foto ASAC

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82. MOSTRA DEL CINEMA

cosa finiva lì. Adesso la quantità di sollecitazioni successive ad un mio rifiuto è a dir poco impressionante: «Guarda che ti sbagli! Non hai capito il film, l’ho fatto vedere a moltissima gente e tutti mi dicono sia un capolavoro. Forse dovresti rivederlo per essere sicuro di averlo compreso davvero». E dopo aver spiegato in maniera cortese ma al contempo perentoria al produttore di turno di come non vi siano i presupposti per inserire un dato film in Concorso, ecco magari vederlo tornare alla carica richiedendo per la pellicola “almeno” una collocazione diversa, magari Fuori Concorso o in una proiezione speciale. Parliamo di soggetti spesso non propriamente eccelsi nella gestione dei film che producono, che magari hanno iniziato il lavoro senza avere un distributore che si potesse occupare poi della promozione e della collocazione del prodotto finito. Ormai posso dire di passare tutto l’anno, tutti i giorni dalle 9 alle 18, ad intrattenere rapporti via mail per spiegare ai vari soggetti le motivazioni che mi hanno portato a scegliere un film, o viceversa a non sceglierlo, chiedendo loro di attendere il tempo dovuto prima di potermi pronunciare. In alcuni casi la vicenda assume i contorni dell’incubo. Non vivi più! Non posso leggere libri, non posso ascoltare musica, non posso uscire con gli amici la sera, semplicemente non ne ho il tempo.

Fermi tutti, però. Si tratta di un lavoro entusiasmante, estremamente gratificante. Si entra in contatto con diversi film brutti, questo è inevitabile che accada, ma quando ne incontri uno bello sei ripagato di ogni tipo di fatica e travaglio.

In una mole così estesa di opere presentate è naturale che vi sia una varietà altrettanto ampia di generi in cui queste stesse opere si iscrivono. Ci sono sempre però nelle varie epoche storiche dei linguaggi, degli approcci al fare cinema che emergono più di altri. In questo momento ci sembra di notare come documentari e film a carattere politico e storico la facciano se non proprio da padroni, da primi protagonisti senz’altro. È davvero così a suo avviso e se sì perché? Quali ulteriori direzioni estetiche o semplicemente narrative emergono più di altre nella selezione? In linea generale c’è di sicuro un ritorno al cinema della realtà. Anche il cinema di finzione e d’autore tende sempre di più a occuparsi di fatti reali, della contemporaneità, dei grandi temi con cui bisogna fare i conti tutti i giorni: guerre, cambiamento climatico, tensioni sociali, discriminazioni, populismo, dittature. È chiaro che non sono riflessioni cronachistiche come quelle che ci arrivano dai media tutti i giorni, ma piuttosto occasioni di riflessione profonda, articolata, contraddittoria su tematiche a dir poco complesse. È proprio la complessità che dà origine alla capacità di un artista di lavorare su questi temi in maniera personale, originale, interrogandosi e interrogandoci di riflesso. Nessuno di questi autori ha la risposta in tasca, naturalmente. Ciascuno a proprio modo, però, invita alla riflessione, a prendere in considerazione aspetti che la cronaca ignora, trascura o sottovaluta e per i quali il cinema si conferma impareggiabile strumento di conoscenza.

Al di là di tutto il cinema rimane una straordinaria forma di intrattenimento, un’esaltazione della bellezza, un invito a perdersi nell’estasi. Però poi è anche un formidabile strumento di conoscenza del mondo, della contemporaneità, di noi stessi in definitiva.

In light of this complex and chaotic situation, participation in a major festival like the Venice one becomes an essential, if not a priority tool for promoting a film, especially now that traditional forms of marketing and publicity are almost completely absent. That explains the flood of works we receive daily without interruption: I do nothing else all year long but watch films and manage contacts. It’s not so much political pressure that has increased, but rather the pressure from producers and distributors, which in some cases is suffocating.

Securing a spot at Cannes, Venice, Toronto, or Berlin has become vital for a film’s future. It’s the only way to lift a project out of the shadows, where the vast majority of films remain confined.

Until recently, when I informed someone that their film hadn’t been selected, they accepted it and that was all. Now, the amount of follow-up and insistence I receive is astonishing:

“You’re making a mistake!” “You didn’t understand the film.” “I showed it to a lot of people and they all say it’s a masterpiece.”

“Maybe you should watch it again to make sure you really get it.”

Even after I explain, courteously but firmly, to a producer that their film doesn’t meet the criteria for the Competition section, they’ll often return, asking for “at least” another slot: Out of Competition, or in a special screening.

This is often the case of producers who lack real expertise in managing the films they produce, those who may have started the project without securing a distributor for the promotion and the placement of the film after its completion.

At this point, I can say that I spend the entire year, every single day, from 9 am to 6 pm, emailing and explaining to various people why a film was chosen or, more often, why it wasn’t, and asking them to wait patiently before I can give them a final response. Sometimes the whole thing takes on the contours of a nightmare. You simply stop living! I can’t read books, I can’t listen to music, I can’t go out with friends at night, I just don’t have the time. And yet, despite all that, it remains an exciting, deeply rewarding job. You inevitably come upon a lot of bad films, that’s part of the process. But when you discover a good one, you’re rewarded for all your effort and fatigue.

Documentaries and films with political or historical themes

In general, there is undoubtedly a return to what we might call cinema of reality. Even fiction and auteur films are increasingly engaging with real events, contemporary life, and the major issues we face every day: wars, climate change, social tensions, discrimination, populism, authoritarianism. These films are not journalistic reports like the ones we receive daily from the media. Rather, they offer an opportunity for deep, nuanced, and often contradictory reflection on issues that are extremely complex. It is precisely this complexity that allows artists to explore these subjects in a personal and original way, prompting both self-reflection and shared reflection. Of course, none of these filmmakers claims to have the answers. Each, in their own way, invites us to consider aspects that are often overlooked, ignored, or underestimated by news media. In this regard, cinema continues to prove itself as an incomparable instrument of understanding. Beyond all of this, cinema remains an extraordinary form

George Clooney
Guillermo del Toro
Jim Jarmush
Paolo Sorrentino e Toni Servillo
Yorgos Lanthimos
Kathryn Bigelow
Olivier Assayas

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82. MOSTRA DEL CINEMA

Con una capacità che altre forme artistiche non possiedono con eguale incisività. Un quadro o un brano musicale rappresentano esperienze estetiche impareggiabili, ma meramente estetiche. Il cinema è certo anch’esso esperienza estetica, ma nello stesso tempo è capace di offrire visivamente e narrativamente strumenti per capire meglio chi siamo, dove viviamo, quali sono i problemi con cui abbiamo a che fare.

Si avverte nel cinema una perdita della meravigliosa lievità, leggerezza che lo caratterizzava sin dal suo primo esistere. È evidente che le crescenti tensioni geopolitiche sempre più ingestibili e quindi angoscianti, così come la crescente complessità delle relazioni in un mondo in vorticosa mutazione, abbiano sottratto spazio a quello che era uno dei tratti prevalenti della settima arte, ossia la sua natura eminentemente di intrattenimento, la sua cifra brillante, la sua capacità di emozionare, di divertire. È un dato prevalente che ha registrato anche lei in questi ultimi anni, oppure è sempre andata in qualche modo così?

Per certi aspetti sì, assolutamente. Io ho l’impressione che il cinema di oggi sia estremamente polarizzato. Da una parte vi è il cinema d’autore, che sempre più si esprime in forme drammatiche. Una volta i grandi autori del cinema classico realizzavano delle commedie semplicemente meravigliose; oggi la stagione delle commedie maiuscole è finita. Punto. Dall’altra parte, invece, vi è il puro intrattenimento di genere, anzi, la riproposizione fino alla noia di schemi, storie e strutture narrative usurati. Un’incapacità di reinventarsi che è impressionante e che ben restituisce la vera crisi dei grandi Studios, capaci ormai di proporre solo sequel di sequel senza più pensare a qualcosa di originale, come nella loro storia invece hanno sempre saputo fare. Nel passato ogni stagione cinematografica era una fonte di novità e originalità; oggi l’esito di una pellicola è di due tipi: ripetitivo o drammatico.

Venezia è innanzitutto un festival d’autore, quindi è normale che qui la leggerezza venga soppiantata da un tono che potremmo definire perlomeno preoccupato.

I Leondi d’Oro alla carriera. Un’incredibile attrice, o meglio, un’autentica musa di Hollywood, e uno straordinario, quanto controverso, regista. Quali elementi, al di là delle loro evidenti doti e dei conseguenti loro altissimi esiti artistici, rendono uniche le loro personalità nella storia del cinema?

Quali per lei i capisaldi imprescindibili di Kim Novak e di Werner Herzog?

Credo che non si possa davvero temere di essere smentiti definendo Herzog il più grande documentarista vivente, oltre al fatto che è colui il quale ha fatto saltare credo definitivamente tutte le barriere che ancora esistevano tra il cinema documentario e quello di finzione. Un regista che ha giocato a mescolare completamente le forme, i linguaggi, le estetiche, per cui a volte diventa difficile nei suoi film distinguere nettamente la realtà che lui riprende e quello che poeticamente aggiunge, inventa, manipola nel senso migliore del termine. Tutte le volte che gli viene chiesto come interpretare ciò che sta riprendendo, risponde: «Vado alla ricerca di una forma di verità superiore, di una rappresentazione che sia più

of entertainment. It celebrates beauty and invites us to lose ourselves in a kind of ecstasy. But at the same time, it is also a powerful tool for understanding the world, for engaging with the present, and ultimately for exploring ourselves.

The Golden Lions for Lifetime Achievement to Kim

Novak and Werner Herzog

I believe we can confidently say that Werner Herzog is the greatest living documentary filmmaker. Beyond that, he is the one who has definitively shattered all the boundaries between documentary and fictional cinema. He is a director who has seamlessly blended forms, languages, and aesthetics to the point that, in some of his films, it becomes difficult to distinguish between the reality he portrays and the poetic elements he adds, invents, or manipulates in the best sense of the word.

Kim Novak was one of the major icons of the Hollywood star system, comparable to Marilyn Monroe, but with a crucial difference. Both of them went through similar processes: the studios forced them to change their hair colour, their name, turning them into sex symbols against their will. Marilyn was tragically a victim of this system, while Kim Novak fought against it. She always resisted the golden cage they wanted to lock her in, and she ultimately managed to escape, voluntarily ending an extraordinary career. Herzog and she, in different but equally powerful ways, are undeniably two ‘challenging’ figures.

The Jury selection process

The jury selection process is, in itself, another intriguing puzzle! First of all for some practical reasons as September is an incredibly busy month for cinema industry professionals. Assembling a jury of 20 people means sending out at least 200 invitations as most potential jurors for a prestigious festival like ours are busy on set, in post-production, working on casting, or writing screenplays. Moreover, our policy is to have not two or more persons from the same country on the jury. This ensures that no “bloc” mentality develops, where jurors might collectively support a particular film just because of national ties. As you can imagine, this adds to the complexity to form the jury.

It’s crucial to select individuals who truly understand cinema, people who are curious, who are not self-referential, and who have an open-minded vision toward world cinema. In the end, most of the jurors are international directors, actors, or actresses who travel a lot, see many films, and understand the industry through first hand experience. They are usually chosen based on personal acquaintances or their reputation and versatility within this manyfold cultural industry.

In the end, all of the jurors I choose are people I know personally, so I’m sure to do the right choice. But you can never know how dynamics will unfold within a group of such diverse personalities, each with their own ideas and their own drive to impose their point of view. These are complex dynamics that, ultimately, the President of the Jury must manage, finding a balance between differing tastes and distant cultural perspectives, which lead to very different interpretations of the films. It’s not an easy task, but it’s a fascinating and stimulating challenge.

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82. MOSTRA DEL CINEMA ALBERTO

efficace della semplice e banale riproduzione meccanica di quello che sta succedendo». Senza contare poi i suoi film narrativi in senso tradizionale, accanto a lavori di pura documentazione di eventi clamorosi quale quello dell’incendio dei pozzi di petrolio in Iraq di Apocalisse nel deserto, oppure ancora di eventi naturali che si è trovato a riprendere in condizioni estreme, cosa che molti altri registi non hanno avuto il coraggio e la possibilità di fare. Werner Herzog ha spinto i limiti della rappresentabilità sino a livelli in precedenza sconosciuti, ampliando enormemente la nostra capacità di vedere. Il suo tentativo è stato sin dall’inizio quello di andare alla ricerca di immagini mai viste prima e di sondare l’irrappresentabile, scontrandosi con il fatto che sono sempre meno le cose che non sono mai state viste, data la capillare diffusione di contenuti a cui abbiamo accesso anche solo tenendo in mano un semplice telefonino. Questo suo ultimo film che presenterà qui a Venezia non fa eccezione, con quell’incredibile ricerca di un elefante che si credeva estinto e che invece lui riesce a trovare. Quali altri documentaristi portano avanti una missione personale di tale intensità e visionarietà? Ci sono professionisti eccezionali, bravissimi sul fronte della documentazione, ne abbiamo in Mostra anche quest’anno, ma Herzog si è dimostrato sempre un passo avanti a tutti. Kim Novak è stata una delle maggiori icone dello star system hollywoodiano, paragonabile a Marilyn Monroe, ma con una differenza sostanziale. Entrambe hanno subìto lo stesso processo: gli Studios hanno imposto loro di cambiare il colore dei capelli, il nome, trasformandole in sex symbol contro la loro volontà. Marilyn è stata vittima di questo sistema al punto di morirne. Kim ha invece combattuto cercando sempre di resistere a questa gabbia dorata in cui la si voleva rinchiudere e da cui poi è riuscita a fuggire, mettendo volontariamente fine a una carriera strepitosa. Ha creato la propria casa di produzione, combattuto per avere aumenti salariali a favore delle attrici adeguati a quelli dei loro colleghi maschi, lottando tenacemente e lucidamente contro un sistema nel quale era pienamente inserita e che l’aveva portata a essere una delle icone più conosciute, apprezzate e amate in tutto il mondo. Una donna che ha saputo ‘chiamarsi fuori’ e che è arrivata a 92 anni facendo quello che più le piaceva, dipingendo e andando a cavallo, lontana dalle scene e dai riflettori. Un personaggio mitico che volevamo assolutamente venisse celebrato dal grande pubblico. Lei ed Herzog, in maniera diversa ma altrettanto potente, sono senza dubbio due figure ‘sfidanti’.

Il meccanismo di selezione delle giurie. C’è una ricetta, se ve n’è una, da seguire per costruire una compagine equilibrata e di alto livello qualitativo da un punto di vista critico, della lettura di una teoria di film così diversi e di così variegata provenienza ed estrazione?

Le giurie rappresentano un altro, piacevole, rompicapo! Per ragioni pratiche innanzitutto, dato che settembre è un mese di lavoro intensissimo per gli operatori e quindi per trovare 20 persone è necessario spedire almeno 200 inviti, dal momento che i più tra i papabili giurati di un grande festival qual è il nostro sono impegnati sul set o in post produzione, oppure, che so, nel casting o nella stesura di una sceneggiatura. Aggiungeteci poi che la nostra linea è quella di non avere mai due persone dello stesso Paese in giuria,

perché si potrebbero creare dei fronti comuni di supporto a questa o a quella pellicola, e capirete bene, allora, quanto sia complessa la formazione di questa speciale squadra giudicante. È necessario selezionare persone che conoscano davvero il cinema, che siano curiose, poco o per nulla autoreferenziali, con una visione aperta verso le cinematografie di tutto il mondo. Alla fine la maggioranza di loro sono registi, attori o attrici di livello internazionale che viaggiano, che vedono un sacco di film, che conoscono questo mondo grazie alla propria diretta esperienza sul campo. Sono scelte per la gran parte dei casi derivanti da conoscenze personali o comunque da sensazioni derivanti dalla nostra cultura, dalle nostre esperienze necessariamente versatili in questa multiforme industria culturale. Alla fine i giurati scelti sono tutte persone che conosco personalmente, per cui sotto questo aspetto vado sul sicuro. Tuttavia non sai mai con certezza quali dinamiche si sviluppino in questi gruppi di lavoro mettendo insieme personalità diversissime, ciascuna con la propria testa e la propria voglia di combattere, di imporre il proprio punto di vista. Si tratta di dinamiche complesse che alla fine il Presidente di giuria è chiamato a gestire trovando una mediazione fra gusti diversi e culture lontane, che producono letture, interpretazioni, va da sé, assai difformi le une dalle altre. Una sfida non facile, ma sempre affascinante e stimolante.

Il Concorso: grandi maestri, esordienti, fiction, doc, commedie, film politici… Non potendo affrontarli tutti uno per uno, a braccio, a mente libera, delle istantanee personali su alcuni di questi attesissimi film che abbiamo selezionato tra i 22 in corsa per il Leone. Partiamo da La Grazia di Paolo Sorrentino.

Un film veramente sorprendente, fin dalla prima inquadratura. Inaspettato, originalissimo, su cui non si può dire nulla proprio per non rovinare il piacere di scoprire un lavoro che man mano che va avanti diventa sempre più stupefacente. Sorrentino mescola toni leggeri, umoristici, con temi invece seriosi, profondi. Al centro di

Duse

tutto un grandissimo Toni Servillo, sicuramente in una delle sue interpretazioni più misurate e impressionanti. Un Sorrentino che rinuncia a tutti i barocchismi, i formalismi degli ultimi film, talvolta ridondanti, per ritrovare una secchezza e un rigore che avevamo già visto nei suoi primi film, vedi Le conseguenze dell’amore Un film rigoroso, fatto soprattutto di primi piani, campi medi, tutto al servizio di una storia ricostruita in un ambiente di finzione, ma nel quale non è difficile riconoscere personaggi ed esperienze attinenti alla sfera personale dell’autore.

Grande attesa anche per il film (geo)politico Le mage du Kremlin di Olivier Assayas.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Giuliano da Empoli che ha avuto molto successo in particolare in Francia, pur essendo conosciuto a livello globale. Un romanzo il cui personaggio principale è di finzione, ma in cui tutto il resto è reale. Un film che ricostruisce l’atto finale dell’Unione Sovietica, dal suo crollo e dal conseguente imporsi sulla scena politica degli oligarchi fino alla salita al potere di Putin, oggi più che mai al centro dello scacchiere politico mondiale. Un lavoro impressionante, dove in due ore e mezza si assiste all’inquietante ‘dietro le quinte’ di questo crocevia epocale. Un film che ci mostra cose che non sappiamo, che non abbiamo mai saputo e che nessuno ci ha mai raccontato. Paul Dano e Jude Law, qui nei panni di Vladimir Putin, sono al centro di questa storia con interpretazioni memorabili. Dano ancor di più di Law, nel senso che, grazie ad un’interpretazione di calibrata misura che rasenta la perfezione, arriviamo quasi a provare una certa empatia verso un personaggio capace di azioni terribili. Era propriamente questa una delle maggiori preoccupazioni di Assayas, ossia che il personaggio potesse suscitare una certa simpatia, ma Paul Dano è riuscito mirabilmente a rendere ogni sfumatura percettibile e funzionale al risultato.

La dolcezza con cui si presenta, l’intelligenza delle sue intuizioni nel ‘costruire’ determinate situazioni ci fanno riflettere amaramente sull’essenza del potere.

The Competition: Great Masters, Newcomers, Fiction, Documentaries, Comedies, Political Films...

The Grace by Sorrentino is a truly surprising film from the very first shot. I prefer to say nothing in advance about such an unexpected and highly original film so as not to spoil the joy of discovering a work that becomes more and more amazing as it unfolds. Sorrentino blends light, humorous tones with serious, deep themes, creating a delicate balance. At the heart of it all is the great Toni Servillo, delivering one of his most controlled and impressive performances. In this film, Sorrentino moves away from the baroque, sometimes redundant formalism of his recent works, coming back to the dryness and rigor we saw in his earlier films, like The Consequences of Love

Le mage du Kremlin by Olivier Assayas is based on a novel by Giuliano da Empoli, which was most successful in France, although it is known at a global level. The main character of the story is fictional, but all the rest is rooted in real history. It traces the collapse of the Soviet Union, the emergence of the oligarchs, and the rise to power of Putin who plays now a central role in global politics. This is an impressive work: in just two and a half hours, it reveals the unsettling “behind the scenes” of this historic transition. It uncovers things we didn’t know, or things that have never been told to us before.

Paul Dano and Jude Law, playing Vladimir Putin, are at the heart of this narrative with their unforgettable performances. Kathryn Bigelow makes an impressive return with A House of Dynamite. I had hoped to bring her to Venice many times in recent years, I had even considered her for the Golden Lion for Lifetime Achievement and as a jury president. Unfortunately, we never managed to align our schedules, until now. Finally, she’s back with us at the Lido with a striking, unsettling, and incredibly timely film. It’s a work that focuses on the resurfacing threat of nuclear weapons, a subject that feels all too relevant in today’s world.

After the Hunt

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82. MOSTRA DEL CINEMA

ALBERTO BARBERA

Ci incuriosisce moltissimo, poi, il primo film dietro la macchina da presa di Shu Qi, Nühai / Girl.

Attrice all’esordio nel ruolo di regista, già componente della giuria internazionale presieduta a Venezia da Damien Chazelle nel 2023, Shu Qi era impegnata da circa sei anni nella stesura della sceneggiatura di questo lavoro. Si tratta di un’opera in cui sono evidenti gli omaggi diretti ed espliciti ai suoi grandi maestri, su tutti Wong Karwai. Shu Qi è una delle più grandi star viventi dell’intero cinema del sudest asiatico e però raramente capita di vedere in un lavoro di esordio alla regia un esito così ben pensato, costruito, ‘sentito’ da tutti i punti di vista. Su tematiche importanti, poi, perché incentrato sulla condizione femminile a Taiwan negli anni ‘80 e ’90 attraversando più generazioni. Un film coraggioso, che non essendo cinese non è passato sotto l’implacabile scure della censura. Un film che entra duro su questi temi senza essere prevedibilmente provocatorio. Una bella scommessa.

Il momento forse più brillante, sdrammatizzante di questa Mostra inevitabilmente attraversata dai venti oscuri del nostro tempo. Parliamo naturalmente di Jay Kelly di Noah Baumbach, con protagonista una delle star più presenti in questi anni qui al Lido, George Clooney. Eccolo finalmente, in questo prevalente mare di violente perturbazioni, un film leggero e godibilissimo, commedia per gran parte girata in Italia con George Clooney al top delle proprie capacità performative e gigionesche. Un Clooney tuttavia controllatissimo, misurato, sempre simpaticissimo, che interpreta il personaggio complesso di un attore in piena crisi di identità.

L’attesissimo ritorno di una delle più grandi registe viventi, Kathryn Bigelow, a presentare il suo attualissimo ultimo lavoro A House of Dynamite. Kathryn Bigelow è protagonista di un grande ritorno. Avrei voluto più volte averla a Venezia in questi anni; avevo pensato al Leone d’Oro alla carriera e alla Presidenza di una giuria, ma non eravamo mai riusciti alla fine a far combaciare i nostri impegni. Oggi finalmente è di nuovo con noi al Lido con un film bellissimo, inquietante e quanto mai attuale, dato che si tratta di un lavoro incentrato sul ritorno dell’incombente minaccia dell’utilizzo di armi nucleari. Una grandissima regista che è stata assente troppo tempo dopo un ultimo film, Detroit del 2017, che purtroppo è stato gestito malissimo dagli Studios. Una pellicola bellissima che è stata distribuita in America in maniera limitata e in una finestra temporale non adeguata, per poi finire su qualche piattaforma dove per fortuna chi ama il suo cinema, tra cui il sottoscritto, è riuscito a vederla. Si trattava di un film che poteva benissimo essere in selezione a Venezia per poi uscire in sala in autunno, ma purtroppo è stato deciso diversamente. Noi non vediamo l’ora di rivederla in sala con questa sua ultima, attesissima opera e siamo perciò felicissimi di averla qui in Mostra.

Sempre in Concorso troviamo tre indiscutibili esponenti del cinema più originale degli ultimi decenni, registi fuori dagli schemi, diventati nel tempo autori di autentico culto: Guillermo del Toro, Yorgos Lanthimos e Jim Jarmusch. Quale

la loro rispettiva cifra identitaria inconfondibile e che cosa dobbiamo aspettarci da questi ultimi loro lavori?

Frankenstein è il film della vita di Guillermo del Toro, nel senso che erano anni che sognava di realizzare un proprio Frankenstein, riferimento a cui si è sempre ispirato anche per tutti gli altri lavori, per tutti gli altri suoi ‘mostri’. Un lavoro che sino ad oggi non era riuscito a realizzare per via dei suoi altissimi costi produttivi e che grazie alle risorse messe a disposizione da Netflix oggi diviene realtà. Film estremamente spettacolare, con scene straordinarie da godere per il puro piacere della messa in scena. Guillermo del Toro si prende anche alcune libertà rispetto al libro, i filologi radicali avranno di sicuro qualcosa da obiettare, ma rimane nel complesso abbastanza fedele al dettato originario.

Per quanto riguarda Lanthimos, beh, ci troviamo di fronte a un autore che riesce sempre a sorprendere; ogni suo film è diverso dal precedente ed è una scommessa sempre molto rischiosa. Lo è anche il suo ultimo lavoro che presenterà qui da noi, Bugonia, remake di un film coreano di genere del 2004 che non aveva avuto molto successo. Il regista greco mescola linguaggi, temi e generi così diversi che di norma è alquanto difficile da tenere assieme. Cinema di fantascienza, cinema di denuncia politica, sociale… Fortunatamente il film coreano è stato visto da pochissimi spettatori e quindi non si sa esattamente cosa potersi aspettare. Un film che lascia senza parole e che prende letteralmente in contropiede il pubblico, con Emma Stone ancora una volta in stato di grazia. Lanthimos conferma ancora una volta la propria straordinaria capacità di sorprendere spettatori e attori, confezionando film che poi riescono sempre a trovare grandi distribuzioni.

Da regista pluripremiato agli oscar, e non solo agli oscar, oramai può fare davvero quello che più gli aggrada. Per fortuna!

Jim Jarmush, per chiudere il tris di questi straordinari cineasti,

Otec

finalmente torna a Venezia dopo l’episodio di Coffe & Cigarettes del 2003. Un regista che amo tantissimo anche per pellicole che non hanno avuto grande successo e che avrei voluto portare a Venezia, tranne forse The Dead Don’t Die, che personalmente considero un film mancato. Sono molto contento che sia venuto qui da noi innanzitutto perché il suo film, Father Mother Sister Brother, mi è sembrato semplicemente bellissimo: un lavoro in cui si ritrovano tutto il suo cinema, tutte le sue tematiche, il suo approccio stilistico e formale, ma dove vi sono anche alcune sorprese. Si tratta di tre episodi girati il primo in New Jersey, il secondo in Irlanda, il terzo a Parigi, con un cast stellare in tutte e tre le parti del film. È evidente che i protagonisti accettano con piacere di lavorare con lui perché è un regista che valorizza gli attori in maniera straordinaria.

Orizzonti, l’isola libera in cui poter sperimentare ed osare in modalità più radicali, oggi si è fatta più “adulta” senza perdere un grammo di energia che caratterizza da sempre la sua identità. Come si è evoluta la sezione e cosa in questo 2025 ci dice, ci mostra, ci racconta del nostro tempo declinato in arte?

Negli anni passati abbiamo avuto in questa sezione qualche grande nome già affermato. Quest’anno troviamo invece moltissimi registi al loro esordio i cui lavori si sono imposti alla nostra attenzione per la loro intrinseca qualità estetica e per l’intensità profonda dei contenuti che trattano. Forse tra tutti la regista più conosciuta a livello internazionale è Teona Strugar Mitevska, che non a caso apre la sezione.

Nel programma troverete film provenienti dalle aree geografiche le più disparate, spesso anche del tutto sconosciute, a conferma di come Orizzonti possa restituire davvero in maniera aperta e

Guillermo del Toro, Yorgos Lanthimos, Jim Jarmusch

For the Mexican director, Frankenstein is the film of his life. It’s a project he’s dreamed of for years, a version of Frankenstein that has inspired many of his other works, particularly his other “monsters.”

Yorgos Lanthimos always manages to surprise us. Each of his films is different from the previous one, and each one is a bold and risky bet. Bugonia is no exception, a remake of a 2004 Korean genre film that wasn’t particularly successful. Lanthimos blends genres, themes, and narrative styles so different the one from the other which is often a challenge to keep them together. Emma Stone, once again at her best, anchors this remarkable story. Jim Jarmusch makes his long-awaited return to Venice, following his 2003 Coffee & Cigarettes Father, Mother, Sister, Brother is made up of three episodes, shot respectively in New Jersey, Ireland, and Paris, with a star-studded cast. It’s clear that the actors are more than willing to work with Jarmusch because he has an incredible ability to elevate their performances in ways that few directors can.

Orizzonti, the space for radical experimentation, has now become a more “mature” section

In past years, we’ve seen major names make their mark in this section. On the contrary, this year we’re seeing many debuting directors whose works have captured our attention for their intrinsic aesthetic quality and the deep intensity of their themes. The most internationally recognized director in the lineup is Teona Strugar Mitevska, who, unsurprisingly, opens the section. The program includes films from all over the world, even from areas that are often completely unknown to us. This reinforces the idea that Orizzonti is able to present a truly open and inclusive picture of the current state of global cinema. We have new talents, familiar names, and directors who have previously participated in other sections but are now debuting in feature films. These filmmakers bring with them valuable experience, showcasing their evolution over the years. Orizzonti remains both a place for discovery and for confirming talents.

Mother by Teona Strugar Mitevska is an unconventional portrait of Mother Teresa of Calcutta, personal yet thoroughly grounded in research. The director spent 15 years reconstructing the complexities of this emblematic figure through direct testimonies. Mother Teresa is a symbol of assistance to the poor, but her character is also complex, contradictory, and at times even ambiguous. This complexity is brought to life in full by Noomi Rapace’s extraordinary performance, which captures every nuance of this controversial figure.

Ali Asgari is back with Divine Comedy, an astonishing film addressing the themes of rejecting the regime, censorship, and ideological oppression in Iran, his home country, a nation suffering under one of the most severe religious and political dictatorships of our time. Yet, Asgari presents these heavy topics in a comedic and surreal tone, demonstrating that it’s possible to tackle serious issues with a great lightness, without sacrificing the power of the message.

Carolina Cavalli first took part in Venice festival in 2022 with

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82. MOSTRA DEL CINEMA

ALBERTO BARBERA

concentrica l’idea di quanto stia succedendo oggi nel cinema a livello planetario. Abbiamo nuovi talenti, conferme, registi presenti precedentemente in altre sezioni al loro esordio nel lungometraggio, che qui mostrano al pubblico i progressi fatti grazie all’esperienza accumulata negli anni. Un luogo che riesce ad essere al contempo di scoperta e di conferma.

Anche per questa sezione tra i 20 film selezionati ne abbiamo scelti 4 su cui le chiediamo di soffermarsi brevemente, così da avere almeno un sommario quanto significativo spaccato su quanto ci riserverà l’edizione 2025 di Orizzonti. Partiamo da Mother di Teona Strugar Mitevska. Si tratta di un ritratto anticonvenzionale di Madre Teresa di Calcutta, personale e però assolutamente attendibile. La regista ha lavorato 15 anni per ricostruire attraverso testimonianze dirette la contraddittorietà di questa figura emblematica sul fronte dell’assistenza degli ultimi. Un autentico simbolo, personaggio complesso, dai tratti contrastanti, anche ambiguo se vogliamo, discutibile. Una complessità restituita al meglio in tutte le sue sfaccettature dalla straordinaria interpretazione di Noomi Rapace.

Un gradito ritorno è quello di di Ali Asgari, che qui presenterà il suo ultimo lavoro Divine Comedy. Asgari lo conosciamo bene, era già stato a suo tempo a Venezia e ci ritorna ora con un film sorprendente, incentrato sulle tematiche del ‘no’ al regime, alla censura e all’oppressione ideologica di un Paese, il suo Iran, vittima di una delle più tremende dittature religiose e politiche del nostro tempo. Lo fa però con un tono da commedia anche un po’ surreale, con una leggerezza incredibile, dimostrando come sia possibile affrontare tematiche pesanti in maniera assolutamente lieve, senza per questo perdere nulla in termini di potenza nella denuncia.

Per quanto riguarda la partecipazione italiana in Orizzonti, Il rapimento di Arabella di Carolina Cavalli è sicuramente uno dei titoli tra i più attesi. Carolina Cavalli era già stata presente a Venezia nel 2022 con il suo lavoro d’esordio, Amanda, con protagonista sempre Benedetta Porcaroli. Film capace di riscuotere un buon successo non solo in Italia. Ritorna oggi con il suo secondo, riuscito lungometraggio, dimostrando una capacità autoriale decisamente non comune in un’autrice così giovane. La dimostrazione di come sia possibile assecondare e valorizzare il proprio talento evitando comode o illusorie scorciatoie, perseverando nelle proprie idee senza timore di osare il giusto.

Infine, ultimo dei quattro film che abbiamo scelto qui di presentare, The Souffler di Gastón Solnicki, che vede come interprete un grande attore quale Dafoe, da quest’anno anche suo “collega” qui in Biennale.

Terzo capitolo di una trilogia che abbiamo presentato in sequenza qui a Venezia, caratterizzato in questa occasione dalla presenza di un autore della cifra di Willem Dafoe, a testimonianza di una produzione anche un po’ più consistente rispetto agli episodi precedenti.

her debut work Amanda, starring Benedetta Porcaroli, main character of her new film as well. The film was well-received, not only in Italy but also internationally. Now, she is back with her second feature, The Kidnapping of Arabella, which showcases a remarkable authorial voice for someone so young. It’s a prime example of how to nurture and enhance talent without resorting to shortcuts or illusions. Cavalli continues to prove that with persistence and daring, she can create unique works with a strong personal touch.

The Italian cinema

As always, Italian cinema has its ups and downs. We have great masters still active, and directors from the intermediate generation who continue to impress and surprise us, some even making a significant international impact. That said, this year’s debuts haven’t been as compelling as in previous years. In my opinion, they’re somewhat less interesting than those of the last editions. The best films, however, are those that hold their own against international productions. These are works made by authors who do not suffer from any inferiority complex, who are confident in their vision and execution.

Now, regarding some of the challenges facing our film industry: the sheer volume of production is a real problem. This rush to produce takes away the necessary time for reflection. Producers, directors, and screenwriters are often left with little time to properly think about what needs to be done to innovate, discover new stories, and, most importantly, find new ways to tell them. This lack of time leads to scripts that aren’t fully developed, resulting in works that, while showing good intentions, often don’t reach their full potential.

It’s more important than ever for everyone in the industry to step back from this relentless pace of production, fuelled by abundant resources and financial incentives, and give themselves the time needed to develop stronger, better-written projects. Time is essential for creating something that’s truly impactful.

The audience through the years

From 2012 onwards, we’ve witnessed a complete generational shift in the audience. Today, 70% of our passionate spectators are very young, ranging in age from 16 to 30, a truly impressive figure. To nurture this fresh, vibrant energy, we have implemented various promotional initiatives, such as low-cost accreditations for university students. Although it’s often challenging, some of them even manage to find an accommodation in the city’s hostels or student residences. This year, about 2,500 university students are following the Festival, an incredible resource that we must continue to cultivate, with the best possible strategies to ensure a brighter future for our cherished cinema.

I’m amazed to see how the number of young people who manage to attend despite the logistical challenges, especially regarding accommodation, is increasing every year. It’s incredibly inspiring to witness their relentless energy and enthusiasm. It’s worth considering how many more young people would attend the festival if we were able to provide even more affordable, accessible accommodation options for them.

Mani-Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana

Lucio Fontana, Coccodrillo, 1936–37. St. Moritz, Karsten Greve. © Fondazione Lucio Fontana, Milano, by SIAE 2025

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82. MOSTRA DEL CINEMA ALBERTO BARBERA

Ha già avuto modo più volte di evidenziare nel panorama produttivo italiano una certa dannosa bulimia a evidente scapito della qualità. A quale industria di altre scene internazionali dovrebbe ispirarsi la nostra per trovare un migliore equilibrio e un più virtuoso rigore produttivo? Ciò detto, quali le conferme e quali le sorprese che dobbiamo attenderci dai nostri film in Mostra? Il cinema italiano è fatto, come è del resto normale che sia, di luci e ombre. Abbiamo grandissimi maestri ancora in attività, così come abbiamo registi di una generazione intermedia che dimostrano di avere la capacità di continuare ad alimentare il nostro cinema e di saperci sorprendere, alcuni dei quali dotati di un deciso respiro internazionale. Non siamo invece rimasti troppo colpiti dagli esordi di quest’anno, a mio avviso decisamente meno interessanti rispetto a quelli degli ultimi anni. Ad ogni modo i film migliori sono quelli che si dimostrano in grado di reggere il confronto con produzioni internazionali. Si tratta di lavori realizzati principalmente da autori non affetti da alcun complesso di inferiorità. Venendo alle criticità peculiari della nostra industria cinematografica, il fatto che si produca troppo toglie a produttori, registi e sceneggiatori il tempo per riflettere adeguatamente su cosa si debba fare concretamente per innovare, per trovare storie nuove da raccontare e soprattutto nuovi modi per raccontarle. Manca il tempo per lavorare a sufficienza sulle sceneggiature così da poter infine realizzare prodotti convincenti. Si percepiscono le ‘buone intenzioni’ di registi e sceneggiatori, ma ci si trova alla fine troppo spesso di fronte a prodotti che non sembrano del tutto arrivati alla loro giusta maturazione. Sarebbe più che necessario che

tutti facessero lo sforzo di sottrarsi a questo impeto produttivo esondante, favorito dalle risorse, dai tanti soldi che girano, per darsi il giusto tempo così da poter costruire progetti più solidi, meglio scritti.

Come ha visto cambiare negli anni il pubblico della Mostra e che cosa si dovrebbe fare di meglio e di più per soddisfarne le aspettative? Ci riferiamo soprattutto ai giovani, che dimostrano un sorprendente, confermato interesse per quest’arte, patrimonio quindi da trattare con estrema cura. Dal 2012 a oggi nel pubblico abbiamo assistito ad un completo ribaltamento generazionale. Oggi il 70% dei nostri appassionati spettatori è giovanissimo, in un arco d’età che va dai 16 ai 30 anni. Un dato davvero impressionante. Da parte nostra abbiamo cercato di favorire questa ventata di pura, salutare vitalità attivando promozioni di tutti i tipi, come accrediti a basso costo per studenti universitari, i quali, seppur a fatica, trovano talvolta anche ospitalità nei vari ostelli o studentati in città. Gli studenti universitari che seguono la Mostra sono circa 2500 quest’anno, un vero patrimonio da valorizzare con tutte le migliori idee possibili per assicurare un miglior futuro al nostro amato cinema. Mi stupisco ogni volta della quantità di giovani che riescono a venire alla Mostra nonostante le difficoltà logistiche che conosciamo bene in termini di accoglienza. È sempre intrigante percepire la loro energia che non smette mai di pulsare. È lecito domandarsi quali numeri potremmo raggiungere se la ricettività fosse ancora più a misura di giovani, in termini di prezzi e sistemazioni.

Il maestro
La diva che visse due volte Omaggio a Kim Novak, icona unica

nel suo genere

Capitata quasi per caso a recitare nello Studio System, Marilyn Pauline (Kim) Novak viene assoldata dal tycoon Harry Cohn, presidente della Columbia Pictures, intenzionato a renderla, commercialmente, una spina nel fianco di Rita Hayworth. La Novak inizia ad interpretare ruoli dal forte impatto emotivo in opere drammatiche, come ad esempio quello di Molly nel cupo capolavoro di Otto Preminger con Frank Sinatra L’uomo dal braccio d’oro (1955) o quello della moglie dello sfortunato pianista Eddy Duchin nel melodramma musicale e biopic Incantesimo (1956).

Continuamente tormentata dal produttore despota Cohn, che la sottoponeva a ricatti ed intimidazioni di vario genere, l’attrice, con il suo forte temperamento, si oppone spesso ai dettami produttivi, seguendo il suo istinto e la sua onestà intellettuale. Non rinuncia ad accompagnarsi, in un periodo di segregazione razziale, all’attore, cantante e ballerino Sammy Davis Jr., creando indignazione e scandalo negli ambienti hollywoodiani: da tenere presente che nei ‘democratici’ States, nonostante la legge del 1967 che legalizzava i matrimoni interrazziali, alcuni stati erano restii ad abolire il divieto, ad esempio in Alabama si dovette aspettare l’anno 2000. È con La donna che visse due volte (1958) che l’attrice diviene una star a tutti gli effetti: Alfred Hitchcock aveva l’abilità di trasformare le sue attrici in divinità intorno alle quali le trame dei sui film si dipanavano. Sempre nel 1958 Kim Novak e James Stewart si ritrovano co-protagonisti nella commedia raffinata Una strega in paradiso diretta da Richard Quine, all’epoca compagno dell’attrice: tra magie, incantesimi, le fusa del gatto Cagliostro ed uno straordinario Jack Lemmon ci si diverte molto. Anche la scoppiettante commedia degli equivoci Baciami, stupido (1964), tratta dalla pièce di Anna Bonacci, L’ora della fantasia (1944) e già portata sullo schermo da Mario Camerini con il film Moglie per una notte (1952), è una straordinaria prova attoriale per la Novak, magistralmente diretta da Billy Wilder. Arrivata alla vetta della celebrità, il suo forte carattere, che andava contro gli stereotipi dell’epoca, le fa comprendere quanto lo splendore del divismo sia cosa effimera e come l’abisso possa essere sempre dietro l’angolo. Già verso la fine degli anni Sessanta l’attrice comincia un lento, ma irreversibile ritiro dalle scene preferendo dedicarsi alla famiglia e alla sua grande passione per la pittura.

Il Leone d’Oro alla carriera alla prossima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è il giusto coronamento ad un percorso artistico che ha lasciato un solco indelebile nella storia della Settima Arte. Andrea Zennaro

The diva ENG who lived twice

The Venice Film Festival pays tribute to film icon Kim Novak. Almost accidentally drawn into acting through the Studio System, Marilyn Pauline (Kim) Novak was signed by Columbia Pictures’ president Harry Cohn, who aimed to position her as a commercial rival to Rita Hayworth. Novak took on emotionally intense roles in dramas like The Man with the Golden Arm (1955) and The Eddy Duchin Story (1956). Despite constant pressure and intimidation from the despotic Cohn, Novak resisted studio demands, guided by her strong character and intellectual honesty. Her relationship with Sammy Davis Jr. during a time of racial segregation sparked scandal in Hollywood. She rose to stardom with Hitchcock’s Vertigo (1958), and shone in comedies like Bell, Book and Candle and Kiss Me, Stupid. Disillusioned by fame’s fleeting nature, she gradually withdrew from acting in the late ‘60s to focus on family and painting. The Golden Lion for Lifetime Achievement honours her lasting impact on cinema history.

Leone d’Oro a Kim Novak 1 settembre Sala Grande www.labiennale.org

Kim Novak Werner Herzog
Kim Novak’s Vertigo

Filmo, quindi sono

Werner Herzog, impareggiabile

La continua tensione tra finzione e realtà/realismo è ciò che ha mosso il regista tedesco Werner Herzog all’interno della sua vasta filmografia, costellata da opere di fiction dal forte impatto documentaristico, basti pensare all’epico Fitzcarraldo o ad Aguirre furore di Dio ed opere di impronta documentaria, che l’autore ha trasformato ed elaborato rendendole più simili a lavori di fantasia. Il regista ha una concezione estrema della messa in scena ed è sempre alla continua ricerca di nuove sfide, come in Cuore di vetro (1976) dove l’intero cast recita in uno stato di ipnosi o nel documentario Paese del silenzio e dell’oscurità (1971) che ci mostra la vita di persone sordocieche.

Nato tra le montagne bavaresi, ha fin da giovanissimo l’impulso a filmare il mondo che lo circonda, interrogandosi su quale sia il significato stesso di rappresentazione filmica.

Sia il concetto di cinéma vérité, locuzione diffusa dal sociologo francese Edgar Morin nel 1960, che quello di documentario, non bastano per comprendere la poetica del regista tedesco, da sempre grande maestro nello scombinare il linguaggio dei media e la realtà stessa.

Nel suo ‘manifesto’, esplicitato al Walzer Art Center di Minneapolis il 30 Aprile 1999 e noto come la Minnesota Declaration, il regista ribadisce che, attraverso il mezzo cinematografico, occorre andare a scandagliare i livelli più profondi della verità, ricercando una sorta di verità poetica, estatica e più profonda.

I suoi film epici, che mostrano imprese al limite dell’impossibile, portate avanti da personaggi fuori dal comune e quasi folli, nascono come operazioni titaniche, fin dal momento della messa in scena: è emblematico il suo documentario Kinski, il mio nemico più caro (1999) per comprendere sia il modus operandi del regista, sia il rapporto con Klaus Kinski, suo attore feticcio, con il quale si instaurava un’alchimia creativa esplosiva. Autoproclamatosi un buon soldato del cinema, Herzog, nei suoi lavori, va oltre la superficie delle cose, stravolgendo la narrazione: documentari come Dentro l’inferno (2016) sui vulcani o come Apocalisse nel deserto (1992) sull’opera di spegnimento dei pozzi di petrolio in Kuwait dopo la prima guerra del Golfo, sembrano film di fantasia girati su Marte o Venere, mentre il film di fantascienza L’ignoto spazio profondo (2005) ha tutte le caratteristiche del documentario.

Il grande autore tedesco riceve il Leone d’Oro alla carriera all’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia come suggello di un percorso creativo unico e sconfinato. Andrea Zennaro

I film, ENG therefore I am

The constant tension between fiction and reality is what drives German director Werner Herzog throughout his vast filmography. His fictional works often carry a strong documentary feel. Think of the epic Fitzcarraldo or Aguirre, the Wrath of God. His documentaries are shaped and stylized to resemble imaginative creations. Herzog’s radical approach to filmmaking is evident in his pursuit of extreme challenges, such as Heart of Glass (1976), where the entire cast performs under hypnosis, or Land of Silence and Darkness (1971), which portrays the lives of deafblind individuals. Herzog was compelled from a young age to film the world around him, questioning the very meaning of cinematic representation. Neither the concept of cinema-vérité nor traditional documentary definitions fully capture Herzog’s poetic vision. In his “manifesto,” the Minnesota Declaration (1999), Herzog asserts that cinema must delve into deeper layers of truth, seeking a poetic, ecstatic, and profound truth. His documentary My Best Fiend (1999) exemplifies both his working method and his explosive creative chemistry with actor Klaus Kinski. Calling himself a “good soldier of cinema,” Herzog transcends surface narratives. Documentaries like Into the Inferno (2016) and Lessons of Darkness (1992) resemble sci-fi films set on other planets, while his sci-fi film The Wild Blue Yonder (2005) feels like a documentary. At the 82nd Venice International Film Festival, Herzog receives the Golden Lion for Lifetime Achievement, crowning a unique and boundless creative journey.

Leone d’Oro a Werner Herzog 27 agosto Sala Grande www.labiennale.org

© Lena Herzog

CONCORSO

Alexander Payne

Regista, sceneggiatore e produttore (USA)

Le sue commedie, spesso con il fedele Paul Giamatti protagonista, sono costruzioni eleganti, caratterizzate da umorismo pungente e grandi intepretazioni tra il tragico e il comico. Il suo sogno nel cassetto? Un western.

Stéphane Brizé

Regista e sceneggiatore (Francia)

Importante il suo sodalizio con Vincent Lindon, premiato più volte per interpretazioni in sue pellicole. Particolarmente interessato agli effetti che la finanziarizzazione della società riversa sugli individui, sta lavorando ad un prossimo film, con protagonista ancora Lindon e Alba Rohrwacher.

Mohammad Rasoulof

Regista, scrittore e produttore (Iran)

Sottoposto a continue pressioni da parte del regime del suo Paese, è una delle voci più significative e audaci del cinema iraniano contemporaneo. Con Il male non esiste, dedicato al tema della pena di morte in Iran, vince l’Orso d’Oro a Berlino nel 2020.

Cristian Mungiu

Scrittore, regista e produttore (Romania)

Il suo 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, ambientato al tramonto del regime di Ceaus , escu, ha vinto la Palma d’Oro a Cannes nel 2007. Sulla Croisette è stato più volte ospite, fondando tra l’altro il Festival Les Films de Cannes a Bucarest.

Fernanda Torres

Attrice, scrittrice e sceneggiatrice (Brasile)

Palma d’Oro a Cannes nel 1986 per l’interpretazione in Eu sei que vou te amar di Arnaldo Jabor.

Editorialista su diverse testate, lo scorso anno è stata protagonista di Io sono ancora qui di Walter Salles, premiato per la sceneggiatura a Venezia, vincendo un Golden Globe e venendo candidata all’Oscar.

Maura Delpero

Regista e sceneggiatrice (Italia)

Il suo Vermiglio è stato il caso cinematografico della passata stagione, in Concorso al Lido ed entrato nella shortlist degli Oscar per il miglior film straniero. È stata la prima donna a vincere il David di Donatello per la miglior regia.

Zhao Tao

Attrice (Cina)

Protagonista di Io sono Li di Andrea Segre, presentato alle Giornate degli Autori nel 2012, per cui vinse il David di Donatello. Ha collaborato più volte con Jia Zhang-Ke, tra cui Still Life che nel 2006 ha vinto il Leone d’Oro a Venezia, assegnato dalla giuria presieduta quell’anno da Catherine Deneuve.

Alexander Payne
Stéphane Brizé
Cristian Mungiu
Mohammad Rasoulof
Maura Delpero
Zhao Tao
Fernanda Torres
Concorso Orizzonti Opera Prima

ORIZZONTI

Fernando Enrique

Juan Lima

Critico cinematografico (Argentina)

Lavora da tempo per carta stampata, televisione e radio, vota per i Golden Globe ed è membro dell’Accademia del Cinema Argentino. Ha già avuto esprienze da giurato a Torino, Beijing, Shanghai, Chicago, Montevideo, Mar del Plata e Lima.

Yuri Ancarani

Regista e videoartista (Italia)

Invitato nei più importanti festival artistici e cinematografici di tutto il mondo, a Venezia nel 2021 nella sezione Orizzonti ha portato Atlantide, storia di iniziazione tutta maschile ambientata in una Venezia psichedelica vista dalla prospettiva di un giovane proprietario di barchino.

Charlotte Wells

Regista (Scozia)

Sotto la sua direzione in Aftersun, Paul Mescal è stato candidato all’Oscar per la miglior interpretazione, affiancato della giovanissima e bravissima Frankie Corio. Suo esordio cinematografico, il film narra il rapporto padre-figlia con un linguaggio poetico che ha raggiunto il pubblico di tutto il mondo.

Erige Sehiri

Regista, produttrice, ex giornalista (Francia, Tunisia)

Il frutto della tarda estate, da lei diretto nel 2021, ha partecipato a Final Cut in Venice arrivando poi a Cannes e alla selezione per gli Academy Awards. Membro fondatore del collettivo Rawiyat-Sisters in Film, che sostiene le donne registe del mondo arabo e della diaspora.

Julia Ducournau

Regista e sceneggiatrice (Francia)

Il suo Titane, del 2021, ha vinto la Palma d’Oro a Cannes e sconvolto il pubblico di tutto il mondo grazie alle intepretazioni memorabili di Vincent Lindon e Agathe Rousselle. È tornata a Cannes quest’anno con Alpha, confermando un innegabile talento visivo, potente ed espressivo.

RaMell Ross

Artista, regista, scrittore e documentarista (USA)

Ha diretto I ragazzi della Nickel, di recente incluso nel catalogo di Prime Video, nominato per la migliore sceneggiatura non originale e per il miglior film agli Academy Awards. Le sue opere sono incluse nelle collezioni permanenti di diverse istituzioni americane.

Silvio Soldini

Regista e sceneggiatore (Italia)

Nel 2000 il suo Pane e tulipani vince 9 David di Donatello, con una memorabile Licia Maglietta che sarà protagonista anche del successivo Agata e la tempesta del 2003. Fuori Concorso al Lido nel 2017 presenta Il colore nascosto delle cose, con Valeria Golino e Adriano Giannini.

Shannon Murphy

Regista teatrale, televisiva e cinematografica (Australia)

Nel 2019 il suo Babyteeth è stato in Concorso a Venezia, fruttando all’attore Toby Wallace il Premio Marcello Mastroianni. Il film ha ottenuto un grande successo di pubblico, tra cui la nomination ai BAFTA come miglior regista, opera dal linguaggio cinematografico innovativo.

Erige Sehiri
Fernando Enrique Juan Lima
Julia Ducournau
Silvio Soldini
RaMell Ross
Charlotte Wells
Shannon Murphy
Yuri Ancarani
Film americani indipendenti, molti film italiani, bei film francesi, a conferma di tre cinematografie tra le più interessanti del momento. E poi il ritorno di film cinesi dopo tanti anni di assenza. Riflessioni sulla mostruosità del presente, tra creature inventate e dittature reali più che mai Alberto Barbera

LA GRAZIA di Paolo Sorrentino

Sorrentino abbandona Napoli e la sua umanità barocca, intrisa di disincanto filosofico, per approdare alle atmosfere dilatate di Torino, la “città magica”, in quello che molti interpretano come un ritorno al rigore delle sue prime opere. Il progetto è avvolto da un riserbo quasi proverbiale, ma una certezza rimane: la prova, ancora una volta magistrale, di Toni Servillo, protagonista di una storia d’amore che disorienta di continuo lo spettatore, trascinandolo anima e corpo nelle pieghe della storia.

L’esordio di Paolo Sorrentino nel lungometraggio è del 2001 con L’uomo in più, presentato a Venezia. A Cannes presenta Il divo (2008), che vince il Prix du Jury, This Must Be the Place (2011) e La grande bellezza (2013), capolavoro premiato con l’Oscar, il Golden Globe, il Bafta e tre European Film Awards come miglior film straniero. Nel 2021con il personalissimo È stata la mano di Dio vince il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria e Premio Marcello Mastroianni a Venezia, aggiudicandosi cinque David di Donatello e quattro Nastri d’Argento. Nel 2024 torna in concorso a Cannes con Parthenope

ENG Sorrentino leaves Naples and its baroque humanity, steeped in philosophical disillusion, to embrace the expansive atmospheres of Turin, the “magical city,” in what many see as a return to the rigor of his early works. The project remains shrouded in near-proverbial secrecy, but one certainty endures: the once again masterful performance of Toni Servillo.

Paolo Sorrentino made his feature debut in 2001 with One Man Up, presented in Venice. At Cannes he presented Il Divo (2008), winner of the Jury Prize, and The Great Beauty (2013), which won the Academy Award, Golden Globe, BAFTA and three European Film Awards for Best Foreign Language Film. He then directed The Hand of God (2021), awarded the Silver Lion – Grand Jury Prize and the Marcello Mastroianni Award in Venice. In 2024 he returned to Cannes with Parthenope

LE MAGE DU KREMLIN

di Olivier Assayas

Come nasce un leader. Protagonista della pellicola è il personaggio fittizio di Vadim Baranov, artista e produttore a cui viene affidata l’organizzazione della campagna elettorale dell’allora sconosciuto Vladimir Putin, giovane e ambizioso volto della Russia post-sovietica e oggi più che mai figura passata alla storia. Tratto dal romanzo omonimo di Giuliano da Empoli del 2022, il film ha visto Assayas collaborare con Emmanuel Carrère per la sceneggiatura, con lo scrittore francese impegnato anche in un veloce cameo.

ENG How a leader is born. The protagonist of the film is the fictional character Vadim Baranov, an artist and producer entrusted with organizing the election campaign of the then-unknown Vladimir Putin, a young and ambitious face of post-Soviet Russia, now a historical figure. Based on the 2022 novel of the same name by Giuliano da Empoli, the film sees Assayas collaborating with Emmanuel Carrère on the screenplay, with Carrère also making a brief cameo.

FRANKENSTEIN

di Guillermo del Toro

In un mondo attraversato da luce e tenebra, un uomo sfida la natura per dare vita all’innaturale. La Creatura nasce, e con essa, una tragedia. Guillermo del Toro reinterpreta il capolavoro di Mary Shelley con la grazia tragica di una parabola miltoniana: al centro non più il gesto della creazione, ma l’esistenza tormentata di chi ne è il frutto. Lontano da ogni adattamento convenzionale, il film intreccia mito e spiritualità, orrore e compassione, interrogando ciò che ci rende umani. ENG In a world traversed by light and darkness, a man defies nature to create the unnatural. The Creature is born, and with it, a tragedy. Guillermo del Toro reinterprets Mary Shelley’s masterpiece with the tragic grace of a Miltonian parable: the focus shifts from the act of creation to the tormented existence of its result. Far from conventional adaptations, the film weaves myth and spirituality, horror and compassion, questioning what makes us human.

BUGONIA di Yorgos Lanthimos

Il giovane apicoltore Teddy e il suo migliore amico sono ossessionati dalle teorie del complotto e certi di una cosa: gli alieni sono tra noi. I loro sospetti ricadono su Michelle Fuller (Emma Stone), potente amministratrice delegata di una multinazionale farmaceutica che i due credono un’aliena pronta ad annientare il Pianeta. Decidono così di sequestrarla e sottoporla ad un asfissiante interrogatorio per estorcerle la verità e fermare il suo piano di distruzione. Ma nulla, in questa guerra contro l’invasione, è come sembra.

ENG Young beekeeper Teddy and his best friend are obsessed with conspiracy theories and convinced of one thing: aliens are among us. Their suspicions fall on Michelle Fuller (Emma Stone), powerful CEO of a pharmaceutical giant whom they believe is an alien bent on destroying Earth. They decide to kidnap her and subject her to a suffocating interrogation to extract the truth and stop her plan. But nothing in this war against invasion is as it seems.

PARIGI ROMANTICA POP

SABATO 27 SETTEMBRE

ORE 19.30

SCUOLA GRANDE SAN GIOVANNI EVANGELISTA

French touch

QUATUOR OPALE

Jennifer Courcier soprano

Éléonore Pancrazi mezzosoprano

Enguerrand de Hys tenore

Philippe Estèphe baritono

Emmanuel Christien pianoforte brani di HERVÉ, REY, MESSAGER, ecc.

DOMENICA 28 SETTEMBRE

ORE 17

Parigi, la chitarra e tu

Marc Mauillon baritono

Pascal Sanchez chitarra romantica brani di HERVÉ, MARESCOT, MERCHI, ecc.

VENERDÌ 3 OTTOBRE

ORE 19.30

Oh là là!

DUO CONTRASTE

Cyrille Dubois tenore

Tristan Raës pianoforte

brani di CHAMINADE, CHRISTINÉ, TESORONE, ecc.

GIOVEDÌ 9 OTTOBRE

ORE 19.30

A passo di valzer

Jean-Baptiste Doulcet pianoforte brani di CHAMINADE, CHOPIN, BONIS, ecc.

MARTEDÌ 14 OTTOBRE

ORE 18

Hervé e lo spirito francese conferenza di Carla di Lena ingresso gratuito

GIOVEDÌ 16 OTTOBRE

ORE 19.30

Operette al pianoforte

Lidija e Sanja Bizjak pianoforte a quattro mani brani di HERVÉ, MESSAGER, OFFENBACH, ecc.

MARTEDÌ 21 OTTOBRE

ORE 19.30

Opera Dream

Raffaele La Ragione mandolino

François Dumont pianoforte brani di CHAMINADE, GOUNOD, THOMÉ, ecc.

MARTEDÌ 28 OTTOBRE

ORE 19.30

Fisarmonica mon amour

Félicien Brut fisarmonica

Astrig Siranossian violoncello brani di FAURÉ, BIZET, LEGRAND, ecc.

c oncorso

VENEZIA 82

NÜHAI

di Shu Qi

Taipei, 1988. Hsiao-lee, adolescente introversa, cresce in un clima familiare intriso di silenzi e privo di gioia. L’incontro con Li-li, vivace e spensierata, accende in lei un desiderio di libertà che sembrava del tutto sopito. Ma il passato della madre Chuan riemerge, facendo da contrappunto al suo stesso smarrimento. In bilico tra la fedeltà a un destino ereditato e la possibilità di scegliere per sé, Hsiao-lee affronta le crepe di una storia generazionale fatta di frustrazione e rimpianti.

ENG Taipei, 1988. Introverted teenager Hsiao-lee grows up in a joyless, silent household. Meeting the lively and carefree Li-li awakens a long-dormant desire for freedom. But her mother’s past resurfaces, mirroring her own confusion. Torn between loyalty to an inherited fate and the possibility of choosing her own path, Hsiao-lee confronts the cracks in a generational story of frustration and regret.

A HOUSE OF DYNAMITE

Dopo otto anni di silenzio cinematografico, la regista premio Oscar per The Hurt Locker torna in Concorso a Venezia con un thriller teso e lucido che intreccia geopolitica, tensione militare e dilemmi morali. Quando un missile nucleare colpisce il suolo americano senza alcuna rivendicazione, si scatena una frenetica caccia globale per identificare il responsabile. In un clima di paranoia crescente, l’amministrazione statunitense si trova costretta a decidere se rispondere, e come, senza innescare una guerra irreversibile.

ENG After an eight-year absence from the screen, the Academy Award-winning director of The Hurt Locker returns to the Venice Competition with a gripping and sharp-edged thriller that intertwines geopolitics, military tension, and moral dilemmas. When a nuclear missile strikes U.S. soil without any claim of responsibility, a frantic global manhunt is launched to identify the perpetrator. As paranoia mounts, the American administration must decide whether — and how — to respond, without triggering an irreversible war.

À PIED D’OEUVRE

Il film racconta la discesa volontaria di un uomo nel cuore della marginalità. Bastien Bouillon interpreta un fotografo affermato che, stanco della superficialità del mondo dell’arte, abbandona tutto per dedicarsi alla scrittura. Ma il desiderio di autenticità lo conduce a confrontarsi con la precarietà, l’isolamento e la lenta erosione della propria identità borghese. Un ritratto intenso e privo di compromessi su cosa significhi, oggi, pagare il prezzo della libertà.

ENG A pied d’œuvre portrays the voluntary descent of a man into the margins of society. Bastien Bouillon plays a renowned photographer who, disillusioned with the superficiality of the art world, gives it all up to pursue writing. But his quest for authenticity leads him to face poverty, isolation, and the gradual erosion of his bourgeois identity. A powerful, uncompromising portrait of what it truly means to pay the price of freedom.

c oncorso

VENEZIA 82

DUSE

di Pietro Marcello

Eleonora Duse (Valeria Bruni Tedeschi), figura leggendaria del teatro italiano dalla personalità ribelle, fiera e modernissima, viene raccontata attraverso gli occhi di sua figlia nell’ultima stagione della sua vita. La sua carriera è ormai alle spalle, tuttavia in un’Italia tormentata dal dramma della Grande Guerra e dai primi inequivocabili segnali del Fascismo, la Divina non arretra di fronte al dolore né al declino, avvertendo il bisogno di tornare in scena come ultimo tentativo di riaffermare se stessa.

ENG Eleonora Duse, a legendary figure of Italian theater with a rebellious, proud, and strikingly modern personality, is portrayed through the eyes of her daughter during the final season of her life. In an Italy troubled by the horrors of the Great War and the first unmistakable signs of Fascism, “la Divina” does not shy away from pain or decline, feeling the need to return to the stage as a necessary.

ELISA

di Leonardo Di Costanzo

Il film, tratto dal libro Io volevo ucciderla di Adolfo Ceretti – tra i più autorevoli criminologi italiani – scritto con Lorenzo Natali, è sceneggiato dal regista insieme a Bruno Oliviero e Valia Santella. Ambientato tra Alto Adige e Canton Ticino, ricostruisce la storia vera di Elisa, giovane di buona famiglia che ha ucciso brutalmente la sorella. In carcere da dieci anni, la donna viene progressivamente indotta ad ammettere la propria responsabilità nel corso di una lunga serie di colloqui con un criminologo, sostenitore della cosiddetta “giustizia riparativa”.

ENG Set between South Tyrol and Canton Ticino, it recounts the true story of Elisa, a young woman from a respectable family who brutally murdered her sister. Imprisoned for ten years, she is gradually led to confront her responsibility through a long series of meetings with a criminologist, an advocate of the so-called “restorative justice” approach.

FATHER MOTHER

SISTER BROTHER

di Jim Jarmusch

Un trittico che racconta le relazioni tra figli adulti, i loro genitori distanti e tra fratelli. Sotto forma di commedia, le storie vengono narrate liberandosi dalla tentazione del giudizio, in un’oggettività che riesce comunque a non rinunciare al fisiologico coinvolgimento emozionale dello spettatore. Ambientate negli Stati Uniti, a Dublino e a Parigi, queste vicende collocate nel presente e attraversate da una sottile dose di malinconia ci raccontano molto di noi stessi, sospesi tra passato e futuro.

ENG A triptych exploration of relationships between adult children, their distant parents, and siblings. Told in the form of a comedy, the narration is free from judgment, maintaining objectivity while still engaging the viewer emotionally. Set in the United States, Dublin, and Paris, these present-day tales reflect much about ourselves.

JAY KELLY

Un road-movie lampo, racchiuso nello spazio di un weekend, che si rivela sorprendente e profondamente significativo per due amici di mezza età in viaggio attraverso l’Europa (con molte riprese in Italia). I protagonisti, Jay Kelly (George Clooney), attore di successo in crisi d’identità, e il suo manager Ron (Adam Sandler), tra risate, imprevisti e ricordi, saranno costretti a confrontarsi con le scelte compiute e con le conseguenze di ciò che sono diventati.

ENG A lightning-fast road movie, unfolding over the course of a single weekend, it proves both surprising and deeply meaningful for two middle-aged friends traveling across Europe (with much of the film shot in Italy). Jay Kelly, a successful actor in the midst of an identity crisis, and his manager Ron, are forced to confront the choices they have made and the consequences of who they have become.

L’ÉTRANGER

di François Ozon

Algeri, 1938. Meursault, un impiegato pacato e distaccato, partecipa al funerale della madre senza mostrare emozione. Il giorno dopo inizia una relazione con Marie, una collega, e torna alla sua routine quotidiana. Ma quando il suo vicino lo coinvolge in affari sospetti, la sua vita viene travolta da un tragico evento su una spiaggia sotto il sole implacabile. François Ozon sceglie il bianco e nero per questo libero adattamento dell’omonimo romanzo di Albert Camus.

ENG Algiers, 1938. Meursault, a quiet and detached clerk, attends his mother’s funeral without showing any emotion. The next day he begins a relationship with Marie, a co-worker, and soon slips back into his daily routine. But when his neighbor involves him in shady dealings, his life is upended by a tragic event on a sun-scorched beach.

NO OTHER CHOICE

di Park Chan-Wook

Park Chan-Wook torna in Mostra con un nuovo adattamento del romanzo The Axe di Donald Westlake (da cui Costa Gavras trasse il suo Cacciatore di teste del 2005). You Man-su, operaio specializzato con 25 anni di carriera nella produzione di carta, si ritrova improvvisamente licenziato. Umiliato, incapace di trovare un nuovo impiego e sull’orlo del tracollo economico e personale, prende una decisione estrema: sbarazzarsi fisicamente della concorrenza, “facendosi spazio” con qualsiasi mezzo.

ENG You Man-su, a skilled paper factory worker with 25 years of experience, is suddenly laid off. Humiliated and unable to find new work, on the brink of financial and personal collapse, Man-su makes a drastic decision: eliminate the competition by any means necessary.

ORPHAN

di László Nemes

Budapest, primavera 1957: un anno dopo il fallimento della rivoluzione ungherese, il dodicenne ebreo Andor, cresciuto dalla madre con racconti idealizzati del padre scomparso, vede il suo mondo crollare quando un uomo brutale si presenta alla loro porta sostenendo di essere il suo vero padre. Il ragazzo rifiuta con fermezza questo intruso, e mentre la distanza tra madre e figlio si allarga, Andor decide di salvare la sua famiglia a qualunque costo.

ENG Budapest, spring 1957: a year after the failed Hungarian revolution, twelve-year-old Jewish boy Andor, raised by his mother on idealized stories of his late father, sees his world collapse when a brutal man shows up at their door claiming to be his real father. The boy firmly rejects the intruder, and resolves to save his family at any cost.

SILENT FRIEND

di Ildikó Enyedi

Tre episodi ambientati nel 1908, 1972 e 2020 sono legati dalla presenza di un grande Ginkgo Biloba, albero-personaggio che osserva silenziosamente i destini umani lungo un secolo. Le vicende si svolgono quasi esclusivamente nel giardino botanico di Marburg e in ambienti urbani di Colonia. Nel cast internazionale spicca Tony Leung Chiu-wai (Leone d’Oro alla Carriera 2023), che interpreta un neuroscienziato proveniente da Hong Kong, ruolo scritto su misura per lui già nella fase di sceneggiatura.

ENG Three episodes set in 1908, 1972, and 2020 are connected by the presence of a grand Ginkgo Biloba, an arboreal character silently observing human destinies across a century. The international cast is led by Tony Leung Chiu-wai, who plays a neuroscientist from Hong Kong, a role written specifically for him during the script’s development.

SOTTO LE NUVOLE

di Gianfranco Rosi

Un ritratto di Napoli in bianco e nero, tratteggiato dopo un periodo di tre anni trascorso in città, per carpirne tutte le possibili sfumature. Napoli è un mosaico che mette fianco a fianco tessere diversissime tra loro, che tuttavia quando vengono guardate dalla distanza giusta restituiscono un disegno dal quale è impossibile distogliere lo sguardo. Lo sguardo di Rosi si spinge fino a Pompei ed Ercolano, Torre Annunziata e Campi Flegrei per testimoniare e regalare allo spettatore il brulicare di un territorio inquieto per definizione, emotivamente e geologicamente tellurico.

ENG A black-and-white portrait of Naples, drawn after three years spent in the city to capture its nuances. Rosi’s gaze extends to Pompeii, Herculaneum, Torre Annunziata, and the Phlegraean Fields, capturing the restless, emotionally and geologically volatile nature of the region.

THE SMASHING MACHINE

La travolgente parabola biografica e sportiva di Mark Kerr, campione di lotta libera che ha fatto la storia di questo sport, entrando nella leggenda. L’intensa relazione con la moglie, le imprese sportive e le contraddizioni potenti di un uomo in lotta non solo sul ring ma nella vita, in primis contro sé stesso, sono i motori narrativi di una storia che ci consegna il ritratto di un personaggio pubblico carico di sfumature, in bilico costante tra gloria e tormento.

ENG The dramatic life and sports journey of Mark Kerr, a wrestling champion who became a legend. His intense relationship with his wife, athletic achievements, and inner struggles – both in the ring and in life – drive a narrative that paints a complex portrait of a public figure constantly balancing glory and torment.

THE SUN RISES ON US ALL

Quando due ex amanti si ritrovano nella provincia meridionale del Guangdong, ogni parola non detta torna a pesare come un macigno. Lui, schiacciato dal rimorso. Lei, dal sacrificio. In una Cina

che cambia, tra fabbriche, silenzi e notti senza stelle, riaffiorano emozioni sopite e dolori rimasti in sospeso. Il maestro cinese del neo-noir Cai Shangjun firma un melodramma interpretato da due star amatissime, Xin Zhilei e Zhang Songwen, in bilico tra un passato che brucia e un presente che non consola.

ENG When two former lovers reunite in southern Guangdong province, every unspoken word weighs like a boulder. In a changing China, among factories, silences, and starless nights, dormant emotions and unresolved pain resurface. Chinese neo-noir master Cai Shangjun presents an intimate and rigorous melodrama starring Xin Zhilei and Zhang Songwen.

THE TESTAMENT OF ANN LEE

Un raffinato musical storico che racconta la vita di Ann Lee, fondatrice del movimento degli Shaker nel XVIII secolo, una figura venerata come la “Donna-Cristo” dai suoi seguaci che praticavano preghiera, canto e danza come forma di culto. Il film segue le sue vicende prima in Europa e poi negli Stati Uniti a partire dal 1774, dove il gruppo di Shaker prese radici, portando avanti una comunità utopica esistente ancora oggi.

ENG A refined historical musical that tells the story of Ann Lee, founder of the Shaker movement in the 18th century, a figure venerated as the “Female Christ” by her followers, who practiced prayer, song, and dance as forms of worship. The film follows her journey first in Europe and later in the United States starting in 1774.

THE VOICE OF HIND RAJAB

di Kaouther Ben Hania

Per raccontare la drammatica vicenda di Hind Rajab, la bambina di cinque anni intrappolata sotto un’auto a Gaza che chiese aiuto alla Mezzaluna Rossa in una telefonata durata un’ora, la regista ha scelto di utilizzare l’audio originale. Realizzato in soli dodici mesi, il film è girato in un unico spazio scenico per concentrare l’attenzione sulla tragedia, mentre la violenza è evocata attraverso ciò che non si vede: silenzio, paura e attesa diventano i veri protagonisti. ENG To recount the dramatic story of Hind Rajab, the fiveyear-old girl trapped under a car in Gaza who called the Red Crescent in a one-hour plea for help, the director chose to use the original audio of the call. Completed in just twelve months, the film is set entirely in a single stage space, focusing attention on the tragedy.

UN FILM FATTO PER BENE

di Franco Maresco

Cosa lega Palermo a Carmelo Bene? Diverse cose, come spiega l’ultimo lavoro di Franco Maresco. Come testimoniato dal compianto Goffredo Fofi, Bene fu sincero ammiratore del cinema di Ciprì e Maresco, del loro Lo zio di Brooklyn del ’95 in particolare, e nel capoluogo siciliano si esibì più volte, inserendo sempre la città tra le date delle sue tournée. Parallelamente a questa storia, protagonista di un film mai realizzato, Maresco riflette sulla propria carriera, caratterizzata da lavori memorabili affiancati a progetti iniziati e mai portati a termine.

ENG What connects Palermo to Carmelo Bene? Many things, as shown in Franco Maresco’s latest work. Bene was a sincere admirer of Ciprì and Maresco’s cinema, and performed several times in Palermo. Alongside this story, Maresco reflects on his career, marked by memorable works and unfinished projects.

Lontano dalla luce

Luca Guadagnino dirige Julia Roberts, al debutto a Venezia

Dicono che da una situazione di calma, in realtà non possa nascere niente di interessante. Del resto, Orson Welles nel film Il terzo uomo inserì nel copione una frase emblematica, in tal senso: «In Italia, per trent’anni, sotto i Borgia, hanno avuto guerra, terrore, omicidio e strage, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, con cinquecento anni di amore fraterno, democrazia e pace cos’hanno prodotto? L’orologio a cucù». Luca Guadagnino, per nostra fortuna, dal punto di vista cinematografico è capace come pochi altri di raccontare personaggi e situazioni che con la calma hanno davvero poco o nulla a che fare. O meglio, Guadagnino è maestro come pochi altri nello spingersi dietro strati di calma apparente, spesso legati a personaggi calati in contesti benestanti, non si sa secondo quale equazione liberi da preoccupazioni, per raccontarci intime deflagrazioni devastanti di una calma che viene appunto spazzata via, stravolta dagli impulsi. È stato così fin da Io sono l’amore, in Orizzonti a Venezia nel 2009 e candidato all’Oscar, con protagonista Tilda Swinton, e l’inciso è stato confermato nel 2015 con A Bigger Splash, ancora con Tilda Swinton e ancora a Venezia nel 2015, stavolta nel Concorso principale. Due film in cui a spezzare la calma piatta, la noia, è il desiderio: fisico, carnale, di cambiare il corso della propria vita, il proprio destino. Chiamami col tuo nome registra le straordinarie prove attoriali di Timothée Chalamet e Armie Hammer, protagonisti di un bildungsroman capace di ottenere candidature a Golden Globes e Oscar, aggiudicandosi quello per la sceneggiatura non originale assegnato a James Ivory.

Dopo l’escursione nell’horror con Suspiria, progetto-tributo che Guadagnino ha coltivato praticamente dall’infanzia come fan di Dario Argento, ecco che con Bones And All (2022), Challengers (2024) e Queer (2024) il nostro riprende la propria indagine su personaggi dominati dagli impulsi, che siano primordiali o calcolatori.

Con After the Hunt Guadagnino dirige una Julia Roberts per la prima volta al Lido con un proprio film, stavolta nei panni di una professoressa impegnata a difendere un collega dalle accuse di violenza sessuale e allo stesso tempo determinata a non rivelare segreti scomodi legati al proprio passato.

Una situazione di calma viene rotta, il corso della storia cambia, i personaggi si trovano di fronte alla scelta di salvare le apparenze o mettersi completamente in gioco stravolgendo la propria vita. E Guadagnino è lì per raccontarcelo. Davide Carbone

Far from ENG light

They say nothing truly interesting can arise from calm. Orson Welles captured this idea in The Third Man: “In Italy, for thirty years under the Borgias, they had war, terror, murder, and bloodshed; but they produced Michelangelo, Leonardo da Vinci, and the Renaissance. In Switzerland, they had brotherly love, democracy, and peace for five hundred years, and what did they produce? The cuckoo clock”. Luca Guadagnino excels at portraying characters and situations far removed from calm. He peels back layers of apparent tranquillity, often tied to privileged lives, to reveal intimate, explosive upheavals. From I Am Love (2009) to A Bigger Splash (2015), desire disrupts stillness. Call Me by Your Name earned Oscar acclaim, while Suspiria, Bones and All, Challengers, and Queer explore impulse-driven lives. In After the Hunt, Julia Roberts plays a professor torn between defending a colleague and hiding her own secrets. Calm shatters, choices emerge, and Guadagnino is there to tell the story.

After the Hunt di Luca Guadagnino (USA, 139’)

Fantasia selvaggia

Per Schnabel un piatto rotto e un pixel sono equivalenti: pezzi sparsi che, ricomposti, non ricuciono ma accentuano la frattura, costringendo chi guarda a entrarci, a farsi scalfire, magari disturbare. Cresciuto tra Houston e il Texas di confine, impregnato di religiosità popolare e iconografie crude, Julian Schnabel (Brooklyn, 1951) torna a New York nei primi Settanta per formarsi al Whitney Program. In un’epoca in cui la pittura era data per morta, si oppone al minimalismo con plate painting e supporti inusuali: porcellane rotte, velluti, teloni da camion. Nel 1979, la prima mostra alla Mary Boone Gallery lo consacra antagonista e protagonista insieme della scena neo-espressionista. Per alcuni è l’eroe che ha restituito energia primordiale alla pittura, per altri un istrione narcisista che fa spettacolo di sé. Ma proprio in quell’eccesso sta la sua cifra: pigiamini di seta indossati come uniforme, un Palazzo – il Chupi – da favola Disney, e film che raccontano vite estreme con la stessa radicalità della sua pittura. Dalle tele monumentali, dove la materia diventa racconto, allo schermo cinematografico, prolungamento naturale di quel bisogno di ingrandire, amplificare, occupare spazio, Schnabel ha fatto della misura XL la propria lingua madre, e della confusione tra vita e opera la sua eredità più duratura. La Mostra del Cinema ne celebra la creatività traboccante consegnandogli il Premio Cartier Glory to the Filmmaker Adele Spinelli ENG For Schnabel, a broken plate and a pixel are equivalent: fragments that, once reassembled, don’t heal but emphasize the fracture, forcing the viewer to step inside. Raised between Houston and the Texan borderlands, steeped in popular religiosity and raw iconographies, Julian Schnabel (Brooklyn, 1951) returned to New York in the early seventies for the Whitney Program. At a time when painting was considered dead, he opposed minimalism with plate paintings and unusual supports: broken porcelain, velvet, tarpaulins. In 1979, his show at Mary Boone Gallery established him as a central figure of Neo-Expressionism. Excessive and narcissistic to some, heroic to others, he made XL scale and the blurring of life and art his native tongue. The Venice Film Festival honors him with the Cartier Glory to the Filmmaker Award.

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Pezzi unici

Autore formatosi negli ambienti del cinema indipendente, Gus Van Sant ha realizzato opere di denuncia, con frequenti derive verso la ricerca e la sperimentazione. Se i suoi primi film ruotano attorno a personaggi dall’ego perduto, caduti negli abissi delle droghe e che non hanno nessuna speranza di redenzione, con il passare del tempo il regista è entrato nella cattedrale hollywoodiana realizzando opere più convenzionali, con un linguaggio cinematografico classico, che hanno avuto un ottimo riscontro di pubblico e critica. Will Hunting – Genio ribelle (1997), scritto e recitato dal duo Matt Damon e Ben Affleck e Scoprendo Forrester (2000) sono due esempi di film di grande successo che raccontano storie di giovani tormentati dal fuoco del dissenso. Nel 1991 Van Sant realizza il cortometraggio sperimentale Thanksgiving Prayer con William S. Burroughs, lo scrittore, padre della Beat generation, il quale aveva già recitato nel suo film Drugstore Cowboy (1989) e nel 1998 riprende il sentiero dello studio della tecnica cinematografica con un remake di Psycho tale e quale all’originale hitchcockiano. Con Paranoid Park (2007) il regista scombina completamente la narrazione che, grazie ad un montaggio elaborato, continua a riavvolgersi su se stessa creando una sorta di spaesamento nello spettatore. Ma è con lo sconvolgente Elephant del 2003 che il regista mette insieme tutto il suo bagaglio artistico costruendo un film che è sia d’avanguardia, sia di denuncia politica, sia uno shock sensoriale. Alla Mostra del Cinema di quest’anno Van Sant riceve il premio Campari Passion for Film per la sua filmografia carica d’ispirazione e costellata da opere di grande originalità. Andrea Zennaro

ENG Gus Van Sant, a filmmaker of indie background, created works of social critique often leaning toward experimentation. His early films focus on lost souls consumed by addiction and despair. Over time, he entered Hollywood mainstream with more conventional, yet acclaimed films like Good Will Hunting (1997) and Finding Forrester (2000). His experimental short Thanksgiving Prayer (1991) with William S. Burroughs, and his shot-for-shot Psycho remake (1998), reflect his ongoing exploration of cinematic form. With Elephant (2003), Van Sant fused avant-garde, political commentary, and sensory impact. This year, he will receive the Campari Passion for Film award at the Venice Film Festival.

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www.labiennale.org

Premio Campari Passion for Film a Gus Van Sant
settembre Sala Grande
Premio Cartier Glory to the Filmmaker a Julian Schnabel
settembre Sala Grande www.labiennale.org

fuori concorso

NY Stories

Tutto nasce da un’amicizia giovanile che presto si trasforma in un legame profondo, alimentato dalle traiettorie delle loro vite e carriere. Stiamo parlando di Sofia Coppola e Marc Jacobs: primi anni ’90, notti newyorkesi, complicità creativa, un’estetica condivisa che li ha portati al successo. Uno sguardo lungo trent’anni che Sofia Coppola ora restituisce raccontando questo universo privato in Marc by Sofia, dove moda e cinema si intrecciano come visioni comuni, andando ben oltre i confini di questi due mondi. «Volevo fare un ritratto dello stilista Marc Jacobs – spiega la regista – mio amico da trent’anni, e mostrare il suo processo creativo, per creare un legame tra la sua ispirazione e i suoi punti di riferimento e le generazioni future». Un ritratto intimo e anticonvenzionale per restituire il genio e l’universo straordinario del leggendario stilista americano.

Attrice, regista, sceneggiatrice e produttrice, Sofia Coppola è legata ad un cinema glamour e assolutamente iconico, basti ricordare Lost in Translation (2003), presentato a Venezia e poi vincitore dell’Oscar e del Golden Globe per la sceneggiatura, oltre a titoli come Marie Antoinette (2006), Somewhere (Leone d’Oro a Venezia nel 2010), The Bling Ring (2013), L’inganno (premio per la regia a Cannes nel 2017) e Priscilla (nuovamente a Venezia nel 2023), che è valso a Cailee Spaeny la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile. Mariachiara Marzari

ENG It all began as a youthful friendship that soon grew into a deep bond, shaped by the paths their lives and careers would take. Sofia Coppola and Marc Jacobs: the early ’90s, New York nights, creative complicity, a shared aesthetic that propelled them to success. Thirty years later, Coppola revisits this private universe, where fashion and cinema intertwine as common visions. Actress, director, screenwriter, and producer, Sofia Coppola has crafted a cinema both glamorous and iconic. After Lost in Translation, presented in Venice and winner of the Oscar and Golden Globe for Best Screenplay, she went on to direct films such as Marie Antoinette, Somewhere (Golden Lion in Venice 2010), The Beguiled (Best Director Award in Cannes 2017), and Priscilla (Venice 2023).

Se siamo venuti a conoscenza del massacro di civili inermi a M˜y Lai nel Nord del Vietnam, delle violazioni e degli abusi di Abu Ghraib, delle operazioni segrete della CIA in Sudamerica e dell’uso di armi chimiche da parte dell’esercito americano negli anni ’50, lo dobbiamo ai reportage di denuncia di Seymour Hersh. Giornalista e scrittore americano, schivo e ossessivo, Hersh ha vinto il Pulitzer per le sue coraggiose inchieste. Il documentario Cover Up di Laura Poitras e Mark Obenhaus rilegge alcune pagine ‘scomode’ della storia americana della seconda metà del Novecento.

Documentarista, produttrice, regista impegnata e voce critica sull’America contemporanea, Laura Poitras ha ricevuto il Leone d’Oro a Venezia per All the Beauty and the Bloodshed (2022), film sulla fotografa e attivista Nan Goldin, e l’Oscar nel 2015 per il documentario Citizenfour, sullo scandalo spionistico della NSA svelato da Edward Snowden.

