VaresefocusSettembre2022

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inItalyIlmade

un momento di campagna elettorale come l’attuale nel quale le forze politiche, più che costruire il proprio consenso su un progetto di Paese, sembrano fare a gara sulle proposte di nuovi incentivi, nuovi bonus, nuovi sostegni. Nel dibattito politico e istituzionale è ormai da tempo palpabile la mancanza di una generale e coerente visione del futuro. Mancano progettualità. Mancano idee strutturate. Mancano riforme. Mancano proposte articolate. Manca, in sostanza, modernità. Non ci sono conaforza,quellesuiCheMancasondaggiosull’intervistaumoriglidelTuttoaccontentareprenderequelpromessepuntare.investimentisettoritrendcrescita,(condivisibilidisegniomeno)dicomedarevitaadunanuovasocietà,nuovimodellidioppurequalicavalcare,qualisostenere,suqualidilungoperiodoTuttoèpolverizzatointailormadeperquestoopubblico.Senzascelte.Senzaposizioni,neltentativodiogniformadirichiesta.sigiocasulladichiarazioneminutodecisamagariseguendoalgoritmicheanalizzanoglisocialdelmomento.Oppuredecisainbasealdelgiornoprima.Così,però,siperdeilfuturo.unpianostrategico,appunto.sappialeggereifenomeniinattoterritoriechesappiaindividuarelevesullequalipoterfaresapendochenonèconibonuspioggiachesicrealacrescita,magliinvestimentichemoltiplicano

EDITORIALE LA COSTRUZIONE del futuro

Roberto Grassi

C’è un questoletturanonchiavepassaggiochesperiamosfuggaadunaattentadinumerodi Varesefocus. È quello contenuto nelle pagine di inchiesta ampiamente dedicate alla presentazione di #Varese2050, il piano strategico a cui sta lavorando l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese per proiettare il territorio e la nostra stessa professorNell’intervistadatorialeassociazionenelfuturo.alFernando

G. Alberti alla domanda di come si costruisca la competitività di un sistema economico e sociale locale l’Head di Strategique e Direttore dell’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness alla LIUC – Università Cattaneo risponde così: “Non certo con una politica di incentivi come l’azzeramento dei tassi sui finanziamenti o sugli oneri sociali per attrarre investimenti. Così fai da calamita solo per i peggiori della classe, gli opportunisti che poi, finito il periodo delle agevolazioni, se ne vanno. Bisogna saper leggere i fenomeni micro, quelli già presenti sul territorio, specifici fenomeni imprenditoriali spontanei che magari inconsapevolmente stanno già lavorando da tempo su traiettorie che vanno nella stessa direzione”. Sono parole che colpiscono in

le risorse stanziate in termini di posti di lavoro, competenze, nuove tecnologie, nuova imprenditorialità. Anche Varese ha bisogno di tutto questo. Anche Varese si deve dotare di un piano strategico. Da qui il progetto che l’Unione Industriali ha voluto lanciare e di cui parliamo ampiamente nelle pagine di inchiesta volte a introdurre i lettori all’appuntamento con l’Assemblea Generale di Univa del prossimo 3 ottobre a Malpensafiere. È proprio in un momento difficile come l’attuale, nel quale le pressioni competitive date dalla crisi energetica, dal contesto internazionale e dalle difficoltà di reperimento delle materie prime che occorre dotarsi di strumenti di reazione nel breve periodo, ma anche di visioni di lunga gittata. Tutto, però, si deve tenere. Le imprese non hanno bisogno di assistenzialismo, ma di punti di riferimento. Hanno bisogno di una politica del coraggio che sappia fare le scelte giuste basate su analisi puntuali e non sulla ricerca del consenso nel breve periodo. Altrimenti il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi sul fronte dell’energia. Dove stiamo letteralmente pagando decisioni sbagliate e populiste di anni.

Là dove decolla il Made in italy Malpensa mette le ali all’occupazione È in gioco unL’exportdiviveAnchesulall’accordoComesullaLadell’industriacompetitivitàlalogisticapuntaCargoCitysièarrivatiMasterplandiintermodalelaprovinciaVaresediVareseinmondomultipolare SOMMARIORUBRICHESU LUOGHI E BELLEZZA Itinerario leggendario sulle rive del Verbano L’anello di Santa UnCaterinagiorno a Somma L’arteLombardoconcreta europea trova casa a Varese Letteratura e arte nella “Terra dei limoni” Il tiro a segno nazionale di Varese I pionieri “eco-runner” del plogging 56807276686460Il mondo di Spedipra non si ferma mai un “Vogliomomentouna Presma” Vector oltre i confini della ECONOMIAsostenibilità Le competenze che servono all’area insubrica 47 LAVORO RUBRICHE SU CULTURA E DIGITALE Terza pagina In ComunicareDallibreriaweb92909695 #Varese2050 Il unComedelladiamantecompetitivitàsirilanciaterritorio 33 INCHIESTA 3936 La scuola che insegna a lavorare 50 FORMAZIONEIlfuturodellafotonicanell’aerospazio 52 SCIENZA&TECNOLOGIA Come muovere i primi passi nel mondo del lavoro 43 LAVORO

L’HUB ITALIANADELL’INDUSTRIA

La Cargo City è vicina alla saturazione. L’aeroporto della brughiera gestisce ormai il 70% del trasporto aereo merci da e per l’Italia. Un vero e proprio driver di sviluppo dell’industria nazionale che, in questi anni di pandemia, è cresciuto a tassi del 36%, bruciando ogni record a una velocità che nessun altro hub europeo è riuscito ad eguagliare. Ora, però, si apre la sfida di ampliare l’area attraverso l’approvazione del Masterplan presentato da Sea ed Enac. L’accordo a livello di territorio con Regione Lombardia e le Amministrazioni locali è stato raggiunto, ma mancano ancora dei passaggi formali non scontati, come il via libera da parte del Ministero dell’Ambiente. Imprese e sistema economico lanciano appelli per fare in fretta. È in gioco la tenuta dell’export e la competitività di tutto il sistema Paese, senza fare sconti sul fronte della sostenibilità. Anche in chiave di maggior integrazione con il trasporto intermodale

MALFOCUSPENSA,

made in Italy

FOCUS

9 che, a tutti gli effetti, è il più attrezzato in Italia per le attività del settore, l’apertura e lo sviluppo del nuovo hub per il Sud-Europa di un colosso del calibro di Dhl, il consolidamento dei principali operatori del comparto sul sedime aeroportuale, la crescita dell’ecommerce e in particolare di Amazon: questi i principali driver che hanno guidato l’esplosione del traffico merci di Malpensa. A sfruttare la Cargo City della brughiera per le proprie attività di logistica extra Unione Europea sono soprattutto i settori industriali della meccanica (quella di precisione in particolare), bicchierepreoccupazione.notizia,alloIldaIndustrialiindustrialiaingliOfficerAlessandroAmerica.l’AsianelsonodestinazionimondopermentrediMalpensaBusinessdellaMassimilianoprediligeremotividella“Deperibilitàdelladell’automotive,dell’elettronica,dellafarmaceutica,modaedell’agroalimentare.evaloreintrinsecomercesonoidueprincipalichespingonoleimpreseal’aereoallanave”,spiegaSerati,DirettoreDivisioneRicercadellaLIUCSchool.Peril46%iltrafficomercidièfruttodiflussiinentrata,“atterraggio”delleimportazioni,leattivitàdiesportazioneil“decollo”delmadeinItalynelrappresentanoil54%.Lefinali,inquestocaso,peril40%imercatieuropei,24%ilMedioOriente,nel16%el’Oceania,nel12%ilNordSonoquestiinumeripresentatidaFidato,ChiefOperatingdiSea(lasocietàchegestisceaeroportidiMalpensaeLinate)unrecenteconvegnoorganizzatosupportodellaCargoCitydaglivaresinidell’UnionedeglidellaProvinciadiVareseequellimilanesidiAssolombarda.MasterplanUnospaccatocherappresenta,stessotempo,unabuonamaanchefunaontediIllatopienodelèovviamenterappresentato

dal fatto che l’Area Cargo di Malpensa ha giocato e gioca un ruolo di risorsa economica anticiclica, in grado di fare da bacino per la tenuta occupazionale del territorio e di crescita della produzione, anche in momenti di difficoltà senza precedenti come la pandemia. Non sono molti i settori in provincia di Varese, in Lombardia e in Italia che, in questi ultimi anni, possono vantare tassi di crescita superiori al 30%. La preoccupazione degli operatori, non solo di Sea, ma di tutta l’industria del Nord Italia, però, è che la Cargo City di Malpensa, a fronte di questo boom, sia ormai vicina alla saturazione.

Le 740.000 tonnellate di merci movimentate nel 2021 hanno anticipato i volumi che Sea si aspettava di raggiungere non prima dei prossimi tre anni. Un aumento inaspettato e non programmato, dunque, che porta i suoi benefici in termini economici e occupazionali ma che impone investimenti per ampliare l’Area Cargo. Ed è qui che entra il gioco il Masterplan di Malpensa che deve dettare la strategia di sviluppo dall’aeroporto da qui al 2035 e al cui interno, accantonata ormai la realizzazione della terza pista, prevede come

C’è una Malpensa che non si è mai fermata. Anche in piena mentrepandemia,gliaerei passeggeri rimanevano a terra, i check-in erano vuoti, i parcheggi deserti, una parte dell’aeroporto della brughiera ha continuato a lavorare a pieno ritmo, bruciando un record dopo l’altro, con tassi di crescita senza paragoni in Europa. È la Malpensa della Cargo City, del trasporto merci via aerea. È qui che ormai si concentra il 70% del traffico aereo merci di tutta Italia, contro il 9% rappresentato da Fiumicino. Un vero e proprio riposizionamento dei flussi di mercato se si pensa che solo due anni fa, nel 2019, il cargo dell’aeroporto varesino rappresentava il 50% e quello romano il 18%. Ciò è frutto di un aumento dei volumi senza precedenti. I numeri della crescita Il trasporto aereo cargo di Malpensa tra il 2019 e il 2021 è aumentato del +36% arrivando a 747.000 tonnellate movimentate, contro le 558.000 di due anni prima. Un’impennata pari a tre volte la media messa a segno dai primi 10 aeroporti europei che nello stesso periodo hanno dato vita a un consistente, ma comunque minore, +11%. Solo per fare qualche esempio: Francoforte (primo aeroporto cargo di Europa con 2,2 milioni di tonnellate nel 2021) ha aumentato i livelli del +9%, Parigi è calata del -9%, Amsterdam ha fatto +6%, Londra è scesa (colpa della Brexit?) del -13%. Come dire: la crescita di Malpensa non è stata scontata e non ha seguito un flusso generalizzato. Solo Bruxelles ha saputo avvicinarsi ai ritmi dell’hub varesino con un +33%, ma rimanendo al di sotto dei livelli assoluti in termini di tonnellate movimentate.L’aumentodella concentrazione dei voli all-cargo in un aeroporto Mentre Malpensa è cresciuta oltre il 30%, Francoforte (primo aeroporto cargo di Europa con 2,2 milioni di tonnellate nel 2021) ha aumentato i livelli del +9%, Parigi è calata del -9%, Amsterdam ha fatto +6%, Londra è scesa (colpa della Brexit?) del -13%

