Universitinforma

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U NIVERSIT

di Riccardo Marra apigliature brillantinate, movenze pelviche, gonne gonfissime, amori passionali e fughe su rotaie supersoniche, il rockabilly ha suonato la generazione dei giovani degli anni ‘50. Una musica che ha segnato le vite di milioni di ragazzi in tutto il mondo e che, trent’anni dopo, negli anni ‘80, visse dappertutto una fase di grande revival. Anche a Catania dove i Boppin’ Kids di Orazio Grillo (alias Brando), Emilio Catera e Blasco Mirabella si fecero notare da tutti per energia e spirito rock ‘n roll. Pochi mesi di gavetta e quei tre minorenni convinsero la Polygram a metterli sotto contratto. Da lì, grandi concerti in giro per l’Italia, consensi da parte di Renzo Arbore e i primi veri guadagni, fino allo scioglimento che, come racconta Orazio, «avvenne a causa della nostra giovane età». Vent’anni dopo, però, grazie alla spinta del web, i Boppin’ Kids sono tornati e porteranno il loro psychobilly in giro per il mondo (Europa, States, Giappone). In occasione del concerto del 31 gennaio allo Zo di Catania, Universitinforma ha chiacchierato con Orazio “Brando” Grillo sulla reunion dei “bambini danzanti”: una storia catanese ma anche e, soprattutto, internazionale. Orazio, raccontaci della nascita dei Boppin’ Kids, le nuove generazioni non vi conoscono… «Dobbiamo fare un passo indietro fino alla metà degli anni ‘80 a Catania. Quella era una città che non aveva sbocchi, era difficile che ci fossero in giro talent scout per scoprire artisti emergenti. Però qualcosa si muoveva, soprattutto sull’onda dei Denovo che facevano questa musica un po’ new wave, un po’ pop. E poi a Catania divenne di moda il rock degli anni ‘50, un vero e proprio revival con delle band che proponevano questo tipo di suoni 30

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BOPPIN’ KIDS

Di nuovo “on the road” INTERVISTA / Dall’enorme successo degli anni ’80 all’insperato ritorno con un tour europeo. Orazio Grillo, “Brando”, ripercorre la storia della band rockabilly targata Catania: «Presto - annuncia - uscirà un Cd d’inediti» anni dopo gli originali. Ricordo che c’era un programma radiofonico su Radio Esmeralda che trasmetteva musica rock ‘n roll dall’Inghilterra. Era un’emittente giovane, una delle prime radio private a Catania, con il dj Giuseppe Bartoli che assieme al fratello Fabrizio rappresentavano il ponte tra la nostra città e la moda che veniva da Londra: le scarpe di un certo ti-

po, le giacche di pelle, i tagli di capelli, il primo disco dei Clash. Io, ai tempi, avevo sedici anni e poca voglia di studiare per diventare avvocato come avrebbero voluto i miei. Così con due amici, Emilio Catera e Blasco Mirabella, decidemmo di provarci pure noi e in 6-7 mesi, miracolosamente, iniziò p l’avventura dei Boppin’ Kids. La pubblicità dei concerti era “meno di cinquant’anni in tre” e noi, infatti, ci presentavamo come tre minorenni, vestiti benissimo, tutto sommato con buone qualità musicali, che si muovevano vertiginosamente. Partimmo per un tour nei loca-

li alternativi italiani e la svolta avvenne con la pubblicazione della cover di Tainted Love che funzionò molto e che ci procurò un contratto con la Polygram». Perché proprio il rockabilly? «A parte un po’ di dischi a casa e mio padre appassionato di rock ‘n roll, la passione l’ho acciuffata in giro, col programma dei Bartoli, con la moda, con il revival degli Stray Cats. Quindi si è partiti da quello; poi, sai, quando ti scappa una passione, vai a cercare di tutto, ti informi, approfondisci. Da lì un sacco di ascolti, dischi, l’avvicinamento all’abbigliamento... partivamo per Londra per comprare vestiti. La cosa pazzesca fu che diventò un lavoro nell’arco di pochi mesi! Ci esibivamo allo Sticky Fingers di San Gregorio e poi tutto prese un’ottima piega con l’interesse di Renzo Arbore. Ecco la notorietà, ci chiamavano da tutte la parti, facevamo centinaia di date all’anno, abbiamo iniziato a guadagnare…». …e poi? Cosa è successo sul più bello? «È successo che un progetto


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