Mark Obenhaus, scrittore, regista e produttore esecutivo statunitense, ha vissuto per mesi con un gruppo di nomadi sulle autostrade americane documentandone la vita in Nomadenleben (1977). In Einstein on the Beach: The Changing Image of Opera (1985) ha invece indagato i processi creativi del compositore Philip Glass e del regista Bob Wilson. Tra i documentari che ha diretto e scritto ecco The Kennedy Assassination: Beyond Conspiracy (2003), Steep (2007), sul mondo dello sci estremo, e Dreamland (2011), che segue una giornata nella vita di un gruppo di californiani. Mariachiara Marzari

ENG If we have come to know about the massacre of unarmed civilians at My˜ Lai in North Vietnam, the violations and abuses at Abu Ghraib, the CIA’s covert operations in South America, and the use of chemical weapons by the U.S. military in the 1950s, it is thanks to the investigative reporting of Seymour Hersh. The documentary revisits some of the more ‘uncomfortable’ pages of American history in the second half of the twentieth century.

American documentarian, producer, and filmmaker Laura Poitras won the Golden Lion at the 79th Venice Film Festival for All the Beauty and the Bloodshed (2022).

American writer, director, and producer Mark Obenhaus explored the creative process of Philip Glass and Bob Wilson in Einstein on the Beach: The Changing Image of Opera (1985).

Cover Up
di Laura Poitras, Mark Obenhaus (2025, USA, 115’)
Marc by Sofia di Sofia Coppola (2025, USA, 97’)
Innocenti e colpevoli

FUORI CONCORSO FICTION

CHIEN 51

di Cédric Jimenez

BOS ‚ LUG ˘ A XÜTB (SERMON TO THE VOID)

di Hilal Baydarov

L’ISOLA DI ANDREA

di Antonio Capuano

IL MAESTRO

di Andrea Di Stefano

AFTER THE HUNT

di Luca Guadagnino

HATESHINAKI SCARLET

di Mamoru Hosoda

DEN SIDSTE VIKING (THE LAST VIKING)

di Anders Thomas Jensen

IN THE HAND OF DANTE

di Julian Schnabel

LA VALLE DEI SORRISI

di Paolo Strippoli

DEAD MAN’S WIRE

di Gus Van Sant

ORFEO

di Virgilio Villoresi

FUORI CONCORSO NON FICTION

KABUL, BETWEEN PRAYERS

di Aboozar Amini

FERDINANDO SCIANNA – IL FOTOGRAFO DELL’OMBRA

di Roberto Andò

MARC BY SOFIA

di Sofia Coppola

I DIARI DI ANGELA – NOI DUE CINEASTI.

CAPITOLO TERZO

di Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi

GHOST ELEPHANTS

di Werner Herzog

BABA WA AL-QADHAFI

(MY FATHER AND QADDAFI)

di Jihan K

THE TALE OF SYLIAN

di Tamara Kotevska

NUESTRA TIERRA

di Lucrecia Martel

REMAKE

di Ross Mc E lwee

KIM NOVAK’S VERTIGO

di Alexandre Philippe

COVER-UP

di Laura Poitras, Mark Obenhaus

BROKEN ENGLISH

di Jane Pollard, Iain Forsyth

ZAPISKI NASTOYASHEGO PRESTUPNIKA

(NOTES OF A TRUE CRIMINAL)

di Alexander Rodnyansky, Andriy Alferov

DIRECTOR’S DIARY

di Aleksandr Sokurov

HUI JIA (BACK HOME)

di Tsai Ming-Liang

FUORI CONCORSO SPECIALE CINEMA & MUSICA

NINO. 18 GIORNI

di Toni D’angelo

PIERO PELÙ. RUMORE DENTRO

di Francesco Fei

NEWPORT AND THE GREAT FOLK DREAM

di Robert Gordon

FRANCESCO DE GREGORI NEVERGREEN

di Stefano Pistolini

FUORI CONCORSO SERIES

UN PROPHÈTE (EP. 1-8)

di Enrico Maria Artale

PORTOBELLO (EP. 1-2)

di Marco Bellocchio

ETTY (EP. 1-6)

di Hagai Levi

IL MOSTRO (EP. 1-4)

di Stefano Sollima

fuori concorso

SERIE & LINGUAGGI

PORTOBELLO (EP. 1-2)

di Marco Bellocchio

La vicenda al centro della serie racconta uno dei casi giudiziari più controversi della recente storia italiana, passato alla storia come “Il caso Tortora”, quando agli inizi degli anni ‘80 il celebre presentatore televisivo Enzo Tortora fu accusato da alcuni collaboratori di giustizia di far parte di un’associazione camorristica responsabile di un traffico di droga internazionale. Assolto con formula piena in Corte d’Appello nel 1986, Tortora si impegnò sul piano politico e civile per i diritti dei reclusi, portando avanti una carriera parlamentare affiancandola a quella televisiva. In questa serie Tortora ha il volto di Fabrizio Gifuni. Al debutto nel 1965 con I pugni in tasca, Marco Bellocchio figura oggi tra i grandi maestri del cinema italiano. A Venezia, dove nel 2003 portò un altro film dedicato alla grande cronaca italiana ( Buongiorno, notte ) ha ricevuto nel 2011 il Leone d’Oro alla carriera. Più volte presente a Cannes ( Fai bei sogni nel 2016, Il traditore nel 2019 e Rapito nel 2023), la Croisette gli tributa la Palma d’Oro onoraria nel 2021.

ENG The story at the centre of the series recounts one of the most controversial legal cases in recent Italian history, known as the “Tortora Case”. In the early 1980s, famous television presenter Enzo Tortora was accused by several state witnesses of being part of a Camorra criminal organization responsible for international drug trafficking. He was fully acquitted by the Italian Court of Appeal in 1986. Following this, Tortora became politically active in advocating for prisoners’ rights, pursuing a parliamentary career alongside his television work. In this series, Tortora is portrayed by Fabrizio Gifuni.

Marco Bellocchio made his debut in 1965 with Fists in the Pocket and is now considered one of the great masters of Italian cinema. In Venice, where he presented another film based on major Italian news (Good Morning, Night ) in 2003, he received the Golden Lion for Lifetime Achievement in 2011.

UN PROPHÈTE (EP. 1-8)

Un boato scuote Marsiglia. Tra la polvere e le macerie di un edificio crollato, emerge un unico sopravvissuto: Malik El Djebena, adolescente di origini comoriane, il cui stomaco è pieno di ovuli di cocaina. L’arresto lo conduce alle Baumettes, carcere duro dove le regole si scrivono con la forza. Qui, Malik, gracile adolescente, impara a muoversi tra clan e minacce, trasformando la propria vulnerabilità in strategia.

ENG A blast shakes Marseille. Amid the dust and rubble of a collapsed building, one survivor emerges: Malik El Djebena, a teenager of Comorian descent, whose stomach is filled with cocaine pellets. His arrest leads him to Baumettes, a harsh prison ruled by force. There, Malik, a frail teen, learns to navigate clans and threats, turning vulnerability into strategy.

ETTY ( EP. 1-6)

La serie ripercorre lo straordinario viaggio interiore della scrittrice ebrea olandese Etty Hillesum tra il 1941 e il 1943, raccontando il suo profondo risveglio spirituale attraverso le pagine del suo diario. Ambientato in una Amsterdam occupata dall’esercito nazista, la serie racconta tra le altre cose come Etty ebbe più volte la possibilità di salvarsi ma scelse di condividere il destino del suo popolo, forte delle proprie convinzioni umane e religiose. Morì poco dopo l’arrivo ad Auschwitz, come i genitori e uno dei due fratelli.

ENG The series retraces the extraordinary inner journey of Dutch Jewish writer Etty Hillesum between 1941 and 1943, depicting her profound spiritual awakening through the pages of her diary. Etty had several opportunities to save herself but chose to share the fate of her people. She died shortly after arriving at Auschwitz, as did her parents and one of her two brothers.

IL MOSTRO (EP. 1-4)

di Stefano Sollima

Tra il 1968 e il 1985 la provincia toscana conobbe uno dei più feroci serial killer della storia recente, colpevole di otto duplici omicidi. Tra condanne poi ribaltate in appello, sospetti e interrogativi non ancora risolti a distanza di quarant’anni, questa serie racconta un grande caso di cronaca basandosi sui fatti così come sono stati raccolti in anni di ricerche tra testimonianze dirette, inchieste giornalistiche e gli atti di un interminabile, accidentato percorso giudiziario.

ENG Between 1968 and 1985, the Tuscany countryside witnessed one of the most brutal serial killers in recent history, responsible for eight double homicides. This series recounts a major criminal case based on facts gathered over years of research, including direct testimonies, journalistic investigations, and the records of a long and troubled judicial process.

Mi troverai tra sonno e veglia

Il primo lungometraggio di Virgilio Villoresi, noto per il suo approccio sperimentale e visionario, è liberamente ispirato al Poema a fumetti di Dino Buzzati, pubblicato nel 1969, che rielabora il mito di Orfeo ed Euridice in chiave moderna e pop. Villoresi fonde riprese dal vero con animazione grafica, creando un’atmosfera onirica e surreale.

«Ho voluto realizzare Orfeo – spiega Villoresi – pensando al cinema come a un luogo dei sogni, in cui lo spettatore inizi un viaggio onirico. Rispetto a una narrazione tradizionale, ho scelto un ritmo che seguisse la logica instabile del sogno. Ho girato in pellicola 16mm, in studio, con scenografie costruite a mano e tecniche legate a illusioni ottiche».

Il protagonista, Orfeo, è un pianista solitario che dopo aver incontrato Eura, una donna misteriosa, intraprende un viaggio nell’aldilà per ritrovarla. Il film esplora temi di amore, morte e destino, con un’estetica che richiama il surrealismo e il cinema d’autore. Villoresi, nato a Fiesole nel 1980 è un filmmaker e artista visuale attivo tra Milano e la Toscana. Dal 2001 esplora il cinema sperimentale unendo animazione tradizionale, disegno su pellicola e live media. Ha realizzato cortometraggi, videoclip e performance audiovisive, tra cui Frigidaire, Search and Destroy White Calligraphy e Breathes the Best. Collabora con artisti come VivÏ Ponti ed Ericailcane, fondendo collage, rotoscope e tecniche di puppets animation. Marisa Santin

ENG The first feature film by Virgilio Villoresi, Orfeo, a director known for his experimental and visionary approach, is freely inspired by Dino Buzzati’s Poema a fumetti, published in 1969, which reinterprets the myth of Orpheus and Eurydice in a modern, pop key. The protagonist, Orpheus, is a lonely pianist who, after meeting Eura, a mysterious woman, embarks on a journey to the underworld to find her.

Virgilio Villoresi is an Italian filmmaker and visual artist, active between Milan and Tuscany. Since 2001, he has explored experimental cinema, combining traditional animation, handdrawn film techniques, and live media performances. He collaborates with artists like VivÏ Ponti and Ericailcane, blending collage, rotoscope, and puppets animation techniques.

«Seguendo due persone recentemente decedute che vagano per Atene come fantasmi, il film esplora la mortalità. Cosa significa staccarsi, dire addio; muoversi nel tempo, nella vita senza rimanerci incollati? Fotogiornalismo, filmati storici e vecchi filmati amatoriali, intrecciati al corpo del film, sottolineano come l’“adesso” diventerà l’“allora”, come noi che viviamo oggi diventiamo i fantasmi di domani». Con queste parole il leggendario sceneggiatore e regista Charlie Kaufman racconta il suo cortometraggio How to Shoot a Ghost, poema visivo e sonoro che segue per le strade di Atene i fantasmi di due giovani appena scomparsi: lui, un traduttore libanese queer; lei, una fotografa per metà irlandese. I due vagano insieme nella città, trovando consolazione nella difficile bellezza della vita e delle sue conseguenze, mentre il film riflette su memoria, mortalità e il passaggio tra passato, presente e futuro.

Charlie Kaufman, nato New York nel 1958, debutta come sceneggiatore con Essere John Malkovich (1999) di Spike Jonze, vincendo un BAFTA e ottenendo la prima nomination all’Oscar, seguita da Il ladro di orchidee (2002). Con Se mi lasci ti cancello (2004) vince l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Esordisce alla regia con Synecdoche, New York (2008) e nel 2015 conquista il Gran Premio della Giuria a Venezia con Anomalisa. L’ultimo suo lungometraggio è il visionario Sto pensando di finirla qui (2020, Netflix).

Marisa Santin

ENG

The short film out of competition How to Shoot a Ghost directed by Charlie Kaufman is a visual and sonic poem following the streets of Athens with the ghosts of two recently deceased young people: he, a queer Lebanese translator; she, a half-Irish photographer. They wander the city together, while the film reflects on memory, mortality, and the passage between past, present, and future. Internationally renowned screenwriter and director Charlie Kaufman made his debut as a screenwriter with Being John Malkovich (1999) by Spike Jonze, winning a BAFTA and earning his first Oscar nomination. With Eternal Sunshine of the Spotless Mind (2004) he won the Oscar for Best Original Screenplay. He debuted as a director with Synecdoche, New York (2008) and in 2015 won the Grand Jury Prize at Venice with Anomalisa

How to Shoot a Ghost
di Charlie Kaufman (2025, USA, Grecia, 27’)
Orfeo di Virgilio Villoresi (2025, Italia, 74’)
Quello che resta
Nuovi talenti, conferme, registi presenti in altre sezioni che fanno il loro esordio

nel

lungometraggio facendo vedere al pubblico i progressi fatti. Un luogo che riesce ad essere allo stesso modo di conferma e di scoperta Alberto Barbera

MOTHER

di Teona Strugar Mitevska

Ambientato a Calcutta nel 1948, Mother segue sette giorni decisivi nella vita di Madre Teresa (Noomi Rapace) prima di fondare le Missionarie della Carità. Quando riceve l’autorizzazione del Vaticano a lasciare il convento di St. Mary’s per avviare la sua comunità, si trova a fronteggiare un’inaspettata crisi morale: la suora designata a succederle, Agnieszka (Sylvia Hoeks), confida di essere incinta e di voler abortire. Madre Teresa è così costretta a confrontarsi con dubbi, fede e desideri personali, mentre fuori dilaga la carestia e dentro le mura del convento emergono domande esistenziali sul suo vero ruolo e sulla sua vocazione.

Teona Strugar Mitevska è nata a Skopje nel 1974, si è diplomata in grafica e ha studiato cinema alla Tisch School of the Arts di New York. Ha esordito nel lungometraggio con Kako ubiv svetec (2004, Rotterdam) e si è imposta con I Am From Titov Veles (2008, Berlinale). Tra i suoi titoli più noti God Exists, Her Name Is Petrunya (Premio LUX 2019, Berlinale) e The Happiest Man in the World (Orizzonti 2022). Mother segna il suo debutto in lingua inglese.

ENG Set in Calcutta in 1948, Mother follows seven decisive days in the life of Mother Teresa (Noomi Rapace) before founding the Missionaries of Charity. When she receives Vatican permission to leave the St. Mary’s convent to start her own community, she is confronted with an unexpected moral crisis: the nun she has chosen as her successor, Agnieszka (Sylvia Hoeks), confides that she is pregnant and wishes to have an abortion. Mother Teresa is thus forced to face doubts, faith, and personal desires, while famine rages outside and, within the convent walls, existential questions arise about her true role and vocation.

Teona Strugar Mitevska (Skopje, 1974) graduated in graphic design and studied film at New York University’s Tisch School of the Arts. She made her feature debut with Kako ubiv svetec (2004, Rotterdam) and gained international recognition with I Am From Titov Veles (2008, Berlinale). Her most acclaimed works include God Exists, Her Name Is Petrunya (LUX Prize 2019, Berlinale) and The Happiest Man in the World (Orizzonti 2022). Mother marks her English-language debut.

DIVINE COMEDY

di Ali Asgari

Bahram è un regista iraniano-azero segnato da anni di censure e frustrazioni: i suoi film, girati nel nord-ovest del Paese, non hanno mai ottenuto il permesso di essere proiettati. Dopo l’ennesimo rifiuto, decide di salire in sella a una Vespa insieme alla produttrice Sadaf e di portare la sua opera direttamente al pubblico. Il viaggio si trasforma in un percorso tra assurda burocrazia, compromessi clandestini e una realtà sempre più surreale, fino a un epilogo inatteso. Ali Asgari torna a Venezia per raccontare, con ironia e raffinatezza, le contraddizioni dell’Iran contemporaneo, una denuncia potente contro un sistema immobilizzato da regole draconiane. ENG Bahram is an Iranian-Azeri filmmaker marked by years of censorship and frustration: his films, shot in the northwest of the country, have never been granted permission to be screened. After yet another rejection, he decides to hop on a Vespa with his producer Sadaf and bring his work directly to the audience. Their journey unfolds through absurd bureaucracy, clandestine deals, and a reality that grows increasingly surreal, culminating in an unexpected finale. With Divine Comedy, Ali Asgari returns to Venice to portray, with irony and elegance, the contradictions of contemporary Iran, offering a powerful indictment of a system paralyzed by draconian rules.

IL RAPIMENTO DI ARABELLA

di Carolina Cavalli

Il secondo lungometraggio di Carolina Cavalli è un dramedy che racconta la storia di Holly (Benedetta Porcaroli), una 28enne disadattata, convinta che la sua vita abbia preso la direzione sbagliata. Quando incontra Arabella, una bambina di sette anni in fuga da casa, Holly si convince di aver trovato la versione di sè stessa da piccola. Insieme intraprendono una fuga surreale e tenera, tra desideri di riscatto, giochi di specchi e la ricerca di una nuova identità.

ENG Carolina Cavalli’s second feature is a dramedy telling the story of Holly (Benedetta Porcaroli), a 28-year-old misfit convinced that her life has taken the wrong turn. When she meets Arabella, a seven-year-old girl who has run away from home, Holly comes to believe she has found the younger version of herself. Together, they embark on a surreal and tender escape, caught between dreams of redemption and the search for a new identity.

LATE FAME di Kent Jones

Molti anni prima, a New York, la sua raccolta poetica era caduta nell’oblio. Ora, però, per Ed Saxberger (Willem Dafoe) si apre l’inaspettata possibilità di riconquistare onore e fama: un gruppo di giovani artisti riscopre i suoi versi e trascina il poeta, ormai anziano e disilluso, sotto una nuova ribalta. Tra loro c’è Gloria (Greta Lee), attrice affascinante e imprevedibile, che riaccende in lui il desiderio di riconoscimento. Ispirato al racconto Fama tardiva di Arthur Schnitzler, il film di Kent Jones indaga il potere seducente della lode e il peso ingombrante del passato, in una storia ironica e commovente di riscoperta e rinascita artistica. ENG In a bygone New York, the poetry collection of Ed Saxberger (Willem Dafoe) had long fallen into oblivion. Years later, a group of young artists rediscovers it, thrusting him into an unexpected new spotlight. Among them is Gloria (Greta Lee), a fascinating and unpredictable actress who awakens in him old desires for recognition. Inspired by Arthur Schnitzler’s novella Late Fame, Kent Jones’s film explores the seductive power of praise and the burdensome weight of the past, in an ironic and moving story of artistic rediscovery and rebirth.

o rizzonti BARRIO

TRISTE

di Stillz

THE SOUFFLER

di Gastón Solnicki

Lucius Glantz (Willem Dafoe), storico direttore dell’Hotel Intercontinental di Vienna, lotta per salvare il suo amato albergo dall’imprenditore argentino che ne ha appena acquisito la proprietà, deciso a demolirlo e ricostruirlo da zero. Inizia così una vendetta personale che si trasforma in uno scontro di volontà, trascinandolo in un crescente stato di paranoia. Il suo lento crollo psicologico comincia a riverberarsi sull’intero ambiente: tubature che si ostruiscono, orologi impazziti, e persino il celebre soufflé dell’hotel che rifiuta di gonfiarsi. Una dark comedy che mescola umorismo e attualità, esplorando temi come lo scontro di classe, il cambiamento e la modernità.

ENG Lucius Glantz (Willem Dafoe), longtime director of Vienna’s Intercontinental Hotel, fights to save his beloved establishment from an Argentine entrepreneur who has just acquired it and plans to demolish and rebuild it from scratch. What begins as a personal vendetta quickly turns into a battle of wills, dragging him into an escalating state of paranoia. His slow psychological unraveling starts to affect the entire environment: clogged pipes, malfunctioning clocks, and even the hotel’s famous soufflé refuses to rise. A dark comedy blending humor and contemporary themes, exploring class conflict, change, and modernity.

Conosciuto per l’estetica iper-pop dei suoi videoclip – molti realizzati in collaborazione con il rapper e produttore discografico Bad Bunny, che appare anche nel film – Stillz firma il suo primo lungometraggio, prodotto da Harmony Korine. Stillz ha collaborato con artisti come Bad Bunny, Rosalía e J Balvin, firmando videoclip che hanno ridefinito l’estetica del pop latino contemporaneo, fondendo suggestioni vintage, sensibilità street e uno sguardo marcatamente cinematografico.

ENG Known for the hyper-pop aesthetic of his music videos – many created in collaboration with rapper and producer Bad Bunny, who also appears in the film – Stillz makes his feature debut, produced by Harmony Korine. Stillz has collaborated with artists such as Bad Bunny, Rosalía, and J Balvin, creating music videos that have redefined the contemporary Latin pop aesthetic by blending vintage references, street sensibilities, and a distinctly cinematic gaze.

PIN DE FARTIE

di Alejo Moguillansky

A partire da Fin de Partie, di cui rovescia le iniziali, Moguillansky apre un gioco di specchi e rimandi, dando vita a una variazione caleidoscopica della celebre pièce beckettiana. Una bambina e un cieco osservano un lago senza confini. Due attori si incontrano come amanti per provare una vecchia pièce in un paese del sud. Due anziani vivono dentro un bidone davanti al palazzo del Parlamento. Un figlio accompagna l’addio infinito a una madre pianista, condannata a ripetere la Moonlight Sonata. Due cineasti filmano treni e lune inseguendo un’arte – il cinema – di cui si dubita ormai l’esistenza.

ENG Starting from Fin de Partie, whose initials he reverses, Moguillansky sets in motion a play of mirrors and echoes, creating a kaleidoscopic variation on Beckett’s famous play. A child and a blind man gaze at a boundless lake. Two actors meet as lovers to rehearse an old piece in a southern town. Two elderly people live inside a garbage bin in front of Parliament. A son accompanies the endless farewell of his pianist mother, condemned to repeat the Moonlight Sonata. Two filmmakers shoot trains and moons, chasing an art – cinema – whose very existence is now in doubt.

EN EL CAMINO

di David Pablos

Girato nel nord del Messico, il film racconta la intensa storia d’amore tra il camionista Muñeco, padre di famiglia, e Veneno, segnato da un rapporto irrisolto con il padre. I due, uniti da circostanze impreviste, intraprendono un viaggio nel mondo crudo e ipermaschilista dei traileros messicani, tra notti insonni, dipendenze e soste nelle cachimbas. Mascolinità e paternità si intrecciano in un racconto intimo e teso, che scava nella vulnerabilità maschile in un contesto ostile, restituendo una riflessione sulla possibilità di amare liberamente.

ENG Shot in northern Mexico, the film tells the intense love story between truck driver Muñeco, a family man, and Veneno, a boy marked by an unresolved relationship with his father. United by unforeseen circumstances, they embark on a journey through the raw, hyper-masculine world of Mexican truckers, navigating sleepless nights, addictions, and stops at cachimbas. Masculinity and fatherhood intertwine in an intimate and tense narrative, exploring male vulnerability in a hostile environment and reflecting on the possibility of loving freely.

FATHER

di Tereza Nvotová

Ispirato a una storia vera, racconta la parabola di un uomo integro la cui vita viene spezzata da un unico, irreparabile momento di distrazione che provoca la tragica morte della figlia di due anni. Mentre si prepara ad affrontare la condanna, nell’uomo cresce il sospetto che quella colpa affondi le radici in qualcosa di più profondo e oscuro: l’architettura stessa della mente umana.

ENG The story of an upright man whose life is shattered by a single, irreparable moment of distraction, which causes the tragic death of his two-year-old daughter. As he prepares to face sentencing, he begins to suspect that this guilt has its roots in something deeper and darker: the very architecture of the human mind.

FUNERAL CASINO BLUES

di Roderick Warich

Un mélo urbano radicato in storie rurali di debiti, usura e sparizioni, ambientato in una Bangkok febbrile e allucinata. Dopo una rapina andata male, Jen, prostituta occasionale, svanisce senza lasciare traccia, spingendo il fidanzato Wason a intraprendere una disperata ricerca tra le oscure vie della metropoli.

ENG An urban melodrama rooted in rural stories of debt, usury, and disappearances, set in a feverish, hallucinatory Bangkok. After a botched robbery, Jen, an occasional sex worker, vanishes without a trace, prompting her boyfriend Wason to embark on a desperate search through the city’s shadowy streets.

GRAND CIEL

di Akihiro Hata

Vincent (Damien Bonnard, già apprezzato a Venezia nel 2024 nel film Trois Amies di Emmanuel Mouret), lavora durante il turno di notte in un cantiere nel quartiere futuristico Grand Ciel. Quando un operaio scompare misteriosamente, Vincent e i suoi colleghi sospettano che il caposquadra abbia nascosto il corpo nel sito. Tra apparizioni inquietanti e una seconda sparizione, Vincent si

ritrova coinvolto in un’indagine che mescola tensione e atmosfere surreali. Un ritratto sociale con rimandi al genere fantascientifico. ENG Vincent (Damien Bonnard, already acclaimed in Venice in 2024 for Emmanuel Mouret’s film Trois Amies) works the night shift on a construction site in the futuristic district of Grand Ciel. When a worker mysteriously disappears, Vincent and his colleagues suspect that the foreman has hidden the body at the site. Amid unsettling manifestations and a second disappearance, Vincent becomes involved in an investigation that blends suspense with surreal atmospheres. A social critique with references to the science fiction genre.

HIEDRA

di Ana Cristina Barragán

Azucena, tredicenne, è costretta ad abbandonare il figlio neonato in un orfanotrofio a seguito di una gravidanza indesiderata.

Diciotto anni dopo, quando i due si incontrano, Julio è ormai un adolescente. I loro corpi si somigliano ed è proprio su questi corpi e sul loro rapporto istintivo con la natura che Hiedra, primo film ecuadoriano in concorso a Venezia, pone tutta l’attenzione, esplorando il legame che unisce madre e figlio attraverso un’intimità fatta di sguardi, gesti e somiglianze.

ENG At just thirteen, Azucena is forced to leave her newborn son in an orphanage following an unwanted pregnancy. Eighteen years later, when they meet again, Julio is now a teenager. Their bodies resemble each other, and it is precisely on these bodies and their instinctive connection with nature that Hiedra, the first Ecuadorian film in competition at Venice, focuses, exploring the bond between mother and son through an intimacy of glances, gestures, and resemblances.

HUMAN RESOURCE

di Nawapol Thamrongrattanarit

Un dramma che indaga la condizione umana contemporanea in un mondo segnato dal calo globale delle nascite. Attraverso lo sguardo di una giovane responsabile delle risorse umane, il film esplora l’umanità raccontata dai colloqui con diversi candidati, alla ricerca del dipendente “perfetto” per la sua azienda.

ENG A drama that investigates the contemporary human condition in a world marked by a global decline in birth rates. Through the eyes of a young human resources manager, the film explores humanity as revealed through interviews with various candidates, in the search for the “perfect” employee for her company.

MILK TEETH

di Mihai Mincan

Nella Romania crepuscolare del regime di Ceaus ‚ escu, la piccola Maria, otto anni, è l’unica testimone della misteriosa scomparsa della sorella maggiore. Mentre gli adulti si rifugiano nel silenzio, sarà lei a cercare la verità, guidata dalla forza dell’amicizia e dal potere dell’immaginazione.

ENG In the twilight of Ceaus ‚ escu’s regime in Romania, eight-year-old Maria is the sole witness to the mysterious disappearance of her older sister. While the adults retreat into silence, it is she who sets out in search of the truth, guided by the strength of friendship and the power of imagination.

o rizzonti

ROSE OF NEVADA

Nel silenzio sospeso di un remoto villaggio di pescatori, un’imbarcazione riemerge dalle acque e si ferma nel porto: è la Rose of Nevada, scomparsa misteriosamente trent’anni prima insieme a tutto l’equipaggio. Per alcuni degli abitanti è un segno, la speranza che il villaggio possa tornare a prosperare dopo tanta miseria. Nick, giovane padre, e Liam, uomo in fuga dal proprio passato, accettano un lavoro a bordo.

ENG In the suspended silence of a remote fishing village, a boat resurfaces from the depths and docks in the harbor: the Rose of Nevada, which had mysteriously vanished thirty years earlier along with its entire crew. For some villagers, it is a sign, a fragile hope that prosperity might return after years of hardship. Nick, a young father, and Liam, a man fleeing his past, accept work on board.

SONGS OF FORGOTTEN TREES

di Anuparna Roy Thooya, un’attrice di Mumbai, affitta una stanza del suo appartamento a Swetha, giovane impiegata in una multinazionale. Nonostante le profonde differenze sociali e personali, tra le due donne nasce un legame inatteso e intimo. In una Mumbai frenetica e rumorosa, Thooya e Swetha si riscoprono in una silenziosa empatia, tra gesti quotidiani e piccoli rituali condivisi, in uno strano e delicato racconto di individualità, sopravvivenza e parentela inattesa. ENG Thooya, an actress from Mumbai, rents a room in her apartment to Swetha, a young corporate employee. Despite their deep social and personal differences, an unexpected and intimate bond forms between them. In the bustling, noisy city of Mumbai, Thooya and Swetha rediscover each other through silent empathy, shared daily gestures, and small rituals, in a delicate and unusual tale of individuality, survival, and unforeseen kinship.

STRANGE RIVER

di Jaume Claret Muxart

Durante un’estate sul Danubio, il quindicenne Dídac viaggia in bicicletta con la sua famiglia. L’incontro con Alexander, figura enigmatica che appare e scompare tra le acque del fiume, innesca in lui un cambiamento profondo. La sua presenza incrina i rapporti familiari: Biel, il fratello, avverte una crescente distanza, mentre la madre Mónika rivede in Dídac i riflessi del proprio passato e di un amore giovanile nato proprio in quei luoghi.

ENG During a summer along the Danube, fifteen-year-old Dídac travels by bicycle with his family. The encounter with Alexander, an enigmatic figure who appears and disappears in the waters of the river, sparks a profound change within him. His presence unsettles family dynamics: Biel, his brother, senses a growing distance, while their mother Mónika sees in Dídac reflections of her own past and of a youthful love once lived in those very places.

TERRA PERDUTA

di Akio Fujimoto

Shafi, 4 anni, e sua sorella Somira, 9 anni, lasciano un campo profughi Rohingya in Bangladesh per raggiungere la Malesia e ricongiungersi con un parente emigrato. Guidati dallo sguardo puro dell’infanzia, affrontano un viaggio pericoloso tra speranza, paura e resilienza.

ENG Shafi, 4, and his sister Somira, 9, leave a Rohingya refugee camp in Bangladesh to reach Malaysia and reunite with a relative who emigrated for work. Guided by the pure gaze of childhood, they undertake a perilous journey filled with hope, fear, and resilience.

UN ANNO DI SCUOLA

di Laura Samani

Trieste, settembre 2007. Fred (Stella Wendick), diciassettenne svedese esuberante e coraggiosa, arriva in città per il suo ultimo anno di scuola in un istituto tecnico. Unica ragazza in una classe di soli maschi, calamita subito l’attenzione, soprattutto di tre amici inseparabili: Antero, affascinante e riservato; Pasini, istrionico e seduttore; Mitis, bonario e sarcastico.

ENG Trieste, September 2007. Fred (Stella Wendick), a bold and exuberant seventeen-year-old from Sweden, arrives in the city for her final year of high school at a technical institute. The only girl in a class of boys, she immediately draws everyone’s attention, especially that of three inseparable friends: Antero, charming and reserved; Pasini, flamboyant and seductive; Mitis, good-natured and sarcastic.

ORIZZONTI CORTI

NORHEIMSUND

di Ana A. Alpizar

MERRIMUNDI

di Niles Atallah

LA LIGNE DE VIE

di Hugo Becker

JE CROIS ENTENDRE ENCORE

di Constance Bonnot

KUSHTA

MAYN, LA MIA COSTANTINOPOLI

di Nicolò Folin

PRAYING MANTIS

di Joe Hsieh, Yonfan

YOU JIAN CHUI YAN (TERRA CULTURA FIUME POPOLO) di Viv Li

EL ORIGEN

DEL MUNDO di Jazmin Lopez

THE CURFEW di Shehrezad Maher

LION ROCK di Nick Mayow, Prisca Bouchet

SAINT SIMEON di Olubunmi Ogunsola

UTAN KELLY (SENZA KELLY) di Lovisa Sirén

COYOTES di Said Zagha

NEDOSTUPNI (NON DISPONIBILE) di Kyrylo Zemlyanyi

Written by
Daniele Finzi Pasca

HIJRA

di Shahad Ameen

Un semplice viaggio di famiglia verso La Mecca si trasforma in un’avventura quando la nipote maggiore scompare. La nonna devia verso nord per cercarla, dando inizio a un inaspettato pellegrinaggio che rafforzerà ancora di più i legami familiari. Con questa pellicola, la regista Shahad Ameen torna al Lido dopo Scales, presentato alla Settimana della Critica di Venezia nel 2019.

ENG A simple family trip to Mecca turns into an adventure when the eldest granddaughter goes missing. The grandmother heads north in search of her, embarking on an unexpected pilgrimage that will further strengthen the family bonds. With this film, director Shahad Ameen returns to the Lido after Scales, presented at the Venice Critics’ Week in 2019.

UN CABO SUELTO

di Daniel Hendler

L’attore e regista uruguayano Daniel Hendler firma questa pellicola che spazia dal film d’azione alla commedia. Come una sorta di Mattia Pascal, il poliziotto Santiago deve fuggire dalla sua città senza niente con sé: finisce in una cittadina sconosciuta in cui si improvvisa nel costruirsi una nuova identità, approfittando della divisa per ricevere aiuto. E come ogni avventura che si rispetti, inaspettatamente incontra anche l’amore, o così crede…

ENG Uruguayan actor and director Daniel Hendler helms this film, blending action and comedy. Like a modern-day Mattia Pascal, the policeman Santiago is forced to flee his city with nothing but the clothes on his back. He lands in an unfamiliar town, where he improvises a new identity, using his uniform to gain assistance. And, as in any true adventure, he unexpectedly encounters love – or so he thinks…

MADE IN EU di Stephan Komandarev

Il film trae ispirazione da eventi reali risalenti a quel marzo 2020 che tutti ricordiamo: in Bulgaria, uno dei primi focolai dell’epidemia si diffonde in una fabbrica tessile. La responsabilità viene fatta ricadere su una singola sarta, Iva, marchiata dall’onta di essere considerata la paziente zero. Il regista Stephan Komandarev riesce così a intrecciare con maestria il tema dello sfruttamento operaio con una riflessione sugli effetti sociali e psicologici scaturiti dal Covid-19.

ENG The film is inspired by real events from that unforgettable March 2020: in Bulgaria, one of the first COVID-19 outbreaks spreads through a textile factory. The blame falls on a single seamstress, Iva, marked by the stigma of being labeled patient zero. Director Stephan Komandarev skillfully weaves together the theme of labor exploitation with a reflection on the social and psychological effects triggered by COVID-19.

MOTOR CITY

di Potsy Ponciroli

Un action movie dai dialoghi essenziali ma dal ritmo serrato, ambientato nella Detroit degli anni ’70. John Miller, innamoratosi della ragazza di un gangster locale, viene incastrato e finisce ingiustamente in prigione, decidendo così di pianificare la propria vendetta. Conosciuto per Old Henry (2019), il regista Potsy Ponciroli torna con una pellicola travolgente che vede nel cast anche Shailene Woodley.

ENG A fast-paced action movie with minimal dialogue, set in 1970s Detroit. John Miller, who falls for a local gangster’s girlfriend, is framed and unjustly sent to prison, prompting him to plan his revenge. Known for Old Henry (2019), director Potsy Ponciroli returns with a gripping film that also stars Shailene Woodley.

NOTTE A CARACAS

di Mariana Rondón, Marité Ugás

Mariana Rondón e Marité Ugás tornano a collaborare firmando questo dramma ambientato a Caracas, tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice venezuelana Karina Sainz Borgo. Nella città segnata dall’instabilità politica, la storia di Adelaida Falcón raggiunge il culmine quando, dopo la morte della madre, un gruppo militare invade la sua casa. Adelaida si ritrova così sola a confrontarsi con un clima di violenza e rivoluzione.

ENG Mariana Rondón and Marité Ugás for this drama set in Caracas, adapted from the novel of the same name by Venezuelan writer Karina Sainz Borgo. In a city already marked by political instability, the story follows Adelaida Falcón and reaches its breaking point when, after her mother’s death, a military group invades her home. Adelaida is left alone to face a climate of violence and revolution.

À BRAS-LE-CORPS

di Marie-Elsa Sgualdo

Il primo lungometraggio della regista svizzera Marie-Elsa Sgualdo, già premiata in diversi festival per i suoi cortometraggi, è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale e ha come protagonista una ragazzina di quindici anni rimasta incinta a seguito di uno stupro. Emma deve confrontarsi con gli sguardi sprezzanti degli abitanti del suo villaggio, una comunità rurale protestante pronta a giudicarla. Si ritrova così improvvisamente donna, costretta a trasformare il proprio trauma in una forza emancipatrice.

ENG The debut feature film by Swiss director Marie-Elsa Sgualdo, already awarded at several festivals for her short films, is set during World War II and follows a 15-year-old girl who becomes pregnant after being raped. Emma must face the scornful gazes of the villagers, a rural Protestant community quick to judge her. She suddenly finds herself a woman, forced to turn her trauma into a source of empowerment.

CALLE MALAGA

di Maryam Touzani

María Ángeles ha 79 anni e conduce una vita ormai tranquilla a Tangeri. La sua serenità viene però sconvolta da una notizia che la colpisce come un fulmine: Clara, sua figlia, vuole vendere la casa contro la sua volontà. María si ritrova così in un vortice di emozioni e ricordi nostalgici e, inaspettatamente, una nuova persona entra nella sua vita, risvegliando desideri e sentimenti sopiti. La regista Maryam Touzani ha iniziato la sua carriera come giornalista cinematografica prima di approdare alla regia con cortometraggi presentati in numerosi festival internazionali.

ENG María Ángeles is 79 years old and lives a quiet life in Tangier. Her peace is suddenly disrupted by shocking news: Clara, her daughter, wants to sell the house against her wishes. María finds herself swept into a whirlwind of emotions and nostalgic memories, and unexpectedly, a new person enters her life, rekindling dormant desires and feelings. Diretor Maryam Touzani began her career as a film journalist before moving into directing, with her short films showcased at numerous international festivals.

AMMAZZARE STANCA

di Daniele Vicari

Il film, ambientato negli anni ’70, si ispira alla storia vera di Antonio Zagari. Giovane calabrese residente in Lombardia, Antonio è figlio di un boss della ‘ndrangheta. Costretto a seguire le orme del padre, si macchia ripetutamente la coscienza uccidendo su ordine di altri. Ma questa non è la sua strada: decide così di ribellarsi pianificando vendetta contro il padre. Daniele Vicari trasforma in film la vita di Antonio, riuscendo abilmente a intrecciare azione, conflitti famigliari, emancipazione, amore, tragedia e ironia. ENG Set in the 1970s, the film is inspired by the true story of Antonio Zagari. A young Calabrian living in Lombardy, Antonio is the son of a ’ndrangheta boss. Forced to follow in his father’s footsteps, he repeatedly stains his conscience by killing on others’ orders. But this is not his path: he decides to rebel, planning a revenge against his father. Daniele Vicari brings Antonio’s life to the screen, skillfully weaving together action, family conflict, personal emancipation, love, tragedy, and irony.

Lo sguardo profondo

Dietro le quinte della storia

del cinema con documentari

Tra i tanti meriti che vanno riconosciuti alla Biennale di Venezia e ad Alberto Barbera per aver rivitalizzato il cinema e il suo rapporto con il pubblico, un capitolo cruciale è ricoperto di sicuro dalla sezione dedicata ai documentari, con nove titoli compresi nella categoria Classici, affiancati dai restauri. Avere il privilegio di poter osservare da vicino le riflessioni portate avanti “da registi su registi” o da registi su epoche storiche, fenomeni sociali, eventi d’attualità fa parte di quei momenti impagabili che solo un festival cinematografico vissuto dal vivo è in grado di regalare.

Guillermo del Toro, attesissimo con il suo Frankenstein, film della vita divenuto realtà grazie al supporto di Netflix, si sposta dall’altro lato della macchina da presa per Yves Montmayeur ed il suo Sangre Del Toro, catapultandoci nel suo universo umanistico e mostruoso, capace come pochi altri di incollare il pubblico allo schermo con storie emotivamente e visivamente sconvolgenti. In alcuni casi, poi, i documentari possono farci conoscere storie ricche di aneddoti impagabili come nel caso di Boorman and the Devil, racconto di quanto il sequel di un film leggendario come L’esorcista, L’esorcista II: l’eretico, si dimostrò terreno accidentato, colpevole di aver fatto scivolare un regista esperto come Boorman e un attore iconico come Richard Burton.

d’autore

The deepest ENG inquiry

We need to aclnowledge Venice Film Festival director Alberto Barbera’s merits in revitalizing cinema and its connection with audiences. In this sense, the VFF¡s documentary section stands out, featuring nine titles in the “Classics” category alongside restorations. These films offer rare insights: directors reflecting on other filmmakers, historical eras, or social issues. Highlights include Sangre Del Toro by Yves Montmayeur, exploring Guillermo del Toro’s monstrous yet deeply human universe, and Boorman and the Devil, recounting the troubled making of Exorcist II. Mike Figgis’s Megadoc offers a candid look at Francis Ford Coppola’s decades-long journey to create Megalopolis. Finally, Holofiction by Michal Kosakowski critically examines Holocaust representation in cinema through thousands of film and TV excerpts, questioning how such atrocity is portrayed and remembered.

«È iniziata per caso: sento che Francis sta finalmente realizzando il progetto che sogna da tempo, gli mando un biglietto di congratulazioni con un’impertinente offerta di fargli da “osservatore”. Mi risponde con un’email chiedendomi se ho un visto di lavoro e se posso sbrigarmi a raggiungerlo ad Atlanta». Nasce così Megadoc di Mike Figgis, inserito nella sezione da Barbera, documentario diretto e spontaneo su Francis Ford Coppola e sul suo viaggio pluridecennale per creare Megalopolis, progetto personale e autofinanziato che ha visto la luce nel maggio dello scorso anno. Se consideriamo i documentari come riflessioni a cuore aperto, impossibile non concentrarsi sulla grande vergogna del ventesimo secolo, l’Olocausto: Michal Kosakowski cura regia, produzione (assieme a Uli Aigner), sceneggiatura e montaggio di Holofiction, film sperimentale che esplora la rappresentazione visiva dell’Olocausto attraverso un montaggio di migliaia di estratti da film e serie televisive prodotte tra il 1938 e oggi. Attingendo a un vasto archivio di più di tremila opere narrative, fornisce un esame critico della codificazione e riproduzione dell’immaginario dell’Olocausto nel corso dei decenni, interrogandosi sulle possibilità e le implicazioni della rappresentazione di tale atrocità nel cinema. Classici – Documentari

Boorman and the Devil

«Anno dopo anno – spiega Alberto Barbera – il programma di Venezia Classici si propone di acquisire una sempre maggiore apertura, da un lato verso i grandi capolavori e i maestri indiscussi della storia del cinema, e dall’altro spingendo alla scoperta – o alla riscoperta – di titoli e autori caduti in un cono d’ombra ingeneroso. Il tentativo è di restituire parte della ricchezza del grande cinema, senza trascurare l’attenzione ai suoi generi».

Tentativo che si può tranquillamente definire come ben riuscito, a testimoniarlo è oggettivamente il successo di pubblico che durante i giorni della Mostra affolla la sale del Lido incaricate di diffondere questo patrimonio.

Un pubblico di cinefili che si dimostra efficace banco di prova per istituzioni che si sono impegnate in restauro di pellicole storiche, come nel caso di Lolita di Stanley Kubrick o nel western, rappresentato da una delle sue espressioni più riuscite, ovvero Quel treno per Yuma di Delmer Daves.

Ben quattro i titoli italiani presenti nella selezione: un fondamentale capitolo del neorealismo, come Roma ore 11 di Giuseppe De Santis, e una perla ritrovata del cinema di genere nostrano, come Lo spettro che Riccardo Freda firmò con lo pseudonimo di Robert Hampton. Non può mancare la grande commedia all’italiana, con Il magnifico cornuto di Antonio Pietrangeli, restaurato da Fondazione Cineteca di Bologna in collaborazione con Compass Films, e Ti ho sposato per allegria, il film che Luciano Salce diresse portando al cinema, con Monica Vitti protagonista, l’omonimo testo di Natalia Ginzburg. In questo caso il restauro ha consentito a Cinecittà di reintegrare due sequenze tagliate dalla censura, che si credevano perdute.

ENG “Year after year,” explains Alberto Barbera, “Venice Classics aims to broaden its scope – celebrating cinema’s undisputed masters while rediscovering overlooked titles and filmmakers.” This goal is clearly met, as shown by the enthusiastic audiences at the Lido. Cinephiles flock to restored gems like Kubrick’s Lolita and Daves’ 3:10 to Yuma. Four Italian films feature: De Santis’ neorealist Rome 11:00, Freda’s gothic The Ghost, Pietrangeli’s The Magnificent Cuckold, and Salce’s I Married You for Fun, now restored with censored scenes reintegrated by Cinecittà.

Apri gli occhi

Il Lazzaretto Vecchio si conferma spazio dedicato alle arti e ai media immersivi, ai film in realtà virtuale e aumentata, alle installazioni, per ospitare Venice Immersive e indagare le forme più innovative dell’espressione creativa in XR.

Una sezione che quest’anno conta una trentina di progetti in concorso, per un’edizione che vede due terzi dei titoli diretti o curati da donne, a dimostrazione di come nel settore siano loro a guidare innovazione e sperimentazione. Donne sono anche Liz Rosenthal, responsabile della programmazione assieme a Michel Reilhac, e la presidente di giuria Eliza McNitt, scrittrice, regista e pioniera (il suo Spheres ha fatto la storia come prima acquisizione in realtà virtuale del Sundance Film Festival) della fusione tra storytelling e tecnologie emergenti.

Tra i numerosi titoli, Alien Perspective è un’esperienza di produzione italiana volta a dare vita alle opere inedite di Carlo Rambaldi, il maestro degli effetti speciali tre volte vincitore del premio Oscar (per Alien, ET – L’extraterrestre e King Kong ). Diretto da Jung Ah Suh e Cristina Rambaldi, nipote del maestro, con il supporto della Fondazione Culturale Carlo Rambaldi. Submerged, in cui l’equipaggio di un sottomarino della Seconda Guerra Mondiale affronta un terribile attacco di siluri, è il primo film narrativo per Apple VisionPro, opportunità di spingere al limite sensazioni ed esperimenti per ‘intrappolare’ il pubblico in un mondo in cui rumore, claustrofobia, paura di annegare e soffocamento si possono fare quasi tangibili, ridefinendo i confini stessi della narrazione.

ENG Lazzaretto Vecchio Island continues to serve as a dedicated space for immersive arts and media, hosting Venice Immersive and exploring the most cutting-edge forms of creative expression in XR (Extended Reality). This year’s edition features around thirty projects in competition, with a remarkable two-thirds of the titles directed or curated by women – highlighting their leading role in driving innovation and experimentation in the immersive media sector. Among them are Liz Rosenthal, who curates the program alongside Michel Reilhac, and Eliza McNitt, president of the jury, a writer, director, and pioneer in merging storytelling with emerging technologies. Her work Spheres made history as the first VR acquisition at the Sundance Film Festival. Another highlight is Submerged, the first narrative film created for Apple VisionPro. Set aboard a WWII submarine under torpedo attack, it pushes the boundaries of immersive storytelling, enveloping viewers in a sensory experience where sound, claustrophobia, and the fear of drowning become almost tangible.

Venice Immersive
Isola del Lazzaretto Vecchio
Classici – Restauri
Antichi splendori
Ritual
Lolita

sicTradotto in pensiero SIC, punto di osservazione privilegiato sul cinema di domani

Il programma 2025 della SIC si fa specchio della società contemporanea, portando in scena, tra i sette lungometraggi in gara e i tre fuori concorso, racconti che narrano momenti di passaggio e forti cambiamenti. Una selezione stimolante e intrigante, degna di rappresentare questa edizione, la quarantesima, che è data di un doppio anniversario: i quarant’anni della SIC e i dieci della SIC@ SIC. Non si può quindi che concordare con Beatrice Fiorentino, curatrice della selezione, quando afferma che le pellicole in gara «attraversano zone di confine – geografiche, identitarie, esistenziali – in cui l’immagine diventa strumento di indagine e di interpretazione».

Emancipazione, ribellione, crescita, migrazione, guerra e spiritualità sono i temi che ricorrono infatti, in sfaccettature diverse, in questi film dalle ambientazioni talvolta dai tratti distopici con protagonisti spesso le giovani generazioni. Dalle lotte per il riscatto in Cotton Queen e Gorgonà, passando per la rappresentazione della fatica e dell’affermazione in Agon e Waking Hours, le proposte di quest’anno affrontano temi sociali importanti, includendo anche una pellicola come Straight Circle, capace di far riflettere il pubblico sull’assurdità della guerra. Immancabile poi un intenso coming of age, che troviamo in Ish, e l’originale Roqia, un horror che affronta spiritualità e forze oscure.

Doveroso in ultimo ricordare anche gli altri membri della commissione di selezione, ovvero Matteo Berardini, Marianna Cappi, Francesco Grieco e Marco Romagna, che, insieme alla già citata Beatrice Fiorentino, avranno il compito di affidare al film più promettente il Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentis”, riconoscimento principale del concorso. Oltre a questo, si prospettano però ben altri cinque premi: il Gran Premio IWONDERFULL, decretato da una giuria internazionale; il Premio del Pubblico The Film Club, assegnato dal pubblico in sala; il Premio Luciano Sovena, per il miglior produttore indipendente; il Premio Mario Serandrei – Hotel Saturnia, per il miglior contributo tecnico e, in ultimo, il Premio Circolo del Cinema di Verona, dedicato al film più innovativo. Marina Borroni

SIC

AGON di Giulio Bertelli

COTTON QUEEN di Suzannah Mirghani

GORGONÀ di Evi Kalogiropoulou

ISH di Imran Perretta

ROQIA di Yanis Koussim

STRAIGHT CIRCLE di Oscar Hudson

WAKING HOURS di Federico Cammarata, Filippo Foscarini

FUORI CONCORSO

FILM DI APERTURA STEREO GIRLS di Caroline Deruas Peano

FILM DI CHIUSURA 100 NIGHTS OF HERO di Julia Jackman

100 Nights of Hero - Photo Alexandru Roberto Rusu

Costruzione di massa Le Giornate degli Autori ricostruiscono le

fratture con il passato

In primo piano, una ragazza sembra toccare il cielo con una fiaccola in una distesa deserta. Lo sguardo è rivolto all’orizzonte e sprigiona un turbinio di colore e vitalità che dipinge tutta la scena. Accanto a lei, il volto statuario della mitologica dea greca della pace sembra guardarla, ammirarla.

La vivacità e la freschezza del linguaggio artistico giovanile e sperimentale si ergono di fronte al passato e al mondo tramandato: è questo il manifesto della ventiduesima edizione delle Giornate degli Autori, firmato dall’artista Pax Paloscia.

La sezione autonoma e parallela della Mostra del Cinema di Venezia conferma la sua cifra indipendente e personale, come realtà diversa, viva e giovane. Emblema di questa edizione è la creatività come forma di resistenza, protesta, utopia e speranza. Il cinema diventa il luogo affettivo in cui i registi, in maggioranza giovani emergenti, prendono il testimone della memoria per guardare al futuro. Per Vladlena Sandu, regista del film di apertura della selezione ufficiale, Memory, l’arte cinematografica diventa una risposta per rielaborare e guarire i traumi collettivi attraverso la propria lente interiore. Conflitti globali in corso, esilio, migrazioni, IA e trasformazioni tecnologiche, femminicidi, alienazione e incomunicabilità, microcosmi tutti al femminile, ma anche mascolinità colta nella sua forma più vulnerabile: di fronte alla realtà che abbiamo ereditato, questo cinema reagisce con uno sguardo nuovo e radicale, più critico e problematizzante, aprendosi a sensibilità nuove e differenti. Il ripudio della guerra non avviene semplicisticamente attraverso moralizzazioni e giudizi. Ricordando le parole del regista iraniano Amir Azizi, questi film si concentrano su ciò che rimane irrisolto, evitando gli slogan o il rumore drammatico, ma cercando una chiarezza emotiva più profonda. Di fronte al dolore e alla distruzione in un atlante globale che tocca l’Iran, il Libano, il Kenya, il Messico, l’Ucraina e la striscia di Gaza, questi registi rispondono intonando un caldo inno alla vita, scegliendo spesso il punto di vista dei bambini e dando valore alla famiglia.

«L’amore - spiega la direttrice artistica Gaia Furrer - diventa un gesto di ribellione, la memoria un atto politico, l’infanzia e l’adolescenza un tempo di verità». Del resto, come ci fa notare il giovane regista Damien Hauser, ciò che scegliamo di osservare e ricordare, influenza la nostra visione del mondo. E le Giornate degli Autori scelgono di costruire vita, umanità e amore.

Verdiana Karol Di Maria

Giornate degli Autori

27 agosto-6 settembre Lido di Venezia www.giornatedegliautori.com

GDA

A SAD AND BEAUTIFUL WORLD di Cyril Aris

ANOCHE CONQUISTÉ TEBAS di Gabriel Azorín

ARKOUDOTRYPA di Stergios Dinopoulos, Krysianna B. Papadakis

DAROON-E AMIR di Amir Azizi

LA GIOIA di Nicolangelo Gelormini

MEMORY di VLADLENA SANDU

MEMORY OF PRINCESS MUMBI di Damien Hauser

PAST FUTURE CONTINUOUS di Morteza Ahmadvand, Firouzeh Khosrovani

SHORT SUMMER di Nastia Korkia

VAINILLA di Mayra Hermosillo

Memory di Vladlena Sand

I primi passi

Il settore Cinema è stato il primo dei comparti della Biennale a dotarsi del programma formativo Biennale College, autentica rivoluzione copernicana nell’ambito della formazione dedicata ai giovani. Dal 2012 ad oggi moltissimi giovani cineasti hanno visto i propri sforzi riconosciuti e concretamente sostenuti dalla Biennale attraverso l’affiancamento di professionisti del settore nella realizzazione di film inseriti poi nel circuito dei festival internazionali. A distanza di tredici anni, ci troviamo di fronte ad un meccanismo perfettamente rodato, oliato in ogni suo ingranaggio dalla professionalità di soggetti capaci di mettersi a totale disposizione gli uni degli altri, decisi a fare cinema. Anche quest’anno i progetti selezionati sono quattro. Agnus Dei di Massimiliano Camaiti vede come interpreti le Monache Benedettine del Monastero di Santa Cecilia in Trastevere nel racconto di una tradizione che affonda le proprie radici nei meandri della storia; Becoming Human di Polen Ly è un viaggio meditativo per riflettere su cosa voglia dire essere umani in un paesaggio marcato da traumi e trasformazioni visto attraverso gli occhi di chi, come il regista, è figlio di una famiglia che ha vissuto il genocidio cambogiano di metà anni ‘70.

Vincho Nchogu in One Woman One Bra racconta una storia che esplora le tensioni legate all’ambizione personale, alla rivendicazione culturale e ai dilemmi etici in un villaggio di confine tra Kenya e Tanzania, mentre Secret of a Mountain Serpent di Nidhi Saxena ci porta in una remota cittadina himalayana durante la guerra tra India e Pakistan dell’estate 1999.

ENG The Cinema sector was the first at the Biennale to launch the Biennale College training program, a true revolution in youth education. Since 2012, many young filmmakers have been supported by industry professionals to create films later featured in international festivals. Thirteen years on, the program runs smoothly, driven by a shared passion for cinema. This year’s four selected projects include Agnus Dei by Massimiliano Camaiti, Becoming Human by Polen Ly, One Woman One Bra by Vincho Nchogu, and Secret of a Mountain Serpent by Nidhi Saxena. Each of them expores history, trauma, identity, and cultural tension.

A Wave in the Ocean, la scuola di cinema ideata nel 2022 e diretta in Nuova Zelanda dalla regista due volte premio Oscar Jane Campion, viene omaggiata alla Mostra del Cinema con la proiezione di sette cortometraggi di altrettanti giovani allievi, tra cui Lion Rock di Nick Mayow e Prisca Bouchet, in concorso nella sezione Orizzonti Corti.

Al termine di un workshop intensivo di dodici mesi, e grazie alla sponsorizzazione di Netflix, ognuno dei giovani cineasti della scuola è stato seguito da Jane Campion e dalla co-direttrice artistica Philippa Campbell, ed è stato sostenuto per realizzare un cortometraggio originale. I film sono stati tutti completati in tempo per essere presentati in Mostra.

«Mi ha colpito il fatto – spiega la regista – che le condizioni che mi hanno permesso di avere una vera opportunità come regista non esistano oggi, e non siano mai esistite in Nuova Zelanda. Nella mia esperienza, la formazione avveniva sul campo, confrontandosi sui progetti con gli altri colleghi. Sono particolarmente grata a Netflix per avere scelto di sostenere questo workshop intensivo, che io definisco appunto “Un’onda nell’oceano”».

Il giorno successivo alla proiezione dei cortometraggi, Jane Campion terrà una masterclass per raccontare l’esperienza della scuola da lei fondata.

ENG A Wave in the Ocean, the film school founded in 2022 and directed in New Zealand by two-time Oscar winner Jane Campion, is honoured at the Venice Film Festival with seven short films by young students, including Lion Rock by Nick Mayow and Prisca Bouchet, competing in the Orizzonti Shorts section. After a year-long workshop sponsored by Netflix, each filmmaker was mentored by Campion and co-director Philippa Campbell. Following the screenings, Campion will hold a masterclass to share the school’s vision and experience.

Lezione d’Autore
Becoming Human

around the festival

L’isola sull’isola
A Riva di Corinto libere idee in libero spazio

La rassegna dedicata ad arti, cinema e attualità all’insegna dei diritti e della sostenibilità Isola Edipo è pronta più dinamica che mai per la Mostra del Cinema 2025, di cui si conferma sezione irrinunciabile.

Promosso da Edipo Re Impresa Sociale con il patrocinio del Comune di Venezia, della Regione Veneto e la collaborazione di MYmovies, questo progetto nato attorno all’Edipo Re, storica barca a vela che ospitò tra gli altri Pier Paolo Pasolini e Maria Callas, il progetto si concretizza ancora una volta grazie agli sforzi di Sibylle Righetti, Enrico Vianello e Silvia Jop. Si tratta di un vero e proprio laboratorio creativo, protagonista di esperienze di innovazione sociale e ambientale fondamentali in questo clima di profondo disorientamento che attraversa un presente privo di punti cardinali e consolidate grammatiche espressive.

L’ottava edizione del Premio Inclusione e Sostenibilità

Edipo Re, riconoscimento collaterale ufficiale di Biennale Cinema e cuore dell’intera programmazione a cura di Silvia Jop, prevederà oltre all’annuale percorso dedicato ai 12 film scelti trasversalmente tra le varie sezioni del Festival (Concorso, Orizzonti, Settimana della Critica e Giornate degli Autori) da cui uscirà il vincitore, l’organizzazione di tre incontri/masterclass a cura della giuria ufficiale del Premio, composta dalla scrittrice Eleonora Marangoni, dal regista Valerio Mieli e dal cantante e musicista Motta. Anche quest’anno, accanto alla giuria ufficiale, ci sarà la giuria giovani composta da sette studentesse e studenti dell’Università Ca’ Foscari affiancati per la prima volta da due studentesse e studenti dalla Side Academy, nuovo partner di Isola Edipo.

Il premio è sostenuto da Fondazione Pittini, MYmovies, Ca’ Foscari e Side Academy, con la partecipazione di Hotel Flora, Lunardelli e Jolly Pack.

Si conferma anche per l’edizione 2025 la partnership con le Giornate degli Autori, con cui Isola Edipo cura

uno spazio dedicato al cinema d’autore italiano, e in accordo con le quali porterà in Sala Laguna una nuova edizione delle Notti Veneziane

Accanto a tutto ciò, si rinnova l’appuntamento annuale con Il Cinema dell’Inclusione tra visione e formazione, in collaborazione ancora con Giornate degli Autori e Fondation Cartier pour l’art contemporain, che quest’anno, in un’edizione speciale, aprirà il sipario su una vera e propria agorà. Sarà infatti l’istituto di ricerca e formazione Labodif, con Gianna Mazzini, a portare sulla scena un incontro dedicato allo sguardo dell’attivista Carla Lonzi dal titolo Guarda, anzi guarda meglio. Carla Lonzi, le immagini e l’opera di sé

Da sottolineare, infine, il rilevante profilo delle attività dell’Archivio Basaglia, come sempre impegnato su una profonda riflessione attorno ai diritti di cittadinanza, al centro delle quali vi sono alcuni eventi speciali che affiancano poi gli appuntamenti del programma ufficiale, tra cui l’anteprima dell’ultimo film di Giuseppe Piccioni dedicato a Giovanni Pascoli, Zvanì, con Benedetta Porcaroli, Federico Cesari, Riccardo Scamarcio e Margherita Buy.

ENG The Isola Edipo program is dedicated to arts, cinema, and current issues with a focus on rights and sustainability. It returns more dynamic than ever for the 2025 Venice Film Festival, where it remains an essential section. Promoted by Edipo Re Impresa Sociale with support from the City of Venice, local government, and MYmovies, the initiative centres on the historic sailboat Edipo Re, once host to Pasolini and Callas. Curated by Sibylle Righetti, Enrico Vianello, and Silvia Jop, it’s a creative lab for social and environmental innovation. The 8th Edipo Re Inclusion and Sustainability Award will feature 12 films, three masterclasses, and a youth jury from Ca’ Foscari and Side Academy. Events include Notti Veneziane, a special programme on Carla Lonzi, and the premiere of Zvanì by Giuseppe Piccioni. Also worthy of note is their support of the Archivio Basaglia on the history of mental health and mental health treatment.

Isola Edipo Notti Veneziane & more
agosto-6 settembre Riva di Corinto

Quelli delle Notti

Tornano le Notti Veneziane, la finestra annuale delle Giornate degli Autori realizzata in accordo con Isola Edipo, dedicata all’anteprima mondiale di film italiani. La selezione di nove film, tra cui sei documentari e tre opere di finzione, valorizza l’eterogeneità dei modelli espressivi e degli orizzonti a cui rivolge il proprio sguardo e celebra il rinnovato eclettismo del cinema d’autore in Italia.

Quest’anno ci troviamo ad un crocevia di ponti verso un altrove sempre diverso: accade nello sguardo colto e gentile di Massimiliano Battistella, che con Dom ci fa conoscere Mirela, donna bosniaca rifugiata in Italia intenta a riconciliarsi con il proprio passato. L’oltremare si fa oltreoceano in Life Beyond the Pine Curtain di Giovanni Troilo: siamo in East Texas, terra lontana dalle narrazioni ufficiali americane esplorata con la guida della voce del celebre scrittore americano Joe R. Lansdale, un’America forse invisibile che emerge dal racconto quotidiano di cinque persone la cui vita è specchio di un Paese in bilico tra vecchie paure e nuove speranze.

Con Film di Stato Roland Sejko prosegue l’indispensabile lavoro di ricostruzione dell’immaginario dell’Albania e della sua storia attraverso un’operazione delicatissima. A muoversi in verticale nello spazio familiare e a fare i conti con la figura paterna sono due documentari: in Una cosa vicina, Loris G. Nese utilizza un linguaggio ibrido tra live action, archivio e animazione per raccontare il percorso di un bambino negli anni ‘90, costretto a crescere tra segreti familiari e assenze premature; in Toni, mio padre, Anna Negri ci regala un ultimo sguardo, a tratti feroce e ad altri dolcissimo, su un Toni Negri che si apre a un dialogo con la propria figlia, senza però dismettere i panni di intellettuale. In Indietro così! di Antonio Morabito siamo nei laboratori teatrali di una Roma periferica e solidale, dove l’arte incontra la disabilità e diventa spazio di espressione, autonarrazione e resistenza quotidiana.

L’immersione nello spazio interiore torna ad amplificarsi tra le righe dei tre titoli di finzione: con Confiteor di Bonifacio Angius entriamo in contatto con un percorso esistenziale profondo e articolato. A focalizzare l’intimità delle donne è Elisa Amoruso con Amata: film che riflette su maternità fra desiderio e rifiuto, su identità femminile e diritto di scegliere. A chiudere questo trittico è Tekla Taidelli che, a vent’anni dal sorprendente e viscerale esordio ( Fuori vena), porta alle Notti 6:06, un romanzo di formazione notturno, allucinato e ossessivo, in cui l’iniziale bianco e nero lascia poi spazio al colore.

ENG Notti Veneziane (lit. ‘Venetian nights’), the annual showcase by Giornate degli Autori in collaboration with Isola Edipo, returns with the world premiere of nine Italian films, six documentaries and three fiction works, highlighting the diversity and renewed vitality of Italian auteur cinema. From personal journeys like Dom by Massimiliano Battistella and Toni, mio padre by Anna Negri, to explorations of identity and trauma in Life Beyond the Pine Curtain and Becoming Human, the selection spans genres and geographies. Fiction titles like Confiteor, Amata, and 6:06 delve into intimate, existential themes, offering a rich and eclectic cinematic experience.

Notti Veneziane 27 agosto-6 settembre Sala Laguna www.giornatedegliautori.com

CORTI D’AUTRICE

Anche quest’anno tornano i corti della collezione Miu Miu Women’s Tales, tra le partnership più fedeli e prolifiche che le Giornate degli Autori abbiano firmato in questi anni. Le pellicole che verranno proiettate in Sala Perla alla presenza delle registe e del cast sono quest’anno Autobiografia di una borsetta di Joanna Hogg e, in anteprima mondiale, Fragments for Venus di Alice Diop, «autoritratto costruito attraverso un collage di immagini, testi, scene e situazioni che attingono dal documentario e dalla finzione, a cui ho aggiunto un mix di riferimenti molto soggettivi che mi hanno formata» come spiega la stessa regista.

Miu Miu Women’s Tales 30 agosto Sala Perla www.giornatedegliautori.com

LO CONOSCEVO BENE

Nell’ambito di Isola Edipo viene presentato Vysotsky. Unknown… A True Story di Anatoly Balchev, una produzione di Apollo Film. L’opera offre uno sguardo intimo e senza precedenti sulla vita di Vladimir Vysotsky, attore, cantante e poeta russo che ha vissuto da protagonista gli anni ’60 e ’70, raggiungendo un’immensa popolarità nonostante l’ostilità del potere. Balchev, regista, compositore, scrittore e collaboratore di lunga data di Vysotsky, porta sullo schermo una visione profondamente sentita attingendo da filmati d’archivio, collezioni private e testimonianze di prima mano.

Vysotsky. Unknown… A True Story di Anatoly Balchev 5 settembre Sala Laguna www.isolaedipo.it

Amata

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Cinema dal vivo

Note che diventano immagini, immagini che si trasformano in suono: Live Music. Living Films debutta il 3 settembre al Teatro Malibran con una prima mondiale che unisce musica dal vivo e intelligenza artificiale in un dialogo sorprendente. Il progetto, ideato da OOVIE Studios, richiama l’immaginario di Fantasia della Disney, reinterpretando il motto “Musica da vedere, immagini da ascoltare” in chiave contemporanea. Sul palco, Maxim Vengerov, tra i violinisti più celebri al mondo, è accompagnato dalla LaFil Filarmonica di Milano, diretta da Marco Seco, in brani come Tzigane di Ravel e la Sinfonia n. 5 di Beethoven. Le immagini interattive, create in collaborazione con Dustin Hollywood e Reza Sixo Safai, reagiscono alle note, generando visioni irripetibili che amplificano le potenzialità narrative e visive della performance. Un evento che ha suscitato anche l’interesse del Direttore della Mostra, Alberto Barbera, che ha commentato: «L’impiego creativo dell’Intelligenza Artificiale nel cinema e nelle altre forme di espressione artistica è una delle sfide più affascinanti e controverse della contemporaneità. Sono rimasto subito colpito dalla proposta che vede OOVIE Studios e LaFil al centro di un progetto innovativo che unisce cinema e musica in modi inediti e di grande interesse». Live Music. Living Films presenta l’IA in veste di partner creativo, capace di amplificare la sensibilità artistica senza sostituirla. Dialogando con musicisti e pubblico, la macchina suggerisce connessioni inattese e ridefinisce il confine tra suono e immagine, trasformando ogni esibizione in un intreccio originale e unico.

Chiara Sciascia

ENG Notes become images, images turn into sound: Live Music. Living Films premieres on September 3 at Malibran Theatre, blending live music and AI in a stunning world debut. Created by OOVIE Studios, the project evokes Disney’s Fantasia, reimagining “music to see, images to hear” in a modern key. On stage, world-renowned violinist Maxim Vengerov joins LaFil Filarmonica di Milano, led by Marco Seco, performing works like Ravel’s Tzigane and Beethoven’s Symphony No. 5. Interactive visuals respond to the music, creating unique, immersive experiences. Live Music. Living Films introduces AI as a creative partner that can amplify, not replace, art.

Onde illuminate

Giunto alla sesta edizione, quest’anno Cinema GalleggianteAcque Sconosciute cambia specchio acqueo ormeggiando di fronte all’isola di Sacca Fisola, dove il pubblico è chiamato ad addentrarsi nelle acque della laguna dando vita a un insediamento anfibio fino al 7 settembre.

Laboratorio multidisciplinare a pelo d’acqua, l’edizione di quest’anno vede confermate alcune delle partnership che hanno fatto la fortuna di questa manifestazione, come TBA21–Academy/Ocean Space che presenta quattro produzioni delle artiste Nadia Huggins, Kaldi Moss Kenneth Tam e Emilija Škarnulyte˙ che esplorano, mettendoli in discussione, i confini e i limiti di modelli invariabili e binari. Pentagram Stiftung, nell’anno del Leone d’Oro alla carriera a Werner Herzog, presenta una delle imprese filmiche più temerarie condotte del regista tedesco: La Soufrière (1977), che documenta le avvisaglie di un’imminente eruzione vulcanica sull’isola di Guadalupa dopo l’evacuazione dei suoi abitanti.

La Collezione Peggy Guggenheim propone il classico del cinema muto Nosferatu (1922), di Friedrich Wilhelm Murnau, nella sua versione a colori restaurata dalla Cineteca di Bologna. Il film è sonorizzato dal vivo da Valeria Sturba attraverso una sperimentazione che si snoda tra voce, violino, theremin, elettronica e giocattoli. Pinault Collection presenta Cabaret Crusades: The Path to Cairo (2012), mentre Fondazione In Between Art Film offre al pubblico Flowering and fading (2024), di Andro Eradze, Tactile Afferents (2023), di Formafantasma e Joanna Piotrowska, Marshall Allen, 99, Astronaut (2024), di Ari Benjamin Meyers.

ENG Now in its sixth edition, Cinema Galleggiante –Acque Sconosciute moves to a new location, anchoring off the island of Sacca Fisola, where audiences are invited to create an amphibious settlement until September 7. This floating, multidisciplinary lab features key partners like TBA21–Academy/Ocean Space, presenting works by Nadia Huggins, Kaldi Moss, Kenneth Tam, and Emilija Škarnulyte˙. Highlights include Herzog’s La Soufrière, Murnau’s Nosferatu with live music by Valeria Sturba, and new works from the Pinault Collection and In Between Art Film.

Cinema Galleggiante - Acque Sconosciute Fino 7 settembre Sacca Fisola www.cinemagalleggiante.it

© Riccardo Banfi

Aria nuova

Da giovedì 4 a sabato 6 settembre si tiene la sesta edizione dell’ONA Short Film Festival, rassegna internazionale di cortometraggi su sport outdoor e natura. L’appuntamento è all’isola di San Servolo, dove il cinema arriva cavalcando l’onda lunga proveniente dal Lido, nei giorni che vedono la Mostra del Cinema emanare i propri verdetti, proprio come dovrà fare a San Servolo la giuria composta quest’anno da Clément Lafite, Marijana Glaser e Sara Tirelli con corti provenienti da tutto il mondo, ospitando tra gli altri gli italiani Roberto Colombo, Achille Mauri e Giulia Bertolazzi.

L’ONA Short Film Festival è nato nel 2020 come una alternativa per offrire a Venezia un evento nuovo, nel quale registi e atleti di tutto il mondo si potessero ritrovare per raccontare le loro storie. Un networking del mondo outdoor che mira a condividere storie di sport all’aria aperta, natura e consapevolezza ambientale che cambiano la vita, temi che possono e devono avere un impatto vitale sulla società di oggi. Il contatto diretto con la natura riporta alla consapevolezza di essere parte fondamentale dell’ambiente in cui viviamo, per far riflettere un pubblico trasversale sulla responsabilità di proteggerlo. Gli sport all’aria aperta, in definitiva, insegnano valori che creano persone più sensibili e un mondo migliore per molti altri “avventurieri” a venire.

ENG From Thursday, September 4 to Saturday, September 6, the sixth edition of the ONA Short Film Festival takes place on San Servolo Island. The festival will be an international showcase of short films focused on outdoor sports and nature. As the Venice Film Festival delivers its verdicts, a jury of Clément Lafite, Marijana Glaser, and Sara Tirelli will evaluate global entries, including works by Italians Roberto Colombo, Achille Mauri, and Giulia Bertolazzi. Founded in 2020, ONA offers a fresh space for filmmakers and athletes to share life-changing stories of nature, sport, and environmental awareness, inspiring reflection and responsibility through direct contact with the natural world.

In occasione della 82a Mostra del Cinema di Venezia, la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola nazionale di Cinema e San Servolo srl presentano L’Atto Creativo, cinque incontri sulla creatività e le sue possibili declinazioni. Beatrice Venezi, Cristiano Caccamo, Tony Esposito, Marzia Migliora e Guido Tonelli arrivano a San Servolo per raccontare il loro rapporto con la creatività, in dialogo con Steve Della Casa. Cinque diverse personalità impegnate in diverse discipline – musica, cinema, arte e scienza – per raccontare il loro rapporto con l’estro creativo, il guizzo innovativo e la conoscenza. «Dopo la mostra fotografica su Marcello Mastroianni organizzata l’anno scorso – spiega Gabriella Buontempo, Presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – ecco un’altra iniziativa pensata insieme a San Servolo srl per valorizzare la nostra presenza a Venezia, a coronamento del Master Internazionale di Recitazione che si sta svolgendo a San Servolo. Un’occasione, inoltre, per presentare la nuova sala cinematografica che abbiamo allestito presso la nostra nuova sede sull’isola».

Gli incontri si terranno nel nuovo anfiteatro progettato dall’architetto Mario Cucinella e inaugurato a maggio: installazione costruita utilizzando 750 blocchi modulari realizzati tramite un processo di stampa 3d, con 70 posti a sedere in un contesto architettonico e paesaggistico straordinario.

ENG The Creative Act is a series of five conversations exploring creativity and its many expressions. Beatrice Venezi, Cristiano Caccamo, Tony Esposito, Marzia Migliora, and Guido Tonelli will share their personal and professional relationships with creativity. These five guests, from the worlds of music, cinema, art, and science, will reflect on inspiration, innovation, and knowledge. The initiative follows last year’s photo exhibition on Marcello Mastroianni and celebrates the International Acting Master’s program currently underway on the island. It also marks the debut of a new cinema hall and the recently inaugurated openair arena designed by Mario Cucinella, built with 750 3D-printed modular blocks and seating 70 people in a unique architectural and natural setting.

L’Atto Creativo

31 agosto-6 settembre Isola di San Servolo

www.fondazionecsc.it

Aspettando la scintilla

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Identità poetiche

Il Ministero della Cultura saudita, insieme alla Saudi Film Commission, presenta Saudi Short Movies Screening, una selezione di cortometraggi sauditi che vengono proiettati all’Abbazia di San Gregorio dal 28 agosto al 6 settembre, in concomitanza con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il programma, della durata di 10 giorni, propone una selezione di nove cortometraggi che mettono in luce il variegato panorama della produzione cinematografica contemporanea dell’Arabia Saudita, con proiezioni giornaliere suddivise in tre fasce orarie, dalle 12 alle 17. Dalle dark comedy ai drammi di formazione, dai documentari poetici ai racconti surreali, queste opere approfondiscono temi come l’identità individuale, il lutto, la percezione di sé, le dinamiche comunitarie, l’evoluzione delle tradizioni e l’espressione artistica. È prevista poi un’iniziativa speciale di tre giorni, dal 28 al 30 agosto, durante la quale i registi sauditi invitati parteciperanno a sessioni di live Q&A dopo ogni proiezione. Questi confronti, della durata di 30 minuti, offriranno al pubblico un’occasione unica per ascoltare direttamente dai filmmaker il loro processo di produzione, le loro ispirazioni e le loro sfide, approfondendo la comprensione dell’arte cinematografica e rafforzando il legame tra pubblico e artisti.

ENG The Saudi Ministry of Culture, together with the Saudi Film Commission, presents Saudi Short Movies Screening, a selection of Saudi short films shown at the Abbey of San Gregorio from August 28 to September 6, alongside the Venice International Film Festival. The 10-day program features nine films showcasing the diversity of contemporary Saudi cinema, with daily screenings, noon to 5pm. From dark comedies to coming-of-age dramas, poetic documentaries to surreal tales, the films explore identity, grief, self-perception, community, tradition, and artistic expression. From August 28 to 30, Saudi filmmakers will join live Q&A sessions after each screening, offering insights into their creative process.

Saudi Short Movies Screening

Fino 6 settembre Abbazia di San Gregorio info@activationsinabbazia.com

INEDITO AMLETO

Viene presentato in anteprima mondiale alla presenza di regista e parte del cast, il 26 agosto nella sala grande del Multisala Rossini di Venezia, il film Il suo nome era Amleto del regista German Sadchenkov, frutto di una produzione cinematografica dell’Uzbekistan, la BWG Blue White and Green Production di Ruslan Saliev.

Il film, interamente girato in Uzbekistan, a Buchara, costituisce la prima e più importante produzione cinematografica realizzata in Uzbekistan negli ultimi anni.

Alla base di questa black comedy sta l’idea di mettere in scena una “nuova versione dell’Amleto” scomponendo il dramma, senza tuttavia cambiarne il plot, per aprire al pubblico nuovi, inattesi significati. Il regista ha lavorato per oltre cinque anni alla scrittura della sceneggiatura, nella quale sono confluite non solo le pagine della tragedia shakespeariana, ma anche alcuni testi dei Dialoghi di Platone e un omaggio finale alla Divina Commedia. L’autore ha voluto porre l’accento sul rapporto tra Amleto e Orazio, l’amico fidato e confidente, nel quale tuttavia egli coglie una sorta di ambiguità. Per la prima volta nella storia del cinema la figura di Orazio viene interpretata da una donna, l’attrice Tatiyana Grigorieva. I film e gli spettacoli del protagonista, un famoso regista, sono un flop di pubblico perché troppo complessi per la mente dello spettatore odierno. L’idea del regista di mettere in scena una nuova interpretazione dell’opera di Shakespeare trova l’opposizione degli attori della troupe teatrale. Persino il produttore, suo amico di lunga data, vuole licenziarlo per proiettarsi su spettacoli più commerciali. Il protagonista sprofonda nei meandri del proprio subconscio, riportando in vita i personaggi della tragedia shakespeariana che prendono le sembianze di chi un tempo gli era amico e adesso lo osteggia. La sua immaginazione gli fa credere che la sua assistente sia Ofelia, mentre il produttore indossi le vesti del traditore Orazio. L’immagine di Amleto si impossessa di lui non solo mentalmente, ma anche fisicamente così come il suo odio verso chi lo circonda, la sua sete di vendetta e la sua reale sofferenza. Vuole distruggere i suoi nemici per liberarsi di loro, ma la sua brama altro non è che cibo per i suoi stessi fantasmi...