dunque, con maggiore congestione stradale e maggiori emissioni di anidride carbonica. Un autogol in tutti i sensi. La parola d’ordine di Sea è sviluppo sostenibile. Concetto a cui si ispira proprio l’intesa raggiunta con i Comuni del Cuv. Innanzitutto, sull’occupazione di nuovo suolo per permettere l’ampliamento dell’Area Cargo. Rispetto ai 90 ettari previsti dalla bozza originaria di Masterplan, Sea è scesa prima a 60 ettari e poi a 44. È questa la cifra su cui è stata costruita l’intesa con la politica locale e sulla quale la Regione è pronta a mettere il proprio sigillo. Riduzione nell’occupazione di suolo, ma non solo. Sea si impegna anche a promuovere l’introduzione di tariffe differenziate da applicare alle compagnie aeree per incentivare l’impiego di aeromobili di ultima generazione meno impattanti. Diverse poi le opere di compensazione. Tra cui la produzione di energia elettrica da parte di Sea con fonti rinnovabili, che sarà destinata a condizioni favorevoli proprio ai Comuni del Cuv. E poi ancora interventi di riqualificazione energetica degli edifici pubblici e degli impianti di illuminazione. Solo per fare altri esempi. Ministero dell’Ambiente permettendo. unica occupazione di nuovo suolo quella propedeutica all’espansione della Cargo City, diventata sempre più strategica. Il documento è già stato approntato e presentato da Sea insieme a Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) ed ha iniziato da qualche mese un travagliato iter di approvazione, come sempre, verrebbe da dire, quando si stratta di Malpensa. Il primo scoglio sembra essere stato superato, quello del consenso locale. Almeno sul fronte dei rapporti con i nove comuni del Cuv, il Consorzio Urbanistico Volontario che rappresenta le Amministrazioni limitrofe all’aeroporto.Dopoun’iniziale posizione se non proprio contraria, quanto meno non favorevole al Masterplan, i Sindaci del Cuv hanno trovato, dopo mesi di trattative, un accordo con Sea ed Enac attraverso un protocollo d’intesa firmato anche dalla Provincia di Varese e da Regione Lombardia che si è fatta promotrice, insieme alle parti sociali, di un confronto allargato. Ora tale protocollo d’intesa, seppur rappresenti un passaggio extra rispetto alla procedura strettamente formale, entrerà a far parte della documentazione che servirà ai necessari passaggi di approvazione. Il prossimo passo è previsto entro fine settembre e prevede una delibera da parte della Giunta di Regione Lombardia con parere positivo a favore del Masterplan (al momento in cui scriviamo tale delibera non è stata ancora votata). Un via libera ufficiale che sarebbe stato impossibile avere senza il consenso del territorio e, dunque, del Cuv. Poi la palla passerà a Roma. Il Masterplan dovrà essere sottoposto al giudizio della Commissione Tecnica di Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente. L’approvazione finale dipende da questo dicastero che per dare il via libera definitivo al Masterplan di Malpensa dovrà approvare un decreto controfirmato dal Ministro

10 dei Beni Culturali. Termine previsto: entro fine anno. Il risultato però non è scontato. È vero che il Cuv ha dato il suo parere favorevole, ma l’opposizione di associazioni ambientaliste e di altri Comuni della fascia più larga intorno all’aeroporto, sia del Varesotto, sia piemontesi, è ancora forte. Senza contare la contrarietà del Parco del LaTicino.questione ambientale Il problema ambientale, però, rimane sia con, sia senza Masterplan.

A meno che l’obiettivo sia quello di bloccare l’intera industria del Nord Italia, Malpensa o non Malpensa, i prodotti dovranno continuare a viaggiare per raggiungere i mercati.

FOCUS CARGO MALPENSA

Ad avvantaggiarsi di un eventuale mancato sviluppo sul traffico merci di una Malpensa giunta a saturazione sarebbero soprattutto i porti e gli aeroporti del Nord Europa (Francia, Germania e Olanda), dove già oggi si dirigono, per poi approdare sui mercati internazionali, molti prodotti del made in Italy. Il rischio è, dunque, che, a perdere da un rigetto del Masterplan di Sea, non sia solo il territorio, ma più in generale tutto il Paese. Anche a livello ambientale. Perché le merci viaggerebbero per mezza Europa verso altri aeroporti ben più lontani con relativa movimentazione di camion e,

L’approvazione del Masterplan di Malpensa con il relativo ampliamento dell’Area Cargo potrebbe creare nel prossimo decennio oltre 5.400 nuovi posti di lavoro e generare un valore della produzione aggiuntivo di 10,2 miliardi di euro. Sono queste le stime messe nero su bianco dai ricercatori della LIUC Business School. Ecco perché quella dello sviluppo del traffico merci aereo dalla brughiera è una questione di politica industriale nazionale FOCUS MALPENSA METTE LE ALI all’occupazione Davide Cionfrini 11

generato dai redditi di chi opera nel settore) e quello catalitico (che prende in considerazione la capacità attrattiva del cargo sulle imprese industriali e non che decidono di insediarsi intorno all’aeroporto per avere uno sbocco veloce sul mondo).

12 FOCUS MALPENSA E OCCUPAZIONE

È

Calcolando tutti questi effetti a cascata, secondo i conteggi della LIUC Business School, già oggi l’Area Cargo crea un valore della produzione totale di 4,3 miliardi l’anno, dando lavoro a 28.755 persone. “Dalla Cargo City di Malpensa – spiega Serati – passa il 14,5% dell’export italiano extra-Ue, il 13,2% dell’export italiano della moda, il 14,2% di quello dell’arredamento made in Italy, il 6,8% delle esportazioni meccaniche. Parliamo di merci italiane per un valore di 25,1 miliardi di euro che raggiungono tutto il mondo”. È un effetto moltiplicatore delle capacità di crescita del territorio quello che garantisce il cargo di Malpensa. Basti pensare che, continua il docente della LIUC, “ogni milione di fatturato di Sea Cargo si traduce in 70 milioni di fatturato tra le imprese lombarde”. È anche per questo che il 79% delle aziende localizzate sull’asse del Sempione considera strategica l’Area Cargo per lo sviluppo del proprio business. Ancora più alta, pari all’80,3% la quota di aziende che la dichiara importante per il mantenimento delle proprie attività sulEcco,territorio.dunque, spiegato perché un’espansione della Cargo City così come previsto dal Masterplan rappresenti un’opportunità non solo per Malpensa. La sua approvazione creerebbe solo a livello diretto, all’interno del sedime aeroportuale, un valore aggiuntivo della produzione fino al 2030 di 625 milioni. Da qui partirebbe un effetto moltiplicatore che arriverebbe tra impatti diretti, indiretti e catalitici fino alla creazione di quei 5.400 nuovi posti di lavoro totali stimati da Serati e dai ricercatori in gioco la creazione di oltre 5.400 nuovi posti di lavoro e la generazione di un giro di affari di oltre 10,2 miliardi di euro da qui al 2030. È questo l’impatto occupazionale ed economico che potrebbe avere sul territorio l’espansione dell’Area Cargo di Malpensa così come prevista dal Masterplan presentato da Sea ed Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile). A fare i calcoli esatti è il team della Divisione Ricerca Applicata e Advisory della LIUC Business School guidata dal professor Massimiliano Serati. Già oggi l’Area Cargo di Malpensa rappresenta un valore della produzione annuo di 900 milioni che dà lavoro a 3.820 persone. Questo, però, per quanto riguarda il solo impatto diretto. A cui bisogna aggiungere anche gli impatti indiretti (le catene di fornitura legate agli operatori del cargo), quello indotto (creato dalla capacità di spesa

13 sviluppo stanno trovando la loro strada. La provincia con le ali non poteva certamente farsi del male da sola. Sono soddisfatto che i sindaci dei territori coinvolti abbiano fatto prevalere la visione prospettica: guardare avanti, pur con i piedi ben piantati nel presente, è fondamentale per avere in futuro un passato da ricordare. Il buon senso, finora, sembra prevalere, ma non possiamo mollare la presa”. A metterla sul piano dell’interesse generale è l’Amministratore Delegato di Sea, Armando Brunini: “Il mercato del cargo è un asset strategico per tutto il territorio e per il Paese, lo ha dimostrato durante la pandemia quando, al contrario del trasporto passeggeri che ha subìto una forte frenata, il comparto merci è stato un fattore fondamentale di resilienza del sistema economico e produttivo nazionale. Malpensa, per quanto riguarda il settore cargo, è già da anni il principale aeroporto italiano e potrà giocare un ruolo strategico anche a livello europeo grazie alla crescente domanda dell’e-commerce e della dinamicità del tessuto imprenditoriale italiano. Sea farà la sua parte per rendere questo sviluppo sostenibile”. Perplesso, invece, il Presidente degli industriali milanesi di Assolombarda, Alessandro Spada, sulla scelta fatta dal Governo “di non prevedere risorse nell’ambito del Pnrr per lo sviluppo degli aeroporti. Le necessità di ripensare le supply chain internazionali non possono prescindere da un attore fondamentale come Malpensa. Si tratta, del resto, di un punto di accesso e di snodo essenziale per il mercato globale, che è necessario valorizzare adeguatamente al fine di consolidarlo come hub europeo rilevante”.Inumeri sulla capacità del Cargo di Malpensa di creare valore economico allargato sul territorio impongono tre riflessioni di politica industriale, secondo Massimiliano Serati. “La prima – spiega il ricercatore della LIUC Business School – è legata al fatto che una Cargo City è uno strumento indispensabile per il presidio dei mercati da parte di un sistema manifatturiero avanzato e internazionalizzato. Senza di esso, costi e inefficienze peserebbero su tutta l’industria del Nord Italia. Ma è anche un veicolo di sviluppo ed è qui che sta il secondo ragionamento da fare: quella del cargo aereo rappresenta un’infrastruttura in grado di fare da trampolino di lancio su mercati altrimenti irraggiungibili dando vita ad una logistica più efficiente. Terzo e ultimo aspetto da non sottovalutare: le Cargo City in tutte le parti del mondo fanno da calamita per l’insediamento nel territorio circostante di imprese internazionalizzate a più alta intensità tecnologica e propensione all’innovazione. È come un selezionatore naturale di una migliore qualità del sistema produttivo e imprenditoriale. Crea un’economia più moderna”. La chiosa è del Presidente di Univa, Roberto Grassi: “Sostenere Malpensa vuol dire fare politica industriale per il Paese”. della LIUC Business School. Inevitabile, di fronte a questi numeri, la difesa dei progetti di espansione di Sea da parte di tutto il mondo economico lombardo. “Non ci possiamo permettere –afferma il Presidente dell’Unione Industriali di Varese, Roberto Grassi – la strozzatura delle attività della Cargo City di Malpensa, soprattutto in questa fase nella quale le imprese stanno affrontando la sfida del riposizionamento nelle catene globali del valore e nella riorganizzazione delle filiere produttive internazionali. Chiediamo al sistema politicoistituzionale di supportare il Masterplan di Malpensa e il relativo allargamento e la crescita dell’Area Cargo, così fondamentale per il futuro della nostra manifattura. Plaudiamo all’ottimo accordo raggiunto recentemente, su questo punto, in Regione, merito dell’impegno di tutti: Amministrazioni locali, Regione Lombardia, Sea e parti sociali. Un’intesa che ora permetterà al Masterplan di arrivare sul tavolo del Governo con un largo consenso costruito sul territorio. È la prova che sviluppo economico, equilibrio ambientale e tutela sociale possono rientrare in un’unica visione di sviluppo. Se oggi non facciamo una scelta a favore di Malpensa, domani non dovremo stupirci di essere un Paese ai margini delle traiettorie internazionali di sviluppo”. Sulla stessa linea anche il Presidente della Camera di Commercio di Varese, Fabio Lunghi: “Il Masterplan 2035, frutto dell’accordo raggiunto tra i Comuni dell’area Malpensa, con il rafforzamento della zona Cargo del nostro aeroporto intercontinentale deve trovare concretezza nei tempi previsti. Questo documento rappresenta, infatti, la giusta sintesi tra sviluppo e sostenibilità, con l’attenzione ai cittadini che è doverosa. L’importanza di Malpensa per il nostro territorio è nota e consolidata: ora finalmente le prospettive di