Il suo nome era Amleto di German Sadchenkov

26 agosto Multisala Rossini

Il suo nome era Amleto

s creenings

82. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA

Ago Aug

26

martedìTuesday

Sala Darsena h. 18

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI INVITI IN COLLABORAZIONE CON I QUOTIDIANI DI VENEZIA ORIGIN

di YANN ARTHUS-BERTRAND (Francia, 27’) a seguire

INCONTRO CON YANN ARTHUS-BERTRAND, ALBERTO BARBERA E CARLO RATTI

Sala Darsena h. 21

CERIMONIA DI PREAPERTURA – INVITI IN COLLABORAZIONE CON I QUOTIDIANI DI VENEZIA a seguire

VENEZIA CLASSICI – FILM DI PREAPERTURA

QUEEN KELLY di ERICH VON STROHEIM (USA, 105’)

27

mercoledìWednesday

Sala Darsena h. 16

ORIZZONTI – FILM DI APERTURA MOTHER di TEONA STRUGAR MITEVSKA

(Belgio, Macedonia del Nord, Svezia, Danimarca, Bosnia ed Erzegovina, 104’)

Sala Perla h. 16.30

GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE MEMORY di VLADLENA SANDU (Francia, Paesi Bassi, 98’)

Sala Grande h. 19

CERIMONIA DI APERTURA – INVITI a seguire

CERIMONIA DI PREMIAZIONE DEL LEONE D’ORO ALLA CARRIERA A WERNER HERZOG a seguire

VENEZIA 82 – FILM DI APERTURA LA GRAZIA

di PAOLO SORRENTINO (Italia, 131’)

PalaBiennale h. 19

DIRETTA CERIMONIA DI APERTURA a seguire

VENEZIA 82 – FILM DI APERTURA LA GRAZIA

di PAOLO SORRENTINO (Italia, 131’) a seguire

ORIZZONTI – FILM DI APERTURA MOTHER di TEONA STRUGAR MITEVSKA (Belgio, Macedonia del Nord, Svezia, Danimarca, Bosnia ed Erzegovina, 104’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI

EVENTO SPECIALE – INGRESSO GRATUITO FINO AD ESAURIMENTO POSTI h. 19

ORIGIN di YANN ARTHUS-BERTRAND (Francia, 27’)

28

giovedìThursday

Sala Giardino h. 8.30

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI

ORIGIN

di YANN ARTHUS-BERTRAND (Francia, 27’) a seguire

VENEZIA CLASSICI – FILM DI PREAPERTURA QUEEN KELLY

di ERICH VON STROHEIM (USA, 105’)

Sala Casinò h. 11

ORIZZONTI CORTI – OMAGGIO A AWITO – V.M. 14 GIRL TIME di ELEANOR BISHOP (Nuova Zelanda, 12’) THE BRIGHTNESS

di FREYA SILAS FINCH (Nuova Zelanda, 13’) KURI

di ANA CHAYA SCOTNEY (Nuova Zelanda, 13’) THE GIRL NEXT DOOR di MINGJIAN CUI (Nuova Zelanda, 15’)

SOCKS di TODD KAREHANA (Nuova Zelanda, 15’)

A VERY GOOD BOY di SAMUEL TE KANI (Nuova Zelanda, 17’) IN CONVERSATION WITH JACK MAURER di HASH (Nuova Zelanda, 14’)

Sala Perla h. 11

GIORNATE DEGLI AUTORI – EVENTI SPECIALI LAGUNA (LAGUNA) di SHARUNAS BARTAS (Lituania, Francia, 102’)

Sala Corinto h. 11.15

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI BASHÚ, GHARIBEH KOUCHAK (BASHU, IL PICCOLO STRANIERO) di BAHRAM BEYZAI (Iran, 1986, 121’)

PalaBiennale h. 13.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION DIRECTOR’S DIARY di ALEKSANDR SOKUROV (Russia, Italia, 321’) INCLUSO INTERVALLO DI 15’

Sala Perla h. 13.45

SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE CORTOMETRAGGIO DI APERTURA

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE RESTARE (REMAINS) di FABIO BOBBIO (Italia, 18’) a seguire

SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE FILM DI APERTURA STEREO GIRLS (LES IMMORTELLES)

di CAROLINE DERUAS PEANO (Francia, Canada, 88’)

Sala Grande h. 14

FUORI CONCORSO – NON FICTION GHOST ELEPHANTS di WERNER HERZOG (USA, 104’)

Sala Casinò h. 14

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI – V.M. 14

RUKELI di ALESSANDRO RAK (Italia, Svezia, 5’) Animazione ORIZZONTI – CORTI THE CURFEW di SHEHREZAD MAHER (USA, 19’)

YOU JIAN CHUI YAN (A SOIL A CULTURE A RIVER A PEOPLE) di VIV LI (Germania, Belgio, Cina, 15’) UTAN KELLY (WITHOUT KELLY) di LOVISA SIRÉN (Svezia, 15’) NORHEIMSUND di ANA ALPIZAR (Cuba, USA, 12’) LA LIGNE DE VIE (THE LIFELINE) di HUGO BECKER (Francia, 20’)

KUSHTA MAYN, LA MIA COSTANTINOPOLI di NICOLÒ FOLIN (Italia, 19’)

LION ROCK di NICK MAYOW, PRISCA BOUCHET (Nuova Zelanda, 16’)

Sala Darsena h. 14.15

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE OTEC (FATHER) di TEREZA NVOTOVÁ (Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, 103’)

Sala Corinto h. 14.30

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI THE DELICATE DELINQUENT (IL DELINQUENTE DELICATO) di DON MCGUIRE (USA, 1957, 101’)

Sala Grande h. 16.15

VENEZIA 82

ORPHAN di LÁSZLÓ NEMES (Ungheria, UK, Germania, Francia, 133)

Sala Casinò h. 16.30

ORIZZONTI – CORTI – V.M. 14

JE CROIS ENTENDRE ENCORE (I HEAR IT STILL) di CONSTANCE BONNOT (Francia, 16’) PRAYING MANTIS di JOE HSIEH, YONFAN (Taipei, Hong Kong SAR, 18’,) Animazione NEDOSTUPNI (UNAVAILABLE) di KYRYLO ZEMLYANYI (Ucraina, Francia, Belgio, Bulgaria, Paesi Bassi, 20’) EL ORIGEN DEL MUNDO (THE ORIGIN OF THE WORLD) di JAZMIN LOPEZ (Argentina, 12’) MERRIMUNDI di NILES ATALLAH (Cile, 20’) Animazione COYOTES di SAID ZAGHA (Palestina, Francia, Giordania, UK, 20’)

SAINT SIMEON di OLUBUNMI OGUNSOLA (Nigeria, 18’)

Sala Perla h. 16.45

GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE LA GIOIA di NICOLANGELO GELORMINI (Italia, 108’)

Sala Darsena h. 17

ORIZZONTI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE IL RAPIMENTO DI ARABELLA di CAROLINA CAVALLI (Italia, 107’)

Sala Giardino h. 17

BIENNALE COLLEGE CINEMA

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE SECRET OF A MOUNTAIN SERPENT di NIDHI SAXENA (India, Sri Lanka, 104’)

Sala Corinto h. 17

PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

MEGADOC di MIKE FIGGIS (USA, 107’)

Sala Grande h. 19

VENEZIA 82

BUGONIA di YORGOS LANTHIMOS (UK, 120’)

PalaBiennale h. 20

VENEZIA 82

BUGONIA

di YORGOS LANTHIMOS (UK, 120’)

a seguire

VENEZIA 82

JAY KELLY

di NOAH BAUMBACH (USA, UK, Italia, 132’)

Sala Giardino h. 21

VENEZIA SPOTLIGHT

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

HIJRA di SHAHAD AMEEN

(Arabia Saudita, Iraq, Egitto, uk, 115’)

Sala Astra 1 h. 21

ORIZZONTI – FILM DI APERTURA

MOTHER

di TEONA STRUGAR MITEVSKA

(Belgio, Macedonia del Nord, Svezia, Danimarca, Bosnia ed Erzegovina, 104’)

Sala Astra 2 h. 21.30

ORIZZONTI – FILM DI APERTURA

MOTHER di TEONA STRUGAR MITEVSKA

(Belgio, Macedonia del Nord, Svezia, Danimarca, Bosnia ed Erzegovina, 104’)

Sala Grande h. 21.45

VENEZIA 82

JAY KELLY

di NOAH BAUMBACH (USA, UK, Italia, 132’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia

IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16

GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M. 14 MEMORY di VLADLENA SANDU (Francia, Paesi Bassi, 98’) h. 18.30

ORIZZONTI – FILM DI APERTURA MOTHER

di TEONA STRUGAR MITEVSKA (Belgio, Macedonia del Nord, Svezia, Danimarca, Bosnia ed Erzegovina, 104’) h. 21

VENEZIA 82

LA GRAZIA di PAOLO SORRENTINO (Italia, 131’)

29

venerdì Friday

Sala Giardino h. 9

VENEZIA SPOTLIGHT

HIJRA di SHAHAD AMEEN (Arabia Saudita, Iraq, Egitto, UK, 115’)

Sala Astra 1 h. 9

BIENNALE COLLEGE CINEMA

SECRET OF A MOUNTAIN SERPENT di NIDHI SAXENA (India, Sri Lanka, 104’)

Sala Corinto h. 11

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI

MARK OF THE RENEGADE (IL MARCHIO DEL RINNEGATO) di HUGO FREGONESE (USA, 1951)

Sala Perla h. 11.15

GIORNATE DEGLI AUTORI

EVENTI SPECIALI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ÉCRIRE LA VIE - ANNIE ERNAUX RACONTÉE PAR DES LYCÉENNES ET DES LYCÉENS

di CLAIRE SIMON (Francia, 90’)

Sala Astra 1 h. 11.15

VENEZIA CLASSICI BASHÚ, GHARIBEH KOUCHAK (BASHU, IL PICCOLO STRANIERO) di BAHRAM BEYZAI (Iran, 1986)

Sala Perla h. 13.45

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14 THE PØRNØGRAPH R

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE di HARIEL (Italia, 11’) a seguire

SETTIMANA DELLA CRITICA IN CONCORSO – V.M. 14 AGON

di GIULIO BERTELLI (Italia, USA, Francia, 100’)

Sala Grande h. 14

FUORI CONCORSO – NON FICTION COVER-UP di LAURA POITRAS, MARK OBENHAUS (USA, 117’)

Sala Astra 2 h. 14

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI MEGADOC di MIKE FIGGIS (USA, 107’)

Sala Darsena h. 14.15

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ESTRANY RIU (STRANGE RIVER) di JAUME CLARET MUXART (Spagna, Germania, 105’)

PalaBiennale h. 14.15

ORIZZONTI IL RAPIMENTO DI ARABELLA di CAROLINA CAVALLI (Italia, 107’)

Sala Casinò h. 14.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION THE TALE OF SYLIAN di TAMARA KOTEVSKA (Macedonia del Nord, 81’)

Sala Corinto h. 14.30

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI LE QUAI DES BRUMES (IL PORTO DELLE NEBBIE) di MARCEL CARNÉ (Francia, 1938)

Sala Astra 1 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI THE DELICATE DELINQUENT (IL DELINQUENTE DELICATO) di DON MCGUIRE (USA, 1957)

Sala Casinò h. 16.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION MY FATHER AND QADDAFI di JIHAN K (USA, Libia, 88’)

Sala Astra 2 h. 16.30

ORIZZONTI OTEC (FATHER) di TEREZA NVOTOVÁ (Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, 103’)

Sala Grande h. 16.45

VENEZIA 82

À PIED D’OEUVRE di VALÉRIE DONZELLI (Francia, 92’)

PalaBiennale h. 16.45

VENEZIA 82

ORPHAN di LÁSZLÓ NEMES (Ungheria, UK, Germania, Francia, 133’)

Sala Perla h. 16.45

GIORNATE DEGLI AUTORI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ARKOUDOTRYPA di STERGIOS DINOPOULOS, KRYSIANNA B. PAPADAKIS (Grecia, 127’)

Sala Astra 1 h. 16.45

ORIZZONTI

OTEC (FATHER) di TEREZA NVOTOVÁ (Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, 103’)

Sala Darsena h. 17

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE DINT ‚ I DE LAPTE (MILK TEETH) di MIHAI MINCAN (Romania, Francia, Danimarca, Grecia, Bulgaria, 104’)

Sala Giardino h. 17

BIENNALE COLLEGE CINEMA

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

CHIET CHEA MANUSA

(BECOMING HUMAN) di POLEN LY (Cambogia, USA, 99’)

Sala Corinto h. 17

PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

SANGRE DEL TORO di YVES MONTMAYEUR (Francia, UK, 85’)

Sala Volpi h. 17.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION

GHOST ELEPHANTS di WERNER HERZOG (USA, 104’)

Sala Grande h. 18.45

FUORI CONCORSO AFTER THE HUNT di LUCA GUADAGNINO (USA, 139’)

Sala Astra 1 h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION DIRECTOR’S DIARY di ALEKSANDR SOKUROV (Russia, Italia, 321’)

Sala Astra 2 h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION GHOST ELEPHANTS di WERNER HERZOG (USA, 104’)

Sala Corinto h. 19.15

SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE CORTOMETRAGGIO DI APERTURA

RESTARE (REMAINS) di FABIO BOBBIO (Italia, 18’) a seguire

SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE FILM DI APERTURA

STEREO GIRLS (LES IMMORTELLES)

di CAROLINE DERUAS PEANO (Francia, Canada, 88’)

PalaBiennale h. 20

FUORI CONCORSO AFTER THE HUNT di LUCA GUADAGNINO (USA, 139’) a seguire

VENEZIA 82

À PIED D’OEUVRE di VALÉRIE DONZELLI (Francia, 92’)

Sala Giardino h. 21

VENEZIA SPOTLIGHT

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE CALLE MALAGA

di MARYAM TOUZANI (Marocco, Francia, Spagna, Germania, Belgio, 116’)

s creenings

82. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION

GHOST ELEPHANTS

di WERNER HERZOG (USA, 104’)

Sala Grande h. 21.45

VENEZIA 82

EOJJEOL SUGA EOPDA (NO OTHER CHOICE) di PARK CHAN-WOOK (Corea del Sud, 139’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia

IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16

VENEZIA 82

ORPHAN di LÁSZLÓ NEMES (Ungheria, UK, Germania, Francia, 133)

h. 16.30

ORIZZONTI

IL RAPIMENTO DI ARABELLA di CAROLINA CAVALLI (Italia, 107’)

h. 18

ORIZZONTI

OTEC (FATHER) di TEREZA NVOTOVÁ (Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, 103’)) h. 19

VENEZIA 82

BUGONIA di YORGOS LANTHIMOS (UK, 120’) h. 21

FUORI CONCORSO – NON FICTION

GHOST ELEPHANTS di WERNER HERZOG (USA, 104’) h. 21.30

VENEZIA 82

JAY KELLY di NOAH BAUMBACH (USA, UK, Italia, 132’)

30 sabato Saturday

Sala Giardino h. 9

VENEZIA SPOTLIGHT

CALLE MALAGA

di MARYAM TOUZANI (Marocco, Francia, Spagna, Germania, Belgio, 116’)

Sala Astra 1 h. 9

BIENNALE COLLEGE CINEMA

CHIET CHEA MANUSA (BECOMING HUMAN) di POLEN LY (Cambogia, USA, 99’)

Sala Astra 2 h. 9.15

FUORI CONCORSO – NON FICTION THE TALE OF SYLIAN di TAMARA KOTEVSKA (Macedonia del Nord, 80’)

Sala Corinto h. 11

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI LO SPETTRO di RICCARDO FREDA (Italia, 1963, 95’)

Sala Perla h. 11

GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M. 14 MEMORY di VLADLENA SANDU (Francia, Paesi Bassi, 98’)

Sala Astra 1 h. 11.15

VENEZIA CLASSICI MARK OF THE RENEGADE (IL MARCHIO DEL RINNEGATO) di HUGO FREGONESE (USA, 1951, 81’)

Sala Astra 2 h. 11.15

FUORI CONCORSO – NON FICTION MY FATHER AND QADDAFI di JIHAN K (USA, Libia, 88’)

Sala Perla h. 13.15

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

MARINA di PAOLI DE LUCA (Italia, 19’) a seguire

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO ISH

di IMRAN PERRETTA (UK, 90’)

Sala Grande h. 14

FUORI CONCORSO – NON FICTION BROKEN ENGLISH di IAIN FORSYTH & JANE POLLARD (UK, 99’)

Sala Astra 2 h. 14

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

SANGRE DEL TORO di YVES MONTMAYEUR (Francia, UK, 85’)

Sala Darsena h. 14.15

ORIZZONTI ROSE OF NEVADA di MARK JENKIN (UK, 114’)

PalaBiennale h. 14.15

ORIZZONTI

DINT ‚ I DE LAPTE (MILK TEETH) di MIHAI MINCAN (Romania, Francia, Danimarca, Grecia, Bulgaria, 104’)

Sala Corinto h. 14.30

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI PRZYPADEK (DESTINO CIECO) di KRZYSZTOF KIES ´ LOWSKI (Polonia, 1981)

Sala Astra 1 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI

LE QUAI DES BRUMES (IL PORTO DELLE NEBBIE) di MARCEL CARNÉ (Francia, 1938, 91’)

Sala Casinò h. 15

FUORI CONCORSO – SERIES UN PROPHÈTE (EP. 1-4)

di ENRICO MARIA ARTALE (Francia)

Sala Grande h. 16.15

VENEZIA 82

SOTTO LE NUVOLE di GIANFRANCO ROSI (Italia, 114’)

Sala Perla h. 16.15

GIORNATE DEGLI AUTORI

MIU MIU WOMEN’S TALES

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

AUTOBIOGRAFIA DI UNA

BORSETTA di JOANNA HOGG (Italia, 23’)

a seguire

GIORNATE DEGLI AUTORI

MIU MIU WOMEN’S TALES

FRAGMENTS FOR VENUS di ALICE DIOP (USA, Francia, 23’)

a seguire

GIORNATE DEGLI AUTORI

SHORT SUMMER

di NASTIA KORKIA (Germania, Francia, Serbia, 101’)

PalaBiennale h. 16.30

VENEZIA 82

EOJJEOL SUGA EOPDA (NO OTHER CHOICE)

di PARK CHAN-WOOK (Corea del Sud, 139’)

Sala Astra 2 h. 16.30

ORIZZONTI

ESTRANY RIU (STRANGE RIVER) di JAUME CLARET MUXART (Spagna, Germania, 105’)

Sala Darsena h. 17

ORIZZONTI LATE FAME di KENT JONES (USA, 96’)

Sala Giardino h. 17

BIENNALE COLLEGE CINEMA

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ONE WOMAN ONE BRA di VINCHO NCHOGU (Kenya, Nigeria, 80’)

Sala Corinto h. 17

PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI LOUIS MALLE, LE RÉVOLTÉ di CLAIRE DUGUET (Francia, 65’)

Sala Volpi h. 17

FUORI CONCORSO – NON FICTION COVER-UP di LAURA POITRAS, MARK OBENHAUS (USA, 117’)

Sala Astra 1 h. 17

ORIZZONTI

ESTRANY RIU (STRANGE RIVER) di JAUME CLARET MUXART (Spagna, Germania, 105’)

Sala Grande h. 18.45

VENEZIA 82 FRANKENSTEIN di GUILLERMO DEL TORO (USA, 149’)

Sala Astra 2 h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION COVER-UP di LAURA POITRAS, MARK OBENHAUS (USA, 117’)

Sala Corinto h. 19.15

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14

THE PØRNØGRAPH R di HARIEL (Italia, 11’) a seguire

SETTIMANA DELLA CRITICA IN CONCORSO – V.M. 14

AGON di GIULIO BERTELLI (Italia, USA, Francia, 100’)

Sala Astra 1 h. 19.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION

THE TALE OF SYLIAN di TAMARA KOTEVSKA (Macedonia del Nord, 81’)

PalaBiennale h. 20

VENEZIA 82

FRANKENSTEIN di GUILLERMO DEL TORO (USA, 149’) a seguire

VENEZIA 82

SOTTO LE NUVOLE di GIANFRANCO ROSI (Italia, 114’)

Sala Giardino h. 21

VENEZIA SPOTLIGHT

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE MOTOR CITY di POTSY PONCIROLI (USA, 103’)

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION COVER-UP di LAURA POITRAS, MARK OBENHAUS (USA, 117’)

Sala Grande h. 21.45

FUORI CONCORSO DEN SIDSTE VIKING

(THE LAST VIKING) di ANDERS THOMAS JENSEN (Danimarca, Svezia, 116’)

Sala Astra 1 h. 22

FUORI CONCORSO – NON FICTION MY FATHER AND QADDAFI di JIHAN K (USA, Libia, 88’)

Sala Grande h. 00.15

FUORI CONCORSO LA VALLE DEI SORRISI di PAOLO STRIPPOLI (Italia, Slovenia, 123’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia

IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16

VENEZIA 82

EOJJEOL SUGA EOPDA

(NO OTHER CHOICE)

di PARK CHAN-WOOK (Corea del Sud, 139’)

h. 16.30

VENEZIA SPOTLIGHT CALLE MALAGA

di MARYAM TOUZANI (Marocco, Francia, Spagna, Germania, Belgio, 116’)

h. 18.45

VENEZIA 82

À PIED D’OEUVRE

di VALÉRIE DONZELLI (Francia, 92’)

h. 19

SETTIMANA DELLA CRITICA IN CONCORSO – V.M. 14

AGON di GIULIO BERTELLI (Italia, USA, Francia, 100’)

h. 21

FUORI CONCORSO AFTER THE HUNT di LUCA GUADAGNINO (USA, 139’)

h. 21.30

ORIZZONTI

DINT ‚ I DE LAPTE (MILK TEETH)

di MIHAI MINCAN (Romania, Francia, Danimarca, Grecia, Bulgaria, 104’)

31

domenica Sunday

Sala Giardino h. 9

VENEZIA SPOTLIGHT

MOTOR CITY di POTSY PONCIROLI (USA, 103’)

Sala Astra 1 h. 9

BIENNALE COLLEGE CINEMA ONE WOMAN ONE BRA di VINCHO NCHOGU (Kenya, Nigeria, 80)

Sala Astra 2 h. 9.15

FUORI CONCORSO – SERIES UN PROPHÈTE (EP. 1-4)

di ENRICO MARIA ARTALE (Francia)

Sala Corinto h. 11

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI 3:10 TO YUMA (QUEL TRENO PER YUMA) di DELMER DAVES (USA, 1957, 92’)

Sala Perla h. 11

GIORNATE DEGLI AUTORI – EVENTI SPECIALI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE IL QUIETO VIVERE di GIANLUCA MATARRESE (Italia, Svizzera, 87’)

Sala Astra 1 h. 11

VENEZIA CLASSICI LO SPETTRO di RICCARDO FREDA (Italia, 1963, 95’)

Sala Perla h. 13.30

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE LA MOTO (THE MOTORCYCLE) di MATTEO GIAMPETRUZZI

(Italia, Danimarca, Spagna, 20’, muto) a seguire

SETTIMANA DELLA CRITICA IN CONCORSO – V.M. 14 GORGONÀ di EVI KALOGIROPOULOU (Grecia, Francia, 95’)

Sala Grande h. 14

FUORI CONCORSO – NON FICTION NUESTRA TIERRA di LUCRECIA MARTEL (Argentina, USA, Messico, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, 122’)

Sala Corinto h. 14

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI IL MAGNIFICO CORNUTO di ANTONIO PIETRANGELI (Italia, Francia, 1964)

Sala Darsena h. 14.15

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE UN ANNO DI SCUOLA di LAURA SAMANI (Italia, Francia, 102’)

PalaBiennale h. 14.30

ORIZZONTI

LATE FAME di KENT JONES (USA, 96’)

Sala Astra 1 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI

PRZYPADEK (DESTINO CIECO) di KRZYSZTOF KIES ´ LOWSKI (Polonia, 1981, 123’)

Sala Astra 2 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI LOUIS MALLE, LE RÉVOLTÉ di CLAIRE DUGUET (Francia, 65’)

Sala Casinò h. 15

FUORI CONCORSO – SERIES UN PROPHÈTE (EP. 5-8) di ENRICO MARIA ARTALE (Francia)

Sala Grande h. 16.30

VENEZIA 82

LE MAGE DU KREMLIN di OLIVIER ASSAYAS (Francia, 156’)

Sala Perla h. 16.30

GIORNATE DEGLI AUTORI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

A SAD AND BEAUTIFUL WORLD di CYRIL ARIS (Libano, USA, Germania, Arabia Saudita, Qatar, 110’)

Sala Astra 2 h. 16.30

ORIZZONTI ROSE OF NEVADA di MARK JENKIN (UK, 114’)

Sala Darsena h. 17

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE THE SOUFFLEUR di GASTÓN SOLNICKI (Austria, Argentina, 78’)

PalaBiennale h. 17

FUORI CONCORSO DEN SIDSTE VIKING (THE LAST VIKING) di ANDERS THOMAS JENSEN (Danimarca, Svezia, 116’)

Sala Giardino h. 17

BIENNALE COLLEGE CINEMA

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

AGNUS DEI di MASSIMILIANO CAMAITI (Italia, 73’)

Sala Corinto h. 17

PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

ELVIRA NOTARI. OLTRE IL SILENZIO di VALERIO CIRIACI (Italia, USA, 89’)

Sala Volpi h. 17

FUORI CONCORSO – NON FICTION

BROKEN ENGLISH di IAIN FORSYTH & JANE POLLARD (UK, 99’)

Sala Astra 1 h. 17

ORIZZONTI ROSE OF NEVADA di MARK JENKIN (UK, 114’)

Sala Astra 2 h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION

BROKEN ENGLISH

di IAIN FORSYTH & JANE POLLARD (UK, 99’)

Sala Corinto h. 19.15

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO

MARINA di PAOLI DE LUCA (Italia, 19’) a seguire

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO ISH di IMRAN PERRETTA (UK, 90’)

Sala Grande h. 19.30

VENEZIA 82

FATHER MOTHER SISTER BROTHER di JIM JARMUSCH (USA, Irlanda, Francia, 110’)

PalaBiennale h. 20

VENEZIA 82

FATHER MOTHER SISTER BROTHER di JIM JARMUSCH (USA, Irlanda, Francia, 110’) a seguire

VENEZIA 82

LE MAGE DU KREMLIN di OLIVIER ASSAYAS (Francia, 156’)

Sala Astra 1 h. 20

FUORI CONCORSO – SERIES UN PROPHÈTE (EP. 1-4) di ENRICO MARIA ARTALE (Francia) Sala Giardino h. 21

VENEZIA SPOTLIGHT

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE MADE IN EU di STEPHAN KOMANDAREV (Bulgaria, Germania, Repubblica Ceca, 102’)

s creenings

82. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION

BROKEN ENGLISH

di IAIN FORSYTH & JANE POLLARD (UK, 99’)

Sala Grande h. 22

FUORI CONCORSO

IL MAESTRO di ANDREA DI STEFANO (Italia, 120’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre

h. 16

FUORI CONCORSO

LA VALLE DEI SORRISI di PAOLO STRIPPOLI (Italia, Slovenia, 123’)

h. 16.30

ORIZZONTI

ROSE OF NEVADA

di MARK JENKIN (UK, 114’)

h. 18.30

FUORI CONCORSO

DEN SIDSTE VIKING

(THE LAST VIKING)

di ANDERS THOMAS JENSEN (Danimarca, Svezia, 116’)

h. 19

SETTIMANA DELLA CRITICA

EVENTO SPECIALE – FILM DI APERTURA STEREO GIRLS (LES IMMORTELLES)

di CAROLINE DERUAS PEANO (Francia, Canada, 88’)

h. 21

VENEZIA 82

FRANKENSTEIN di GUILLERMO DEL TORO (USA, 149’) h. 21.30

ORIZZONTI

LATE FAME di KENT JONES (USA, 96’)

Set Sept

01

lunedì Monday

Sala Giardino h. 9

VENEZIA SPOTLIGHT MADE IN EU di STEPHAN KOMANDAREV (Bulgaria, Germania, Repubblica Ceca, 102’)

Sala Astra 1 h. 9

BIENNALE COLLEGE CINEMA

AGNUS DEI di MASSIMILIANO CAMAITI (Italia, 73’)

Sala Astra 2 h. 9.15

FUORI CONCORSO – SERIES UN PROPHÈTE (EP. 5-8) di ENRICO MARIA ARTALE (Francia)

Sala Astra 1 h. 11

VENEZIA CLASSICI 3:10 TO YUMA

(QUEL TRENO PER YUMA) di DELMER DAVES (USA, 1957, 92’)

Sala Corinto h. 11.15

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI – V.M. 14 KAGI (LA CHIAVE) di KON ICHIKAWA (Giappone, 1959, 107’)

Sala Perla h. 11.30

GIORNATE DEGLI AUTORI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE PAST FUTURE CONTINUOUS di MORTEZA AHMADVAND, FIROUZEH

KHOSROVANI (Iran, Norvegia, Italia, 80’)

Sala Darsena h. 13.45

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE SONGS OF FORGOTTEN TREES di ANUPARNA ROY (India, 80’)

Sala Grande h. 14

CERIMONIA DI PREMIAZIONE

LEONE D’ORO ALLA CARRIERA A KIM NOVAK a seguire

FUORI CONCORSO – NON FICTION

KIM NOVAK’S VERTIGO di ALEXANDRE PHILIPPE (USA, 76’)

Sala Perla h. 14

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

SANTE / SAINTS di VALERIA GAUDIERI (Italia, 19’)

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO ROQIA di YANIS KOUSSIM (Algeria, Francia, Qatar, Arabia Saudita, 89’)

Sala Astra 2 h. 14

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI SUL CINEMA ELVIRA NOTARI. OLTRE IL SILENZIO di VALERIO CIRIACI (Italia, USA, 89’)

PalaBiennale h. 14.30

ORIZZONTI

UN ANNO DI SCUOLA di LAURA SAMANI (Italia, Francia, 102’)

Sala Corinto h. 14.30

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI – V.M. 14

MATADOR di PEDRO ALMODÓVAR (Spagna, 1986, 106’)

Sala Astra 1 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI IL MAGNIFICO CORNUTO di ANTONIO PIETRANGELI (Italia, Francia, 1964)

Sala Casinò h. 15

FUORI CONCORSO – SERIES

ETTY (EP. 1-3) di HAGAI LEVI (Francia, Germania, Paesi Bassi)

Sala Grande h. 16

VENEZIA 82 – V.M. 14

THE TESTAMENT OF ANN LEE di MONA FASTVOLD (UK, 137’)

Sala Darsena h. 16.15

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

HARÀ WATAN (LOST LAND) di AKIO FUJIMOTO (Giappone, Francia, Malesia, Germania, 99’)

Sala Giardino h. 16.30

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE GOFFREDO FELICISSIMO? di FRANCO MARESCO (Italia, 20’)

BOOMERANG ATOMIC di RACHID BOUCHAREB (Francia, 21’)

HOW TO SHOOT A GHOST di CHARLIE KAUFMAN (USA, Grecia, 27’)

PalaBiennale h. 17

FUORI CONCORSO IL MAESTRO di ANDREA DI STEFANO (Italia, 120’)

Sala Corinto h. 17

PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI SUL CINEMA HOLOFICTION

di MICHAL KOSAKOWSKI (Germania, Austria, 102’, muto)

Sala Perla h. 17

GIORNATE DEGLI AUTORI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE MEMORY OF PRINCESS MUMBI di DAMIEN HAUSER (Kenya, Svizzera, 80’)

Sala Volpi h. 17

FUORI CONCORSO – NON FICTION NUESTRA TIERRA di LUCRECIA MARTEL (Argentina, USA, Messico, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, 122’)

Sala Astra 1 h. 17

ORIZZONTI

THE SOUFFLEUR di GASTÓN SOLNICKI (Austria, Argentina, 78’)

Sala Astra 2 h. 17

ORIZZONTI

THE SOUFFLEUR di GASTÓN SOLNICKI (Austria, Argentina, 78’)

Sala Grande h. 19

VENEZIA 82

THE SMASHING MACHINE di BENNY SAFDIE (Canada, USA, Giappone, 123’)

Sala Giardino h. 19

EVENTO SPECIALE (IM)PERFETTA di NICOLÒ BRESSAN DEGLI ANTONI (Italia, 19’)

Sala Astra 2 h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION NUESTRA TIERRA di LUCRECIA MARTEL (Argentina, USA, Messico, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, 122’)

Sala Corinto h. 19.15

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14

LA MOTO (THE MOTORCYCLE) di MATTEO GIAMPETRUZZI

(Italia, Danimarca, Spagna, 20’, muto)

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO

GORGONÀ di EVI KALOGIROPOULOU (Grecia, Francia, 95’)

PalaBiennale h. 20

VENEZIA 82

THE SMASHING MACHINE di BENNY SAFDIE (Canada, USA, Giappone, 123’) a seguire

FUORI CONCORSO – SERIES PORTOBELLO (EP. 1-2) di MARCO BELLOCCHIO (Italia, Francia, 120’)

Sala Astra 1 h. 20

FUORI CONCORSO – SERIES UN PROPHÈTE (EP. 5-8) di ENRICO MARIA ARTALE (Francia)

Sala Giardino h. 21

VENEZIA SPOTLIGHT

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE À BRAS-LE-CORPS di MARIE-ELSA SGUALDO (Svizzera, Francia, Belgio, 96’)

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION NUESTRA TIERRA di LUCRECIA MARTEL (Argentina, USA, Messico, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, 122’)

Sala Grande h. 21.45

FUORI CONCORSO – SERIES PORTOBELLO (EP. 1-2) di MARCO BELLOCCHIO (Italia, Francia, 120’)

Sala Corinto h. 22

GIORNATE DEGLI AUTORI – EVENTI SPECIALI LAGUNA (LAGUNA) di SHARUNAS BARTAS (Lituania, Francia, 102’)

Sala Grande h. 00.15

FUORI CONCORSO

ORFEO di VIRGILIO VILLORESI (Italia, 74’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16

FUORI CONCORSO – NON FICTION NUESTRA TIERRA di LUCRECIA MARTEL (Argentina, USA, Messico, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, 122’)

h. 16.30

GIORNATE DEGLI AUTORI – EVENTI SPECIALI IL QUIETO VIVERE di GIANLUCA MATARRESE (Italia, Svizzera, 87’) h. 18.30

VENEZIA 82

FATHER MOTHER SISTER BROTHER di JIM JARMUSCH (USA, Irlanda, Francia, 110’) h. 19

SETTIMANA DELLA CRITICA IN CONCORSO – V.M. 14

GORGONÀ di EVI KALOGIROPOULOU (Grecia, Francia, 95’)

h. 21

VENEZIA 82

LE MAGE DU KREMLIN di OLIVIER ASSAYAS (Francia, 156’)

h. 21.30

ORIZZONTI UN ANNO DI SCUOLA di LAURA SAMANI (Italia, Francia, 102’)

02 martedìTuesday

Sala Giardino h. 9

VENEZIA SPOTLIGHT À BRAS-LE-CORPS

di MARIE-ELSA SGUALDO (Svizzera, Francia, Belgio, 96’)

Sala Astra 1 h. 9

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI GOFFREDO FELICISSIMO? di FRANCO MARESCO (Italia, 20’)

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI BOOMERANG ATOMIC di RACHID BOUCHAREB (Francia, 21’)

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI HOW TO SHOOT A GHOST di CHARLIE KAUFMAN (USA, Grecia, 27’)

Sala Astra 2 h. 9.30

FUORI CONCORSO – SERIES ETTY (EP. 1-3) di HAGAI LEVI (Francia, Germania, Paesi Bassi)

Sala Astra 1 h. 11

VENEZIA CLASSICI – V.M. 14

KAGI (LA CHIAVE) di KON ICHIKAWA (Giappone, 1959, 107’)

Sala Corinto h. 11.30

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI HOUSE OF STRANGERS (AMARO DESTINO) di JOSEPH L. MANKIEWICZ (USA, 1949, 101’)

Sala Perla h. 13.30

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ARCA di LORENZO QUAGLIOZZI (Italia, 20’)

SETTIMANA DELLA CRITICA IN CONCORSO – V.M. 14

STRAIGHT CIRCLE di OSCAR HUDSON (UK, 109’)

Sala Grande h. 14

FUORI CONCORSO – NON FICTION MARC BY SOFIA di SOFIA COPPOLA (USA, 97’)

Sala Corinto h. 14

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI ROMA ORE 11 di GIUSEPPE DE SANTIS (Italia, 1952, 109’)

Sala Darsena h. 14.15

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE KOMEDIE ELAHI (DIVINE COMEDY) di ALI ASGARI (Iran, Italia, Francia, Germania, Turchia, 98’)

PalaBiennale h. 14.30

ORIZZONTI

HARÀ WATAN (LOST LAND)

di AKIO FUJIMOTO (Giappone, Francia, Malesia, Germania, 99’)

Sala Astra 1 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI – V.M. 14

MATADOR di PEDRO ALMODÓVAR (Spagna, 1986, 102’)

Sala Astra 2 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

HOLOFICTION

di MICHAL KOSAKOWSKI (Germania, Austria, 102’, muto)

Sala Casinò h. 15

FUORI CONCORSO – SERIES

ETTY (EP. 4-6) di HAGAI LEVI

(Francia, Germania, Paesi Bassi)

Sala Grande h. 16.15

VENEZIA 82

L’ÉTRANGER

di FRANÇOIS OZON (Francia, 122’)

Sala Corinto h. 16.15

PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI THE OZU DIARIES di DANIEL RAIM (USA, 139’)

Sala Perla h. 16.45

GIORNATE DEGLI AUTORI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE ANOCHE CONQUISTÉ TEBAS di GABRIEL AZORÍN (Spagna, Portogallo, 106’)

Sala Darsena h. 17

ORIZZONTI – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

BARRIO TRISTE di STILLZ (Colombia, USA, 88’)

PalaBiennale h. 17

VENEZIA 82 – V.M. 14

THE TESTAMENT OF ANN LEE di MONA FASTVOLD (UK, 130’)

Sala Volpi h. 17

FUORI CONCORSO – NON FICTION KIM NOVAK’S VERTIGO di ALEXANDRE PHILIPPE (USA, 76’)

Sala Astra 1 h. 17

ORIZZONTI

SONGS OF FORGOTTEN TREES di ANUPARNA ROY (India, 80’)

Sala Astra 2 h. 17

ORIZZONTI

SONGS OF FORGOTTEN TREES di ANUPARNA ROY (India, 80’)

Sala Giardino h. 17.15

FUORI CONCORSO – NON FICTION

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

I DIARI DI ANGELA – NOI DUE

CINEASTI. CAPITOLO TERZO di YERVANT GIANIKIAN, ANGELA RICCI

LUCCHI (Italia, 123’)

Sala Grande h. 19

VENEZIA 82 – V.M. 14

A HOUSE OF DYNAMITE di KATHRYN BIGELOW (USA, 112’)

Sala Corinto h. 19.15

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14

SANTE / SAINTS di VALERIA GAUDIERI (Italia, 19’)

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO ROQIA di YANIS KOUSSIM (Algeria, Francia, Qatar, Arabia Saudita, 89’)

Sala Astra 2 h. 19.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION KIM NOVAK’S VERTIGO di ALEXANDRE PHILIPPE (USA, 76’)

PalaBiennale h. 20

VENEZIA 82 – V.M. 14

A HOUSE OF DYNAMITE di KATHRYN BIGELOW (USA, 112’) a seguire

VENEZIA 82

L’ÉTRANGER di FRANÇOIS OZON (Francia, 122’)

Sala Astra 1 h. 20.30

FUORI CONCORSO – SERIES

ETTY (EP. 1-3) di HAGAI LEVI (Francia, Germania, Paesi Bassi)

s creenings

82. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA

Sala Giardino h. 21

VENEZIA SPOTLIGHT

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE AMMAZZARE STANCA di DANIELE VICARI (Italia, 129’)

Sala Grande h. 21.30

CERIMONIA DI PREMIAZIONE PREMIO CAMPARI PASSION FOR FILM A GUS VAN SANT

FUORI CONCORSO

DEAD MAN’S WIRE di GUS VAN SANT (USA, 105’)

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION KIM NOVAK’S VERTIGO di ALEXANDRE PHILIPPE (USA, 76’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre

h. 16

FUORI CONCORSO ORFEO di VIRGILIO VILLORESI (Italia, 74’)

h. 16.30

GIORNATE DEGLI AUTORI

A SAD AND BEAUTIFUL WORLD di CYRIL ARIS (Libano, USA, Germania, Arabia Saudita, Qatar, 110’)

h. 18.30

VENEZIA 82

THE SMASHING MACHINE di BENNY SAFDIE (Canada, USA, Giappone, 123’)

h. 19

SETTIMANA DELLA CRITICA IN CONCORSO – V.M. 14

ROQIA di YANIS KOUSSIM (Algeria, Francia, Qatar, Arabia Saudita, 89’)

h. 21

VENEZIA 82 – V.M. 14

THE TESTAMENT OF ANN LEE di MONA FASTVOLD (UK, 137’)

h. 21.30

ORIZZONTI

SONGS OF FORGOTTEN TREES di ANUPARNA ROY (India, 80’)

03

mercoledìWednesday

Sala Giardino h. 9

VENEZIA SPOTLIGHT

AMMAZZARE STANCA di DANIELE VICARI (Italia, 129’)

Sala Astra 1 h. 9

FUORI CONCORSO – NON FICTION

I DIARI DI ANGELA – NOI DUE

CINEASTI. CAPITOLO TERZO di YERVANT GIANIKIAN, ANGELA RICCI

LUCCHI (Italia, 123’)

Sala Astra 2 h. 9.30

FUORI CONCORSO – SERIES

ETTY (EP. 4-6)

di HAGAI LEVI (Francia, Germania, Paesi Bassi)

Sala Corinto h. 11.15

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI AIQING WANSUI (VIVE L’AMOUR) di TSAI MING-LIANG (Taipei, 1994, 119’)

Sala Perla h. 11.15

GIORNATE DEGLI AUTORI – EVENTI SPECIALI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE QUI VIT ENCORE (WHO IS STILL ALIVE) di NICOLAS WADIMOFF (Svizzera, 113’)

Sala Astra 1 h. 11.30

VENEZIA CLASSICI HOUSE OF STRANGERS (AMARO DESTINO) di JOSEPH L. MANKIEWICZ (USA, 1949, 101’)

Sala Grande h. 14

FUORI CONCORSO – NON FICTION REMAKE di ROSS MCELWEE (USA, 116’)

Sala Corinto h. 14

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI LOLITA

di STANLEY KUBRICK (USA, 1962, 153’)

Sala Perla h. 14

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE FESTA IN FAMIGLIA (FAMILY FEAST) di NADIR TAJI (Italia, 19’)

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO COTTON QUEEN di SUZANNAH MIRGHANI

(Germania, Francia, Palestina, Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, 93’)

Sala Astra 2 h. 14

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI THE OZU DIARIES di DANIEL RAIM (USA, 139’)

Sala Darsena h. 14.15

ORIZZONTI – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE HIEDRA di ANA CRISTINA BARRAGÁN (Ecuador, Messico, Francia, Spagna, 98’)

PalaBiennale h. 14.30

ORIZZONTI

KOMEDIE ELAHI (DIVINE COMEDY) di ALI ASGARI

(Iran, Italia, Francia, Germania, Turchia, 98’)

Sala Casinò h. 14.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION KABUL, BETWEEN PRAYERS di ABOOZAR AMIMI (Paesi Bassi, Belgio, 101’)

Sala Astra 1 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI

ROMA ORE 11 di GIUSEPPE DE SANTIS (Italia, 1952, 109’)

Sala Grande h. 16.30

VENEZIA 82

THE VOICE OF HIND RAJAB di KAOUTHER BEN HANIA (Tunisia, Francia, 89’)

Sala Casinò h. 16.45

FUORI CONCORSO – NON FICTION ZAPISKI NASTOYASHEGO

PRESTUPNIKA (NOTES OF A TRUE CRIMINAL) di ALEXANDER RODNYANSKY, ANDRIY ALFEROV (Ucraina, USA, 117’)

Sala Darsena h. 17

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE HUMAN RESOURCE di NAWAPOL THAMRONGRATTANARIT (Thailandia, 122’)

PalaBiennale h. 17

FUORI CONCORSO DEAD MAN’S WIRE di GUS VAN SANT (USA, 105’)

Sala Perla h. 17

GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE VAINILLA di MAYRA HERMOSILLO (Messico, 96’)

Sala Volpi h. 17

FUORI CONCORSO – NON FICTION MARC BY SOFIA di SOFIA COPPOLA (USA, 97’)

Sala Astra 1 h. 17

ORIZZONTI – V.M. 14

BARRIO TRISTE di STILLZ (Colombia, USA, 88’)

Sala Astra 2 h. 17

ORIZZONTI – V.M. 14

BARRIO TRISTE di STILLZ (Colombia, USA, 88’)

Sala Giardino h. 17.15

ORIZZONTI CORTI – OMAGGIO A AWITO – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE GIRL TIME di ELEANOR BISHOP (Nuova Zelanda, 12’) THE BRIGHTNESS di FREYA SILAS FINCH (Nuova Zelanda, 13’) KURI di ANA CHAYA SCOTNEY (Nuova Zelanda, 13’) THE GIRL NEXT DOOR di MINGJIAN CUI (Nuova Zelanda, 15’) SOCKS di TODD KAREHANA (Nuova Zelanda, 15’) A VERY GOOD BOY di SAMUEL TE KANI (Nuova Zelanda, 17’) IN CONVERSATION WITH JACK MAURER di HASH (Nuova Zelanda, 14’)

Sala Corinto h. 17.15

PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI MEMORIA DE LOS OLVIDADOS di JAVIER ESPADA (Spagna, Messico, USA, 102’)

Sala Grande h. 18.45

VENEZIA 82 DUSE di PIETRO MARCELLO ( Italia, 122’)

Sala Astra 2 h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION MARC BY SOFIA di SOFIA COPPOLA (USA, 97’)

Sala Corinto h. 19.30

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14

ARCA

di LORENZO QUAGLIOZZI (Italia, 20’)

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO

STRAIGHT CIRCLE di OSCAR HUDSON (UK, 108’)

PalaBiennale h. 20

VENEZIA 82

DUSE

di PIETRO MARCELLO (Italia, 122’) a seguire

VENEZIA 82

THE VOICE OF HIND RAJAB di KAOUTHER BEN HANIA (Tunisia, Francia, 89’)

Sala Astra 1 h. 20.30

FUORI CONCORSO – SERIES

ETTY (EP. 4-6) di HAGAI LEVI (Francia, Germania, Paesi Bassi)

Sala Giardino h. 21

VENEZIA SPOTLIGHT

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE UN CABO SUELTO di DANIEL HENDLER (Uruguay, Argentina, Spagna, 95’)

Sala Grande h. 21.30

CERIMONIA DI PREMIAZIONE

PREMIO CARTIER – GLORY TO THE FILMMAKER AWARD A JULIAN SCHNABEL

FUORI CONCORSO IN THE HAND OF DANTE di JULIAN SCHNABEL (USA, Italia, 151’)

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION MARC BY SOFIA di SOFIA COPPOLA (USA, 97’)

Circuito Cinema in Mostra Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16

FUORI CONCORSO – NON FICTION MARC BY SOFIA di SOFIA COPPOLA (USA, 97’) h. 16.30

ORIZZONTI KOMEDIE ELAHI (DIVINE COMEDY) di ALI ASGARI (Iran, Italia, Francia, Germania, Turchia, 98’) h. 18.30

VENEZIA 82

L’ÉTRANGER di FRANÇOIS OZON (Francia, 122’) h. 19

ORIZZONTI – V.M. 14

BARRIO TRISTE di STILLZ (Colombia, USA, 88’) h. 21

VENEZIA 82 – V.M. 14

A HOUSE OF DYNAMITE di KATHRYN BIGELOW (USA, 112’)

h. 21.30

VENEZIA SPOTLIGHT

AMMAZZARE STANCA di DANIELE VICARI (Italia, 129’)

04 giovedìThursday

Sala Giardino h. 9

VENEZIA SPOTLIGHT UN CABO SUELTO di DANIEL HENDLER (Uruguay, Argentina, Spagna, 95’)

Sala Astra 1 h. 9

ORIZZONTI CORTI – OMAGGIO A AWITO – V.M. 14

GIRL TIME di ELEANOR BISHOP (Nuova Zelanda, 12’)

THE BRIGHTNESS di FREYA SILAS FINCH (Nuova Zelanda, 13’) KURI

di ANA CHAYA SCOTNEY (Nuova Zelanda, 13’) THE GIRL NEXT DOOR di MINGJIAN CUI (Nuova Zelanda, 15’) SOCKS di TODD KAREHANA (Nuova Zelanda, 15’) A VERY GOOD BOY di SAMUEL TE KANI (Nuova Zelanda, 17’) IN CONVERSATION WITH JACK MAURER

di HASH (Nuova Zelanda, 14’)

Sala Astra 2 h. 9.15

FUORI CONCORSO – NON FICTION KABUL, BETWEEN PRAYERS di ABOOZAR AMIMI (Paesi Bassi, Belgio, 101’)

Sala Corinto h. 10.30

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI KAIDAN (KWAIDAN – STORIE DI FANTASMI) di MASAKI KOBAYASHI (Giappone, 1965, 183’)

Sala Perla h. 11.15

GIORNATE DEGLI AUTORI – EVENTI SPECIALI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE DO YOU LOVE ME di LANA DAHER (Francia, Libano, Germania, Qatar, 75’)

Sala Astra 1 h. 11.15

VENEZIA CLASSICI AIQING WANSUI (VIVE L’AMOUR) di TSAI MING-LIANG (Taipei, 1994, 119’)

Sala Astra 2 h. 11.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION

ZAPISKI NASTOYASHEGO PRESTUPNIKA (NOTES OF A TRUE CRIMINAL) di ALEXANDER RODNYANSKY, ANDRIY ALFEROV (Ucraina, USA, 117’)

Sala Perla h. 13.45

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE EL PÜTÌ PÈRS (THE LOST CHILD) di PAOLO BAIGUERA (Italia, 13’)

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO WAKING HOURS (ORE DI VEGLIA) di FEDERICO CAMMARATA, FILIPPO FOSCARINI (Italia, 78’)

Sala Grande h. 14

FUORI CONCORSO – NON FICTION FERDINANDO SCIANNA IL FOTOGRAFO DELL’OMBRA di ROBERTO ANDÒ (Italia, 86’)

PalaBiennale h. 14

ORIZZONTI – V.M. 14

HIEDRA di ANA CRISTINA BARRAGÁN (Ecuador, Messico, Francia, Spagna, 98’)

Sala Astra 1 h. 14

VENEZIA CLASSICI – V.M. 14

LOLITA di STANLEY KUBRICK (USA, 1962, 153’)

Sala Astra 2 h. 14

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

MEMORIA DE LOS OLVIDADOS di JAVIER ESPADA (Spagna, Messico, USA, 102’)

Sala Darsena h. 14.15

ORIZZONTI SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE PIN DE FARTIE di ALEJO MOGUILLANSKY (Argentina, 106’)

Sala Corinto h. 14.30

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI DO BIGHA ZAMIN (DUE ETTARI DI TERRA) di BIMAL ROY (India, 1953, 131’)

Sala Casinò h. 15

FUORI CONCORSO – SERIES – V.M. 14 IL MOSTRO (EP. 1-4) di STEFANO SOLLIMA (Italia)

Sala Grande h. 16.15

VENEZIA 82 NÜHAI (GIRL) di SHU QI (Taipei, 124’)

PalaBiennale h. 16.30

FUORI CONCORSO IN THE HAND OF DANTE di JULIAN SCHNABEL (USA, Italia, 151’)

Sala Perla h. 16.30

GIORNATE DEGLI AUTORI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE DAROON-E AMIR di AMIR AZIZI (Iran, 104’)

Sala Astra 2 h. 16.30

ORIZZONTI

HUMAN RESOURCE di NAWAPOL THAMRONGRATTANARIT (Thailandia, 122’)

Sala Darsena h. 17

ORIZZONTI – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE EN EL CAMINO di DAVID PABLOS (Messico, 93’)

Sala Giardino h. 17

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE RUKELI di ALESSANDRO RAK (Italia, Svezia, 5) Animazione

ORIZZONTI – CORTI THE CURFEW di SHEHREZAD MAHER (USA, 19’) YOU JIAN CHUI YAN (A SOIL A CULTURE A RIVER A PEOPLE) di VIV LI (Germania, Belgio, Cina, 15’)

UTAN KELLY (WITHOUT KELLY) di LOVISA SIRÉN (Svezia, 15’) NORHEIMSUND di ANA ALPIZAR (Cuba, USA, 12’)

LA LIGNE DE VIE (THE LIFELINE) di HUGO BECKER (Francia, 20’)

KUSHTA MAYN, LA MIA

COSTANTINOPOLI di NICOLÒ FOLIN (Italia, 19’)

LION ROCK di NICK MAYOW, PRISCA BOUCHET (Nuova Zelanda, 16’)

Sala Volpi h. 17

FUORI CONCORSO – NON FICTION REMAKE di ROSS MCELWEE (USA, 116’)

Sala Astra 1 h. 17

ORIZZONTI

HUMAN RESOURCE di NAWAPOL THAMRONGRATTANARIT (Thailandia, 122’)

s creenings

82. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA

Sala Corinto h. 17.15 PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

MATA HARI

di JOE BESHENKOVSKY, JAMES A. SMITH (USA, 93’)

Sala Grande h. 19

VENEZIA 82

ELISA di LEONARDO DI COSTANZO (Italia, Svizzera, 110’)

Sala Astra 2 h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION REMAKE di ROSS MCELWEE (USA, 116’)

Sala Corinto h. 19.30

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO – V.M. 14 FESTA IN FAMIGLIA (FAMILY FEAST) di NADIR TAJI (Italia, 19’)

SETTIMANA DELLA CRITICA IN CONCORSO – V.M. 14

COTTON QUEEN di SUZANNAH MIRGHANI (Germania, Francia, Palestina, Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, 93’)

Sala Astra 1 h. 19.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION

KABUL, BETWEEN PRAYERS di ABOOZAR AMIMI (Paesi Bassi, Belgio, 101’)

PalaBiennale h. 20

VENEZIA 82

ELISA di LEONARDO DI COSTANZO (Italia, Svizzera, 110’) a seguire

VENEZIA 82

NÜHAI (GIRL) di SHU QI (Taipei, 124’)

Sala Giardino h. 21

VENEZIA SPOTLIGHT

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE AÚN ES DE NOCHE EN CARACAS di MARIANA RONDÓN, MARITÉ UGAS (Messico, Venezuela, 97’)

Sala Grande h. 21.30

FUORI CONCORSO HATESHINAKI SCARLET (SCARLET) di MAMORU HOSODA (Giappone, 112’) Animazione

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION REMAKE di ROSS MCELWEE (USA, 116’)

Sala Corinto h. 22

GIORNATE DEGLI AUTORI SHORT SUMMER di NASTIA KORKIA (Germania, Francia, Serbia, 101’)

Sala Astra 1 h. 22

FUORI CONCORSO – NON FICTION

ZAPISKI NASTOYASHEGO PRESTUPNIKA (NOTES OF A TRUE CRIMINAL) di ALEXANDER RODNYANSKY, ANDRIY ALFEROV (Ucraina, USA, 117’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16

VENEZIA 82

THE VOICE OF HIND RAJAB di KAOUTHER BEN HANIA (Tunisia, Francia, 89’) h. 16.30

GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M. 14 VAINILLA di MAYRA HERMOSILLO (Messico, 96’) h. 18.30

VENEZIA 82 DUSE di PIETRO MARCELLO ( Italia, 122’)

h. 19

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO COTTON QUEEN di SUZANNAH MIRGHANI (Germania, Francia, Palestina, Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, 93’) h. 21

FUORI CONCORSO IN THE HAND OF DANTE di JULIAN SCHNABEL (USA, Italia, 151’) h. 21.30

ORIZZONTI

HUMAN RESOURCE di NAWAPOL THAMRONGRATTANARIT (Thailandia, 122’)

05

venerdì Friday

Sala Perla h. 8.30

GIORNATE DEGLI AUTORI ARKOUDOTRYPA di STERGIOS DINOPOULOS, KRYSIANNA B. PAPADAKIS (Grecia, 127’)

Sala Astra 1 h. 8.30

FUORI CONCORSO – CORTOMETRAGGI – V.M. 14

RUKELI di ALESSANDRO RAK (Italia, Svezia, 5’) Animazione ORIZZONTI – CORTI THE CURFEW di SHEHREZAD MAHER (USA, 19’) YOU JIAN CHUI YAN (A SOIL A CULTURE A RIVER A PEOPLE) di VIV LI (Germania, Belgio, Cina, 15’)

UTAN KELLY (WITHOUT KELLY) di LOVISA SIRÉN (Svezia, 15’)

NORHEIMSUND di ANA ALPIZAR (Cuba, USA, 12’)

LA LIGNE DE VIE (THE LIFELINE) di HUGO BECKER (Francia, 20’) KUSHTA MAYN, LA MIA

COSTANTINOPOLI di NICOLÒ FOLIN (Italia, 19’)

LION ROCK

di NICK MAYOW, PRISCA BOUCHET (Nuova Zelanda, 16’)

Sala Giardino h. 9

VENEZIA SPOTLIGHT

AÚN ES DE NOCHE EN CARACAS di MARIANA RONDÓN, MARITÉ UGAS (Messico, Venezuela, 97’)

Sala Astra 2 h. 9.15

FUORI CONCORSO – SERIES – V.M. 14 IL MOSTRO (EP. 1-4) di STEFANO SOLLIMA (Italia, 217’)

Sala Perla h. 11

GIORNATE DEGLI AUTORI – EVENTI SPECIALI QUI VIT ENCORE (WHO IS STILL ALIVE) di NICOLAS WADIMOFF (Svizzera, 113’)

Sala Astra 1 h. 11

VENEZIA CLASSICI KAIDAN (KWAIDAN – STORIE DI FANTASMI) di MASAKI KOBAYASHI (Giappone, 1965, 183’)

Sala Corinto h. 11.30

PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI ANIKI-BÓBÓ di MANOEL DE OLIVEIRA (Portogallo, 1942, 72’)

Sala Perla h. 13.30

SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE CORTOMETRAGGIO DI CHIUSURA

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE CONFINI, CANTI di SIMONE MASSI (Italia, 10’)

SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE FILM DI CHIUSURA

100 NIGHTS OF HERO di JULIA JACKMAN (UK, 90’)

Sala Grande h. 14

FUORI CONCORSO – NON FICTION HUI JIA (BACK HOME) di TSAI MING-LIANG (Taipei, 65’)

Sala Darsena h. 14.15

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE GRAND CIEL di AKIHIRO HATA (Francia, Lussemburgo, 92’)

PalaBiennale h. 14.30

ORIZZONTI – V.M. 14 EN EL CAMINO di DAVID PABLOS (Messico, 93’)

Sala Corinto h. 14.30 PRESENTAZIONE – VENEZIA CLASSICI TI HO SPOSATO PER ALLEGRIA di LUCIANO SALCE (Italia, 1967, 102’)

Sala Astra 1 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI DO BIGHA ZAMIN (DUE ETTARI DI TERRA) di BIMAL ROY (India, 1953, 120’)

Sala Astra 2 h. 14.30

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI MATA HARI di JOE BESHENKOVSKY, JAMES A. SMITH (USA, 93’)

Sala Casinò h. 15

FUORI CONCORSO – SPECIALE CINEMA & MUSICA NINO. 18 GIORNI di TONI D’ANGELO (Italia, 87’)

Sala Grande h. 15.30

VENEZIA 82

UN FILM FATTO PER BENE di FRANCO MARESCO (Italia, 108’)

Sala Perla h. 16.30

GIORNATE DEGLI AUTORI – EVENTI SPECIALI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE COME TI MUOVI SBAGLI di GIANNI DI GREGORIO (Italia, 97’)

Sala Astra 2 h. 16.30

ORIZZONTI

PIN DE FARTIE

di ALEJO MOGUILLANSKY (Argentina, 106’)

Sala Darsena h. 16.45

ORIZZONTI

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE FUNERAL CASINO BLUES di RODERICK WARICH (Germania, 153’)

PalaBiennale h. 17

FUORI CONCORSO

HATESHINAKI SCARLET (SCARLET) di MAMORU HOSODA (Giappone, 112’) Animazione

Sala Giardino h. 17

ORIZZONTI – CORTI – V.M. 14

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE JE CROIS ENTENDRE ENCORE (I HEAR IT STILL) di CONSTANCE BONNOT (Francia, 16’)

PRAYING MANTIS

di JOE HSIEH, YONFAN (Taipei, Hong Kong SAR, 18’) Animazione NEDOSTUPNI (UNAVAILABLE) di KYRYLO ZEMLYANYI (Ucraina, Francia, Belgio, Bulgaria, Paesi Bassi, 20’) EL ORIGEN DEL MUNDO (THE ORIGIN OF THE WORLD) di JAZMIN LOPEZ (Argentina, 12’)

MERRIMUNDI di NILES ATALLAH (Cile, 20’) Animazione COYOTES di SAID ZAGHA (Palestina, Francia, Giordania, UK, 20’)

SAINT SIMEON

di OLUBUNMI OGUNSOLA (Nigeria, 18’)

Sala Casinò h. 17

FUORI CONCORSO – SPECIALE CINEMA & MUSICA PIERO PELÙ. RUMORE DENTRO di FRANCESCO FEI (Italia, 82’)

Sala Corinto h. 17

PRESENTAZIONE

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI BOORMAN AND THE DEVIL di DAVID KITTREDGE (USA, 112’)

Sala Volpi h. 17

FUORI CONCORSO – NON FICTION FERDINANDO SCIANNA IL FOTOGRAFO DELL’OMBRA di ROBERTO ANDÒ (Italia, 86’)

Sala Astra 1 h. 17.15

ORIZZONTI

PIN DE FARTIE di ALEJO MOGUILLANSKY (Argentina, 106’)

Sala Grande h. 18

VENEZIA 82

RI GUA ZHONG TIAN (THE SUN RISES ON US ALL) di CAI SHANGJUN (Cina, 131’)

Sala Casinò h. 19

FUORI CONCORSO

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE BOS ¸ LUG ˘ A XÜTB (SERMON TO THE VOID) di HILAL BAYDAROV (Azerbaijan, Messico, Turchia, 112’)

Sala Volpi h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION

DIRECTOR’S DIARY di ALEKSANDR SOKUROV (Russia, Italia, 321’)

Sala Astra 2 h. 19

FUORI CONCORSO – NON FICTION

FERDINANDO SCIANNA

IL FOTOGRAFO DELL’OMBRA di ROBERTO ANDÒ (Italia, 86’)

Sala Corinto h. 19.30

SETTIMANA DELLA CRITICA – SIC@SIC IN CONCORSO

EL PÜTÌ PÈRS (THE LOST CHILD) di PAOLO BAIGUERA (Italia, 13’)

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO WAKING HOURS (ORE DI VEGLIA) di FEDERICO CAMMARATA, FILIPPO FOSCARINI (Italia, 78’)

Sala Perla h. 19.30

FUORI CONCORSO ORFEO di VIRGILIO VILLORESI (Italia, 74’)

PalaBiennale h. 20

VENEZIA 82

RI GUA ZHONG TIAN (THE SUN RISES ON US ALL) di CAI SHANGJUN (Cina, 131’) a seguire

VENEZIA 82

UN FILM FATTO PER BENE di FRANCO MARESCO (Italia, 108’)

Sala Astra 1 h. 20

FUORI CONCORSO – SERIES – V.M. 14

IL MOSTRO (EP. 1-4) di STEFANO SOLLIMA (Italia, 217’)

Sala Darsena h. 20.15

FUORI CONCORSO – SPECIALE CINEMA & MUSICA NEWPORT AND THE GREAT FOLK DREAM di ROBERT GORDON (USA, 99’)

Sala Grande h. 21

VENEZIA 82

SILENT FRIEND di ILDIKÓ ENYEDI (Germania, Francia, Ungheria, 147’)

Sala Giardino h. 21.15

FUORI CONCORSO

SEGUE Q&A DOPO LA PROIEZIONE

L’ISOLA DI ANDREA di ANTONIO CAPUANO (Italia, 105’)

Sala Corinto h. 21.30

GIORNATE DEGLI AUTORI MEMORY OF PRINCESS MUMBI di DAMIEN HAUSER (Kenya, Svizzera, 80’)

Sala Perla h. 21.30

FUORI CONCORSO LA VALLE DEI SORRISI di PAOLO STRIPPOLI (Italia, Slovenia, 123’)

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION FERDINANDO SCIANNA IL FOTOGRAFO DELL’OMBRA di ROBERTO ANDÒ (Italia, 86’)

Sala Darsena h. 22.30

FUORI CONCORSO – SPECIALE CINEMA & MUSICA

FRANCESCO DE GREGORI NEVERGREEN di STEFANO PISTOLINI (Italia, 89’)

Sala Casinò h. 22

FUORI CONCORSO

DAI NOSTRI INVIATI. LA RAI RACCONTA LA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 1990 - 2000 di GIUSEPPE GIANNOTTI, ENRICO SALVATORI (Italia, 66’)

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16

ORIZZONTI – V.M. 14

HIEDRA di ANA CRISTINA BARRAGÁN (Ecuador, Messico, Francia, Spagna, 98’) h. 16.30

GIORNATE DEGLI AUTORI

PAST FUTURE CONTINUOUS di MORTEZA AHMADVAND, FIROUZEH KHOSROVANI (Iran, Norvegia, Italia, 80’) h. 18.30

FUORI CONCORSO HATESHINAKI SCARLET (SCARLET) di MAMORU HOSODA (Giappone, 112’) Animazione h. 19

SETTIMANA DELLA CRITICA – IN CONCORSO WAKING HOURS (ORE DI VEGLIA) di FEDERICO CAMMARATA, FILIPPO FOSCARINI (Italia, 78’) h. 21

VENEZIA 82

ELISA di LEONARDO DI COSTANZO (Italia, Svizzera, 110’) h. 21.30

ORIZZONTI

PIN DE FARTIE di ALEJO MOGUILLANSKY (Argentina, 106’)

06

sabato Saturday

Sala Casinò h. 9

FUORI CONCORSO

DAI NOSTRI INVIATI. LA RAI RACCONTA LA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 1990 - 2000 di GIUSEPPE GIANNOTTI, ENRICO SALVATORI (Italia, 66’)

Sala Perla h. 9.30

SETTIMANA DELLA CRITICA – EVENTO SPECIALE CORTOMETRAGGIO DI CHIUSURA CONFINI, CANTI di SIMONE MASSI (Italia, 10’) 100 NIGHTS OF HERO di JULIA JACKMAN (UK, 90’)

Sala Astra 1 h. 9

ORIZZONTI – CORTI – V.M. 14

JE CROIS ENTENDRE ENCORE (I HEAR IT STILL) di CONSTANCE BONNOT (Francia, 16’) PRAYING MANTIS di JOE HSIEH, YONFAN (Taipei, Hong Kong SAR, 18’) Animazione NEDOSTUPNI (UNAVAILABLE) di KYRYLO ZEMLYANYI (Ucraina, Francia, Belgio, Bulgaria, Paesi Bassi, 20’) EL ORIGEN DEL MUNDO (THE ORIGIN OF THE WORLD) di JAZMIN LOPEZ (Argentina, 12’)

MERRIMUNDI di NILES ATALLAH (Cile, 21’) Animazione COYOTES di SAID ZAGHA (Palestina, Francia, Giordania, UK, 20’)

SAINT SIMEON di OLUBUNMI OGUNSOLA (Nigeria, 18’)

s creenings

82. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA

Sala Giardino h. 11

FUORI CONCORSO

L’ISOLA DI ANDREA di ANTONIO CAPUANO (Italia, 105’)

Sala Casinò h. 11

FUORI CONCORSO

BOS ¸ LUG ˘ A XÜTB (SERMON TO THE VOID) di HILAL BAYDAROV (Azerbaijan, Messico, Turchia, 112’)

Sala Perla h. 11.30

GIORNATE DEGLI AUTORI A SAD AND BEAUTIFUL WORLD di CYRIL ARIS (Libano, USA, Germania, Arabia Saudita, Qatar, 110’)

Sala Astra 1 h. 11.30

VENEZIA CLASSICI

ANIKI-BÓBÓ di MANOEL DE OLIVEIRA (Portogallo, 1942, 72’)

PalaBiennale h. 13.45

ORIZZONTI GRAND CIEL di AKIHIRO HATA (Francia, Lussemburgo, 92’)

Sala Perla h. 14

PROIEZIONE FILM PREMIATO

SIC

Sala Astra 1 h. 14

VENEZIA CLASSICI

TI HO SPOSATO PER ALLEGRIA di LUCIANO SALCE (Italia, 1967, 102’)

Sala Astra 2 h. 14

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI BOORMAN AND THE DEVIL di DAVID KITTREDGE (USA, 112’)

Sala Corinto h. 14.15

GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M. 14

LA GIOIA di NICOLANGELO GELORMINI (Italia, 108’)

Sala Darsena h. 14.30

FUORI CONCORSO – SPECIALE CINEMA & MUSICA PIERO PELÙ. RUMORE DENTRO di FRANCESCO FEI (Italia, 82’)

Sala Giardino h. 14.30

FUORI CONCORSO – SERIES – V.M. 14

IL MOSTRO (EP. 1-4) di STEFANO SOLLIMA (Italia)

Sala Casinò h. 14.30

FUORI CONCORSO – SPECIALE CINEMA & MUSICA FRANCESCO DE GREGORI NEVERGREEN di STEFANO PISTOLINI (Italia, 89’)

PalaBiennale h. 16

VENEZIA 82

SILENT FRIEND di ILDIKÓ ENYEDI (Germania, Francia, Ungheria, 147’)

Sala Astra 1 h. 16.15

ORIZZONTI FUNERAL CASINO BLUES di RODERICK WARICH (Germania, 153’)

Sala Darsena h. 16.30

FUORI CONCORSO – SPECIALE CINEMA & MUSICA

NINO. 18 GIORNI di TONI D’ANGELO (Italia, 87’)

Sala Casinò h. 16.30

FUORI CONCORSO – SPECIALE CINEMA & MUSICA NEWPORT AND THE GREAT FOLK DREAM di ROBERT GORDON (USA, 99’)

Sala Astra 2 h. 16.30

ORIZZONTI FUNERAL CASINO BLUES di RODERICK WARICH (Germania, 153’)

Sala Corinto h. 17

PROIEZIONI SPECIALI – SETTIMANA DELLA CRITICA IN COLLABORAZIONE CON 82. MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA

WO SHI QUAN SHI JIE ZUI XING FU

DE BAO BEI (A DANCE IN VAIN) di HONG-CHI LEE (86’)

Sala Perla h. 17

GIORNATE DEGLI AUTORI ANOCHE CONQUISTÉ TEBAS di GABRIEL AZORÍN (Spagna, Portogallo, 106’)

Sala Volpi h. 17

FUORI CONCORSO – NON FICTION HUI JIA (BACK HOME) di TSAI MING-LIANG (Taipei, 65’)

PalaBiennale h. 19

DIRETTA DELLA CERIMONIA DI PREMIAZIONE a seguire

FUORI CONCORSO – FILM DI CHIUSURA CHIEN 51 di CÉDRIC JIMENEZ ( Francia, 104’) a seguire

PROIEZIONE FILM PREMIATO MIGLIORE REGIA

Sala Corinto h. 19.15

GIORNATE DEGLI AUTORI

DAROON-E AMIR di AMIR AZIZI (Iran, 104’)

Sala Perla h. 20

PROIEZIONE FILM PREMIATO MIGLIOR FILM ORIZZONTI

Sala Giardino h. 21

PROIEZIONE FILM PREMIATO GRAN PREMIO DELLA GIURIA a seguire

PROIEZIONE FILM PREMIATO MIGLIORE OPERA PRIMA

Sala Casinò h. 21

PROIEZIONE DEL FILM

VINCITORE DEL PREMIO DEL PUBBLICO ARMANI BEAUTY

Sala Astra 1 h. 21

FUORI CONCORSO – NON FICTION HUI JIA (BACK HOME) di TSAI MING-LIANG (Taipei, 65’)

Sala Darsena h. 21.30

PROIEZIONE DEL FILM PREMIATO LEONE D’ORO

Sala Corinto h. 21.30

GIORNATE DEGLI AUTORI – V.M. 14

VAINILLA di MAYRA HERMOSILLO (Messico, 96’)

Sala Astra 2 h. 21.30

FUORI CONCORSO – NON FICTION HUI JIA (BACK HOME) di TSAI MING-LIANG (Taipei, 65’)

Sala Grande h. 21.45

FUORI CONCORSO – FILM DI CHIUSURA CHIEN 51 di CÉDRIC JIMENEZ ( Francia, 104’)

Sala Perla h. 22.15

PROIEZIONE FILM PREMIATO MIGLIORE REGIA ORIZZONTI

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia IMG Cinemas Candiani, Mestre h. 16

FUORI CONCORSO BOS ¸ LUG ˘ A XÜTB (SERMON TO THE VOID) di HILAL BAYDAROV (Azerbaijan, Messico, Turchia, 112’) h. 16.30

ORIZZONTI

GRAND CIEL di AKIHIRO HATA (Francia, Lussemburgo, 92’) h. 18.30

VENEZIA 82

UN FILM FATTO PER BENE di FRANCO MARESCO (Italia, 108’)

h. 19

SETTIMANA DELLA CRITICA

EVENTO SPECIALE – FILM DI CHIUSURA

100 NIGHTS OF HERO di JULIA JACKMAN (UK, 90’) h. 21

VENEZIA 82

RI GUA ZHONG TIAN (THE SUN RISES ON US ALL) di CAI SHANGJUN (Cina, 131’) h. 21.30

ORIZZONTI

FUNERAL CASINO BLUES di RODERICK WARICH (Germania, 153’)

07 domenica Sunday

Circuito Cinema in Mostra

Multisala Rossini, Venezia

IMG Cinemas Candiani, Mestre

Orari da definire

VENEZIA 82

LEONE D’ORO

O ALTRO FILM PREMIATO

ORARIO/OPENING HOURS 10.05–28.09: 11–19H SOLO/ONLY ARSENALE VEN.SAB./FRI.SAT.: 11–20H 29.09–23.11: 10–18H

CHIUSO IL LUNEDÌ CLOSED ON MONDAYS

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LA FESTA DEL REMO

Il frastuono degli applausi e dei gridi annunzia il loro arrivo nel Canal Grande. I rematori, posti sull’estrema punta della lor navicella, fanno da principio palpitare il riguardante, che non ha l’occhio avvezzo a tal genere di esercizio

delle Feste veneziane, Giustina Renier Michiel, Milano 1829

Origine

La Regata Storica è la celebrazione annuale di un’operazione di diplomazia in cui la povera Caterina Cornaro, regina di Cipro, fu quella che pagò il maggior prezzo, e la rievocazione del corteo storico di imbarcazioni in onore della Regina – detronizzata – di Cipro, con i figuranti che ricordano i personaggi dell’epoca (correva l’anno 1489), pare un doveroso risarcimento morale verso colei che fu solo colpevole di volersi risposare dopo la morte del primo marito. Ma la regata è anche e soprattutto la “festa del remo” e nella città delle grandi navi mantenere in vita quel che resta della tradizione remiera è un grido flebile, ma è pur sempre un segno, di come a Venezia, dove l’acqua è elemento vitale, il movimento del remo rappresenta un’azione necessaria per andare avanti, in senso metaforico e non.

Donne, giovanissimi, campioni del remo si sfidano in una gara in cui la conoscenza dell’acqua, delle correnti, delle insidie lungo il percorso fanno la differenza in termini di vittoria. È la rivincita di una Venezia

ancestrale su quella contemporanea in cui spesso il cospicuo numero di imbarcazione affastellate lungo il Canal Grande sembra senza iperboli una coda qualsiasi in una affollata arteria urbana.

Quindi è un privilegio poter sentire, a pelo d’acqua, il rumore dei remi che come lame affilate entrano nell’acqua del Canal Grande spinti dalla forza possente delle braccia degli atleti, osservare da vicino le smorfie della fatica segnare i volti dei campioni del remo, sentire le loro imprecazioni e gli incoraggiamenti. Antichi rituali di uno sport che è vita, nel senso che c’era e in parte ancora esiste una economia legata al remo. Senza la forza delle braccia in una gara incessante per arrivare primi al mercato di Rialto e vendere al meglio i prodotti degli orti non ci sarebbe stata la tradizione degli orti lagunari, così come i gondolieri che ora portano in giro turisti ammirati di ogni nazionalità a caccia del selfie perfetto rappresentano un elemento iconografico imprescindibile di Venezia e tutto a Venezia va ricondotto al remo: vita e necessità.

An annual celebration commemorating a diplomatic operation in which poor Caterina Cornaro, queen of Cyprus, came out worse off than all else, the Regata Storica is a procession of historical boats recalling that in honour of the (de-throned) queen of Cyprus, with participants resembling figures of the time (it was then the year 1489), seems a dutiful moral compensation towards she who was only guilty of desiring rest after the death of her first husband. But the Regata is also above all the “celebration of the oar”, and in the city of cruise ships keeping alive what little is left of rowing tradition is a feeble cry, but it is always a sign of how in Venice, where water is crucial, the movement of the oar represents a necessary action for moving forwards, both metaphorically and literally. Women, youngsters, and rowing champions compete in a race in which knowledge of the water and its currents, as well as pitfalls along the way, make the difference in determining the winner. It is the revenge of an ancestral Venice on the contemporary one, in which the conspicuous number of boats queued up the Grand Canal are reminiscent of any crowded urban artery. It is then a privilege to be able to hear the noise of oars as they penetrate the water surface like sharp blades driven by the athletes’ powerful arms, to observe from a short distance the grimaces of effort on the faces of the champion rowers, and hearing their imprecations and encouragements. These are ancient rituals of a sport that is life, in the sense that there was, and to an extent still is, an economy tied to rowing. Without the strength of arms in a never-ending race to arrive first at the Rialto market and make the best sales of agricultural produce there would be no tradition of agriculture in the lagoon. Like the gondolieri, whom today bring tourists of all nationalities around the city looking for the perfect selfie, represent an essential and iconic image of Venice, and everything in Venice goes back to the oar: Life and necessity.

PUPPARIN

Imbarcazione veloce usata un tempo per la vigilanza marittima o come barca da casada. Molto sviluppata nella poppa da cui prende il nome. Vogata a un remo fino ad un massimo di 4, la sua lunghezza varia da 9 a oltre 10 m.

ENG A fast, agile boat traditionally used by maritime guards or as a barca da casada (family boat). Wider in the stern ( poppa), from which it takes its name, the pupparin is generally 9 or 10 m long and can be rowed by between one and four oarsmen.

MASCARETA

Tipo di sandolo leggero usato per la pesca, per le regate e per il diporto lagunare. La sua lunghezza (6-8 m) varia in rapporto al numero di vogatori (1-4 remi).

ENG A kind of light sandolo boat used for fishing, regattas and general recreation in the lagoon. Its length (usually 6-8 m) depends on the number of rowers (1-4 oars).

CAORLINA

Barca da lavoro, conserva le forme originali. Adibita alla pesca ( caorlina da seragia ) e soprattutto al trasporto delle primizie ortofrutticole dalle isole al mercato cittadino. Il nome fa presumere l’origine da Caorle.

ENG This work boat still preserves the original shape. Built for fishing (caorlina da seragia) and especially for transporting fresh fruit and vegetables from the islands to the city market. The boat’s name suggests that it was originally built in the town of Caorle.

GONDOLINO

Nato ed usato esclusivamente per la Regata Storica, il gondolino fece la sua prima apparizione in gara nel 1825. Imbarcazione più leggera e svelta della gondola dalla quale trae la sua forma, misura attualmente 10.50 m di lunghezza, 1.10 m di larghezza e 0.65 m di larghezza del fondo.

ENG Designed and built exclusively for the Regata Storica, the gondolino was first launched in 1825. Lighter and faster than the gondola from which it takes its shape, today’s craft are 10.50 m long, with a width of 1.10 m and a keel width of 0.65 m.

LE INTELLIGENZE DELLA LAGUNA

a rchitettura

In Origin di Yann Arthus-Bertrand non è un caso che l’acqua sia protagonista. Come nello spot ufficiale dell’82. Mostra del Cinema, dove l’acqua diventa schermo, specchio, interpretazione, metafora. E come nella sezione “Living Lab” della Biennale di Architettura 2025, in cui l’acqua è l’oggetto, il fine, lo strumento e il destino dei progetti sperimentali sviluppati per Venezia.

Il legame tra le due Mostre del resto non è solo retorico: Origin è una versione estesa del cortometraggio che inaugura la sezione “Natural” della Biennale Architettura ed è stato proiettato in anteprima mondiale alla pre-apertura della Mostra del Cinema, seguito da un dialogo tra il regista, Carlo Ratti e Alberto Barbera (giusto prima dell’attesissimo e restaurato Queen Kelly di von Stroheim).

In Origin l’acqua è qualcosa di diverso: un ecosistema, una lente di osservazione, un soggetto. La camera indugia: si alza e osserva con precisione scientifica la laguna e il suo miscuglio di acque dolci e salate; s’appoggia alla barca e scopre i sussulti di alghe, salicornie e volatili; sorvola le briccole; si sofferma sui pescatori e indaga i movimenti umani e le effimere palafitte; scopre canali, i sistemi di controllo e gestione, le infrastrutture, velme, ghebi e canneti. In lunghe sequenze che attraversano spazi infiniti e s’addentrano in microcosmi salmastri, l’acqua della laguna s’addensa nei fanghi, scintilla e brilla di luce fino a diventare uno specchio bianco, si muove e s’inebria delle barene, accoglie gli stormi di fulgenti fenicotteri rosa, consuma i pali di rovere che fanno da sentinella alla navigazione, s’increspa sotto una tempesta incombente, s’insinua tra i canali e tra le case. Insieme all’acqua, alcuni luoghi inattesi: San Francesco del Deserto con i suoi cipressi, il cippo commemorativo al largo di Pellestrina, la vallicoltura di Jesolo, i casoni da pesca, i bragozzetti e i cogoli dei moecanti, gli allevamenti dei vongolari, la preziosa Burano.

La colonna sonora si compone di alcuni brani composti da Armand Amar per precedenti lavori di Arthus-Bertrand – in particolare Jerusalem (da Human, 2015) e il toccante Cum Dederit (da Home, 2009) – oltre al Largo dell’Inverno di Vivaldi e a un brano composto per questa

occasione da Thomas Enhco ( Venise Lagune ). Ma anche dai suoni importanti del mare, delle onde, del vento, dai garriti fragorosissimi dei gabbiani e dai vocalizzi dei fenicotteri. Ne risulta un unico respiro, che si muove liquido come le acque veneziane.

Il lavoro è un’indagine visiva della laguna che procede con un’osservazione lenta e indugiante, di una meraviglia che ama la scoperta e si attarda per dare spazio alla comprensione e allo stupore. Uno sguardo che è orizzontale, umano, ma che appena può si porta più in alto, a guardare la Terra. Immagini che svelano più che raccontare e che mostrano la densità del fragile. Un approccio a cui Yann Arthus-Bertrand ci ha certamente abituato, ma che nella laguna diventa inequivocabilmente chiaro: l’acqua è il cuore del film perché è l’immagine della delicata vulnerabilità dello spazio. Quest’acqua è casa, è “origine” per moltissime forme viventi, incluso l’uomo, che hanno trovato in millenni di coesistenza dei modi per stare insieme, delle forme di relazione efficaci. Ecco che il film si fa invito alla scoperta delle “intelligenze della laguna”, come direbbe Carlo Ratti. Ma anche delle nostre stupidità. Ed è per questo che le immagini finali sono quelle di una monumentale ferita dentro alle acque, quella di una nave porta container di smisurate dimensioni che attraversa l’equilibrio lagunare nel Canale dei Petroli, squarciandone ogni ancestrale caparbietà. Origin, allora, non è solo una proposta di indagine visiva della laguna ma, coerentemente con il pensiero che regge La Biennale di Architettura, un’esortazione a un’intelligenza operante. Quella che un’altra pensatrice francese, Corine Pelluchon, potrebbe forse definire “relazionale”, fondamento di un esistenzialismo ecologico. Riconoscendo a un tempo la nostra vulnerabilità e dipendenza dalla natura e dagli altri esseri viventi, il film è un richiamo all’abisso che è l’essere umano e un appello a cambiare prospettiva e a volgerci verso altri abissi, quelli dell’acqua, che sono smisurate profondità, principio e origine della nostra comune possibilità di esistere.

In Origin by Yann Arthus-Bertrand, it’s no coincidence that water is the protagonist. The same happens in the official ad for the 82nd Venice Film Festival, where water becomes a screen, a mirror, an interpretation, a metaphor. And as in the “Living Lab” section of the 2025 Venice Architecture Biennale, where water is the object, the purpose, the tool, and the destiny of the experimental projects developed for Venice. The connection between the two exhibitions is not merely rhetorical: Origin is an extended version of the short film that opens the “Natural” section of the Architecture Biennale and premiered at the pre-opening of the Film Festival, followed by a conversation between the director, Carlo Ratti, and Alberto Barbera just before the highly anticipated restored screening of von Stroheim’s Queen Kelly In Origin, water becomes something else: an ecosystem, a lens of observation, a subject. The camera lingers: it rises and observes the lagoon with scientific precision, capturing the mix of fresh and saltwater; it rests on a boat and reveals the stirrings of algae, samphire, and birds; it flies over the briccole, the wooden posts that mark the path of Venetian canals; it pauses on fishermen and

explores human movements and ephemeral stilt houses; it uncovers canals, control systems, infrastructures, mudflats, tidal creeks, and reeds. Through long sequences that traverse infinite spaces and delve into brackish microcosms, the lagoon’s water thickens in the mud, sparkles with light until it becomes a white mirror, moves and revels in the salt marshes, welcomes flocks of radiant pink flamingos, wears down the oak poles that guide navigation, ripples under an impending storm, and winds through canals and homes. Alongside the water, unexpected places emerge: the San Francesco del Deserto island with its cypresses, the memorial stone off Pellestrina, fish farms in Jesolo, fishing huts, traditional boats and crab traps, clam farms, and the precious Burano.

The soundtrack features pieces by Armand Amar from previous Arthus-Bertrand works, especially Jerusalem (from Human, 2015) and the moving Cum Dederit (from Home, 2009) alongside Vivaldi’s Largo from Winter and a new composition by Thomas Enhco (Venise Lagune). But also, the vital sounds of the sea, waves, wind, the piercing cries of seagulls, and the vocalizations of flamingos. It all becomes a single breath, flowing like Venice’s waters.

Origin di Yann Arthus-Bertrand

architettura

19. BIENNALE ARCHITETTURA INTELLIGENS

Rovine future

After the End, immaginare nuovi mondi oltre il fossile

Cosa resterà dopo la fine dell’era dei combustibili fossili? A questa domanda prova a rispondere After the End, il nuovo lavoro di Liam Young, architetto speculativo e regista australiano che da anni opera sulla frontiera tra cinema, urbanistica e fantascienza critica. Protagonisti dell’opera sono le rovine dell’estrazione: piattaforme offshore arrugginite, raffinerie spente, tubature che serpeggiano nei deserti australiani. Non sono solo resti, ma cicatrici del Pianeta che pongono domande urgenti: cosa farne? Trasformarle in musei del fossile, lasciarle crollare o reinterpretarle come infrastrutture ecologiche? Per Young queste architetture non devono sparire, perché raccontano il prezzo che abbiamo pagato – e continuiamo a pagare – per alimentare le nostre società. After the End sposta così lo sguardo dall’incanto delle promesse tecnologiche alle strutture materiali che le rendono possibili, evidenziando la catena di dipendenze nascosta dietro ogni innovazione. La riflessione si allarga inevitabilmente al presente: se l’intelligenza artificiale appare come la grande promessa del futuro, Young ricorda che il suo funzionamento richiede enormi quantità di energia, reti globali e l’estrazione di minerali. L’utopia digitale rischia dunque di replicare le stesse logiche estrattive che hanno guidato l’era del petrolio. La forza del progetto sta anche nel linguaggio scelto. Non grafici o planimetrie tecniche, ma immagini e storie capaci di raggiungere un pubblico ampio. Young predilige il cinema e la narrazione visiva perché considera la fantascienza non uno strumento di previsione, ma una lente che illumina il presente rendendo visibili scenari che spesso preferiamo ignorare. Così l’opera diventa uno strumento di immaginazione politica, ricordandoci che il cambiamento climatico non è più una questione tecnologica, ma soprattutto culturale. I mezzi per agire esistono già; ciò che

manca è la capacità collettiva di immaginare alternative credibili. La collaborazione con l’attrice aborigena Natasha Wanganeen rafforza ulteriormente il messaggio: se l’Australia è qui l’emblema della “cava del mondo”, la sua voce introduce nel racconto immagini legate alla pesca e alla cultura locale, aggiungendo una dimensione comunitaria. Il focus sui personaggi – come il saldatore che trasforma vecchie infrastrutture in barriere coralline artificiali – restituisce umanità a paesaggi che altrimenti apparirebbero dominati solo da macchine e rovine. In questa prospettiva, After the End propone una visione capace di stimolare una voce comune e mettere in discussione il sostegno ancora diffuso all’industria fossile, invitandoci a guardare “oltre la fine” per costruire insieme un futuro che non sia replica del passato, ma spazio creativo di rigenerazione. Marisa Santin

ENG What will remain after the fossil fuel era? After the End, the new project by speculative architect and filmmaker Liam Young, explores this question through the ruins of extraction: rusting offshore platforms, abandoned refineries, and pipelines winding through Australianm deserts. These are not just remnants, but scars of our planet, asking urgent questions: preserve them as fossil museums, let them collapse, or turn them into ecological infrastructures? For Young, they must remain, showing the cost we’ve paid – and continue to pay – for modern societies. Shifting focus from technological promises to the material structures behind them, the project reveals hidden dependencies: even AI relies on vast energy, networks, and mineral extraction. Using cinema and narrative over technical graphics, Young turns speculative fiction into a lens on the present, making visible scenarios often ignored. Collaboration with Aboriginal actress Natasha Wanganeen adds community and cultural depth, while human-centered stories –like a welder creating artificial reefs – restore life to machine-dominated landscapes. After the End invites us to imagine regenerative futures beyond fossil legacies.

After the End (2024). Directed by Liam Young. Written by Natasha Wanganeen - Courtesy the artists

architettura

REVIEW

TRANSMUTATION

Materia in movimento I paesaggi “segnati” di Bêka & Lemoine

Se le mostre sfruttano mappe, dati e mock up per informare, lo strumento cinematografico permette esperienze emotive e convoca suggestioni: non spiega, fa conoscere. Non insegna, svela. Transmutation di Ila Bêka & Louise Lemoine nasce su questa soglia e sceglie l’accesso dall’interno. La “trasmutazione” che i due registi indagano non è solo quella della materia che si fa materiale e infine prodotto. È anche quella dei siti di estrazione stessi, così come quella delle mani che quella materia lavorano.

Realizzata per il Bozar di Bruxelles, nel quadro della mostra Entangled Matter di Rotor (collettivo belga che da vent’anni studia i flussi dei materiali e trasforma il riuso in pratica di progetto e di mercato), l’opera compone con nove film una geografia ravvicinata di altrettanti siti del corridoio industriale nord-occidentale europeo: cave, centri di selezione, depositi… Le parole sono poche, una manciata, e nessuna voce narrante. In campo, però, la materia non è mai sola: contano le mani e i corpi che la trasformano. L’industria è “pesante”, perché grava sugli uomini; la trasmutazione, prima che fisica, è umana. L’ironia, cifra costante del lavoro di Bêka & Lemoine, si fa sottile gesto di solidarietà. Nel racconto, gli uomini (e i cani) diventano figure affettuose e quasi epiche; attraverso loro incontri minimi il film restituisce vibrazioni dentro i paesaggi segnati dall’estrazione. Il rapporto umano, tuttavia, non è solo tema: è anche condizione di possibilità. Per accedere a siti preclusi e spesso pericolosi i registi hanno costruito rapporti di fiducia invisibili sullo schermo. Da qui la scelta metodologica, inedita, di punti di vista fissi, discreti, non invasivi, opposti all’approccio ‘fisico’ dei lavori passati. In Transmutation, per la prima volta, la narrazione non è fluida; si svolge per punti, formando un mosaico di osservazioni che mettono in sequenza i processi senza attraversarli. Un mosaico che non offre allo spettatore un movimento nello spazio, ma la trama silenziosa e riflessiva delle trasformazioni. Nessun alibi è concesso: le immagini mostrano senza filtri lo spreco di suolo, di acqua, di prodotti finiti, la deturpazione di cave ferite da cariche esplosive, la scala imponente di energia che ogni fase del processo consuma. È un documento che fa sentire la sproporzione tra il vezzo cittadino di un rivestimento in marmo e l’impatto ambientale che questa scelta comporta, obbligando a misurare l’enormità di un danno che altrimenti resta invisibile.

Oltre a questo, tuttavia, uno degli obiettivi impliciti dell’opera – e prima ancora di Rotor – è rendere visibile l’intreccio tra l’economia lineare dell’estrattivismo e quella circolare del riuso. Trame intrecciate di materia ( Entangled Matter, appunto) che spesso si sovrappongono nel medesimo spazio industriale. In uno stesso sito si incontrano cave in attività e processi di recupero, estrazione e bonifica, produzione e riuso: contraddizioni che rivelano la complessità di una transizione in atto. Nelle regioni più segnate dalla crisi, come la Vallonia, questa ibridazione appare persino necessaria: la depressione economica diventa terreno fertile per un ripensamento radicale delle pratiche, forse preludio a una diversa relazione con i materiali e con il paesaggio.

In questo orizzonte la mutazione si fa anche simbolica. A dirlo è l’ultima, surreale sequenza, in cui le urla festose dei bambini risuonano come un controcanto straniante dentro un reattore nucleare (mai entrato in uso) convertito a giostra. Grida che evocano, per contrasto, immaginari catastrofici, ma che al contempo aprono a un sentimento di speranza verso un vero cambio di paradigma.

Transmutation – presentato in versione ridotta al Teatrino di Palazzo Grassi e in programma nei prossimi mesi a Copenaghen, Rotterdam, Praga e in altre città ancora – sarà disponibile, come gli altri loro lavori, sui canali ufficiali di Bêka & Lemoine. Giovanni Santarelli

The motion ENG of matter

While exhibitions rely on maps, data, and mock-ups to inform, the cinematic medium enables emotional experiences and evokes suggestions: it doesn’t explain: it reveals. It doesn’t teach: it unveils. Transmutation by Ila Bêka & Louise Lemoine is born at this threshold and chooses to enter from within. The “transmutation” explored by the two filmmakers is not only that of matter becoming material and eventually product. It’s also the transformation of the extraction sites themselves, and of the hands that work that matter.

Created for Brussels’ Bozar Fine Arts Centre as part of the Entangled Matter exhibition by Rotor, the work comprises nine films that map a close-up geography of various sites along Europe’s northwestern industrial corridor: quarries, sorting centres, depots… Words are few, just a handful, and there’s no voiceover. Yet the material is never alone on screen: the hands and bodies that transform it are central. The industry is “heavy” because it weighs on people; transmutation, before being physical, is human.

No excuses are given: the images show, unfiltered, the waste of land, water, and finished products; the devastation of quarries torn by explosive charges; the massive scale of energy consumed at every stage of the process. It’s a document that makes one feel the disproportion between the urban whim of a marble finish and the environmental impact that choice entails – forcing us to confront the enormity of a damage that would otherwise remain invisible.

Beyond this, one of the implicit goals of the work is to make visible the entanglement between the linear economy of extractivism and the circular economy of reuse. Interwoven material narratives (Entangled Matter, indeed) that often overlap within the same industrial space. In this context, mutation also becomes symbolic. This is expressed in the final, surreal sequence, where the joyful screams of children echo as a dissonant counterpoint inside a nuclear reactor (never activated) repurposed as a playground. These cries evoke catastrophic imaginaries by contrast, yet also open to a sense of hope for a true paradigm shift.

Transmutation di Ila Bêka & Louise Lemoine France/Belgium 2025, 4K, Color, 80 min
Kalkar, Transmutation di Ila Bêka & Louise Lemoine
Carmeuse Dome
Westland
Golzinne

architettura

19. BIENNALE ARCHITETTURA INTELLIGENS

La cura

ETH Zurich, processi di ‘guarigione’ di superfici architettoniche

Nella teca di vetro un braccio robotico si snoda e stende strati di granuli. Si ferma. Li spruzza con una miscela liquida. Dietro al riflesso i visitatori, che osservano ipnotizzati, vedono ciò che era sabbia e detrito cominciare a indurirsi e a prendere forma. Il trucco è “naturale”. Alcuni batteri – gli Sporosarcina pasteurii – favoriscono la formazione di carbonato di calcio (lo stesso minerale presente in molte rocce), attivando una reazione che alza il pH, fa “cristallizzare” il calcio tra i granuli e li lega come una colla minerale a freddo. Geological Microbial Formations ha trasformato i rifiuti dell’edilizia in nuova materia utile. Il robot non scolpisce, ma accompagna una crescita. Ne regola quantità, tempi e forma. Strato dopo strato il materiale inerte (sabbia e segatura, detriti e scarti minerali…) è irrorato con due spray: una sospensione di batteri e una soluzione ricca di calcio che innesca la “precipitazione microbica del carbonato di calcio” (MICP). Le immagini al microscopio, proiettate, mostrano cosa sta accadendo su scala invisibile: piccoli cristalli di CaCO 3 si formano e saldano l’insieme, in una versione accelerata e controllata di fenomeni naturali che, in passato, grazie all’attività microbica, hanno creato strutture stratificate come le stromatoliti. Qui il materiale non si limita a essere scelto. Non è estratto o fuso, ma viene coltivato. A temperatura ambiente e senza forni energivori. Più che un metodo costruttivo – spiegano dall’ETH di Zurigo, Karen Antorveza Paez, Benjamin Dillenburger, Robert Kindler e Dimitrios Terzis (EPFL, Lausanne) –, la biomineralizzazione «apre possibilità di riparazione rigenerativa. Uno spruzzo mirato di biocemento po-

trebbe sigillare crepe e fessure su superfici architettoniche esistenti, sostenendo processi di ‘guarigione’ tramite ricalcificazione, trasformando la pelle degli edifici in luoghi di attività biologica». La crescita, però, richiede attesa, condizioni controllate e monitoraggio. Ma l’opera non nasconde né mostra questi elementi. Li mette in scena. E fa sì che il tempo si sveli come altro elemento necessario al processo. Una metamorfosi della materia che si fa lenta, che apre nuove vie e che è frutto di un dialogo continuo tra biologia e tecnologia. Tra architettura, scienza dei materiali e microbiologia, tra robotica e biochimica. Tutte lavorano insieme, nessuna opera da sola. È la logica di Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva., che convoca competenze eterogenee per nuove alleanze. Giovanni Santarelli ENG Inside a glass case, a robotic arm moves, layering pellets. It pauses, then sprays them with a liquid mix. Visitors watch, mesmerized, as sand and debris begin to harden and take shape. The secret is “natural”: Sporosarcina pasteurii bacteria trigger calcium carbonate formation, bonding granules like cold mineral glue. Geological Microbial Formations turns construction waste into new material. The robot doesn’t sculpt, it guides growth, layer by layer, using bacterial and calcium sprays to initiate microbial precipitation. Microscopic projections reveal CaCO 3 crystals forming, echoing ancient stromatolite processes. Here, material isn’t extracted but cultivated, at room temperature, without energy-intensive kilns. ETH Zurich researchers see biomineralization as a regenerative tool, even for healing architectural surfaces. Growth requires time, care, and control, which the installation makes visible. It’s a slow metamorphosis, a dialogue between biology and technology, architecture and microbiology. This is the logic of Intelligens : natural, artificial, collective.

Geological Microbial Formations, 2025 © Matteo Losurdo

Modi di abitare Materiale come forma d’esperienza

Il titolo di uno dei maggiori progetti speciali della Biennale 2025 è un gioco di parole non così semplice da precisare. Si tratta del progetto a cui ha lavorato il Gruppo di Ricerca Material Balance del Politecnico di Milano: Stefano Capolongo e Ingrid Maria Paoletti, insieme a Konstantin Novosëlov, Premio Nobel per la Fisica nel 2010 grazie alle sue ricerche sul grafene, e alla scenografa Margherita Palli Rota (come l’ha spesso chiamata Carlo Ratti, a precisare ancora una volta, più che il legame tra Palli e Rota, la sua personale riconoscenza intellettuale ed esistenziale verso Italo e Margherita). Material Bank: Matters Make Sense è un archivio di materiali. Una banca a cui attingere. E non a caso, nell’ampia installazione, una porzione è dedicata a una rinnovata “tavola periodica”. Tuttavia non è solo questo. La chiave del progetto è tutta nel binomio “matters” e “make sense”. Il primo è naturalmente un riferimento ai materiali, alle “materie”, ma anche all’avere importanza, al “contare”. Il secondo significa proprio “riempire di significato”, avere senso, ma anche, in modo molto pragmatico, si potrebbe pensare che i curatori italiani abbiano apprezzato l’opportunità di pensare che “make”, da solo, ci possa subito riportare a una dimensione concreta, al “fare”, al “realizzare”. Alla materialità. Ed ecco tutta la densità dell’installazione: non si tratta di sfogliare un catalogo di materiali originari, ma di fare esperienza con il proprio corpo e i propri sensi di che cosa significhi pensare l’architettura come un materiale, e ai materiali come la forma dell’architettura. C’è una speranza, che è anche una curiosità, e che si sperimenta attraversando il percorso obbligato (gli autori dicono “labirinto unicursale”) di installazioni sensoriali da toccare, ascoltare, percepire: è quel-

la che questo spazio di sperimentazione e innovazione dei materiali – dal biocemento, alla fibra di banana o al grafene – non rappresenta solo i materiali stessi, ma la possibilità che si possa ripensare la dimensione ecologica entro una chiave persino molecolare. L’installazione racconta storie e combina materiali organici, tecnologie e robotizzazioni con un’esperienza che avviluppa il corpo e lo attraversa dall’interno, come il Sensing Core al centro, che risponde al tocco della mano e permette di percepire il proprio cuore. Una percezione concreta, viva, che racconta della realtà dei materiali come connessione tra le nostre vite e strumento dei tanti modi di abitare. L’urgenza non è quella di comprendere, spiegare o descrivere, ma quella di fare esperienza, sentire e percepire. Ecco perché la materia, in qualche modo, ha senso. Michele Cerruti But ENG One of the major special projects of the 2025 Biennale bears a title that’s a clever, layered play on words. Developed by the Material Balance Research Group at Politecnico di Milano (Stefano Capolongo, Ingrid Maria Paoletti, Nobel laureate for his work on graphene Konstantin Novosëlov, and scenographer Margherita Palli Rota) the project is titled Material Bank: Matters Make Sense It’s an archive, a bank of materials, featuring a reimagined “periodic table”. But its essence lies in the dual meaning of “matters” and “make sense”: referring both to physical substances and to significance. “Make” also evokes action and materiality. The installation invites sensory engagement – touch, sound, perception – through a unicursal labyrinth of experimental materials like biocement, banana fiber, and graphene. At its core, the Sensing Core responds to touch, letting visitors feel their heartbeat. It’s a vivid, embodied experience that redefines materials as living connectors between architecture and life, urging us not just to understand, but to feel. Matter, in this way, truly makes sense.

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19. BIENNALE ARCHITETTURA INTELLIGENS

Nuove ecologie

Maria Kuptsova e il manifesto per la “coltivazione” dei materiali

La materia naturale è viva. Cresce, respira, custodisce memoria e rigenera il proprio ciclo. Così è anche per ARBOR.Pilae di Maria Kuptsova. Dottoranda al Synthetic Landscape Lab dell’Università di Innsbruck, è autrice di numerosi testi sul design bio-computazionale, tra cui Cyborganic Living e contributi per DeepGreen, Biodesign in the Age of Artificial Intelligence. La sua opera, infatti, riproduce il ciclo rigenerativo del legno – base fisica primaria della storia veneziana –- grazie a un sistema materiale “coltivato” bio-artificialmente e dotato delle caratteristiche di una sostanza vivente. In tal senso ARBOR.Pilae è un dispositivo cibernetico e organico che simula il ‘comportamento’ di un albero. Grazie ad algoritmi di apprendimento automatico, la struttura legge le proprietà del legno e le restituisce in forma sintetica. La materia vegetale, trasformata in polimeri fibrosi, diventa sostanza bio-digitale, capace di immagazzinare carbonio e rigenerare vita.

Il processo è radicalmente materico: su una struttura portante in polimeri legnosi vengono stampati in 3D mattoni biofabbricati a partire da una pasta a base d’acqua e polvere di legno riciclata dai rifiuti industriali locali. Ogni elemento è biodegradabile, accumula carbonio e, nel suo decomporsi, diventa nutrimento per nuove specie. La materia non si esaurisce, ma attraversa cicli e torna a essere risorsa. La complessità interna della struttura evoca gli ecosistemi naturali. La sua verticalità rimanda all’archetipo dell’albero, elemento naturale che ispira da sempre l’architettura e le proporzioni richiamano quelle delle colonne in mattoni delle Corderie.

La collocazione, poi, non è casuale: ARBOR.Pilae, materializzando

il legame tra natura e tecnologia, si inserisce nella sezione dedicata all’intelligenza naturale ed esprime lo spirito della Biennale 2025 voluto dal curatore Carlo Ratti. La mostra, infatti, interpreta Venezia come un grande laboratorio di sperimentazione culturale, prima ancora che formale, architettonico o ingegneristico. Un luogo in cui l’innovazione tecnologica applica le leggi della biologia agli spazi costruiti per potervi coesistere in simbiosi, e non in antitesi. La materia, così, da oggetto inerte si fa soggetto intelligente, capace di crescere, trasformarsi e nutrire. È un manifesto per una nuova cultura dei materiali: non più consumati, ma coltivati e rigenerati, capaci di immaginare l’architettura come parte attiva dell’ecologia planetaria. Giovanni Santarelli

ENG Natural matter is alive. It grows, breathes, stores memory, and regenerates its cycle, just like ARBOR.Pilae by Maria Kuptsova. A PhD candidate at the Synthetic Landscape Lab at the University of Innsbruck, Kuptsova has authored numerous works on bio-computational design, including Cyborganic Living and contributions to DeepGreen and Biodesign in the Age of Artificial Intelligence. Her work replicates the regenerative cycle of wood, Venice’s foundational material, through a bio-artificially cultivated substance with living properties. ARBOR.Pilae is a cyber-organic device that mimics tree behaviour. Using machine learning, it reads wood’s properties and reinterprets them synthetically. Plant matter becomes fibrous polymers, storing carbon and regenerating life. 3D-printed bio-bricks made from water-based paste and recycled wood dust form a biodegradable structure that nourishes new species. Find it in the Natural Intelligence section of the 2025 Biennale curated by Carlo Ratti, it embodies a manifesto for a new material culture, one of regeneration, not consumption. INTELLIGENS |

ARBOR.Pilae (2025), © Maria Kuptsova

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19.

BIENNALE ARCHITETTURA INTELLIGENS

Paradigma upcycling

Angie Dub e Heidi Jalkhan Fratello, la nuova vita delle conchiglie

Ogni anno più di dieci milioni di tonnellate di gusci di molluschi vengono scartati dall’industria alimentare globale. Rifiuti abbondanti, ad alto contenuto di carbonato di calcio, che raramente trovano una filiera di riuso. Da questa constatazione nasce il progetto dell’architetto ambientale Angie Dub e della designer sperimentale Heidi Jalkhan Fratello: Conq: Marine Biobased Building Materials. L’idea è semplice e radicale al tempo stesso: trasformare i gusci frantumati, combinandoli con biopolimeri derivati dalle alghe, in una sorta di bioceramica marina. Nell’allestimento, che fa parte del percorso espositivo di Matter Makes Sense, si incontra una struttura metallica che regge una superficie di piastrelle di questo materiale e sul pavimento una piccola montagna di conchiglie bellissime ne racconta l’origine. Il progetto si è sviluppato nell’ambito di una fellowship presso il laboratorio Bauhaus Earth, con il supporto del cluster berlinese Matters of Activity, ed è un peccato non aver potuto portare a Venezia la quantità di tentativi, prove, esperimenti di laboratorio di cui invece è ricchissimo il percorso delle due designer. La bioceramica è infatti frutto di una ampia e diversificata collaborazione internazionale: dal laboratorio MSH per la componente strutturale, al RWTH Aachen per i test meccanici, fino al contributo di ristoranti e produttori che forniscono la materia prima, tentando di ricostruire una filiera produttiva che tiene insieme università, gruppi di ricerca, organizzazioni locali. E con delle sperimentazioni che il duo compie tra Buenos Aires e Berlino.

In questo caso, al centro, è lo smaltimento dei gusci marini, oggetti tanto preziosi quando sono nel mare, quanto ingombranti dopo che ne abbiamo consumato i molluschi che contengono, e su cui tra l’altro sono molti i tentativi di ripensamento da parte dell’arte e dell’architettura: si pensi al lavoro di Cooking Sections sull’isola di Skye, oppure alla Oyster-tecture di SCAPE, che cercava con le ostriche di ripensare il porto di New York.

C’è naturalmente l’idea di ripensare ai materiali come prodotti dagli scarti e all’upcycling al posto del recycling, ovvero l’impiego di una forza di invenzione e progetto non solo per riutilizzare degli scarti, ma anche per garantirgli un più alto valore: una nuova vita, che vale di più della precedente.

Una grande ambizione, che si scontra con la moltitudine di norme e regole cui le materie dell’architettura vanno sottoposte. Ma che allo stesso tempo ci riporta al modo in cui pensiamo la cultura costruttiva e la tecnologia per l’edilizia di oggi, invitandoci a mettere in discussione i nostri paradigmi. Michele Cerruti But ENG Each year, over ten million tons of mollusc shells are discarded by the global food industry: waste rich in calcium carbonate, yet rarely reused. From this insight comes Conq: Marine Biobased Building Materials, a project by environmental architect Angie Dub and experimental designer Heidi Jalkhan Fratello. Their idea: crush the shells and combine them with algae-derived biopolymers to create an ocean-sourced bioceramic. Part of the Matter Makes Sense exhibition, the installation features a metal frame holding tiles made from this material, with a mound of beautiful shells on the floor telling its origin story. Developed dur-

ing a Bauhaus Earth fellowship and supported by Berlin’s Matters of Activity cluster, the project involves international labs and local producers. It reimagines waste as high-value material through upcycling. The installation invites tactile, sensory engagement, challenging architectural norms and encouraging a rethink of ecological and material paradigms, even at the molecular level.

INTELLIGENS | Natural Conq: Marine Biobased Building Materials Corderie, Arsenale labiennale.org

CONQ, Marine Biobased Building Materials – Photo by Marco Zorzanello, Courtesy of La Biennale di Venezia

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19. BIENNALE ARCHITETTURA INTELLIGENS

Mapping the future

L’innovazione tecnologica si fa dentro ai problemi del presente

Dentro a una delle due vasche presenti nei Giardini della Biennale, in particolare in quella tra il Padiglione Austria e quello del Brasile, è stata creata una piccola oasi: sembra un circolo di sassi dimenticati o di porzioni di pilastri abbandonati, in cui una vegetazione mista e perlopiù spontanea cresce riproducendo una romantica rovina di memoria ruskiniana. Niente di tutto questo naturalmente è vero, fuorché il fatto che questa sia per davvero un’oasi in cui con piacere ci si siede a riposare.

Si tratta invece della piacevolissima installazione di Barkow Leibinger, studio di architettura di Berlino che fonda la sua conosciuta pratica su una profonda ricerca intorno alle tecnologie costruttive antiche e contemporanee e soprattutto sui materiali, che sono per loro l’essenza e lo stimolo dell’architettura. Nel progetto collabora con un altro studio berlinese, capattistaubach, specializzato nel disegno di spazi pubblici e nel progetto di paesaggio e, da lungo tempo, raffinato costruttore di nuove ecologie vegetali. Map of Glass è una mappa di Venezia per nulla geografica: racconta come funziona – e come può funzionare – la città. Una commistione integrata di forme vegetali e naturali e di blocchi artificiali, residuali e monumentali. Sono blocchi di scarti del vetro tenuti insieme da un cemento a bassa emissione, delle contemporanee marmette sovradimensionate e impreziosite dai residui dei vetrai di Murano. Le piante sono tutte indigene: una biodiversità vegetale che a Venezia è materiale del territorio.

Ancora una volta, la riflessione della Biennale sui materiali riguarda le possibilità sperimentali del fare e rimette in discussione il progetto stesso. L’innovazione tecnologica si fa dentro ai problemi del presen-

te, non al di là. Non si inventano gli elementi, si ragiona su come fare con quel che si ha, mettendo l’intelligenza scientifica a confronto con le eredità del passato e del presente: in questo caso, gli scarti. A differenza di altri episodi di questa Biennale, qui non sono solo prototipi, ma oggetti d’uso, sedute, arredi urbani. Elementi che è fuor di dubbio che gli studi impiegheranno – se non in senso letterale, perlomeno in coerenza con il pensiero progettuale.

L’installazione ci racconta anche del nostro bisogno di un’oasi, di uno spazio che sia casa, e a dirci che è “casa”, è proprio il fatto che si faccia mappa. In un dramma tutto contemporaneo, perché non solo “la mappa non è il territorio”, ma neppure lo si può geograficamente riconoscere. È Venezia, ma non lo è affatto, perché ha tutt’altra forma da quella cui siamo abituati. Cos’è allora l’urgenza di futuro, se non una tensione tra l’oasi e la città, tra il vetro prezioso e il vetro di scarto? Michele Cerruti But

ENG Inside one of the two basins at the Biennale Gardens, specifically between the Austrian and Brazilian Pavilions, a small oasis emerged. It resembles a circle of forgotten stones or abandoned pillar fragments, where mixed, mostly spontaneous vegetation grows, evoking a romantic ruin with Ruskinian echoes. In fact, it’s a serene installation by Berlin-based architecture studio Barkow Leibinger, known for its research into ancient and modern construction technologies and materials. Collaborating with landscape specialists capattistaubach, they present Map of Glass : a non-geographic map of Venice, blending native plants with monumental glass waste blocks bound by low-emission cement. These oversized tiles, enriched with Murano glass remnants, form usable urban furniture. The installation reflects on material reuse, ecological urgency, and the tension between oasis and city, between precious and discarded glass, redefining what “home” means in today’s urban landscape.

Map of Glass, 2025, Courtesy capattistaubach urbane landschaften

Risorse necessarie Lo scarto diventerà superficie abitabile?

Fricks sta per Foamed Bricks, mattoni schiumati o, forse meglio dire, “espansi”. È un lavoro sperimentale sviluppato all’Institute for Advanced Architecture of Catalonia (IAAC) nel 2024 da Juliana Mariz de Oliveira Simantob, Claudia Gowgiel e Pinelopi Filothei Karali. All’Arsenale si presenta come un pannello di facciata, una lastra rettangolare rivestita da tredici moduli unici. Non si tratta di mattoni tradizionali, ma di elementi che ricordano forme organiche, impronte digitali, scaglie epidermiche. I giunti non seguono linee ortogonali: disegnano invece una trama sinuosa, che rende il prototipo più simile a una pelle che a un muro. Sotto al pannello, una mensola mostra i materiali di partenza e i provini del processo: polveri di laterizio di scarto, campioni di mescola, gli esiti del processo. Il procedimento è in realtà molto semplice: una miscela reattiva di rifiuti edilizi riciclati viene combinata con additivi naturali e versata in casseforme stampate in 3D in argilla. Lì il materiale si espande senza ulteriori richieste energetiche fino a triplicare il volume, generando un nuovo composto geopolimerico: leggero, poroso, non tossico, con potenzialità isolanti e di riduzione dell’impronta energetica. Il progetto nasce come risposta a un dato allarmante: nell’epoca postindustriale e dell’industria edilizia al cuore dei nostri meccanismi economici, i rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano circa un terzo di tutti i rifiuti prodotti nell’Unione Europea. In Spagna, più della metà è composta da mattoni e ceramica. Per questo il progetto affronta un tema concreto: come trasformare l’eccedenza edilizia in risorsa, riducendo al tempo stesso il fabbisogno energetico dei processi produttivi.

INTELLIGENS | Natural

Fricks: Upcycled Foamed Bricks Corderie, Arsenale labiennale.org

Va detto che siamo lontani da un prodotto industriale: restano da verificare la durabilità, la resistenza meccanica e la scalabilità del materiale. Ciò che si osserva in Biennale non è un materiale certificato, ma un prototipo sviluppato in accademia. Il valore non sta tanto nell’oggetto esposto, che è perlopiù un racconto laboratoriale, quanto nell’apertura di una traiettoria: rendere visibile la possibilità che lo scarto diventi superficie abitabile, che il materiale edilizio non nasca più da forni ad alta temperatura ma da processi di attivazione a freddo.

La promessa è chiara; la validazione prestazionale resta da dimostrare, ma nel contesto della Biennale, Fricks funziona come segnale: una piccola epidermide di geopolimero espanso che espone senza retorica una delle questioni centrali dell’architettura di oggi, ovvero che cosa fare dei materiali che lasciamo dietro di noi.

Michele Cerruti But

ENG Fricks stands for Foamed Bricks, that is, expanded bricks developed in 2024 at IAAC by Juliana Mariz de Oliveira Simantob, Claudia Gowgiel, and Pinelopi Filothei Karali. Presented at the Arsenale as a facade panel, it features thirteen unique modules resembling organic forms, like fingerprints or skin scales, joined in a flowing, non-orthogonal pattern, more like a skin than a wall. Below, a shelf displays raw materials and test samples, recycled brick powder, clay mixes. The process is simple: a reactive blend of construction waste and natural additives is poured into 3D-printed clay moulds, expanding without added energy into a lightweight, porous, non-toxic geopolymer with insulating potential. The project responds to a pressing issue: construction and demolition waste makes up a third of all EU waste, with bricks and ceramics dominating in Spain. Though still a prototype, Fricks signals a shift toward cold-activated materials and turning waste into inhabitable surfaces. It’s a tactile manifesto for rethinking what we leave behind.

Fricks: Upcycled Foamed Bricks, 2025 - Photo Marco Zorzanello, Courtesy of La Biennale di Venezia

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19. BIENNALE ARCHITETTURA PARTECIPAZIONI NAZIONALI

Immaginari possibili

Un paradiso fragile, da riscoprire nel presente. Con Paraíso, hoje., il Portogallo trasforma il Fondaco Marcello in un paesaggio sospeso tra realtà e immaginazione, invitando a riflettere sul legame profondo tra architettura, territorio e collettività. Curato da un team formato da Paula Melâneo, Pedro Bandeira e Luca Martinucci, con la collaborazione di Catarina Raposo e Nuno Cera, il progetto si articola in due percorsi paralleli. Da un lato un’installazione immersiva, fisica e digitale, propone un’esperienza multisensoriale che intreccia suono, immagine e spazio, restituendo la complessità della costruzione culturale del paesaggio. Dall’altro un Atlante di immagini – esito di un’azione partecipativa che ha coinvolto il pubblico – raccoglie visioni, opere e luoghi che raccontano il territorio portoghese attraverso temi come esperienza, rigenerazione, svago, coltivazione, simulacro. Siamo entrati nel Paraíso, hoje. per capire come l’architettura sia in grado di leggere le trasformazioni in atto e di orientare nuove forme di responsabilità collettiva.

Partiamo dalla definizione di “paradiso”, che il Padiglione esplora criticamente e provocatoriamente. Quale l’idea astratta da cui siete partiti? E quale l’elemento concreto che vi ha spinto a questa analisi su scala nazionale allargata? Il termine “paradiso” nella sua etimologia designa un giardino recintato, ordinato, separato dal disordine del mondo. Oggi quel recinto sembra svanito. Anzi, peggio, si è trasformato in un perimetro illusorio, in uno scenario artificiale dove la promessa di benessere convive con una realtà segnata da crisi ecologiche, disuguaglianze crescenti e trasformazioni irreversibili del territorio.

Il progetto nasce da una domanda provocatoria: «Se la Natura è il Paradiso, a cosa serve l’architettura?». Da qui abbiamo voluto de-costruire l’idea di paradiso come luogo ideale e inattaccabile, per restituirlo in quanto struttura mobile, ambivalente, attraversata da tensioni politiche, affettive e spaziali. Un dispositivo critico che si muove tra utopia e simulacro, tra desiderio collettivo e narrazione individuale. In Portogallo questa ambiguità è particolarmente visibile: le coste luminose e le immagini patinate del turismo convivono con speculazione, erosione del suolo, sfruttamento. L’interno del Paese, nel frattempo, si sta svuotando lentamente di voci e presenze. Lontano da un’utopia armonica, Paraíso, hoje. osserva l’architettura come agente culturale e collettivo, capace – forse – di farsi strumento per un’idea di abitare più consapevole, critica e generosa.

Con quali strumenti avete analizzato il territorio naturale, costruito e sociale del Portogallo? E quali evidenze avete privilegiato per costruire l’Atlante programmatico di Paraíso, hoje.? Abbiamo scelto di non applicare filtri disciplinari rigidi, né le griglie convenzionali dell’urbanistica. Ci siamo piuttosto avvicinati al territorio

PORTOGALLO Paraíso, hoje.

Fondaco Marcello, Calle del Traghetto San Marco 3415 www.paraisohoje.pt

con uno sguardo che potremmo definire cinematografico, leggendo il paesaggio come un palinsesto vivo, dove si sedimentano memorie, conflitti, tensioni, desideri. Da questa disposizione sono nati due percorsi paralleli e complementari: la Macchina-Dispositivo e l’Atlante. Per costruire l’Atlante abbiamo coinvolto fotografi che operano da anni in Portogallo, chiedendo loro di riaprire i propri archivi alla ricerca di immagini capaci di evocare, direttamente o per affinità poetica, un’idea possibile di paradiso. Questo dialogo con chi osserva, sintetizza e rappresenta il territorio è stato per noi il primo gesto fondativo: ci ha permesso di costruire all’interno del gruppo curatoriale un alfabeto comune, una grammatica visiva condivisa.

Parallelamente, abbiamo lanciato una open call aperta a tutti per raccogliere uno sguardo trasversale e spontaneo sul significato e il desiderio di paradiso. Il materiale raccolto non propone progetti o soluzioni, ma compone una costellazione visiva fatta di analogie, risonanze e discrepanze.

L’Atlante non è un’opera conclusa, ma un dispositivo in divenire. Il primo volume – Atlante N1 – raccoglie oltre 700 immagini, prive di didascalie. I testi e l’indice analitico sono contenuti in un fascicolo separato, proprio per lasciare alle immagini la libertà di dialogare tra loro senza gerarchie né spiegazioni.

Abbiamo invitato tre autori – António Guerreiro, Nuno da Luz, Ma-

Cables Dunes © Paraiso Hoje
Industry Desert © Paraiso Hoje
Hole Ocean © Paraiso Hoje

Possible ENG Imaginaries

With Paraíso, hoje., Portugal explores the connection between architecture, territory, and community. Curated by Paula Melâneo, Pedro Bandeira, and Luca Martinucci, the project presents two interconnected paths: an immersive multimedia installation that blends sound, image, and space, and an Atlas of images capturing the Portuguese landscape through themes of experience, regeneration, and cultural transformation.

A definition of paradise

Etymologically, “paradise” once meant an ordered, enclosed garden separated from worldly chaos. Today, that boundary has vanished, transforming into an illusory perimeter where well-being’s promise collides with ecological crises, growing inequalities, and irreversible territorial changes.

The project emerged from a provocative question: “If Nature is Paradise, what purpose does architecture serve?” We sought to deconstruct paradise as an ideal, unassailable place, reimagining it as a mobile, ambivalent structure traversed by political, emotional, and spatial tensions – a critical device oscillating between utopia and simulacrum.

In Portugal, this ambiguity is starkly visible: luminous coastal tourism images coexist with land speculation and exploitation.

As the country’s interior gradually empties of voices and presence, Paraíso, hoje. views architecture as a potential cultural agent capable of creating more conscious, critical, and generous ways of inhabiting space.

Tools to analyse Portugal’s natural, built-up, and social territory

We deliberately avoided rigid disciplinary filters and conventional urban planning grids, instead approaching the territory as we were making a film, reading the landscape as a living construct of memories, conflicts, and desires. This approach generated two parallel paths: the Machine-Device and the Atlas.

To build the Atlas, we invited Portuguese photographers to open their archives, seeking images that could evoke possible paradise concepts. This dialogue with those who observe and represent territory became our foundational gesture, creating a shared visual grammar within the curatorial group. We also launched an open call to collect diverse perspectives on paradise’s meaning. The gathered material doesn’t propose solutions but creates a visual constellation of analogies and resonances. The Atlas is an evolving device, with its first volume (N1) containing over 700 uncaptioned images. Texts are in a separate booklet, allowing images to dialogue without hierarchies.

We invited three authors – António Guerreiro, Nuno da Luz, and Maria Manuel Oliveira – to contribute reflections that create dissonance and interviewed four landscape architects whose vision helps interpret the Portuguese landscape’s destiny.

Finally, with Catarina Raposo and Nuno Cera, we mapped locations at once generic and specific, embodying the sensitive ambiguity of contemporary Portuguese landscape, which were filmed and sampled to feed the “machine’s” visual system.

Fungus Forest © Paraiso Hoje
Rock Ocean © Paraiso Hoje
Steam Ocean © Paraiso Hoje
Curatorial Team © Francisca Branco

architettura

19. BIENNALE ARCHITETTURA PARTECIPAZIONI NAZIONALI

ria Manuel Oliveira – a contribuire con le loro riflessioni, che non accompagnano, ma creano dissonanza, aprendo prospettive ulteriori sul tema. Parallelamente, abbiamo intervistato quattro architetti paesaggisti – João Nunes, João Gomes da Silva, Aurora Carapinha e Luís Paulo Faria Ribeiro – la cui visione contribuisce a leggere, e forse a prevedere, il destino del paesaggio portoghese. Infine con Catarina Raposo e Nuno Cera abbiamo disegnato una mappa di luoghi capaci di essere al contempo generici e specifici: generici, per non essere identificabili come unici; specifici, per incarnare quell’ambiguità sensibile che definisce oggi il paesaggio portoghese. Questi luoghi sono stati filmati da Nuno e campionati per nutrire il sistema visivo della “macchina”.

L’opera filmica che presentate come colonna portante del vostro progetto alterna visioni poetiche a visioni drammatiche, suscitando un forte impatto emotivo. Quale profilo operativo emerge dello status quo del Portogallo? E quali prospettive si aprono con urgenza da questa analisi? Il dispositivo è parte integrante dell’allestimento. Quella che chiamiamo “macchina sensibile” è un sistema che reagisce alla presenza del visitatore trasformando ogni visita in un’esperienza unica. L’osservatore diventa attore: il suo sguardo, il suo corpo innescano un dialogo vivo con lo spazio e le immagini.

I video, girati da Nuno Cera in diversi territori del Portogallo, mostrano paesaggi reali, riconoscibili, talvolta già compromessi. A questi si sovrappone una trasformazione digitale generativa, a cura di 18 25 Research Studio, che ne altera le sembianze attraverso l’intelligenza artificiale.

I paesaggi che emergono – utopici, distopici, poetici, inquietanti –sono sempre attraversati da una tensione critica, spesso mitigata da una leggera ironia, che si sottrae a una mera condanna moralista invitando piuttosto ad approfondire un processo di maggiore consapevolezza attorno a questo tema. Infine, non meno importante, questo paesaggio visivo si intreccia con il paesaggio sonoro composto da Jorge Queijo, che traduce in suono la vibrazione ambigua di questi luoghi, tra fascino e inquietudine, nostalgia e premonizione. Il centro della scena è occupato dal pubblico. È il visitatore a modificare l’andamento dell’opera grazie all’interazione con la “macchina”. Lo spazio reagisce, è performativo, muta, si trasforma. Abbiamo voluto utilizzare la tecnologia non per creare uno stupore sterile, ma per attivare uno spazio percettivo che cambia con chi lo attraversa.

La struttura poliedrica composta da ventiquattro grandi vetri è stata progettata in collaborazione con panoramah!, mentre Space-Collectors ha curato lo sviluppo del software e l’integrazione tecnologica. Asus ha supportato il progetto con workstation ProArt, fondamentali per l’elaborazione visiva e interattiva dei contenuti. Il sughero naturale Amorim contribuisce al comfort acustico dell’ambiente, mentre O/M-light ha fornito il sistema di illuminazione interattiva.

Le scatole che hanno trasportato il materiale diventano parte anch’esse della scenografia, restituendo, come in un teatro, le dimensioni distinte del backstage e del ‘palco’. La luce cambia. I vetri, trasparenti da fuori, diventano specchi da dentro. La realtà si riflette, si duplica, si deforma. È una vera e propria mise en abyme : ciò che vediamo è insieme realtà e proiezione, verità e simulacro. È in questo gioco tra visione

e riflessione che emerge il significato più profondo del progetto: non esiste paradiso senza responsabilità. Il paradiso, oggi, è sempre doppio: promessa e crollo.

Renzo Piano afferma che “L’architettura prende forma dalle necessità”. Quale confine disciplinare è necessario ora oltrepassare per far fronte a una richiesta globale di architettura non più solo legata all’idea del costruito?

Quello che afferma Renzo Piano è vero, ma oggi i bisogni non sono più soltanto quelli primari (abitazione, servizi, infrastrutture…). Nel bene e nel male, nella società dei consumi, l’architettura si equipara a un prodotto come un altro; non è molto lontana, per fare un esempio, a un prodotto finanziario soggetto a speculazione. Abbiamo perciò voluto qui mostrare che l’architettura può esistere anche senza edificare, come strumento per osservare, per capire, per immaginare. È in questo senso che rispondiamo alla sfida lanciata da Carlo Ratti: «One place, one solution/Un luogo, una soluzione», dove la soluzione, lungi dall’essere meramente tecnica, si radica in una forma di sensibilità, in un modo di percepire e interpretare il reale. Perché il disegno architettonico, prima ancora di prefigurare una costruzione, è già definizione culturale di un paesaggio: un atto che lo nomina, lo interpreta e, così facendo, ne orienta il destino.

Quale dialogo è necessario costruire con gli altri Paesi, e in particolare con l’Europa, al fine di poter costruire un fronte comune per cercare di definire un futuro migliore del nostro abitare il mondo? Quale è la direzione imboccata dal Portogallo a riguardo?

Il padiglione non vuole parlare del Portogallo, ma attraverso il Portogallo. Il tema del paradiso – e del suo collasso – non è più una questione nazionale, ma planetaria. Con l’Europa dobbiamo costruire una grammatica comune per ripensare i modi di abitare, rappresentare e preservare il territorio.

Il Portogallo, in questo scenario, può offrire uno sguardo sensibile, che unisce cultura visiva, memoria e paesaggio. Ma deve anche confrontarsi con la minaccia della propria esotizzazione, sempre in agguato.

Nel dibattito promosso dal curatore della Biennale Carlo Ratti emerge in particolare il tema della ricerca di una nuova definizione della professione di architetto e del ruolo dell’architettura stessa. Quale dimensione di architettura avete inteso sviluppare e restituire attraverso questo vostro progetto?

Paraíso, hoje. restituisce un’idea di architettura come dispositivo sensoriale e critico. Non costruiamo solo oggetti, ma condizioni percettive, immaginari e domande. L’architettura è qui anche una scenografia che invita all’introspezione, alla responsabilità e alla partecipazione.

Abbiamo voluto mostrare che l’architetto può essere anche curatore, narratore, regista, ecologista, e che l’architettura può agire anche senza edificare, attraverso l’immaginazione, la cura, il disvelamento e la politica.

Non costruiamo solo oggetti, ma condizioni percettive, immaginari e domande

Portugal’s status quo and perspectives

The device is an integral part of the installation. Our “sensitive machine” is a system that reacts to the visitor’s presence, transforming each visit into a unique experience. The observer becomes an actor, with their gaze and body triggering a living dialogue with space and images.

Nuno Cera’s videos, shot across Portuguese territories, showcase real landscapes digitally transformed by 18—25 Research Studio’s AI. The landscapes that emerge are utopian, dystopian, poetic, and unsettling, always traversed by a critical tension softened by subtle irony, inviting awareness rather than moral condemnation. The visual landscape intertwines with Jorge Queijo’s soundscape, translating the ambiguous vibration of these places between fascination and unease, nostalgia and premonition.

The audience stands at the centre of the scene. Visitors alter the work’s progression through interaction with the “machine”, creating a performative, transformative space. We used technology not to create sterile wonder, but to activate a perceptive space that changes with its inhabitants. The installation becomes a theatrical mise en abyme. Transparent from outside, the glasses become mirrors from within. Reality reflects, duplicates, and deforms.

Renzo Piano said that architecture is shaped by needs

Renzo Piano’s statement is true, but today’s needs extend far beyond basic requirements like housing and infrastructure. In consumer society, architecture has become just another product, comparable to a financial asset subject to speculation. We wanted to demonstrate that architecture can exist without

building, as an instrument to observe, understand, and imagine. Responding to Carlo Ratti’s challenge of “One place, one solution”, we argue that solutions transcend mere technical approaches. They are rooted in sensitivity, in ways of perceiving and interpreting reality.

Architectural design is more than a blueprint for construction; it is a cultural definition of landscape – an act that names, interprets, and ultimately shapes its destiny.

Portugal’s direction

Our Pavilion doesn’t aim to speak about Portugal, but to speak through Portugal. The theme of paradise – and its collapse – is no longer a national issue, but a planetary one.

With Europe, we must construct a shared grammar to rethink how we inhabit, represent, and preserve territory. In this scenario, Portugal can offer a sensitive perspective that unites visual culture, memory, and landscape. However, it must also confront the ever-present threat of its own exoticization.

New dimensions for architecture, according to you

Paraíso, hoje. presents architecture as a sensorial and critical device. We create not just objects, but perceptive conditions, imaginaries, and questions. Here, architecture becomes a scenography that invites introspection, responsibility, and participation.

We aimed to demonstrate that architects can be curators, narrators, directors, and ecologists – that architecture can act without building, working through imagination, care, revelation, and politics.

Installation view © Paraiso Hoje

10 May — 23 Nov  2025

Opening hours: TUE - SUN, 11 am - 6 pm

Palazzo Cavanis

Fondamenta Zattere Ai Gesuati, 920 VENICE

Direct access from Zattere: Actv lines: 2, 5.1, 5.2, 6 & N ALILAGUNA line B (blue) to/from the airport

Info & Events

An exhibition by In cooperation with

www.alps-architecture-southtyrol.com info@alps-architecture-southtyrol.com www.kunstmeranoarte.org +39 391 407 7600

rchitettura

19. BIENNALE ARCHITETTURA PARTECIPAZIONI NAZIONALI

Rivoluzione vulcanica

L’Islanda e l’utopia di infrastrutture modellate dalla lava

L’Islanda debutta alla Biennale Architettura con un progetto che propone di trasformare una minaccia naturale in risorsa: plasmare la lava in un materiale da costruzione sostenibile, attivando una riflessione provocatoria sui rapporti tra uomo, natura e architettura. Per descrivere Lavaforming, la curatrice Arnhildur Pálmadóttir, architetto specializzata in sostenibilità e circolarità, parla di proposta concreta e di metafora rivoluzionaria. Mantenendo al centro del progetto l’idea che le comunità possano riappropriarsi delle risorse naturali, il progetto evoca una società futura – nel 2150 – in cui le infrastrutture urbane nascono dalla lava stessa, plasmata in strutture solide attraverso simulazioni scientifiche e dati di flusso reali. L’installazione, di natura multimediale, immerge il visitatore in un percorso che fonde animazione, test materiali e simulazioni scientifiche: dai filmati che proiettano la città possibile fino ai materiali di prova tangibili e una parete di pannelli interattivi ispirati alle interfacce di controllo. Il passaggio tra presente e futuro disorienta, stimolando domande su habitat, innovazione e resilienza. Il gruppo curatoriale è formato da architetti, designer, scrittori e tecnici, fra cui André Magnusson (narratore futurista), Jack Armitage (tecnico, programmatore e musicista) e lo stesso figlio di Pálmadóttir, esperto di visualizzazione 3D, in una dinamica intergenerazionale che è parte essenziale del progetto. Il team ha inoltre collaborato con Lava Show per effettuare dei test controllati, basati sull’osservazione di come la lava si raffredda e si trasforma in basalto o vetro, esplorando materiali potenzialmente strutturali. Si è anche sperimentata la stampa 3D con polvere di basalto e lava fusa, aprendo la strada a future applicazioni “in tempo reale”. Seguendo le linee di una recente proposta di legge in Islanda (mai adottata), il progetto riflette inoltre l’idea della gestione collettiva del suolo, contrapposta alla privatizzazione. Pálmadóttir solleva così una questione politica profonda relativa alla proprietà delle risorse naturali, sottolineando il carattere non solo di innovazione tecnica, ma anche di visione civica del progetto. L’orizzonte è globale e si pensa già a collaborazioni in zone vulcaniche simili all’Islanda, come le Hawaii e Lanzarote, per testare il modello in contesti diversi. In un mondo afflitto da crisi ambientali e cambiamenti climaLavaforming offre un modello per trasformare una minaccia in opportunità, attraverso design, tecnologia e giustizia comunitaria. Marisa Santin

Living ENG matter

Iceland debuts at the Architecture Biennale with Lavaforming, a project that turns a natural threat into a resource by shaping lava into sustainable building material. Curator Arnhildur Pálmadóttir, an architect focused on sustainability, calls it both a concrete proposal and a revolutionary metaphor. Imagining a future society in 2150, the project envisions infrastructure formed from lava, modeled into solid structures using simulations and real flow data. The multimedia installation immerses visitors in animations, material tests, and interactive panels that blur past and future, raising questions of habitat, innovation, and resilience. The team includes architects, designers, and writers such as futurist André Magnusson, technologist Jack Armitage, and Pálmadóttir’s son, a 3D specialist – an intergenerational dynamic central to the project. Tests showed how lava cools into basalt or glass, while 3D printing with basalt powder and molten lava hints at future uses. Inspiredby an unadopted Icelandic law, the project reflects on collective land ownership, stressing its civicas well as technical vision. Looking ahead, Lavaforming may extend to volcanic regions such asHawaii or Lanzarote, offering a model to turn threats into opportunities through design, technology, and community justice.

ISLANDA

Lavaforming Ramo de la Tana, Castello 2125 (opposite the Arsenale entrance)

Captured at Reykjanes on 17 Apr, 2021 by Thrainn Kolbeinsson. THRAINN KOLBEINSSON, ICELAND, reykjanes, reykjanes peninsula, volcano, eldfjall, geldingadalir, eldgos, inspired by iceland

architettura

19. BIENNALE ARCHITETTURA PARTECIPAZIONI NAZIONALI

Costruire senza costruire

Danimarca, il padiglione/cantiere come paradigma dell’esistente

Se il cantiere si mette in mostra, il materiale è esposto al pubblico. Build of Site, però, non allestisce una scenografia, ma apre le quinte del restauro del Padiglione danese che diventa un laboratorio a grandezza naturale. Progettato da Carl Brummer nel 1932 e ampliato da Peter Koch 1958 ai Giardini, l’edificio è trasformato in uno spazio ibrido dove manutenzione e curatela – affidata a Søren Pihlmann (pihlmannarchitects), con Kent Martinussen (Danish Architecture Center) come commissario – coincidono. E quello che raccontano è come si possa costruire senza costruire di nuovo. «Abbiamo già creato tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Per questo dobbiamo essere più bravi a comprendere e a trovare valore in ciò che già esiste», ha spiegato Pihlmann. I materiali del restauro, infatti, sono iper-locali: detriti e componenti rimossi – massetti, conci in pietra, telai di finestre – diventano rampe, panche, tavoli, pedane. Elementi tipici delle Biennali che qui nascono da ciò che c’è e ridefiniscono le gerarchie tra nuovo e vecchio. Il tema generale di Intelligens si traduce così nell’intelligenza dei materiali già disponibili e nel loro ricollocamento. Ma senza alcun rifiuto della modernità, di cui si sfruttano le innovazioni che possono contribuire alla circolarità. Il restauro diventa, infatti, l’occasione per testare leganti bio-based e tecniche high-tech di riconfigurazione. Il lavoro parte da un’analisi del 2016 che ha evidenziato la vulnerabilità dell’edificio alle inondazioni – a causa della crisi climatica – e la necessità di ammodernare pavimenti, serramenti e aperture. I lavori sono iniziati nel 2024 e proseguiranno dopo la chiusura della Biennale, facendo percepire ai visitatori un “cantiere in pausa”. L’operazione, in collaborazione con atenei e centri di ricerca (Royal

Danish Academy, Università di Copenaghen, Technical University di Danimarca e ETH di Zurigo), diventa così anche occasione di comunicazione. Per oltre un anno e mezzo, infatti, il filmmaker danese Simon Weyhe ha seguito da vicino il lavoro del curatore, in conversazione con Marc-Christoph Wagner, e da questo doppio sguardo è nato Make Materials Matter. Il documentario è stato realizzato in collaborazione con Louisiana Channel e presentato nella settimana inaugurale della Biennale. Ora il video è proiettato nella Koch Hall del padiglione stesso.

Il risultato è un manifesto: affinare il valore di ciò che esiste, misurare la sostenibilità in manutenzione e riuso, riassemblare e tutelare.

E cambiare sguardo, per riconoscere come risorsa anche ciò che si pensava scarto. Giovanni Santarelli

ENG When the construction site becomes an exhibition, materials are exposed to the public. Build of Site doesn’t stage a set, rather, it opens the backstage of the Danish Pavilion’s restoration, turning it into a full-scale lab. Designed by Carl Brummer in 1932 and expanded by Peter Koch in 1958, the building becomes a hybrid space where maintenance and curatorship (led by Søren Pihlmann of pihlmannarchitects with Kent Martinussen of the Danish Architecture Center) merge. Materials are reused: debris, stone blocks, window frames become benches, ramps, and platforms. The project values what already exists, using local resources and testing bio-based binders and high-tech methods. The Pavilion had been surveyed in 2016 and found to be at risk of flooding. It also needed new floors, doors, and windows. The restoration, launched in 2024, continues post-Biennale, with the site presented as “paused.” A documentary by Simon Weyhe, Make Materials Matter, captures this process and is screened in the pavilion. The result is a manifesto for reuse, care, and rethinking waste as a resource.

Soren Pihlmann, © Pihlmann Architects

A lezione di prossimità La Spagna ricomincia dal suo territorio

Nella logica produttiva tradizionale i sistemi costruttivi dipendono da flussi globali di materiali spesso difficili da tracciare e da quantificare. La natura, invece, non produce scarti ma metabolizza ogni flusso in cicli chiusi. Il Padiglione della Spagna alla 19. Biennale di Architettura traduce questo principio in lessico operativo: Internalities. I curatori, Roi Salgueiro Barrio e Manuel Bouzas Barcala, con un neologismo, propongono di esplorare come gli ambienti costruiti possano ridurre l’esternalizzazione (termine che in economia indica gli effetti collaterali di un’attività su chi non ne è direttamente coinvolto) e diventare agenti rivitalizzanti per l’architettura, le ecologie e le economie. L’allestimento, un atlante di pratiche radicate in territori precisi della geografia spagnola, si apre con Balance. Nella sala centrale i sedici progetti esposti accolgono i visitatori con due modelli ciascuno, disposti su altrettanti piatti di una bilancia. Da un lato i sistemi costruttivi basati sul materiale più “internalizzato”, dall’altro le condizioni geologiche e la geografia d’origine, evidenziando così il principio di equilibrio tra architettura e territorio.

L’esposizione si articola poi in cinque assi di de-carbonizzazione. Energia, curato da Estar (Aurora Armental Ruiz e Stefano Ciurlo Walker) con le immagini di Luis Díaz, mette in discussione l’impatto dei grandi parchi eolici e solari sulla costa atlantica e suggerisce modelli diffusi e di piccola scala. Lavoro, con Anna ed Eugeni Bach e la fotografa Caterina Barjau, guarda al valore delle tecniche locali e agli artigiani della terra e della ceramica in Catalogna. A Madrid, Rifiuti

di Lucas Muñoz e Ana Amado propone un approccio circolare, trasformando macerie in risorse. Nelle Baleari, Emissioni documenta con Carles Oliver, David Mayol e Milena Villalba un’edilizia autosufficiente basata su materiali come posidonia, pietra marés e terra compattata. Nell’asse Materiali, invece, Daniel Ibáñez e Carla Ferrer raccontano il ciclo del legno in Cantabria, dalla foresta alla trave, attraverso il lavoro di María Azkarate, che ne mostra l’efficacia come modello di sostenibilità. È una lezione di prossimità che si estende ad altri materiali locali – dalla pietra alla ceramica – e che indica come la scelta della materia possa trasformarsi in politica climatica ed economica. Il Padiglione sposta l’attenzione dall’oggetto finito alle infrastrutture materiali e sociali. E quello che lascerà dietro di sé sarà solo una manciata di alghe delle Baleari, tre pini galiziani usati come supporti e una mappa che collega i progetti esposti alle loro fonti.

Giovanni Santarelli

ENG

Traditionally, production relies on global material flows that are hard to trace and quantify. Nature, by contrast, produces no waste: every flow is metabolized in closed cycles. Spain’s Pavilion at the 2025 Venice Architecture Biennale translates this principle into practice with Internalities. Curators Roi Salgueiro Barrio and Manuel Bouzas Barcala explore how built environments can reduce externalization and become revitalizing agents. The exhibition features 16 projects balanced between construction systems and their geographic origins. Five thematic axes (Energy, Labor, Waste, Emissions, and Materials) highlight local practices, circular economies, and sustainable resources. The pavilion shifts focus from finished objects to material and social infrastructures, leaving behind only algae, pine trunks, and a map linking each project to its source.

Internalities. Architectures for Territorial Equilibrium, installation wiew - Photo by Luis Diaz Diaz

architettura

19. BIENNALE ARCHITETTURA PARTECIPAZIONI NAZIONALI

Architettura vivente Laboratorio Canada: batteri come materia da costruzione

In una Biennale che chiede all’architettura di mobilitare tutte le forme di intelligenza per rispondere alla crisi climatica, la Partecipazione Nazionale del Canada rende operativo l’invito del curatore Carlo Ratti ad apprendere dai sistemi naturali e trasforma il proprio Padiglione in un organismo in crescita. Picoplanktonics è un esperimento di architettura vivente che usa batteri come materiale costruttivo e che integra innovazione tecnologica e biologia. Al centro, strutture in grande scala stampate con la robotica ospitano Synechococcus PCC 7002: microrganismi simili ai picoplancton (cianobatteri marini che 2,4 miliardi di anni fa permisero, per primi, la formazione di un’atmosfera ricca di ossigeno), che assorbono anidride carbonica e, sfruttando processi di fotosintesi, contribuiscono a irrigidire il materiale attraverso processi di bio-mineralizzazione. Le strutture – tra le più imponenti mai realizzate con materiale vivente – sono state coltivate in laboratorio e poi trasferite ai Giardini della Biennale in un ambiente in cui luce, umidità, temperatura e salinità dell’acqua sono attentamente calibrate per sostenerne la crescita durante tutta la durata della mostra.

Nato da una ricerca all’ETH di Zurigo su piattaforme di bio-fabbricazione in scala architettonica, il progetto è opera del Living Room Collective, un gruppo guidato dall’architetta e bio-designer canadese Andrea Shin Ling, affiancata da Nicholas Hoban, Vincent Hui e Clayton Lee. Insieme, questo collettivo di scienziati, artisti ed educatori operano all’incrocio tra architettura, biologia e tecnologie

di fabbricazione digitale. Il loro obiettivo è superare i modelli di produzione estrattivi e sviluppare metodi e processi progettuali radicati nei sistemi naturali.

Più che un allestimento, infatti, quello del Canada è un laboratorio in atto: la materia è viva e cambia nel tempo, la crescita è monitorata, la cura è parte del progetto. La mostra, in questo senso, mette in scena un processo di stewardship (o “gestione etica”) che attribuisce all’architetto il ruolo inedito di “gestore”, “organizzatore”, piuttosto che di creatore. Di figura che si prende cura piuttosto che demiurgo che genera e abbandona.

Picoplanktonics non offre visioni utopiche né promesse futuribili, ma fornisce un prototipo concreto di coesistenza. È un invito, rivolto a progettisti e visitatori, a immaginare processi in cui il costruito non domini la natura, ma ne diventi parte. Giovanni Santarelli

ENG In a Biennale that urges architecture to mobilize all forms of intelligence to address the climate crisis, Canada’s National Participation responds to Biennale curator Carlo Ratti’s call to learn from natural systems by transforming its Pavilion into a living organism. Picoplanktonics is a living architecture experiment using bacteria as building material, merging technology and biology.

Large robotic-printed structures host Synechococcus PCC 7002, cyanobacteria that absorb CO 2 and harden the material via biomineralization. Cultivated in labs and transferred to the Biennale Gardens, they grow in a carefully controlled environment. Created by the Living Room Collective, led by architect Andrea Shin Ling, the project reimagines architecture as stewardship, not domination. Rather than utopia, it offers a concrete prototype of coexistence, inviting us to design with, not against, nature.

Courtesy La Biennale di Venezia - Photo Luca Capuano

architettura

NOT ONLY BIENNALE

Viaggio al centro del sapere

Le architetture visive di Koolhaas per Fondazione Prada

Un romanzo visuale che narra, in modo quasi enciclopedico, i temi più scottanti che hanno sempre caratterizzato la nostra società.

La parola passa in secondo piano per lasciare spazio a uno strumento visivo capace di veicolare l’essenza della conoscenza umana: il diagramma è protagonista di Diagrams, mostra infografica visitabile a Fondazione Prada, fino al 24 novembre. Più di 300 tra grafici, tabelle, immagini e video sono esposti a dimostrazione del bisogno dell’uomo di rappresentare graficamente la conoscenza scientifica e umanistica. Un processo di interpretazione e rimodulazione del mondo che è sempre stato utilizzato fin dai tempi antichi, quando l’uomo già si esprimeva grazie alla creazione di figure.

Da un’idea di Rem Koolhaas, AMO/OMA, la mostra espone diagrammi che viaggiano nel tempo e nello spazio: dal XII secolo fino ai tempi nostri, dalla società occidentale a quella asiatica, i documenti scelti provengono da diversi campi di studio e illustrano temi, problematiche, dubbi, curiosità che attanagliano l’uomo da sempre. Ambiente costruito, Salute, Disuguaglianza, Migrazione, Ambiente naturale, Risorse, Guerra, Verità, Valore : ecco la costellazione che promette di illuminare ogni visitatore che entra nelle sale di Ca’ Corner della Regina.

Diagrams inizia al piano terra, mappando il lavoro di ricerca svolto per raccogliere tutti i materiali esposti: l’organizzazione di pensiero è illustrata, tautologicamente, grazie a cinque diagrammi. Vengono infatti elencati tutti gli archivi, collezioni, biblioteche da cui i documenti provengono, per poi mostrare i formati utilizzati (giornali, stampe, mappe…), la loro scala, la percentuale di originali e copie e, infine, l’epoca di origine.

Diagrams. A project by AMO/OMA Fino 24 novembre Fondazione Prada, Ca’ Corner della Regina fondazioneprada.org

Al primo piano nobile si entra invece nel vivo di Diagrams : nella sala centrale, affrescata magistralmente, nove vetrine (una per ogni tema) si susseguono sotto luci soffuse, quasi a ricreare l’ambiente di un’autorevole biblioteca, luogo di istruzione per eccellenza. Ramificate tutte intorno, a disegnare così un percorso di visita dinamico, le sale laterali ospitano in altrettante vetrine e teche gli specifici approfondimenti di cui ogni argomento è stato dotato. Tuttavia, come sottolinea Rem Koolhaas, è importante ricordare l’apparente oggettività del diagramma: la sua forza esplicativa non è infatti sinonimo di verità, e ciò è dimostrato dal fatto che questo strumento è stato spesso usato come mezzo di propaganda politica o per veicolare informazioni false o pseudoscientifiche. La sezione numero otto, Verità, cerca proprio di affrontare questo aspetto. Interessante inoltre l’idea di presentare, nelle sale laterali, il lavoro di alcuni pionieri dell’infografica, che hanno utilizzato la forma del diagramma a supporto dei loro studi. Un esempio è William E.B. Du Bois, sociologo americano e organizzatore della Mostra sugli afroamericani per l’Esposizione Universale di Parigi del 1900: il suo lavoro contribuì a diffondere la consapevolezza sui pregiudizi razziali, mostrando lo status sociale guadagnato dalle comunità afroamericane dell’epoca.

Dal tracciato del canale di Suez, passando al modello della mente strutturale secondo Freud, per arrivare poi ai giorni nostri con una rappresentazione del fabbisogno dei posti letto negli ospedali durante il Covid, la mostra riesce a toccare ogni aspetto della società umana. Medicina, economia, scienza, ricerca storica… Diagrams parte dall’idea di palesare come la comprensione per immagini sia sempre stata efficace e facendo ciò trasforma i documenti esposti nelle tappe di un viaggio attraverso la conoscenza. Marina Borroni

John Auldjo, Carta del Vesuvio che illustra la direzione delle colate di lava nelle eruzioni avvenute tra il 1631 e il 1831, 1832
Courtesy Ministero della Cultura – Biblioteca nazionale centrale di Firenze
Philippe Rekacewicz, La grande ruota africana, 2007
Courtesy Philippe Rekacewicz © Philippe Rekacewicz

Il genio silenzioso

Allestita nelle sale stesse del Museo Correr, la mostra Il Correr di Carlo Scarpa 1953–1960 va oltre la semplice retrospettiva e diventa gesto di riconoscenza verso uno dei più raffinati maestri dell’architettura italiana del Novecento. Attraverso fotografie d’epoca, disegni preparatori, materiali d’archivio e alcuni arredi originali, l’esposizione ricostruisce l’intervento che Scarpa realizzò per il Museo veneziano nel cruciale periodo postbellico, segnando una svolta nella storia della museografia moderna.

Tra il 1953 e il 1960, infatti, a Carlo Scarpa viene affidato il compito di riallestire il Correr, in occasione della sua riapertura dopo i lunghi anni del conflitto. L’intervento si articola su due piani: il primo, dedicato agli arredi delle sale storiche, e il secondo, completamente ripensato per ospitare la quadreria. Con sensibilità rara, Scarpa si confronta con la preesistenza senza mai imporsi. Al piano nobile conserva intatta l’architettura originale, inserendo in essa teche, supporti e contenitori progettati su misura per accogliere toghe, stendardi e fanali navali, secondo una logica funzionale ma insieme poetica. Ogni arredo è disegnato con precisione millimetrica e realizzato da artigiani locali, in un processo in cui progettazione e costruzione sono fasi indivisibili. Materiali come il ferro brunito, il vetro trasparente, il legno scolpito e la pietra levigata si combinano in equilibri minimi e perfetti, sempre nel rispetto della materia e della luce.

Ma è al secondo piano che l’invenzione di Scarpa si fa rivoluzionaria. Qui l’architetto si misura con un “vuoto” creativo che gli consente di ridefinire lo spazio museale. Nasce così la celebre quadreria del Correr, e con essa un’idea inedita di esposizione: opere non più ancorate alle pareti, ma sospese sui suoi celebri cavalletti metallici regolabili, pensati per garantire la luce ideale. La luce naturale diventa elemento plastico del progetto, modulata da veneziane industriali di sua invenzione, mentre il percorso espositivo si snoda tra ambienti meditati e silenziosi.

Esemplare è la sistemazione del Cristo morto sostenuto dagli angeli di Antonello da Messina, riposto in una nicchia di travertino che lo isola e lo sublima. E ancora, le due piccole sale pensate per accogliere Le due dame veneziane di Carpaccio e la Pietà di Cosmè Tura, opere diversissime per origine e stile, eppure rese dialoganti da un disegno espositivo che le avvicina senza forzarle. La mostra, oltre a documentare il progetto originario, riflette sui dilemmi museografici ancora attuali: come esporre oggetti eterogenei per natura e scala? Come mettere in dialogo passato e presente senza annullare l’uno o l’altro? Come valorizzare senza sacralizzare? Le risposte di Scarpa, mai didascaliche, abitano negli spazi stessi: nella loro aria, nei loro silenzi, nei gesti minimi della luce sulle superfici. Irene Machetti

In un momento, quello attuale, in cui è tornato alla ribalta il protezionismo con i dazi contro la libera circolazione delle merci, appare ancora più evidente come il made in Italy sia non solo trainante, un vero motore dell’economia, ma anche diffuso ai settori più allargati della produzione: dalla moda al food, passando per il vino, tessuti, design e molto altro, fino ai luoghi iconici che sono diventati brand. In questo periodo storico perturbato e discusso, una piccola mostra che intreccia memoria, design e impresa ferma l’attenzione sui Marchi Storici che hanno segnato la cultura visiva e materiale dell’Italia e che raccontano il made in Italy. Curata da Carlo Martino e Francesco Zurlo, e promossa dal Ministero del Made in Italy in collaborazione con Unioncamere, Identitalia, in programma dal 24 settembre al 15 febbraio 2026 all’M9 – Museo del ‘900 a Mestre, riunisce cento aziende italiane, protagoniste della storia industriale nazionale, in occasione dei 140 anni dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. Tra loghi storici, simboli dell’eccellenza del design italiano, memorabili slogan e caroselli, immagini pubblicitarie e prodotti che raccontano di una bellezza diffusa, le aziende hanno condiviso i propri archivi e segreti, mostrandosi al pubblico in una veste totalmente inedita. Il percorso espositivo viene inteso in stretta relazione con la parte permanente del Museo che racconta attraverso isole tematiche la storia del Novecento in Italia. Un confronto serrato che porta a evidenziare in maniera ancora più forte l’intraprendenza, il coraggio e la lungimiranza di questi capitani d’industria sui quali si è costruito il made in Italy, quando nel Paese la maggior parte delle persone era costretta ad emigrare. Tutto quello che oggi si dà per scontato, con i brand che ormai assumono carattere internazionale, viene in mostra raccontato nel suo nascere e nel suo svilupparsi fino a consolidarsi e diventare un’Identitalia M.M.

IDENTITALIA. The Iconic Italian Brands 24 settembre-15 febbraio 2026 M9 - Museo del ‘900 | M9 Orizzonti, Mestre www.m9museum.it

Il Correr di Carlo Scarpa 1953-1960
Fino 19 ottobre
Museo Correr (Piano secondo, Quadreria, Sala delle Quattro Porte), Piazza San Marco correr.visitmuve.it
Bello, buono e ben fatto

architettura

NOT ONLY BIENNALE

Per affinità e differenza

Intervista Vladimir Belogolovsky | No Doubt About It di

Una piattaforma-mostra per idee architettoniche intenzionalmente diverse, persino contraddittorie, cariche di innovazione e preoccupazioni ecologiche, individualismo e collaborazione, arte e pragmatismo e fondamentalmente libere da qualsiasi ideologia. Condividere, discutere e giustapporre idee distinte è l’obiettivo finale di No Doubt About It, a cura di Vladimir Belogolovsky, ospitata fino al 23 novembre negli spazi del Magazzino Gallery di Palazzo Contarini Polignac. Il curatore ci ha guidato attraverso strategie architettoniche originali che emergono da sei diversi progetti internazionali.

Vladimir Belogolovsky è un curatore e critico americano. Ha studiato ingegneria in Ucraina e si è laureato alla Cooper Union School of Architecture nel 1996. Il suo Curatorial Project, un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a New York, si occupa di curare e progettare mostre in tutto il mondo.

In una Biennale Architettura che è un invito all’adattamento, Carlo Ratti ridisegna l’idea di architettura come un hub collettivo alimentato dal confronto con diverse discipline, vorremmo iniziare questa intervista con una domanda diretta: Cosa sta succedendo nell’architettura? E quale il ruolo “in costante evoluzione” dell’architetto?

Secondo almeno alcuni critici, l’architettura come disciplina innovativa e discorsiva ha cessato di esistere. In altre parole, l’architettura è in crisi. Concordo con queste opinioni. Nella mia mostra cerco di farla rivivere affiancando visioni e voci diverse, qualcosa che la nostra disciplina non accoglie più. Al contrario, si è trasformata in una propaganda ideologica che enfatizza disciplina, obbedienza, conformità e terreno comune. La varietà è tollerata solo se tutti pensano allo stesso modo. Tuttavia, sono convinto che l’architettura possa evolversi solo come un’impresa creativa aperta, non conclusiva, non giudicante e libera da ideologie. Solo continuando a cercare e discutere idee veramente diverse possiamo coltivare l’innovazione e ottenere ambienti ricchi, significativi ed evocativi. Credo che il ruolo chiave di ogni architetto sia scoprire la propria architettura. Il mio ruolo è identificare queste scoperte e portarle alla luce, non insegnare agli architetti come svolgere il loro lavoro.

No Doubt About It è una mostra-piattaforma aperta per idee architettoniche intenzionalmente diverse, persino contraddittorie. Prima di entrare nel dettaglio di ogni singolo progetto, quale idea è alla base del progetto espositivo complessivo e quale il canone comune che ha determinato la sua scelta relativamente a questi sei diversi progetti presentati? Il punto chiave è identificare ciò che rende unici i progetti esaminati, non ciò che li rende simili. Gli architetti partecipanti provengono da regioni diverse e i loro progetti variano per contesto, scala, programma,

No Doubt About It
Projects from Armenia, China, Georgia, Germany, Latvia, and Poland
Fino 23 novembre
Magazzino Gallery, Palazzo Contarini Polignac, Dorsoduro 874
Vladimir Belogolovsky - Photo Alina Nemirovskaya
Zhang Yingfan & Bu Xiaojun - Photo Spencer Huang
Nikoloz Lekveishvili - Photo Giorgi Kolbaia Sergei Tchoban - Photo Holger Talinski

In affinity ENG and difference

A platform-exhibition for intentionally diverse, even contradictory, architectural ideas, rich in innovation and ecological concerns, individualism and collaboration, art and pragmatism, and fundamentally free from any ideology. The ultimate goal of No Doubt About It, curated by Vladimir Belogolovsky and hosted until November 23 at the Magazzino Gallery in Palazzo Contarini Polignac, is to share, discuss, and juxtapose distinct ideas. The curator guides us through original architectural strategies emerging from six international projects. Vladimir Belogolovsky is an American curator and critic. He studied engineering in Ukraine and graduated from The Cooper Union School of Architecture in 1996. His New York-based Curatorial Project, a nonprofit, focuses on curating and designing exhibitions worldwide.

At the 2025 Venice Architecture Biennale, director Carlo Ratti rethinks architecture as a collective hub fueled by confrontation with different disciplines. We would like to begin this interview with a direct question: What is happening in the Architecture World? And what is the ‘constantly evolving’ role of the Architect? According to at least some critics, architecture as an innovative and discursive discipline has ceased to exist. In other words, architecture is in crisis. I agree with those views. In my own show, I attempt to revive it by juxtaposing diverse visions and voices, something our discipline no longer welcomes. Instead, it has turned into ideological propaganda that emphasizes strict discipline, obedience, compliance, and common ground. Diversity is tolerated as long as everyone thinks the same. However, I am convinced that architecture can only evolve as an open-ended, non-conclusive, non-judgmental, ideology-free creative endeavor. Only if we continue to search for and discuss truly diverse ideas can we cultivate innovation and achieve rich, meaningful, and evocative environments. I believe the key role of any architect is to discover their own architecture. My role is to identify those discoveries and bring them to light, not to instruct architects on how to perform their work.

No Doubt About It is an open exhibition platform for intentionally different, even contradictory, architectural ideas. Before going into the details of each individual project, what idea underlies the overall exhibition project, and what was the common canon that determined your choice for these six different projects presented? The key point here is to identify what makes the projects we reviewed unique, not similar. Participating architects come from diverse regions, and their projects vary in terms of context, scale, program, materials, and stage of development. The absence of common ground provides a good starting point for a conversation. What unites all of them is their doubts, a topic that many contemporary architects like to avoid. They know how to design a good building. There is a bucket list to follow. There is an incredible level of confidence now and conviction that architecture must focus on problem-solving. I want to undermine such a narrow and formulaic approach.

Sergei Tchoban of Tchoban Voss Architekten showed his freehand drawings made during performance sessions with professors and students at the Waldorf School in Magdeburg, Germany, for the design of a new Festival Hall on campus. What are the strengths and what are the limits of a shared design? What is the relationship with authorship?

Sergei opened to us about a particular experience that is new to him. This does not mean we should follow it, nor does it mean he will follow it either. It is one experience. I picked this project to highlight the unique circumstances under which it was conceived. I view it as a meaningful experience that may be applied by another client or architect, but

Ashot & Armine Snkhchyan
Robert Konieczny - Photo Marcin Gola
Zaiga Gaile - Photo Eriks Božis

architettura

NOT ONLY BIENNALE NO DOUBT ABOUT IT

materiali e fase di sviluppo. L’assenza di un terreno comune offre un buon punto di partenza per una conversazione. Ciò che li unisce è il dubbio, un tema che molti architetti contemporanei preferiscono evitare. Sanno come progettare un buon edificio. C’è una lista da seguire. Oggi c’è un incredibile livello di sicurezza e convinzione che l’architettura debba concentrarsi sulla risoluzione dei problemi. Voglio mettere in discussione questo approccio ristretto e formulistico.

L’architetto berlinese Sergei Tchoban, Tchoban Voss Architekten, espone in mostra i suoi disegni a mano libera realizzati durante sessioni performative con professori e studenti della Waldorf School di Magdeburgo, in Germania, per il progetto di una nuova Festival Hall del campus.

Quale la forza e quali i limiti di una progettazione condivisa?

Qual è il rapporto con l’autorialità?

Sergei ci racconta un’esperienza particolare, nuova per lui. Questo non significa che dovremmo seguirla, né che lui stesso lo farà. È un’esperienza. Ho scelto questo progetto per evidenziare le circostanze uniche in cui è stato concepito. Lo vedo come un’esperienza significativa che potrebbe essere applicata da un altro cliente o architetto, ma solo come esperimento, non come percorso definitivo. È utile per gli architetti che hanno sviluppato una metodologia specifica esplorare approcci alternativi alla progettazione. Questa strategia può portare a risultati inaspettati e persino trasformativi.

Zaiga Gaile, studio Zaigas Gailes Birojs a Riga, specializzata nel restauro del patrimonio architettonico, offre la sua visione unica per lo storico Teatro Wagner, situato nel cuore della Capitale lettone. Quale l’equilibrio necessario tra elementi autentici e contemporanei?

L’approccio di Zaiga può indurci alla conclusione che sia necessario un certo equilibrio tra elementi autentici e contemporanei. Io non ne sono così sicuro. Ho visto progetti in cui c’è equilibrio, in cui il nuovo sovrasta l’antico o l’antico oscura il nuovo. Ogni progetto dovrebbe essere considerato un caso a sé. Più esaminiamo progetti diversi, più ricca sarà l’architettura come cultura. Gli architetti dovrebbero fidarsi del proprio istinto. Possono essere intuitivi o super razionali. Voglio che provino alternative. Ma, per essere onesto, preferisco le situazioni in cui gli architetti sono convinti di conoscere la strada giusta. Questa convinzione rende il risultato più soggettivo e, in definitiva, più personale.

La coppia di architetti Zhang Yingfan e Bu Xiaojun dell’Atelier Alter Architects di Pechino racconta il progetto del Dali Transformer Park. Alla base l’idea del riuso del preesistente. Quali opportunità e quali soluzioni vengono offerte?

Yingfan e Bu hanno ampliato il loro progetto oltre il perimetro architettonico definito, integrando il complesso nel tessuto urbano, sfumando tutti i confini attesi tra interno ed esterno, teatro e strada, strutture antiche e nuove, visitatori e personale, e persino i loro ruoli di architetti e registi teatrali. Il progetto ha permesso loro di mettere in discussione tutte le convenzioni possibili. La lezione, in questo caso, risiede nell’atteggiamento audace ed esplorativo degli architetti, più che in una soluzione architettonica specifica. C’è una fusione affascinante tra storia e modernità, teatro e città, che si scambiano costantemente i ruoli.

L’architettura può evolversi solo come un’impresa creativa aperta

Robert Konieczny, fondatore di KWK PROMES a Katowice, in Polonia, ripensa in chiave paesaggistica il progetto completato quasi un decennio fa del Przełomy Dialogue Centre a Szczecin, un museo sotterraneo trasformato in un generoso spazio pubblico. Il ruolo della conversione ecologica nel patrimonio costruito? Come restituire paesaggi urbani? L’ingegnosa idea di Robert di offrire alla città sia un edificio che uno spazio pubblico è una grande lezione, ma questo progetto è stato realizzato quasi dieci anni fa e questa sua generosità non era del tutto inattesa. Tuttavia, ciò che è molto insolito è che l’architetto abbia deciso di rivisitare il suo progetto premiato e apportare miglioramenti aggiungendo aree paesaggistiche. Quante volte gli architetti si preoccupano delle prestazioni dei loro progetti nel lungo periodo? Assumere un ruolo attivo da parte degli architetti è cruciale per migliorare il nostro ambiente costruito, che richiede aggiustamenti costanti. Considerare le nostre città come ambienti mai completati è la vera lezione da apprendere.

Nikoloz Lekveishvili di TIMM Architecture, con sede a Tbilisi, Georgia, integra il suo studio di un tradizionale balcone delle chiacchiere nel complesso residenziale di Metra Hills. Come elementi singoli del costruire possono giocare un ruolo fondamentale nella conservazione di una tradizione architettonica? Oltre la globalizzazione come l’architettura locale può giocare un ruolo fondamentale nel ritrovare canoni tradizionali e compatibili con le nuove esigenze climatiche?

Il clima è sicuramente un aspetto importante dell’architettura. Ma non è più importante di qualsiasi altro aspetto. In questo caso, Nikoloz si è concentrato su una tradizione sociale e di stile di vita importante, rendendola parte fondamentale della sua architettura. Una volta identificato un elemento e una funzione regionale unici, ha deciso di rivitalizzarli, reinventarli e arricchirli. Ha sviluppato il suo progetto contemporaneo nel modo più deciso, non semplicemente imitando l’immagine del balcone del pettegolezzo, ma reinterpretandolo e portando un insieme di dettagli inventivi, che è convinto arricchiranno lo stile di vita delle persone.

Ashot e Armine Snkhchyan, co-fondatori dello studio snkh. di Yerevan, Armenia, sono impegnati nella trasformazione del Yerevan Modern Art Museum, edificio modernista sovietico degli anni ‘80. Il confine tra vecchio e nuovo in architettura? Come viene ripensato questo cruciale momento “postmoderno”?

Questo progetto di riuso adattivo potrebbe non essere unico nel suo approccio, poiché oggi è comune preservare qualsiasi edificio, vecchio o nuovo, ordinario o straordinario. In questo caso, l’architettura dell’edificio è particolarmente speciale, sia per le sue qualità spaziali che come parte del patrimonio modernista sovietico, ampiamente rappresentato a Yerevan. Tuttavia, ciò che va evidenziato è l’iniziativa degli architetti di proporre la loro visione senza essere stati incaricati. Il fatto che questo progetto sia stato presentato a Venezia ha attirato l’attenzione dei circoli politici di Yerevan. Si vocifera ora che persino il sindaco della Capitale sia coinvolto e ci sia interesse a coinvolgere gli architetti per realizzare il progetto.

only as an experiment, not a definitive roadmap. It is beneficial for architects who have developed a specific methodology to explore alternative approaches to designing buildings. This strategy may bring unexpected and even transformative results.

Zaiga Gaile of Zaigas Gailes Birojs studio in Riga, specializing in heritage restoration, presents its unique vision for the historic Wagner Theatre, situated in the heart of the Latvian capital. What balance is needed between authentic and contemporary elements?

Zaiga’s approach may lead to the conclusion that a certain balance between authentic and contemporary elements is needed. I am not so sure about it. I have seen projects where there is balance, where the new overwhelms the old, or the old overshadows the new. Every project should be viewed as a separate case. The more we examine such different projects, the richer the architecture as a culture will be. Architects should trust their instincts. They may be intuitive or super rational. I want them to try alternatives.But to be honest, I prefer situations when architects are convinced that they know the right way. This conviction makes the result more subjective and ultimately more personal.

The architectural duo Zhang Yingfan and Bu Xiaojun of Atelier Alter Architects in Beijing discuss the Dali Transformer Park project. The idea of reusing the pre-existing. What is the opportunity, and what are the solutions offered?

Yingfan and Bu expanded their project beyond a defined architectural envelope by integrating their compound into the city’s fabric, blurring all expected boundaries between interior and exterior, theatre and street, old structures and new, visitors and staff, and even their roles as architects and theatre directors. The project allowed them to question all possible conventions. The lesson in this case lies in the architects’ bold, exploratory attitude, rather than a specific architectural solution. There is a fascinating fusion of history and modernity, theatre and city, which constantly switch roles.

Robert Konieczny, founder of KWK PROMES in Katowice, Poland, rethinks the project completed almost a decade ago, the Przełomy Dialogue Centre in Szczecin, an underground museum transformed into a generous public space enriched by a landscape. The role of ecological conversion in the built heritage? How to restore urban landscapes?

Robert’s ingenious idea of providing both a building and a public space to the city is a great lesson, but this project was realized

almost a decade ago, and its generous gesture is not entirely unexpected. However, what is very unusual here is that the architect decided to revisit his award-winning project and make improvements by adding landscaped areas. How often do architects care about their projects’ performance over the long run? Assuming an active role for architects is crucial in improving our built environment, which requires constant adjustment. Viewing our cities as never-completed environments is the real lesson to be learned here.

Nikoloz Lekveishvili of TIMM Architecture, based in Tbilisi, Georgia, integrates his study of a traditional gossip balcony into the Metra Hills housing estate. How can individual building elements play a key role in preserving an architectural tradition? Beyond globalization, how can local architecture play a key role in rediscovering traditional canons that are compatible with new climate requirements?

Climate is indeed an important aspect of architecture. But it is no more important than any other aspect. In this case, Nikoloz focused on an important social and lifestyle tradition, making it a major part of his architecture. Once he identified a unique regional element and function, he decided to revive, reinvent, and enrich it. He developed his contemporary project in the most uncompromising way by following through, not merely by mimicking the gossip balcony image, but by reinterpreting it and bringing a whole set of inventive details that he is convinced will enrich people’s way of life.

Ashot and Armine Snkhchyan, co-founders of snkh. studio in Yerevan, Armenia, are engaged in the transformation of the Yerevan Modern Art Museum, a Soviet modernist building from the 1980s. The boundary between old and new in architecture? How is this crucial “postmodern” moment rethought?

This adaptive reuse project may not be unique in its approach, as it is now common to preserve any building, whether old or new, ordinary or extraordinary. In this case, the building’s architecture is particularly special, both for its spatial qualities and as part of the Soviet modernist heritage, which is richly represented in Yerevan. However, what needs to be highlighted here is the architects’ initiative to propose their vision without being commissioned. The fact that this project was showcased in Venice attracted attention in Yerevan’s political circles. There are rumors now that even the capital’s mayor is involved, and there is interest in bringing the architects on board to make their project a reality.