“Non ci possiamo permettere la strozzatura delle attività della Cargo City di Malpensa, soprattutto in questa fase nella quale le imprese stanno affrontando la sfida del riposizionamento nelle catene globali del valore e nella riorganizzazione delle filiere internazionali”produttive

Roberto PresidenteGrassi,Univa:

tecnologici. Chi, invece, trasporta oggetti molto piccoli come viti e bulloni oppure prodotti più pesanti come mozzi, tamburi e balestre. La testimonianza arriva direttamente dalle imprese di Varese. “Abbiamo beneficiato del trasporto aereo di Malpensa per quanto riguarda la supply chain – afferma Lorenzo Moroni, Ceo della Fives Intralogistics Spa –. La scelta di preferire questa modalità logistica è dovuta principalmente alla velocità”. L’impresa di Lonate Pozzolo, che produce sistemi di movimentazione e smistamento merci e soluzioni di automazione per la logistica, fornisce impianti in tutto il mondo. Per una realtà come Fives è fondamentale la tempestività nella consegna delle merci ai clienti. “In questo momento, per esempio, stiamo rifornendo il Brasile e la Nuova Zelanda –continua Moroni –. Il trasporto di componenti ad alta tecnologia o elettronici, così come il know-how, non è compatibile con il trasporto marittimo”. Quello che sta avvenendo nel mondo della logistica, secondo il Ceo di Fives, è un cambiamento strutturale nel mercato. Il business evolve velocemente, insomma, e bisogna saper stare al passo. Per l’azienda varesina, che ha un indotto in tutto il Nord Italia, con il quartier generale a Lonate Pozzolo, “è fondamentale costruire un sistema LA COMPETITIVITÀ dell’industria

È IN GIOCO

Gli esempi di Fives Intralogistics, Mv Agusta e Adr Alessia Lazzarin

Bloccare l’ampliamento dell’Area Cargo di Malpensa vorrebbe dire, per le imprese del territorio, dilatazione nei tempi di consegna delle merci, difficoltà nel presidio dei mercati, minore produttività e mancanza di efficienza operativa.

‘‘L a perprovocherebbeadell’hubsaturazionecargoMalpensanoiun impatto negativo consistente. I tempi si dilaterebbero e questo significherebbe minor efficienza e produttività”, una visione quella di Raffaele Giusta, Global Sales Director della casa motociclistica Mv Agusta, condivisa anche da Claudia Diotti, del Logistic Departement di Adr Spa (produzione di assali): “L’ampliamento dell’Area Cargo ci permetterebbe di competere meglio nel mercato internazionale e ottimizzare i processi”. Le imprese varesine scommettono sulla proposta del Masterplan avanzata da Sea insieme ad Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) per ampliare l’Area Cargo di Malpensa. Per loro è questione di competitività: maggior velocità del trasporto aereo di merci rispetto a quello navale che si traduce, quindi, nella diminuzione dei tempi di consegna. Più praticità nel disbrigo delle pratiche doganali. Maggior efficienza logistica e quindi anche maggior capacità di presidio dei mercati internazionali rispetto alla concorrenza. È una visione comune quella di alcune realtà del Varesotto che, di fatto, usufruiscono quotidianamente della Cargo City. Ne apprezzano le potenzialità e ne sostengono lo sviluppo. C’è chi si serve del trasporto aereo per spedire il modello di una moto a Hong Kong. Chi rifornisce multinazionali di prodotti elettronici o altamente 14

Al contrario, sviluppare ed investire nell’aeroporto permetterebbe di ottimizzare i processi e di essere più competitivi a livello internazionale.

FOCUS

“Relativamente al rilevante traffico di merce in entrata con destinazione aeroporto di Malpensa – informa Claudia Diotti, addetta all’import ed export Logistic Department dell’impresa varesina – trattasi prevalentemente di campionature, quindi di componenti urgenti che sono sottoposti a controlli e test di laboratorio”. Parola d’ordine: velocità. I clienti richiedono prodotti da controllare o visionare e nel giro di poche ore la merce deve arrivare a destinazione. “Riteniamo utile potenziare l’ampliamento dell’Area Cargo per il servizio offerto attraverso la riduzione del tempo necessario a svolgere le attività di sdoganamento e consegna presso i nostri magazzini – conclude Diotti –. Per competere nel mercato internazionale serve fare efficienza e consentire alle aziende nazionali di ottimizzare i processi”. logistico sostenibile, affidabile ed efficiente”.Eseilprodotto da spedire fosse una moto? Se il proprietario volesse visionare il suo gioiellino prima dell’acquisto? Come si può organizzare un’impresa quando la clientela, soprattutto quella di pregio, è in mercati lontani come ad Hong Kong? “Utilizziamo l’Area Cargo di Malpensa sia per le attività di inbound (import) ma anche per l’outbound (export) –racconta Raffaele Giusta, Global Sales Director dell’azienda –. Nel primo caso si tratta di spedizione di materiali e componentistica varia”. I telai, le ruote, i cerchi e i forgiati di alluminio, in questo modo, arrivano velocemente a destinazione nella sede produttiva della Schiranna. “Nel secondo caso, invece, spediamo tramite distributori e concessionari, ai clienti finali che ne fanno richiesta, la moto che hanno scelto di acquistare in tempi più rapidi”. Sono circa una Da sinistra, i reparti logistici di Adr, MV Agusta e Fives

Alberto Hausmann, Logistic Manager di Mv Agusta spiega: “Ci sono stati vari rallentamenti con i fornitori e alcune difficoltà per via del trasporto navale, soprattutto verso l’Asia”. In questo scenario la saturazione dell’Area Cargo rallenterebbe l’operatività di Mv Agusta. “Per le attività di inbound e outbound ciò provocherebbe un impatto negativo consistente – conclude il Global Sales Director dell’azienda, Giusta –. I tempi si dilaterebbero e questo significherebbe minor efficienza e produttività. Per questo è fondamentale sviluppare Malpensa”. Un’altra testimonianza a favore di questo polo strategico arriva dalla Adr Spa, realtà di Uboldo che produce assali per rimorchi agricoli, per l’edilizia e per trasporti speciali. Anche per questa azienda lo sviluppo della Cargo City risulta indispensabile.

15 cinquantina le moto targate Mv che annualmente vengono trasportate in giro per il mondo su un aereo, soprattutto a vantaggio del segmento luxury, con un utilizzo crescente nell’ultimo anno e mezzo.

FOCUS

processo di internazionalizzazione”. Nazzarena Franco, Ceo di Dhl Express Italia motiva così la decisione dell’azienda di investire 110 milioni di euro proprio nella Cargo City della brughiera per costruire quello che, oggi, è considerato il quarto hub europeo per volumi e movimentazioni di merci. Una scelta per niente casuale. “Abbiamo iniziato a credere in questo investimento nel 2020 – racconta Franco –. Oggi riusciamo a raggiungere il Sud Italia, tutta l’area mediterranea, gli Stati Uniti e il Middle East”. Dopo questo considerevole

imprese della provincia di Varese, a quelle lombarde e a quelle del Nord Italia, di raggiungere oltre 200 Paesi. Con tempi molto veloci. Le merci in 24 o 48 ore arrivano a destinazione. In tutto il mondo. I dati parlano chiaro. L’Area Cargo dell’aeroporto della brughiera è il ponte che collega il made in Italy con tutti i principali mercati internazionali. “Il territorio limitrofo a Malpensa è ricco di aziende manifatturiere fortemente votate all’export. La presenza del nostro hub, quindi, è un asset strategico per queste realtà. Supportiamo le imprese sia locali sia nazionali che producono ed esportano, favorendone il Se nel pieno della pandemia il trasporto aereo passeggeri ha subito, giocoforza, una violenta battuta d’arresto, quello delle merci è esploso. Il Covid ha fatto da acceleratore di molti processi evolutivi. Lo testimoniano gli operatori logistici che operano su Malpensa: Dhl, CargoLux, Mle e Alha Group. Realtà protagoniste di una forte crescita e strategiche nella tenuta sociale del territorio (con un’espansione occupazionale andata controcorrente) e nell’affrontare l’emergenza (con la movimentazione del materiale sanitario)

LA LOGISTICA PUNTA SULLA Cargo City Alessia Lazzarin

16 L a presenza, a Malpensa, del Expressmeridionalehubprincipaledell’EuropadiDhlpermettealle

17 pandemia ha fatto letteralmente esplodere la Cargo City di Malpensa. Protagonisti su questo sfondo sono stati, sono e continueranno ad esserlo, gli operatori logistici. Parte attiva dell’aeroporto della brughiera. L’esperienza di Dhl è simile a quella di altre aziende del settore. Elasticità nelle scelte da prendere, per esempio, è stata la strategia vincente di CargoLux. Fabrizio Cortese, Ceo della realtà logistica, racconta: “Grazie a Sea e ai nostri partner non ci siamo mai fermati. Abbiamo fatto un grande lavoro durante i primi mesi di pandemia per il trasporto di mascherine e dispositivi medici”. La flessibilità operativa ha permesso a CargoLux di affrontare anche diverse difficoltà. “Il nostro network è stato completamente disintegrato in quel periodo”. Ma nonostante questo, incalza Cortese, “siamo resistiti a questa onda d’urto senza precedenti”. Una situazione simile è toccata anche a Mle - Malpensa Logistica Europa. “Un operatore logistico è molto condizionato dai contesti geopolitici internazionali – afferma Mauro Grisafi, Ceo dell’azienda –. L’impatto sulla nostra attività è stato pesante. Da una parte abbiamo dovuto affrontare l’aspetto di gestione del personale e dei costi. Dall’altra abbiamo dovuto continuare a sviluppare il business”. Per un’azienda come Mle, che lavora h24, sette giorni su sette, non è stato facile gestire gli aspetti legati all’operatività. “Siamo stati flessibili. Abbiamo utilizzato nuovi canali di comunicazione e abbiamo interagito con i sindacati territoriali e le Università lombarde”. E poi c’è stato il problema di contenere i costi. I prezzi delle materie prime sono schizzati alle stelle. “Ci siamo adoperati – continua Grisafi – per utilizzare materiali diversi”. Infine, la necessità di continuare a portare avanti il business. “Siamo intervenuti sui processi”. Il mercato cambia velocemente e un operatore logistico deve mantenere il passo. È stato così anche per Alha Group. “Capacità di reazione e adattamento sono due parole chiave che ci vengono imposte dal contesto in cui viviamo – chiosa Lorenzo Schettini Gherardini, Ceo dell’azienda –. Abbiamo imparato ad essere veloci”. Anche per questo motivo, il magazzino di Alha è stato scelto come base dalla Croce Rossa Italiana per il trasporto di materiale sanitario nei primi mesi di pandemia. “Motivo di grande orgoglio per la nostra realtà”, come ci tiene a sottolineare Gherardini. Resilienza, spirito di adattamento, flessibilità e velocità. Ma anche visione futura verso investimenti strutturali. È grazie a queste azioni che alcuni dei principali operatori logistici dell’aeroporto hanno saputo affrontare le difficoltà. Il Presidente di Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile), Pierluigi Di Palma chiosa: “Il cargo è stato il primo settore a recuperare i livelli 2019 pre-pandemia confermando così di essere stato il segmento che ha risentito in maniera minore dell’intera crisi del trasporto aereo, perché le merci hanno sempre continuato a viaggiare nonostante le restrizioni in vigore. Ora si tratta di accompagnare una nuova crescita e un ulteriore sviluppo, attraverso una rete di trasporto cargo intermodale, integrata e compatibile”.