Wagner Theater, Riga
Festival Hall, Waldorf School, Magdeburg
Dali Transformer Park, Dali
Przelomy Dialogue Centre, Szczecin
Metra Hills, Tbilisi
Yeveran Modern Art Museum, Yeveran

architettura

NOT ONLY BIENNALE PREMI

Contemporary

grafting Fondation Wilmotte ridisegna il passato

Rivitalizzare un’architettura antica, conservarla, proteggerla e al contempo conferirle un nuovo uso senza però sconvolgerne la fisionomia legata al passato. Ecco la missione del Prix W che Fondation Wilmotte promuove ogni due anni, dedicato a giovani architetti che concorrono per ideare un progetto capace di rinnovare, senza stravolgere, un sito culturale in Francia. Il Premio 2025, giunto alla sua 11. edizione, ha scelto come protagonista l’Abbazia di Montmajour, ubicata vicino ad Arles. Edificata nel X secolo e attiva fino al XVIII, fu successivamente frequentata anche da Vincent Van Gogh; grazie al Centre des Monuments Nationaux è stata recentemente resa parzialmente accessibile al pubblico. Un luogo suggestivo, immerso nella campagna della Provenza, in parte in rovina e in parte ancora integro, ideale per un intervento che preservi la sua essenza medievale, ma allo stesso tempo possa traghettarla nel contemporaneo. La mostra, allestita negli spazi di Fondation Wilmotte in Fondaco degli Angeli, presenta i tre vincitori del Premio: le pareti della sala ospitano i rendering grafici dei progetti finalisti, mentre al centro piccoli totem supportano i rispettivi modelli in scala. Una seconda parte del percorso espositivo è dedicata alla presentazione di altri progetti che, nonostante non decretati vincenti, si sono comunque distinti per le loro proposte. Tutti gli interventi ideati sono dedicati alla parte dell’Abbazia oggi ancora inaccessibile al pubblico, ovvero il complesso del Monastero di San Mauro. Marina Borroni

PRIMO PREMIO

ECHO

Nils Bonifay & Flore Beck

Il progetto vincente si distingue per la capacità valorizzare le rovine del Monastero trasformandole in due spazi culturali aperti alla comunità. Al livello superiore, le linee stilistiche dell’innesto seguono l’architettura originaria: un nuovo porticato prosegue l’antico in rovina, rispettando l’essenza del luogo, e si fa portante di un suggestivo palco all’aperto le cui quinte non sono altro che le alte pareti di pietra che si innalzano verso il cielo. Al livello inferiore invece, proprio accanto all’antica porteria, uno spazio longitudinale è pensato per ospitare una sala da lettura che si integra nel terrazzamento roccioso. Le vestigia dell’Abbazia rimangono quindi guardiane di questa rigenerazione.

SECONDO PREMIO RÉVÉLER LA RUINE

Tom Bouchery & Alice Ramos

Un abbraccio continuo e leggero tra interno ed esterno, per integrare nella struttura originaria nuove aree in grado di arricchire l’esperienza dei visitatori. Questo l’obiettivo del secondo progetto vincente, il quale prevede un fluente sistema di rampe, sautdu-loup e passerelle, per restituire una fresca luce a questo sito. Seguendo la naturale pendenza del luogo, è stata ideata un’area conferenze all’aperto, che prosegue dolcemente in una gemella al chiuso. Sopra quest’ultima, prende forma un elegante ristorante con grandi vetrate, capaci di sfruttare l’illuminazione naturale, consentendo di godere della vista del paesaggio circostante. Legno, vetro e rame s’incontrano in equilibrio per conferire un tocco di modernità pur in continuità con la fisionomia del Monastero.

TERZO PREMIO

LE CENTRE D’ART SAINT MAUR

Emma Duval & Pierre Thomas Le rovine dell’Abbazia si prestano come scheletro da cui si dipana un nuovo polo artistico. Il terzo posto del podio propone due longilinee gallerie laterali illuminate dalla luce del sole grazie a moderne vetrate. Entrambe terminano congiungendosi per dare vita ad uno studio d’artista, mentre al polo opposto, dove il Monastero è meglio conservato, le antiche mura ancora intatte ospitano un ristorante con tanto di guest room per i visitatori. Anche l’area esterna viene rinnovata grazie all’inserimento di un patio che offre uno spazio di ritrovo per il pubblico. L’architettura medievale dell’Abbazia viene quindi fatta germinare nella crescita di spazi espositivi pronti ad accogliere la creatività contemporanea: storia di ieri e di oggi si coniugano in una celebrazione comune.

ECHO. Nils Bonifay & Flore Beck

architettura

NOT ONLY BIENNALE

Less aesthetics more ethics

Un luogo, diventato iconico per i designer e più in generale per la cultura e l’impresa italiana e internazionale, il Negozio Olivetti in Piazza San Marco, da molti anni gestito, conservato e valorizzato dal FAI, si interroga sulla sua stessa essenza, l’essere uno showroom di macchine da scrivere e macchinari elettronici, chiamando a dialogare con gli spazi e gli oggetti il duo di creativi (designer, architetti e artisti), Andrea Trimarchi (1983) e Simone Farresin (1980), fondatori di Formafantasma. Il risultato è una mostra da non perdere – chiude il 28 settembre –, curata da Bartolomeo Pietromarchi, che si concentra sugli arredi di design progettati e realizzati da Formafantasma riciclando parti di macchinari elettronici obsoleti, che assumono così una nuova funzione e nuove forme, e soprattutto offrono l’occasione di affrontare il tema attualissimo dei rifiuti tecnologici, altamente impattanti, con effetti tangibili sull’ambiente. Il titolo, The Shape of Things to Come, si ispira al celebre romanzo di fantascienza dello scrittore britannico H.G. Wells (1866–1946), pubblicato nel 1933. Una storia ambientata nel futuro che si conclude nel 2106 e che anticipa in modo epifanico tematiche di estrema contemporaneità, rispetto alla situazione geopolitica e ambientale odierna. Formafantasma propone una visione per il design del futuro in cui riciclo, impatto ambientale e sociale, durabilità e gestione delle risorse sono elementi centrali e non più trascurabili. La mostra informa, incuriosisce e approfondisce, educa nel pieno spirito della missione del FAI. M.M. ENG A place that has become iconic for designers and, more broadly, for Italian and international culture and industry, the Negozio Olivetti in Piazza San Marco, preserved and promoted for years by FAI charity, reflects on its own essence as a showroom for historical typewriters and electronic devices. It invites the creative duo Formafantasma (Andrea Trimarchi and Simone Farresin) to engage with its spaces and objects. The result is The Shape of Things to Come, a must-see exhibition (until September 28), curated by Bartolomeo Pietromarchi, featuring furniture made from recycled electronic waste. Inspired by H.G. Wells’ novel, the show explores themes of sustainability, recycling, and the future of design.

Olivetti, Piazza San Marco, 101 fondoambiente.it

Catalizzatore di cambiamento

Nell’ampia prospettiva sull’architettura contemporanea rappresentata dalla mostra Time Space Existence, che ECC – European Cultural Centre ospita a Palazzo Mora, Palazzo Bembo e ai Giardini della Marinaressa, emerge una varietà di progetti e di soluzioni originali che vengono presentati per far fronte alle problematiche della modernità. In questo viaggio nel pianeta dell’architettura, VUILD, a Palazzo Mora, appare un ibrido tra impresa, architettura e nuove frontiere digitali. Nella progettazione di sistemi più ampi – politici, economici, industriali e logistici –, che possano determinare cambiamenti sensibili, Koki Akiyoshi, fondatore di VUILD, ha creato una startup specializzata in architettura che promuove l’autonomia industriale regionale in Giappone nelle aree forestali, che corrispondono a circa due terzi del territorio. Nello specifico, ha introdotto la fabbricazione digitale per la lavorazione del legno in 239 foreste collegate in una rete, creando un’infrastruttura di produzione democratica accessibile a tutti. Ciò consente agli abitanti delle comunità locali di creare da soli i mobili o le case di cui hanno bisogno. In questo modo, si rivitalizzano le industrie locali e si rafforzano i legami comunitari. Ponendo l’accento sui metodi di costruzione, sui materiali e sulla fabbricazione digitale, VUILD è impegnata in diversi altri progetti architettonici: integrando infatti progettazione, produzione e costruzione, ottiene la semplificazione del processo di costruzione. Koki Akiyoshi propone un duplice approccio, sia im-

Formafantasma. The Shape of Things to Come Fino 28 settembre Negozio
© Marco Cappelletti Studio

Lunghezze d’onda

prenditoriale che architettonico, fondendo tecnologia, sostenibilità e artigianato, e generando un impatto sociale significativo. L’esempio tangibile dell’approccio unico di VUILD è il caso del Wooden Stadium a Fukushima, uno stadio in legno su piccola scala con circa 5.000 posti a sedere. Ciò che distingue questo progetto è il coinvolgimento attivo dei residenti, che partecipano direttamente alla costruzione utilizzando legno di provenienza locale. Il processo di costruzione stesso è concepito come un evento celebrativo e simbolico, che rafforza il legame tra le persone, il luogo e l’architettura. Ripensando l’atto di costruire, Koki Akiyoshi vuole rigenerare sia le comunità locali che l’ambiente globale. M.M.

ENG In the broad overview of contemporary architecture presented by Time Space Existence, hosted by ECC – European Cultural Centre at Palazzo Mora, Palazzo Bembo, and the Giardini della Marinaressa, a variety of original projects address modern challenges. At Palazzo Mora, VUILD stands out as a hybrid of enterprise, architecture, and digital innovation. Founded by Koki Akiyoshi, VUILD promotes regional industrial autonomy in Japan’s forested areas through digital wood fabrication across 239 connected forests. This democratic infrastructure allows locals to build furniture and homes, revitalizing communities. VUILD integrates design, production, and construction to simplify building processes. Akiyoshi’s hybrid entrepreneurial and architectural approach merges technology, sustainability, and craftsmanship, exemplified by the Wooden Stadium in Fukushima, built with local wood and community participation.

Basata su un forum permanente sulla cultura del design, ideato e curato da Francesca Giubilei e Luca Berta, che si fonda su una rete sorprendentemente vitale di designer, architetti, artigiani glocal, Venice Design Biennial torna il 5 settembre (fino al 2 novembre) con la sua quinta edizione dal titolo emblematico Extinction / Salvation. Un invito a utilizzare l’estinzione e la salvezza come lenti polarizzate attraverso le quali osservare alternativamente il design contemporaneo. Sapendo che nessuno dei due filtri permette di vedere la realtà in tutte le sue lunghezze d’onda. Venice Design Biennial riproduce la formula consolidata con un programma di mostre diffuse in città. La principale, che riprende il titolo dell’edizione, Extinction / Salvation, è divisa in due ulteriori collettive: Glass allo SPARC* –Spazio Arte Contemporanea (Campo Santo Stefano) e Collectible allo SPUMA – Space for the Arts (Giudecca 800R). Tra le altre mostre in città segnaliamo: Architectural and Design Landscapes, ospitato alla Galerie Negroponte (Palazzina Masieri, Dorsoduro, 3900); A re we still pretending this is not about us? alla 193 Gallery (Dorsoduro 993/994), personale del designer Aldo Chaparro; Revival in Stillness allo Spazio Ravà (San Polo 1100) aperta solo cinque giorni (5-9 settembre), mostra-performance per reimmaginare il modo in cui viviamo; Rug Stories allo Showroom di Fabio e Davide Novello (Calle Bembo, San Marco 4782, 5-20 settembre); The Shape of What Remains: Six gestures of repair across broken geographies, a Tanarte / Spazio Tana (Castello 2110 – 2111, 4 ottobre-2 novembre). Da non perdere, 20th Century Masters. Private homes by Scarpa, Sottsass, Pastor, due giorni dedicati alla visita di una selezione di dimore private di design nel centro storico di Venezia, che per la prima volta aprono le loro porte al pubblico.

ENG Based on a permanent forum on design culture, conceived and curated by Francesca Giubilei and Luca Berta, and rooted in a vibrant network of glocal designers, architects, and artisans, the Venice Design Biennial returns on September 5 (through November 2) with its fifth edition, titled Extinction / Salvation. It invites us to view contemporary design through the polarized lenses of extinction and salvation, knowing neither offers a complete view of reality.

The Biennial features a city-wide exhibition program, with the main show split into two group exhibitions: Glass at SPARC* (Campo Santo Stefano) and Collectible at SPUMA (Giudecca 800R). Other highlights include Architectural and Design Landscapes at Galerie Negroponte, Are we still pretending this is not about us? by Aldo Chaparro, Revival in Stillness, Rug Stories, and The Shape of What Remains. Not to be missed: 20th Century Masters. Private homes by Scarpa, Sottsass, Pastor, a rare two-day tour of iconic private homes opening to the public for the first time.

Venice Design Biennial

5 settembre-2 novembre SPARC*– Spazio Arte Contemporanea e Venezia venicedesignbiennial.org

FONDATION WILMOTTE

PRIX W 2025 WINNING PROJECTS

THE ABBEY OF MONTMAJOUR

Wilmotte Foundation

Fondamenta dell’Abazia, Cannaregio n.3560-30121 Venice - Italy

Open : 10:00am - 1:30pm - 2:00pm-6:00pm

Closed on Monday and bank holidays

Vaporetto: Ca’D’Oro - Madonna dell’Orto www.fondationwilmotte.fr fondation@wilmotte.fr

architettura

NOT ONLY BIENNALE

L’ego multiforme dell’architetto Al Villaggio Eni settimo convegno sulle orme di Gellner

Nel meraviglioso contesto, progressivamente negli anni sempre più recuperato e diffusamente utilizzato a fini residenziali, turistici, culturali, del Villaggio Eni a Borca di Cadore voluto tenacemente da Enrico Mattei, e realizzato dal grande architetto istriano e cortinese d’adozione Edoardo Gellner, negli anni ‘50 seguendo quell’idea, anche olivettiana e di poche altre, illuminate esperienze imprenditoriali, di welfare aziendale il cui primo scopo era quello di assicurare percorsi di lavoro e di vita condivisa ai propri collaboratori nel segno della qualità, sia in azienda che in vacanza, e senza apparenti barriere gerarchiche, in questo incredibile e utopistico villaggio sotto le pendici imponenti e sinuose dell’Antelao si terrà il 27 settembre la settima edizione del convegno Da Edoardo Gellner alle esperienze contemporanee, quest’anno dal titolo quanto mai eloquente L’ego dell’architetto. Il convegno, ospitato nel cuore del Villaggio nei meravigliosi spazi dell’Hotel Boite Corte delle Dolomiti, organizzato dall’Associazione Culturale Edoardo Gellner, che per l’occasione presenterà il secondo volume della collana Edoardo Gellner Architetto, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti PCC di Belluno, la Fondazione Architettura Belluno Dolomiti e lo stesso Hotel Boite Corte delle Dolomiti, propone quest’anno una riflessione sull’architettura e sulla figura dell’architetto che vengono delineate quasi per contrasto dalla narrazione e dal racconto di committenti, ingegneri, costruttori, fotografi, critici, giornalisti.

Niente di meglio delle parole di Michele Merlo, Presidente dell’Associazione Culturale Gellner, per centrare sinteticamente e al contempo profondamente il contenuto e il senso di questo appuntamento:

Da Gellner alle esperienze contemporanee. L’ego dell’architetto Hotel Boite, Ex Villaggio Eni, Borca di Cadore 27 Settembre h. 10-18 www.edoardogellner.org

«Il Novecento è stato il secolo in cui si è definita la figura dell’architetto come lo conosciamo oggi: da decoratore di facciate a costruttore di cucchiai e di città, filosofo, artista, demiurgo. La disciplina stessa, etimologicamente la prima tra le arti, ha vissuto di riflesso l’immagine che l’architetto si è costruito, in un continuo gioco di specchi tra creatore e creazione, tra fantasia progettuale e realtà edificata. Eppure, tra tutte le discipline, proprio l’architettura necessita per la sua realizzazione di tante figure, dal committente all’ingegnere, dall’impresa di costruzioni all’industria dei materiali, per poter arrivare all’opera progettata dall’architetto. E successivamente solo grazie ad altri media l’edificio potrà uscire dal suo statico ancoraggio a un luogo e diffondersi su carta e schermi del globo: fotografi, critici, giornalisti, registi e curatori hanno contribuito in modo sostanziale alle fortune di alcuni progettisti, a volte anche oltre le reali qualità delle realizzazioni, a volte invece creando le condizioni per la loro damnatio memoriae. Dopo un quarto del nuovo secolo cosa rimane di tutto ciò? Quali di queste figure sono ancora imprescindibili per la costruzione dell’immaginario dell’architettura? Al pubblico – e agli architetti – viene lasciato il privilegio di trovare la propria personale risposta».

La risposta, si sarebbe detto in quegli stessi anni, o quasi, della costruzione visionaria del Villaggio ENI, soffia nel vento, come sempre nell’aria, nelle correnti che levigano le pieghe dei tempi, ivi compreso, va da sé, il nostro di tempo. E l’occasione, in questo luogo mozzafiato ai piedi delle più belle montagne del mondo, ci può davvero aiutare, attraverso un fertile e non convenzionale confronto, ad intuire, a provare ad intellegere i segnali che questa concentrica e trasversale disciplina ci invia oggi circa la sua mutevole condizione in costitutivo, perenne divenire. Massimo Bran

© Associazione Culturale Edoardo Gellner Architetto 1909/2004

architettura

GIUSEPPE TORRES

Cuore sacro

Intervista Giovanna

Giuseppe Torres (1872–1935), architetto veneziano e figura sfaccettata e complessa, operosa nei primi decenni del Novecento, impegnato nella ricerca storicistica medievalista della corrente eclettica di quegli anni, ha lasciato in città alcuni importanti esempi della sua arte. Tra tutti, in particolare la sua casa in Rio del Gaffaro, a qualche centinaio di metri in linea d’aria dalla Stazione, rappresenta la sintesi della sua articolata ricerca artistica. Abbiamo potuto incontrare l’architetto Giovanna Ravetta, pronipote di Torres, che vive nella casa del bisnonno da parecchi anni. Una casa museo che Giovanna con infinito amore e grande passione conserva e mantiene, ma allo stesso tempo vive assieme al marito Giancarlo e ai loro due figli. Una scommessa non facile, tuttavia molto stimolante per un architetto come Ravetta che oramai si dedica a tempo pieno alla ricerca archivistica, alla conservazione e alla valorizzazione delle opere di Giuseppe Torres.

Grazie per averci accolti in questa casa “da favola”, ancora pregna di quell’atmosfera dell’epoca e che ci facilita a connetterci subito al mondo di Giuseppe Torres. Ci racconti un po’ chi era suo bisnonno. È un grande piacere accogliervi a Casa Torres. Venezia è dove il bisnonno ha prevalentemente vissuto e lavorato, tuttavia ha viaggiato molto. Ha svolto i suoi studi prima presso la scuola d’arte industriale e poi presso il Regio Istituto di Belle Arti di Venezia, diplomandosi in disegno e ornato nel 1893. Da subito partecipa attivamente a quel fervido dibattito che caratterizzerà la cultura artistica europea e veneziana a cavallo dei due secoli. Dopo un importante tirocinio presso lo studio di Carlo Pergoli a Fiume, comincia a lavorare come progettista nell’impresa edile del padre Marco. Lo studio diventerà presto un punto di riferimento per la progettazione a Venezia e non solo, soprattutto quando entrerà a farne parte anche il fratello più giovane Duilio. L’idea era di rinnovare ispirandosi all’antico. Visionaria e quindi vincente fu la scelta del padre Marco di acquistare nel 1884 dei terreni con magazzini nella zona di Dorsoduro, dove si stava creando un polo di fervida attività industriale grazie alla facilità dell’approvvigionamento di materie prime dai terminal della Ferrovia e del Porto. Lo stabilimento di famiglia di Calci e Cementi di Vittorio Veneto produceva soprattutto elementi artistici realizzati in cemento che imitavano la bellezza e la preziosità del marmo. Grazie alla posizione strategica dei magazzini acquisiti, questi elementi venivano assai agevolmente consegnati in città. In quest’area vennero realizzate anche le abitazioni per la famiglia: dai primi del Novecento i Torres si trasferirono infatti definitivamente da San Giacomo dall’Orio a Dorsoduro. Nella sua ricca carriera artistica Giuseppe Torres si occupò non solo di architettura; i suoi interessi spaziarono anche nell’ambito della scultura e delle arti decorative. Si dedicò al restauro e fu tra i promotori nel 1909 della fondazione della Casa d’Arte Decorativa, la

Casa Torres Fondamenta del Gaffaro Dorsoduro 3546-3547

quale promuoveva l’artigianato artistico con un’attenzione particolare verso manufatti di arte sacra. Fondò anche il Collegio delle Arti, uno spazio espositivo al piano terra di Palazzo Barzizza sul Canal Grande, dove Torres visse con la famiglia e con la sua unica figlia Giulia, mia nonna. Solo nel 1931, quando emersero evidenti i segni di quella malattia che lo portò alla morte nel 1935, andò a vivere a Casa Torres in Rio del Gaffaro con la famiglia di Giulia, che nel frattempo si era sposata.

Partiamo dunque dall’edificio dove lei stessa oggi vive, la dimora che Giuseppe Torres aveva progettato agli inizi del Novecento. In che tipo di casa voleva abitare Torres? Per narrazione familiare il bisnonno inizia a dedicarsi alla progettazione di Casa Torres – denominata anche “Casa bizantina” nelle prime pubblicazioni che la riguardano – nel 1898, anno di nascita della figlia Giulia. Fu conclusa circa una decina di anni dopo, nel 1907. Grazie al padre Marco, che gli mise a disposizione una porzione di terreno all’interno delle proprietà di Dorsoduro, gli operai e il materiale costruttivo, il giovane Torres poté iniziare quella felice ricerca artistica che lo porterà alla creazione della dimora. Fu sicuramente la fascinazione per il periodo e lo stile bizantino, emersa già negli anni di studio, ad ispirare questo ambizioso progetto. Quando vengono formulate delle considerazioni attorno alla maniera storicistica che informerebbe il lavoro di Torres, molti parlano di “progettazione in stile”. Ebbene, io credo invece che il suo rapporto con l’antico fosse assai più profondo e non connotato da un approccio meramente estetico. Alla base di questa dimora vi è un’idea di casa-laboratorio, da lui tanto amata, dove l’artigiano lavora manualmente mosso da una forte consapevolezza del proprio lavoro durante la produzione di manufatti di uso comune o di arte decorativa. Insomma, la sua è una sorta di ricerca dell’anima degli oggetti che mi fa venire in mente il lavoro di grande fatica e impegno degli amanuensi.

Non ho la certezza che questo studio del bisnonno derivasse dalla conoscenza della Scuola d’Arte di Beuron nel Comune di BadenWürttemberg in Germania, anche se penso che conoscesse bene l’Abbazia di Montecassino da loro decorata nel 1874-1879. Questa influenza venne da lui approfondita con un’indagine personale basata soprattutto sul ridare significato alla nuova produzione di Arte Sacra.

Il progetto per Casa Torres è forse l’esempio più compiuto di quella ricerca sullo storicismo medievalista che vede impegnate anche altre figure di architetti e artisti dell’epoca. Possiamo allargare un po’ il campo e inserire Casa Torres all’interno di una corrente europea?

Ho veramente difficoltà ad inserirlo in una corrente. Sicuramente Torres è a conoscenza della ricerca artistica che andava approfondendosi in Europa in quell’epoca, lo rivelano i libri ancora presenti nella sua biblioteca, gli ordini di pubblicazioni presso case editrici straniere, le sue molteplici committenze. Molti dei suoi libri riproducono studi di elementi architettonici e decorativi medioevali ai quali si è ispirato sempre con quella necessità di scavare sul profondo significato delle cose, degli argomenti di studio, che ha sempre connotato il suo operare. La rielaborazione personale di questi temi tradisce una preferenza agli stessi assai schematica e astratta, con un’attenzione molto forte per il dettaglio nell’economia dell’insieme che andava componendo: ritengo che aspirasse alla perfetta armonia della proporzio-

Casa Torres, Album di famiglia
Giuseppe Torres, Album di famiglia
Giulia Torres, Album di famiglia

architettura

GIUSEPPE TORRES

Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti, fondo Giuseppe Torres - Proprietà Arch. Giovanna Ravetta
Tinello con mobili disegnati da Giuseppe Torres
Interno, archi e colonne bizantine
Interno, salotto
Casa Torres

ne dello spazio progettato. Elementi geometrici come il cerchio, la sfera, il quadrato lo hanno guidato nei suoi progetti anche per il loro profondo e intrinseco significato filosofico. L’amore per l’arte bizantina fu per Torres una scelta che aveva molto di filosofico e spirituale, un senso di affinità profonda che, secondo lui, andava via via allentandosi nel periodo tardo-gotico fino a perdersi in quello rinascimentale.

Giuseppe Torres fu all’epoca un architetto moderno, nelle soluzioni costruttive, nell’organizzazione degli spazi e sulla scelta dei materiali. In questa casa la modernità è rivestita da una patina di bizantinismo che ci riporta alle case fondaco del medioevo.

Corretto. Tuttavia, al fine di comprendere appieno il processo progettuale di Torres, vorrei invertire i termini della domanda. Il progetto sicuramente vuole essere l’applicazione dello studio fino allora da lui condotto attorno al tema della casa-laboratorio bizantina a Venezia nel XIII secolo, sia nella tipologia della casa (la casa-laboratorio dell’artigiano dell’epoca), sia nello studio delle tecniche costruttive (elementi lignei e murari), sia nell’apparato decorativo (dalle tipologie delle colonne, bifore o quadrifore, fino ai particolari delle maniglie, disegnati uno a uno e tutti differenti gli uni dagli altri, oltre ai motivi decorativi dipinti o realizzati a fresco sulle facciate). Dall’analisi dei disegni originali elaborati nel corso degli anni, però, Casa Torres rappresenta un’opera di così profonda rielaborazione dei motivi dell’architettura del periodo da lui studiato che permette a questo edificio di inserirsi appieno nella contemporaneità. Infatti, se l’impianto della casa nel primo progetto tiene conto delle preesistenze (così come allora fu la necessità di inserirsi nel tessuto urbano esistente), nel corso del lavoro Torres elabora il progetto fino ad ‘astrattizzarlo’, oltre a renderlo attuale, moderno anche nei servizi, seguendo i criteri igienici moderni. Mantenendo le caratteristiche tipologiche e i motivi decorativi della casa-laboratorio bizantina Torres attribuisce nuove funzioni agli spazi: il ballatoio posteriore ligneo ed esterno di servizio (non più servito dalla scala a bovolo, che spostandosi sulla facciata laterale diventa ben visibile dalla fondamenta), pur non perdendo la sua funzione, diventa l’elemento caratterizzante e di unione nell’articolazione dell’edificio; la loggia medievale aperta al secondo piano viene ridisegnata quale ambiente chiuso e la grande apertura viene spostata per affacciarsi da est a nord, dotando così l’ambiente ora chiuso di una grande finestra con luce indiretta propria dello studio d’artista. Caratterizza la facciata del piano terra, ben visibile dalla Fondamenta del Gaffaro, la grande apertura lignea e quella più stretta tipiche della casabottega, ma il laboratorio perde la sua funzione acquisendo quella di salotto arricchito dal grande camino a doppia bocca. Gli elementi decorativi e costruttivi, pur attingendo dal passato con plutei, colonne, capitelli, mosaici, vengono qui semplificati e utilizzati da Torres per impreziosire i volumi architettonici con grande raffinatezza ed eleganza ricercando un’idea di architettura moderna.

Molti sono gli oggetti sacri presenti in questa casa: croci, intagli, bassorilievi, mosaici… La sensazione è quella di Gesamtkunstwerk, di un’opera d’arte totale.

Quale era il rapporto di Torres con la religione?

Piuttosto con le religioni. Egli era profondamente credente, la sua idea era quella che esistesse un principio universale che accomunava tutte le religioni e lo indagava sempre con grande rispetto e profondità.

Volutamente in questo soggiorno ho raccolto, insieme ad altri, gli oggetti disegnati da Torres che sono ispirati alle religioni le più varie. Convivono la Croce cristiana astile in argento sbalzato con lo Yungdrung ricamato – la croce a svastica tibetana –, la Menorah in metallo e vetro di Murano e quel disegno ad acquarello elaborato

da Torres che vuole rappresentare la sua personale interpretazione dell’universo nella sua visione teosofica, con al centro il doppio triangolo intersecato. I Simboli poi. Per lui i simboli sono importanti perché trasmettono quell’energia e significato spirituale comune a tutto l’universo e che si estrinsecano poi nelle differenti religioni. Torres si autodefiniva un profondo cattolico, perché cresciuto ed educato nell’alveo di questa religione, ma altrettanto fermamente credeva nello Spirito, nell’Amore, nella Bellezza comuni all’intero Universo. Tutta la sua architettura e la sua arte in generale è guidata da questo profondo credo; la stessa fascinazione per il bizantinismo, evidente non solo nelle sue architetture ma anche nei suoi prodotti di artigianato, è in qualche modo intrisa dalla convinzione che quell’espressione artistica fosse la manifestazione di un profondo credo.

Non è così semplice vivere in una casa d’artista.

Come vi siete organizzati?

Questa è una domanda da rivolgere alla mia famiglia, che vive l’inverno in casa con un doppio maglione perché i serramenti originali non permettono di raggiungere confortevoli temperature! Io ho sempre vissuto questa casa, qui passavo lunghi periodi della mia infanzia da nonna Giulia, come dicevo l’unica figlia di Torres, e da zia Franca. Era il mio rifugio, con tutte le storie che mi venivano raccontate e che immaginavo dando loro forma attraverso i mille oggetti e le vecchie fotografie in bianco e nero lì ospitate. Ho spostato alcuni oggetti, inserendo qualche mobile attuale da me disegnato, ma ho sempre sentito e vissuto un grande rispetto per questa casa, anche se necessariamente bisogna convivere con le esigenze della quotidianità del nostro tempo. Per la mia famiglia questa è una casa sicuramente diversa dalle altre loro abitazioni o dalle case di amici. La presenza e il rispetto dovuto verso certi oggetti crea a volte un po’ di difficoltà, qualche disagio. E però rimane sempre e ancora una dimora che ha accolto e accoglie con magia tanti amici provenienti da ogni dove, capace di destare curiosità e desiderio di conoscenza, inevitabilmente invitando gli ospiti a discutere di temi inusuali.

Nella sua carriera di architetto Giuseppe Torres è stato autore di molti altri edifici, civili e religiosi, di cui rimane una documentazione ricca ed esaustiva presso lo IUAV. Quali i suoi progetti più significativi?

Ha lavorato molto sia a Venezia che altrove (Sicilia, Calabria, Umbria, Milano, Roma, etc.), realizzando progetti sia in ambito civile che ecclesiastico. Soprattutto le opere di committenza religiosa si intensificarono con la fine della Grande Guerra e con la conseguente istituzione nel Veneto dell’Opera di Soccorso delle Chiese, che aveva come obiettivo la ricostruzione di edifici religiosi danneggiati. Fondata da Monsignor Giovanni Costantini, al quale Torres era legato da un rapporto di profonda amicizia sin dai tempi delle frequentazioni nella parrocchia di San Giacomo dall’Orio (dove la famiglia originariamente abitava), l’istituzione diede molte opportunità di lavoro all’architetto oramai famoso anche per questa sua sensibilità religiosa.

A mio avviso le tappe più significative nell’evoluzione del pensiero architettonico del bisnonno possono senza dubbio essere: la Casetta bizantina, testimone di un’evoluzione progettuale e del distacco definitivo da canoni ottocenteschi; i progetti non realizzati della Casa del poeta e della Casa del silenzio, in quanto manifestano le sue tendenze architettoniche moderne; Villa Loredana al Lido o Villa Tretti a Bevadoro (Padova), progettate dalla grande alla piccola scala anche nell’arredo e più o meno in un contesto libero da vincoli. Tuttavia l’edificio che è stato sicuramente più impegnativo in termini progettuali e per quel che riguarda i rapporti personali è stato senz’altro il Tempio Votivo del Lido.

Tutta la documentazione grafica dell’opera di Torres è stata con-

architettura

GIUSEPPE TORRES

cessa in comodato allo IUAV nel 1995 perché venisse riordinata, catalogata, conservata e messa a disposizione degli studiosi ai fini della sua valorizzazione. Nel 2001 è stata fatta una mostra presso lo IUAV dei suoi disegni, occasione che ha permesso di pubblicare il volume che contiene l’inventario analitico della sua opera grafica a cura di Riccardo Domenichini.

Negli anni la conservazione, la ricerca d’archivio, la valorizzazione dell’opera del suo bisnonno ha corso su binari paralleli alla sua personale professione. Negli ultimi tempi ha prevalso la necessità di salvare la memoria dell’opera di Giuseppe Torres. Quali sono i suoi impegni, le sue ricerche, i suoi obiettivi?

Ho acquisito consapevolezza dell’importanza di tale testimonianza nel tempo, con un processo lento che con curiosità mi ha portato a voler approfondire i molti temi presenti nell’opera del bisnonno. Sono giunta a considerare questa casa non solo un luogo familiare, ma anche un luogo della memoria. Mi piacerebbe valorizzare quello che mi è stato tramandato dalla famiglia. Ovunque, in ogni angolo di questa mia casa, ci sono oggetti che riportano all’opera artistica del bisnonno: la sua biblioteca, i suoi scritti filosofici, gli oggetti di arte decorativa da lui disegnati e a volte prodotti direttamente, i vetri a stampo – altro suo brevetto. Più mi immergo nello studio e nella ricerca tra oggetti e carte e più scopro una personalità sfaccettata, complessa e stimolante, quella che caratterizza il profilo di un grande intellettuale.

La valorizzazione dell’opera di Torres ha radici nel passato, naturale evoluzione di una volontà maturata nel 1995, quando, alla morte di nonna Giulia, che conservò con grande attenzione il lavoro del padre, mia zia Franca e io abbiamo deciso di mettere a disposizione degli studiosi l’eredità progettuale, il deposito professionale dell’architetto: nacque così il progetto di depositare in comodato d’uso i suoi disegni all’Archivio Progetti IUAV ai fini della sua conoscenza, conservazione e valorizzazione. Pensando al futuro, l’evoluzione potrebbe essere quella di far diventare Casa Torres una sorta di casa-museo pur rimanendo casa famigliare, facendone così tappa fondamentale dell’Archivio Progetti IUAV. Sono convinta che queste due entità, la casa e l’istituzione, non possono essere scisse per meglio comprendere la figura e l’opera del bisnonno, ma anche più estesamente un’intera epoca e la sua cultura. È sicuramente un obbiettivo molto ambizioso!

Prima ha citato l’opera monumentale che identifica lo skyline del Lido: il Tempio Votivo. Le sta molto a cuore, assieme ad altre persone, un progetto di valorizzazione di questo edificio anche per il suo valore legato alla memoria di eventi terribili che si sono svolti nel secolo scorso. Ci può raccontare come vi state muovendo a riguardo?

Il Tempio è riconoscibile nella sua architettura già dal bacino di San Marco. Così volle l’allora Patriarca di Venezia, Pietro La Fontaine, esperendo il Voto nel 1916 perché Venezia uscisse indenne dal conflitto. Fu pensato ben visibile e in collegamento ideale con altri grandi templi votivi della città: la Basilica della Salute e la Chiesa del Redentore alla Giudecca. La genesi di questo progetto fu molto complessa e assai lunga fu la sua realizzazione (1925–1945), anche per l’oneroso impegno economico che richiese. Il Tempio è intitolato

a Maria Immacolata, la cui statua svetta sulla grande cupola, ed è a pianta circolare con una scalinata al centro. Nella parte superiore si trova la chiesa e in quella inferiore si trova la cripta, che dal 1929 si è trasformata in ossario militare.

Seppure così evidenti, ci siamo accorti che la storia, le vicissitudini realizzative, il significato profondo dell’architettura stessa di questo straordinario edificio sono poco conosciuti. Dopo lunghi anni di chiusura e dopo il restauro realizzato tra il 2015 e il 2019 grazie ai fondi regionali speravamo che il Tempio Votivo ritornasse a nuova vita, che fosse riaperto al pubblico al fine di farne conoscere al meglio la sua storia e il suo significato. A inizio 2021, dopo un mio intervento sulla stampa che rendeva evidente la non consapevolezza diffusa di che cosa davvero significasse e rappresentasse per la collettività tutta questo monumento, sono stata contattata da alcune persone sensibili all’argomento per storie personali o professionali che si sono proposte di contribuire, di aiutare a rendere più fruibile questo tempio. Insieme, dopo esserci confrontati a fondo su tutte le possibili, auspicabili azioni da compiere, abbiamo deciso di costituire il Comitato per il Tempio Votivo del Lido di Venezia, del quale sono presidente. Dal 2021 ad oggi abbiamo promosso iniziative al fine di far conoscere il monumento, andando come prima cosa a contattare le istituzioni preposte alla sua tutela, in particolare il Patriarcato di Venezia, che ne è proprietario, proponendo una serie di aperture in occasione dell’anno del centenario della posa della prima pietra, che cade proprio nel 2025. Abbiamo in seguito firmato un protocollo d’intesa con Onorcaduti, l’allora ufficio del Ministero della Difesa ora Ufficio per la Tutela della Cultura e della Memoria della Difesa, organo statale preposto alla tutela della Cripta-Sacrario Nazionale, segnalando la necessità di azioni di promozione e di interventi di restauro di opere d’arte esistenti all’interno, in particolare le finestre in alabastro egiziano che versavano in cattive condizioni, finite di restaurare nel dicembre 2024.

Abbiamo avuto il piacere di partecipare a progetti organizzati dall’Ufficio Beni, Attività Culturali e Sport della Regione del Veneto e dal MeVe - Memoriale Veneto Grande Guerra, su progetti relativi alla Grande Guerra Infinita. La nostra azione di valorizzazione si connota attraverso visite, conferenze, articoli su riviste locali, organizzazione di giornate di studio, attività presso le scuole di Venezia, per poter trasmetterne il significato profondo di questo luogo della memoria alle nuove generazioni. Siamo felici che istituzioni quali il FAI Venezia, Iveser, i licei veneziani e le molte associazioni legate a particolari accadimenti storici stiano rispondendo con molto interesse a questo appello.

Sembra quasi di cogliere che lei sia oramai diventata la “vestale” dell’opera del suo bisnonno. Quali, dunque, le prossime iniziative che vi vedono protagonisti in prima linea?

Nell’immediato le prossime iniziative in programma sono: il 4 settembre nella Cripta-Sacrario del Tempio la cerimonia solenne dedicata a Nazario Sauro, organizzata dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia; il 2 ottobre, giorno della ricorrenza dell’Eccidio di Triglia, dopo la celebrazione in Tempio, nel pomeriggio si terrà invece una conversazione presso Iveser con lo storico Giulio Bobbo e gli autori del libro appena uscito Morire a Spalato, volume che ripercorrere la poco conosciuta storia che coinvolse nel 1943 i militari italiani e in particolare il Maggiore Carlo Linetti in quel territorio dalmata.

Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti, fondo Giuseppe Torres - Proprietà Arch. Giovanna Ravetta
Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti fondo Giuseppe Torres - Proprietà Arch. Giovanna Ravetta
Università Iuav di Venezia, Archivio Progetti, fondo Giuseppe Torres Proprietà Arch. Giovanna Ravetta
Giuseppe Torres, Angelo del Sacrificio, finestre a bassorilievo in alabastro egiziano
Giuseppe Torres, Angelo della Pace finestre a bassorilievo in alabastro egiziano © Luca Vascon
Giuseppe Torres, decorazione pilastri
Sacrario del Tempio Votivo, Lido

LA CASA DELLE EMOZIONI

Una casa lontano da casa. Così può essere definito senza timore di smentita lo spazio al terzo piano delle Procuratie in Piazza San Marco, amplificatore dell’azione di The Human Safety Net. Emma Ursich, CEO di The Human Safety Net, che abbiamo intervistato, lo definisce un movimento che sta crescendo con il crescere delle problematiche che connotano il nostro tempo. Una casa, quella di The Human Safety Net, aperta a tutti, in termini generazionali, di provenienza e di studio, tanto da conquistare a poco a poco anche l’esigente pubblico veneziano e non solo. I temi sono affrontati attraverso iniziative permanenti, come la mostra interattiva A World of Potential, i laboratori, gli incontri, i libri, le proiezioni e naturalmente l’arte, linguaggi universali che The Human Safety Net utilizza per amplificare i propri programmi per famiglie vulnerabili e rifugiati e contribuire alla conversazione globale sui temi dell’innovazione sociale. Un nuovo impulso è stato offerto con la mostra temporanea Dreams in Transit, curata dalla Fondazione Art for Action, un’indagine sullo stato di sospensione che segue la migrazione, tramite le opere di artisti contemporanei e che proprio ai primi di settembre, porrà al centro di Piazza San Marco, icona

planetaria, un’installazione ispirata al progetto Inside Out dell’artista JR, che siamo sicuri assurgerà alle cronache particolarmente calde dell’attualità. Emma Ursich, CEO di The Human Safety Net, ci guida attraverso le Procuratie dove le parole “potenziale umano” e “inclusione” si uniscono in un’azione quanto mai incisiva e culturalmente significativa.

The Human Safety Net nasce nel 2017 con l’obiettivo di liberare il potenziale di coloro i quali vivono in condizioni di vulnerabilità. Che riflessioni può condividere sull’impatto che ha avuto questo progetto a riguardo?

La Fondazione lavora sul potenziale delle persone per fare in modo che anche chi è a rischio di esclusione abbia l’opportunità di esprimerlo. Questo impatto è particolarmente significativo in un momento in cui il cambiamento climatico e i mutamenti geopolitici e sociali hanno portato a cambiamenti demografici di portata globale. Il nostro movimento si basa su due pilastri: il programma “Per le Famiglie”, incentrato sul supporto a famiglie vulnerabili con bambini da 0 a 6 anni, e il programma “Per i Rifugiati”, volto all’inclusione economica dei rifugiati nei Paesi di accoglienza attraverso la formazione e l’inserimento lavorativo o la creazione di microimprese. Dal 2017 The Human Safety Net ha contribuito a liberare il potenziale di

di Mariachiara Marzari
Intervista Emma Ursich | CEO di The Human Safety Net

più di 800.000 persone attraverso programmi attentamente progettati, misurabili e scalabili. Ad oggi, l’iniziativa ha supportato centinaia di migliaia di genitori e di bambini fino ai 6 anni di età, supportando il loro sviluppo fin dai primi passi della loro vita, contribuendo alla creazione di oltre 650 startup e a più di 1.500 posti di lavoro per i rifugiati. Grazie al lavoro congiunto con le nostre 80 onlus partner, operiamo in 25 Paesi e in più di 800 località in tutto il mondo.

Le Procuratie sono la Casa di The Human Safety Net, in cui cultura e società si incontrano per formare una comunità potenziale e solidale. Quali gli obiettivi che vi siete qui prefissati di raggiungere?

La Casa di The Human Safety Net, all’interno delle Procuratie in Piazza San Marco a Venezia, aperta al pubblico nel 2022 dopo un lungo restauro curato da David Chipperfield Architects Milan, continua a crescere come hub di innovazione sociale. L’anno scorso siamo arrivati a quota 150.000 visitatori dall’inaugurazione grazie alle nostre mostre permanenti e temporanee e a centinaia di eventi che coniugano linguaggi diversi tra i quali quello dell’arte. Nel potenziare il nostro impatto, il ruolo della Casa è cruciale: la nostra sede funge da amplificatore della nostra attività a livello sia locale che internazionale. Grande soddisfazione ci viene dal vedere quanto sia frequentata dai veneziani e dalle loro famiglie e quanti ritornino a visitarla e a “viverla” nelle ripetute visite a Venezia. Guardando al 2025, ma anche al futuro, The Human Safety Net riafferma il suo costante impegno per sostenere le comunità più

Ahome away from home. This is how the space on the third floor of the Procuratie building in Piazza San Marco, an amplifying hub for the work of The Human Safety Net, can be described without fear of contradiction. Emma Ursich, CEO of The Human Safety Net, whom we interviewed, defines it as a movement that is growing alongside the growing issues that shape our time. A home, The Human Safety Net, is open to all, regardless of generation, background, or educational background, so much so that it is gradually winning over a discerning Venetian public and beyond. The issues are addressed through permanent initiatives, such as the interactive exhibition A World of Potential, workshops, meetings, books, screenings, and of course art, all universal languages that The Human Safety Net uses to amplify its programs for vulnerable families and refugees and contribute to the global conversation on social innovation. New impulses have been provided by the temporary exhibition Dreams in Transit, curated by the Art for Action Foundation. This exhibition explores the state of suspension that follows migration, through the works of contemporary artists. This very early September, the exhibition will place an installation inspired by the artist JR’s Inside Out project, at the center of Piazza San Marco, a global icon. Emma Ursich, CEO of The Human Safety Net, guides us through the Procuratie, where the words “human potential” and “inclusion” come together in an extremely impactful and culturally significant action.

The Human Safety Net and its impact

The Foundation focuses on helping people realize their potential – even those at risk of social exclusion. This mission has become even more relevant in a time marked by climate change and major geopolitical and social shifts, which have triggered global demographic transformations. Our movement is built on two core programs: For Families, which supports vulnerable families with children aged 0 to 6, and For Refugees, which promotes the economic inclusion of refugees in host countries through training, employment, and micro-entrepreneurship.

Since 2017, The Human Safety Net has helped unlock the potential of over 800,000 people through carefully designed, measurable, and scalable programs. To date, we’ve supported hundreds of thousands of parents and young children in their early development, helped launch more than 650 startups, and created over 1,500 jobs for refugees. Working with 80 nonprofit partners, we now operate in 25 countries and more than 800 locations worldwide.

A goal for a beautiful space in Venice

Located in the Procuratie in St. Mark’s Square and opened to the public in 2022 after a major restoration by David Chipperfield Architects Milan, the Home of The Human Safety Net is growing as a hub for social innovation. Since opening, it has welcomed over 150,000 visitors, thanks to its permanent and temporary exhibitions and hundreds of events that blend diverse languages, including art.

The Home plays a vital role in amplifying our impact, both locally and internationally. We’re especially proud to see how often

arte

EMMA URSICH DREAMS IN TRANSIT

vulnerabili. Ci ricorda che l’azione collettiva di persone che aiutano persone può essere un potente catalizzatore per un cambiamento duraturo nel tempo. Insieme continuiamo ad accrescere il nostro impatto e a impegnarci per un futuro in cui tutti abbiano l’opportunità di crescere e realizzarsi come persone.

Qual è la sua definizione di “venture philanthropy”?

La venture philanthropy rappresenta un ponte tra il mondo del non profit e quello dell’impresa per chi vuole fare innovazione sociale, favorendo soluzioni sostenibili e scalabili. Noi abbiamo fin da subito adottato questo approccio per sostenere famiglie vulnerabili e rifugiati. Attraverso partnership con ONG e imprese sociali, offriamo risorse, formazione e reti di supporto, con l’obiettivo di generare un impatto misurabile e duraturo.

Attraverso la collaborazione con ONG, istituzioni pubbliche e imprese private, la nostra rete ha continuato ad occuparsi di questioni critiche determinate dai cambiamenti demografici. Mettendo a disposizione risorse finanziarie, ma anche un solido know-how e la capacità di creare partnership, così come il tempo e le competenze di migliaia di persone di Generali che prestano volontariato, ci siamo concretamente impegnati per creare soluzioni innovative comuni volte a massimizzare l’impatto positivo sulle comunità.

A Venezia, nelle Procuratie, c’è uno spazio speciale dove il visitatore può mettersi in gioco: il percorso A World of Potential. Quali le impressioni prevalenti da parte di chi ha vissuto questa esperienza?

La mostra è pensata per tradurre in esperienza interattiva, stimolante e coinvolgente il valore fondante che è alla base del lavoro della nostra Fondazione, vale a dire la consapevolezza del fatto che tutti abbiano un proprio potenziale e abbiano la possibilità di esprimerlo, lavorando sui propri punti di forza, migliorando così la propria vita e quella delle proprie comunità. Questo colpisce e affascina i visitatori, piccoli o grandi che siano, tutti incoraggiati ad aprirsi, a scoprirsi e a condividere l’esperienza, come testimoniano i feedback raccolti. Nella versione oggi rinnovata, i visitatori sono ancora più al centro del percorso, subito chiamati a riflettere sulle storie straordinarie di personaggi che fanno parte della cultura del nostro tempo e di come anche partendo da situazioni di vulnerabilità tutti abbiamo il potenziale per sviluppare i nostri punti di forza. Nel corso del viaggio interattivo, poi, vi è la possibilità di cimentarsi con esercizi diversi mettendo alla prova i propri punti di forza, allenandoli e misurandosi con sfide nuove e sorprendenti.

A World of Potential è stata curata da Orna Cohen, co-fondatrice di Dialogue Social Enterprise (DSE), e disegnata dallo Studio Migliore+Servetto di Milano come una progressione di esperienze giocose e sorprendenti, che portano i visitatori a scoprire il proprio potenziale partendo da valori come creatività, perseveranza, gratitudine, curiosità, speranza, intelligenza sociale e lavoro di squadra. Questi concetti sono stati tradotti in sedici installazioni multimediali interattive, sia analogiche che digitali, capaci di coinvolgere i pubblici i più vari e di generare diffusamente riflessioni e autoanalisi. Il percorso è disponibile in sei lingue: inglese, francese, italiano, spagnolo, tedesco e cinese. Come tappa conclusiva, i visitatori possono entrare a far parte del network attraverso una donazione volontaria che supporta i programmi di The Human Safety Net. Un

gesto semplice ma significativo, che sommato agli altri può davvero fare la differenza per un mondo più inclusivo.

La nuova mostra temporanea Dreams in Transit esplora lo stato di sospensione che segue la migrazione attraverso le opere di artisti contemporanei quali Leila Alaoui, Ange Leccia, Anouk Maugein, Lorraine de Sagazan, Sarah Makharine. Perché avete scelto questa proposta?

La mostra collettiva, curata da Art for Action, vuole offrire una riflessione profonda sull’impatto duraturo dei fenomeni migratori, visto attraverso gli occhi di artisti contemporanei. Ma parla anche del potere dell’arte di sfidare le narrazioni e di ispirare il cambiamento, rivendicando visibilità per le voci emarginate. I viaggi che vengono raccontati tracciano le linee delle migrazioni, sospese tra il momento della partenza e un futuro incerto, approfondendo le complessità legate all’identità, all’appartenenza e ai nuovi inizi, svelando ciò che spesso rimane invisibile. Il nostro lavoro si focalizza proprio su ciò che accade dopo la migrazione, perché fare la differenza è possibile grazie all’integrazione e al lavoro, trovando opportunità e soluzioni concrete e scalabili in grado di offrire nuove possibilità alle persone, rispondendo al contempo al tema della carenza di figure professionali. Rappresentare attraverso l’arte questo impegno significa stimolare il visitatore, offrendo nuovi strumenti di riflessione e partecipazione rispetto ai cambiamenti in atto nella nostra società.

Vi apprestate a presentare, dopo l’inaugurazione a maggio, il secondo capitolo del progetto Dreams in Transit. Condivide con noi delle anticipazioni?

Il racconto di Dreams in Transit proseguirà con un’installazione speciale in piazza San Marco sulla facciata delle Procuratie. Invito tutti a vederla, dal 3 al 7 settembre prossimi, e a visitare gli spazi della Casa di The Human Safety Net per scoprire il progetto After Migration. L’ingresso, da maggio, è libero per tutti, una decisione che abbiamo preso a tre anni dall’apertura per esprimere, anche così, i nostri valori di inclusione e di comunità.

Emma Ursich, CEO of The Human Safety Net © Martino Lombezzi

Venetians and their families visit – and return – to experience the space. Looking ahead to 2025 and beyond, The Human Safety Net reaffirms its commitment to supporting the most vulnerable communities. It reminds us that collective action – people helping people – can be a powerful force for lasting change. Together, we continue to grow our impact and work toward a future where everyone has the opportunity to thrive.

Your definition of venture philanthropy

Venture philanthropy is a strategic approach that bridges the nonprofit and business worlds to foster social innovation. It supports sustainable and scalable solutions to complex social challenges. From the outset, we adopted this model to assist vulnerable families and refugees. By partnering with NGOs and social enterprises, we provide not only financial resources but also training, mentorship, and support networks aimed at generating measurable and lasting impact.

Our network continues to address critical issues arising from demographic changes through collaboration with NGOs, public institutions, and private companies. We contribute not just funding, but also deep expertise, the ability to build partnerships, and the time and skills of thousands of Generali employees who volunteer. This collective effort is directed toward creating innovative, shared solutions that maximize positive impact on communities.

Impressions on A World of Potential

The exhibition was designed to transform the core values of our Foundation into an interactive, engaging experience. At its heart is the belief that every individual has potential – and that by identifying and developing personal strengths, people can improve their own lives and contribute positively to their communities. This message resonates deeply with visitors of all ages, who are encouraged to open, explore their inner resources, and share their experiences. Feedback consistently highlights how inspiring and thought-provoking the journey is.

In its newly updated version, the exhibition places visitors even more at the center of the experience. From the very beginning, they are invited to reflect on the extraordinary stories of individuals who, despite starting from vulnerable situations, have developed their strengths and made meaningful contributions to society. The interactive journey includes a variety of exercises that challenge visitors to test and train their strengths, offering surprising and enriching experiences.

Curated by Orna Cohen, co-founder of Dialogue Social Enterprise (DSE), and designed by the Milan-based Studio Migliore+Servetto, A World of Potential unfolds as a sequence of playful and surprising experiences. It encourages visitors to discover their own potential through values such as creativity, perseverance, gratitude, curiosity, hope, social intelligence, and teamwork. These concepts are brought to life through sixteen interactive multimedia installations – both analog and digital – designed to engage a wide range of audiences and spark deep reflection and self-awareness. The exhibition is available in six languages: English, French, Italian, Spanish, German, and Chinese. At the end of the experience, visitors are invited to join the network through a voluntary donation that supports The Human Safety Net’s programs. It’s a simple yet meaningful gesture that, when combined with others, can truly make a difference in building a more inclusive world.

The theme of migration

Curated by Art for Action, Dreams in Transit offers a profound reflection on the lasting impact of migration, seen through the eyes of contemporary artists. It also speaks to the power of art to challenge dominant narratives and inspire change, giving visibility to marginalized voices. The journeys depicted in the exhibition trace the paths of migration, suspended between departure and an uncertain future. They delve into complex themes of identity, belonging, and new beginnings, revealing aspects of the migrant experience that often remain unseen.

Our work focuses on what happens after migration – on integration, employment, and the creation of real, scalable opportunities that can offer new possibilities to individuals while also addressing labor shortages. Representing this commitment through art allows us to engage visitors in a meaningful way, offering new tools for reflection and participation in the societal changes unfolding around us.

An upcoming second chapter

The narrative of Dreams in Transit will continue with a special installation on the façade of the Procuratie in Piazza San Marco, from September 3 to 7. We warmly invite everyone to come and see it, and to visit the spaces of The Human Safety Net’s home to discover the After Migration project. Since May, entry has been free for all – a decision we made three years after opening to further express our values of inclusion and community.

This next chapter will deepen the exploration of migration’s aftermath, focusing on how individuals rebuild their lives and find new purpose. It will also highlight the role of creativity and resilience in shaping inclusive societies. Through art, we aim to stimulate dialogue and foster empathy, encouraging visitors to reflect on their own potential to contribute to a more equitable world.

Dreams in Transit, installation view, The Human Safety Net, Procuratie Vecchie

arte

IN THE CITY

Portali tra mondi paralleli Una nuova attesissima mostra firmata SMAC e OGR

Una narrazione cinematografica che attinge sia alla scienza che all’universo della fantascienza e della cultura pop: è The Quantum Effect, la nuova attesissima mostra curata da Daniel Birnbaum e Jacqui Davies, prodotta e ospitata da SMAC – San Marco Art Centre con OGR Torino, che apre alle Procuratie Vecchie il 5 settembre. Un insieme di opere d’arte, esperimenti scientifici, equazioni della meccanica quantistica e fantascienza esplorano i paradossi spaziali e temporali introdotti dalla teoria quantistica: universi paralleli, viaggi nel tempo, teletrasporto, “supersymmetry” e materia oscura. L’allestimento si ispira concettualmente al romanzo emblematico di Raymond Roussel Locus Solus, con il suo racconto di otto miracolosi tableaux vivants ambientati in un’architettura di vetro. Prendendo spunto dalle realtà quantiche, la mostra segnala nuove possibilità creative in cui oggetti e ruoli possono essere contemporaneamente una cosa e il suo opposto: seguendo una struttura speculare, ogni opera ha un suo “gemello”, un sosia quasi identico. Accanto alle opere di Dara Birnbaum, Ilya Khrzhanovsky, Isa Genzken, Jeff Koons, Mark Leckey e Marcel Duchamp/Man Ray, The Quantum Effect include interventi dei curatori che sovvertono i ruoli: collage cinematografici “entangled” (dal termine entanglement, correlazione quantistica) con scorci misteriosi dal mondo della teoria e del calcolo, e Science Fiction, una linea temporale alternativa che mette in discussione la nozione di tempo lineare e la natura della realtà. Lo spazio espositivo di SMAC, più di mille metri quadrati, è articolato in 16 sale lungo un corridoio continuo di 80 metri. Il fulcro è la stanza di specchi Oil VII (2007) di Isa Genzken, da cui il percorso si sviluppa simmetricamente con gallerie a sinistra e a destra percepite come mondi paralleli, come se l’esposizione si svolgesse simultaneamente in realtà multiple.

The Quantum Effect costruisce così portali audiovisivi che mettono in connessione arte, cinema, scienza, filosofia e magia. Attraverso la ricerca, il dialogo e la sperimentazione, SMAC, fondata da Anna Bursaux, David Gramazio e David Hrankovic, osserva con sguardo critico la cultura visiva contemporanea e le sue relazioni con storia, scienza e società. M.M.

Parallel ENG world portals

Blending science, sci-fi, and pop culture, The Quantum Effect is the highly anticipated exhibition curated by Daniel Birnbaum and Jacqui Davies, opening September 5 at SMAC – San Marco Art Centre, in collaboration with OGR Torino. Hosted in the Procuratie Vecchie, the show explores quantum paradoxes – parallel universes, time travel, teleportation, supersymmetry, and dark matter – through artworks, scientific experiments, and cinematic collages. Inspired by Raymond Roussel’s Locus Solus, each piece has a “twin,” reflecting quantum duality. Featuring works by Mapplethorpe, Duchamp/Man Ray, Koons, Genzken, and more, the exhibition unfolds across 16 rooms, anchored by Isa Genzken’s mirrored Oil VII. SMAC, founded by Anna Bursaux, David Gramazio, and David Hrankovic, connects art, science, and philosophy in a visionary, transformative experience. Audio/video portals connect art, cinema, science, philosophy, and magic.

The Quantum Effect 5 settembre-23 novembre SMAC – San Marco Art Centre, Piazza San Marco 105 www.smac.org

Dara Birnbaum, Technology/Transformation: Wonder Woman (1978-79). Courtesy of Dara Birnbaum e LUX, Londra

arte

IN THE CITY NEW

Il racconto dei racconti

All’Accademia va in scena il Seicento a Venezia

Una nuova indagine inedita e molto interessante porta all’attenzione del pubblico un secolo, il Seicento, non particolarmente noto per l’arte veneziana, schiacciato tra i grandi maestri del Cinquecento e la rinascita del Settecento. «Si tratta – sottolinea Giulio Manieri Elia, direttore delle Gallerie dell’Accademia – di una mostra ambiziosa, la prima che Venezia dedica alla pittura del Seicento dopo la grande rassegna del 1959. È un lavoro di studio e di ricerca, ma anche di fondamentale valorizzazione delle opere delle nostre collezioni, nel solco di quel percorso di riscoperta sul Seicento veneto cominciato con il riallestimento delle sale al piano terra della Gallerie».

Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia, alle Gallerie dell’Accademia dal 19 settembre 2025 al 18 gennaio 2026, curata da Francesco Ceretti, Michele Nicolaci e Filippo Piazza con un comitato scientifico di alto profilo che comprende Linda Borean, Francesco Frangi, Fabrizio Magani, Giulio Manieri Elia e Alessandro Morandotti, è una preziosa occasione di riflessione e, al tempo stesso, un imprescindibile momento di sintesi nel contesto della cultura figurativa del Seicento.

All’interno del contesto artistico straordinario della pittura lagunare del pieno Seicento spicca il lavoro del pittore bresciano, attivo a Venezia per la maggior parte della sua carriera, Pietro Bellotti (1625–1700). Nativo del Garda e allievo di Girolamo Forabosco, presente a Venezia a partire dagli anni Quaranta del Seicento, Bellotti fu un pittore di notevole successo, tanto da essere apprezzato dalle più autorevoli voci del tempo, a cominciare dal celebre critico militante Marco Boschini. La sua pittura dal fascino senza tempo si caratterizza per soggetti misteriosi, spesso legati alla negromanzia, alla filosofia e all’esoterismo. La fioritura, soprattutto a Venezia, di nuove correnti espressive alimentate, per molti versi, anche dai dibattiti letterari e filosofici sorti all’interno delle accademie, dimostrano lo stretto rapporto che intercorre tra pittura e letteratura. Un nuovo modo di interpretare temi e soggetti propri dell’immaginario barocco, dove la predilezione per iconografie inconsuete si associa a un’acuta osservazione del dato reale, creando un affascinante connubio tra “stupore” e “realtà”. Entrambi questi elementi sostanziano l’opera di Bellotti ed emergono in due importanti dipinti a lui riferibili, acquisiti di recente dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia: si tratta del cosiddetto Autoritratto come allegoria dello Stupore, una sorta di eccentrica presentazione ufficiale del pittore nell’agone pittorico veneziano, e dei Popolani all’aperto, prototipo della “pittura di realtà” e capolavoro della scena di genere, che costituisce un ponte con la celebre produzione del milanese Giacomo Ceruti di inizio Settecento.

L’inedito percorso attraverso la pittura veneziana d’età barocca offerto dalla mostra è costellato da prestiti eccezionali concessi da musei internazionali e italiani, quali il Museo Nacional del Prado di Madrid, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la Staatsgalerie di Stoccarda, il Dallas Museum of Art, le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Castello Sforzesco di Milano. M.M. [vedi Storie p. 154]

ENG

A new and compelling exhibition sheds light on the 17th century, a period often overlooked in Venetian art, overshadowed by the Renaissance and the 18th-century revival. “This is an ambitious show,” says Giulio Manieri Elia, director of the Gallerie dell’Accademia, “the first in Venice since 1959 to focus on 17th-century painting.” Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia. (lit. Wonder, Reality, Enigma. Pietro Bellotti and 17th-Century Painting in Venice’), curated by Francesco Ceretti, Michele Nicolaci, and Filippo Piazza, runs from September 19, 2025 to January 18, 2026. Bellotti, a successful painter active in Venice, is known for mysterious, esoteric subjects. His work bridges baroque imagination and realism, as seen in two recent acquisitions: Self-Portrait as Allegory of Wonder and Commoners Outdoors. The exhibition features loans from major European and American institutions.

Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia
19 settembre-18 gennaio 2026 Gallerie dell’Accademia www.gallerieaccademia.it
Pietro Bellotti, Parca Lachesi, 1654, Stoccarda, Staatsgalerie © Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin

arte

IN THE CITY

Soffio vitale

«Una delle cose più difficili da fare è dare vita a un materiale morto. E ogni volta penso: questa testa ora è viva, non vado oltre». Infondere respiro all’inanimato è sempre stato privilegio di due categorie soltanto: il divino e l’artista. Tuttavia, se il mistero della creazione divina resta inaccessibile, quello dell’artista può essere osservato, purché egli lo conceda. È il caso della prima grande retrospettiva italiana di Thomas Schütte, tra i maggiori scultori tedeschi del secondo Novecento e Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 2005, le cui opere, che paiono forgiate dagli elementi stessi, salgono dal mare ad affollare le sponde della laguna. Variegate e multiformi come gli organismi viventi –masse mastodontiche, corpicini scarni, musi grotteschi, fresche gote di porcellana – le sculture di Schütte hanno sempre intrattenuto un profondo legame con l’elemento acquatico, e qui, sulla grande arca che è Punta della Dogana, convivono come specie differenti di un medesimo ecosistema. Genealogies, appunto, di uomini e donne, di potere e vulnerabilità che fluidamente si intrecciano davanti ai nostri occhi, mettendo in discussione le categorie canoniche per mostrarci, forse, un modo diverso di immaginare noi stessi. Accanto, più di cento disegni, acquerelli e incisioni si offrono come tavole di atlante scientifico: schizzi rapidi, studi accurati, variazioni che documentano le metamorfosi delle forme e il loro proliferare. Osservarli equivale a entrare in laboratorio, assistere alla gestazione delle figure prima ancora della materia, seguirne le mutazioni come un biologo davanti al microscopio. Non semplice apparato documentario, dunque, ma la possibilità concreta di penetrare dall’interno il processo creativo, rendendoci partecipi di un segreto che, se non divino, è certamente vitale. Adele Spinelli

Thomas Schütte. Genealogies Fino 23 novembre Punta della Dogana www.pinaultcollection.com

This is not a boring exhibition

John Baldessari (1931–2020), più che padre dell’arte concettuale, è stato il suo sabotatore più instancabile: sorriso istrionico, faccia tosta da vendere e nessuna pietà per i dogmi. Brucia i suoi quadri nel Cremation Project, affida a mani altrui le tele delle Commissioned Paintings, innalza a protagonisti assoluti dettagli marginali. Sin da principio, la sua pratica si è nutrita di ironia e di diffidenza verso i miti della creatività, trasformando la fotografia, il collage e il linguaggio in strumenti capaci di generare cortocircuiti, domande senza risposta, spiazzamenti improvvisi. Alla Fondazione Querini Stampalia, No Stone Unturned – Conceptual Photography ricostruisce questa postura con una selezione di opere centrata sugli anni in cui, alla fine dei Sessanta, la fotografia diventa il cuore della sua pratica concettuale. È il momento in cui l’artista californiano, come Giovanni Querini nel suo secolo, anticipa i linguaggi e li piega al futuro, e in cui i dettagli minimi – un dito, un gesto, un oggetto – diventano il centro di una narrazione che scivola continuamente fuori fuoco. In mostra, le serie fotografiche, i fotogrammi televisivi scomposti, le sequenze di baci impossibili tra oggetti inanimati costringono lo spettatore a un lavoro di montaggio interiore e squisitamente individuale. Così, alla ricerca di un senso che non arriva mai per intero, ci troviamo a voltare immagine per immagine, pietra per pietra, fino a inciampare nell’unica dichiarazione che non ammette repliche: I will not make any more boring art (1971). Un avvertimento inciso dall’artista stesso, che suona oggi come la vera firma di Baldessari: niente compiacenza, niente risposte facili, solo la certezza che l’arte, se vale, deve continuare a disturbare. Adele Spinelli

ENG A pioneer of conceptual art, John Baldessari (1931–2020) relentlessly challenged how we understand both works of art and the words and images that inform our everyday lives. For over seven decades, he produced paintings, sculptures, drawings, photographic series, publications, and videos that drew on everyday life and visual culture, transforming found images and inventing his own to generate thought-provoking, often humorous works. The exhibition focuses on a crucial aspect and period of Baldessari’s practice, highlighting how his conceptual approach to photography opened up new avenues for contemporary art.

Fino 23 novembre Fondazione Querini Stampalia www.querinistampalia.org

John Baldessari. No Stone Unturned
Thomas Schütte. Genealogies, 2025, installation view, Punta della Dogana
Photo Marco Cappelletti © Palazzo Grassi - Pinault Collection © Thomas Schütte, by SIAE 2025
John Baldessari. No Stone Unturned – Conceptual Photography
Photo credits: Adriano Mura Courtesy: Fondazione Querini Stampalia

Memorie di fondo

Che vita strana hanno le cose, una volta sottratte al nostro uso: cos’è una sedia senza l’idea del sedersi? E una gruccia, senza un vestito da sorreggere? Restano gusci formali, memoria svuotata. È su questo vuoto che Tatiana Trouvé costruisce la sua mostra a Palazzo Grassi (fino al 4 gennaio 2026), prima grande esposizione in Italia realizzata su invito della Pinault Collection. Nata a Cosenza nel 1968, cresciuta in Senegal e oggi tra le voci più riconosciute della scena internazionale, Trouvé lavora da sempre sul confine fra memoria e materia, architettura e assenza. A Venezia allestisce un inventario di oggetti impossibili: sedie fuse in bronzo, muri di rami, piscine di cemento. Tutto conserva la forma, nulla la funzione. Non sculture da contemplare, dunque, ma reperti di un’umanità dispersa, trascinati dalla corrente fino alle sale del palazzo. L’acqua, che pure non compare mai, resta il vero centro del percorso: ogni elemento allestito da Trouvé sembra affiorare come un relitto dal fondo instabile della laguna, “cose” che conservano l’aspetto del quotidiano ma non la sua logica, e per questo si impongono come presenze dissonanti, fuori posto. Più che oggetti, sono appunti in forma solida, schegge di un diario frammentario che resiste senza più un autore. Ogni pezzo esibisce la propria ostinazione a restare, e insieme la sua inutilità. La mostra si muove così, in bilico tra rovina e invenzione, tra ciò che sopravvive e ciò che non ha più ragione di esistere. In questo inventario, però, non c’è promessa di rivelazione. L’unica traiettoria possibile è accettare lo smarrimento, lasciarsi sommergere dal vuoto che resta quando le cose, private della loro funzione, smettono di appartenerci.

Adele Spinelli

ENG In the artistic universe of Tatiana Trouvé (1968), matter seems to vibrate with an existence of its own, suspended between memory, dream and reality. The sculptures, monumental drawings and immersive installations, many created specifically for the exhibition, comprise an original and evocative dimension, a labyrinth of shapes and materials where each object is charged with an invisible story, revealing the “strange life” that things can take on when they are transfigured by art. This monographic exhibition at Palazzo Grassi represents a rare opportunity to immerse oneself in the refined and layered aesthetics of an artist who has succeeded in redefining the language

Tatiana Trouvé. La strana vita delle cose Fino 4 gennaio 2026 Palazzo Grassi www.pinaultcollection.com

Appena

sotto la superficie

A volte nemmeno le montagne stanno ferme. A volte si dissolvono, si muovono, si lasciano attraversare dall’acqua e dalla luce, invitandoci a cambiare prospettiva. È questo il punto di partenza di otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua [altre montagne, dissolte sotto l’acqua], la mostra curata da Yina Jiménez Suriel per Ocean Space, che celebra il decimo anniversario del programma di fellowship curatoriale The Current di TBA21–Academy. Invitando ad una riflessione sull’eredità culturale delle comunità caraibiche, le opere della fotografa Nadia Huggins (Trinidad e Tobago, 1984) e dell’artista Tessa Mars (Haiti, 1985) trasformano l’ex chiesa di San Lorenzo in un laboratorio immersivo di percezione e movimento: il visitatore fluttua tra coralli, relitti e figure sospese, dove il galleggiamento ridisegna il corpo e la mente, e l’improvvisazione~freestyle diventa strumento di libertà, resistenza e rinnovamento. Con la sua videoinstallazione Huggins ci spinge a ripensare i confini del tempo e dello spazio attraverso l’esperienza sensoriale del relitto sommerso, mentre l’installazione pittorica di Mars immerge montagne dentro altre montagne, figure che mutano forma e posizione, simbolo della capacità di adattamento degli esseri viventi e della fluidità dei sistemi naturali.

Accanto a queste installazioni, nella Research Room, Echoes of the Sanctuary di Louise Carver esplora la conservazione conviviale in Giamaica: un mosaico di suoni, testimonianze e pratiche di tutela marina che coniuga arte e sostenibilità, ricordandoci che la coesistenza tra uomo e ambiente è possibile se si è disposti ad ascoltare e reinventare il mondo.

Dieci anni di The Current si condensano qui, tra acqua, corpi e narrazioni, in un percorso che esorta a guardare oltre, a muoversi insieme all’Oceano, e a immaginare sistemi di vita alternativi, dove arte ed ecologia si fondono in un unico, necessario movimento. C.S. ENG Sometimes even mountains don’t stand still. They dissolve, shift, and let water and light pass through, inviting us to change perspective. This is the starting point of otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua, the exhibition curated by Yina Jiménez Suriel for Ocean Space, marking the 10th anniversary of TBA21–Academy’s The Current fellowship. Featuring works by Nadia Huggins and Tessa Mars, it transforms the former church of San Lorenzo into an immersive space of perception and movement.

Otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua

[altre montagne, dissolte sotto l’acqua] Fino 2 novembre Ocean Space, Chiesa di San Lorenzo, Castello 5069 www.ocean-space.org

Nadia Huggins, A shipwreck is not a wreck, 2025, installation view, Ocean Space Commissionata da TBA21–Academy - Photo Jacopo Salvi
Tatiana Trouvé, The Residents, 2021-25, Collection of the artist, courtesy Gagosian The Guardian 2019, Pinault Collection © Tatiana Trouvé, by SIAE 2025, installation view
Photo Cappelletti and Miotto / Marco Cappelletti Studio © Palazzo Grassi, Pinault Collection

arte

IN THE CITY

Costruire dal vuoto

Tolia Astakhishvili prima personale alla Nicoletta Fiorucci Foundation

Nata a Londra nel 2021 dall’evoluzione del Fiorucci Art Trust creato da Nicoletta Fiorucci, attenta e illuminata collezionista, e pensata per promuovere l’arte emergente attraverso residenze e laboratori sia nei circuiti istituzionali che in contesti non convenzionali, Nicoletta Fiorucci Foundation ha deciso di stabilirsi a Venezia ed aprire il suo spazio espositivo permanente, riportando in vita l’ex studio del pittore Ettore Tito a Dorsoduro.

Per l’occasione è stata scelta come protagonista l’artista georgiana Tolia Astakhishvili (Tbilisi, 1974; vive e lavora a Berlino e Tbilisi), che ha creato una grande installazione site-specific, visitabile fino al 23 novembre. La sua è un’opera totalizzante, immersiva, che si insinua in ogni angolo di un edificio ancora in restauro, abitandone crepe, silenzi e smottamenti. Il titolo, to love and devour, riassume alla perfezione i sentimenti che la mostra suscita.

Curato da Hans Ulrich Obrist, il progetto rompe i confini tra gesto individuale e creazione collettiva: Tolia ha invitato artisti con cui collabora da tempo – Ketuta Alexi-Meskhishvili, Zurab Astakhishvili, Thea Djordjadze, Heike Gallmeier, Rafik Greiss, Dylan Peirce, James Richards, Maka Sanadze – a condividere lo spazio e generare una forma d’arte corale, fluida, discontinua. L’intervento sull’ex studio di Tito è iniziato a gennaio 2025, Astakhishvili ha vissuto e lavorato presso la Nicoletta Fiorucci Foundation, entrando in dialogo con lo spazio. Con un processo che non aggiunge ma decostruisce, Tolia ha modificato le stanze, spostato pareti, inserito disegni, pitture, testi, filmati, suoni. L’edificio, fragile e aperto, si è trasformato in una grande cassa di risonanza per riflettere sul tempo e sul vivere. Qui lo spazio in rovina diventa materiale artistico e il restauro sospeso amplifica il senso di precarietà. Un’installazione che richiama un’occupazione poetica: oggetti abbandonati, frammenti, tracce.

Il disegno, filo conduttore della ricerca di Tolia e sezione centrale nella Collezione Fiorucci, emerge come elemento fragile e ostinato, che tenta di ricucire le rovine senza cancellarle. Il risultato è una riflessione sul costruire e sull’abitare, sulla memoria degli spazi e sul modo in cui il tempo li attraversa. La mostra non si visita, si percorre in balia dello spazio stesso. Come scrive Deleuze: «Siamo in mezzo alle cose, ma al centro di nulla». Irene Machetti

Building ENG on vacuum

Founded in London in 2021 as an evolution of the Fiorucci Art Trust by visionary collector Nicoletta Fiorucci, the Nicoletta Fiorucci Foundation supports emerging art through residencies and workshops in both institutional and unconventional settings. Now based in Venice, it has opened a permanent exhibition space in the former studio of painter Ettore Tito in Dorsoduro. For the occasion, Georgian artist Tolia Astakhishvili (b. 1974) presents a site-specific installation, on view until November 23. Her immersive work inhabits the building’s cracks and silences, transforming its ongoing restoration into a poetic occupation. Titled to love and devour, the piece evokes deep emotional resonance. Curated by Hans Ulrich Obrist, the project blurs the line between solo and collective creation. Tolia invited long-time collaborators to contribute, creating a fluid, fragmented artistic dialogue. Since January 2025, she has lived and worked in the space, reshaping it through drawings, texts, sounds, and structural changes. Drawing is central to both her practice and the Fiorucci Collection. Here, it emerges as a fragile yet persistent thread, attempting to mend ruins without erasing them. The result is a meditation on dwelling, memory, and time.

2829 nf.foundation

Tolia Astakhishvili. to love and devour Fino 23 novembre Fondazione Nicoletta Fiorucci, Dorsoduro
Tolia Astakhishvili, to love and devour, 2025, installation view © Nicoletta Fiorucci Foundation
Il lato oscuro dell’immagine
lezione da Clément Cogitore all’Espace Louis Vuitton

Cosa accade quando un bambino sorride in un manifesto elettorale e lo stesso identico sorriso ricompare, pochi giorni dopo, in una pubblicità di profumi? Da questa coincidenza inquietante prende avvio The Evil Eye, la video-installazione di Clément Cogitore, artista e cineasta francese tra i più penetranti della scena contemporanea. Tre nomination ai César, due selezioni a Cannes e nel 2018 il Premio Duchamp: Cogitore si conferma autore capace di esplorare in profondità il potere manipolatorio delle immagini.

Ospitata all’Espace Louis Vuitton di Venezia nell’ambito del programma Hors-les-murs della Fondation Louis Vuitton, la mostra si presenta come una riflessione disturbante sull’identità, la società dei consumi e l’estetica del controllo. L’episodio da cui tutto parte risale al 2016, durante la campagna presidenziale americana. Cogitore nota un bambino immortalato in un cartellone pro-Trump ma, pochi giorni, dopo lo stesso volto gli appare in una vetrina, pubblicizzato con scopi del tutto diversi. L’indagine lo conduce nell’universo ambiguo delle agenzie di immagini stock, dove milioni di volti vengono scambiati, venduti, ricollocati fuori da ogni contesto. Si tratta di una vera e propria economia dell’immagine, che ignora completamente il senso originario e produce una sorta di pornografia dell’identità.

Il video di Cogitore, cupo e allucinato, monta materiali d’archivio, pubblicità, sorrisi fasulli e ambienti asettici in un racconto visivo straniante. La voce narrante accompagna con tono grave catastrofi imminenti sullo scorrere di immagini familiari ma svuotate, come se provenissero da un mondo parallelo dove l’umanità è ridotta a simulacro. Il risultato è una critica tagliente alla società dello spettacolo e alla falsa promessa di felicità che la pervade.

L’artista denuncia come la cultura visiva contemporanea – apparentemente innocua, brillante, accessibile – operi invece una profonda manipolazione collettiva. Le immagini non solo ci rappresentano, ci educano, ci formano, ci dirigono. La loro onnipresenza disinnesca il pensiero critico, anestetizza il dolore, appiattisce l’esperienza. In questa distopia levigata, l’individuo si dissolve in una massa indistinta di volti pubblicitari senza storia, emozioni standardizzate. The Evil Eye non si limita alla denuncia, ma si confronta anche con i temi della memoria, dell’identità e della pianificazione urbana come forma di imposizione simbolica. L’architettura e lo spazio pubblico per Cogitore non sono mai neutri: riflettono e amplificano i modelli culturali dominanti, contribuendo alla costruzione – o distruzione – di ciò che chiamiamo umanità. In questo senso, la mostra appare non solo attuale, ma necessaria. In un’epoca di ipervisibilità e sovraccarico informativo, l’artista francese ci esorta a interrogarci su cosa significa guardare, e su chi davvero osserva chi. Il “malocchio” evocato dal titolo non è soltanto una metafora del male annidato nello sguardo altrui, ma anche un invito a decostruire il nostro sguardo, abituato a consumare immagini senza porsi domande. Cogitore ci costringe a uscire dalla passività dell’occhio, per ritrovare una forma di attenzione critica e responsabile. Una lezione preziosa, oggi più che mai. Irene Machetti

The darker ENG side of image

What happens when a child’s smile appears on an election poster and then, days later, in a perfume ad? This unsettling coincidence inspired The Evil Eye, a video installation by French artist and filmmaker Clément Cogitore, known for his sharp critique of image manipulation. Hosted at Espace Louis Vuitton Venice as part of the Hors-les-murs program, the exhibition explores identity, consumerism, and control. Inspired by a 2016 Trump campaign image reused in advertising, Cogitore investigates the ambiguous world of stock photo agencies. His dark, surreal video blends ads, fake smiles, and sterile spaces, exposing how visual culture shapes and flattens human experience by disabling critical thought, numb our pain, and flatten experience. The Evil Eye critiques the spectacle society and questions who truly watches whom, urging viewers to reclaim critical awareness in a world saturated with images.

Clément Cogitore. The Evil Eye Fino 23 novembre

Espace Louis Vuitton Venezia, San Marco 1353

Clément Cogitore, The Evil Eye, 2018, 15’ © Adagp, Paris 2025

arte

IN THE CITY FINISSAGE

Lo stupore del mondo

Palazzo Grimani incarna l’essenza stessa del collezionismo – passione per la conoscenza, ammirazione per i misteri del mondo naturale e celebrazione dell’ingegno umano – grazie alla curiosità inesauribile e al profondo amore per la bellezza che Giovanni Grimani e i suoi antenati hanno profuso raccogliendo una leggendaria collezione, una delle più affascinanti della Venezia rinascimentale. Omaggio alla storia del Palazzo e all’idea stessa di collezionismo, Thierry Morel, storico dell’arte e curatore, con la collaborazione dello scenografo Flemming Fallesen, ha creato A Cabinet of Wonders. Una celebrazione di arte e natura. The George Loudon Collection, fino al 5 ottobre, un’inedita e spettacolare mostra. «Assieme alla George Loudon Collection – spiega Morel –, esposta per la prima volta quasi nella sua interezza, la mostra colma il divario tra le tradizioni del collezionismo passato e presente. Qui, scienza e arte si uniscono, riflettendo la filosofia della Wunderkammer del XVII secolo, dove i segreti della natura venivano esplorati attraverso lenti artistiche e scientifiche. L’arte e la scienza, dopotutto, condividono uno scopo comune: la ricerca della bellezza e della comprensione. Secondo la visione cristiana della natura, la bellezza riflette la perfezione divina, poiché la natura altro non è che una creazione di Dio; ammirandola, ci avviciniamo al divino». Accostando la George Loudon Collection a capolavori, reperti e tesori di altre rinomate collezioni internazionali, tra cui quelle del MAK di Vienna e della Scuola Grande Arciconfraternita di San Rocco, nonché della collezione del Museo di Palazzo Grimani, la mostra rivela come l’atto del collezionare racchiuda la comune ammirazione per l’arte, la scienza e lo splendore del mondo naturale. Gli oggetti emergono dall’ombra, abbandonando la loro funzione originaria e rivelandosi come opere d’arte. M.M.

ENG Palazzo Grimani embodies the very essence of collecting – passion for knowledge, awe for the natural world, and celebration of human ingenuity –thanks to the boundless curiosity and love for beauty of Giovanni Grimani and his ancestors. In tribute to this legacy, art historian Thierry Morel, with set designer Flemming Fallesen, presents A Cabinet of Wonders. The George Loudon Collection (on view until October 5). The exhibition bridges past and present collecting traditions, where science and art merge in the spirit of the 17th-century Wunderkammer. Objects from Loudon’s collection and others emerge as artworks, revealing a shared admiration for nature, art, and discovery.

L’ordine del tempo

In uno spazio espositivo, il Cortile storico e la Sala V del Museo Archeologico Nazionale di Venezia, di incredibile suggestione e storia millenaria, l’artista giapponese Kengo Kito (Nagoya, 1977) interviene con un’azione site-specific che, come riporta il titolo della mostra Lines, sottolinea l’immensa bellezza e armonia del canone classico manifestato dalla collezione permanente traghettandolo in una dimensione contemporanea.

Il Museo Archeologico Nazionale, risultato dell’aggregarsi nel tempo di molteplici collezioni private veneziane, fra tutte, una delle più celebri, quella di scultura antica di Giovanni Grimani, racconta di viaggi e di relazioni nel mare di mezzo, il Mediterraneo, tra Grecia, Egitto, Vicino Oriente e Roma. Kengo Kito con le sue installazioni site-specific, curate da Masahito Haito, entra in dialogo con questi mondi, partecipando a questo racconto di storia e di vita attraverso la connessione spaziale, tracciando linee colorate che assumono valenza temporale, che invece di dividere uniscono. In particolare, Kito si confronta con l’ingegno di Vincenzo Scamozzi, architetto rinascimentale a cui si si deve la creazione del cortile storico del Museo, su cui svetta la scultura di Marco Vipsanio Agrippa, progettato in stile classicista ma anch’esso interessante punto di incontro tra le architetture rinascimentali che lo circondano e lo stile bizantino che caratterizza la vicina Basilica di San Marco. L’intervento di Kito arricchisce il dialogo tra epoche e forme architettoniche con un gesto modernista, denso di rimandi sia alla tensione verticale rinascimentale sia al carattere decorativo dell’ar-

Lines by Kengo Kito Fino 28 settembre Museo Archeologico Nazionale di Venezia, Piazza San Marco 17 archeologicovenezia.cultura.gov.it

A Cabinet of Wonders, Museo di Palazzo Grimani, installation view, photo Massimo Listri
Photo Joan Porcel

chitettura bizantina, inaugurando in questo modo la riapertura dell’ingresso diretto al Museo Archeologico, che si aggiunge a quello già esistente situato nell’Ala Napoleonica del Museo Correr.

La mostra è organizzata da anonymous art project, che ha sostenuto anche la manutenzione straordinaria di una parte del Cortile. Programma filantropico giapponese a sostegno degli artisti locali attraverso donazioni, sponsorizzazioni e finanziamenti a musei e mostre in Giappone e all’estero, anonymous art project è nato nel 2023 su iniziativa dell’imprenditore Hiroyuki Maki. Fondato sulla filosofia del “restituire alla società”, il progetto si propone come piattaforma alternativa alla logica del profitto, con l’obiettivo di creare uno spazio libero in cui l’arte possa essere vissuta come esperienza autentica e trasformativa. L’approdo a Venezia segna l’inizio delle attività internazionali del progetto. M.M.

ENG In the evocative setting of the historic Courtyard and Room 5 of the National Archaeological Museum of Venice, Japanese artist Kengo Kito (Nagoya, 1977) presents Lines, a site-specific installation that highlights the classical beauty of the museum’s permanent collection through a contemporary lens. The museum houses various Venetian private collections, most notably Giovanni Grimani’s ancient sculptures, to tell stories of travel and exchange across the Mediterranean. Curated by Masahito Haito, Kito’s colorful lines connect rather than divide, engaging with Renaissance architect Vincenzo Scamozzi’s courtyard design and the nearby Byzantine Basilica of San Marco. Organized by anonymous art project, a Japanese charity founded in 2023 by Hiroyuki Maki, the exhibition marks the start of its international journey, promoting art as an authentic, transformative, non-commercial experience.

Prospettiva femminista

Il riconoscimento internazionale di Maria Helena Vieira da Silva si manifesta precocemente nella sua carriera. Nel 1937, Hilla Rebay, prima direttrice del futuro Guggenheim Museum di New York, acquisisce Composition (1936), ancora oggi nella collezione americana. Sei anni dopo, Peggy Guggenheim la include nella storica Exhibition by 31 Women presso Art of This Century.

Le sue opere appaiono anche alle Biennali di Venezia del 1950 e 1954, consolidando una fama che attraversa l’Atlantico.

Oggi la Collezione Peggy Guggenheim celebra l’artista portoghese, naturalizzata francese, nella completa retrospettiva dal titolo Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio, curata da Flavia Frigeri, storica dell’arte e curatrice presso la National Portrait Gallery di Londra.

Ancora per poche settimane, termina il 15 settembre, sarà possibile ammirare settanta opere provenienti da istituzioni di primo piano internazionale – Centre Pompidou, MoMA, Tate Modern, Guggenheim New York –, che delineano l’evoluzione del suo linguaggio visivo unico e irripetibile nel panorama artistico del Novecento. Nata a Lisbona nel 1908 e trasferitasi giovane a Parigi, Vieira da Silva sviluppa una poetica che trasforma la tela in architetture immaginarie. Geometria e astrazione si intrecciano in composizioni di rara complessità, dove riecheggia la tradizione decorativa portoghese filtrata attraverso le avanguardie europee.

Il percorso espositivo abbraccia sei decenni creativi, privilegiando le opere degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta per illuminare lo sviluppo del suo linguaggio astratto. La formazione parigina rivela l’assimilazione di Cubismo e Futurismo, rielaborati con sensibilità personale. L’esilio brasiliano durante la guerra mondiale aggiunge nuove dimensioni alla sua ricerca spaziale, mentre le rappresentazioni urbane testimoniano una costante riflessione sulla modernità. Dopo Venezia, la mostra approderà al Guggenheim di Bilbao nell’autunno 2025, confermando l’attualità di un’artista che ha saputo reinventare i codici della spazialità moderna. Diletta Rostellato

ENG Maria Helena Vieira da Silva gained international recognition early in her career. In 1937, Hilla Rebay acquired Composition (1936) for the future Guggenheim Museum, and in 1943, Peggy Guggenheim included her in the historic Exhibition by 31 Women. Her works appeared at the Venice Biennale in 1950 and 1954. Now, the Peggy Guggenheim Collection presents Maria Helena Vieira da Silva. Anatomy of a Space, a retrospective curated by Flavia Frigeri. On view until September 15, the show features 70 works from major institutions, tracing her unique visual language, where geometry and abstraction form imaginary architectures. After Venice, the exhibition will travel to Guggenheim Bilbao.

Maria Helena Vieira da Silva. Anatomia di uno spazio Fino 15 settembre Collezione Peggy Guggenheim www.guggenheim-venice.it
Maria Helena Vieira da Silva nel suo studio, Parigi, 1948
© Willy Maywald, Courtesy Jeanne Bucher Jaeger, Paris-Lisbon

arte

IN THE CITY FINISSAGE

Arte in Scena

Il poema della vita

secondo Sartorio

Quando il segretario della Biennale Antonio Fradeletto commissionò a Giulio Aristide Sartorio (Roma, 1860–1932), noto ai posteri come pittore, scultore, scrittore e infine regista, la decorazione del Salone d’onore del Padiglione centrale ai Giardini per la VII Esposizione Internazionale di Venezia (1907), l’artista accettò la sfida con la consapevolezza che sarebbe stata per lui un’impresa titanica, portata a termine in nove mesi. L’intero ciclo pittorico tra classicismo e simbolismo decadente fu realizzato con una tecnica a base di cera, acquaragia e olio di papavero, tramite pennellate stese in strati pittorici spessi intervallati da campiture più leggere, e fu pensato secondo un preciso disegno compositivo, un’Allegoria dell’esistenza o Parabola della vita umana. Acquistato e donato alla città da re Vittorio Emanuele III (1909), nel corso degli anni fu smembrato e sottoposto a più restauri.

La mostra, a cura di Elisabetta Barisoni e Matteo Piccolo, ne ricostruisce la storia riproponendone a Ca’ Pesaro l’allestimento originario, così ben riuscito che si auspica che l’opera possa trovare se non lì, una collocazione definitiva che consenta di ammirarlo ancora a lungo. Oltre 240 metri quadrati, suddivisi in quattro grandi scene orizzontali, denominate La Luce, Le Tenebre, L’Amore, La Morte, e dieci teleri verticali, animati da figure scultoree dipinte, statiche e in movimento, cariatidi e telamoni dal sapore michelangiolesco che soggiogano e invitano alla meditazione su quella che è una eroica e potente scenografica rappresentazione teatrale estetizzante, non legata a specifici miti ma piuttosto al destino particolare e universale dell’umanità in senso lato (e qui sta la sua modernità, oltre che nei toni dosati dei bruni e dorature e nell’enfasi del segno). Un percorso guidato dell’immaginazione, dal sogno o visione, lotta dei sensi e dello spirito, fino all’estasi mistica, nel regno ideale della creazione artistica, accompagnato da cartigli presumibilmente scritti dal pittore

Giulio Aristide Sartorio. Il poema della vita umana Fino 28 settembre, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna capesaro.visitmuve.it

con o senza la supervisione del poeta D’Annunzio, con il quale Sartorio era in contatto.

È il racconto figurato del venire al mondo («ti attendono ore luminose e fosche»), quello di ogni creatura, soggetta dalla nascita a ore liete e gravi, il cui Padre, come Dio, è insidiato dalla calunnia. Giungono, infatti, l’ignominia, i vizi e le ambiguità incarnati da figure androgine o metà animali, e «o tu uccidi l’insidia o resti ucciso»; da consacrati o infedeli si avanza e si arretra in balia della stanchezza, preda di un duello fra castità, lussuria, avidità, poiché «amor sublima impuro amor ti prostra», e così fino a che «morte ti sprone e la vita si rinnova», quando viene per tutti il sonno ristoratore, salvifico o no, e c’è chi riaccende la fiaccola della speranza di un oltre dopo la morte immatura, su cui si interroga chi non ha paura del giudizio. Forse la gestazione dell’opera fu influenzata da un non trascurabile episodio della vita dell’artista, che aveva lasciato in malo modo la prima moglie, di diciassette anni più giovane, la pittrice Julie Regine Betty Bonn (Francoforte sul Meno, 1877 – Elsfield, 1942), un’intraprendente ereditiera, proveniente da una nota famiglia austrotedesca di banchieri, che l’aveva sposato nel 1902, dopo aver preso alcune lezioni di pittura. Si erano separati nel 1905 a seguito di una tormentata relazione, e la moglie gli aveva portato via la loro unica figlia, Angiola (Roma, 1903 – Santa Barbara, California, 1995), poi divenuta ballerina, insegnante di danza e coreografa, pioniera della danza moderna europea del Novecento, la quale visse non solo in Italia, ma anche in Inghilterra, Germania, Svezia e Stati Uniti. Sembra quasi che madre e figlia siano adombrate in alcune figure del ciclo, che farebbe pensare anche ad una vorticosa “danza”. La madre, che allora riuscì a portare dalla sua parte alcuni critici d’arte come Ugo Ojetti, impedì sempre alla figlia di vedere il padre, occultando le lettere che le aveva scritto, e fu solo nel 1931, un anno prima che lui morisse e grazie all’interessamento della seconda moglie di Sartorio – l’attrice italo spagnola Marga Sevilla – che Angiola riuscì finalmente a rivederlo. Luisa Turchi

L’Amore, 1907, Ca’ Pesaro - Galleria Internazionale d’Arte Moderna © MUVE
La Morte, 1907

Art on ENG stage

When Venice Art Biennale executive Antonio Fradeletto commissioned renowned painter, sculptor, writer, and later filmmaker Giulio Aristide Sartorio (Rome, 1860–1932) to decorate the Hall of Honour in the Central Pavilion at the Giardini for the 7th Biennale (1907), Sartorio accepted, knowing it would be a titanic task, yet one he completed in nine months. The entire cycle, blending classicism and decadent symbolism, was painted using wax, turpentine, and poppy oil, with thick layers alternating with lighter ones. It was conceived as an Allegory of Existence or Parable of Human Life. Purchased and donated to the city by King Victor Emmanuel III in 1909, it was later dismantled and restored multiple times.

Curated by Elisabetta Barisoni and Matteo Piccolo, the exhibition at Ca’ Pesaro reconstructs its original layout, with hopes for a permanent home. Over 2500 square feet are divided into four horizontal scenes: Light, Darkness, Love, Death, and ten vertical panels featuring sculptural painted figures, both static and dynamic, that remind of Michelangelo. It’s a theatrical, aesthetic meditation on humanity’s fate, not tied to specific myths but universally resonant. The journey moves from dream and vision to spiritual struggle and mystical ecstasy, accompanied by inscriptions likely written by Sartorio, possibly with the help of Italian poet Gabriele D’Annunzio. The work may reflect Sartorio’s personal turmoil, then facing separation from his wife and daughter. Some figures seem to echo mother and daughter, evoking a swirling “dance”. Only in 1931, thanks to Sartorio’s second wife, actress Marga Sevilla, did Angiola reunite with her father, a year before his death.

Rotta mediterranea

Se avete nostalgia della vostra vacanza in Grecia, del mare e delle taverne, dei tramonti e dei monasteri inerpicati a strapiombo nell’abisso, delle iconostasi e della ritualità lente, è possibile ritrovare un angolo di Egeo anche a Venezia. Ancora fino al 29 settembre, le stanze dell’Appartamento del Doge a Palazzo Ducale ospitano la mostra L’oro dipinto. El Greco e la pittura tra Creta e Venezia, dove su fondo blu intenso come il mare greco e come le porte delle casette isolane sfilano Santi eremiti e cavalieri, Vergini con bambino, Natività ed Epifanie, seguendo un filo dorato che lungo la rotta mediterranea unisce Venezia a Creta (Candia), perla dello Stato da Mar della Serenissima. L’oro dipinto fa risplendere di luce spirituale le icone, ma al contempo rende evidente le vicende storiche e le relazioni pittoriche tra le due isole. Girando per le stanze, colpiti dalla bellezza e dall’intensa ieraticità bizantina che si perpetua nei secoli, viene in mente che a pochi passi da Palazzo Ducale si trova un altro scrigno, San Giorgio dei Greci, l’“isola” della comunità greco-ortodossa di Venezia. Non una semplice chiesa, bensì un luogo dove passato e presente convergono, dove tradizione bizantina e arte rinascimentale si intrecciano, incarnando il legame duraturo tra Grecia e Venezia. Riconoscibile per il suo affascinante campanile bianco leggermente inclinato, per l’eleganza della facciata e per l’armonia delle proporzioni, San Giorgio dei Greci, a navata unica con cupola, racchiude all’interno un vero tesoro: pareti e soffitti sono ornati da icone, affreschi e mosaici, secondo la tradizione greco-ortodossa. L’iconostasi è un capolavoro di scultura e doratura, con numerose icone di santi e scene bibliche. La chiesa ospita anche una collezione di preziosi oggetti e manufatti liturgici e un museo dedicato alle icone. Buon viaggio. M.M.

ENG If you’re missing your Greek holiday – the sea, tavernas, sunsets, and cliffside monasteries – you can find a corner of the Aegean in Venice. Until September 29, the Doge’s Apartment at Palazzo Ducale hosts Painted Gold. El Greco and Painting between Crete and Venice. Against deep blue backdrops, icons of saints, knights, and Madonnas trace a golden thread linking Venice to Crete. Nearby, the Byzantine-rite church of San Giorgio dei Greci, with its Byzantine elegance, offers another glimpse into the enduring bond between Greece and Venice.

L’oro dipinto. El Greco e la pittura tra Creta e Venezia

Fino 29 settembre Palazzo Ducale palazzoducale.visitmuve.it

Le Tenebre, 1907
L’oro dipinto, installation view, Palazzo Ducale – Courtesy Fondazione Musei Civici Veneziani

arte

VENICE GLASS WEEK BEST OF

MAGIC OF GLASS

Torna The Venice Glass Week, il Festival internazionale, che dal 13 al 21 settembre pone il vetro – materia viva – al centro dell’attenzione degli artisti da tutto il mondo. Magic of Glass è il titolo coloratissimo della nona edizione, che anche quest’anno si presenta con un programma fitto di mostre, installazioni, conferenze, workshop, dimostrazioni, spettacoli, visite guidate, attività per famiglie, maratone tra fornaci e molto altro ancora, dove tradizione, innovazione, contemporaneità, arte e design si incontrano e diventano “magia”. Ecco una selezione di eventi da non perdere!

Per il programma completo consultate TVGW MAP 2025 e theveniceglassweek.com

CAMPO SAN DONATO

Bocca del Fuoco

20 settembre | h. 19-23.30

Quando il sole tramonta, al calar della notte, proprio allora prende il via la Bocca del Fuoco, una camminata non competitiva, organizzata da The Venice Glass Week e ASD Venezia Runners Atletica Murano. L’itinerario, che si snoda per le calli e i ponti di Murano completamente illuminato da candele poste a segnalare il tracciato, passa attraverso alcune fornaci del vetro in piena attività, in modo di far scoprire ed apprezzare l’arte vetraria muranese in un’atmosfera completata dal rumore in sottofondo dei ferri da lavoro e il rimbombo dei forni incandescenti. Alla fine del percorso, naturalmente, si accende la festa che riserva moltissime sorprese. Campo San Donato, Murano www.veneziarunners.it | www.boccadelfuoco.it

CATERINA TOGNON ARTE CONTEMPORANEA

Jessica Loughlin: Sorpresi dal blu 13-21 settembre

Il blu di questa mostra non è un pigmento, né vetro colorato, ma un blu generato dalla luce. Le opere sono realizzate in vetro opalino che rifrange la luce in uno spettro di toni caldi o freddi. Così come il cielo non è blu ma lo diventa per effetto della luce solare diffusa, anche qui il colore emerge dall’interazione con la luce, variando tonalmente in base all’opacità del vetro. A volte, in particolari condizioni di luce, compare un riflesso rosato: un’eco fugace dell’ultimo raggio di un tramonto che svanisce. San Marco 2158 | www.caterinatognon.com

FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA

Massimo Lunardon e Martí Guixé

Craft

Terror. San Giorgio Di Perlena (2024) 13-21 settembre

Video-documentario del regista Inga Knölke, che reinterpreta in chiave ironica e performativa il tradizionale processo di soffiatura del vetro. Mentre viene mostrata la realizzazione di un vaso, Martí Guixé interviene direttamente sul lavoro di Massimo Lunardon, interrompendone gesti e ritmi con azioni volutamente di disturbo. L’obiettivo non è la provocazione ma il “boicottaggio produttivo”, una frizione creativa che mette in discussione le gerarchie e i confini tra arte, design e artigianato. Il risultato è Craft Terror, un oggetto nato senza intento decorativo o funzionale, capace di infrangere le convenzioni dei rispettivi ruoli e di restituire una forma libera da appartenenze e destinazioni d’uso.

Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252 www.querinistampalia.org

GALLERIA MICHELUZZI

Onde di Vetro & Materia Architettonica 12-27 settembre

Due installazioni distinte, unite da un tema comune: il vetro come materia viva, immersa in un continuo dialogo tra trasformazione e memoria. Negli spazi interni, Micheluzzi Glass espone una collezione di nuove opere che esplorano la fluidità del vetro attraverso strati e sfumature, ispirate al movimento delle acque della laguna. Nella vetrina esterna, Massimo Micheluzzi presenta una serie di sculture in vetro nero e trasparente dalle forme essenziali, che evocano architetture futuristiche e strutture primordiali. Rio di San Trovaso, Dorsoduro 1071 www.micheluzziglass.com | www.massimomicheluzzi.it

13-21 settembre Venezia e Murano www.theveniceglassweek.com

GALLERIE DELL’ACCADEMIA

Tristano di Robilant. InAcademia

13 settembre-24 novembre

Progetto, curato da Cristina Beltrami, che muove da un attento studio della collezione e degli spazi del museo: Tristano di Robilant (Londra, 1964) ha varcato la soglia con un’attitudine quanto mai attenta alla costruzione delle collezioni e alle vicende architettoniche dell’edificio, collocando le dodici sculture in vetro – tutte realizzate a Murano presso la vetreria Anfora grazie all’esperienza un tempo del maestro Andrea Zilio e ora di Andrea Salvagno – secondo un principio di scambio con l’intorno. Le opere in vetro divengono una sorta di inciampo visivo che, come lenti poste strategicamente all’interno del percorso museale, invitano a una riflessione e una lettura “altra” dei capolavori del museo.

Gallerie dell’Accademia | www.gallerieaccademia.it

GIBERTO VENEZIA Specchi futuristi di Giberto Arrivabene Valenti Gonzaga

13-21 settembre

Da sempre ammirato dalla ricchezza e complessità cromatica del movimento futurista, passione ravvivata anche dalla recente mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Giberto Arrivabene porta oggi a compimento un progetto sul quale lavora da anni. È da un decennio almeno che egli immagina di disegnare alcuni specchitableaux che riprendano le scomposizioni geometriche dei dipinti futuristi, in primis quelli di Giacomo Balla. Ponte di Rialto 2 | www.giberto.it

Kimiko Yoshida | PALAZZO CONTARINI POLIGNAC
GIBERTO VENEZIA Tristano di Robilant | GALLERIE DELL’ACCADEMIA GALLERIA MICHELUZZI
Massimo Lunardon e Martí Guixé | FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA
LE STANZE DEL VETRO
Judi Harvest | GIORGIO GIUMAN GLASS FACTORY

arte

VENICE GLASS WEEK BEST OF

GIORGIO GIUMAN GLASS FACTORY

Judi Harvest. La barca di pollinazione

13-21 settembre

Murano Honey Garden Picnic

20 settembre | h. 12-16

La barca dell’impollinazione celebra il vetro di Murano lavorato a mano, la frutta e la verdura autoctone, le piante e i fiori coltivati nelle isole della Laguna, insieme alle specie che li impollinano. La barca, realizzata con pallet riciclati e cartapesta, rappresenta la sostenibilità, l’ingegnosità e la flessibilità degli artisti e di madre natura. L’ispirazione per la Pollinator Boat sono le barche del mercato galleggiante di San Barnaba e Via Garibaldi. L’artista americana Judi Harvest ha realizzato queste opere – frutta, verdura, fiori e insetti in vetro – nella fornace di Giorgio Giuman invitando il pubblico a conoscere e ammirare il Murano Honey Garden, coltivato con amore e tenacia dall’artista, che fornisce habitat e fonti di cibo per gli impollinatori, tra cui api, farfalle e altri insetti. L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica sulle specie in via di estinzione, compresi i maestri del vetro di Murano. Sacca Serenella 14, Murano | judiharvest.com | www.giuman.it

LE STANZE DEL VETRO

1932-1942 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia

Fino 23 settembre

Il secondo capitolo espositivo, a cura di Marino Barovier, dedicato al vetro muranese alla Biennale di Venezia si concentra sul decennio 1932-1942, segnato da una vivace stagione creativa e dalla collaborazione delle fornaci con artisti e designer quali Carlo Scarpa, Flavio Poli e Dino Martens. È un periodo di sperimentazioni sulla materia e sul colore, tra recupero di antiche tecniche e sviluppo di nuove lavorazioni: dai primi soffiati leggeri e trasparenti ai vetri opachi dalle tinte intense, fino all’affermarsi, a partire dalla metà degli anni Trenta, del vetro pesante e spesso, arricchito da bollicine, sfumature delicate o inserti in foglia d’oro.

Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore www.lestanzedelvetro.org

MARIGNANA ARTE

Calcedonia. Paste vitree muranesi 5-21 settembre

La mostra, realizzata da Marignana Arte in collaborazione con Giulio Malinverni e Francesca Vacca, presenta una selezione di vasi e oggetti in vetro calcedonio, prodotti nella seconda metà dell’Ottocento. La tecnica del calcedonio fu riscoperta attorno al 1850 da Lorenzo Radi senior ritrovando vecchi ricettari del XVI secolo. La produzione di queste paste vitree aveva come obiettivo di imitare le agate calcedonie. Queste paste vitree muranesi parteciparono a diverse esposizioni internazionali nella seconda metà dell’Ottocento, come per esempio a Londra nel 1862 e a Parigi nel 1878. Rio Terà dei Catecumeni, Dorsoduro 141 | www.marignanaarte.it

MUSEO DEL VETRO

Storie di fabbriche. Storie di famiglie. Fratelli Toso

Fino 24 novembre

La vetreria Fratelli Toso, fondata nel 1854 su iniziativa di sei fratelli Toso, è stata una delle fornaci più rinomate nel panorama artistico della Murano dell’Otto e Novecento. La sua migliore produzione artistica del secolo scorso viene qui restituita in un’ampia retrospettiva attraverso le opere in vetro e il materiale d’archivio integralmente conservati dalla famiglia, con particolare attenzione a una delle punte di diamante della sua produzione: la murrina. Proprio l’evoluzione delle sue murrine nel tempo, attraverso partnership con artisti di rilievo e il contributo di disegnatori e maestri vetrai, hanno plasmato il percorso artistico e produttivo della vetreria traghettandola nella storia. Museo del Vetro, Murano | museovetro.visitmuve.it

PALAZZO BAROVIER&TOSO

Vlastimil Beránek. Stillness in Motion / Immobilità in Movimento

Fino 12 novembre

Collocandosi all’intersezione tra la tradizione vetraria ceca e l’innovazione contemporanea, l’artista ceco Vlastimil Beránek rende onore all’eredità dell’artigianato del cristallo boemo espandendo i limiti tecnici del vetro come mezzo artistico. Mentre l’arte vetraria ceca è stata storicamente celebrata per le sue tecniche di taglio, di precisione, incisione e soffiatura, il lavoro di Beránek rappresenta l’evoluzione verso approcci più scultorei e concettuali, iniziati nella seconda metà del XX secolo. Le sue forme astratte di grandi dimensioni hanno spinto il medium vetro in nuovi territori che trascendono la categorizzazione convenzionale tra arte e artigianato. Palazzo Barovier&Toso, Fondamenta Manin 1/D, Murano barovierarte.com

PALAZZO CONTARINI POLIGNAC

Perfect –

Un Progetto di Kimiko Yoshida

13-21 settembre

«In questa serie di autoritratti fotografici, il mio volto scompare dietro una lettera di vetro soffiato realizzata a Murano da Pino Signoretto, delle stesse dimensioni del mio volto». Ancora una volta l’artista giapponese sorprende e incanta con una piccola parentesi di bellezza assoluta. Le lettere di vetro soffiato formano frasi latine o parole inglesi – PERFECT (7 lettere), IN ABSENTIA (10 lettere), A, E, I, O, U (le vocali di Rimbaud), GOD/GOLD (Il Vitello d’oro, 4 lettere), PULVIS, CINIS ET NIHIL (“Polvere, cenere e niente”, epitaffio del cardinale Barberini: 18 lettere), MEMENTO MORI (11 lettere), SIC TRANSIT (10 lettere) – dal forte impatto emotivo. Una serie di virgole di vetro soffiato, meno perentoria di un semplice punto, meno definitiva, sono una piccola traccia linguistica, un respiro immateriale, omaggio ad Aldo Manuzio che le inventò nel 1496.

Dorsoduro 870 | kimiko.fr

13-21 settembre Venezia e Murano www.theveniceglassweek.com

Il tempo della bellezza

Una visita speciale alla Basilica di San Donato di Mario Dal Co

La liturgia è un linguaggio di parole e segni destinato a custodire la tradizione della fede («la fonte da cui promana tutta la sua energia», recitava il Concilio). La liturgia è quindi una conferma, non una sorpresa. La Messa delle 10.30 di domenica nella Basilica di San Donato a Murano è una curata liturgia, eppure è sorprendente. Sorprende la partecipazione dei fedeli, che a Venezia – decimata –è evento non frequente, a parte la mirabile eccezione della Messa Solenne delle 10, messa con il coro e l’organo nella Basilica di San Marco. Sorprende che all’Eucaristia, come a San Marco, partecipi l’assoluta maggioranza dei fedeli, tra cui molti giovani e perfino bambini. Stupisce che la Messa sia cantata e accompagnata dall’organo suonato da un giovane e valente organista. Ma a sorprendere più estesamente è la stessa Basilica e la sua storia. La più antica pergamena esistente a Venezia testimonia che nell’anno 999 il parroco della chiesa di Murano, Michele Monetario, fa giuramento di fedeltà a Valerio, vescovo di Torcello. Nei restauri degli anni Settanta sono emersi resti importanti della chiesa originaria che risaliva al periodo precedente l’anno Mille, tra il VII e l’VIII secolo. (Queste e molte altre notizie sono tratte dall’interessante tesi di laurea magistrale di Isabel Costantini, I mosaici della Basilica dei Santi Maria e Donato a Murano: storia dei restauri e delle problematiche conservative, A.A. 2015/2016, Università Ca’ Foscari Venezia). L’impianto della Basilica attuale risale al 1125-1141, epoca medievale, quando la chiesa poteva contare su fonti di reddito importanti, tra cui, in particolare, diritti di pesca e affitti di proprietà fondiarie. Queste fonti vengono “rese pubbliche” – ovvero requisite – nel Cinquecento, secolo di guerre e pestilenze, provocando la decadenza di San Donato, che dura per tutta la fine del XVI e dell’intero XVII secolo, con ricorrenti ma non efficaci richieste di sostegno rivolte al Podestà, alle Confraternite di Murano e al Doge. Le cose cambiano con l’avvento di Marco Giustinian, che nel XVIII secolo sceglie proprio San Donato come sede della sua attività di vescovo durata quattro decenni. Giustinian investe nella chiesa grandi quantità di denaro, senza alcun rispetto della sua struttura medievale, che stravolge e manomette per “renderla meno tetra”, trasformandola in un tempio autocelebrativo. Il risultato, oltre ad essere discutibile sul piano estetico, è poco efficace sul piano strutturale. Quando Ruskin la visita a metà Ottocento, dopo le razzie napoleoniche che avevano eliminato quindici tra chiese e conventi di Murano, San Donato risulta infatti a rischio crollo. Verrà chiusa al pubblico e Ruskin scriverà: «A differenza del resto della chiesa, il suo pavimento reca una data scalpellata in uno dei cerchi di centro: il 1140; ed esso è secondo me uno dei più preziosi monumenti italiani, in grado di mostrare così presto, in quelle stesse scacchiere che il ginocchio del pescatore di Murano struscia giorno dopo giorno genuflettendosi, l’inizio del possente senso cromatico di Venezia, quello spirito che si sarebbe esaurito con Tiziano» (da Le pietre di Venezia, 1851).

I progetti di restauro si susseguono prima della Terza Guerra di Indipendenza: da Pietro Selvatico a Camillo Boito, da Friedrich Schmidt a Annibale Forcellini, tutti realizzano piani di intervento sulla chiesa. All’inizio del 1866 il sindaco di Murano, Antonio Colleoni, riesce a raccogliere i 39.000 fiorini necessari per l’avvio dei lavori. Colleoni è una figura decisiva per la crescita dell’Isola del vetro: sindaco a cavallo delle amministrazioni austriaca e italiana, contribuisce nel 1861 all’avvio del progetto dell’Abate Zanetti per la costituzione di quello che sarà il Museo del Vetro e subito dopo della Scuola, «dove nei giorni festivi i vetrai potranno studiare disegno e venire a contatto con i modelli del passato». Nel 1866 dà poi avvio al progetto di restauro di San Donato del Forcellini. Risalgono a cinquant’anni fa, nel 1973-1979, e, più di recente, nel 2012-2015, le due nuove campagne di studio e restauro finanziate generosamente da Save Venice. La prima di consolidamento e restauro del pavimento musivo, la seconda di restauro e conservazione. La prima ha richiesto la rimozione totale della decorazione per lotti, con complesse e non sempre affidabili tecniche di rinforzo e isolamento dalle spinte idrauliche del fondo su cui poggiano i mosaici (i lotti sono rappresentati nel disegno, che proviene dall’Archivio di Save Venice). È importante far notare come Save Venice, con grande impegno, mantenga alto lo splendore di San Donato con continue manutenzioni e restauri in accordo con la Sovrintendenza di Venezia, tanto che a breve sono previsti nuovi interventi che interesseranno sempre il delicato pavimento e i tre portoni della Basilica. Ma torniamo alla sorprendente partecipazione alla liturgia della Messa delle 10.30 di domenica 17 agosto. Una chiara guida liturgicomusicale disponibile per i fedeli consentiva di seguire puntualmente la Messa, includendo, oltre le letture, i brani cantati e la composizione di Brahms che accompagnava l’offertorio. La Messa scorreva secondo un ritmo non frettoloso, senza impazienza e senza tempi morti, nella meditazione degli astanti, immersi in una spiritualità elevata dalla musica e dal canto. La Basilica ha un piccolo organo del 1894 di Domenico Malvestio e uno strumento a tre manuali e pedaliera di G. F. Steinmeyer, il quale si trova però ora in fase di restauro presso la Casa Organaria di Saverio Girotto a Paese (Treviso). L’installazione a restauro compiuto di questo maestoso strumento conferirebbe nuova voce a una chiesa già musicalmente assai ben impostata. Ma le parrocchie da sole non possono certo affrontare i costi ingenti di questi complessi e costosi progetti di recupero, accontentandosi di conseguenza di ciò che hanno per il momento a disposizione. Occorrerebbero una attitudine proattiva e una interlocuzione intelligente da parte delle autorità di tutela, avendo ben chiaro che anche la musica è patrimonio culturale da tutelare e valorizzare, soprattutto in una realtà che la pratica con così vitale passione.

Per sostenere il progetto della Basilica dei SS. Maria e Donato Un Organo per Murano, puoi contribuire sul conto dedicato della Basilica di Murano

IBAN: IT18G0306909606100000154873

Basilica dei SS. Maria e Donato Campo San Donato 11, Murano www.sandonatomurano.it

arte

IN THE CITY PHOTOGRAPHY

Oltre

la kalokagathia
Mapplethorpe, la forma perfetta dei corpi sfida le convinzioni sociali

Kalos kai agathos. Bello e buono. È la ricerca di un’armonia tra bellezza fisica e virtù morale che la scultura classica ambisce a rappresentare attraverso nudi statuari rispondenti a un canone di perfezione. Un modello estetico fatto di proporzioni, rigore, misura ed equilibrio che Robert Mapplethorpe, indiscusso maestro del nudo fotografico, è capace di fare proprio con tanta abilità formale quanta originalità nel realizzare opere che della kalokagathia classica stravolgono il significato. Attraverso i suoi nudi, corpi sia maschili sia femminili immortalati in tutta la loro turgida bellezza, Mapplethorpe dialoga con la tradizione classica nella ricerca di una forma idealizzata capace sfidare gli schemi sociali convenzionali esplorando temi come desiderio, identità, genere e sensualità. La mostra dedicata a Robert Mapplethorpe e intitolata Le forme del classico approfondisce proprio il dialogo tra fotografia contemporanea e classicismo, mettendo in relazione la plasticità dei corpi ritratti dal fotografo newyorkese con la statuaria antica. Inserito in un triplice percorso che comprende altri due eventi espositivi, uno a Milano e uno a Roma, l’allestimento veneziano curato dal direttore artistico de Le Stanze della Fotografia, Denis Curti, sull’Isola di San Giorgio, espone una raccolta di nudi maschili e femminili, ritratti iconici e celebri immagini di fiori come calle, tulipani e orchidee che diventano sculture fotografiche senza tempo, plasmate dalla luce in una composizione perfetta. È proprio la dimensione classica della fotografia di Mapplethorpe, messa in risalto a Venezia attraverso puntuali confronti con le immagini dell’arte antica, a rendere atemporali i corpi ritratti: colti nella loro plasticità e bellezza, divengono rappresentazioni insieme antiche e presenti di un desiderio irrefrenabile e sapiente, modellati dalla geometria della luce e trasfigurati in icone eterne, quasi divine, pur restando sempre umanissime.

La retrospettiva si fa così sintesi della ricerca dell’artista di una perfetta sinuosità, di una rotondità sensuale e sacrale, che si fa ponte tra passato e presente, tra rigore formale e potenza emotiva. Diletta Rostellato

Beyond the good ENG and the beautiful

Kalos kai agathos, Greek for ‘beautiful and good’, is the classical ideal of harmony between physical beauty and moral virtue, embodied in sculptural nudes. Robert Mapplethorpe, master of photographic nude, reinterprets this canon with formal skill and bold originality. His male and female nudes, rich in sensual beauty, engage with classical tradition while challenging social norms, exploring desire, identity, and gender. The exhibition Robert Mapplethorpe. The Classical Form, curated by Denis Curti at Le Stanze della Fotografia in Venice, presents iconic portraits and floral images as timeless photographic sculptures. Mapplethorpe’s classical aesthetic, highlighted through comparisons with ancient art, transforms bodies into eternal, almost divine icons.

Robert Mapplethorpe. Le forme del classico Fino 6 gennaio 2026

Le Stanze della Fotografia, Isola di San Giorgio Maggiore www.lestanzedellafotografia.it

Derrick Cross, 1983 © Robert Mapplethorpe Foundation. Used by permission
Thomas, 1986 © Robert Mapplethorpe Foundation. Used by permission

GIOIELLI NASCOSTI DI VENEZIA

SCALA DEL BOVOLO

San Marco 4303

COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO

Barbaria de le Tole, Castello 6691

CHIESA DELLE PENITENTI

Fondamenta Cannaregio 890

ORATORIO DEI CROCIFERI

Campo dei Gesuiti, Cannaregio 4904

Un continuo attraversamento

I territori della ricerca visiva del fotografo Federico Garibaldi si mostrano in AttraversaMenti, nuova mostra al primo piano de Le Stanze della Fotografia: spiagge sospese e oniriche e paesaggi interiori, fotografie astratte e immagini che sfidano i confini tra realtà e percezione proiettano lo spettatore in una dimensione in bilico tra memoria e suggestione. La mostra si inserisce nel panorama delle mostre monografiche de Le Stanze nell’Isola di San Giorgio, nuovo capitolo dell’indagine sulla fotografia contemporanea come linguaggio artistico e strumento di introspezione personale.

Le fotografie di Garibaldi sono caratterizzate da prospettive surreali e composizioni fluide e si distinguono per una forte componente autobiografica. Nulla è lasciato al caso: ogni immagine è il risultato di una messa in scena consapevole, in cui la sensibilità della luce e la ricerca di nuove visioni si fondono in una narrazione personale e universale. «Le immagini che Federico Garibaldi propone – osserva il curatore Denis Curti – [...] sono necessarie alla libertà narrativa. Ogni frame appare come il prodotto di un incontro tra arte e interpretazione. Insomma, qualcosa di davvero lontano dalla realtà, perché tutto il mondo di Federico è guardato con un approccio che potrebbe essere sintetizzato come un continuo attraversamento […] Il suo è un viaggio psichedelico che raccoglie tutte le sfide collegate alla complessa condizione percettiva che da sempre accompagna il suo poter vedere. Le immagini velate sono in realtà autoritratti. I paesaggi collocati fuori dal tempo sono la sua memoria. Le immagini astratte sono sensazioni che si trasformano in sentimenti e desideri».

ENG Federico Garibaldi’s visual research unfolds in AttraversaMenti (a word play meaning ‘mind crossings’), his new exhibition at Le Stanze della Fotografia. Dreamlike beaches and abstract landscapes blur the line between reality and perception, inviting viewers into a space of memory and emotion. Part of the monographic series of the Venice-based photography programme, the show explores photography as introspection. Garibaldi’s surreal perspectives and fluid compositions reflect a strong autobiographical element. As curator Denis Curti notes, his veiled images are self-portraits, his timeless landscapes are memory, and his abstractions are emotions transformed into desire.

Breathtaking, l’installazione di Fabrizio Ferri, inaugura ufficialmente il 2 settembre il programma artistico di Casa Sanlorenzo, hub veneziano che, parte di Sanlorenzo Arts, ha aperto lo scorso giugno a Venezia, a Dorsoduro, proprio di fronte alla Basilica di Santa Maria della Salute e poco distante da Punta della Dogana. Casa Sanlorenzo, il nuovo spazio di Sanlorenzo, marchio leader della nautica di lusso internazionale, un palazzo veneziano degli anni ‘40 reinterpretato da Piero Lissoni, Art Director del brand, è stato pensato per accogliere mostre, residenze d’artista e progetti di ricerca su sostenibilità e innovazione creativa.

Breathtaking mette insieme tredici ritratti di figure iconiche, tra cui quelli di Willem Dafoe, Helena Christensen, Julianne Moore, Isabella Rossellini, Susan Sarandon, Naomi Watts, i cui volti sono avvolti nella plastica a evocare il soffocante impatto dell’inquinamento da plastica, appunto, sugli ecosistemi marini. Una bara di vetro, contenente acqua di mare, a rappresentare la fragilità degli oceani, è posta al centro delle tredici immagini, trafitte da chiodi di ferro grezzo su parete nera. Ad aumentare la suggestione soffocante, cuffie insonorizzanti per ricreare il silenzio degli abissi, inserite nell’installazione su idea di Marina Abramovich.

L’effetto devastante della plastica e delle microplastiche negli oceani viene denunciato attraverso lo sguardo attento del fotografo il quale, famoso per i suoi ritratti dallo stile sofisticato ma autentico, sceglie famosi talenti internazionali per denunciare questa emergenza.

Casa Sanlorenzo, con Breathtaking di Fabrizio Ferri, esprime l’impegno culturale e sostenibile del brand, che unisce arte, innovazione, responsabilità sociale e attenzione per l’ambiente. M.M. ENG Breathtaking, an installation by Fabrizio Ferri, officially opens on September 2 as the inaugural artistic event at Casa Sanlorenzo, the Venetian hub of Sanlorenzo Arts. Located in Dorsoduro beside the Basilica of Santa Maria della Salute, Casa Sanlorenzo, designed by Piero Lissoni, is a 1940s palazzo reimagined to host exhibitions, artist residencies, and research on sustainability and creative innovation. The show features thirteen portraits of iconic figures wrapped in plastic, evoking the suffocating impact of pollution on marine ecosystems. A glass coffin filled with seawater and soundproof headphones intensify the immersive experience, highlighting the urgency of ocean preservation.

Senza fiato
Federico Garibaldi, La Stagione della sabbia, serie blueShores
© Fabrizio Ferri

arte

IN

THE CITY

Rivelazioni

Fondazione Querini Stampalia rende omaggio al capolavoro di

Confrontarsi con un capolavoro non è mai un gesto neutro, richiede rispetto, consapevolezza e un ascolto profondo. Significa relazionarsi con un’opera che trascende il tempo, che custodisce lo sguardo del suo autore e quello di generazioni di osservatori: non si espone semplicemente, ma si accoglie, vi si entra in dialogo. Il ritorno a casa di una delle opere simbolo della Fondazione Querini Stampalia, la Presentazione di Gesù al Tempio di Giovanni Bellini, diventa così l’occasione per un tributo non solo all’opera in sé, ma anche alla sua capacità di generare senso, emozione e bellezza ogni volta che viene rivelata in un nuovo contesto. Con il tocco sensibile della nuova direzione di Cristiana Collu, la Fondazione presenta How to deal with a masterpiece. A Tribute : un invito a vivere l’opera, non solo a guardarla. Un atto di cura e una visione condivisa che trasforma il nuovo allestimento in un’esperienza collettiva, evocativa e avvolgente, in cui l’arte diventa spazio d’incontro e partecipazione. Ad accogliere la Presentazione di Gesù al Tempio è infatti non una semplice scenografia, ma una vera e propria architettura, che rimanda alla tradizione delle architetture effimere e sorprendenti che Venezia nei secoli ha realizzato in occasioni solenni, per esaltare il potere dell’immaginazione e celebrare un rito collettivo. È una declinazione contemporanea di una consuetudine storica. Una struttura che rompe le gerarchie e rinnova il rapporto tra gli spettatori e l’opera. A firmare il progetto è Izaskun Chinchilla, architetta madrilena che ha fatto del colore, della sperimentazione materica e del gusto per il dettaglio gli elementi distintivi della sua poetica visiva. Il suo stile – riconoscibile per le forme sinuose, i materiali leggeri e l’uso sorprendente della luce – è qui pienamente dispiegato in un allestimento che trasforma lo spazio in una dimensione quasi fiabesca. Nulla è lasciato al caso: ogni elemento è pensato per dialogare con l’opera, accompagnando lo spettatore in un’esperienza collettiva che coinvolge vista, udito – grazie alla composizione sonora originale ideata da Gavino Murgia – e olfatto, con un’essenza originale, Mystic Incense, calda e penetrante creata da The Merchant of Venice. «Non si tratta solo del ritorno di un capolavoro – afferma Paolo Molesini, Presidente Fondazione Querini Stampalia –, ma della nascita di un’esperienza in cui arte, architettura e sensorialità si fondono in un unico respiro. Il risultato è un invito a ritrovare la capacità di stupirsi, di lasciarsi attraversare dalla bellezza e dal mistero che Giovanni Bellini cattura in quell’attimo in cui il divino sfiora l’umano». M.M.

Giovanni Bellini

Revelations ENG

Engaging with a masterpiece is never neutral. It demands respect, awareness, and deep listening. It means entering a dialogue with art that transcends time, carrying the mental image of its creator and generations of viewers. The return of Giovanni Bellini’s Presentation of Jesus at the Temple to the Querini Stampalia Foundation becomes a tribute not only to the painting itself, but to its power to evoke meaning, emotion, and beauty in every new context. Under Cristiana Collu’s sensitive direction, the Foundation presents How to Deal with a Masterpiece. A Tribute, transforming the display into a collective, immersive experience thanks to what is not merely staging art, but designing architecture around it, for it. Architect Izaskun Chinchilla designs a vibrant, fairy-tale-like setting, enriched by Gavino Murgia’s soundscape and a custom scent, Mystic Incense, by The Merchant of Venice. Nothing is left to chance; everything is designed to accompany us into art using all senses. As President Paolo Molesini notes, this is not just a return, it’s the birth of an experience where art, architecture, and the senses merge in a single breath.

How to deal with a masterpiece. A Tribute

La Presentazione di Gesù al Tempio di Giovanni Bellini Fondazione Querini Stampalia, Castello 5252 querinistampalia.org

Giovanni Bellini, Presentazione di Gesù al Tempio, 1475 ca. - Fondazione Querini Stampalia - Photo Adriano Mura

24.09.25 15.02.26

arte

IN THE CITY

Il profumo è il fratello del respiro

Yves Saint Laurent

Sensi e spirito A Palazzo Mocenigo

la Collezione Storp

Accade all’improvviso: le nostre narici si inebriano di un odore profumato che evoca una precisa sensazione, individuale ma anche collettiva. Sì, perché, come afferma Yves Saint Laurent: «Il profumo è il fratello del respiro» e non si può fare a meno di respirare, perché il respiro è vita.

Un profumo esiste in quell’attimo prolungato in cui qualcuno lo inala e, anche se destinato inevitabilmente ad evaporare, rimane alla vista, quando non lo si avverte più, nuvola invisibile di spirito ma vivo nel suo “corpo”. Infatti, se il profumo svanisce, il flacone in cui era contenuto ne conserva la memoria. Ed ecco così scaturire la mostra sensoriale Viaggio nella storia del profumo, in corso a Palazzo Mocenigo, con oltre 500 flaconi preziosi della Collezione Storp, suddivisi in un arco temporale di più di seimila anni, dall’antico Egitto al contemporaneo: oggetti indimenticabili esposti in una scenografica serie di suggestive campane di vetro.

Un raffinato progetto espositivo frutto della collaborazione scientifica di Fondazione Musei Civici, con il coordinamento della direttrice Chiara Squarcina e il conservatore Luigi Zanini, l’Università degli Studi di Padova con Monica Baggio, Massimo Vidale e Barbara Savy, Mavive Parfums con Marco Vidal, Zignago vetro con Biagio Costantini (videomapping immersivo) e Fragrance&Beauty di Givaudan, la casa presieduta da Maurizio Volpi che rivisita da ricette originali sette fragranze storiche tutte da scoprire.

La Collezione Storp risale al 1911 e nasce dalla passione di Bruno e Dora Storp, proprietari a Monaco di una delle più importanti raccolte di flaconi al mondo. Un vasto racconto antropologico tra sacro e profano, che accomuna nel corso del tempo costumi di differenti civiltà e classi sociali, trova nella mostra una perfetta sintesi. Nell’antico Egitto e nelle civiltà del Mediterraneo e vicino Oriente si usavano vasi e bottigliette in alabastro, terracotta e vetro policromo per unguenti e aromi per le cerimonie religiose e l’imbalsamazione, prerogativa dei ceti più abbienti. In Grecia si utilizzavano contenitori in argilla dipinti come le lekythoi, brocchette ad un’unica ansa a forma di divinità o animali e le pissidi. A Roma non mancavano ampolle di vetro per sostanze aromatiche e medicamentose. Nel Rinascimento andava in voga il pomander o globo di metallo appeso alle cinture, lavorato da orafi ed argentieri tedeschi, con essenze suddivise in spicchi apribili e richiudibili, contenenti muschio, ambra e altre resine profumate. Il Seicento è all’insegna della varietà: si creavano straordinari cofanetti porta profumi e gruppi di figure esotiche, decorati a smalti e pietre dure di gusto barocco. Nel Settecento, secolo dei profumi per antonomasia, nell’Europa della porcellana e delle “galanterie” di manifattura Meissen, venivano realizzati flaconi da toeletta, boccette e scatoline da borsetta. Tra il XVII e XIX secolo si svilupparono le produzioni francesi, inglesi, tedesche e danesi, con vinaigrette, piccolissime scatolette, generalmente d’oro o d’argento, contenenti un secondo coperchio interno traforato al di sotto del quale veniva posto un tampone imbevuto di profumo, o riempite

con spezie (anche a forma di pesce e torre, già impiegate nel culto ebraico), porta profumo da indossare come gioielli appesi al collo o fermati da châtelaine da cintura, bracciali o anelli. Intramontabile, l’Acqua di Colonia o Aqua Mirabilis, a base di alcool ed essenze naturali agrumate creata dal piemontese Giovanni Paolo Feminis ed ereditata poi da Giovanni Maria Farina, il cui nipote a Parigi contribuisce a creare la poi famosissima Eau de Cologne Roger&Gallet. Nell’Ottocento flaconi in cristallo boemo sfaccettato vennero corredati da binocoli estraibili. L’invenzione del dottor Sales Giron semplificava il gesto del profumarsi tramite il vaporisateur (1878). Sinuosi e variopinti modelli tra fine Otto e primi decenni del Novecento rientrarono nell’Art Nouveau ed Art Deco, con case quali Gallé e Lalique che guardavano al Giapponismo. Flaconi d’autore riflettono desideri e mode tra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento, generando “gondole o transatlantici”. E gli anni Novanta sono ricchi di giochi di colore, sperimentazioni materiche e trasparenze, rendendo celebri il torso nudo di Jean Paul Gaultier Le Male o la speranza di AMen, stella futuristica verticale allungata di Thierry Mugler, o persino la capsula urbana 212 di Carolina Herrera. Oggi, nuova icona di stile tra tradizione e modernità, autentica incarnazione di un’idea di integrazione in itinere, The Merchant of Venice : connubio veneziano di Oriente e Occidente con la sua inconfondibile boccetta in vetro a forma di figura umana stilizzata e tappo-copricapo, ciondolo della dea alata Nut o della Fenice immortale, emblema metaforico del profumo che ha in sé lo spirito del risorgere. Luisa Turchi

© MUVE - Photo Riccardo Tarantino – Veneta Video

Sense and ENG scents

Perfumes exist in the moment someone inhales it. Though destined to evaporate, it remains visible even when no longer perceived. an invisible cloud of spirit, still alive in its “body.” When the scent fades, the bottle preserves its memory.

This idea inspires the sensory exhibition Journey Through the History of Perfume, held at Palazzo Mocenigo, showcasing over 500 precious bottles from the Storp Collection, spanning more than 6,000 years, from ancient Egypt to the present day, displayed under evocative glass domes.

The Storp Collection, founded in 1911 by Bruno and Dora Storp in Munich, is one of the world’s most important perfume bottle collections. The exhibition offers a vast anthropological narrative, blending sacred and profane across civilizations and social classes. In ancient Egypt and the Mediterranean, alabaster, terracotta, and polychrome glass vessels held unguents and aromas for religious rites and embalming. In Greece, painted clay containers like lekythoi, divine or animal-shaped jugs, and pyxides were common. Rome featured glass ampoules for aromatic and medicinal substances.

During the Renaissance, the pomander, a metal globe worn on belts, held essences like musk and amber in ornate compartments. The 17th century saw baroque-style perfume boxes and exotic figurines adorned with enamel and gemstones. The 18th century, the golden age of perfume, brought porcelain toiletry bottles and pocket-sized flacons from Meissen. Between the 17th and 19th centuries, French, English, German, and Danish vinaigrettes – tiny gold or silver boxes with scented sponges – emerged, often shaped like fish or towers and worn as jewellery.

Timeless Eau de Cologne, created by Giovanni Paolo Feminis and later perfected by Giovanni Maria Farina, became iconic thanks to Roger & Gallet. In the 19th century, faceted Bohemian crystal bottles included retractable binoculars. Dr. Sales Giron’s 1878 invention of the vaporisateur simplified perfume application. Art Nouveau and Art Deco styles flourished from the late 1800s to early 1900s, with houses like Gallé and Lalique influenced by Japonism. The 1990s embraced colour play and material experimentation, with iconic designs like Jean Paul Gaultier’s Le Male torso, Thierry Mugler’s futuristic AMen star, and Carolina Herrera’s urban capsule 212.

Today, a new icon blends tradition and modernity: The Merchant of Venice, a Venetian fusion of East and West, with its stylized human-shaped bottle and cap resembling the winged goddess Nut or the immortal Phoenix, symbolizing perfume as a spirit of rebirth.

VENICE M’ART GALLERY

ELIO

MARIANI

Blackout

3 settembre September-8 ottobre October

The Venice Venice Hotel riscopre l’opera dell’artista Elio Mariani (Milano, 1943), uno dei più innovativi ma poco conosciuti esponenti italiani del movimento Mec-Art. Lavorando al fianco di Pierre Restany, Gianni Bertini e Mimmo Rotella nei rivoluzionari anni ‘60, Mariani ha sviluppato uno dei primi approcci sistematici in Italia all’emulsione fotografica su tela. Le sue innovazioni tecniche, parallele a simili sperimentazioni parigine, lo posero come figura cruciale quando Restany portò la Mec-Art a Milano, nella storica mostra del 1966 alla Galleria Schwarz. A differenza dei suoi contemporanei, la pratica di Mariani si spinse oltre le possibilità immediate della riproduzione meccanica. Le sue opere affrontano temi che dalle prime esplorazioni della cultura mediatica e dell’immaginario commerciale arrivano alle profonde indagini sulle relazioni umane, sul tempo e sulla memoria. Dove altri vedevano un limite nei processi meccanici, Mariani scoprì una liberazione: un mezzo per democratizzare l’arte e allo stesso tempo esplorare l’esistenza temporale.

La mostra Blackout, ospitata alla Venice M’Art Gallery, dimostra come la riproduzione meccanica abbia sfidato i confini artistici tradizionali, rivelando nuove possibilità per l’espressione contemporanea. Contestualmente, Elio Mariani “firma” la Room 44 di The Venice Venice Hotel: Back to Light trasforma lo spazio di accoglienza in una dichiarazione artistica, offrendo agli ospiti un incontro diretto con le sue tecniche rivoluzionarie, che incarnano perfettamente la visione Postvenetian dell’Hotel.

ENG Working alongside Pierre Restany, Gianni Bertini, and Mimmo Rotella in the revolutionary 1960s, Elio Mariani (Milan, 1943) developed one of Italy’s first systematic approaches to photographic emulsion on canvas. Unlike his contemporaries, Mariani’s practice evolved beyond mechanical reproduction’s surface possibilities. His work moved from early explorations of media culture and commercial imagery to profound investigations of human relationships, time, and memory. Exhibition Blackout demonstrates how mechanical reproduction challenged conventional artistic boundaries, revealing new possibilities for contemporary expression.

Venice M’Art Gallery, piano terra

The Venice Venice Hotel, Cannaregio 5631 venicevenice.com

IKONA GALLERY

WILLIAM KLEIN encore | still | ancóra

Fino Until 30 novembre November

A quarantasei anni esatti dall’apertura della galleria, fondata il 28 luglio 1979 a Venezia dalla coraggiosa e visionaria artista e gallerista Živa Kraus, Ikona Gallery celebra lo storico compleanno con la preziosa personale William Klein – encore | still | ancóra Fotografo, pittore, regista e artista grafico, William Klein (1926–2022) è stato uno degli artisti più controversi e influenti del XX secolo. Artista multidisciplinare, ha rivoluzionato campi come la fotografia di moda e quella di strada. I suoi lavori dedicati alle grandi capitali del mondo (New York 1956, Roma 1959, Mosca 1964, Tokyo 1964, Parigi 2002) lo hanno reso uno dei fotografi più illustri della sua generazione. A partire dalla metà degli anni Sessanta si è dedicato al cinema, realizzando circa venti film tra documentari, lungometraggi e opere di finzione. Già presentato da Ikona Photo Gallery a Venezia nel 1981, Klein ritorna ora con una selezione di sedici stampe originali in bianco e nero, provenienti dallo Studio Klein di Parigi. Le immagini scelte, dedicate ai temi delle città (New York, Mosca, Tokyo, Roma) e della moda, raccontano una fotografia che ancóra – e sempre – afferma e condensa in sé l’avanguardia, la complessità e il contraddittorio. Il titolo encore | still | ancóra infatti esprime la continuità e il cambiamento: tornare alla fotografia, che Ikona Gallery ha sempre messo in luce in questi quarantasei anni di presenza, significa affermare attraverso l’immagine il significato di un avverbio che tanto parla di Klein quanto di Ikona. Significa proseguire nell’azione del presentare per chiedersi ancóra quale senso abbia fare, esporre e guardare la fotografia oggi. Con questo sguardo, Ikona Gallery e William Klein scelgono di esserci.

ENG Forty-six years since it opened, Ikona Gallery celebrates with a precious new personal exhibition: William Klein – encore | still | ancóra. Photographer, painter, filmmaker, and graphic artist William Klein (1926-2022) has been one of the most influential and controversial artists of the twentieth century. A multidisciplinary artist, he revolutionized fashion photography, street photography, and more. The exhibition in Venice will show sixteen original black and white prints from the Klein Studio in Paris. The pictures, dedicated to cities and to fashion, prove how photography can affirm and condense avant-garde, complexity, and contradiction.

Ikona Gallery Campo del Ghetto Nuovo, Cannaregio 2909 www.ikonavenezia.com

BEATRICE GELMETTI (Ri)velazione

Fino Until 30 settembre September

In dialogo con l’attività quotidiana degli studenti dell’UIA – Università Internazionale dell’Arte, restauratori impegnati nel riportare alla luce ciò che il tempo ha celato, e con le architetture neo-bizantine di Villa Hériot alla Giudecca – costruita tra il 1928 e il 1929 per volere del nobile francese Auguste II Olympe Hériot e progettata da Raffaele Mainella – si inserisce l’arte di Beatrice Gelmetti (Verona, 1991). (Ri)velazione, si offre al visitatore come un attraversamento del velo: ciò che appare e si nasconde, che confonde e svela, aprendo spazi di libertà interpretativa. Gelmetti concentra la sua ricerca sul colore come strumento di rivelazione. Attraverso il gesto pittorico e l’uso delle velature, esplora la tensione tra visibile e invisibile, tra forma e dissolvenza, invitando lo spettatore a un’esperienza contemplativa e di scoperta. Le opere, disseminate in modo non convenzionale tra le architetture di Villa Hériot, instaurano un dialogo con lo spazio che le accoglie.

ENG Artist Beatrice Gelmetti (b. 1991) presents (Ri)velazione at the 1928 neo-Byzantine Villa Hériot at Giudecca Island. The exhibition revolves around the idea of piercing the veil, a veil that appears and conceals, blurs and reveals, opening free interpretative spaces. Gelmetti focused her research on colour as a tool for revelation. Using pictorial gesture and veiling, she explored the tension between the visible and the invisible, between shape and dissolution, inviting the audience into a contemplative exploration.

UIA – Università Internazionale dell’Arte Giudecca 54/P uiavenezia.com

FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA

DAVIDE RIVALTA

Leoni in campo

Fino Until 23 novembre November Davide Rivalta torna su uno degli animali più cari del suo bestiario per rivelare, ancora una volta, il leone e la leonessa nella loro doppia essenza: maestosi e silenziosi, emblemi di libertà, potenza e controllo. Con Leoni in campo, l’artista intreccia mito e realtà, inserendo queste creature imponenti in uno spazio urbano messo in sospensione. La loro immobilità non è passività, ma una forma di resistenza. Con il suo linguaggio scultoreo, Davide Rivalta ci invita a confrontarci non solo con la loro dimensione mitologica e simbolica, ma anche con quella naturale, facendo dei leoni i testimoni, ma anche i protagonisti di un dialogo che coinvolge il cuore della città e la sua storia.

ENG Davide Rivalta’s large-scale sculptures have been installed in the public areas facing Palazzo Querini Stampalia: monumental bronze lions that inhabit urban spaces, engaging in dialogue with the city. The artist returns to one of the most iconic animals in his bestiary to reveal, once again, its composite essence: majestic and silent, and a symbol of freedom, power, and control. Its standing still does not mean passivity but a form of resistance. With Lions on the Field, Rivalta blends together myth and reality, exploring the relationship between urban space and the wild, not yet completely tamed and anthropized, and the complex relationship between different living beings.

Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252 www.querinistampalia.org

PESARO ELEONORA RINALDI Órama

Fino Until 27 settembre September Eleonora Rinaldi (Udine, 1994, vive e lavora a Parigi) esplora il confine tra il visibile e l’invisibile, tra la realtà e il sogno, tra la percezione e la memoria visiva.

Órama – titolo della mostra che deriva dal greco antico e significa “visione” o “sogno” – si fonda sulla riflessione della natura come spazio primordiale della visione e della rivelazione. I dipinti di Rinaldi presentano paesaggi sospesi tra il reale e l’onirico, in cui la vegetazione non è semplice sfondo, ma si fa protagonista attiva, avvolgendo le figure umane e dissolvendone i contorni in un intreccio cromatico ipnotico. La sua pittura richiama il simbolismo ottocentesco e il surrealismo, evocando atmosfere che dialogano con la tradizione, ma che si proiettano in una dimensione profondamente contemporanea.

ENG Eleonora Rinaldi explores the boundary between the visible and the invisible, between perception and visual memory. Órama – meaning “vision” or “dream” – is rooted in a reflection on nature as a primordial space of revelation. Rinaldi’s paintings depict landscapes where vegetation is not merely a backdrop but takes on an active role, enveloping human figures and dissolving their outlines in a hypnotic chromatic weave. Her painting recalls 19th-century Symbolism and Surrealism, evoking atmospheres that converse with tradition while projecting themselves into a contemporary dimension.

Galleria Internazionale d’Arte Moderna Project room capesaro.visitmuve.it

CA’

GUERRA E PACE

La mostra Stupore realtà enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia, che apre il 19 settembre alle Gallerie dell’Accademia, offre l’occasione per rivisitare un episodio della storia

della Serenissima accaduto subito dopo la vittoria di Lepanto (1571)

APietro Bellotti (1625–1700), era stato commissionato uno dei grandi teleri celebrativi con le imprese militari della Serenissima di Palazzo Ducale, proseguendo il programma iconografico previsto per la Sala dello Scrutinio a sostegno del “mito di Venezia”; i nuovi dipinti furono commissionati per sostituire quelli andati distrutti a seguito dell’incendio del 1574 che colpì questa parte del Palazzo.

Il soggetto storico non era dei più noti e forse neanche felice fu la scelta di affidare l’incarico di realizzare quest’opera a Bellotti, artista di qualità, ma lontano per stile e per sensibilità da questo soggetto di storia veneziana tanto violento e cruento, inoltre non uso ad operare sui grandi formati dei teleri con i toni aulici e realistici che la celebrazione pubblica richiedeva.

Il suo telero, intitolato Vittoria dei Veneziani sui Turchi in Albania e demolizione del castello di Margarita, doveva ricordare la conquista e il completo abbattimento di questa fortezza, posta nell’entroterra albanese, vicino alla costa tra Durazzo e Valona e fino al 1571 in mano turca. Dopo la vittoria di Lepanto la Serenissima, invece di inseguire la flotta ottomana fino a Dardanelli, aveva preferito consolidare la propria supremazia con la conquista delle piazzeforti nemiche che ancora resistevano in Dalmazia, Albania Veneta e Grecia. La fortezza di Margarita o come veniva allora chiamata Margheritin – oggi Marge · lliçit – era una fortezza arroccata su di un colle e munita di mura, come risulta in una rara immagine compresa nella raccolte di stampe di Giovan Francesco Camocio. Su comando di Sebastiano Venier, il Capitano Generale da Mar vincitore di Lepanto, era stato inviato a realizzare quest’impresa Francesco Corner. Questi compare al centro della tela del Bellotti, in armatura da combattimento con elmo piumato, mentre impartisce l’ordine ricevuto con un dispaccio dal Senato, che un suo attendente gli sta leggendo, di demolire ab imis le mura della fortezza compreso il monumentale arco d’ingresso

fregiato della mezzaluna turchesca. Uomini con vesti lacere, armati di picconi e mazze, eseguono con vigore gli ordini impartiti dal Comandante, mentre a sinistra della tela, quasi estremo sfogo liberatorio dell’estroso pittore del tutto estraneo ai soggetti storici, si scopre un nano deforme, con accentuati tratti caricaturali, che pone il proprio copricapo sulla testa di un cane trattenuto tra le gambe.

La tela è databile al 1661, quindi realizzata con tutte le imprecisioni e le licenze artistiche concesse al Bellotti a novant’anni di distanza dall’avvenimento, del quale più nessuno era ancora in grado di testimoniare e del quale oramai labile era anche il ricordo storico.

P. Bellotti, Vittoria dei Veneziani sui Tutrchi in Albania e demolizione del Castello di Margarita, (1663), Venezia, Palazzo Ducale, Sala dello Scrutinio
G. Camocio, Fortezza di Margheritin nella provincia della Cimera, stampa, 1574

s torie

VENEZIA, I PERSIANI, I TURCHI

Diverso il caso di un altro telero, sempre a Palazzo Ducale, collocato nella Sala delle Quattro Porte, dove gli ambasciatori solitamente aspettavano di essere ricevuti dal Doge. L’opera – Il doge Marino Grimani riceve i doni degli ambasciatori persiani nel 1603 – è a firma di Gabriele Caliari, figlio di Paolo Veronese che tanto aveva lavorato per la dimora dei Dogi. Il dipinto con l’ambasceria dei persiani, oltre alla funzione celebrativa pubblica che esaltava le virtù diplomatiche della Serenissima nell’intrecciare rapporti con altri potentati del tempo, venne commissionato anche con l’intento di ricordare le doti di Marino Grimani, uomo d’indubbie qualità politiche e di governo, che ricoprì la più alta carica della Repubblica dal 1595 fino alla sua morte avvenuta nel 1605. Proprio attorno a quest’ultima data si presume che l’opera sia stata ideata e forse anche realizzata, in anni quindi immediatamente a ridosso della visita dell’ambasciata persiana e per questo motivo facilmente verificabile dai contemporanei nell’attendibilità del soggetto pittorico e nella verosimiglianza dei protagonisti. Le relazioni diplomatiche con l’invio di delegazioni e doni da parte di Shah Abbas il Grande (r. 1587–1629) alla Serenissima sono ben documentate a partire dall’inizio del XVII secolo. Il Re safavide si mosse con un duplice intento: da una parte promuovere la sua straordinaria produzione di stoffe e tappeti pregiati, dall’altra cercare di approvvigionarsi di tutta una serie di beni di varia natura sui quali Venezia aveva costruito parte della sua fama, sia in campo artigianale che artistico. Da parte sua, l’interesse della Serenissima era quello di stringere alleanza con un Paese potente nel contrastare l’Impero Ottomano, che sempre più da vicino minacciava la Repubblica veneziana. Durante i quarant’anni di Regno di Shah Abbas, sono almeno tre gli episodi documentati in cui i doni e le richieste di contropartite per i medesimi fanno intravedere un vero e proprio commercio attuato attraverso il rapporto diplomatico.

Nella seconda ambasceria del 1603, quella ritratta nella tela del Caliari, Fethi Bey, capo dell’ambasceria del Re di Persia, porta in dono preziosi tappeti, velluti e altri tessuti lavorati con oro e seta. Di queste opere sono ancora conservati a Venezia il tappeto che venne destinato alla Procuratoria di San Marco – dove ancora oggi è custodito –, per essere esposto come inginocchiatoio del Serenissimo Principe durante le solenni celebrazioni. Il velluto con la raffigurazione della Vergine col Bambino, opera di maestranze armene, è conservato nelle collezioni della Fondazione Musei Civici. All’Archivio di Stato di Venezia si trova invece il firmano dello Shah in lingua persiana, completo della trascrizione e della traduzione redatte all’epoca dal dragomanno Giacomo de Nores.

La scena del dipinto si svolge nella Sala del Collegio, la complessa elaborazione artistica, nella quale si nota come la sapienza compositiva del grande Paolo Veronese fosse passata ai suoi “heredes”, continuatori della sua arte a Palazzo Ducale, è concepita come un palcoscenico teatrale, con tre quinte disposte su tre paralleli livelli di lettura dove sono distribuite le molte figure che affollano il soggetto pittorico. La parete di fondo è ricoperta da “cuoridori”, la caratteristica tappezzeria di pelli trattate con impressioni a fuoco e colorate con decorazioni a motivi vegetali di derivazione orientale. Su questa poggiano gli scranni lignei dell’alta magistratura dove, in posizione elevata ma non centrale, siede il doge Grimani, nelle ricche vesti dorate da cerimonia. Ai lati del doge trovano posto, riconoscibili dal turbante, due dei sei dignitari persiani (FOTO Vicentini) che componevano l’ambasceria e al centro della composizione l’ambasciatore Bey,

anch’esso con il tipico copricapo e con indosso un rilucente mantello dorato, che denuncia l’eccellenza del suo grado e la parità politica rispetto alla dignità del doge. Seguono verso la parte destra della tela i membri del Collegio che componevano tradizionalmente questa magistratura: i tre Capi della Quarantia al Criminal, vestiti di rosso con stola dorata, e dodici Consiglieri del Doge in veste cerulea. Nella seconda quinta più vicina all’osservatore sono presentate altre figure, tutte riprese di spalle, che contrastano nel movimento della scena con la ieratica immobilità dei dignitari seduti di fronte: davanti al doge i tre dignitari armeni che, come documentato, parteciparono all’ambasceria, riconoscibili per i copricapo di pelo. Su un piano sopraelevato e vestito di nero è raffigurato Giacomo de Nores, il dragomanno che aveva procurato e organizzato la visita, mentre è intento a tradurre la lettera inviata al Doge da Shah Abbas, testo che, a sua volta, un altro personaggio traduce, sussurrandolo all’orecchio di Fethi Bey.

Al centro dell’intera composizione, in primo piano, sono due valletti, uno in piedi e l’altro inginocchiato, intenti a mostrare estratti da una cassa i preziosi doni inviati da Abbas. Tra gli altri un drappo bianco finemente ricamato in oro, che rimanda, nella splendida lucentezza, al tessuto della veste indossata sotto il mantello da Fethi Bey e, nei temi decorativi, ai “cuoridoro” delle pareti. Ancora al centro si trovano un altro persiano che tiene in mano le lettere inviate da Abbas alla Serenissima, un cavaliere con stocco e altri dignitari veneziani, ritratti anch’essi di spalle in eleganti vesti nere.

Come si ritrova in altre grandi tele veronesiane, animano la scena due cani con funzione non solo decorativa: uno, aggraziato nel portamento, simbolo della fedeltà, è trattenuto con una catena d’oro da un paggio veneziano, mentre l’altro, dall’aspetto feroce – la forza – è a guinzaglio di un paggio vestito all’orientale con all’orecchio una vistosa perla.

La scena fa trasparire e comunica la dignità e la reciproca considerazione tra i rappresentanti di due popoli e di due civiltà, lontani geograficamente, ma che condividono la raffinatezza dei decori e la ospitale ritualità nello scambio dei doni in un rapporto di corretta e favorevole intesa nel rispetto dei patti.

Domenicus Custos, Ritratto di Sha¯h Abbas il Grande, (1600 ca.), Incisione

G. Caliari, Il doge Marino Grimani riceve i doni degli ambasciatori persiani nel 1603, (1605 ca.), Venezia, Palazzo Ducale, Sala delle Quattro Porte

Manifattura armena, Vergine col Bambino, velluto, Fondazione Musei Civici Veneziani

PER SAPERNE DI PIÙ

Manifattura persiana, Tappeto, Venezia, Procuratoria della Basilica di S. Marco

A. Scrinzi, Un dono dello Shah Abbas il Grande al Doge di Venezia, in “Rivista mensile della città di Venezia”, IX, 12, dicembre 1930

U. Franzoi, Storia e leggenda del Palazzo Ducale di Venezia, Venezia 1982

W. Wolters, Storia e politica nei dipinti di Palazzo Ducale. Le visite di Stato, Venezia 1987

W. Wolters, Il Palazzo Ducale di Venezia. Un percorso storico-artistico, Caselle di Sommacampagna 2001.

E. Gagliardi Mangilli (mostra e catalogo a cura di), I doni di Shah Abbas il Grande alla Serenissima. Relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Venezia e la Persia Safavide, Venezia, Palazzo Ducale, 2013-2014

Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotto e la pittura del Seicento a Venezia, catalogo della mostra a cura di Marsilio, 2025

C. Vecellio, Habiti antichi moderni di tutto il mondo, Venezia in Venetia, appresso i Sessa, 1598

CEMENTO AMATO

Tra colpi di pianoforte, schizzi sonori, improvvisazioni rapide, omaggi a Debussy e Brian Eno, fino a Morricone e Lucio Dalla, Dardust cattura lo spirito della provincia

Vigilia di Ferragosto. L’automobile, stipata ben oltre il buon senso, arranca sull’asfalto rovente mentre il paesaggio fuori dal finestrino si ripete in un loop di campi arsi, svincoli anonimi, stazioni di servizio. Alla radio, per par condicio, esplode “la noia, la noia, la noia”: il ritornello, da fastidioso, si fa inevitabile. Nel giro di poche curve lo si canticchia, lo si porta al mare, al bar, in spiaggia. Una colonna sonora che finirà per restare appiccicata a quell’estate, volenti o nolenti. È successo con Angelina Mango, con Soldi, con Guerriero di Mengoni, con Elisa, Lazza, Elodie. Canzoni che sembrano germogliare spontanee con la bella stagione e che invece rispondono tutte alla stessa mano invisibile: Dario Faini, autore e produttore di decine di hit e outsider per vocazione che negli anni ha costruito dal retrobottega ciò che chiamiamo “pop italiano contemporaneo”. Non troverete il suo volto stampato sui cartelloni, ma se avete canticchiato anche solo due o tre tormentoni estivi, lo avete già incontrato. Lontano da mitici garage sudati e fumose jam session, il percorso musicale di Faini inizia sulla retta via dell’Istituto Spontini, severissimo Conservatorio nella periferia di Ascoli. Qui, Faini condivide il banco di Giovanni Allevi: stessi interminabili esercizi, stessa dita spezzate dal pianoforte, ma quello che per uno sarà trampolino, per l’altro diverrà ben presto prigione. A liberarlo, ecco Bowie, i Depeche Mode, i Kraftwerk e infine il matrimonio con l’elettronica, atto primo di una parabola destinata a incoronarlo Re Mida del pop. Da qui, la scalata è fulminea: Sanremo, Eurovision, settanta dischi di platino, milioni di stream, il titolo di producer dell’anno. Tuttavia, il meccanismo comincia a scricchiolare. Pressione, scadenze serrate, richiesta costante, e l’autore si ritrova in quella stessa cella da cui aveva tentato di evadere, ma stavolta, con le chiavi in tasca. In cerca di uno spazio in cui pianista rigoroso e produttore eclettico potessero convivere senza fare a botte con il mercato, già dal 2014 Faini aveva avviato un progetto parallelo sotto lo pseudonimo di Dardust. Ma è con il burnout che, da rifugio, questo si fa vera identità musicale, composta di suoni essenziali, intimi e scevri da ogni etichetta. Dopo il successo planetario di 7, Birth, S.A.D. Storm and Drugs, Duality, nel 2024 prende vita Urban Impressionism, culmine di un percorso controcorrente che dalla moltitudine giunge a pura essenza. Tra colpi di pianoforte, schizzi sonori, improvvisazioni rapide, omaggi a Debussy e Brian Eno, fino a Morricone e Lucio Dalla, nell’album Dardust cattura lo spirito della provincia, restituendo dignità a quell’“immenso deposito di umanità” tanto caro a Pasolini e che resta, in fin dei conti, il ventre tumido della società moderna. Non un impressionismo di fiori e boulevard, dunque, ma quello della sua infanzia, fatto di periferie, palazzine scarne e fumo di motorini, per un album più “popolare” delle hit da classifica, perché radicato nel popolo e nei suoi luoghi di vita.

E quale palcoscenico più eloquente di Venezia, città-cartolina e insieme ferita da periferie dimenticate, per raccontare questa storia? Il 25 settembre, al Malibran, Dardust mette in scena il suo impressionismo urbano al Festival delle Idee, con un talk alle 18 e un concerto per pianoforte e archi alle 21. Il Festival stesso, non a caso, porta il titolo Immagina. La via dei Talenti, invitando a dare ascolto alla creatività quando tutto sembra già scritto e a trasformare ciò che appare marginale in possibilità. Perché i ritornelli estivi e i luccichii delle vacanze passano in fretta: è nel ritorno a casa, tra distese di cemento e torpore quotidiano, che germoglia il talento. Lì dove l’immaginazione non è ornamento, ma una forma di resistenza.

Mid-August. Our car, packed well beyond reason, struggles along the scorching asphalt as the landscape outside the window loops endlessly: parched fields, anonymous junctions, service stations. On the radio, in perfect sync, blasts “la noia, la noia, la noia” (“boredom, boredom, boredom”): the chorus, initially annoying, becomes inescapable. Within a few turns, it’s being hummed, taken to the beach, the bar, the shore. A soundtrack destined to stick to that summer, whether we like it or not. It happened with Angelina Mango, with Soldi, with Mengoni’s Guerriero, with Elisa, Lazza, Elodie. Songs that seem to bloom spontaneously with the warm season but are all born from the same invisible hand: Dario Faini, songwriter and producer of dozens of hits and unconventional tracks, who has quietly shaped what we now call “contemporary Italian pop”.

You won’t see his face on billboards, but if you’ve hummed even two or three summer hits, you’ve already met him. Far from sweaty garages and smoky jam sessions, Faini’s musical journey began at the strict Spontini Institute, a rigorous Italian conservatory. There, he shared a desk with Giovanni Allevi: same endless exercises, same fingers bruised by piano keys. But what became a springboard for one, soon turned into a prison for the other. His escape? Bowie, Depeche Mode, Kraftwerk, and eventually, a marriage with electronic music, the first act of a journey that would crown him the Midas of pop.

Seeking a space where his disciplined pianist side and eclectic producer persona could coexist without clashing with the market, Faini launched a parallel project in 2014 under the pseudonym Dardust. But it was burnout that transformed this refuge into a true musical identity made of essential, intimate sounds, free from labels. After global success with 7, Birth, S.A.D. Storm and Drugs, Duality, in 2024 came Urban Impressionism, the peak of a countercurrent journey from multitude to pure essence. And what better stage than Venice, postcard city yet scarred by forgotten outskirts, to tell this story? On September 25, at the Malibran Theatre, Dardust brings his urban impressionism to the Festival delle Idee, with a talk at 6 PM and a piano and strings concert at 9 PM. The festival’s title, Immagina. La via dei Talenti, invites us to listen to creativity when everything seems already written.

Dardust 25 settembre Teatro Malibran festivalidee.it

musica LIVE

Incontri ravvicinati

Nel fittissimo programma della quinta edizione del Festival delle Idee, si inserisce il progetto dal vivo di Mario Venuti, artista vulcanico e camaleontico, che fin dagli esordi con i Denovo ha saputo cesellare una carriera anticonformista e indipendente. In questo set acustico, realizzato insieme a Tony Canto, la collaborazione di lunga data tra i due musicisti si riflette in un’intesa naturale sul palco, qui ridotta all’essenzialità di due chitarre classiche. La scelta di questa formazione mette in primo piano il dialogo tra corde e voci, in un intreccio di sonorità che unisce il Mediterraneo e il Brasile. La chitarra, definita dagli stessi artisti “orchestra portatile” e “tappeto volante per le canzoni”, si fa protagonista unica, capace di accompagnare i brani con ritmi discreti e limpide linee melodiche. Il concerto prende spunto dall’undicesimo album in studio di Venuti, Tra la carne e il cielo, pubblicato ad aprile 2024 e prodotto da Microclima. Il disco segna un’evoluzione rispetto al precedente Tropitalia (2019): se quest’ultimo reinterpretava il repertorio storico italiano attraverso la lente della musica popolare brasiliana, il nuovo lavoro propone composizioni originali, con l’eccezione di Andiamo via, adattamento in italiano di Você não entende nada di Caetano Veloso. Venuti racconta come le canzoni siano nate intorno alla propria personale ricerca di un equilibrio tra la dimensione sensuale e terrena e una tensione verso la spiritualità: «I due aspetti, quello della carne e quello del cielo, non si escludono l’un l’altro. Possono perfettamente convivere esaltando la nostra natura umana».

In scaletta figurano brani tratti dall’ultimo disco, tra cui Napoli-Bahia e Degrado, affiancati a pagine storiche del suo repertorio, che testimoniano l’evoluzione di un artista capace di muoversi con naturalezza tra pop, canzone d’autore e contaminazioni internazionali. Non mancano inoltre riletture di canzoni italiane che hanno segnato la sua formazione, attraverso le quali Venuti intreccia memoria e innovazione, offrendo al pubblico una lettura personale del proprio percorso artistico.

Il 27 settembre, nel Chiostro di M9, le chitarre di Venuti e Canto disegnano trame sottili e armonie sospese, conducendo il pubblico in un intimo e coinvolgente viaggio musicale tra passato e presente. C.S.

Mario Venuti & Tony Canto | Tra la carne e il cielo

A piedi nudi sul palco

Tra i più noti artisti australiani degli ultimi vent’anni, Xavier Rudd arriva il 30 settembre al Gran Teatro Geox di Padova, portatore sano di una musica che ha toccato le vite di milioni di persone in tutto il mondo. A partire dal suo fondamentale album del 2002, To Let, ha rapidamente conquistato i fan con il suo straordinario talento da polistrumentista e l’incrollabile impegno per l’attivismo sociale e ambientale.

In un’evoluzione di quello che si è rivelato essere lo spettacolo solista più intricato della sua carriera, che vede Xavier destreggiarsi alla perfezione tra diversi strumenti, intricati loop e paesaggi sonori immersivi, la straordinaria Lisa Purmodh si unirà a lui sul palco come seconda polistrumentista, portando il live a un livello completamente nuovo.

Nel 2024 Xavier ha pubblicato l’EP Freedom Sessions, con brani straordinari come Moments, Road Trippin’ e World Order (Parts 1 and 2), quest’ultimo accompagnato da un accattivante video musicale in cui l’artista invita gli spettatori a intraprendere un viaggio alla scoperta di sé stessi. Negli ultimi anni Xavier ha celebrato traguardi significativi, tra cui il primo posto all’Environmental Music Prize per la sua canzone Stoney Creek, devolvendo il premio di 20mila dollari australiani a quattro organizzazioni ambientaliste. Durante questo periodo Rudd si è anche esibito in importanti festival in Australia e nel mondo, tra cui Glastonbury, Pinkpop, Rock Werchter, Esperanzah e Byron Bay Blues Festival. Di recente ha viaggiato in tour tra Nord America ed Europa con due diversi spettacoli.

L’impegno sociale di Xavier per l’uguaglianza e la tutela dell’ambiente è ben documentato. Ha collaborato con numerose organizzazioni, tra cui Sea Shepherd, Clean Up Arnhem Land e Save the Kimberley in Australia. I suoi numerosi sforzi di attivismo globale includono progetti come Surf for Life e Waves of Hope, con cui ha contribuito a costruire una scuola superiore nel nord del Nicaragua. Ha anche raccolto fondi in eventi di beneficenza e sensibilizzazione su argomenti che spaziano dalle manifestazioni contro i gasdotti in Nord America, ai diritti delle terre indigene nel Dakota e alle questioni ambientali in Indonesia, e l’elenco dei suoi contributi continua a crescere. Xavier ha completato un tour australiano di enorme successo, Spring Freedom Sessions, che da aprile di quest’anno sta girando i palcoscenici di tutta Europa.

settembre Chiostro M9 – Museo del ‘900-Mestre festivalidee.it
Rudd
settembre Gran Teatro Geox-Padova

Contatto a progetto

Lo spettacolo Orientalis del Sarra Douik Ensemble propone un viaggio tra le musiche del repertorio della musica araba e mediorientale e della tradizione mediterranea: incroci di culture, richiami di melodie e ritmi, sonorità suggestive che portano l’ascoltatore a viaggiare tra suoni e atmosfere magiche ed evocative. Il quartetto conduce lo spettatore in un ipotetico viaggio musicale che prende il via dalla città lagunare di Venezia per seguire poi le antiche rotte delle imbarcazioni mercantili che, spinte dal vento, percorrevano le vie del commercio marittimo tra il Mediterraneo e l’Oriente.

Il 4 settembre nel padovano Palazzo Zuckermann, per il Castelllo Festival curato da Veneto Jazz, la meravigliosa voce della cantante tunisina Sarra Douik interpreta, accompagnandosi all’oud arabo, i canti e le tradizioni musicali del Nord Africa, sua terra di origine.

Al suo fianco gli eclettici e raffinati polistrumentisti Alvise Seggi, Ivan Tibolla e Francesco Savoretti, artisti che da anni portano avanti la passione in comune per le musiche del mondo.

L’approccio aperto della Douik a diversi tipi di espressione sinfonica le consente di integrare molto armonicamente i suoni della sua tradizione con altri mondi musicali. Negli ultimi anni è stata scelta per far parte di progetti come OneBeat, negli Stati Uniti nel 2019 e in Algeria nel 2022, che le hanno offerto l’opportunità di collaborare con artisti come Juliano Abramovay e Andrea Hoyos. Dal 2020 fa parte di Medinea (MEDiterranean Incubator of Emerging Artists), un progetto sostenuto dall’Unione Europea con cui ha realizzato vari concerti in Tunisia, Francia, Belgio, Slovenia dove ha creato e suonato musica originale con artisti provenienti da tutta l’area mediterranea sotto la coordinazione di Fabrizio Cassol e ultimamente a Londra, ultima tappa del tour che l’ha vista protagonista in veste di solista con l’Orchestre des Jeunes de la Méditerranée, sotto la direzione di Evan Rogister. Nel 2023 è stata invitata da Amman Jazz Festival in Giordania e da Visa for Music Festival in Marocco, dopo aver fatto parte del progetto Halaqat in Belgio nel 2022, per sviluppare diverse iniziative con il sostegno di Goethe-Institute e Bozar Bruxelles. Dal 2023 collabora con Marco Centasso e il suo hub culturale UmWelt, con cui ha vinto il concorso “Nuova Generazione Jazz 2024” registrando un album in uscita nel 2025.

Sarra Douik Ensemble

4 settembre Giardino di Palazzo Zuckermann-Padova www.venetojazz.com

Questo 4 settembre a calcare il palco in Piazza dei Signori di Vicenza in Festival, la rassegna di musica che da otto anni ospita grandi artisti di fama mondiale, troviamo Diodato, cantautore italiano vincitore del Festival di Sanremo nel 2020, tra gli artisti più premiati di sempre nel panorama musicale italiano, conosciuto per i brani intensi e ricchi di emozione. Arrivò secondo al suo primo Sanremo nel 2014 nella categoria Nuove Proposte con il brano Babilonia. Solo sei anni dopo fu il vincitore della 70ª edizione del festival, con Fai rumore, un brano che descrive un amore terminato e del vuoto creato dal silenzio che amplifica le distanze. Quello stesso anno pubblica anche il brano Che vita meravigliosa, che, come parte della colonna sonora nel film italiano La dea fortuna, ottenne numerosi riconoscimenti: il David di Donatello e il Nastro d’argento come migliore canzone originale e alla Mostra del Cinema di Venezia il Soundtrack Stars Award, come migliore colonna sonora. Un brano evocativo, che riflette sulla bellezza e l’amarezza dell’imprevibilitá della vita, governata da un “incommensurabile mare di sensazioni” che la rendono straordinaria e irripetibile.