investimento, complici anche la pandemia e l’aumento esponenziale dell’e-commerce che hanno fatto da acceleratore a molte evoluzioni, Dhl non si è più fermata. Nell’ultimo biennio ha implementato il sistema di smistamento. “Siamo in grado di gestire 38.000 pacchi all’ora –specifica Franco –. Nei primi mesi di emergenza sanitaria siamo stati capaci di approvvigionarci molto velocemente”. La flotta aerea è quasi raddoppiata. “Da 300 aerei siamo arrivati a 400 e abbiamo in ordine l’acquisto di altri velivoli”. Investimento nelle infrastrutture, quindi, ma non solo. Anche le persone sono al centro dello sviluppo di Dhl. “Nel 2020 eravamo in 500. Oggi siamo in 1.100”. Sono stati assunti 600 dipendenti in poco tempo. Non solo agenti di rampa o tecnici di magazzino, ma anche ingegneri. A dimostrazione del fatto che, come sottolinea Nazzarena Franco, “siamo un’azienda con processi altamente tecnologici”. Il traffico aereo di merci, quindi, è stato teatro di una metamorfosi. Con un bilancio più che positivo. Oltre che inaspettato. I movimenti giornalieri di Dhl ne sono la prova. “Dai 30 del 2020, siamo arrivati a gestire 52 voli aerei quotidiani”, precisa il Ceo Franco. Nuovi scenari internazionali. Nuove opportunità per il futuro. Nuove traiettorie da percorrere. La

FOCUSA Masterplan Ra Cattaneoaele

del territorio, soprattutto per realtà al centro dei principali corridoi ferroviari europei come la provincia di Varese, che l’intermodalità ce l’ha nel proprio Dna infrastrutturale. Ma prima di entrare nel dettaglio, un piccolo riassunto su cosa si intende quando si utilizza il termine “intermodale”. Il trasporto cosiddetto intermodale o multimodale è una modalità di movimentazione delle merci che combina due o più mezzi di trasporto, attraverso il quale è possibile muovere e sistemate ciò che deve essere trasportato in unità di carico, indifferentemente su gomma, ferro, acqua o aria. Scopo principale di questo mezzo di trasporto è ridurre gli spostamenti su gomma, contenendo così i costi e le emissioni inquinanti nell’ambiente. “L’uso di più mezzi, per giunta differenti, come avviene nel trasporto intermodale, porterebbe a pensare ad un aumento dei costi rispetto al trasporto unimodale. Al contrario, la possibilità di organizzare in unità di carico standard le merci e concentrarle in grandi terminal per la logistica, ha dato come risultato una riduzione dei costi”. A parlare è Roberto Paciaroni, Presidente del Gruppo merceologico “Servizi Infrastrutturali e Trasporti” dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese e Managing Director di Hupac Spa di Busto Arsizio, principale gestore di rete nel trasporto intermodale in Europa, impegnato da oltre 50 anni a favore di un trasporto ferroviario innovativo e affidabile, con una rete che comprende 160 treni al giorno con collegamenti tra le principali

20 L a indelleapprovato,europeaCommissionehadirecenteall’internonormedell’Uemateriadiaiutidi

Non solo aerei: all’export italiano (compreso quello varesino) servono anche investimenti nel sistema di scambio gomma-rotaia. A confermarlo, il Piano italiano di potenziamento dell’intermodalità approvato dalla Commissione europea per ridurre l’utilizzo dei camion a favore del treno. Ed è proprio su questo mezzo che punta il Varesotto, con una serie di progettualità già sul tavolo Chiara

FOCUS

DI INTERMODALE VIVE la

Stato, la destinazione, all’Italia, di 55 milioni di euro per incoraggiare il passaggio del trasporto merci dalla strada alla ferrovia. Il sostegno, parte del Piano nazionale per gli investimenti complementari, andrà ad integrare con risorse nazionali il piano italiano per la ripresa e la resilienza (Pnrr) e ha lo scopo di modernizzare attrezzature come ad esempio gru a portale, impilatori e veicoli da manovra negli interporti e nei terminali intermodali. Nella transizione verso un mondo fatto di trasporti più ecologici, l’intermodalità si candida quindi come la soluzione ideale. Anche in un’ottica di sviluppo

ANCHEMazzettiprovincia di Varese

Non è un caso, dunque, che l’Unione europea entro il 2030 intenda spostare almeno il 30% del traffico merci oltre i 350 chilometri su ferrovia. Ed è proprio sul trasporto su rotaie che sta puntando la provincia di Varese, con una serie di progettualità, alcune ancora in fase embrionale, pensate per implementare le capacità di trasporto e collegamento della rete ferroviaria provinciale. Anche e soprattutto guardando alla vicina Svizzera. Un primo progetto, inviato a Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) e presentato a Regione Lombardia dall’Associazione alta capacità Gottardo (Acg), prevede il raddoppio della tratta ferroviaria VareseInduno. Che avrebbe come naturale conseguenza la moltiplicazione per due anche del numero di corse disponibili su questa direttrice. Nota dolente dell’attuale strutturazione della tratta: il collo di bottiglia che 21

si viene a formare a causa della presenza di un solo binario su una linea ferroviaria internazionale. “È noto come la realizzazione, a fine 2017, della nuova tratta tra Arcisate (Italia) e Stabio (Svizzera), fortemente voluta da Acg, abbia aperto la possibilità di nuovi collegamenti con la Confederazione Svizzera e, più in generale, con le due principali direttrici ferroviarie internazionali del Gottardo e del Sempione –spiega Antonio Barbieri di Acg Italia –. Gli importanti potenziamenti infrastrutturali in corso per il nuovo collegamento Gallarate-Malpensa T2 e il quadruplicamento della tratta Rho-Gallarate, sono funzionali all’istituzione di nuove relazioni impegnanti la tratta. Perciò per il raddoppio della tratta Varese-Induno, come già ipotizzato in un precedente studio di Acg, occorrerebbe realizzare circa 2,7 km di binario tra le testate di due binari tronchi attualmente presenti a Varese e a Induno Olona. Intervento ampiamente fattibile e realizzabile, essendo il contesto fortemente urbanizzato”. Il nuovo binario nascerebbe, quindi, in affiancamento a quello esistente e porterebbe, secondo il docente e giornalista specializzato in trasporti e ferrovie Ferdinando Farba, al raddoppio del numero di treni che collegano Malpensa con Varese e il Canton Ticino, con la possibilità di avere corse in partenza ogni 30 minuti anziché 60. “La domanda dal territorio insubrico, fatta di frontalieri, turisti e uomini d’affari, esprime la necessità di avere un servizio transfrontaliero regolare e puntuale. E ciò potrà avvenire solamente dopo l’adozione del doppio binario tra Induno Olona e Varese”, precisa Farba. Progetto ancora in fase iniziale, invece, pensato per sviluppare il traffico su rotaie di Varese e rispondere alle necessità dei cittadini è dismettere un pezzo del passante ferroviario e riqualificarlo. “Il vero problema – spiega Salvatore Crapanzano dell’Ordine degli Ingegneri di Milano e Croil (Consulta Regionale Ordini Ingegneri Lombardia) - è che le due stazioni di Varese sono, al momento, separate dalla città e da via Milano. La posizione della nuova stazione avrebbe come vantaggio quello di favorire un maggior collegamento con il centro città”. Il piano prevede di abbandonare circa 3,8 km di linea esistente, quasi tutta in superficie in favore di un tratto ferroviario breve (circa 2,8 km). Il risultato: due nuovi imbocchi a Vivirolo e Casbeno, diverse aree liberate in cui incentivare interventi di rigenerazione urbana in grado di cambiare il volto della città e l’eliminazione dei passaggi a livello. “Si può proporre di utilizzare la galleria abbandonata da Ferrovie Nord verso Laveno, per risolvere molto bene la penetrazione viabilistica da sud, ma senza incentivare il flusso delle auto”, conclude Crapanzano. aree economiche europee e fino all’Estremo Oriente. “Se si parla di intermodalità, mi viene in mente l’aggettivo ‘flessibile’, innanzi tutto perché si ha la possibilità di movimentare merci di ogni genere, grazie alla standardizzazione delle unità di carico – precisa ancora Paciaroni –. Per non parlare poi della possibilità di combinare differenti mezzi di trasporto: gomma-ferro, gomma-acqua e gomma-aria per esempio, beneficiano dei vantaggi di ciascuno di questi mezzi”.

Ecco una breve analisi del made in Varese sui mercati internazionali Filippo Villani (Ufficio Studi Univa)

A dare una misura tangibile di questo fenomeno, il valore delle esportazioni di merci in percentuale del valore aggiunto: in Provincia di Varese ammonta al 39,9%, mentre per la Lombardia il dato risulta pari al 34,5% e per l’Italia “solo” al 29,3%. Ma come siamo arrivati a questi dati? Come ha reagito il territorio alla globalizzazione e ai suoi sviluppi? La bilancia commerciale Le origini della globalizzazione contemporanea risalgono ai primi anni L’andamento della bilancia commerciale (sempre positiva) negli ultimi 30 anni. L’evoluzione nella localizzazione degli scambi e l’importanza crescente dell’Est. I cambiamenti nelle catene globali del valore dopo la Brexit e gli stravolgimenti negli equilibri geopolitici con l’avvento del protezionismo. Le prospettive di fronte a un futuro sempre più difficile da interpretare con il termine globalizzazione.

22 L a forte propensione agli scambi internazionali ha sempre fatto parte dell’identikit del tessuto manifatturiero varesino.

‘90, quando il radicale cambio degli assetti geopolitici ad Est, l’istituzione del Mercato Unico Europeo, gli accordi commerciali stipulati in varie regioni del mondo hanno fatto da primi propulsori. Il saldo della bilancia commerciale della Provincia di Varese, considerando il totale dell’economia, mostra cosa sia successo allora al territorio: da +645 milioni di euro (valori correnti) nel 1991, a un balzo nel 1993 a +1,4 miliardi di euro per poi assestarsi su una media di circa +1,7 miliardi di euro tra 1995 e 1999. Tuttavia, questo periodo non vede ancora una grande diffusione degli scambi verso l’extra-Europa. Il vero salto di qualità per la performance internazionale di Varese è arrivato dopo il 2004, ultimo anno in cui si registra un saldo commerciale sotto i +2 miliardi di euro. Nel 2004, l’Unione Europea si espande vedendo l’ingresso di vari Paesi dell’Est, tra cui la Polonia (uno dei nostri partner chiave attuali). Inoltre, sempre in quell’anno la Cina, in conseguenza all’ingresso nel Wto (l’Organizzazione Mondiale del Commercio) nel 2001 e alla ratifica di un Accordo di Libero Scambio con l’Asean (l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico) nel 2002, raggiunge il culmine di una serie di liberalizzazioni sulle barriere al commercio internazionale. Dal 2005 al 2013 il saldo della bilancia commerciale della Provincia di Varese vede così un incremento continuo e incessante, con solo una fase di rallentamento della crescita negli anni immediatamente successivi alla crisi del 2008, fino al massimo del 2013, pari a +4,3 miliardi di euro. La localizzazione degli scambi La localizzazione degli scambi commerciali complessivi (come somma di esportazioni e importazioni, a valori correnti in euro) ci mostra come l’espansione del commercio internazionale varesino abbia assunto una forma decisamente più “globale” proprio a partire dal post-2004: gli scambi commerciali della Provincia di Varese intra-Europa tra il 2001 e il 2004 pesavano all’incirca il 77% del totale, mentre dopo il 2004 il peso “gravitazionale” degli scambi extra-Europa (ossia l’attrazione “gravitazionale” di altre aree per il

FOCUS

L’export DI VARESE IN UN MONDO MULTIPOLARE

toccare quasi il 73% nel 2020. I cambiamenti delle catene globaliMa,a proposito di catene globali del valore, quali delle nostre filiere hanno subìto significativi cambiamenti? Il comparto dell’aerospazio ha visto un’evoluzione decisamente positiva degli scambi negli ultimi vent’anni, con un’espansione del peso del proprio export sul totale manifatturiero, pur tenendo conto della “ciclicità” delle commesse. Mantengono invece pressoché lo stesso peso sul totale manifatturiero, sia a livello di import sia di export, il mondo della meccanica strumentale in senso stretto (macchinari e apparecchi) e quello della gomma-plastica. Ciò che è successo in questi due comparti è stato più un fenomeno di “shift” di localizzazione del proprio portafoglio estero di import. La Cina, da Paese “marginale” da cui importare materie prime, semilavorati e prodotti, è diventato sempre più rilevante per le supply chain: per la meccanica strumentale l’import cinese contava nel 2001 “solo” il 6% del portafoglio del comparto, mentre nel 2021 è arrivato a contare ben il 9,5%; per la gommaplastica, l’incremento è stato dal 4,8% al 12,5%. Fenomeno ancora più incisivo per il mondo dell’elettrotecnica e degli elettrodomestici, che ha visto aumentare di peso il proprio import negli anni e la presenza della Cina tra i Paesi fornitori: la proporzione dell’import cinese sul totale dell’import del comparto è incrementata dal 7% del 2001 a ben il 21% del 2021, mostrando così un radicale cambiamento della composizione del portafoglio estero. La filiera che invece ha più “sofferto” gli effetti della globalizzazione è stata quella del tessile, registrando un calo dell’export (a valori correnti) tra 2001 e 2021 pari al -26,6%. Di converso, la proporzione della Cina nel portafoglio dell’import del comparto è incrementata notevolmente: se nel 2001 l’import cinese pesava solo il 5,9% del portafoglio estero delle importazioni, nel 2021 ammonta a ben il Le24,1%.prospettive future La provincia di Varese ha dunque, negli ultimi decenni, accolto appieno la sfida della globalizzazione, nostro commercio) è aumentato sempre più, fino a “sfondare” il 30% sul totale e arrivare a toccare il 35% nel 2015. Tra le singole macroaree, l’Asia risulta essere la più avvantaggiata, con un sostanziale raddoppio del proprio peso sui nostri scambi totali negli ultimi anni. Si arriva a questo punto a un secondo momento di transizione nella storia del nostro commercio internazionale, il 2016: anno in cui la vittoria del “Leave” nel Referendum sulla Brexit e di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi segnano una forte cesura. Politiche commerciali protezionistiche e la revisione di vari accordi commerciali portano a una prima rimodulazione delle catene internazionali del valore. Il peso “gravitazionale” dell’Asia negli scambi varesini, dopo il massimo del 15% raggiunto nel 2016, non cresce più e diventa altalenante negli anni a seguire, scendendo al 12,3% nel 2020, a causa della forte disruption della pandemia di Covid-19 e dei conseguenti lockdown. Dall’altra parte, gli scambi intra-Europa, da anni stabilmente sotto il 70%, tornano nel 2017 sopra questo peso e arrivano a 23

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Giappone). E, per ovvie ragioni, l’Indagine non incorporava ancora gli effetti sulle aspettative delle imprese generati dal conflitto russo-ucraino. Il territorio di Varese, come molti territori manifatturieri simili in Occidente, si avvia più realisticamente in maniera graduale verso un New Normal di mercati non più “globali”, ma sempre più “regionali”, a favore di un multipolarismo fatto di barriere

tra grandi blocchi commerciali, cooperazioni con blocchi mirati e maggiori interazioni all’interno di essi. Collegamenti tra stakeholder, definizione di nuove infrastrutture logistiche, digitali e produttive, rafforzamento dell’innovazione locale e degli ecosistemi produttivi, nuove politiche di “multipolare”.leresponsabileapprovvigionamentoesostenibilediverrannoparoled’ordinenelmondo contando sulla sua innata apertura ai mercati internazionali. Il ritorno del protezionismo a partire dal 2016 e la pandemia di Covid-19 dal 2020 hanno parzialmente rallentato questa tendenza a favore di una maggiore regionalizzazione degli scambi, ma il fenomeno è ben lungi dall’essere definibile come un totale “ritorno al passato”: l’ultima Indagine Internazionalizzazione di Confindustria Lombardia (2021), a cui l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese ha partecipato, mostra come le imprese varesine rispondenti abbiano collocato ancora nella top 10 dei Paesi “prospect” per sviluppare rapporti commerciali futuri, aree come Cina e Russia. Tuttavia, nella lista si trovano anche Paesi europei (Regno Unito, Francia, Germania e Spagna) o comunque più vicini al blocco geostrategico occidentale (Usa, Canada e Varese, come molti territori manifatturieri simili in Occidente, si avvia in maniera graduale verso un New Normal di mercati non più “globali”, ma sempre più “regionali”, a favore di un multipolarismo fatto di barriere tra grandi blocchi commerciali, cooperazioni con blocchi mirati e maggiori interazioni all’interno di essi

CAMBIARE SOFTWARE? NON SONO SOLO SPINE. Via Pietro Verri 12, Varese Tel. 0332 817490 - Email: sales@assi.it www.assi.it

pandemia è riuscita a frenare i progetti di espansione di una realtà storica del Varesotto che da oltre 40 anni trasporta merci in tutto il globo via terra, mare e aria. Proprio in pieno lockdown, infatti, è nata l’idea di un nuovo progetto, pensato e realizzato totalmente in ottica green, dedicato alla logistica: la creazione di una nuova sede a Gallarate in grado di movimentare fino a 60 camion a settimana momento

IL MONDO DI SPEDIPRA NON SI FERMA MAI un

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ECONOMIA Chiara NemmenoMazzettila

27 Pensare di aprire una nuova sede dedicata alla logistica e dellemovimentazioneallamerci,proprio

mentre tutto intorno il mondo si stava fermando a causa di una pandemia che nessuno mai si sarebbe immaginata così paralizzante e duratura, non è cosa da tutti. Eppure, come dicono in Spedipra Srl “le opportunità migliori vengono nei periodi di crisi in cui è necessario rimboccarsi le maniche ed investire, per restare a galla”. C’è chi potrebbe considerarla incoscienza. In realtà, nel mondo delle imprese, più che l’azzardo a dettare le regole degli investimenti, è la consapevolezza delle proprie capacità. “Volevamo fare qualcosa di bello, in un periodo in cui eravamo bombardati solamente da notizie negative”, precisano dalla storica impresa che, da oltre 40 anni, si occupa di logistica e trasporto merci in tutto il mondo. È con questo spirito che è nata la nuova sede gallaratese di Spedipra, pensata in pieno lockdown e aperta a inizio maggio 2022, che comprende 5.000 metri quadri di magazzino coperto, con una capacità di 7.500 posti pallet e dotato di un sistema antincendio con impianto sprinkler realizzato secondo la normativa UNI 12845 e con idonea riserva idrica. “La precedente sede, a Cassano Magnago, non consentiva uno sviluppo e una crescita delle nostre attività. Eravamo in un magazzino adattato alla nostra attività composto da 4 unità adiacenti ciascuna di 1.000 metri quadri: creare un unico polo logistico, più grande ed attrezzato, ci ha dato la possibilità di concentrarci sulla sicurezza, quella passiva che riguarda la viabilità e lo spostamento dei mezzi intorno alla sede (movimentiamo fino a 14 camion contemporaneamente) e anche la sicurezza delle merci stesse presenti in magazzino”, spiegano Gero Aiello e Luigi Carlo Praderio, Soci e Amministratori della società. A completare la nuova struttura, completamente pensata e realizzata in ottica green, sono colonnine di ricarica per auto elettriche, uffici del personale costruiti in materiale isolante, un soffitto radiante ad acqua che permette agli ambienti di rimanere al fresco anche senza l’utilizzo dell’aria condizionata e pannelli solari che, in estate, producono talmente tanta energia da consentire all’azienda di vivere in autoconsumo e addirittura riservarne una parte per attività in orari notturni, quali illuminazione dei piazzali e ricarica dei carrelli elevatori. Eppure, l’anima di Spedipra non è solamente ambientale. C’è anche molta internazionalizzazione e non solo. Come racconta, Davide Aiello, Cfo dell’impresa e seconda generazione a guida dell’azienda, dopo il padre Gero, entrato nell’organico per portare avanti idee di sviluppo, dopo un percorso di studi del tutto diverso. “Abbiamo una vocazione internazionale, direi 70% terra e 30% diviso tra aria e mare. Ma la nostra carta vincente è di sicuro l’estrema personalizzazione per il cliente: creiamo una sorta di abito su misura, cercando di soddisfare ogni possibile richiesta. E poi ci mettiamo la faccia, sempre. Non ci tiriamo indietro davanti a richieste di aiuto e chiarimento, nemmeno quando si tratta di Spedipra,lamentele”.natanel 1981 dopo la presa in gestione di un’attività di servizi di spedizioni già avviata, opera come spedizioniere seguendo sia il traffico camionistico, sia quello aereo e navale. “Tutto è iniziato con 5 dipendenti e un trasporto merci indirizzato principalmente alla penisola Iberica – racconta Aiello senior –. Oggi, ad oltre 20 anni dall’apertura di un hub a Barcellona, contiamo una trentina di collaboratori e con la nostra controllata Spedipra International Srl siamo in grado di gestire spedizioni via mare e via aerea per tutto il globo”. Tanto per dare qualche numero: sono 40-50 i veicoli movimentati ogni settimana verso la Spagna, che diventano circa una sessantina in totale contando anche le altre destinazioni come Grecia, Inghilterra, Turchia, Portogallo, Norvegia, Francia e i Paesi dell’est Europa. Il tutto per un fatturato annuo di 20 milioni di euro, realizzato tra le diverse realtà in Italia e all’estero. Le merci movimentate da Spedipra, oltre 74mila tonnellate all’anno, provengono da tutti i settori industriali, principalmente dal chimico e meccanico, ma non mancano anche molti beni di consumo. Le spedizioni riguardano sia carichi completi sia Groupage (tecnica di spedizione che raggruppa piccole partite provenienti da mittenti diversi) nei quali l’azienda negli anni ha acquisito una forte specializzazione.Inpienapandemia, tra il 2020 e il 2021, oltre all’idea di spostarsi da Cassano a Gallarate ed aprire una nuova sede “verde”, l’impresa ha anche acquisito una società per espandere le attività in mare e in aereo arrivando fino negli Usa, in America Latina, in Cina e in Australia. “Siamo cresciuti gradualmente, anno per anno, attraverso diverse acquisizioni pensate per espandere il know-how aziendale e i servizi dedicati ai clienti”, precisa Davide Aiello. Di grande rilevanza per Spedipra è sempre stata la prossimità all’aeroporto di Milano Malpensa. “Siamo in una posizione strategica per lo stoccaggio e la successiva spedizione via aerea di tutte le merci. Lavoriamo molto con le imprese del Varesotto alle quali possiamo offrire servizi dedicati molto celeri data la vicinanza e la nostra posizione. Inoltre, siamo vicini a Milano e ai principali snodi autostradali: con la nuova sede di Gallarate siamo praticamente di fronte all’autostrada e quando la bretella della Pedemontana verrà completata sarà ancora più strategico stare qui”, chiosano Aiello e Praderio.