Dal 2022 Diodato è arrivato anche oltre oceano, innalzando la propria musica a livello internazionale, con un tour che ha toccato Europa e Nord America, arrivando anche in Cina e in Brasile. Ha continuato in seguito la sua serie di successi nel 2024 con il tour nei teatri, questa volta riportando la sua arte alla dimensione accogliente e autentica dell’incontro con il pubblico in sala. Composto da 21 tappe negli anfiteatri più prestigiosi d’Italia, ha trasportato il pubblico in un percorso musicale onirico, introspettivo e intenso. Questa estate Diodato è tornato invece con un tour nelle città italiane, portando il suo nuovo singolo Non ci credo più, rilasciato il 25 aprile di quest’anno: una canzonedichiarazione nata da un’urgenza espressiva, una denuncia della realtà in cui oggi ci troviamo. Un testo che esprime il senso di impotenza che proviamo davanti a ciò che ci sta accadendo e che ci ricorda l’importanza di non rimanere indifferenti. Un brano che emotivamente si allaccia al singolo Un atto di rivoluzione, che ha portato il cantante a visitare tre associazioni che, ogni giorno, nella loro realtà si impegnano a realizzare il proprio atto di rivoluzione, trasformando concretamente il mondo in cui viviamo. Artista sfaccettato e dalla grande profondità espressiva, Diodato fa della musica uno strumento non solo di rievocazione ma anche di mobilitazione sociale. Sveva Campagnaro

4 settembre Piazza dei Signori-Vicenza vicenzainfestival.it

Diodato
Parole di cristallo

musica

Drop

Master

Jamie Jones, nell’ultimo decennio, si è fatto conoscere in tutto il mondo grazie ad un suono unico e pionieristico: una versione più calda e melodica della techno e della house. Ha calcato i palchi di alcuni dei festival più rinomati nel mondo della musica elettronica come Time Warp, Sonus, Burning Man e Glastonbury. È il boss della label Hot Creations, una delle etichette più rispettate della scena, e membro del gruppo elettronico Hot Natured.

A lui si deve l’ideazione degli eventi Paradise, diventati ormai un punto di riferimento per la vita notturna di Ibiza, e non solo. Nato il 28 ottobre 1980, è diventato noto come dj a metà degli anni 2000, organizzando le sue prime feste DJs Can Dance in una warehouse dell’East London, e marcando il territorio della capitale britannica. Negli stessi anni, dopo aver trascorso le sue estati a Ibiza, rese noto il suo nome anche lì. Il DC10, uno dei locali più famosi dell’isola, era il posto che poteva considerare ‘casa’ e dove, nel 2010, iniziò la sua residenza alle feste Circoloco del lunedì. Ospitando artisti come Joseph Capriati, Loco Dice, Luciano, Alan Fitzpatrick, Tale Of Us e Maceo Plex, divenne presto un punto di riferimento della vita notturna dell’isola. Quel periodo fu segnato anche dal suo remix di Hungry For The Power di Azari & III, hit suonata praticamente in ogni angolo del globo. Oggi Jamie Jones continua ad essere un leader nel suo settore, portando il suo suono, così come i suoi eventi Paradise, in giro per il mondo. Con il suo brand, è già stato in alcuni dei migliori festival come Tomorrowland, DGTL, We Are FSTVL e in alcuni dei locali più prestigiosi come il Printworks di Londra. La label Hot Creations ora vanta oltre 100 notevoli release.

In pochi anni, Jamie Jones è stato in grado di affermarsi nell’industria come dj, produttore e proprietario di label. In altre parole, come un artista vero e completo.

Al Muretto di Jesolo il 13 settembre l’occasione semplicemente imperdibile di vedere all’opera dal vivo una vera e propria leggenda del settore, ennesimo colpaccio di una programmazione che lì da quelle parti curano davvero a dovere.

Il Muretto

6, 13 settembre Jesolo www.ilmuretto.org

Echi da Liverpool

Un viaggio musicale tra jazz, pop, blues ed etnica, tra improvvisazione e radici, tra culture lontane e sonorità urbane. A maggio ha preso il via InOut-Musica in Corte, la rassegna musicale promossa dalla Fondazione di Venezia e M9 - Museo del ’900 curata dal musicista veneziano Alvise Seggi, che ha trasformato le corti di M9 in spazi vivi di incontro, ascolto e convivialità. Dieci appuntamenti fino a ottobre per un’esperienza immersiva, un intreccio di suoni e visioni che abbatte confini e genera nuove contaminazioni, con protagonisti ensemble e musicisti capaci di raccontare con la musica storie plurali in una proposta artistica che unisce qualità, sperimentazione e apertura culturale. Mercoledì 17 settembre è in programma il concerto Mistery Tour, con Sara Longo (voce e percussioni) e lo stesso Seggi (violoncello). Appuntamento in Corte Brenta Vecchia per un concerto che ci presenta i Beatles in chiave jazz, sulle note delle melodie del tandem Lennon/McCarney. Il progetto nasce dall’esigenza dei due artisti di esplorare una comune passione per la musica dei Beatles, rivisitati con una personale e delicata cifra stilistica. Non solo Beatles, però, ma anche brani originali e incursioni nella musica contemporanea con tributi a Carla Bley, Mercedes Sosa, Count Basie e Cesaria Evora, tra gli altri. L’essenzialità che caratterizza il duo, permette ai due musicisti di muoversi con rodato interplay, tra ipnotici bordoni di violoncello e sapiente uso dell’effettistica, sfociando a tratti su territori musicali che richiamano il primo blues del Mississippi.

«InOut-Musica in Corte – spiega il curatore Alvise Seggi – è una rassegna che prende ispirazione dal mio vissuto di uomo e di artista. Ho infatti sempre creduto nel confronto e nella contaminazione delle esperienze, sia umane che creative. Il mio auspicio è che questi concerti stimolino negli spettatori la voglia di scoprire e di scoprirsi, facendo di note, voci e vibrazioni musicali un rinnovato ed appassionante vettore di conoscenza».

Il 1° ottobre spazio al progetto Ciumba Electric Gumbo composto da Luca Alberti (voce e chitarra), Umberto Baggiani (armonica) e Vincenzo Barattin alla batteria, con la presentazione del nuovo EP, A Great Day In Memphis, registrato la presso gli storici Royal Studios di Memphis, attivi fin dal 1956 e culla di alcune delle pagine più memorabili della musica soul e blues americana.

InOut-Musica in Corte 3, 17 settembre M9 - Museo del ’900-Mestre www.m9museum.it

classica l IL BISOGNO DI LEGGEREZZA

Stravagante, folle, comico, traboccante
di allegria e ricco di varietà: lo spirito festoso e satirico della seconda metà del XIX secolo torna protagonista, per celebrare il bicentenario di Hervé

Otto concerti ricchi di varietà presentano il ciclo autunnale Parigi Romantica pop, in scena al Palazzetto Bru Zane e alla Scuola Grande San Giovannni Evangelista dal 27 settembre al 28 ottobre, con anteprima il 18 settembre. Incentrato sulla figura di Hervé, illustrata durante la conferenza del 14 ottobre, la Stagione si apre con un percorso che porta il pubblico alla scoperta di quel genere stravagante che nacque nella seconda metà del XIX secolo, quello dell’operetta. Varietà stilistica che prese piede dal bisogno di portare leggerezza in un ambiente serioso come quello dell’opera, non fu facile per i compositori dell’epoca farsi strada per creare atmosfere caratterizzate da risa e scherno: è un periodo questo in cui la composizione è soggetta a strette regole (come ad esempio il numero massimo di attori in scena) e a poche sale è concessa la rappresentazione di spettacoli, ma nonostante ciò proprio Hervé e, successivamente, anche Offenbach, riuscirono a fondare dei teatri appositi. Nel 1854 il pubblico parigino assiste infatti all’apertura del Folies-Concertantes grazie al primo (per cui fu direttore, compositore, librettista, impresario e scenografo), mentre nel 1855, per merito del secondo, fu inaugurato il Bouffes-Pariesiens.

Ma è proprio Hervé, di cui quest’anno si festeggia il bicentenario, ad essere considerato padre di questa categoria musicale, e in particolare ne diede il via con la sua Pochade Don Quichotte et Sancho Pançha (1847), arrivando al culmine nel 1883 con Mam’zelle Nitouche, sua composizione più nota.

All’anagrafe Louis Auguste Florimond Ronger, Hervé nacque nel 1825 per poi spegnersi nel 1892, e il suo più

grande merito è proprio legato al fatto di aver abilmente seminato per primo i germogli di questo genere, capace di ravvivare la borghesia impostata che riempiva i teatri francesi. Tuttavia, a causa di uno scandalo che lo coinvolse, si dovette allontanare dalle scene, e non fu in grado così di partecipare alla fioritura dei suoi stessi semi: l’operetta iniziò infatti ad avere molto successo, ma soprattutto grazie al nome di Offenbach (1819-1880). Quest’ultimo, di cui possiamo citare Orphée aux Enfers (1858) e La Belle Hélène (1864), fu infatti capace di far affermare questo genere e impiegarlo per dare vita ad una satira arguta della società parigina e non solo: a questo compositore si deve riconoscere infatti il merito di aver fatto viaggiare l’operetta anche al di fuori della Francia, arrivando in Inghilterra, in Germania e addirittura negli Stati Uniti.

Ovviamente anche altri autori si dilettarono in questa composizione destinata ad un teatro più frivoleggiante, e ognuno con il suo tratto distintivo. L’operetta ebbe infatti diverse sfaccettature, e grazie alla stagione del Palazzetto Bru Zane gli spettatori vengono introdotti a diversi autori, per offrire al meglio una panoramica della scena musicale della Parigi di metà Ottocento. Ne è un esempio la serata Parigi, la chitarra e tu (28 settembre), in cui, attraverso una selezione di componimenti da Hervé, Marescot, Boileau e altri, si rivela come la chitarra sia stata uno strumento capace di dare vita a chanson allegre e piene di spirito. Non può mancare poi la presenza di Offenbach, rivale coevo di Hervé: il 16 ottobre la sala concerto del Palazzetto viene infatti deliziata da arrangiamenti per pianoforte dei due sopracitati, insieme a pezzi di Serpette e Messager.

Con questo repertorio gioioso e arguto, la stagione autunnale si fa strada in questo genere leggero, per regalare agli spettatori un’eco dei salotti dell’epoca.

Eight concerts full of variety make up the autumn cycle Romantic Pop Paris, taking place at Palazzetto Bru Zane and the Scuola Grande San Giovanni Evangelista from September 27 to October 28, with a preview on September 18. The season centres on Hervé, whose legacy will be explored in a dedicated lecture on October 14. The program opens with a journey into the whimsical and vibrant world of operetta, a genre that emerged in the second half of the 19th century as a playful alternative to the solemnity of traditional opera.

Born from a desire to bring levity and satire to the stage, operetta faced many challenges in its early days. Composers had to navigate strict regulations, such as limits on the number of performers and restrictions on venues allowed to host such productions. Despite these obstacles, Hervé and later Offenbach succeeded in carving out space for this new form of musical theatre. In 1854, Hervé opened the Folies-Concertantes, where he served as director, composer, librettist, impresario, and set designer. A year later, Offenbach inaugurated the Bouffes-Parisiens, further cementing the genre’s place in Parisian culture.

Hervé was born Louis Auguste Florimond Ronger in 1825 and died in 1892. He is widely regarded as the father of operetta. He launched the genre with Don Quichotte et Sancho Pançha in 1847 and reached its peak with Mam’zelle Nitouche in 1883, his most

celebrated work. His greatest contribution was planting the seeds of a genre that would go on to enliven the rigid bourgeois audiences of French theatres. However, due to a scandal, Hervé was forced to withdraw from the stage and did not witness the full blossoming of his creation. Operetta gained widespread popularity, largely thanks to Offenbach (1819–1880), whose works such as Orphée aux Enfers (1858) and La Belle Hélène (1864) used the genre to craft sharp, witty social satire. Offenbach also played a key role in spreading operetta beyond France, bringing it to England, Germany, and even the United States.

Other composers also embraced this light-hearted theatrical form, each adding their own distinctive flair. Operetta evolved into a multifaceted genre, and the Palazzetto Bru Zane’s autumn season offers audiences a rich panorama of mid-19th-century Parisian musical life. One highlight is Paris, the Guitar and You (September 28), which showcases how the guitar brought cheerful, spirited chansons to life through works by Hervé, Marescot, Boileau, and others. Offenbach returns on October 16 in a concert featuring piano arrangements of his and Hervé’s compositions, alongside pieces by Serpette and Messager. With this joyful and clever repertoire, the autumn season immerses audiences in the charm and wit of operetta, offering a glimpse into the lively salons and theatres of 19th-century Paris.

classical

PALAZZETTO BRU ZANE

18 settembre h. 18, Palazzetto Bru Zane

SERATA DI PRESENTAZIONE DEL FESTIVAL

Hervé, Roger, Offenbach, Lecocq e Messager: ecco i compositori scelti per dare il via al ciclo Parigi Romantica Pop. Con estratti da loro operette, la stagione autunnale si apre celebrando questo genere scanzonato e leggero nato nel secondo Ottocento. Ad eseguire i brani il soprano Anaïs Merlin, giovane cantante lirica formatasi in ambito parigino, che ha dimostrato versatilità spaziando dalla grand-opéra all’early music. Ad accompagnare la sua voce, le note suonate dalla pianista Maguelone Parigot, esperta accompagnatrice di musica vocale nonché insegnante di Conservatorio.

ENG Hervé, Roger, Offenbach, Lecocq, and Messager open the Romantic Paris Pop cycle. Their operetta excerpts celebrate the light-hearted genre born in the late 19th century. Performing is soprano Anaïs Merlin, trained in Paris and known for her versatility, accompanied by pianist Maguelone Parigot, a seasoned vocal accompanist and conservatory faculty.

27 settembre h. 19.30, Scuola Grande San Giovanni Evangelista FRENCH

TOUCH

Serata all’insegna dell’opéra-bouffe francese, che unisce musica e satira, per esplorare grandi maestri dell’Ottocento come Offenbach e Hervé. Gli estratti scelti vengono messi in scena da quattro straordinarie voci miste, quelle che compongono il quartetto Opale, formazione di voci unica in Francia che spazia dall’opera alla musica da camera, mantenendo sempre un’alta qualità. Al pianoforte invece Emmanuel Christien, musicista eccellente che vanta esibizioni in tutta Europa e premi in Concorsi internazionali.

ENG A night of opéra-bouffe, blending music and satire, features works by Offenbach and Hervé. The Opale vocal quartet, unique in France for their range from opera to chamber music, bring the pieces to life. At the piano is Emmanuel Christien, an acclaimed musician who performed extensively across Europe and who earned awards in international competitions.

domenica 28 settembre h. 17, Palazzetto Bru Zane

PARIGI, LA CHITARRA E TU

È il chitarrista Pascal Sanchez, musicista versatile che ha fatto della commedia musicale la propria più grande dedizione, a esibirsi in questa serata dedicata alle chanson scherzose francesi. Da studente di Conservatorio a drammaturgo, questo eclettico suonatore dà vita alle note delle canzoni per voce e per chitarra di compositori come Marescot e Boileau, la cui parte vocale è inscenata dal baritono e tenore Marc Mauillon: esperto di musica medievale e barocca, di cui è insegnante alla Sorbona, vanta esibizioni in tutta Europa.

ENG Guitarist Pascal Sánchez, devoted to musical theatre, performs humorous French chansons. Once a conservatory student and now a playwright, Sánchez plays songs by Marescot and Boileau. The vocal parts will be performed by Marc Mauillon, a baritone-tenor and Sorbonne professor, renowned for his expertise in medieval and baroque music.

3 ottobre h. 19.30, Palazzetto Bru Zane

OH LÀ LÀ!

Atmosfera galante della Parigi del XIX secolo a suon di valzer cantato, genere francese rimodellato dalle partiture viennesi. Questo il tema della prima serata di ottobre al Palazzetto, le cui canzoni per voce e per pianoforte sono estratte dal repertorio di Chaminade, Christiné, Danglas e altri, con pezzi che variano da punte di malinconia a sorprendenti virtuosismi vocali. Il compito di dare vita a questo repertorio è affidato al tenore Cyrille Dubois, uno dei talenti migliori della sua generazione, e al pianista Tristan Raës, specializzato in musica da camera. ENG The first October evening at Palazzetto Bru Zane evokes nineteenth-century Paris with French vocal waltzes shaped by Viennese scores. Songs by Chaminade, Christiné, and others range from melancholy to vocal brilliance. Tenor Cyrille Dubois, a leading talent of his generation, performs with pianist Tristan Raës, a chamber music specialist.

© Pantan Production
© Jean Baptiste Millot

9 ottobre h. 19.30, Palazzetto Bru Zane

A PASSO DI VALZER

Barcarola veneziana, mazurca polacca, valzer: ecco alcuni esempi di canto popolare e danze da salotto che hanno ispirato i musicisti romantici per comporre melodie non strettamente legate alla loro funzione originaria, ma semplicemente per essere suonate e rievocare atmosfere altre. La serata è trainata da una singola figura, il pianista Jean-Baptiste Doulcet, classe 1992, che prende in prestito le note di compositori più e meno conosciuti, da Chopin a Déodat de Séverac.

ENG Popular songs and salon dances like the Venetian barcarola, Polish mazurka, and waltz inspired Romantic composers to create evocative melodies. Pianist Jean-Baptiste Doulcet, born in 1992, leads the evening with works by both famous and lesser-known composers, including Chopin and Déodat de Séverac.

16 ottobre h. 19.30, Palazzetto Bru Zane

OPERETTE AL PIANOFORTE

L’opéra-bouffe è la protagonista di questa serata, grazie al repertorio dei grandi compositori che l’hanno resa un genere in voga nel XIX secolo: Offenbach, Hervé, Messager e Serpette. Gli arrangiamenti per pianoforte permettono a questo tipo di opera di entrare nella sala da concerto del Palazzetto, grazie ad una collaborazione a quattro mani delle talentuose pianiste serbe Lidija e Sanja Bizjak. Le due iniziano la loro carriera come soliste, per poi riunirsi in un ensemble nel 2002.

ENG Opéra-bouffe takes centre stage with works by Offenbach, Hervé, Messager, and Serpette. Piano arrangements bring this genre into the concert hall at Palazzetto Bru Zane, performed by Serbian pianists Lidija and Sanja Bizjak. Initially soloists, they formed a duo in 2002 and now collaborate in four-hand performances.

21 ottobre h. 19.30, Palazzetto Bru Zane

OPERA DREAM

Mandolino e pianoforte, accoppiata entusiasmante messa in scena da due musicisti di eccellenza. Per il primo, Raffaele La Ragione: esperto di strumenti storici a plettro, ha pubblicato album acclamati dalla critica e dal 2018 fa parte dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore. Al pianoforte invece François Dumont, vincitore di numerosi premi e ormai noto internazionalmente. Ma il protagonista della serata è proprio il mandolino, strumento che viene riscoperto in Francia negli anni ’80 e ’90 dell’Ottocento da autori come Chaminade e Bizet.

ENG Mandolin and piano shine in a concert featuring Raffaele La Ragione, an expert in historical plucked instruments and member of Renzo Arbore’s Orchestra Italiana. At the piano is François Dumont, an internationally awarded artist. The mandolin, revived in 1880s and 1890s France by composers like Chaminade and Bizet, is the evening’s star.

28 ottobre h. 19.30, Palazzetto Bru Zane

FISARMONICA MON AMOUR

Francia, anni ’40 dell’Ottocento. La fisarmonica arriva da Vienna e diventa subito strumento sofisticato dei salotti dell’alta società. A fine secolo inizia poi a diffondersi anche in ambienti più popolari, connotazione a cui viene associata tutt’oggi. Queste due sfaccettature vengono illustrate musicalmente in questa serata, tramite trascrizioni per fisarmonica e violoncello dal repertorio di autori del calibro di Bizet, Chopin e Poulenc. Sul palco ecco Félicien Brut, fisarmonicista esperto e pluripremiato, nonché insegnante di Conservatorio, e Astrig Siranossian, solista di violoncello.

ENG In 1840s France, the accordion arrived from Vienna and became a refined salon instrument, later gaining popularity among the masses. This dual identity is explored through transcriptions for accordion and cello of works by Bizet, Chopin, and Poulenc. Performing are Félicien Brut, a prize-winning accordionist, and cellist Astrig Siranossian.

bru-zane.com

© Bernard Martinez

classical

TEATRO LA FENICE

In ogni tempo e luogo Alla Fenice una Tosca ambiziosa e innovativa

Grande attesa per l’inedito allestimento della Tosca di Giacomo Puccini, uno dei capolavori più noti del maestro lucchese, curato da Joan Anton Rechi, che sarà eseguito per la prima volta il 29 agosto al Teatro La Fenice destinato, dopo cinque repliche fino al 7 settembre, a entrare stabilmente nel repertorio delle produzioni veneziane. «Collocherò Tosca negli anni Cinquanta – ha spiegato Rechi – all’interno di una dittatura senza nome e senza uniformi militari, che possano fare riferimento a un Paese in concreto. È tipico degli aguzzini di quei regimi mostrarsi ben vestiti, e senza la presenza militare condizionare le persone soltanto attraverso la paura. [...] Credo che questa storia sia universale, e prenderla e inserirla in una qualsiasi delle dittature che hanno funestato il ventesimo secolo, e in particolare quelle in auge nei Cinquanta, ci dà la possibilità di comprendere l’opera da un altro punto di vista». Decisamente non semplice, però, è astrarre la Tosca dal quadro storico in cui è stata pensata e scritta. Nell’adattamento dell’omonimo dramma storico di Victorien Sardou, in conformità ai caratteri del genere, le avventurose vicende dei protagonisti, oppositori del governo papale legati alle vicende della Repubblica Romana, e il dramma d’amore tra la cantante Tosca e il pittore Cavaradossi, s’inseriscono in un quadro storico estremamente dettagliato, incentrato sulle opposte speranze che repubblicani e papalini avevano circa gli esiti della battaglia di Marengo tra Napoleone e gli Austriaci. Puccini, che aveva assistito a una rappresentazione del dramma, ebbe l’idea di metterlo in musica, e ne parlò con l’editore Ricordi; dopo alterne vicende l’opera esordì a Roma il 14 gennaio 1900. Il libretto richiese un lavoro di rielaborazione particolarmente de -

licato, che fu affidato a Luigi Illica e Giuseppe Giacosa: in particolare un ostacolo significativo era posto dalla scarsa poeticità del soggetto e dalla complessità dell’intreccio appesantito da numerosissimi personaggi secondari e dettagli circostanziali. Nondimeno, benché il nuovo libretto s’incentri maggiormente sulle vicende amorose, lasciando quelle politiche in secondo piano, resta impossibile ignorare il contesto, motore dell’intreccio, e al quale vengono fatti espliciti riferimenti. Udire il nome di Bonaparte o di Palazzo Farnese nel Cile di Pinochet o nell’URSS di Kruschev, e lo stesso parallelo tra le vicende del tramontante governo papalino con i regimi autocratici novecenteschi, radicalmente diversi anche nei temi di controllo sociale evocati nelle note di regia, rischia di provocare una mancanza di coerenza nella rappresentazione, che in generale costituisce il pericolo sempre insito nel voler rendere universali drammi che nascono in una precisa ambientazione storica. Si vedrà però se tale idea registica saprà convincere il pubblico. Nicolò Ghigi

ENG

Highly anticipated is the new staging of Puccini’s Tosca, directed by Joan Anton Rechi, premiering August 29 at Teatro La Fenice. Set in a nameless 1950s dictatorship, Rechi’s vision removes military uniforms to evoke fear through elegance and silence. Though universal in theme, detaching Tosca from its historical roots (the fall of the Pope’s temporal rule and the Battle of Marengo) risks narrative incoherence. Puccini’s opera, based on Sardou’s drama, was carefully adapted by Luigi Illica and Giuseppe Giacosa to balance love and politics. Replacing Bonaparte and Palazzo Farnese with symbols from 20th-century regimes like Pinochet’s Chile or Khrushchev’s USSR may blur the opera’s historical clarity. Whether this reinterpretation will resonate with audiences remains to be seen.

© Michele Crosera

SISTEMI COMPLESSI

Protagonista del settembre sinfonico della Fenice è il genio di Gustav Mahler, precisamente la sua Quarta e Sesta Sinfonia. Daniele Rustioni prima e Giuseppe Mengoli poi portano all’orecchio del pubblico della Fenice tutta la potenza creativa di un compositore che più di ogni altro seppe coniugare le costruzioni orchestrali mastodontiche con la letteratura popolare, fonte di ispirazione prediletta delle sue liriche.

5, 6 settembre Teatro La Fenice

DANIELE RUSTIONI

Tra i più importanti direttori d’orchestra della sua generazione, Rustioni ritorna alla testa dell’Orchestra del Teatro La Fenice per dirigere la Quarta Sinfonia in sol maggiore per soprano e orchestra di Gustav Mahler, affiancato dall’acclamato soprano Rosa Feola come interprete della parte solistica. Per comprendere la Quarta Sinfonia in sol maggiore per soprano e orchestra è necessario prendere le mosse da Des Knaben Wunderhorn (Il corno magico del fanciullo), la fortunata raccolta romantica di liriche popolari curata da Achim von Arnim e Clemens Brentano che fu per il compositore austriaco un generoso serbatoio ispiratore negli anni centrali della sua produzione. Composta nelle estati del 1899 e 1900, la Quarta Sinfonia conclude il ciclo delle Wunderhorn-Symphonien, chiudendo, in definitiva, la prima fase del sinfonismo mahleriano; fu eseguita per la prima volta alla Tonhalle di Monaco, il 25 novembre 1901. ENG Among the most important conductors of his generation, Daniele Rustioni returns to lead the Fenice Theatre’s resident orchestra in a performance of Gustav Mahler’s Symphony No. 4 in G major, joined by the acclaimed soprano Rosa Feola as the soloist. To understand the piece, one must start with Des Knaben Wunderhorn (The Youth’s Magic Horn), the celebrated romantic collection of folk poems curated by Achim von Arnim and Clemens Brentano, which served as a rich source of inspiration for the Austrian composer during the central years of his creative output. Composed during the summers of 1899 and 1900, the Symphony concludes the first phase of Mahler’s symphonic work.

27, 28 settembre Teatro La Fenice

GIUSEPPE MENGOLI

Pochi giorni dopo l’esecuzione della Quarta Sinfonia la musica di Gustav Mahler sarà ancora protagonista in Fenice: l’Orchestra di Campo San Fantin eseguirà infatti la Sesta Sinfonia in la minore del compositore austriaco, denominata Tragica. A dirigerla, uno dei più interessanti direttori d’orchestra del momento: Giuseppe Mengoli, recente vincitore del primo premio al Concorso Mahler 2023 dell’Orchestra Sinfonica di Bamberg. In rapporto alle sinfonie precedenti la Sesta segna senza dubbio un momento a sé: elementi di continuità sono i rapporti dell’Andante e del Finale con i Kindertotenlieder e soprattutto quelli del primo e dell’ultimo tempo con la apocalittica visione di Revelge, il Lied del 1899 che di alcuni aspetti della Sesta costituisce una sorta di premessa ideale; tuttavia qui Mahler sembra allontanarsi sempre di più dai paesaggi e dai caratteri, dai percorsi eccentrici delle opere precedenti.

ENG A few days after the performance of the Fourth Symphony, Mahler’s music will once again take center stage at Fenice: its resident orchestra will perform the Mahler’s Symphony No. 6 in A minor, known as the Tragic, led by one of the most intriguing conductors of the moment: Giuseppe Mengoli, recent winner of the first prize at the 2023 Mahler Competition of the Bamberg Symphony Orchestra. Compared to the previous symphonies, Mahler seems to be increasingly distancing himself from the landscapes, characters, and eccentric paths of his earlier works.

classical

CONCERTI

Cifra personale

Dopo la pausa estiva, ritorna allo Squero di San Giorgio la stagione concertistica organizzata da Asolo Musica Veneto Musica. Ad aprire questa decima rassegna, il 6 settembre, il Quartetto di Cremona, formazione che festeggia il proprio venticinquennale e appare oggi come una delle realtà cameristiche più interessanti a livello internazionale. Il Quartetto si cimenta nell’esecuzione con sette strumenti de L’Arte della Fuga di Bach. Vero e proprio saggio di polifonia contrappuntistica, trattasi di una raccolta di diciannove fughe che rielaborano in altrettanti modi diversi, attraverso varie tecniche compositive, un semplice tema in re minore. L’opera, lasciata incompleta alla morte dal compositore tedesco, fu pubblicata negli anni successivi per le cure del fratello. Inizialmente non riscosse un grande successo, presentandosi come una raccolta di notevolissima complessità composta seguendo i dettami del contrappunto antico ormai non più in voga presso il pubblico, e venne riscoperta solo dalla seconda metà dell’Ottocento attirando interessi sempre maggiori da parte della critica. La stessa composizione della strumentazione è oggetto di dibattito scientifico, non essendo presenti indicazioni nella partitura originale, ed è stata talvolta supposta una sua composizione per tastiera, clavicembalo od organo. In tal senso, la composizione del Quartetto, con Cristiano Gualco al violino, Paolo Andreoli al violino e viola, Simone Gramaglia alla viola, viola tenore e al flauto dolce e Giovanni Scaglione al violoncello, s’inserisce nel dibattito, cercando di fornire – secondo la consuetudine dell’ensemble – un’interpretazione fedele alla partitura originale. Nicolò Ghigi ENG The Quartetto di Cremona (incidentally, the Italian city known for its excellent luthiers since the Renaissance) performs The Art of Fugue by Bach using seven instruments. A true masterpiece of contrapuntal polyphony, it consists of nineteen fugues that explore a simple D minor theme through various compositional techniques. Left unfinished at Bach’s death, it was later published by his brother. Initially overlooked due to its complexity and outdated style, it gained recognition in the late 19th century. The Quartet’s arrangement aims to faithfully interpret the original, in line with their ensemble’s tradition.

Musica a San Giorgio

6 settembre Auditorium Lo Squero-Isola di San Giorgio www.asolomusica.com

Così lontani, così vicini

Il 21 settembre Musikamera ospita la Schola San Rocco, rinomato ensamble vicentino capace di spaziare nel suo repertorio dalla prima polifonia ai capolavori del Novecento storico, guidato dall’esperta bacchetta di Francesco Erle, per una serata intitolata “El Profundo Mastora de la musica e il Princeps Musicae. Venezia omaggia da Palestrina”. Secondo uno schema consolidato nelle esecuzioni contemporanee, composizioni di scuola romana e di scuola veneziana, le due principali correnti musicali della polifonia italiana nel Cinquecento, vengono messe in dialogo, quasi in una sorta di competizione a distanza di secoli. A misurarvisi sono il maestro romano Giovanni Pierluigi da Palestrina, omaggiato nel cinquecentenario della nascita, e il padre della polifonia veneziana, il fiammingo Adrian Willaert: dei due compositori vengono eseguite le armonizzazioni degli stessi testi sacri ( Ave Maris Stella, Laudate pueri ) e profani (il sonetto petrarchesco Amor fortuna ), sicché l’ascoltatore possa meglio cogliere le somiglianze ma soprattutto le differenze tra i due linguaggi, l’uno austero e con un netto predominio del testo sulla melodia, prevalentemente da eseguirsi a cappella, l’altro ricco e caratterizzato dai variegati timbri degli strumenti musicali che vi sono largamente impiegati. In duplice serata, invece, il 25 e il 26 settembre, Anna Tifu al violino e Giuseppe Andaloro al pianoforte omaggiano il compositore padovano Guido Alberto Fano nel centocinquantenario della nascita, eseguendo la sua Fantasia Sonata insieme a brani di altri autori rappresentativi della temperie concertistica del primo Novecento (Ravel e Prokoviev), nonché ai colori popolareschi della Ciaccona di Tomaso Antonio Vitali. Nicolò Ghigi

ENG On September 21, the Musikàmera chamber music programme will host Schola San Rocco, a renowned ensemble from Vicenza led by Francesco Erle, for a concert of Roman and Venetian school polyphonic traditions placed in dialogue, featuring sacred and secular texts set to music by sixteenth-century composer Giovanni Pierluigi da Palestrina and by Flemish musician Adrian Willaert. The audience will appreciate similarities and differences in each composer, the more austere Petralcina and diversity-heavy Willaert. On September 25–26, violinist Anna Tifu and pianist Giuseppe Andaloro honour Guido Alberto Fano’s 150th anniversary, performing his Fantasia Sonata alongside works by Ravel, Prokofiev, and Vitali.

Musikàmera 21, 25, 26 settembre Teatro La Fenice www.musikamera.org

© Nikolaj Lund

Intelligenze allo specchio

Prima esecuzione assoluta in compagnia di un genio della musica contemporanea come Salvatore Sciarrino, Leone d’Oro della Biennale Musica nel 2016. Il primo giorno di ottobre al Teatro Olimpico di Vicenza ecco Il novello Perseo per il 78. Ciclo di Spettacoli Classici, una nuova versione dell’opera Perseo e Andromeda scritta dal Maestro nel 1990, dopo aver frequentato per alcuni anni il Centro di Sonologia Computazionale, un polo di ricerca multidisciplinare animato da musicisti e scienziati per indagare la computer music. Dai risultati positivi di queste sperimentazioni prese corpo la possibilità di realizzare un’opera lirica sul mito di Perseo e Andromeda in cui il canto delle voci fosse sostenuto da suoni elettronici prodotti nel 1991 – anno della prima esecuzione assoluta al Teatro di Stoccarda – da quattro computer suonati dal vivo da due esecutori. Ventiquattro anni dopo, questa nuova versione amplia l’organico strumentale integrando i suoni dei computer con nuove pagine orchestrali che espandono le dimensioni dello spazio timbrico, rinnovando il dialogo fra le voci, i suoni di sintesi spazializzati e i nuovi colori dell’orchestra.

L’opera è stata commissionata al Maestro dalla Fondazione Orchestra di Padova e del Veneto, che la eseguirà all’Olimpico con la direzione del Maestro Marco Angius.

La Prima esecuzione assoluta de Il novello Perseo è promossa dall’Accademia Olimpica di Vicenza in occasione del 470° della propria fondazione e del 440° dell’inaugurazione del Teatro Olimpico, e dalla Scuola di Ingegneria dell’Università degli Studi di Padova, in occasione dei 150 ann di attività, in collaborazione con il Centro di Sonologia Computazionale (CSC-DEI) dell’Ateneo.

ENG World premiere with contemporary music genius Salvatore Sciarrino, Golden Lion at the 2016 Venice Music Biennale. On October 1st at the Teatro Olimpico in Vicenza, Il novello Perseo debuts for the 78th Classical Theatre Series. The Novello is a new version of Perseo e Andromeda, composed in 1990 after Sciarrino’s work at the Center for Computational Sonology. Originally premiered in 1991 with live computer-generated sound, this version expands the instrumentation with orchestral elements, conducting Marco Angius.

Il novello Perseo

1 ottobre Teatro Olimpico -Vicenza www.tcvi.it

Eccellenze accademiche

Dal 7 settembre al 1° ottobre si tiene a Verona la XXXIV edizione del festival internazionale di musica Il Settembre dell’Accademia, organizzato e interamente finanziato dalla più antica accademia d’Europa. Nel corso di sette serate, il Teatro Filarmonico della città accoglie alcune tra le più prestigiose orchestre al mondo, quali l’Orchestra Sinfonica di Londra e la Filarmonica di Dresda, la cui presenza ha già arricchito il successo della scorsa edizione, e apprezzati solisti di fama internazionale. La serata d’apertura è dedicata a Dmitrij Šostakovicˇ, nel cinquantesimo anniversario della morte del compositore russo, con l’esecuzione della Sinfonia n. 9, opera commissionata a celebrare la vittoria sovietica sulla Germania ma curiosamente permeata da un’atmosfera giocosa e ironica, affidata alla Sinfonica di Londra diretta da Antonio Pappano. Nella stessa serata l’orchestra londinese esegue il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 di Chopin (con il pluripremiato Seong-Jin Cho alla tastiera) e la Sinfonia n. 5 di Beethoven. Beethoven è protagonista anche delle serate del 12 e 13 settembre, dove Alexander Lonquinch solista e direttore affronta con l’Orchestra da Camera di Mantova l’integrale dei Cinque concerti per pianoforte e orchestra del maestro tedesco. Le restanti serate del cartellone prevedono l’esecuzione di opere non solo dei più celebrati maestri del passato, da Bach e Mozart a Mendelssohn e Sibelius, ma persino di contemporanei, con il Violinkonzert dell’ungherese Iván Fischer, diretto dal compositore stesso alla testa della Budapest Festival Orchestra in occasione della serata del 24 settembre, a testimonianza della vastità degli interessi musicali degli Accademici scaligeri. Nicolò Ghigi

ENG From September 7 to October 1, Verona hosts the 34th edition of the international music festival Il Settembre dell’Accademia, produced and fully funded by Europe’s oldest academy. Over seven evenings, the local Teatro Filarmonico welcomes world-class orchestras like the London Symphony and Dresden Philharmonic, along with acclaimed soloists. The opening night honours Dmitri Shostakovich on the 50th anniversary of his death, featuring his Symphony No. 9, performed by the London Symphony under Antonio Pappano. Also on the program: Chopin’s Piano Concerto No. 2 and Beethoven’s Symphony No. 5. On September 12 and 13, Alexander Lonquich and the Mantova Chamber Orchestra will perform all five Beethoven piano concertos. In further concerts: Bach, Mozart, Mendelssohn, Sibelius, and contemporary composer Iván Fischer, also conducting.

© Marco Borgrreve

classical

REVIEW

Casadeilibri

MOZART CHIC&SHOCK

di Maurizio Dini Ciacci

Mozart chic&shock è un libro che non è. Ovvero indefinibile. Forse non è neppure un racconto. Potrebbe essere un testo teatrale, un sogno, potrebbe essere un saggio di analisi musicale sulle Sonate per pianoforte di Mozart, tra l’altro contenute nel testo. L’autore è infatti il direttore d’orchestra, compositore e pianista Maurizio Dini Ciacci. Definizione su cui non sarebbe d’accordo, di sicuro amerebbe aggiungere: innovatore, viaggiatore curioso, direttore di Jfutura, orchestra giovanile e creatore di innumerevoli progetti. Se ci limitiamo al testo scritto potremmo tentare di vederci un viaggio immaginario che l’autore condivide con Wolfgang Amadeus Mozart e le sue Sonate per pianoforte, ‘silenziose e complici presenze lungo tutta la durata dell’incontro’. Un viaggio umano e culturale all’insegna dell’empatia, un Mozart che si presenta all’appuntamento di fronte ad un bicchiere di Marzemino vestito nei panni più improbabili e dove le sue lezioni sono precise e profonde, ma attento al linguaggio più semplice. Attenzione, avverte il lettore, ‘la forma Sonata non è una pera che il passante coglie alla prima occasione’. Non mancano note dissacranti e comiche, come il sacrilego avvicinamento delle Variazioni a diverse ricette di cucina del pollo. Ma così è il nostro Maurizio e così forse, analizzando i documenti più intimi di Mozart, era anche il nostro massimo genio nella storia della musica.

Bru Zane L’ANCÊTRE

A testimonianza di una programmazione eclettica e aperta a tutti i pubblici, ecco la collana Opéra français dell’etichetta Bru Zane, la cui prima uscita della stagione il 19 settembre sarà dedicata all’Ancêtre. Ambientato sullo sfondo di morti tragiche, insaziabili brame di vendetta e passioni amorose, nel pieno delle guerre napoleoniche, questo dramma lirico composto da Saint-Saëns nel 1906 fu rappresentato per la prima volta all’Opéra di Monte-Carlo e dedicato al principe Alberto I, che lo aveva commissionato. L’autore vi mostra tutta la varietà del suo stile, intrecciando accordi debussiani, linee alla Massenet e ritmi aggressivi degni di Prokofiev; ma, soprattutto, dà prova del senso teatrale caratteristico dell’opera francese, lasciando immaginare il successo che una tale partitura avrebbe riscosso se fosse tornata in scena. Non a caso, dopo la trionfale prima a Monte Carlo, L’Ancêtre fu rappresentata in numerose città delle Francia, del Belgio, della Svizzera e della Germania, ad Algeri (nel febbraio 1911) e al Cairo (nel febbraio 1912), prima di due riprese nel marzo 1915 nel teatro che l’aveva vista nascere.

Questa pubblicazione si aggiunge alla collezione di opere inedite di Saint-Saëns già registrate da Bru Zane Label. Dopo una collaborazione per Déjanire (2024), l’Orchestre Philharmonique de Monte Carlo restituisce l’atmosfera piena di contrasti dell’Ancêtre, tra cupa drammaticità e tenerezza amorosa.

Feltrinelli

BREVE STORIA ERETICA DELLA MUSICA CLASSICA

di Alessandro Baricco

Quale sentiero ha portato l’umanità a creare i capolavori della musica classica? Quali mappe hanno guidato artisti e visionari in questa conquista invisibile? Alessandro Baricco ci accompagna in un’avventura millenaria: quella dell’uomo che cerca di catturare, comprendere e ordinare i suoni. In principio, i suoni erano puro mistero. Provenivano dalla natura o si manifestavano tramite la voce umana e strumenti rudimentali, ma sfuggivano a ogni tentativo di controllo. Non avevano regole certe, né si conosceva la loro origine, e l’idea di scriverli, di dare un nome a ciascuno, sembrava quasi un atto di presunzione. Nessuno ci provò seriamente fino a quando, nell’XI secolo, un monaco benedettino iniziò a tracciare i suoni su uno spartito per cercare di renderli leggibili. Fa riflettere pensare che neppure i Greci del V secolo a.C., pilastri della civiltà occidentale, abbiano sentito l’urgenza di creare un sistema per trascrivere la loro musica. Ignoravano la polifonia, non svilupparono i pochi strumenti di cui disponevano, e soprattutto non pensarono mai a conservare per iscritto i suoni che usavano. E così, la musica delle loro cerimonie e tragedie è stata spazzata via dal tempo. Loro, che affrontarono il mistero dell’universo attraverso la filosofia, si arresero di fronte al mistero dei suoni. Un lungo viaggio attraverso successi ed errori, che getta nuova luce sulla nostra eterna connessione con l’armonia del cosmo e il mistero della creatività umana.

PASSO DOPO PASSO

Cenerentola - Photo Alice Blangero

Dal 1988 responsabile artistico e organizzativo delle attività di Danza del Teatro La Fenice di Venezia, Franco Bolletta è colui il quale in ogni nuova Stagione combatte idealmente per una presenza rilevante del balletto nel cartellone dell’ente lirico, uscendone infine vincitore. La sua passione e la sua esperienza sono messe al servizio del pubblico, che premia con fedeltà e in presenza numerosissima le scelte che di anno in anno gli vengono proposte. Prendiamo dunque posto in platea, pronti ad assaporare attraverso le parole di Franco Bolletta la magia del balletto classico, con il suo leggendario mix di precisione, grazia, forza, e di quello contemporaneo, astratto e sperimentale. (Approfondimenti sugli spettacoli a p. 177)

Cenerentola di Jean-Christophe Maillot, tra i titoli più iconici dei Ballets de Monte-Carlo, offre una riflessione intensa sul lutto, sulla memoria e sul ruolo delle figure femminili che circondano la protagonista. Quali aspetti di questa rilettura l’hanno colpita maggiormente e perché ha scelto di inserire proprio questo balletto nel cartellone della Fenice 2025?

Vari sono stati i motivi che mi hanno spinto e convinto a programmare questo spettacolo. La raffinata rilettura e conseguente riscrittura della drammaturgia che ci porta da Vladimir Propp di Morfologia della fiaba a Raymond Queneau di Exercises de style. La coreografia di Jean-Christophe Maillot, che riesce a infondere alla struttura della narrazione la fluidità necessaria malgrado i cambiamenti apportati al carattere di alcuni personaggi, arrivando a creare una Cenerentola anche di grande impatto visivo.

Quali condizioni devono esserci affinché la danza possa dialogare alla pari con l’opera in un teatro lirico, senza essere ospite occasionale ma parte integrante dell’identità del teatro stesso?

Le condizioni sono presto dette: la musica dal vivo, sempre e comunque! Altro elemento fondamentale, la danza deve avere un budget annuale ben stabilito. Esistono Teatri d’opera dove la danza convive perfettamente con la programmazione lirica e dove si producono anche grandi spettacoli di danza sia classica, che moderna e contemporanea: La Scala, l’Opéra di Parigi, la Royal Opera House di Londra e altri ancora. In tutti questi teatri la convivenza è possibile perché in ognuno di essi la danza ha la propria struttura artisticoeconomico-amministrativa indipendente rispetto alla lirica.

La compagnia Larreal porterà sul palco della Fenice ad ottobre España, un viaggio coreografico che unisce la tradizione del bolero a linguaggi contemporanei e classici, creando un vero caleidoscopio di stili. Quale dialogo tra passato e presente le sembra emergere da questa proposta?

La Compagnia Larreal, che è diretta emanazione del Real Conservatorio Profesional de Danza – Mariemma, presenta uno spettacolo di grande interesse. La compresenza di coreografi spagnoli di varie generazioni ha reso possibile una riuscita rilettura della “escuela flamenca”, della “escuela bolera” e della “danza classica spagnola”, a dimostrazione che il dialogo tra passato e presente è possibile ed esiste.

Da quasi quarant’anni lei guida le attività di danza del Teatro La Fenice. Che rapporto ha visto maturare tra il pubblico veneziano e il linguaggio coreutico e come la programmazione attuale intercetta questa nuova traiettoria?

Vi è un forte legame tra il pubblico veneziano e gli spettacoli di danza. L’offerta inizia ad essere importante per qualità e numero di proposte senza distinzione di stili. Oltre al Teatro La Fenice, a Venezia è La Biennale Danza, naturalmente, a svolgere un ruolo di grande importanza per numeri e qualità delle offerte.

Uno sguardo alla prossima stagione 2025/26: quale linea ha guidato le scelte di un cartellone di così ampio respiro, che spazia dal classico al contemporaneo?

Per la prossima stagione la linea che devo rispettare è “classico-moderna-contemporanea”, dove i primi due titoli, Schiaccianoci e Martha Graham Dance Company, sono già assai esemplificativi a riguardo. Mentre i due balletti che si svolgeranno al Teatro Malibran sono un omaggio a John Neumeier con una rarità assoluta, Hamlet in prima italiana, e Dear Son, protagonisti i due coreografi italiani che sono stati allievi di John Neumeier stesso, Sasha Riva e Simone Repele.

Since 1988, Franco Bolletta has been the artistic and managing director of the Dance program at the Fenice Theatre. With each new season, he passionately advocates for ballet to hold a prominent place in the opera house’s programming, and he always succeeds. Let us take our seats and, through Bolletta’s words, savour the magic of classical ballet, with its legendary blend of precision, grace, and strength, and contemporary dance, abstract and experimental.

On par with opera

The conditions are clear: live music, always! Another essential element is a fixed annual budget for dance. Major opera houses like La Scala, the Paris Opéra, and the Royal Opera House in London successfully integrate dance into their programming because each has an independent artistic and administrative structure for dance.

España: a travel into the history and the present of dance

The Larreal Company, directly linked to the Real Conservatorio Profesional de Danza –Mariemma, presents a compelling show. The collaboration of Spanish choreographers from different generations allows for a fresh take on flamenco, bolero, and classical Spanish dance, proving that dialogue between past and present is not only possible but thriving.

Your audience

There is a strong bond between the Venetian audience and dance performances. The offerings are growing in both quality and quantity, across all styles. Besides Teatro La Fenice, La Biennale Danza plays a crucial role in enriching the city’s dance scene.

The upcoming season

For the upcoming season, the guiding theme is “classical-modern-contemporary.” The first two titles – The Nutcracker and the Martha Graham Dance Company – are emblematic of this approach. At Teatro Malibran, two ballets pay tribute to John Neumeier: the Italian premiere of Hamlet, a rare gem, and Dear Son, featuring Italian choreographers Sasha Riva and Simone Repele, both former students of Neumeier.

Stagione Lirica e Balletto Teatro La Fenice www.teatrolafenice.it

A Mosaic of Styles & Arts

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theatro

BALLETTI

I colori e i ritmi della danza spagnola inondano il palco del Teatro Malibran nelle tre serate del 3, 4 e 5 ottobre, con España : protagonista la Compañía Larreal, espressione del Real Conservatorio Profesional de Danza Mariemma di Madrid, una delle istituzioni più prestigiose e longeve della Spagna. Da oltre ottant’anni fucina di talenti, il Conservatorio ha formato generazioni di interpreti capaci di coniugare tradizione e contemporaneità, portando in scena l’eleganza della danza bolera, la forza del flamenco e la purezza del balletto classico. Il programma presenta sei coreografie diverse per stile e atmosfere, ma unite da un’unica radice: Mosaico barroco di Antonio Pérez, su pagine di Johann Sebastian Bach e José de Nebra; Sevillanas de autor di Irene Tena e Albert Hernández, con musiche di La Flor del Romero e Manuel Pareja Obregón; Amalurra di Eduardo Martínez, intreccio di suggestioni popolari e suoni contemporanei; Entre cuerdas di Axel Galán, su musiche di Victor Guadiana e Alberto Iglesias; Requiebro di Antonio Pérez, su note di Camille Saint-Saëns; Nada más y nada menos di Miguel Fuente, sulle musiche di Carlos Núñez. Come sottolinea la studiosa Valentina Bonelli, questo viaggio coreografico restituisce la ricchezza di una tradizione «sempre viva e aperta alle influenze», che accanto ai linguaggi popolari coltiva anche il balletto classico e la danza contemporanea, con risultati di eccellenza internazionale. La fusione delle tre scuole in un’unica coreografia non è soltanto un finale spettacolare, ma la dimostrazione di come la danza spagnola sappia reinventarsi senza smarrire mai le proprie radici. C.S.

ENG The colours and rhythms of Spanish dance flood the stage of Teatro Malibran on October 3, 4, and 5 with España, featuring Compañía Larreal from Madrid’s prestigious Mariemma Real Conservatorio Profesional de Danza. For over 80 years, the Conservatory has trained dancers who blend tradition and modernity, showcasing bolero elegance, flamenco power, and classical purity. The program includes six choreographies, each unique in style but rooted in Spanish heritage. As scholar Valentina Bonelli notes, this journey reflects a vibrant tradition open to influence. The fusion of styles in the final piece is not just spectacular, it proves Spanish dance’s ability to evolve while staying true to its roots.

España 3-5 ottobre Teatro Malibran www.teatrolafenice.it

A mezzanotte sai…

Al Teatro La Fenice, dal 18 al 23 settembre, prende vita Cenerentola di Jean-Christophe Maillot, portata in scena dai Ballets de MonteCarlo, tra le creazioni più celebrate della Compagnia. Debuttata nel 1999 alla Salle Garnier dell’Opéra de Monte-Carlo, la coreografia ha segnato una svolta nella storia del repertorio monegasco. La musica di Sergej Prokof’ev, composta tra il 1941 e il 1944 su commissione del Teatro Kirov di San Pietroburgo, viene eseguita dal vivo dall’Orchestra del Teatro La Fenice, mentre scenografie e costumi sono firmati rispettivamente da Ernest Pignon-Ernest e Jérôme Kaplan. La versione di Maillot offre una meditazione intensa sul lutto e sul modo in cui le persone che ci lasciano modellano il destino di chi resta. All’apertura del sipario, Cenerentola appare stringendo tra le mani il vestito bianco della madre defunta, simbolo della memoria che guida i suoi passi. La matrigna e le sorellastre non sono caricature perfide e volgari, ma donne seducenti che usano il fascino per raggiungere i propri scopi, immerse in un mondo artificiale di bellezza vuota; mentre la Fata, radiosa incarnazione della madre, permette alla protagonista di liberarsi dalle trappole di quell’universo costruito. Al centro rimane l’umanità semplice di Cenerentola: il suo piede nudo diventa emblema di un amore umile, del balletto stesso e della scoperta di sé. La storia si apre con il pas de deux dei genitori, una memoria, che si rifletterà nel ballo finale con il principe, sottolineando il viaggio iniziatico dalla giovinezza all’età adulta.

Maillot riscrive un classico della danza con sguardo divertito e incisivo, portando sotto i riflettori una società colma di artificio, dove la ricerca del piacere priva gli abitanti di ogni senso della realtà. Qualsiasi riferimento a personaggi ed eventi noti è puramente casuale… ça va sans dire ! C.S.

ENG At Fenice Theatre, from September 18 to 23, Cinderella by Jean-Christophe Maillot comes to life, performed by the Ballets de Monte-Carlo. Premiered in 1999, the choreography marked a turning point in Monaco’s repertoire. Sergei Prokofiev’s music is played live by the theatre’s resident orchestra, with sets by Ernest Pignon-Ernest and costumes by Jérôme Kaplan. Maillot’s version reflects on grief and memory, portraying Cinderella as guided by her late mother’s spirit. Her bare foot symbolizes humble love and self-discovery in a world of artificial beauty.

Cenerentola 18-23 settembre Teatro La Fenice www.teatrolafenice.it

Raíz ibérica
Cenerentola - Photo Alice Blangero

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FESTIVAL & MORE

Spettatori ai margini della scena Titizé, continuano le rappresentazioni con qualche sorpresa inaspettata

Sul palco e fuori dal palco, Titizé regala un’esperienza unica. Riprendono fino al 21 settembre – dal martedì alla domenica alle ore 19 – gli spettacoli al Teatro Goldoni, tra acrobazie, danze, virtuosismi funambolici e giocoleria per un racconto sognante della città di Goldoni e Casanova, tra mito e realtà quotidiana, come evoca il sottotitolo A Venetian Dream. Trasposto con il registro tipico della Commedia dell’Arte in chiave contemporanea, Titizé scardina le regole della messa in scena per apportare ad ogni nuova replica un pizzico di follia, divertimento, incanto. I dieci interpreti dell’acclamata compagnia Finzi Pasca, che in realtà sul palco sembrano moltiplicarsi per le loro capacità attoriali multidisciplinari, sono così affiatati da creare ogni sera, pur nel tracciato prestabilito e scritto, sempre nuove movenze, battute, leggere sfumature che rendono lo spettacolo, anche agli occhi di chi l’ha visto più volte, sempre un po’ diverso, migliore, nuovo. Seduti in platea si viene quasi risucchiati dalla scena e ci si immagina fluttuare nell’aria come la sirena che incombe sopra gli ignari bagnanti. Questa sensazione, che è certamente comune a tutti gli spettatori, viene ora offerta realmente o meglio virtualmente grazie ad un visore per esperienza immersiva. Indossandolo si entra nel vivo delle acrobazie e si diventa protagonisti dello spettacolo. Il video a realtà aumentata, prodotto dalla Fondazione Teatro Stabile del Veneto con il partner tecnologico Impersive Srl., è stato registrato con sistemi di ripresa all’avanguardia composti da multicamere da circa 30 obbiettivi, che riprendendo da più angolazioni, ricreano una visione stereoscopica e tridimensionale dei quadri che compongono la magia di Titizé. Gli artisti della Compagnia Finzi Pasca hanno indossato body cam e videocamere fissate su caschetti e corpetti per riprendere lo spettacolo dal loro punto di vista, mentre eseguono le ardite acrobazie. Il risultato è un’esperienza soggettiva a 360 gradi con una visuale dinamica in prima persona. Sembra cioè di essere

parte attiva dello spettacolo, di trovarsi sul palcoscenico stando con i piedi stabili a terra. La tecnologia utilizzata dai visori ha una risoluzione di 8K in ultra alta definizione, molto all’avanguardia rispetto alle soluzioni in mercato.

I visori, per la precisione otto, che permettono una esperienza breve – due minuti teaser – o più lunga – quattro minuti e mezzo, una vera immersione in scena – sono messi a disposizione del pubblico nei punti IAT di Venezia, agli Scalzi e a San Marco, e naturalmente nel foyer del Teatro Goldoni.

Il progetto non è stato pensato solo per ampliare la comunicazione e invitare il pubblico allo spettacolo dal vivo, ma è un primo passo di tanti che il Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale sta portando avanti per lo studio di nuove drammaturgie del futuro, nell’ambito della collaborazione in atto per lo sviluppo della tecnologia applicata al teatro. Questo rende l’esperimento/esperienza ancora più stimolante, parte di una piccola rivoluzione in atto nel totale rispetto del Teatro con la “T” maiuscola. M.M.

ENG On stage and beyond, Titizé offers a truly immersive experience. Running until September 21 at Teatro Goldoni (Tuesday to Sunday at 7pm), the show blends acrobatics, dance, juggling, and dreamlike storytelling. Presented in a contemporary Commedia dell’Arte style, each performance adds a touch of madness, enchantment, and humour. The ten performers of the acclaimed Finzi Pasca Company will bring fresh nuances to every show, making each evening feel new. Now, thanks to immersive technology, spectators can experience the show from within. A VR headset allows viewers to dive into the acrobatics and become part of the performance. Produced by Fondazione Teatro Stabile del Veneto with tech partner Impersive Srl, the 8K ultra-HD video was filmed using 30-camera rigs and body cams worn by the performers, offering a dynamic, first-person perspective. Headsets are available at Venice’s IAT points and in the Teatro Goldoni foyer. This project marks a step toward future dramaturgy, blending tradition with innovation.

L’arte della commedia

Campiello Pisani torna a farsi palcoscenico e spazio di confronto e riflessione dal 6 al 14 settembre, con la 19. edizione di Teatro in Campo, rassegna che negli anni ha trasformato il Campo su cui affaccia il Conservatorio Benedetto Marcello, in una piccola agorà cittadina, dove si ritrovano residenti, curiosi, turisti e chi il teatro lo segue da sempre. Quest’anno l’occasione ha un valore in più: Pantakin, compagnia veneziana fondata nel 1995, e ideatrice del progetto, festeggia i primi suoi trent’anni in scena. Una storia legata alla Commedia dell’Arte e al teatro popolare, ma anche al desiderio di sperimentare nuove forme, mantenendo vivo quel contatto diretto con il pubblico, che resta la cifra stilistica della Compagnia.

La rassegna si apre con Fame mia – quasi una biografia di Annagaia Marchioro, regia di Serena Sinigaglia: un racconto ironico e feroce, liberamente ispirato ad Amélie Nothomb, che intreccia memorie degli anni Ottanta e un’Italia vista attraverso il cibo. Il 7 settembre il Campiello si anima con tre appuntamenti: Casanova Grand Tour, viaggio rocambolesco tra corti europee e travestimenti diretto da Emanuele Pasqualini, seguito da Lo chiamavano Brancaleone, della compagnia del CTU di Urbino che riporta in scena il cavaliere reso celebre da Vittorio Gassman, e infine l’atteso ritorno di Bricola e Regina, le due maschere veneziane create vent’anni fa da Giorgio Bertan ed Eleonora Fuser sempre attualissime con le loro esilaranti e taglienti trovate.

A portare lo sguardo sul presente è Cuoro di Gioia Salvatori (8 settembre), monologo nato da un blog nel 2012, che mescola stand up e poesia per raccontare i disastri sentimentali contemporanei. Venezia torna poi protagonista con Marco Polo e la Principessa. Tragicomica storia d’amore di Pantakin (10), e con La cella di seta di Ippogrifo Teatro (11), che rievoca la prigionia genovese del mercante veneziano trasformata in un caleidoscopio di storie. Il 12 settembre, ospite speciale, Ascanio Celestini presenta Radio Clandestina, restituendo voce alla memoria delle Fosse Ardeatine. E il 13 settembre torna in scena Pantakin con Venezia millenaria – 1600 anni in 1600 secondi, narrazione collettiva affidata anche al pubblico, preceduta da un convegno sullo stato del teatro popolare.

Chiusura in grande stile infine, il 14 settembre all’ex Convento dei SS. Cosma e Damiano alla Giudecca, con una vera e propria festa: musica, ospiti e brindisi per celebrare trent’anni di Pantakin, ma soprattutto il valore di un teatro che vive per e nella città. C.S.

19. Teatro in Campo 6-14 settembre Campiello Pisani www.pantakin.it

DOVE TUTTO SCORRE

Tutti viviamo “in riva al mare”, ricorda Marco Paolini, ed è da questa certezza che prende forma il suo nuovo Bestiario, studio per un racconto che esplora la relazione tra acqua, territorio e comunità. Per l’ultima serata di Operaestate Festival, lunedì 15 settembre, negli spazi di Villa Angaran San Giuseppe a Bassano del Grappa, l’attore e narratore veneto presenta in anteprima assoluta Bestiario Idrico – Studio per un racconto, scritto insieme a Giulio Boccaletti. Lo spettacolo è parte del progetto Atlante delle Rive ideato da Paolini per La Fabbrica del Mondo, laboratorio permanente nato dall’incontro tra artisti, studiosi e comunità, con l’obiettivo di immaginare nuovi futuri possibili e non una mera ripetizione del presente. In questo studio, Paolini intreccia storie, testimonianze, parole poetiche e canzoni in un racconto che lega l’acqua e la terra: dai fiumi plasmati dall’agricoltura e dall’industria alla crisi idrica che chiede oggi una nuova consapevolezza.

Il “bestiario” è dunque un catalogo di voci e immagini che restituisce la memoria di un territorio: rii, canali, fossati diventano le radici di un grande albero-fiume, abitato da uomini e animali, dove l’acqua è principio vitale e al tempo stesso bene fragile da preservare.

«Non spetta agli artisti o agli scienziati decidere come agire – sottolineano le note di regia – ma il loro compito è rendere fertile il terreno su cui maturano le decisioni. Creare cittadini curiosi e attenti è un presupposto sociale, oltre che culturale». Dopo quello italiano e quello veneto, Paolini prosegue il ciclo dei suoi Bestiari, in cui il gesto teatrale diventa strumento di coscienza e resistenza civile. Una narrazione che combina rigore documentario e invenzione poetica, segno distintivo di un autore che da oltre trent’anni porta in scena il paesaggio, la storia e le trasformazioni della società italiana.

Marco Paolini. Bestiario idrico

15 settembre Villa Angaran San Giuseppe-Bassano del Grappa www.operaestate.it

Photo Gianluca Moretto

theatro

VENERE IN TEATRO

Rito di passaggio

L’autunno

è una seconda primavera, quando ogni foglia è un fiore Albert Camus

Venere in Teatro riporta la danza a Forte Marghera

C’è un tempo dell’anno in cui l’aria cambia passo: la luce si fa obliqua, il vento trattiene insieme l’eco dell’estate e l’avvento dell’inverno.

Sono Le mezze stagioni, quelle che molti sostengono siano scomparse, ma che nel silenzio delle trasformazioni continuano ad inseguire il ritmo delle nostre vite. È a questa soglia del tempo – al passaggio, al mutamento, alla tensione tra nascita e declino – che guarda la quinta edizione di Venere in Teatro, il festival di danza contemporanea curato da APS Live Arts Cultures in collaborazione con Perypezye Urbane, in programma dall’1 al 21 settembre a Forte Marghera. Il tema 2025 parte proprio dall’espressione popolare “non ci sono più le mezze stagioni”, per farne terreno di indagine artistica: un’occasione per interrogare, attraverso il corpo, le nozioni di evoluzione e involuzione, di innovazione e decadimento, di variazione come costante della vita. Nove serate aperte al pubblico, con diciannove compagnie e artisti ospiti, compongono un mosaico di linguaggi e formati: prime assolute, performance site-specific, creazioni partecipative, studi di nuove produzioni e lavori di lunga durata che il pubblico può abitare liberamente.

Il Festival si apre con un progetto di comunità: dall’1 al 4 settembre, la coreografa Chiara Frigo guiderà un workshop che coinvolgerà una trentina di partecipanti, trasformando il percorso creativo in una performance collettiva, gratuita e aperta a tutti. A seguire, si alterneranno artisti affermati e giovani voci della scena contemporanea, con presenze internazionali dalla Polonia, dalla Finlandia e dalla Svizzera, grazie alla collaborazione con Pro Helvetia.

Accanto alle performance, Venere in Teatro propone talk, installazioni di screendance e momenti di convivialità, rafforzando il ruolo di Forte Marghera come spazio di incontro e laboratorio vivo per le arti perfor-

Venere in Teatro 2025 – Le mezze stagioni

1-21 settembre Forte Marghera-Mestre www.liveartscultures.org

mative. Un’attenzione particolare è rivolta alla creatività emergente e alla sperimentazione di formati che superano i confini tradizionali tra palco e platea: danze che attraversano gli spazi aperti, dialogano con architetture, suono e luce per farsi esperienze immersive. Nell’attuale panorama, segnato da cambiamenti tragici e profondi nelle politiche culturali nazionali, Venere in Teatro rinnova il proprio impegno nel sostenere la ricerca artistica e nell’offrire al pubblico uno sguardo plurale, aperto e curioso. È un invito a sostare in quel tempo sospeso che precede ogni trasformazione, a riconoscere la bellezza e la fragilità delle transizioni, a lasciarsi sorprendere da ciò che muta. Nella pagina seguente, quattro spettacoli selezionati tra i numerosi in programma raccontano in dettaglio alcune delle voci più significative di questa edizione. Ma il filo che li lega – e che attraversa l’intero Festival – resta la danza come luogo in cui il corpo diventa memoria, profezia e rito di passaggio. Chiara Sciascia

ENG There’s a time of year when the air shifts pace: light slacks off, and wind carries both the echo of summer and the arrival of winter. These are the in-between seasons. Often said to have vanished, they do quietly follow the rhythm of our lives. It’s this threshold of time that the fifth edition of Venere in Teatro (lit. ‘Venus in theatre’) looks at. Curated by APS Live Arts Cultures with Perypezye Urbane, the contemporary dance festival runs from September 1 to 21 at Forte Marghera. The 2025 theme draws from the Italian adage “there are no more in-between seasons,” turning it into artistic inquiry: a chance to explore, through the body, ideas of evolution and decay, innovation and decline, and change as life’s constant. Nine public evenings feature 19 companies and artists in a mosaic of formats: premieres, site-specific works, participatory creations, and long-form pieces. The festival opens with a community project led by choreographer Chiara Frigo, followed by established and emerging artists from Italy and abroad.

Chiara Frigo, A Human Song

C&C Company

STRANGERS IN THE NIGHT

4 settembre h. 20.30

La compagnia diretta da Carlo Massari propone una rilettura fisica e intensa della celebre novella di Franz Kafka. Il corpo come gabbia e come Metamorfosi diventa il centro di una partitura coreografica fatta di tensione, contrasti e improvvisi slittamenti di senso. Nella scena si alternano immagini di fragilità estrema e momenti di pura energia, mentre la trasformazione del protagonista diventa specchio delle nostre paure e possibilità di cambiamento. Con il suo linguaggio diretto e viscerale, C&C presenta un lavoro capace di intrecciare letteratura e gesto in un percorso emotivo che non lascia indifferenti.

ENG Directed by Carlo Massari, the company offers a physical, intense reinterpretation of Kafka’s famous novella. The body, both a cage and a metamorphosis, becomes the core of a choreography built on tension, contrasts, and sudden shifts in meaning. Scenes alternate between fragility and energy. C&C’s visceral style blends literature and movement into a deeply emotional journey.

Krakow Dance Theater

SHAKESPEARIA

6 settembre h. 17

Ofelia, Lady Macbeth, Giulietta: figure tragiche in cui la follia diventa, nei secoli, immagine affascinante e talvolta strumento di emancipazione. Shakespearia immagina un incontro impossibile tra queste protagoniste, in un vortice di frammenti di corpi, stanze e memorie. Gli oggetti in scena si fanno architettura, tanto fisica quanto interiore, mentre il movimento traduce la disintegrazione psicologica in movimento coreografico. Fondato nel 2008, il Krakow Dance Theatre è tra i centri più vitali della danza polacca, noto per la plasticità delle sue creazioni e la capacità di fondere luce, spazio e corpo in visioni intense, presentate nei principali festival internazionali.

ENG Ophelia, Lady Macbeth, Juliet: tragic women whose madness becomes a symbol of allure and emancipation. Shakespearia imagines their impossible meeting in a swirl of fragmented bodies, rooms, and memories. Objects become architecture, while movement expresses psychological collapse. Founded in 2008, Krakow Dance Theatre is a key force in Polish dance, known for its visual intensity and poetic fusion of body, light, and space.

Camille Poudret, Adél Juhász, Salômé Guillemin TECHNOPAGANS

13 settembre h. 20.30

Suoni di droni ronzanti, ceramiche e luci al neon dialogano con il corpo di Salômé Guillemin, generando ritmi e melodie che Camille Poudret amplifica e modula con microfono, theremin e autotune. A questo paesaggio sonoro si unisce Adél Juhàsz, in una danza circolare ininterrotta, simile a un derviscio, che trasforma il corpo in forma mutevole e affascinante. In scena, il movimento diventa proiezione visiva del suono e al tempo stesso sua sorgente. Materia, luce, corpo e musica si combinano come onde che si rifrangono nello spazio, trascinando lo spettatore tra vibrazioni e riverberi inattesi. ENG Buzzing drones, ceramics, and neon lights interact with Salômé Guillemin’s body, creating rhythms and melodies shaped by Camille Poudret using mic, theremin, and autotune. Adél Juhász joins with a continuous circular dance, like a dervish. Movement becomes both source and projection of sound. Matter, light, body, and music blend like waves, immersing the audience in unexpected vibrations.

Luna Cenere & Antonio Raia MERCURIO

14 settembre h. 19.30

Pesante e volatile, materiale e simbolico: Mercurio nasce dall’incontro tra la coreografa Luna Cenere e il sassofonista Antonio Raia, esplorando la natura duale di un elemento alchemico che unisce Luna, Sole e Terra. Il corpo, la musica e l’immaginario si uniscono in un viaggio tra astronomia, mitologia e ricerca formale, dove la danza diventa materia mutevole e il suono si fa spazio. Vincitrice del Premio Nuove Coreografie 2023 della Biennale di Venezia, Luna Cenere modula la sua fisicità scultorea in dialogo con le improvvisazioni dal vivo di Raia, in una coreografia che abbraccia rischio, trasversalità e metamorfosi.

ENG Heavy and volatile, symbolic and material: Mercurio explores the dual nature of an alchemical element linking Moon, Sun, and Earth. Choreographer Luna Cenere and saxophonist Antonio Raia merge body, music, and imagery in a journey through astronomy, mythology, and form. Winner of the 2023 Biennale’s New Choreographies Prize, Cenere’s sculptural physicality meets Raia’s live improvisation in a choreography of risk, transformation, and fluidity.

L’incanto del coro

Tornano i Classici all’Olimpico, nuove visioni tra mito, politica e presente

Al centro del 78. Ciclo di Spettacoli Classici del Teatro Olimpico di Vicenza c’è il Coro: non solo tema riferito alla figura della tragedia antica, ma simbolo di comunità, ascolto e partecipazione. Ermanna Montanari e Marco Martinelli, alla direzione artistica per il secondo anno consecutivo, lo trasformano in gesto scenico e poetico, invitando la città a farsi parte attiva del teatro. In questa cornice, i classici non sono memoria lontana: diventano voce viva che interroga il presente e spazio per la riflessione collettiva. Il Festival, nato nel 1934, si conferma rito collettivo che osserva la realtà attraverso la lente dei classici. E non si limita all’Olimpico, il più antico teatro coperto al mondo, ma invade tutta Vicenza con eventi diffusi tra Basilica Palladiana, Teatro Comunale, Palazzo Cordellina e Astra. Un mosaico che intreccia linguaggi diversi e artisti di generazioni lontane, dai grandi maestri a realtà emergenti. Dopo l’apertura in musica il 25 settembre con VENI, a goodbye, spettacolo corale dei giovani di Alot che re-immagina canti polifonici mediterranei e preghiere latine in una drammaturgia sospesa tra voce e illustrazione dal vivo, il festival entra nel vivo con le prime assolute. Tra queste spicca Ànghelos di Roberto Latini, in scena il 26 e 27 settembre. Non è un semplice studio, ma una tappa autonoma di un percorso che porterà il regista a confrontarsi con Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini. Al centro, la figura dell’angelo come messaggero: colui che porta all’umanità notizie che da sola non potrebbe conoscere o vedere. Latini riprende i momenti “angelici” del film pasoliniano e li innesta in una trama di suggestioni che va da Euripide a Milton, da Andreini a Wim Wenders, accompagnato dalle musiche dal vivo di Gianluca Misiti e Piero Monterisi. In scena,

78. Ciclo di Spettacoli Classici 25 settembre-22 ottobre Teatro Olimpico-Vicenza www.tcvi.it

insieme allo stesso Latini, Elena Bucci, Luca Micheletti e Marcello Sambati. Un lavoro che mette in dialogo il sacro e il quotidiano, i volti della famiglia e il respiro universale, nella domanda che attraversa da secoli la scena: Quem quaeritis? Chi cercate?

Il 4 ottobre sarà invece la volta di Lisistrata, firmata da Marco Martinelli. Una nuova tappa del progetto Sogno di volare, nato a Pompei e proseguito con centinaia di adolescenti, che qui diventa protagonista collettivo. La commedia di Aristofane, scritta nel pieno della guerra del Peloponneso, risuona sorprendentemente attuale: Lisistrata affida alle donne la responsabilità di fermare il conflitto, scegliendo lo sciopero del sesso come arma politica. Martinelli trasforma il testo in un’esplosione scenica corale, affidata a studenti e giovani interpreti, accompagnati dalle musiche popolari di Ambrogio Sparagna. Un lavoro che intreccia utopia e concretezza, ribellione e desiderio di pace, riaffermando il teatro come spazio politico e collettivo. Accanto a questi due titoli, il cartellone offre altre prospettive radicali: Salvatore Sciarrino reimmagina Il novello Perseo in una sinfonia di voci ed elettronica (vedi p. 171); Claudia Castellucci indaga i rapporti tra danza e canto sacro con Ballo improprio ; Igort porta in scena i suoi Dispacci di Delmore ; Anagoor affronta le Baccanti come rito contemporaneo, mentre Masque Teatro esplora il voodoo come esperienza di liberazione. A chiudere, il 22 ottobre, sarà Vinicio Capossela con una creazione pensata appositamente per l’Olimpico, ancora avvolta nel mistero ma già attesa come evento cult. Incontri, letture e dialoghi con studiosi e critici completano il percorso, dai Parlamenti d’Autunno alle celebrazioni per i 440 anni del Teatro Olimpico. Tutto concorre a costruire un organismo pulsante, più di una semplice rassegna: un Festival che trasforma Vicenza in un intreccio di voci, gesti e sguardi, celebrando l’arte come esperienza condivisa. C.S.

Intervista Manuel Vilas

IL RESPIRO DELLE PAROLE

Scrivere, per me, è come respirare.
È un atto vitale, senza il quale non potrei esistere

Terzo capitolo, quello con Manuel Vilas, che sancisce una nostra nuova, intensa collaborazione con wetlands, la grande novità sul fronte dell’editoria libraria in città, e gli autori che promuove tramite progetti editoriali e di residenza. wetlands, infatti, non si limita a pubblicare libri, ma li crea. Nata nel 2021, della sua identità ciò che più ci ha conquistato sin dal suo primo apparire è l’impegno, il lavoro appassionato per mantenere Venezia una città viva, con una cittadinanza ancora presente e vitale “produttivamente”, con abitanti che la vivono e la difendono guardando attivamente al futuro. Uno sguardo, un approccio però tutt’altro che meramente difensivo, con la solita disposizione autoreferenziale che connota purtroppo troppi progetti di salvaguardia anche culturale qui a Venezia. Anzi, la disposizione di wetlands ci pare esattamente l’opposto di questo; e questo progetto di residenze d’autore che intende far incrociare con quelli nostri gli sguardi e le parole di altri – i cosiddetti “forestieri” –, a cui viene offerta da parte della casa editrice l’opportunità di fermarsi qui, di riflettere, di amare la città, senza consumarla avidamente, parla da sé eloquentemente a riguardo. L’obiettivo che condividiamo con wetlands, e che sta alla base dei nostri rispettivi lavori, è propriamente quello di produrre nuove idee e rappresentazioni di Venezia che decostruiscano i cliché dominanti che la ingessano nella sua eterna, quando va bene, istantanea museale, promuovendo visioni e progettualità alternative dell’abitare e del vivere in questa straordinaria città.

Partendo dall’ecosistema della Laguna, wetlands, muovendosi in modo anfibio nello spazio tra fiction e non-fiction, esplora temi ambientali, urbanistici, sociali, antropologici e culturali.

Tra le voci più interessanti della letteratura spagnola contemporanea. Poeta, narratore e saggista, laureato in Filologia ispanica e collaboratore di testate come Heraldo de Aragón, El Mundo ed El País, ha esordito negli anni Novanta con la poesia, prima di affermarsi come romanziere. Dopo l’esordio con España (2008), si consacra come autore a livello internazionale con In tutto c’è stata bellezza (2018), cui segue La gioia all’improvviso (2019). Nei suoi libri si intrecciano memoria, legami familiari, riflessione sociale e uno sguardo lucido sul presente. Tra le opere più recenti I baci (2021), l’antologia poetica Una sola vida (2022) e Amor costante (2023).

La sua scrittura, sia in poesia che in prosa, nasce spesso da una tensione personale, intima, che poi si apre a una dimensione collettiva. Cosa innesca oggi, per lei, il desiderio o la necessità di scrivere?

Scrivere, per me, è come respirare. È un atto vitale, senza il quale non potrei esistere. Non c’è distinzione tra vita e scrittura: sono la stessa cosa per me, due tratti inseparabili dello stesso gesto.

Nei suoi libri la memoria ha un ruolo centrale, non solo come recupero del passato, ma ancor più come forma di resistenza e costruzione. Che rapporto ha con la memoria oggi e come si è trasformata questa relazione nel tempo?

La memoria mantiene vivo ciò che è stato. Senza passato non esiste alcun presente. Ho visto morire persone amate e so che i morti continuano a vivere nella memoria dei vivi. In fondo, la memoria ci rende simili a Dio. Forse Dio non è altro che la memoria assoluta di tutto ciò che è esistito.

di Chiara Sciascia

Le residenze letterarie sono luoghi di sospensione, di ricerca. Come vive questo tempo lento, aperto, in cui le idee possono prendere forma senza urgenza?

Le residenze letterarie sono per me una gioia. Credo che gli scrittori debbano viaggiare, perché la vita cambia da un luogo all’altro. Io stesso mi considero uno scrittore nomade: passo la vita viaggiando e scrivo ovunque mi trovi.

Venezia è una città ricca di stratificazioni storiche e letterarie, attraversata da molte scritture, da innumerevoli trame.

C’è qualcosa di particolare in questo contesto che sente prossimo al suo modo di guardare il mondo o che le offre nuova ispirazione?

Venezia rappresenta il trionfo della bellezza in un mondo che vive nella bruttezza. Io ho bisogno della bellezza per vivere. Quando sono qui mi sento protetto dalla ferocia del mondo, come se la città mi offrisse un rifugio. Amo camminare per la città, percorrere le sue calli. E, forse ingenuamente, aspiro anch’io – come Cristo – a camminare sulle acque di Venezia.

La sua opera si muove liberamente tra generi: romanzo, diario, saggio, poesia. È una scelta consapevole, o è la materia stessa – il tema, l’urgenza – a determinare volta per volta la forma letteraria da utilizzare poter meglio esprimerla?

Per me conta la letteratura, non il genere. La letteratura non ha confini: può manifestarsi come poesia, prosa, romanzo, racconto, teatro. Tutto è parola.

Oggi, in un tempo segnato da incertezza e disorientamento, crede che la scrittura debba assumersi nuove responsabilità?

La letteratura rende un grande servizio alla vita. Non c’è distanza tra le due: letteratura e vita sono la stessa sostanza. Scrivere è un atto di fedeltà alla verità, alla libertà, alla bellezza. È, in definitiva, il trionfo della vita stessa.

Thethird chapter, featuring Manuel Vilas, marks the beginning of a new and meaningful collaboration with wetlands, a fresh and vital presence in Venice’s publishing scene. Founded in 2021, wetlands goes beyond simply publishing books: it creates them. What immediately stood out was its passionate commitment to keeping Venice alive and inhabited, not just preserved. Unlike many cultural preservation efforts that lean toward self-referential nostalgia, wetlands embraces a forward-looking, inclusive approach.

Its residency program invites authors to stay in Venice, reflect, and engage with the city without consuming it. The shared goal is to generate new ideas and representations of Venice that challenge clichés and promote alternative ways of living in this extraordinary place. Manuel Vilas is one of the most compelling voices in contemporary Spanish literature. A poet, novelist, and essayist with a degree in Hispanic Philology, he has contributed to publications such as Heraldo de Aragón, El Mundo, and El País. He began his career in the 1990s with poetry before establishing himself as a novelist. After his debut with España (2008), he gained international recognition with Ordesa (2018), followed by Alegría (2019). His work weaves together memory, family ties, social reflection, and a lucid gaze on the present. Among his most recent books are Los besos (2021), the poetry anthology Una sola vida (2022), and Nosotros (2023).

The need for writing

I write as I breathe. It’s an act of life. If I don’t write, I don’t live. Writing and living are the same for me.

The role of memory

Memory keeps the past alive. Without the past, there is no present. I’ve seen loved ones die. The dead live in the memory of the living. Memory makes us equal to God. Perhaps God is the memory of everything that has ever existed.

The slowed-down time of literary residencies

I love literary residencies. Writers need to travel. Life changes from place to place. I’m a nomadic writer. I spend my life traveling. I write everywhere.

Venice as inspiration

Venice is the triumph of beauty in a world that lives in ugliness. I need beauty to live. If I’m in Venice, I’m safe from the world’s ferocity. In Venice, I feel protected. I love walking the city. I also aspire, like Jesus Christ, to walk on Venice’s waters.

Genres of literature

Literature is what matters. And literature doesn’t belong to a single genre – it expresses itself in poetry, prose, novels, short stories, theater. It’s all words.

Writing and responsibility

Literature offers a great service to life. Literature and life are the same. Literature is the triumph of life, of truth, of freedom, and of beauty.

REVIEW

Dove volano i leoni

Dalla Laguna al Cadore, dall’Istria alla Dalmazia, dal Quarnaro all’Egeo, da Cipro a Bisanzio, da Palmanova a Bergamo: sono circa 5.000 i leoni della Serenissima volati sui suoi territori, in un centinaio di varianti iconografiche «espressioni di forza, fierezza, maestosità, nobiltà e coraggio».

A ripercorrerne lo straordinario viaggio temporale e semantico, il potente volume curato con passione e competenza da Franca Lugato, Il gonfalone della Regione Veneto. Un leone che attraversa i secoli offre uno spaccato storico approfondito che svela con dovizia di illustrazioni - selezionate con cura e precisione grazie al progetto grafico e la cura editoriale dello Studio Polo 1116 di Sergio Brugiolo e Chiara Romanelli, e la stampa di Edizioni Antiga - la genesi che ha portato alla scelta dell’immagine del regale felino quale simbolo identitario e iconico che dalla Serenissima ha abbracciato sotto le sue ali l’intera Regione.. Un progetto concepito e voluto per celebrarne il cinquantesimo anniversario dalla sua consacrazione. Se oggi diamo per scontato quel gonfalone rosso con le sue sette fiamme svolazzanti, emblema delle città del suo territorio, che nelle occasioni più rappresentative e istituzionali accompagna il Tricolore italiano e le stelle dorate in campo blu dell’Unione Europea, in realtà la sua realizzazione è frutto di un dibattito durato cinque anni e che finalmente il 20 maggio del 1975 vide l’approvazione del “Gonfalone e stemma della Regione” con legge regionale, confermando il Veneto tra le prime ad avere una bandiera che orgogliosamente la rappresentasse.

Col suo vello fulvo-ambrato, aureola dorata, ali sfumate di rosa cipria, sullo sfondo di un mare appena increspato sulla linea d’orizzonte, le zampe stabili appoggiate tra pianura e montagna, il leone marciano nella sua versione in seta ricamato con fili policromi discende dall’aulico telero dipinto da Jacobello del Fiore nel 1415, con una sensibilità che dal gotico-bizantino si schiudeva alla cultura goticainternazionale e destinato agli ambienti delle magistrature statali; col suo libro aperto recitava in latino «Qui si lascia da parte l’odio, ogni gelosia e impetuosità. Qui si punisce il delitto bilanciato sull’ago della verità», lanciando un messaggio criptico quanto esemplare che voleva essere un monito alla giustizia e al buon governo, nel momento di massima espansione di Venezia regina dei mari. Un secolo dopo Vittore Carpaccio ne propose una tipologia più accattivante, narrativa, dove il leone, nella sua variante marciana evangelica, sembrava destinato a rivolgersi ad un pubblico attento al racconto di una Venezia descritta alle sue spalle in una veduta grandangolare che ne sintetizzava i luoghi del potere e il dominio, nel frattempo rivoltosi dal mare alla terra. Nella versione andante si apriva all’era moderna, rispetto al leone in moeca legato ad un’iconografia araldica che lo rendeva più simile ad un granchio che al re della foresta.