un“VoglioaPresma”

ECONOMIA Francesca Cisotto

Si estende per 20mila metri quadrati, ha circa 50 dipendenti, detiene un fatturato che si aggira attorno ai 9 milioni di euro e serve aziende in tutto il mondo, alcune anche dal calibro internazionale. Nel 2022 compie 95 anni e si avvicina a spegnere 100 candeline dopo una vita nel settore della meccanica. È la Presma di Gornate Olona. Una realtà manifatturiera da tre generazioni attiva nella fabbricazione di macchine per la produzione di prodotti plastici. Nata lungo il fiume Olona nel 1927, dal “nonno meccanico” attivo nel settore dei pettini, oggi l’azienda, con sede nella frazione di Torba, non lontana dalla zona in cui è sorta, costruisce macchine per materie plastiche destinate a diversi settori. Da quello degli strumenti domestici, come basi per scope, spazzole e pennelli, a quello della calzatura e degli elettrodomestici, fino all’arredo da giardino e all’utensileria, passando per i tappi in imitazione sughero e la cantieristica stradale. Parliamo di macchine industriali studiate ad hoc dagli uffici tecnici di Presma e create su commessa. Nello specifico, sono presse a iniezione che trasformano la plastica da materiale in granuli a prodotti finiti. Sistemi in grado di sciogliere i polimeri attraverso una trafila che a sua volta inietta nello stampo l’articolo da produrre. Non macchine standard per oggetti qualsiasi, ma presse a iniezione “speciali” per prodotti specifici. “Sono macchine progettate e realizzate per poter ottenere prodotti che, con l’utilizzo di presse a iniezione standard, sarebbero infattibili o economicamente non vantaggiosi”. È così che spiegano l’attività Giorgio, Franco, Enrica e Lucia Canziani, i nipoti di quel “nonno meccanico”, oggi tra i titolari alla guida dell’impresa.Eccoperché in termini sia di numeri, sia di qualità, “le macchine tradizionali, in alcuni settori, non possono competere con le Presma”. Sistemi fatti dal connubio tra meccanica e intelligenza artificiale, che possono essere lunghi solo 2 metri, ma più frequentemente superano i 5, i 6, i 7 metri, per un peso che può variare da 900 chili, nel caso delle macchine più piccole, a 115 tonnellate. Questa la cifra che ha toccato la progettualità più grande realizzata finora: una pressa a iniezione costituita da 20 stazioni (stampi), per Pvc riciclato da cavo elettrico; lunga 17 metri, larga 9,50 e alta quasi 3. Chiamano da tutto il mondo per avere le macchine dell’impresa di Gornate Olona. Dai Paesi del Sud e del Nord America, ma anche da quelli dell’Africa del Nord e del Sud Est asiatico. Un portafoglio ordini internazionale fatto di aziende che per fabbricare i loro prodotti non vogliono dei sistemi standard ma macchinari su misura. Quelle che realizza la realtà varesina sono presse a iniezione per le materie plastiche, studiate ad hoc in base alla commessa, con un valore che oscilla tra i 150mila e i 2 milioni di euro 28

29 Macchine che per la loro progettazione, dallo studio alla realizzazione, necessitano di 2/3 mesi, ma anche 4 o 5. Tra i 150mila e i 2 milioni di euro oscilla, invece, il loro valore. Tutto in funzione principalmente alla loro grandezza. Nove i milioni di euro attorno a cui si aggira il fatturato medio, degli ultimi anni, dell’azienda. “L’anno scorso abbiamo toccato gli 11 milioni –precisa il titolare Franco Canziani –. Numeri che si prevedono in crescita sia per via dell’aumento dei prezzi, sia per l’incremento della produzione. Il 75% è frutto di export: una costanza da parecchi anni, con picchi dell’80%”. Quelle che hanno bisogno dei sistemi Presma sono aziende che realizzano svariati prodotti in materiale plastico: che siano tappi in finto sughero (creato da resine termoplastiche) ad uso enologico o ruote per carrelli, ma anche manufatti in Pvc riciclato da cavo elettrico, per la cantieristica stradale o, ancora, isolatori per tralicci d’alta tensione in silicone solido (per questo specifico settore è stata realizzata una pressa unica nel suo genere, a singolo stampo, per un articolo lungo fino a 4 metri). Senza dimenticare la gomma naturale per il settore automotive a cui l’azienda si è dedicata di recente con la costruzione di presse multistazione ed estrusori dedicati. Tutte strade che si sono aperte e aggiunte alla produzione della Presma nel corso degli anni. Agli inizi, infatti, l’impresa era attiva nel settore dei pettini e degli occhiali; solo in un secondo momento, quella che allora si chiamava “F.lli Canziani”, è passata alla produzione di presse verticali e orizzontali per cacciaviti e coltelli. Alla fine degli anni ‘50, invece, alcuni amici calzaturieri di Varese hanno intravisto nella plastica e nelle presse Presma la possibilità di fare dei componenti della scarpa, al posto degli elementi naturali. Da qui, l’azienda ha iniziato a produrre macchinari specifici dedicati alla creazione dei componenti della calzatura: dal tacco al sottotacco, fino alla suola e al sottopiede. Successivamente, alcune tipologie di macchine multistazione, per lo stampaggio di zoccoli in polipropilene espanso (imitazione legno), sono state convertite alla produzione di basi per le scope. Un’intuizione, questa volta, di clienti toscani. Questi prodotti di fatto rappresentavano le prime opportunità per il riciclo di materiali plastici, per lo più derivanti da residui di lavorazione, in particolare quelli dei pannolini, che ancora oggi rappresentano una mescola ideale. È proprio dai clienti che arriva ogni grosso sviluppo aziendale. Sono loro che, a partire dalla commessa, spingono l’azienda ad affacciarsi su

ROTO PVC-20-3000 TS pressa ad iniezioni a 20 stazioni portastampo per la produzione di blocchi da

in Pvc riciclato

cavo elettrico

nuovi fronti. I più grandi e recenti sviluppi industriali riguardano la fabbricazione di macchine per la produzione di tappi ad uso enologico, di cacciaviti in tre materiali e di manufatti in Pvc riciclato, dedicati alla sicurezza e alla cantieristica stradale e urbana. Settori in cui Presma sta lavorando particolarmente dalla fine degli anni ‘90 con commesse che arrivano principalmente da aziende in Germania, Inghilterra, Francia e Spagna. È nei Paesi europei che l’azienda detiene il suo mercato più forte, ma il parco clienti è internazionale. Gli ordini arrivano anche da aziende dei Paesi del Sud e del Nord America, ma anche dell’Africa del Nord e del Sud Est asiatico. A livello nazionale, invece, i clienti sono pochi, ma molto importanti. Per accordi di riservatezza Presma non può rivelare i loro nomi. Brand dal calibro internazionale che arrivano al campanello dell’impresa gornatese attraverso il passaparola. “Ci chiamano e dicono: ‘Voglio una Presma’. Quasi sempre perché l’hanno vista in un’altra azienda” continua a raccontare Franco Canziani. Chiamate e commesse sinonimi del fatto che la qualità premia, di cliente in cliente. E chissà cosa richiederanno in futuro: è da loro, a quanto pare, che dipendono i prossimi progetti di Presma.

Quando l’impegno sociale è inteso da un’azienda a 360 gradi: la promozione della genitorialità, il premio come miglior Pmi in Italia per le politiche inclusive Lgbt, la sponsorizzazione del Varese Pride, il riconoscimento negli ultimi tre anni come Woman Value Company. Quello del vettore internazionale di Castellanza è un caso esemplare di welfare largamente inteso. Senza barriere

30 STORIE DI PEOPLE

un confine sano, che funziona, è flessibile, pronto ad accogliere il cambiamento e la diversità rendendo la nostra vita più potente e generativa”.

Le parole tratte da un intervento dello psicanalista e scrittore Massimo Recalcati, sono sui profili social della Vector Spa. Una sorta di dichiarazione programmatica per un’azienda che del cambiamento, della flessibilità e dell’inclusione fa il proprio punto di forza. Non solo a livello sociale, ma anche per core business: l’azienda di Castellanza, infatti, è tra i Top 10 agenti Iata (International Air Transport Association) e si occupa di trasporti internazionali per terra (su strada e via treno), mare e vie aeree. Sia per sensibilità aziendale. “La nostra impresa vuole essere innovativa non solo nel servizio ai clienti, ma nel concepire il modo stesso di essere”, spiega il Ceo Andrea Buttà. “Il nostro impegno è sempre volto alla cura e alla crescita delle persone, alla valorizzazione delle differenze, alla sostenibilità ecologica, che nel nostro settore è fondamentale. Per questo siamo Carbon Neutral dal 2019: mappiamo l’impatto delle attività, compensando le emissioni con l’acquisto di crediti di carbonio certificati Onu. Parallelamente abbiamo attivato procedure volte alla riduzione delle emissioni e alla salvaguardia ambientale. La sostenibilità però è anche sociale e la mettiamo in pratica, ad esempio, con il sostegno

Silvia Giovannini Vector OLTRE I CONFINI DELLA SOSTENIBILITÀ

‘‘Un confine identità,laperindispensabileèdefinirenostrama

ECONOMIA

Insomma, una bella fucina di idee, quella di Vector, che non trascura la comunicazione: sul sito e sui canali social dell’azienda è possibile, infatti, trovare la condivisione trasparente e il racconto partecipato di queste iniziative.

STORIE DI PEOPLE

31 alle associazioni giovanili, sportive, culturali e sociali del territorio. Tutto questo, senza ovviamente dimenticare l’imprescindibile rispetto totale delle norme di qualità e sicurezza”. Una sensibilità aziendale verso i contesti, che si ripercuote anche nell’assetto organizzativo. “Vector, nata come azienda familiare nel ‘78 e unica tra i top player ad essere completamente italiana in un mercato di multinazionali, è Società Benefit dal dicembre 2021” racconta il Ceo. “Questo la rende ancora di più partner affidabile per i clienti, avendo inserito nel proprio oggetto sociale obiettivi di beneficio comune con lo scopo di creare un impatto positivo su società e ambiente”. Ma come si declina all’interno dell’azienda? “L’attenzione alle persone è un progetto sistematico, non un semplice susseguirsi di attività estemporanee. Nello specifico, significa attivare percorsi di formazione continua, programmi di welfare aziendale e politiche di sostegno alla famiglia e alla genitorialità”. Obiettivi, questi, perfettamente in linea con il progetto dell’Unione Industriali varesina “PEOPLE, l’impresa di crescere insieme” nato per sensibilizzare le aziende ma anche per promuovere e condividere le buone prassi già attuate dalle varie realtà produttive sul territorio. Da Vector arriva una testimonianza forte, con un ricco ventaglio di iniziative intraprese, diverse e riconosciute. “Solo per fare qualche esempio – spiega Camilla Buttà, Manager della Sostenibilità – in tema di attenzione green, nel 2021 abbiamo realizzato con Lega Ambiente il progetto ‘Il Borgo Verde nel Novarese’ che tra le azioni, oltre alle coltivazioni e alla realizzazione di orti solidali e didattici, ha l’obiettivo di favorire l’alternanza scuola-lavoro e l’inclusione socio-lavorativa. Inclusione è una parola chiave per noi. Abbiamo un gruppo interno, ad adesione volontaria, che si occupa della valorizzazione delle diversità e ci consente di essere un’azienda inclusiva.

Nel nostro percorso di Diversity & Inclusion, abbiamo affrontato il tema delle disabilità visibili e invisibili, incontrando realtà che da anni si impegnano in questo senso, come l’associazione sportiva Polha di Varese. Nel 2016 e nel 2018 siamo stati premiati come miglior Pmi per le politiche inclusive Lgbt in Italia e quest’anno siamo stati sponsor del Varese Pride. Altro riconoscimento è quello come Woman Value Company nel 2020, 2021 e 2022, un importante premio dalla Fondazione Marisa Bellisario, che dà visibilità alle imprese che mettono al centro le persone e il merito, senza pregiudizi di alcun genere. In particolare, valorizzare il talento femminile vuol dire non solo apportare energia alla propria azienda, ma contribuire all’evoluzione del Paese”. E per quanto riguarda il sostegno alla genitorialità? “Il tema è delicato e va fatta una premessa. Essere genitori e avere un lavoro impegnativo come il nostro, in cui programmare la giornata è una scommessa, è difficile. Nonostante ciò, abbiamo aperto delle riflessioni su come coniugare il lavoro alla genitorialità. Siamo partiti con il concedere la flessibilità dell’orario in entrata e in uscita in modo da poter permettere alle famiglie con bambini di accompagnarli a scuola. Abbiamo attivato delle convenzioni con cartolerie e centri estivi in modo da avere scontistiche importanti. Abbiamo fatto chiarezza interna sui diritti e le facoltà di genitorialità, estendendo tra le altre cose i diritti anche al genitore affettivo, non biologico e non adottivo. Uno dei prossimi step è quello di attuare politiche di sostegno fino al terzo anno di vita del bambino e c’è l’intenzione di creare entro la fine dell’anno il gruppo Mums&Dads, un team di genitori presenti in azienda, in modo da poter essere incisivi su richieste ed esigenze reali. La strada è lunga, ma si può fare tanto per permettere a chi lavora con noi di vivere serenamente sia il tempo del lavoro, che il tempo della famiglia”.

Con la storia di Vector continua il viaggio di Varesefocus tra le imprese del territorio impegnate in azioni di welfare aziendale, conciliazione lavoro-famiglia, sviluppo demografico, supporto alla genitorialità, inclusione di genere. Un racconto coerente con gli obiettivi del Progetto “PEOPLE, l’impresa di crescere insieme” lanciato dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese per contribuire all’attrattività del Varesotto con una serie di iniziative ad ampio spettro. Tutte accomunate da un unico filo conduttore: l’investimento e la valorizzazione delle persone in azienda. Per segnalare la storia della tua impresa scrivi a info@varesefocus.it. Per maggiori informazioni sul Progetto PEOPLE vai su www.univa.va.it oppure scrivi a people@univa.va.it.

‘‘V insiemelavorareogliamo alla politica a un Piano di Sviluppo del territorio. Unico. Che veda la collaborazione di tutti. Che sia capace di valorizzare le diverse specificità. Che vada in un’unica direzione”. Il Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Roberto Grassi, aveva lanciato la sfida un anno fa, durante l’Assemblea Generale 2021 dell’associazione datoriale. E ora, a distanza di un anno, è pronto a dare seguito a quell’intento. “Lunedì 3 ottobre, durante la nostra Assemblea Generale pubblica 2022, aperta alla partecipazione delle imprese, delle autorità, degli ospiti e della stampa e che si terrà al Centro Congressi MalpensaFiere di Busto Arsizio, proporremo il Piano Strategico per la provincia di Varese e la nostra associazione datoriale. Si tratterà di un documento ambizioso che vuole contribuire a tratteggiare le linee 33 Il Presidente Univa, Roberto Grassi

#Varese2050 INCHIESTA

di sviluppo del territorio da qui ai prossimi decenni. Avanzeremo proposte sui settori sui quali puntare e investire, quelli che secondo noi saranno in grado di fare da traino per la crescita economica e sociale, sulle linee di azione concrete da portare avanti e con quali soggetti lo vorremo e dovremo fare in spirito di piena collaborazione. Disegneremo la Varese del futuro. Ormai da diverse settimane è partita una campagna di comunicazione sui canali social di Univa che ci sta accompagnando verso la presentazione di questo piano. E l’hashtag che è stato scelto non è casuale: #Varese2050. Quella che metteremo sul tavolo è una

Da allora cosa è successo? Come si è mossa l’Unione Industriali? Dopo una fase di progettazione del lavoro, ad aprile di quest’anno è partito, grazie alla collaborazione stretta con il prestigioso think tank Strategique, che ha sede ad Harvard, il percorso di costruzione del Piano Strategico con un workshop che ha riunito i sindaci delle principali città, gli esponenti delle Università del Varesotto, le parti sociali (sindacati in primis) e i vertici dell’Unione Industriali. Tutti insieme per disegnare il futuro di Varese. Sono seguiti altri incontri che hanno coinvolto le persone della struttura della nostra associazione e alcuni titolari di imprese associate. Un workshop specifico è stato dedicato all’ascolto della visione dei giovani imprenditori che avranno un ruolo centrale nella messa a terra delle proposte del piano che ha, tra i suoi principali obiettivi, quello di costruire opportunità concrete per le nuove generazioni. Abbiamo poi svolto delle interviste con altri principali stakeholder, non ultimi alcuni esponenti del mondo del giornalismo locale. Abbiamo dato vita ad un percorso condiviso, un confronto allargato per ridisegnare la competitività futura della provincia. Ognuno ha portato la propria visione e ha potuto ascoltare quella

visione di lungo periodo che vuole andare oltre il contingente, ma inquadrando bene lo scenario attuale del Varesotto da cui partiamo”. Presidente Grassi, cosa serve alla provincia di Varese? Non voglio e non posso spoilerare i contenuti finali del Piano Strategico a cui stiamo ancora lavorando. Dico solo una cosa: alla provincia di Varese serve soprattutto trovare una propria identità. Chiara e definita, che ci renda percepibili e attrattivi in termini di investimenti e di persone a livello nazionale e internazionale. In quale sviluppo crediamo? Quale modello di territorio vogliamo costruire? Su quali leve di competitività vogliamo fare forza? Per cosa vogliamo che la provincia di Varese sia riconoscibile e famosa nel mondo? Quali vocazioni vogliamo coltivare? Sono queste le domande a cui il Piano Strategico #Varese2050 vuole dare delle risposte concrete. Un anno fa, nel corso dell’Assemblea Generale 2021 di Univa, nella sua relazione lei stesso aveva posto al centro del dibattito pubblico del territorio il tema tra percepito e realtà, tra punti deboli e punti di forza del sistema economico e sociale varesino.

Alcuni momenti dei workshop Univa

degli altri. Abbiamo raccolto una grande ed entusiasta partecipazione guidata dall’esperienza del team di Strategique e dal professor Fernando G. Alberti che ha anche svolto tutta una serie di analisi su indicatori, indici e dati raccolti in collaborazione con l’Ufficio Studi di Univa. Un metodo scientifico e, allo stesso tempo, di registrazione delle varie visioni sul territorio che ora stiamo sintetizzando in un documento che potrà fare da guida e sarà a disposizione di tutti. Da dove siete partiti per impostare questo lavoro? Non abbiamo voluto ingabbiare nessuno in una visione precostituita intorno alla quale schierare le varie anime economiche, politiche e sociali a suo favore o contro. L’ascolto è stata la parola d’ordine e lo sarà anche nella fase di esecuzione. Solo l’obiettivo doveva essere chiaro: partecipare a un confronto allargato per sviluppare un Piano Strategico che nei prossimi decenni deve aumentare il fermento imprenditoriale, rendere Varese più attrattiva per gli investimenti, far leva sulle nostre eccellenze, creare un territorio che si ispiri ai pilastri della modernità, della sostenibilità, dell’attrattività, della connessione, dell’innovazione, del dinamismo.

INCHIESTA VARESE2050

Qual è la priorità delle priorità?

Perché Univa dovrebbe riuscire dove altri hanno già tentato? Perché non vogliamo imporre o calare dall’alto nulla. La nostra sarà una proposta che metterà a disposizione della provincia di Varese un Piano di Sviluppo inclusivo e partecipato. Lo scopo non è semplicemente quello di produrre un documento statico: questa è la nostra visione, prendere o lasciare. Ciò rischierebbe di diventare lettera morta il giorno successivo alla sua presentazione. L’Unione Industriali ambisce, invece, a partecipare attivamente alla programmazione del territorio in un’ottica di collaborazione aperta con le amministrazioni locali, le parti sociali e le forze economiche. Proprio per questo è stata nostra intenzione avviare un dialogo che puntasse da subito ad una prospettiva di lungo periodo per contribuire alla definizione di una visione alta della competitività del Varesotto. Partendo anche da noi stessi e dalla nostra Associazione. Siamo i primi a volerci mettere in discussione. Il Piano Strategico #Varese2050 parlerà anche del futuro di Univa? Assolutamente sì. Il documento ci servirà come mappa per traghettarci verso l’identità futura di Univa,

Per rispondere dobbiamo tornare all’inizio di questa intervista: serve dare un’identità alla provincia di Varese attraverso la progettazione e messa in atto di un Piano Strategico di competitività per il territorio e per la stessa Univa. Dobbiamo valorizzare i nostri punti di forza e costruire la #Varese2050.

partendo dal ridisegno della value proposition e di un modello di associazione che sappia incorporare i principali trend di sviluppo, di business, sociali e tecnologici dei prossimi anni: questo uno degli obiettivi del Piano Strategico #Varese2050. Nessuna visione precostituita. Però Univa, in questi mesi, ha comunque fatto sentire la sua voce su diversi temi legati alla cronaca economica e politica. Il cantiere che abbiamo aperto non poteva certo fermare la nostra azione di attore sociale. Il contesto così complesso e sempre più turbolento non permette pause di riflessione e richiede capacità di reazione. Ci siamo spesi su tutti i fronti caldi: la crisi energetica, la ricostruzione delle catene globali del valore di fronte alla pandemia e alla guerra russoucraina, la crisi politica. E sui fronti più legati alla politica locale? Abbiamo concentrato la nostra azione di rappresentanza e di confronto con le Istituzioni su quelle che riteniamo siano le priorità del territorio: investire nell’istruzione tecnico scientifica, puntando su progetti di inclusione delle ragazze nelle materie Stem (in inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics, ndr.) e facendo leva sui percorsi post-diploma degli Its; portare al centro della politica locale il tema dello sviluppo dell’area Nord del Varesotto, che vive un declino ormai compatibile con aiuti di Stato sostenuti dalla Ue; rilanciare Malpensa, asset centrale per la crescita economica e sociale della provincia di Varese, anche attraverso l’approvazione del Masterplan e l’ampliamento dell’Area Cargo per sostenerne il forte sviluppo; puntare sullo sport come driver per l’attrattività del territorio, sia in termini turistici sia di investimenti esteri.E,non ultimo, invertire la curva della denatalità investendo come imprese sui temi del welfare aziendale e della genitorialità. Da qui il lancio del Progetto People.