Ma l’accostamento simbolico tra il leone alato e l’Evangelista risale a ben prima del legame con la Serenissima: lo ripercorre in un ex-

Il trinomio Leone-San Marco-Venezia

è

il risultato di un lunghissimo processo temporale e semantico

Alberto Rizzi

cursus curioso quanto approfondito il prezioso contributo di Michele Gottardi, che risalendo al profeta Ezechiele cita la visione di «un uragano, una grande nube ed un turbinio di fuoco» al cui centro si intravedono quattro figure metà umane, metà animali: toro, aquila e leone. Dal VI secolo a.C. al I secolo d.C. con l’Apocalisse di Giovanni, l’evoluzione del tetramorfo arrivò a San Girolamo che nel 398 d.C. nel suo Commento a Matteo, per primo associa la resurrezione di Cristo al leone; Marco invece partendo da Giovanni Battista, con la sua «voce che grida nel deserto» richiama il ruggito del leone. L’identificazione di Marco con Venezia risale alla predestinatio che, in un alone di mistero leggendario, narra come al Santo, dopo la predicazione ad Aquileia e in viaggio verso Roma attorno al 50 d.C., tra le nebbie della laguna durante una tempesta, apparve un angelo che gli avrebbe preannunciato col «Pax tibi Marce evangelista meus, hic requiescet corpus tuum» che in quei luoghi avrebbe trovato la definitiva sepoltura. E mentre la città si stava consolidando col primo doge Paoluccio Anafesto eletto nel 697, per emanciparsi da Bisanzio serviva un’immagine sacra legata al culto cristiano che scalzasse il Teodoro bizantino. Ecco che l’evangelista Marco, discepolo di Pietro, diveniva il perfetto portatore del messaggio. Grazie alla traslatio, il corpo del Santo fu rubato da Alessandria d’Egitto dai due mercanti ex militari Bono da Malamocco e Rustico da Torcello e portato con tutti gli onori in Basilica, come descritto nel più bel mosaico esterno sul Portale di Sant’Alipio, unico rimasto in facciata risalente al XIII secolo. Definitivamente sancito quale brand vincente nell’ascesa della Serenissima, il leone viene legato alla città grazie alla Legenda aurea di Jacopo da Varagine dopo il 1260, collegando il binomio Marcoleone, che sempre più venne rappresentato quale Biblia pauperum nelle cattedrali romaniche e gotiche.

Già nelle occasioni ufficiali si era visto svolazzare il vessillo col leone alato, simbolo e protettore della Repubblica: nel 1096 il doge Vitale Michiel offre al figlio, in partenza per la prima Crociata, lo stendardo con l’effigie di San Marco; nel 1141 l’investitura viene sancita dal gonfalone che accompagnerà ogni cerimonia fino alla caduta del 1797. Nel 1177, durante lo storico incontro tra papa Alessandro III e Federico Barbarossa, lo stesso gonfalone rosso col leone marciano imperioso sventola in una Piazzetta gremita di folla festante: i dignitari in corteo sotto la colonna dell’altro leone-grifo, i nobili affacciati alla loggia di Palazzo Ducale. La scena, descritta minuziosamente da Francesco Bassano, è raffigurata nel grande telero della Sala del Maggior Consiglio, dove il papa consegna lo stocco al doge Ziani. Di contorno, il leone sul campanile, quello sulla torre dell’orologio e in facciata al Ducale. Una identificazione ormai completa che rese il felino una sorta di “sovrano astratto” della Serenissima. Ormai acquisita come immagine di Venezia, laddove se ne trovassero dovevano essere “importati”, così Francesco Morosini il peloponnesiaco, dopo la conquista della Morea, “portò a casa” tre leoni dal Pireo e da Delo, oggi svettanti all’ingresso dell’Arsenale. In marmo o in pietra d’Istria, dipinti o a mosaico, incisi in monete o sigilli, sornioni o aggressivi, sono latori di un messaggio entrato nella

storia, tanto da subire con la caduta della Repubblica un fenomeno di rabbiosa leonclastia. Dalla prima nel 1509 con la sconfitta di Agnadello da parte delle truppe di Giulio II, alle distruzioni dei giacobini e delle truppe francesi di Napoleone con quattromila rimozioni in terraferma e un migliaio a Venezia, divelti o imbiancati. Simbolo della decadenza è invece il triste leone del Canova, realizzato per il monumento funebre a Clemente XIII Rezzonico, accovacciato e sconsolato, mentre fiero a spezzare la catena del dominio austriaco quello bronzeo in Campo Manin, o emblema di unità quello ruggente in Riva degli Schiavoni, con la zampa sopra i risultati del Plebiscito.

Il leone svetta nella sede veneziana delle Assicurazioni Generali e si distingue dall’aquila bicipite della sede triestina, ma è anche il leone d’oro o d’argento che dal 1949 la Mostra del Cinema assegna ai vincitori. Accompagna il Battaglione San Marco dei Lagunari, è presente nello stemma della Marina Militare italiana, e se lo fece imprimere D’Annunzio insieme al motto “Iterum rudit leo” sulla fiancata del suo Caproni per incutere timore durante le incursioni aeree oltre confine.

Gonfalone della Regione del Veneto

Palazzo Ferro Fini

sede del Consiglio regionale

Courtesy Regione del Veneto

Jacobello del Fiore

Leone di San Marco, 1415

Palazzo Ducale

Courtesy Fondazione Musei Civici Veneziani

Comportò un lungo acceso dibattito quando fu proposto dal deputato regionale Sergio Dalla Volta, padovano, quale immagine identitaria della neonata Regione del Veneto. Troppo legato a Venezia, al suo ruolo passato di “Dominante”, mai del tutto accettato dalle altre città, che addirittura contestarono la scelta di Venezia quale capoluogo. Prevalse la lungimiranza e la sensibilità del primario patavino «padre del gonfalone e dello stemma del Veneto», come riporta Roberto Valente nel suo contributo all’elegante volume. Non senza perplessità a quel punto la scelta dell’iconografia e del pittore che la doveva interpretare. Dubbi identitari, rappresentativi, estetici accompagnarono la decisione di incaricare il pittore mestrino Mario Carraro a dipingere, cosa rara nel linguaggio araldico, il bozzetto per il futuro gonfalone. Ne mette in luce le tappe Margherita Carniello, spulciando documenti preziosi e lettere inedite, ripercorrendo tutti i vari passaggi fino alla scelta definitiva che portò al recupero del leone di Jacobello, simbolo e legame di Venezia al suo massimo apogeo, al culmine della gloria che era della Serenissima e con lei dell’intera Regione.

OMAGGIO A ALBERTO ONGARO

Le pagine della vita

Intervista Donatella Zanetti

di Elisabetta Gardin

Il 22 agosto del 1925 nasceva Alberto Ongaro, venezianissimo, cosmopolita, dalla vita avventurosa. Grande scrittore, giornalista per varie testate, dall’Ansa a Playboy, memorabile inviato speciale dell’Europeo, sceneggiatore, autore di fumetti, un vero creativo, un uomo geniale che ha viaggiato in tutto il mondo, trascorrendo lunghi periodi in Sud America e in Inghilterra.

Le sue attività hanno interessato settori diversi e in tutti ha raccolto grandi successi, basti pensare che come romanziere nel 1986 ha fatto suo il Premio Campiello con La partita, dal quale verrà poi tratto un film con Faye Dunaway.

Come fumettista, con il suo fraterno amico Hugo Pratt, nel 1947 fonda la rivista Asso di picche. Sempre per Pratt scrive le sceneggiature per L’Ombra, le avventure di un supereroe mascherato pubblicate dal Corriere dei Piccoli. Con il padre di Corto Maltese si trasferirà per alcuni anni in Argentina, ai tempi luogo di riferimento per i fumettisti di tutto il mondo. Notevolissime anche le collaborazioni con Sergio Bonelli in qualità di sceneggiatore de L’Eternauta, Mister No, Nick Raider Tornato stabilmente a Venezia nel 1978, prende casa al Lido. Un gentiluomo per niente mondano, uomo riservato e schivo, un po’ misterioso come i personaggi dei suoi romanzi, frequenta qui gli amici di sempre, da Giorgio Bellavitis a Franco Basaglia, che aveva sposato sua sorella Franca.

Le tante esperienze vissute – nel 1943 era stato anche arrestato in quanto partigiano – confluiranno nei suoi romanzi dai grandi intrecci, ricchi di avventure e colpi di scena. L’esordio nella narrativa avviene nel 1965 con Il complice. Pubblica poi una ventina di romanzi tra cui: La taverna del Doge Loredan (1980), Il segreto di Caspar Jacobi (1983), L’ombra abitata (1987), Interno argentino (1991), Passaggio segreto (1993), Hollywood Boulevard (1997), Il segreto dei Ségonzac (2000), La strategia del caso (2003), Il ponte della solita ora (2006), Un uomo alto vestito di bianco (2011), Il respiro della laguna (2016). Lontano dalle facili mode, da vero antesignano anticipa da par suo quel genere noir che ora riscuote un successo incessante tra i lettori, trasferendo nella narrativa il gusto per l’intreccio avventuroso, gli ambienti esotici, le situazioni enigmatiche, gli azzardi e le maschere che la vita inaspettatamente ti presenta, costruendo una galleria di personaggi indimenticabili.

Muore il 18 marzo 2018. Il critico Antonio D’Orrico così lo definirà: «Ongaro ha qualcosa dei re di una volta: nel suo inchiostro scorre sangue blu».

In occasione dell’anniversario della nascita, l’augurio è che una casa editrice illuminata decida di ripubblicare i suoi romanzi estremamente attuali, sempre avvincenti e travolgenti.

Nella speranza di leggerlo o rileggerlo, iniziamo a conoscerlo meglio incontrando sua moglie Donatella Zanetti, sposata nel 1969, da cui ha avuto il figlio Filippo.

Chi era davvero Alberto Ongaro?

Quando ho conosciuto a Venezia Alberto ero molto giovane e lui, più maturo, aveva già avuto una vita avventurosa e ricca, i cui racconti erano sempre pieni di fascino. Era una persona estremamente sensibile nei rapporti personali e altrettanto corretta nei rapporti di lavoro, come ho potuto verificare ascoltando le testimonianze dei suoi colleghi e collaboratori. Era molto legato a noi, molto attento e in ascolto di nostro figlio Filippo, e anche molto vicino alla sua famiglia di origine. Era tuttavia una persona inquieta e ansiosa, aspetti che, credo, siano stati anche all’origine della sua creatività. Una fantasia molto libera e di ampio respiro sempre accompagnata però da una profondità di analisi, sia nel riportare le notizie come nello scrivere un romanzo. Si interrogava e si poneva incessantemente dubbi; in questo tormento emergeva vivida la capacità di mettersi nei panni dell’altro. Alberto ha sicuramente vissuto un’epoca d’oro del mestiere di giornalista durante i suoi anni all’Europeo, a Milano prima e a Londra poi. Nel ruolo di inviato veniva spedito all’altro capo del mondo per lunghe settimane, accompagnato da fotografi di eccezione, per capire, scoprire e raccontare abitudini, costumi e civiltà diverse in un’epoca in cui il fattore umano e l’esperienza diretta erano ancora il sale della professione. È stato uno dei giornalisti che ha più viaggiato il mondo negli anni Sessanta e Settanta, realizzando reportage straordinari per i mezzi di allora.

Certamente ha avuto la fortuna di vivere, da ragazzo, un periodo storico – quello dell’immediato Dopoguerra, seguito alla cupezza e ai drammi del lungo conflitto – straordinariamente ricco di fermento, di

Ongaro ha qualcosa dei re di una volta: nel suo inchiostro scorre sangue blu

gioia e di creatività, che ha prodotto a Venezia una stagione di personaggi e di talenti davvero straordinari. Un terreno fertile, dal punto di vista emotivo e delle relazioni, che ha poi saputo riversare nel suo lavoro sia come giornalista che come scrittore.

Talento poliedrico, ha utilizzato la sua straordinaria creatività in svariati linguaggi espressivi. Quale tra tutti ha amato di più?

Difficile distinguere un settore di lavoro dall’altro, perché nel caso di Alberto sono tutti molto interconnessi. Scrivere è un modo di porsi nel mondo, un modo di essere, ma anche un ritmo nella vita quotidiana che richiede metodo e rigore, sia che tu debba analizzare un fatto di cronaca o che tu debba costruire una storia di invenzione. Metodo e rigore che Alberto ha sempre seguito in qualsiasi impegno intrapreso. Un approccio che informa anche il suo lavoro sui testi per accompagnare quella che veniva definita la “letteratura disegnata”, che è stata, sin dalla prima giovinezza, una sua grande passione nata a Venezia, subito dopo la guerra, insieme ad un gruppo di amici e coetanei di straordinario talento, poi proseguita per molti anni in Argentina.

Fra tutti i romanzi di suo marito quale preferisce e perché?

Nella nostra lunga vita insieme ho sempre avuto l’opportunità di leggere in anteprima i suoi lavori e ho molto amato quella condivisione dell’evoluzione di una storia o di un plot. Alberto era un inventore di storie, raccontate con un ritmo incalzante; non era quindi difficile lasciarsi trasportare dagli intrecci. E poi c’è Venezia. Venezia è un po’ un filo rosso del suo lavoro, se ne trova traccia in ogni storia, anche in quelle ambientate in altre città o continenti: emerge come punto di partenza o di destinazione o nella scelta dei nomi e dei riferimenti. Una fonte inesauribile di spunti e di materia narrativa. Il romanzo che ho amato di più è forse La Taverna del Doge Loredan, perché più che altrove viene sviluppato il rapporto tra l’autore, i personaggi e il lettore, in un intreccio che si sviluppa nel corso di tutto il libro. Un vero e proprio caso di metaromanzo.

CONSIGLI DI LETTURA

Photo © Enrico Fiorese — La Fenice Opera House Foundation

RASSEGNE

Prossimamente in libreria

La laguna veneziana continua a dimostrarsi fervido, dinamico e imprescindibile teatro di cultura sulla scena del panorama nazionale. Nel 2024 dalla Capitale è approdata per la prima volta a Venezia Più libri più liberi, la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, aprendo le danze all’energico ed entusiasta programma veneziano di Più libri più Laguna. Nata in collaborazione con Palazzo Grassi – Punta della Dogana, Pinault Collection e la Libreria MarcoPolo, la rassegna si propone di portare avanti l’innovativo progetto romano con l’obiettivo di promuovere la piccola e media editoria italiana e di stimolare alla lettura il pubblico, attraverso incontri con autori e dibattiti su temi di attualità. Se la prima edizione ha portato a Venezia figure italiane di spicco come il fumettista Zerocalcare e il filosofo Lorenzo Gasparrini, il 10 settembre, per il terzo appuntamento della seconda edizione, il Teatrino di Palazzo Grassi apre le sue porte a due tra le scrittrici straniere più talentuose e apprezzate nel quadro letterario contemporaneo, autrici di best seller internazionali. Dagli Stati Uniti arriva la romanziera Helen Phillips insieme alla scrittrice e giornalista argentina Mariana Enriquez per incontrare in un dialogo aperto al pubblico Chiara Valerio, ideatrice e curatrice del programma. Le loro opere più recenti, Um (Marsilio Editori) di Phillips e Un luogo soleggiato per gente ombrosa (nottetempo) di Enriquez, entrambe in uscita nelle librerie italiane a settembre, sono storie che trasfigurano metaforicamente tra horror e distopia gli oscuri abissi del presente in cui viviamo: i mostri e i fantasmi della quotidianità, le minacce del futuro, gli orrori e le violenze del mondo. Il deterioramento e le alterazioni del corpo, le intime ombre dell’anima, i robot e l’intelligenza artificiale, l’allarme del cambiamento climatico, l’alienazione sociale: un invito alla riflessione e al recupero dell’umanità in un universo perturbante, ma estremamente familiare. Verdiana Karol Di Maria

Più libri più Laguna

Helen Phillips & Mariana Enriquez

10 settembre Teatrino di Palazzo Grassi www.pinaultcollection.com

UNA CITTÀ DA SFOGLIARE

L’aria torna a profumare di carta, di pagine e d’inchiostro questo settembre, con il ritorno di Pordenonelegge, la festa del libro e della libertà, dal 17 al 21. Uno degli appuntamenti culturali più attesi dell’autunno, che quest’anno giunge alla sua 26. edizione. Un festival che, attraverso la letteratura, si fa specchio della situazione globale e sociale odierna, stravolta da guerre irrisolte e rivoluzioni tecnologiche che mettono in discussione l’identità umana. Aprirà l’edizione Shirin Ebadi, avvocato per i diritti umani e prima iraniana a vincere il Premio Nobel per la Pace, nota per la difesa dei diritti delle donne, dei bambini e dei rifugiati sotto il regime iraniano. Oltre 650 ospiti animeranno i cinque giorni del festival, offrendo un mosaico di voci italiane e internazionali. Tra questi spicca lo scrittore spagnolo Ildefonso Falcones, Premio Crédit Agricole 2025, per aver dato voce alle masse dimenticate dalla storia. Al festival presenta il suo nuovo libro In guerra e in amore (Longanesi), ambientato nella Napoli del XV secolo. Clara Sánchez, autrice spagnola pluripremiata, presenta La casa che attende la notte (Garzanti), invitandoci a riflettere sui legami invisibili che uniscono le persone. Lo scrittore ucraino Oleksii Nikitin, con Di fronte al fuoco (Voland), ricostruisce la vera storia del pugile ebreo Il’ja Gol’dinov, agente dell’NKVD scomparso nella Kiev occupata del 1942, intrecciando biografia e memoria storica.

A cinquant’anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini, tre incontri letterari ne esploreranno vita e opera. Non mancano poi gli appuntamenti dedicati all’attualità, con Cecilia Sala a presentare I figli dell’odio (Mondadori), reportage sulle fratture in Medio Oriente, mentre l’ex diplomatico russo Alexander Baunov offre una lettura lucida della crisi russa con La fine del regime, libro che andò esaurito in patria in pochi giorni, facendolo designare dal regime di Mosca come un pericoloso traditore. Novità di quest’anno è l’ingresso dell’intelligenza artificiale, con incontri interattivi e macchine capaci di far dialogare il pubblico con Dante o Shakespeare, che mostrano il futuro della letteratura. Infine, due “festival nel festival”: Pordenonelegge Poesia, la più grande agorà poetica italiana, e il programma Under 14, pensato per accogliere studenti e giovani lettori in festa con autori, libri e storie. Con un calendario ricco e sfaccettato, Pordenonelegge si pone l’obiettivo di unire, attraverso letteratura, informazione e consapevolezza, contribuendo alla formazione di cittadini più consci del proprio tempo. Sveva Campagnaro

Helen Phillips © David Barry Mariana Enriquez © Nora Lezano

FESTIVAL

Il coraggio di pensare oltre

Che cosa chiamiamo talento? È un dono raro, che appartiene a pochi, o piuttosto un’attitudine che tutti possiedono in forme diverse, capace di manifestarsi nei gesti quotidiani così come nelle grandi imprese creative? Da secoli si discute di talento, lo si cerca nei bambini e lo si misura nei curriculum, lo si celebra come virtù eccezionale o lo si confonde con successo e visibilità. Eppure, al di là delle definizioni, il talento sembra coincidere con la capacità di trasformare l’immaginazione in qualcosa di concreto, di dare forma a ciò che altrimenti resterebbe invisibile. È a partire da questa riflessione che la settima edizione del Festival delle Idee sceglie il tema Immagina. La via dei Talenti, un doppio filo conduttore che attraverserà oltre quaranta appuntamenti dal 16 settembre al 30 ottobre tra Venezia e Mestre. Ideato da Marilisa Capuano per l’Associazione Futuro delle Idee, il Festival rinnova la sua vocazione a essere spazio di incontro e confronto. Dopo le 25mila presenze della scorsa edizione, la manifestazione amplia la rete di sedi coinvolte: Fenice, Malibran, Teatro Goldoni, Toniolo M9, Piazza Ferretto, Scuola Grande di San Marco, Ateneo Veneto, La Casa di The Human Safety Net alle Procuratie Vecchie, Biblioteca Civica Vez e la nuova Emeroteca dell’Arte a Mestre. Scrittori come Alessandro D’Avenia, Jan Brokken, Giorgio Montefoschi e Chiara Barzini, filosofi e psicoanalisti come Umberto Galimberti, Massimo Recalcati e Raffaele Morelli, Vittorio Lingiardi, figure del teatro, del cinema e dello spettacolo come Mario Martone, Gabriele Vacis, Luigi Lo Cascio, Paolo Ruffini, musicisti come Dardust (vedi p. 158), Francesco Bianconi, Dimartino, Mario Venuti (vedi p. 160) e Beatrice Venezi: ognuno porterà il proprio sguardo, intrecciando discipline e linguaggi diversi. Accanto a loro, divulgatori scientifici come Jacopo Veneziani, Guido Tonelli e Vittorio Baraldi, giornalisti come Federico Buffa e Luigi Contu, Francesca Fagnani, Giuseppe Cruciani, artisti come Michelangelo Pistoletto. Un coro di voci che, pur lontane tra loro, si incontrano nel terreno comune delle idee.

Tra le novità di quest’anno, la nascita di un podcast con contenuti dedicati, una sezione rivolta alla musica e uno sguardo più internazionale, con la partecipazione di ospiti stranieri. Al centro rimane sempre l’essere umano, con le sue domande e le sue fragilità, ma anche con la capacità di generare bellezza e visione. Incontri, dialoghi, letture, concerti, performance e spettacoli compongono così un mosaico che non cerca risposte definitive, ma suggestioni e nuove possibilità. Perché il talento, forse, non è altro che la forma in cui l’immaginazione si traduce quando trova il coraggio di essere condivisa.

A seguire, una selezione di eventi da non perdere tra settembre e inizio ottobre. C.S.

VII Festival delle Idee

16 settembre-30 ottobre festivalidee.it

DON’T MISS

FEDERICO BUFFA

Ribelli, l’ultima partita alla radio (tra immaginazione e talento)

Federico Buffa inaugura il Festival con i ‘suoi’ Ribelli, quelli che hanno corso controvento, che hanno accolto sfide che andavano ben oltre i recinti di un campo, di un cronometro o di un canestro. Un racconto che porta sul palco volti, imprese, cadute e rinascite. Michael Jordan e Kobe Bryant, Eric Moussambani, Tommie Smith vivono in un racconto che si fa teatro-canzone. E lo sport arriva dove le storie delle partite, delle imprese si intrecciano alle storie degli esseri umani.

17 settembre, Piazza Ferretto-Mestre h. 18.30

OMAGGIO A MARCELLO MARCHESI

Luciana Littizzetto, Massimo

Marchesi, Mariarosa Bastianelli, Giacomo Papi

Un cast d’eccezione per un tributo a Marcello Marchesi, autore brillante di teatro e televisione, maestro della battuta e del gioco di parole, che con il suo umorismo dissacrante e mai volgare ha segnato mezzo secolo di spettacolo. In scena un dialogo a più voci, comico e poetico, che sconfina nel recital musicale ripercorrendo i suoi celebri testi, da Susanna tutta panna a Bellezze in bicicletta e Taratapunzi-e

26 settembre, Teatro Malibran h. 21

GIANCARLO MARINELLI & GIORGIO MONTEFOSCHI

L’immaginazione tra pagina e palcoscenico

Giancarlo Marinelli, scrittore, regista e direttore di Arteven, incontra lo scrittore Giorgio Montefoschi per riflettere sul tema del Festival: immaginazione e talento, in un dialogo che fonde teatro e letteratura. Attraverso i romanzi dell’autore romano emergono storie di uomini e donne sospesi tra realtà e immaginazione, figure spesso loro malgrado protagoniste di una vita che si consuma tra passioni, desideri irrealizzati e talenti soffocati. È proprio nei gesti minimi e nelle “cose inutili” che Montefoschi individua il cuore dell’esperienza umana.

27 settembre, M9 – Museo del ‘900-Mestre h. 18.15

LUIGI LO CASCIO

Arte e parole tra scena e scrittura Scrittura e cinema si inseguono e si incrociano nel percorso di Luigi Lo Cascio, attore, regista e scrittore. La libertà per lui si compie nella scrittura, laboratorio di conoscenza di sé e diario di bordo che nutre e completa il lavoro d’attore. Dai romanzi alle sceneggiature, dal teatro al cinema, Lo Cascio attraversa mondi diversi in cui immaginazione e talento diventano strumenti per trasformarsi in qualsiasi cosa, con corpo, voce e pensiero.

2 ottobre, M9 -Museo del ‘900-Mestre h. 21

Il nostro domani

Il problema demografico è diventato uno dei grandi temi del nostro tempo. Se fino a pochi decenni fa si parlava con preoccupazione di “sovrappopolazione”, oggi l’Occidente affronta l’esatto contrario: un calo lento, costante e apparentemente inarrestabile delle nascite. L’Italia è tra i paesi più esposti a questo fenomeno. Ogni anno si contano sempre meno nuovi nati, mentre la popolazione invecchia e cresce il numero degli anziani. Questo squilibrio non è solo un dato statistico, ma un fattore che ridisegna la società e mette in discussione gli equilibri economici e politici. È proprio da qui che parte la 14. edizione del Festival della Politica, in programma a Mestre dal 10 al 14 settembre 2025. Il titolo scelto Nascere al mondo mette al centro la questione demografica come tema strategico per il futuro non solo dell’Italia, ma dell’intero Pianeta. I dati parlano chiaro: mentre in Europa e in molti paesi sviluppati si registra un costante calo della natalità, altre aree del mondo, come l’Africa, l’India e in parte la Cina, vivono una crescita impetuosa che condizionerà inevitabilmente gli equilibri geopolitici dei prossimi decenni. Il Festival, promosso dalla Fondazione Gianni Pellicani con il sostegno della Fondazione di Venezia, del Museo M9 e del Comune di Venezia, non si limiterà a presentare i numeri del problema, ma offrirà un’occasione di confronto multidisciplinare. Economisti, storici, sociologi, filosofi e giornalisti si alterneranno in più di cinquanta incontri gratuiti, insieme a ospiti come Massimo Cacciari e il demografo Massimo Livi Bacci, per analizzare come il declino della popolazione influenzi il lavoro, il welfare, i sistemi pensionistici e la sostenibilità dei servizi pubblici. Ma il dibattito non si fermerà all’economia. Ampio spazio sarà dato anche alla dimensione sociale e culturale del fenomeno: il peso che la bassa natalità scarica sulle donne, il ruolo della famiglia e della coppia in una società che fatica a garantire stabilità, il rapporto della Generazione Z con la genitorialità e con un futuro percepito come sempre più incerto. Temi cruciali saranno affrontati anche in relazione ad altri processi globali, come il cambiamento climatico e i flussi migratori, che contribuiscono a modificare profondamente la mappa demografica del mondo.

Il Festival della Politica 2025 si propone dunque come un laboratorio di idee, in cui la demografia diventa una lente per leggere il presente e immaginare il futuro. Non solo un’occasione di analisi, ma anche un invito alla riflessione collettiva: come sarà il nostro Paese tra trent’anni? Quale ruolo avrà l’Europa in un mondo sempre più popolato altrove? E soprattutto, quali scelte politiche saranno necessarie oggi per garantire coesione sociale, crescita economica e un futuro più equilibrato alle nuove generazioni?

Con il suo ricco programma di incontri, il Festival vuole offrire strumenti per capire un tema complesso e spesso sottovalutato, ma destinato a incidere in modo decisivo sulla vita di tutti noi. Perché parlare di natalità, migrazioni e cambiamenti demografici significa parlare del nostro domani, e decidere che tipo di società vogliamo costruire. Alberto Marzari

14. Festival della Politica 10-14 settembre www.festivalpolitica.it

TERRENO COMUNE

Marco Paolini, Francesca Mannocchi, Saverio Tommasi. Sono solo alcune delle voci della prima edizione (dopo l’edizione “zero” del 2023) del social forum biennale Ground 2025, in programma a Villa Angaran San Giuseppe, nel cuore verde di Bassano del Grappa, dal 25 al 28 settembre. Ma non sono solo esperti, giornalisti ed artisti ad intervenire nelle 4 giornate di incontri, talk, workshop, performance e mostre site-specific, portando la propria visione su vulnerabili equilibri ambientali e sociali: il social forum Poeticamente corretto, in collaborazione con l’Università IUAV di Venezia, vuole essere un’opportunità per chiunque vorrà mettersi in discussione per riflettere e costruire assieme una nuova idea di terreno comune. Si comincerà con un’anteprima in collaborazione con Operaestate Festival, il 15 settembre: lo spettacolo Bestiario idrico di e con Marco Paolini (vedi p. 179). Il 25 settembre ecco in scena l’esito della residenza in Villa Angaran di 10 musicisti della scena newyorkese e un filmmaker. Il 26 settembre, clou del programma, lo spettacolo Una partigiana di nome Tina, di e con Milena Lanzetta, con la partecipazione del Millelire Gospel Choir. Il 27 settembre i sound artist Enrico Coniglio, Alessandro Ragazzo e Nicola Croce presentano Aree a margine, che porterà all’attenzione l’importanza del paesaggio sonoro come traccia vivente delle trasformazioni urbane e territoriali. A seguire, emozioni forti con Saverio Tommasi, giornalista, scrittore, attore e fondatore di Sheep Italia, con lo spettacolo Fuoco alle polveri. Grande attesa, il 28 settembre, per l’intervento di Francesca Mannocchi, giornalista, scrittrice e documentarista tra le più importanti inviate di guerra e croniste di confine.

In chiusura, la performance di Lavinia Mancusi, cantautrice e polistrumentista.

Durante il social forum esporranno i propri lavori il fotogiornalista Francesco Malavolta, impegnato da oltre vent’anni nella documentazione dei flussi migratori; Sara Lando, Chiara Filippin e Sara Guarracino con Sconfinamenti ; Andrea ‘Koes’ Crestani con la video proiezione immersiva Kairos

Francesca Mannocchi © Chiara Pasqualini

TURISMO A

L’argomento, come è noto, è assai delicato e, forse per questo motivo è stato rimandato per tanto tempo: preoccupazione di alimentare animosità? Desiderio di descrivere con corretta proprietà di linguaggio l’oggetto della riflessione odierna? Timore di carenza di obbiettiva serenità nell’uso delle parole? Mah! Ho atteso tanto tempo ad occuparmi di questo attraente, ma sensibile argomento che, nel frattempo… è cambiato il tipo di turismo e di turisti ed è anche scomparsa la cosiddetta “stagione morta” nella quale Venezia era attraversata solo da veneziani! Venezia, si sa, da tempo immemorabile è una città tradizionalmente accogliente verso persone provenienti da ogni parte d’Italia e del Mondo. E chi non vorrebbe trovare il tempo (e il denaro) per visitarla?

Per i foresti (i non veneziani), italiani o stranieri che siano, si tratta di un’esperienza imperdibile, memorabile, unica: una città tutta sull’acqua! Definita così, potrebbe far pensare, a chi non la conosce, ad una zattera galleggiante oppure, viceversa ad un sogno assurdo. Invece… Unica al mondo per le sue importanti (e spesso necessarie) architetture, vive della sua bellezza, del suo fascino, della sua incredibile conformazione, del suo secolare patrimonio artistico e culturale, della sua singolarità.

Nel mondo di oggi, pensate, neanche un’autovettura! Solo “altri” mezzi di locomozione: vaporetti, barche, motoscafi, peàte; e poi passeggiando ci si imbatte in imbarcaderi, calli, campi, rii, canali. E per attraversare l’acqua? I suoi meravigliosi ponti (quando ci sono), altrimenti gondole da traghetto o vaporetti. In difetto di lucide, rombanti, colorate quattro ruote, è vissuta curiosamente dai turisti come fosse tutta un marciapiede, una meravigliosa zona franca dove scorrazzare allo stato brado…, senza limiti, senza regole, senza pericoli. Un vecchio residuo del senso di accoglienza di un tempo si percepisce ancora diffusamente nell’aria, un negozio che vende tè in due parole l’ha così sintetizzato: «La prima volta che bevi un tè con noi sei uno straniero, la seconda un ospite onorato, la terza sei parte della famiglia!». Chiese, dipinti, accademie, musei, biblioteche, archivi, vere da pozzo, fontanelle (le “ciacolone”), tutti vivono nella tradizione che affascina i curiosi visitatori i quali, cellulare in mano, spesso impreparati, credono di poter penetrare la vita di questa straordinaria città nel poco tempo a disposizione. «Chiese e tabaccai non mancano mai a Venezia!», diceva sornione un vecchio veneziano.

E il turista, di fronte a tanta bellezza e originalità, se non ha un programma preciso, deambula ciondolando, curiosamente sorridente, divertito, a caccia di nuove, incredibili sensazioni e straordinarie esperienze. Lo sguardo che ha stampato in viso, è quello di Alice nel Paese delle Meraviglie, di fronte a tante incredibili, logiche, necessarie, stupefacenti “stranezze”.

Persino le pietre su cui cammina hanno la loro silenziosa, ma importante storia: nel 1500 la pavimentazione in masegni di trachite, particolarmente anti-sdrucciolo, iniziò a sostituire quella in mattoni di laterizio, meno resistente e duratura.

Se poi un mezzo d’emergenza, a sirene spiegate, sfreccia sull’acqua, con ovvio diritto di precedenza sugli altri mezzi galleggianti, il turista, con gli occhi sgranati, sfodera immediatamente il cellulare e riprende stupefatto e divertito la scena, per lui incredibile, ignaro che almeno una grossa onda seguirà il passaggio del mezzo veloce e che quindi occorre prevederne l’arrivo, tenendosi agli appositi sostegni, per evitare il peggio.

A un certo punto, il turista però, si accorge di essere fisicamente stanco. Constata che esistono pochissime panchine, quasi che quelle poche esistenti siano soltanto oggetti estetici di arredamento. Perciò, se trova posto, si accascia sulla sedia di un bar e ordina da mangiare e da bere. In fin dei conti si accorge di aver diritto di rifocillarsi, riposarsi, riassumere le idee, prendere atto che a Venezia il suo stomaco, rispetto al solito, è incredibilmente assai più esigente. Così, di fronte a un bel gelato medita, riflette, ricorda le esperienze appena vissute, guarda sul cellulare le foto scattate durante la giornata e magari allenta anche un po’ le stringhe delle scarpe per rispetto alle proprie estremità utilizzate come non mai, oltre misura. Qualcuno poi, addirittura, pensando ormai soltanto alle proprie esigenze, forse convinto di non esser visto, si sfila addirittura entrambe le calzature, rigorosamente griffate, talvolta autentiche, talvolta contraffatte.

In questi casi, la cura della dignità viene temporaneamente sospesa, per lasciare il posto a quella della…“sopravvivenza”. Intanto, grazie alle copiose distrazioni che si presentano, è quasi meno avvertito l’inesorabile trascorrere delle ore. Ma, sul far della sera, il turista talvolta, rammenta quel bigliettino, preziosamente conservato, contenente le indicazioni di un caro amico che consigliava un’ottima cena a prezzi accessibili, magari con qualche

PAROLE a cura di Renato Jona

A VENEZIA

tipico piatto tradizionale, dal nome ben conosciuto. Non di rado però scopre, consultando l’indispensabile cellulare, che per raggiungere “quella” trattoria, dovrebbe ri-attraversare la città. Il sorriso che tutto il giorno era rimasto stampato sul suo viso, sembra a questo punto, diventare meno convinto, assai più sfumato, anche perché si accorge che tutte le trattorie, dotate di dehors, a portata di mano, sono già occupate…

Ma Venezia è una città accogliente e il posto alla fine si trova comunque. E adesso, come suggerito dal “magico” bigliettino, “sarde in saor” o “bigoli in salsa” a profusione, ça va sans dire ! E se non si trovano più, perché già tutte consumate? Ci si adatta, si ricorre a qualsiasi altra cosa, ovviamente ben presentata, all’occorrenza anche a una salvifica attraente, profumata pizza! Poi, sempre con il cellulare in mano, la stella polare ambulante, sì, proprio quella dei naviganti, dopo esser entrati e usciti da alcune calli, che tardivamente il telefonino segnala come “sbagliate”, (ma pur sempre vicino alla mèta), il turista riconosce il portone del B&B che aveva lasciato alla mattina. E lì, diciamolo sinceramente, mai una buona doccia si può apprezzare maggiormente. Gli alberghi, in effetti, sono tanti, prestigiosi, ben organizzati, ma sembrano esser diventati, nel tempo, quasi soltanto riservati a persone di una certa età, magari un po’ facoltose, non più giovanissime. E la sera successiva, forte dell’esperienza del giorno precedente, il turista va a caccia di un posto panoramico, aperto, magari famoso perché immortalato da un grande pittore, dove può notare la luce particolarmente calda, dolce, che si riflette sull’acqua, sì, proprio quella che si rimpiange poi tutto l’inverno. E il contributo d’accesso? Quello che si deve pagare per vedere Venezia in certi giorni se non si è residenti? L’amico che aveva consigliato la trattoria, aveva anche suggerito di pagarlo in anticipo, prima di metter piede in città. Infatti il turista può uscire dall’obbligo, provvedendo anticipatamente al pagamento “ridotto”, dopo aver superato la prova che lo obbliga a saltellare tra un QR code, un codice fiscale, e rispondendo alle numerose altre domande richieste entro il limitato tempo che, mentre si compila il modulo virtuale, minacciosamente trascorre e si consuma. Così è “presto” pagato, con lo… sconto premio, rispetto al contributo da pagare al momento dell’arrivo. In alcuni punti della città, poi, si sa, si creano agglomerati quasi insuperabili di persone in sosta che si fanno selfie, foto ricordo. Tipici

il Ponte di Rialto, il Ponte del Lovo, il Ponte dell’Accademia, dal quale la vista della Chiesa della Salute evoca i dipinti di Tiziano e Canaletto. Se poi a qualche turista attempato venisse in mente di spedire una cartolina a qualche amico lontano, beh, ormai la procedura è talmente complessa che gli conviene scattare una foto con il cellulare, commentarla con una scritta whatsapp e spedirla. Infatti le famose buche da lettere rosse con le due feritoie (una delle quali, pensate, dedicata alla posta per la… città!) sono state tutte asportate e sono ormai oggetti obsoleti, da conservare per il museo delle poste. E adesso, da ultimo, non si può dimenticare di fare un accenno ai famosi “gruppi”, agglomerati di turisti allo stato brado, muniti tutti di cuffia per ascoltare le necessarie indicazioni stradali o culturali della guida.

Il numero delle persone in gruppo non è limitato da alcuna normativa. Per cui, mentre la guida precede tutti, munita di un’asta verticale alla quale è stata applicata una bandierina o un foulard colorato, per consentire una generosa visibilità, dietro seguono un numero variabile, ma quasi sempre assai nutrito di persone che ascoltano, osservano, curiosano, notano, scattano foto, ammirano velocemente vetrine, rilevano “stranezze”, commentano, comparano, ma soprattutto non cedono il passo per il timore di perdersi, nel caso non riescano a stare tutti assieme, in fila.

Questi sono spesso il “terrore dei veneziani” che sono costretti ad attendere il passaggio di tutto il gruppo, fino all’ultimo componente, per poter procedere. Guai a incontrarli se si va a prendere il vaporetto… praticamente lo si può considerare già perso!

Forse sarebbe pratico, assieme al contributo d’accesso, creare norme che limitano la quantità massima delle persone nei gruppi e suggerire alle guide di non frequentare le calli strette…

Sono norme intuitive, ma difficilmente possono essere inventate e acquisite in poche ore dai foresti

Comunque se pure Jeff Bezos ha scelto Venezia per le proprie nozze, qualche motivo c’è sicuramente!

In effetti, non gli si può dare torto. E se anche i veneziani devono subire frequentemente tanti disagi, dovuti alla conformazione di questa straordinaria città, o alle ondate improvvise di turisti, in fin dei conti sono compensati dal fatto che hanno sempre a portata di mano cultura, bellezza, storia: sempre a loro disposizione, concentrati nel loro piccolo lembo di terra.

CINQUINA

Di spalle a questo mondo

Con raffinata scrittura poetica, Wanda Marasco racconta in Di spalle a questo mondo la vita di Ferdinando Palasciano, medico ossessionato dalla salvezza, e di sua moglie Olga Pavlova Vavilova, segnata da un’infanzia di alienazione e dalla zoppia che diventa destino. La storia individuale si intreccia con la Storia collettiva, illuminando fragilità, cadute e ricerca di senso. Marasco trasforma il corpo dei protagonisti in strumento narrativo, restituendo un affondo nell’umano tra luci e ombre, tra follia e amore. Un romanzo che esplora la fragilità, l’imperfezione e la tensione tra ideali e realtà, con una lingua che unisce quotidiano, poesia e memoria.

Inverness

Monica Pareschi intreccia racconti di donne e uomini, bambine e ragazze, immersi in situazioni crudeli, morbose e paradossali. Tra incontri mancati e sguardi rubati, i protagonisti cercano amore e comprensione, ostacolati dai non detti, dalle ossessioni quotidiane e dai limiti della propria umanità. Con lucidità acuta e senza giudizio, Pareschi mostra i dettagli mostruosi e vitrei della vita di tutti i giorni: baci velenosi, addii gelidi, piccoli egoismi che lasciano ferite profonde. Una costellazione di storie che divaricano lentamente l’anima, rivelando il confine fragile tra il vedersi davvero e l’inorridire, tra desiderio e paura, tra vicinanza e distanza.

Bebelplatz

La notte dei libri bruciati

di Fabio Stassi (Sellerio)

Fabio Stassi ripercorre i roghi di libri nazisti, a partire dal 10 maggio 1933 a Berlino, fondendo storia e memoria con eventi recenti come l’invasione russa dell’Ucraina e i conflitti in Medio Oriente. Attraverso piazze, biblioteche e mappe, Stassi indaga censure, sopraffazioni e il ruolo della cultura, componendo un atlante di scrittori italiani destinati al fuoco: Aretino, Borgese, Salgari, Silone e Volpi. Tra corrispondenze letterarie e riflessioni sulla libertà, il libro celebra la trasgressione, la resistenza delle idee e il potere della lettura, ricordando che ogni lettore «è sempre una minaccia» per chi vuole sopprimere la cultura.

Nord Nord di Marco Belpoliti (Einaudi)

Un viaggio nel Nord, luogo insieme concreto e sfuggente, dove storia, geografia e memoria personale si intersecano. Abbandonata la pianura emiliano-romagnola, l’autore esplora città, paesaggi e incontri con fotografi, artisti e scrittori, tracciando il suo Nord sentimentale e poetico. Dalle ossa dei Lanzichenecchi ai gesti di Alberto Arbasino e Lea Vergine, dalle stagioni di salamandre e corvi ai ricordi di Stendhal e Gadda, Belpoliti osserva con curiosità e empatia il mondo piccolo e grande. Un itinerario intellettuale e affettivo che indaga il concetto di Nord, tra passato, presente e futuro possibile.

Troncamacchioni

di Alberto Prunetti (Feltrinelli)

Un’epica dei diseredati prende forma tra le colline dell’Alta Maremma agli albori del fascismo. Anarchici, banditi, disertori e contadini ribelli si muovono «a troncamacchioni tra lecceti, castagneti e forteti», costretti a fuggire dall’autorità, dai fascisti e dai delatori. Domenico Marchettini, Giuseppe Maggiori, Robusto Biancani e Albano Innocenti emergono come individui unici, con denti di granito, ferite sanguinanti e scintille nei gesti, rifiutando di essere “masse” anonime. Tra colpi di coltello, bastoni e versi in ottava rima improvvisati, le loro storie raccontano un mondo fatto di coraggio e furore, attraversando l’Italia e arrivando fino a Francia, Belgio e Russia.

di Monica Pareschi (Polidoro)

In attesa di conoscere il nome del vincitore il 13 settembre, andiamo alla scoperta di tutti i finalisti della 65. edizione del Premio Campiello

CAMPIELLO OPERA PRIMA

Pietà di Antonio Galetta (Einaudi)

Un paese in campagna elettorale diventa scenario di guerra, dove l’esercizio del potere si intreccia con la forza delle idee. Il “noi” narrante, spericolato e febbrile, alterna sguardi tra «uno di noi», «uno di loro» e «la donna che ci tradirà», rivelando i sottili equilibri tra interesse collettivo, egoismo, idealismo e disincanto. In questo romanzo d’esordio, ogni dinamica silenziosa del potere viene scardinata, mettendo a nudo le fragilità e le ambizioni dei protagonisti. Un racconto incisivo e senza pietà, dove politica e “oplitica” si fondono in una tensione drammatica che illumina il presente con occhi di fuoco.

CAMPIELLO NATURA - PREMIO VENICE GARDENS FOUNDATION

Basta un filo di vento di Franco Faggiani (Fazi Editore)

Con la sua scrittura scorrevole, Franco Faggiani racconta la vicenda de La Conventina, tenuta di famiglia che diventa il fulcro di una storia di appartenenza e scelte difficili. Gregorio Bajocchi, avvocato ed esperto di finanza, l’ha ereditata da ragazzo, affidandosi ai contadini che da generazioni la custodiscono. Da adulto, sposato con Cora, si trova a valutare la proposta di una società straniera intenzionata a trasformare l’azienda in un resort di lusso: un’opportunità redditizia ma che minaccia tradizioni e comunità. L’improvviso ritorno di Emma, ex compagna segnata da una precoce demenza, riapre ferite e ricordi. Un romanzo sulla forza dei legami e sulla memoria custodita dalla terra.

Il Canto del principe. Storia di un albero di Marco Albino Ferrari

(Ponte alle Grazie)

Marco Albino Ferrari, con tono poetico e limpido, racconta la storia vera del “Principe”, un abete bianco secolare dell’Altopiano di Asiago, ammirato da generazioni di escursionisti e ricordato anche da Rigoni Stern. Non solo monumento naturale, ma presenza identitaria per la comunità cimbra, l’albero è stato abbattuto da una tempesta, evento accolto come la perdita di un’anima collettiva. Da quel legno, però, sono nati strumenti musicali che ne hanno custodito la voce. Il Canto del Principe diventa così un apologo sulla relazione tra uomo e Natura e sull’urgenza di una cura attiva del paesaggio.

Memorie di Ninfa di Lauro Marchetti (Allemandi Editore)

Un libro che racconta dalle origini la vita, l’essenza e l’anima di un giardino straordinario arrivato a noi grazie all’impegno, alla visione e alla lungimiranza della nobile stirpe dei Principi Caetani, signori di Ninfa e Sermoneta; in particolare, delle donne Caetani, Ada, Marguerite e Lelia. Esempio di un mecenatismo intelligente e consapevole, di una gestione esemplare e del riscatto di un territorio, la storia di un giardino che è un esempio di eccellenza, un racconto che è memoria di una vita e di esperienze straordinarie di cui Lauro Marchetti è stato attore, testimone e poi custode. Un libro che rappresenta un faro per tutti coloro che amano la natura e hanno la fortuna e la capacità di meravigliarsi e di “sentire” in profondità.

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FESTIVAL FESTIVAL

agenda

MUSICA , CLASSICA , TEATRO

01

lunedì Monday

RICHARD THOMPSON

Rock Teatro Croso-Mestre h. 21.15

02

martedìTuesday

MASSIMO RANIERI

Musica d’autore

Piazza dei Signori-Vicenza h. 21

03

mercoledìWednesday

LIVE MUSIC LIVING FIILMS

MAXIM VENGEROV

Colonne sonore

Teatro Malibran h. 20

SARRA DOUIK

Jazz

“InOut“

M9 - Museo del ‘900-Mestre h. 21

STEVE HACKETT

Rock

Piazza dei Signori-Vicenza h. 21

04

giovedìThursday

SARRA DOUIK TRIO

Jazz

Palazzo Zuckermann-Padova h. 21

DIODATO

Pop

Piazza dei Signori-Vicenza h. 21

06 sabato Saturday

CARLITA

ADIEL B2B QUEST

GERMANO VENTURA

Dj-set

Il Muretto-Jesolo h. 22

13 sabato Saturday

JAMIE JONES

Dance

Il Muretto-Jesolo h. 22

17

mercoledìWednesday

SARA LONGO

ALVISE SEGGI

Beatles tribute

“InOut“

M9 - Museo del ‘900-Mestre h. 21

25 giovedìThursday

DARDUST

Pop

“Festival delle Idee“

Teatro Malibran h. 21

26 venerdì Friday

ROSE VILLAIN

Pop

Kioene Arena-Padova h. 21

27 sabato Saturday

MARIO VENUTI & TONY

CANTO

Pop

“Festival delle Idee“

M9 - Museo del ‘900-Mestre h. 21

28 domenica Sunday

AMARA

Musica d’autore

“Festival delle Idee“

M9 - Museo del ‘900-Mestre h. 21

29 lunedì Monday

OBSCURA

Death metal

New Age Club-Roncade h. 21

30 martedìTuesday

XAVIER RUDD

Indie

Gran Teatro Geox-Padova h. 21

INDIRIZZI

IL MURETTO

Via Roma Destra 120-Jesolo www.ilmuretto.org

GRAN TEATRO GEOX

Via Tassinari 1-Padova www.zedlive.com

KIOENE ARENA

Via San Marco 53-Padova www.zedlive.com

M9 - MUSEO DEL ‘900

Via G. Pascoli 11-Mestre www.m9museum.it

NEW AGE CLUB

Via Tintoretto 14-Roncade www.newageclub.it

PALAZZO

ZUCKERMANN

Corso Garibaldi 33-Padova www.venetojazz.com

PIAZZA DEI SIGNORI Vicenza vicenzainfestival.it

TEATRO CORSO

Campiello del Teatro 5873 festivalidee.it

TEATRO MALIBRAN

Campiello del Teatro 5873 festivalidee.it

02 martedìTuesday

TOSCA

Direttore Daniele Rustioni

Regia Joan Anton Rechi Musiche di Puccini

“Stagione Lirica e Balletto 20242025”

Ingresso/Ticket € 230/20

Teatro La Fenice h. 19

03

mercoledìWednesday

CARMEN

Direttore Francesco Ivan Ciampa

Regia Franco Zeffirelli Musiche di Bizet

“Arena Opera Festival 2025”

Ingresso/Ticket € 300/35

Arena di Verona h. 20.30

04 giovedìThursday

TOSCA

Direttore Daniele Rustioni

Regia Joan Anton Rechi Musiche di Puccini

“Stagione Lirica e Balletto 20242025”

Ingresso/Ticket € 230/20

Teatro La Fenice h. 19

AIDA

Direttore Daniel Oren

Regia Stefano Poda Musiche di Verdi

“Arena Opera Festival 2025”

Ingresso/Ticket € 300/35

Arena di Verona h. 20.30

05 venerdì Friday

DANIELE RUSTIONI direttore

Orchestra del Teatro La Fenice Musiche di Mahler

“Stagione Sinfonica 2024-2025”

Ingresso/Ticket € 130/15

Teatro La Fenice h. 20

NABUCCO

Direttore Pinchas Steinberg

Regia Stefano Poda Musiche di Verdi

“Arena Opera Festival 2025” Ingresso/Ticket € 300/35

Arena di Verona h. 20.30

06 sabato Saturday

QUARTETTO DI CREMONA

Cristiano Gualco violino

Paolo Andreoli violino, viola

Simone Gramaglia viola, flauto

Giovanni Scaglione violoncello Musiche di Bach

“Musica a San Giorgio”

Ingresso/Ticket € 33/11

Auditorium Lo Squero h. 16.30

DANIELE RUSTIONI direttore

Orchestra del Teatro La Fenice

Musiche di Mahler

Concerto dedicato agli under 35

“Stagione Sinfonica 2024-2025”

Ingresso/Ticket € 10

Teatro La Fenice h. 20

RIGOLETTO

Direttore Michele Spotti

Regia Ivo Guerra

Musiche di Verdi

“Arena Opera Festival 2025”

Ingresso/Ticket € 300/35

Arena di Verona h. 20.30

07 domenica Sunday

TOSCA

Direttore Daniele Rustioni

Regia Joan Anton Rechi

Musiche di Puccini

“Stagione Lirica e Balletto 20242025”

Ingresso/Ticket € 230/20

Teatro La Fenice h. 17

LONDON SYMPHONY ORCHESTRA

Antonio Pappano direttore

Seong-Jin Cho pianoforte

Musiche di Chopin, Beethoven

“Il Settembre dell’Accademia 2025”

Ingresso/Ticket € 80/25

Teatro Filarmonico-Verona h. 20.30

12 venerdì Friday

ORCHESTRA DA CAMERA DI MANTOVA

Alexander Lonquich direttore Musiche di Beethoven

“Il Settembre dell’Accademia 2025”

Ingresso/Ticket € 80/25

Teatro Filarmonico-Verona h. 20.30

13 sabato Saturday

ORCHESTRA DA CAMERA DI MANTOVA

Alexander Lonquich direttore

Musiche di Beethoven

“Il Settembre dell’Accademia 2025”

Ingresso/Ticket € 80/25

Teatro Filarmonico-Verona h. 20.30

16 martedìTuesday

THE CONSTELLATION

CHOIR & ORCHESTRA

Sir John Eliot Gardiner direttore

Musiche di Mendelssohn Bartholdy

“Il Settembre dell’Accademia 2025”

Ingresso/Ticket € 80/25

Teatro Filarmonico-Verona h. 20.30

18

giovedìThursday

ANAÏS MERLIN soprano

MAGUELONE PARIGOT

pianoforte

Musiche di Hervé, Roger, Offenbach

“Parigi, romantica pop”

Ingresso/Ticket € 15/5

Palazzetto Bru Zane h. 18

21

domenica Sunday

FRANCESCO ERLE direttore

SCHOLA SAN ROCCO

Musiche di Willaert, Palestrina

“Musikamera”

Ingresso/Ticket € 35/15

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

DRESDNER

PHILHARMONIE

Dima Slobodeniouk direttore

Boris Giltburg violino

Musiche di Bach, Beethoven

“Il Settembre dell’Accademia 2025”

Ingresso/Ticket € 80/25

Teatro Filarmonico-Verona h. 20.30

24

mercoledìWednesday

BUDAPEST FESTIVAL

ORCHESTRA

Iván Fischer direttore

Guy Braunstein violino

Musiche di Bach, Beethoven

“Il Settembre dell’Accademia 2025”

Ingresso/Ticket € 80/25

Teatro Filarmonico-Verona h. 20.30

25

giovedìThursday

ANNA TIFU violino

GIUSEPPE ANDALORO

pianoforte

Musiche di Fano, Ravel

“Musikamera”

Ingresso/Ticket € 35/15

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

26

venerdì Friday

ANNA TIFU violino

GIUSEPPE ANDALORO

pianoforte

Musiche di Fano, Ravel

“Musikamera”

Ingresso/Ticket € 35/15

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20

27

sabato Saturday

QUATUOR OPALE

EMMANUEL CHRISTIEN

pianoforte

Jennifer Courcier soprano

Éléonore Pancrazi mezzosoprano

Enguerrand de Hys tenore

Philippe Estèphe baritono

Musiche di Hervé, Serpette, Offenbach

“Parigi, romantica pop”

Ingresso/Ticket € 15/5

Scuola Grande San Giovanni

Evangelista h. 19.30

GIUSEPPE MENGOLI

direttore

Orchestra del Teatro La Fenice

Musiche di Mahler

“Stagione Sinfonica 2024-2025”

Ingresso/Ticket € 130/15

Teatro La Fenice h. 20

28

domenica Sunday

MARC MAUILLON baritono

PASCAL SANCHEZ chitarra

Musiche di Hervé, Doisy, Mamers

“Parigi, romantica pop”

Ingresso/Ticket € 15/5

Palazzetto Bru Zane h. 17

DANIELE RUSTIONI direttore

Orchestra del Teatro La Fenice

Musiche di Mahler

Concerto dedicato agli under 35

“Stagione Sinfonica 2024-2025”

Ingresso/Ticket € 10

Teatro La Fenice h. 20

INDIRIZZI

ARENA DI VERONA

Piazza Brà 1-Verona www.arena.it

AUDITORIUM LO

SQUERO

Isola di San Giorgio www.asolomusica.com

PALAZZETTO BRU ZANE

San Polo 2368 bru-zane.com

TEATRO FILARMONICO

Via Roma 3-Verona www.accademiafilarmonica.org

TEATRO LA FENICE

Campo San Fantin 1965 www.teatrolafenice.it

SCUOLA GRANDE SAN GIOVANNI EVANGELISTA

San Polo 2454 bru-zane.com

01 lunedì Monday

ARCANO

Compagnia dei Folli

“E=TIC | Teatro in Città” Ingresso libero/Free entry Piazza Ferretto-Mestre h. 19

02 martedìTuesday

TITIZÉ. A VENETIAN DREAM

Regia di Daniele Finzi Pasca

Compagnia Finzi Pasca Fino al 21 settembre lo spettacolo va in scena al Teatro Goldoni ogni giorno tranne il lunedì. Vedi p. 178

Ingresso/Ticket € 60/22

Teatro Goldoni h. 19

04 giovedìThursday

A HUMAN SONG

Performance di comunità ideata e curata da Chiara Frigo

“Venere in Teatro 2025” Ingresso libero/Free entry Forte Marghera-Mestre h. 18.30

STRANGERS IN THE NIGHT Co-creazione ed interpretazione

Jos Baker, Linus Jansner, Carlo Massari

C&C Company

“Venere in Teatro 2025” Ingresso/Ticket € 14/12

Forte Marghera-Mestre h. 18.30

GLI INNAMORATI di Carlo Goldoni

Adattamento e regia Roberto Valerio

Con Claudio Casadio, Loredana Giordano

“Estate Teatrale Veronese 2025” Ingresso/Ticket € 38/20

Teatro Romano-Verona h. 21.15

05 venerdì Friday

ANATOMIA DI UN RICORDO

Concept e performance Ilaria Bagarolo aka Gary, Edoardo Battaglia, Alice Pan h. 18.30

APPUNTI PER IL SOLE

Con Fabio Pronestì, Diego Spiga Coreografie Daniele Albanese h. 20.30

“Venere in Teatro 2025” Ingresso/Ticket € 8/6

Forte Marghera-Mestre h. 20.30

GLI INNAMORATI

(vedi giovedì 4 settembre)

Teatro Romano-Verona h. 21.15

agenda

06

sabato Saturday

MUSICA, CLASSICA, TEATRO :t

FAME MIA

Quasi una biografia

di e con Annagaia Marchioro in collaborazione con Gabriele Scotti

regia Serena Sinigaglia

“Teatro in Campo 2025” Campiello Manin h. 17

SHAKESPEARIA

Concept e set design Eryk Makohon

Coreografia Eryk Makohon, Agnieszka Bednarz-Tyran, Yelyzaveta Tereshonok Krakow Dance Theatre h. 17

KAUKOKAIPUU: PER UN’INDAGINE SULLO STARE

Concept, danza e voce Giselda Ranieri h. 19

PINK MOTEL

di Paola Lattanzi

h. 20.30

“Venere in Teatro 2025”

Ingresso/Ticket € 6/4 Forte Marghera-Mestre

07

domenica Sunday

CASANOVA GRAND TOUR

Con Elisa Pastore, Rossana Mantese, Genny Santin Nalin, Duccio Zanone

Regia Emanuele Pasqualini

LO CHIAMAVANO

BRANCALEONE

Regia Carlo Boso

Produzione CTU

BRICOLA E REGINA

di e con Giorgio Bertan ed Eleonora Fuser

“Teatro in Campo 2025” Campiello Manin

FALLEN ANGELS

Regia, coreografia e luci Michael Incarbone h. 15

NOBODY NOBODY NOBODY

Durational performance di Daniele Ninarello h. 16-19

14.610

di e con Claudia Catarzi

Musiche Julien Desprez h. 20.30

“Venere in Teatro 2025”

Ingresso/Ticket € 8/6 Forte Marghera-Mestre

08

lunedì Monday

CUORO

Inciampi per sentimenti altissimi di e con Gioia Salvatori

“Teatro in Campo 2025”

Campiello Manin

09

martedìTuesday

NAUFRAGATA

Circo Zoè

“E=TIC | Teatro in Città”

Ingresso libero/Free entry

Piazza Ferretto-Mestre h. 19

10

mercoledìWednesday

MARCO POLO E LA PRINCIPESSA

Una tragicomica storia d’amore

Drammaturgia e

Regia Michele Modesto Casarin

con Matteo Campagnol, Rossana Mantese, Manuela Massimi, Alberto

Olinteo, Elisa Pastore

“Teatro in Campo 2025”

Campiello Manin

11

giovedìThursday

LA CELLA DI SETA

con Francesco Gerardie

musiche eseguite dal vivo Giorgio

Gobbo drammaturgia M. Gnaccolini

Ippogrifo Teatro

“Teatro in Campo 2025” Campiello Manin

<AGE>

Regia e coreografia Francesca

Pennini - Collettivo Cinetico

“Venere in Teatro 2025”

Ingresso/Ticket € 14/12

Forte Marghera-Mestre h. 19.30

LISISTRATA

di Aristofane

Regia Serena Sinigaglia

Con LellaCosta

“Estate Teatrale Veronese 2025”

Ingresso/Ticket € 38/20

Teatro Romano-Verona h. 21.15

12

venerdì Friday

RADIO CLANDESTINA

di e con Ascanio Celestini

“Teatro in Campo 2025” Campiello Manin

DI FORCHETTE

E DI COLTELLI CHE

BATTONO SUI PIATTI

di e con Ida Malfatti

e Chiara Cecconello h. 18.30

TRICKSTER

Concept, regia, luci, spazio

Vincenzo Schino

Coreografia Marta Bichisao

Performer Luca Piomponi

Operabianco h. 20.30

“Venere in Teatro 2025”

Ingresso/Ticket € 8/6

Forte Marghera-Mestre

LISISTRATA

(vedi giovedì 11 settembre)

Teatro Romano-Verona h. 21.15

13 sabato Saturday

VENEZIA MILLENARIA

1600 anni in 1600 secondi di e con Ascanio Celestini

“Teatro in Campo 2025”

Campiello Manin

THE COLOURED SERIES:

MOONLIT OCEAN

Coreografia Elisa Pagani

Danzano Francesca Caselli, Valentina Foschi, Chiara Merolla h. 18.30

TECHNOPAGANS

Danza Adél Juhasz

Musica Camille Poudret & Salômé

Guillemin h. 20.30

“Venere in Teatro 2025”

Ingresso/Ticket € 8/6

Forte Marghera-Mestre

14 domenica Sunday

MERCURIO

Musica di Antonio Raia

Coreografia e danza Luna Cenere

“Venere in Teatro 2025”

Ingresso/Ticket € 10/8

Forte Marghera-Mestre h. 19.30

15

lunedì Monday

BESTIARIO IDRICO

Studio per un racconto di Marco Paolini scritto con Giulio Boccaletti

Con Marco Paolini

“Operaestate Festival 2025”

Ingresso/Ticket € 20

Villa Angaran San Giuseppe

Bassano del Grappa h. 21

17

mercoledìWednesday

RIBELLI, L’ULTIMA PARTITA

ALLA RADIO

di e con Federico Buffa

“Festival delle Idee 2025”

Ingresso libero/Free entry

Piazza Ferretto-Mestre h. 18.30

18 giovedìThursday

CENERENTOLA

Les Ballets de Monte Carlo Coreografia Jean-Christophe Maillot scene Ernest Pignon-Ernest costumi Jérôme Kaplan Orchestra del Teatro La Fenice direttore Igor Dronov

“Stagione di Lirica Balletto 202425”

Ingresso/Ticket € 176/121

Teatro La Fenice h. 19

19 venerdì Friday

CENERENTOLA

(vedi giovedì 18 settembre) Teatro La Fenice h. 19

20 sabato Saturday

CENERENTOLA (vedi giovedì 18 settembre) Teatro La Fenice h. 19

21 domenica Sunday

CENERENTOLA (vedi giovedì 18 settembre) Teatro La Fenice h. 17

MATRIOSKA

Durational performance di Chiara Frigo Musiche Laura Masotto h. 16-19

GOOD VIBES ONLY (BETA TEST)

Concept e performance Francesca Santamaria

Collaborazione drammaturgica Pietro Angelini h. 20.30

“Venere in Teatro 2025” Ingresso/Ticket € 6/4 Forte Marghera-Mestre

IPOCRITI!

di e con Giuseppe Cruciani “Festival delle Idee 2025” Ingresso libero/Free entry Piazza Ferretto-Mestre h. 18.30

23 martedìTuesday

CENERENTOLA

(vedi giovedì 18 settembre) Teatro La Fenice h. 19

24

mercoledìWednesday

IMMAGINNASTICA

Esercizi per allenare l’immaginazione civile di e con Arianna Porcelli Safonov “Festival delle Idee 2025”

Ingresso/Ticket € 20

Sale Apollinee, Teatro La Fenice h. 20.30

25

giovedìThursday

VENI, A GOODBYE

Ideazione, drammaturgia musicale, cura dei cori, Nicola Fadda Alot Teatro “78. Ciclo di Spettacoli Classici”

Ingresso/Ticket € 20/10 Basilica Palladiana-Vicenza h. 21

26

venerdì Friday

OMAGGIO A MARCELLO MARCHESI

con Luciana Littizzetto, Giacomo Papi, Massimo Marchesi, Mariarosa Bastianelli

“Festival delle Idee 2025”

Ingresso/Ticket € 18/16 Teatro Malibran h. 21

ÀNGHELOS

Adattamento e regia Roberto Latini Con Elena Bucci, Roberto Latini, Luca Micheletti, Marcello Sambati “78. Ciclo di Spettacoli Classici” Ingresso/Ticket € 30/15

Teatro Olimpico-Vicenza h. 21

27

sabato Saturday

GIANCARLO MARINELLI E GIORGIO MONTEFOSCHI

L’immaginazione tra pagina e palcoscenico

“Festival delle Idee 2025”

Ingresso libero/Free entry

M9 - Museo del ‘900-Mestre h. 18.15 ÀNGHELOS

(vedi venerdì 26 settembre)

Teatro Olimpico-Vicenza h. 21

INDIRIZZI

CAMPIELLO MANIN

San Marco www.pantakin.it

FORTE MARGHERA

Via Forte Marghera-Mestre www.liveartscultures.org

M9 - MUSEO DEL ‘900

Via Giovanni Pascoli 11-Mestre festivalidee.it

PIAZZA FERRETTO Mestre festivalidee.it

TEATRO GOLDONI

San Marco 4650/B www.teatrostabileveneto.it

TEATRO LA FENICE

Campo San Fantin San Marco 1965 www.teatrolafenice.it

TEATRO MALIBRAN

San Marco 5873 www.teatrolafenice.it

TEATRO OLIMPICO

Piazza Matteotti 11-Vicenza www.tcvi.it

TEATRO ROMANO Regaste Redentore 2 www.spettacoloverona.it

VILLA ANGARAN

SAN GIUSEPPE

Via Ca’ Morosini 41 Bassano del Grappa www.operaestate.it

DI MUSICA DA CAMERA WEEKEND D’INAUGURAZIONE

27.09.2025

ORE 19.30

SCUOLA GRANDE SAN GIOVANNI

28.09.2025 ORE 17 PALAZZETTO BRU ZANE PARIGI, LA CHITARRA E TU

Palazzetto Bru Zane San Polo 2368, Venezia +39 041 30 37 615 Da 5 a 15 euro BRU-ZANE.COM

Giada
Maestra Galleria Garance & Marion

biennalearchitettura

NATIONAL PARTICIPATIONS / COLLATERAL EVENTS

GIARDINI

National Participations

AUSTRALIA

AUSTRIA

BELGIO

BRASILE

CANADA

Repubblica di COREA

DANIMARCA

EGITTO

FINLANDIA

(Padiglione Alvar Aalto)

FRANCIA

GERMANIA

GIAPPONE

GRAN BRETAGNA

GRECIA

PAESI BASSI

PAESI NORDICI

(Finlandia, Norvegia, Svezia)

POLONIA

QATAR/1

ROMANIA/1

SERBIA

SPAGNA

STATI UNITI D’AMERICA

SVIZZERA

UNGHERIA

URUGUAY

PADIGLIONE VENEZIA

ARSENALE

National Participations

ALBANIA Artiglierie

ARABIA SAUDITA Sale d'Armi

ARGENTINA Sale d'Armi

Regno del BAHRAIN Artiglierie

CILE Artiglierie

CINA Repubblica Popolare Cinese Magazzino delle Vergini

CROAZIA Artiglierie

EMIRATI ARABI UNITI Sale d'Armi

FILIPPINE Artiglierie

GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO Sale d'Armi

IRLANDA Artiglierie

Repubblica del KOSOVO Artiglierie

LETTONIA Artiglierie

LIBANO Sale d’Armi

Repubblica di MACEDONIA DEL NORD Sale d’Armi

Regno del MAROCCO Artiglierie

MESSICO Sale d'Armi

Sultanato dell’OMAN Artiglierie

PERÙ Sale d'Armi

SINGAPORE Sale d'Armi

Repubblica di SLOVENIA Artiglierie

TURCHIA Sale d'Armi

UCRAINA Sale d'Armi

Repubblica dell’UZBEKISTAN

Tese Cinquecentesche

PADIGLIONE ITALIA

Tese delle Vergini

AROUND TOWN

National Participations

Repubblica di ARMENIA

Tesa 41, Fondamenta Case Nuove, Castello 2738/C

Repubblica dell’AZERBAIGIAN

Campo della Tana, Castello 2127/A (opposite the Arsenale entrance)

BULGARIA

Sala Tiziano, Centro Culturale Don Orione Artigianelli Dorsoduro 909/A

Repubblica di CIPRO

Associazione Culturale Spiazzi, Castello 3865

ESTONIA

Riva dei Sette Martiri, Castello 1611

GRENADA

La Toletta Spazioeventi, Fondamenta Borgo Dorsoduro 1134

ISLANDA

Ramo de la Tana, Castello 2125 (opposite the Arsenale entrance)

KUWAIT

Tesa 42, Fondamenta Case Nuove, Castello 2738/C

LITUANIA

Chiesa di Santa Maria dei Derelitti

Complesso dell’Ospedaletto

Barbaria de le Tole, Castello 6691

MONTENEGRO

ArteNova, Campo San Lorenzo, Castello 5063

PAKISTAN

Spazio 996/A, Fondamenta Sant’Anna Castello 996/A

PORTOGALLO

Fondaco Marcello, Calle del Traghetto

San Marco 3415

QATAR/2

ACP - Palazzo Franchetti, San Marco 2847

ROMANIA/2

New Gallery of Istituto Romeno di Cultura

e Ricerca Umanistica

Palazzo Correr, Campo Santa Fosca

Cannaregio 2214

SANTA SEDE

Complesso di Santa Maria Ausiliatrice

Fondamenta San Gioachin, Castello 450

THAILANDIA

Castello Gallery, Castello 1636/A

Repubblica del TOGO

Squero Castello, Salizada Streta, Castello 368

AROUND TOWN

Collateral Events

DOCKS CANTIERI CUCCHINI

Catalonia in Venice_Water Parliaments. Projective Ecosocial Architectures

San Pietro di Castello 40/A

PALAZZO ZORZI

Deep Surfaces. Architecture to enhance the visitor experience of UNESCO sites

UNESCO Regional Bureau for Science and Culture in Europe, Castello 4930

PALAZZO MORA

EUmies Awards. Young Talent 2025 Intelligens . Talent

Palazzo Mora, Strada Nova, Cannaregio 3659

PALAZZO DELLE PRIGIONI

NON-Belief.

Taiwan Intelligens of Precarity

Castello 4209 (next to Palazzo Ducale)

CAMPO DELLA TANA/1

Parallel Worlds.

Exhibition from Macao, China

Castello 2126/A (opposite the Arsenale entrance)

CAMPO DELLA TANA/2

Projecting Future Heritage. A Hong Kong Archive

Castello 2126 (opposite the Arsenale entrance)

ABBAZIA DI SAN GREGORIO

Rooted Transience

AlMusalla Prize 2025

Dorsoduro 172 (next to Chiesa della Salute)

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE

The Fondation Cartier pour l’art contemporain by Jean Nouvel

Fino Until 14 settembre September

Fondazione Giorgio Cini

Isola di San Giorgio Maggiore

PALAZZO DIEDO

The Next Earth

Computation, Crisis, Cosmology

Berggruen Arts & Culture, Cannaregio 2386

LA FUCINA DEL FUTURO

The SKYWALK by Platform Earth

Fino Until 11 settembre September

Calle San Lorenzo, Castello 5063/B

GIARDINI DELLA MARINARESSA

unEarthed / Second Nature / PolliNATION

Fino Until 28 settembre September

Riva dei Sette Martiri, Castello

exhibitions

NOT ONLY BIENNALE

AROUND TOWN

Not Only Biennale

CA’ PESARO/1

GIULIO ARISTIDE SARTORIO Il poema della vita umana

Fino Until 28 settembre September

Galleria Internazionale d’Arte Moderna Santa Croce 2076

CA’ PESARO/2

ANTONELLO VIOLA

L’oro della laguna

Fino Until 28 settembre September

Galleria Internazionale d’Arte Moderna (Sale Dom Pérignon), Santa Croce 2076

CA’ REZZONICO

GUSTO NEOCLASSICO

L’Album Cicognara

26 settembre September-12 gennaio January, 2026 Museo del Settecento Veneziano, Dorsoduro 3136

CASA DEI TRE OCI

BERGGRUEN ARTS & CULTURE MATTHIAS SCHALLER Controfacciata

Fino Until 23 novembre November

Berggruen Institute Europe, Fondamenta Zitelle Giudecca 43

CASA SANLORENZO

Breathtaking. An Installation by Fabrizio Ferri

2 settembre September -23 novembre November Dorsoduro 170

CENTRO CULTURALE CANDIANI

MUNCH. L’urlo espressionista nel Novecento

29 settembre September-1 marzo March, 2026 Piazzale Candiani 7, Mestre

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA VISITAZIONE VERONIKA PSOTKOVÁ. Perpetuo

Fino Until 23 novembre November

Fondamenta Zattere ai Gesuati, Dorsoduro COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM

MARIA HELENA VIEIRA DA SILVA Anatomia di uno spazio

Fino Until 15 settembre September

Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701

EMERGENCY VENEZIA HUMANITY LOVERS

Fino Until 31 ottobre October Giudecca 212

EUROPEAN CULTURAL CENTRE (ECC)/1

PALAZZO MORA | PALAZZO BEMBO

GIARDINI DELLA MARINARESSA

TIME SPACE EXISTENCE

Fino Until 23 novembre November

Palazzo Mora, Strada Nova, Cannaregio 3659

Palazzo Bembo, Riva del Carbon, San Marco 4793

Giardini della Marinaressa

Riva dei Sette Martiri, Castello

EUROPEAN CULTURAL CENTRE (ECC)/2

PALAZZO MORA

TIME SPACE EXISTENCE

Portal by A INTERIORS

Fino Until 23 novembre November

ECC-Palazzo Mora, Strada Nova, Cannaregio 3659

EUROPEAN CULTURAL CENTRE (ECC)/3 PALAZZO BEMBO

TIME SPACE EXISTENCE

Henriquez Partners Architects

Fino Until 23 novembre November

ECC-Palazzo Bembo, Riva del Carbon San Marco 4793

FONDATION VALMONT

TELEMACHUS. The Quest for Self

Fino Until 22 novembre November

Palazzo Bonvicini, The Intimate Museum

Santa Croce 2161/A

FONDATION WILMOTTE

PRIX W 2025

The Abbey of Montmajour. Winning Projects

Fino Until 23 novembre November

Fondamenta de l’Abazia, Cannaregio 3560

FONDAZIONE DELL’ALBERO D’ORO

DI STORIE E DI ARTE. Tre secoli di vita a Palazzo Vendramin Grimani

Fino Until 23 novembre November

Palazzo Vendramin Grimani, San Polo 2033

FONDAZIONE PRADA DIAGRAMS

A project by AMO/OMA

Fino Until 24 novembre November

Ca’ Corner della Regina, Santa Croce 2215

FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA/1 JOHN BALDESSARI

No Stone Unturned. Conceptual Photography

FinoU ntil 23 novembre November

Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252

FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA/2 DAVIDE RIVALTA

Leoni in campo | Lions on the Field

Fino Until 23 novembre November

Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252

FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA/3 MARTÍ GUIXÉ

Q Spot. Seat, read, think, repeat

Fino Until 23 novembre November

Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252

FORTE MARGHERA

ARTEFICI DEL NOSTRO TEMPO 2025

Fino Until 31 dicembre December

Padiglione 29, Via Forte Marghera 30, Mestre

GALLERIA ALBERTA PANE

ROMINA DE NOVELLIS

Architetture Terrone

Fino Until 10 settembre September

Calle dei Guardiani, Dorsoduro 2403/H

GALLERIE DELL’ACCADEMIA

STUPORE, REALTÀ, ENIGMA

Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia

19 settembre September-18 gennaio January, 2026

Campo della Carità, Dorsoduro 1050

IKONA GALLERY

WILLIAM KLEIN

Fino Until 30 novembre November

Campo del Ghetto Nuovo, Cannaregio 2909

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/1

BASILICA DI SAN GIORGIO MAGGIORE

LUC TUYMANS. Due nuove tele del grande artista belga per l’altare di San Giorgio Maggiore

Fino Until 24 novembre November

Abbazia di San Giorgio Maggiore - Benedicti Claustra

Onlus, Isola di San Giorgio Maggiore

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/2 LE STANZE DEL VETRO 1932-1942 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia

Fino Until 23 settembre September

Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/3 LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA

ROBERT MAPPLETHORPE

Le forme del classico

Fino Until 6 gennaio January, 2026

Isola di San Giorgio Maggiore

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/4 LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA

Federico Garibaldi. AttraversaMenti

Fino Until 5 ottobre October

Isola di San Giorgio Maggiore

ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/5

VATICAN CHAPELS. Andrew Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalan, Eva Prats and Ricardo Flores, Norman Foster, Terunobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juaçaba, Smiljan Radic, Eduardo

Souto de Moura, Francesco Magnani and Traudy Pelzel

Fondazione Giorgio Cini

Parco dell’Isola di San Giorgio Maggiore

ISOLA DI SAN SERVOLO

SEA BEYOND. Ocean Literacy Centre

Isola di San Servolo

M9 – MUSEO DEL ‘900 IDENTITALIA. The Iconic Italian Brands

19 settembre September-15 febbraio February, 2026

Via Giovanni Pascoli 11, Mestre

MAGAZZINO GALLERY

NO DOUBT ABOUT IT

Projects from Armenia, China, Georgia, Germany, Latvia, and Poland

Fino Until 23 novembre November

Palazzo Contarini Polignac, Dorsoduro 874

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE anonymous art project

LINES BY KENGO KITO

Fino Until 28 settembre September

Cortile dell’Agrippa and Sala V Piazzetta San Marco 17

MUSEO CORRER

IL CORRER DI CARLO SCARPA 1953-1960

Fino Until 19 ottobre October Quadreria, San Marco 52

MUSEO DEL VETRO

Storie di fabbriche. Storie di famiglie

FRATELLI TOSO

Fino Until 24 novembre November

Fondamenta Giustinian 8, Murano

MUSEO DI PALAZZO GRIMANI

A Cabinet of Wonders. Una celebrazione di arte e natura. The George Loudon Collection

Fino Until 5 ottobre October

Ramo Grimani, Castello 4858

MUSEO DI PALAZZO MOCENIGO CASANOVA 1725-2025. L’eredità di un mito tra storia e cinema

Fino Until 2 novembre November Santa Croce 1992

MUSEO DI STORIA NATURALE GIANCARLO LIGABUE/1 UN OSTRIARIUM ROMANO

NELLA LAGUNA DI VENEZIA

Fino Until 2 novembre November Santa Croce 1730

MUSEO DI STORIA NATURALE GIANCARLO LIGABUE/2 ALICE CHANNER. Megaflora

Fino Until 28 settembre September Santa Croce 1730

MUSEO FORTUNY

ALBERTO RODRÍGUEZ SERRANO

Ars Gratia Artis Venezia

Fino Until 5 ottobre October San Marco 3958

NEGOZIO OLIVETTI FORMAFANTASMA. Ore streams: The Shape of Things to Come

Fino Until 28 settembre September Piazza San Marco 101

NICOLETTA FIORUCCI FOUNDATION TOLIA ASTAKHISHVILI

Fino Until 23 novembre November Dorsoduro 2828

OCEAN SPACE

NADIA HUGGINS | TESSA MARS otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua [altre montagne, dissolte sotto l’acqua]

Fino Until 2 novembre November Chiesa di San Lorenzo, Castello 5069

PALAZZO BAROVIER&TOSO Barovier&Toso ARTE

VLASTIMIL BERÁNEK

Stillness in Motion | Quiete in Movimento

Sala dell'Acqua, Fondamenta Manin 1/D, Murano

PALAZZO CAVANIS

ALPS. ARCHITECTURE. SOUTH TYROL

Fino Until 23 novembre November Fondamenta Zattere, Dorsoduro 920

PALAZZO CINI

LJUBODRAG ANDRIC Spazi, soglie, luci

Fino Until 8 settembre September Campo San Vio, Dorsoduro 864

PALAZZO DIEDO

BERGGRUEN ARTS & CULTURE

New site-specific installations UNTITLED (FLOOR) by Piero Golia SENZA TITOLO by Marcantonio Brandolini d’Adda

Fino Until 23 novembre November Cannaregio 2386

PALAZZO DUCALE L’ORO DIPINTO. El Greco e la pittura tra Creta e Venezia

Fino Until 29 settembre September San Marco 1

PALAZZO FERRO FINI

GIANMARIA POTENZA

Elaborating New Codes

Fino Until 17 ottobre October

Consiglio Regionale del Veneto, San Marco 2322

PALAZZO GRASSI

TATIANA TROUVÉ

La strana vita delle cose

Fino Until 4 gennaio January, 2026

Campo San Samuele, San Marco 3231

PROCURATIE VECCHIE/1

The Human Safety Net A WORLD OF POTENTIAL

Procuratie Vecchie, Piazza San Marco 105

PROCURATIE VECCHIE/2

The Human Safety Net DREAMS IN TRANSIT

Fino Until 15 marzo March, 2026

Procuratie Vecchie, Piazza San Marco 105

PUNTA DELLA DOGANA THOMAS SCHÜTTE. Genealogies

Fino Until 23 novembre November Dorsoduro 2

SCUOLA PICCOLA ZATTERE FOSBURY ARCHITECTURE

Design x ABC Zattere GAËLLE CHOISNE. Temple of Love. Cœur

Fino Until 12 ottobre October Dorsoduro 1401

SMAC

SAN MARCO ART CENTRE

The Quantum Effect

5 settembre September -23 novembre November

Procuratie Vecchie, Piazza San Marco 105

THE VENICE VENICE HOTEL

M’ART&CRAFT DESIGN STUDIO

Venice M’Art Gallery, Cannaregio 5631

ALMA DAL CO SCHOOL ON COLLECTIVE BEHAVIOUR

Venezia 29.9–4.10.2025

presenta due incontri aperti al pubblico con ingresso libero

Venerdì 3 ottobre h. 18

Palazzo Franchetti

Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, San Marco 2847, Venezia

VENEZIA

E LA LAGUNA

• Considerazioni su Venezia nel mondo che cambia del prof. Andrea Rinaldo presidente dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti

• Venezia e la laguna regolata, lettura del prof. Francesco Musco, presidente del CORILA e prorettore alla ricerca dello IUAV

• Aperitivo •

Sabato 4 ottobre h. 17

Sala Concerti

Conservatorio Benedetto Marcello, San Marco 2810, Venezia

CONVERSAZIONE SCIENZA E MUSICA

• il musicologo Sandro Cappelletto conduce la Conversazione con il filosofo Massimo Cacciari, la neuroscienziata Daniela Perani, e l’incontro - concerto con i Dottorandi del Conservatorio e con il saluto del Cardinale Matteo Zuppi

Alla School e agli incontri con il pubblico hanno contribuito:

Allianz-Bank Financial Advisors

APS-Division of Biological Physics

Conservatorio Benedetto Marcello

CORILA

European Cultural Centre

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

Università di Losanna

Università di Padova

Venice Gardens Foundation

Mensile di cultura, spettacolo e tempo libero Numero 303 - Anno XXIX Venezia, 1 settembre 2025

Con il Patrocinio del Comune di Venezia

Autorizzazione del Tribunale di Venezia n. 1245 del 4/12/1996

Direzione editoriale Massimo Bran

Direzione organizzativa Paola Marchetti

Relazioni esterne e coordinamento editoriale Mariachiara Marzari

Redazione Chiara Sciascia, Davide Carbone

Speciali Fabio Marzari

Coordinamento editoriale

TheBAG, Daily Mostra del Cinema, Redazione Web, Newsletter Marisa Santin

Grafica Luca Zanatta

Hanno collaborato a questo numero

Katia Amoroso, Maria Laura Bidorini, Marina Borroni, Sveva Campagnaro, Loris Casadei, Michele Cerruti But, Mario Dal Co, Maurizio De Luca, Verdiana Karol Di Maria, Elisabetta Gardin, Nicolò Ghigi, Renato Jona, Michela Luce, Franca Lugato, Irene Machetti, Alberto Marzari, Diletta Rostellato, Giovanni Santarelli, Livia Sartori di Borgoricco, Sara Abra Carrol Smersu, Adele Spinelli, Camillo Tonini, Delphine Trouillard, Riccardo Triolo, Luisa Turchi, Andrea Zennaro

Si ringraziano

Alberto Barbera, Emma Ursich, Giovanna Ravetta, Vladimir Belogolovsky, Luca Martinucci, Paolo Lughi, Flavia Fossa Margutti, Laura Delli Colli, Donatella Zanetti, Manuel Vilas, Franco Bolletta

Traduzioni

Andrea Falco, Patrizia Bran, Richard McKenna

lo trovi qui:

Bookshop Gallerie dell’Accademia; Qshop (c/o Querini Stampalia, Santa Maria Formosa); Alef (c/o Museo Ebraico, zona Ghetto); Mare di Carta (Fondamenta dei Tolentini); Studium (zona S. Marco); Toletta, Toletta Cube e Toletta Studio (zona Campo San Barnaba) e in tutte le edicole della città.

Direttore responsabile Massimo Bran

Guide spirituali

“Il più grande”, Muhammad Alì Il nostro “Ministro della Fantasia”, Fabio Marzari

Recapito redazionale

Cannaregio 563/E - 30121Venezia tel. +39 041.2377739 redazione@venezianews.it www.venezianews.it

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Stampa

Chinchio Industria Grafica Srl

Via Pacinotti, 10/12 - 35030 Rubano (PD) - www.chinchio.it

La redazione non è responsabile di eventuali variazioni delle programmazioni annunciate

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