Èal think Strategique,internazionaletankcon

G.FernandoAlberti

sede ad Harvard e incentrato su processi imprenditoriali, innovativi e strategici per accelerare la competitività di aziende e territori, che Univa si è rivolta per tracciare le traiettorie di sviluppo della Varese del futuro. A guidare il team di ricercatori che utilizzano il metodo ideato da Michael Porter, direttore dell’Institute for Strategy and Competitiveness dell’Harvard Business School, è il professor Fernando G. Alberti che, oltre essere Head di Strategique, è anche professore Ordinario di Economia aziendale e Direttore dell’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness alla LIUC –Università Cattaneo di Castellanza.

In cosa consisterà il Piano Strategico per la provincia di Varese e per Univa?

Professor Alberti qual è il lavoro che state portando avanti per conto dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese? Quella che ci è arrivata da Univa è una richiesta sempre più frequente sia a internazionale.nazionale,livellosia A noi si categoria,associazionirivolgonodicome in questo caso. Oppure singole cluster.cordateimprese,diaziende,L’ideaèquella di creare un Piano Strategico di lungo periodo che non sia calato dall’alto ma che nasca dal confronto e dalla condivisione con gli stakeholder dell’organizzazione. Amministratori pubblici, Università, sindacati, imprenditori, giovani titolari d’impresa, funzionari della stessa Univa, giornalisti. Rappresentanti di vari mondi portatori di visioni diverse che abbiamo coinvolto in quattro workshop e con una serie di interviste. Quella che stiamo portando avanti non è semplicemente un’analisi al desk di dati economici da accompagnare ad un’interpretazione qualitativa, come spesso avviene con pubblicazioni che poi hanno il destino di prendere polvere sugli scaffali delle librerie. Strategique non è una società di consulenza, ma un think tank che applica il metodo del design thinking, è un completamenteapprocciodiversochevaoltreunafotografiadelposizionamentodellaprovinciadiVarese.

INCHIESTA competitività 36

Dunque, che cosa ci dobbiamo attendere come risultato finale?

Come si costruisce oggi la competitività di un territorio? Non certo con una politica di incentivi come l’azzeramento dei tassi sui finanziamenti o sugli oneri sociali per attrarre investimenti. Così fai da calamita solo per i peggiori della classe, gli opportunisti che poi, finito il periodo delle agevolazioni, se ne vanno. Un esempio è il South Carolina. Non funziona nemmeno il tentativo di replicare sul territorio delle nuove Silicon Valley. Queste soluzioni calate dall’alto, top-down, hanno scarse probabilità di successo. In realtà il metodo giusto è bottom-up, bisogna saper leggere i fenomeni micro, quelli già presenti sul territorio, specifici fenomeni imprenditoriali spontanei che magari inconsapevolmente stanno già lavorando da tempo su traiettorie che vanno nella stessa direzione. Se un’organizzazione, come un’associazione datoriale, riesce a cogliere e interpretare questi fenomeni, è possibile creare un fil rouge coerente sul quale costruire un Piano Strategico, appunto. Un caso di successo italiano in questo senso? La Motor Valley emiliana.

Il nostro approccio, che è quello di Michael Porter, è di lungo periodo e prevede decenni per arrivare ai risultati attesi. Il secondo motivo è che la costruzione di questi piani strategici spetta di più a chi è deputato a creare valore, ossia le singole imprese, i cluster di aziende o chi le rappresenta, come le associazioni di categoria. La Pubblica Amministrazione, nella nostra stessa visione, ha più un ruolo di arbitro e di distributore di un valore che, però, viene creato nel contesto privato. Ciò detto ci sono casi eccellenti, come per esempio la città di New York dove da anni il Piano Strategico di sviluppo passa da un’amministrazione all’altra, come un testimone. Magari con qualche modifica, in una logica evolutiva, ma comunque rimanendo fedele al lavoro originario. Ma parliamo di un unicum e di una realtà iconica a livello internazionale. In Italia qualche primo approccio lo abbiamo ricevuto da alcune Regioni.

Il risultato finale sarà un assesment competitivo della provincia di Varese dove saranno descritti i punti di forza sui quali fare leva per la crescita futura e quelli deboli su cui intervenire. Definiremo un posizionamento strategico sul quale basare una value proposition e linee di azione e priorità strategiche che Univa porterà avanti nei prossimi anni. Ogni azione avrà una propria scheda dettagliata che indicherà, oltre alle proposte concrete, anche gli stakeholder con i quali l’associazione datoriale dovrà e potrà relazionarsi e collaborare. Come arriverete a questo risultato finale?

Algoritmi, indici, analisi e ascolto. Un metodo scientifico per progettare un territorio. Non potrebbe essere un approccio al quale anche la politica si potrebbe ispirare? Ci sono Amministrazioni pubbliche nazionali o estere che si sono rivolte in passato a Strategique?

Tendenzialmente no. Il governo pubblico in realtà non ci ingaggia per due motivi. Il primo è il suo orizzonte di vita che impone di costruire un consenso per la propria rielezione nel breve periodo, pensiamo per esempio alle elezioni di midterm negli Usa.

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Abbiamo iniziato con l’elaborazione di un cruscotto della competitività che fotografa la struttura dell’economia territoriale, protagonisti e come viene prodotto valore. Stiamo definendo produttività, livello di innovazione, partecipazione della forza lavoro e i singoli settori applicando un algoritmo sviluppato da Michael Porter. Ci serve per capire quali comparti sono in espansione e perché e quali si stanno contraendo. È fondamentale anche un’analisi di tutti i cluster presenti e dell’ecosistema imprenditoriale. Tutto questo ci porterà a definire quello che noi chiamiamo ‘diamante della competitività’ che ci permetterà di individuare quelle filiere in grado di rafforzare tutto il contesto economico e sociale locale. Da qui applicheremo poi a Varese un indice di fermento imprenditoriale creato a Stanford che permetterà di evidenziare le prospettive in termini di tessuto industriale, sviluppo di competenze, sviluppo finanziario, performance imprenditoriali e innovazione. Questo indice sarà alla base di un benchmark con territori simili a Varese, sia a livello nazionale sia internazionale. Anche in questo caso utilizzeremo un algoritmo sviluppato da ricercatori universitari dei Paesi Baschi. Tutte queste sono le fasi necessarie a stilare quell’assesment competitivo finale di cui parlavo prima, con le azioni concrete da portare avanti per disegnare la Varese del 2050.

INCHIESTA può prescindere da queste nuove forme di valore di cui ne riportiamo e presentiamo una selezione qui di Betterseguito. value Il valore viene innalzato ad un livello “migliore” per noi e per il pianeta, in ragione della crescente centralità della sostenibilità ambientale nelle strategie e nei modelli di business dei territori e delle imprese che diventano green e circolari. Toronto, in Canada, ha definito gli obiettivi e le linee guida della propria amministrazione locale in una logica di circolarità che impone, ad esempio, la scelta esclusiva di fornitori che adottano pratiche circolari. I modelli di “simbiosi industriale” permettono poi di estendere la circolarità da una logica di singola impresa ad una di rete di imprese. Come in Danimarca dove un network di 14 imprese ha creato un loop perfetto in cui i rifiuti prodotti da un’azienda vengono valorizzati come materie prime per un’altra. Le soluzioni territoriali sostenibili approdano anche nella pianificazione della mobilità sulla scorta del trend della “net-zero mobility”, come a Londra, dove Shell ha iniziato a riconvertire le pompe di benzina in stazioni elettriche, prevedendo entro il 2025 di riconvertirne almeno 50.000.

SharedCresconovalueicasi in cui si configura un valore condiviso, ovvero modelli di business e pratiche che sanno aprire spazi di iniziativa imprenditoriale, laddove vi siano delle istanze sociali forti e irrisolte, in una logica di imprenditoria 39

unterritorio

INCHIESTA VARESE 2050 Toronto 40

Il valore diventa phygital attraverso nuovi modelli di business senza soluzione di continuità tra mondo fisico e digitale. In Cina, oggi si paga con un sorriso, grazie al sistema di pagamento “Smile to Pay” di Alipay basato su un algoritmo di riconoscimento facciale che elimina la necessità di avere con sé contanti, carte di credito o smartphone. Nel mondo phygital si approda anche grazie ai “digital twin”, repliche virtuali che oggi vengono create non solo per prodotti ma per intere città, come ha fatto Dublino, per semplificare la pianificazione strategica del territorio, aumentando la sicurezza dei cittadini. Soluzioni simili diventano sempre più estreme grazie all’avvento del metaverso che dopo singoli eventi accoglie ora intere città. Prima tra tutte Seoul, che ha annunciato di voler “spostare” tutti i servizi al cittadino entro il 2023 in un mondo gemello parallelo virtuale e Valueinterconnesso.inhelpIlvaloreviene sempre più riconosciuto se erogato attraverso soluzioni che aiutano i cittadini nella gestione e semplificazione delle attività quotidiane, facendo leva sulle più recenti tecnologie sociale e diffusa. Come in Perù, dove Innova School ha aperto una vasta rete di scuole basate su un modello educativo ibrido, tra fisico e digitale per andare incontro alle esigenze economiche della nascente classe media peruviana, fino a quel momento non adeguatamente servita dal sistema pubblico. In Tanzania è stato invece uno sforzo collettivo tra istituzioni nazionali e sovranazionali, a permettere a Yara, tra i leader globali nella produzione di fertilizzanti, di educare i piccolissimi agricoltori locali all’uso dei fertilizzanti, migliorando i raccolti e quindi le condizioni di vita delle Valuecomunità.“as-a-service”Ilvalorepassasempre più attraverso il concetto di servizio cavalcando il trend della servitization e con pratiche di sharing e payper-use che sostituiscono l’idea di proprietà e ripensano i servizi di territorio. L’aeroporto Schiphol di Amsterdam invece di acquistare

lampade e lampadine ha deciso di pagare per avere un certo livello di lumen nei suoi spazi. In Belgio, una nuova piattaforma di condivisione permette ai piccoli imprenditori di usufruire dei macchinari sottoutilizzati dalle imprese locali, evitando grandi investimenti iniziali di capitale. Nuovi modelli di servizio approdano nelle città grazie a nuovi approcci alla pianificazione urbana, come quello della “15-minutes city” adottato da Parigi che mira ad avere tutti i servizi essenziali per il cittadino nel raggio di un quarto d’ora dalla sua abitazione o come quello della “cellular city” adottato da Amsterdam per rendere tutti i quartieri capaci di gestire in modo autonomo un evento inaspettato, come un’inondazione.

Phygital value

Chicago ha avviato un programma ormai decennale che mira a creare un ecosistema multi-stakeholder di salute e benessere altamente interconnesso ed accessibile a tutti. In tema di inclusività, a Seoul i cittadini hanno il controllo del 5% del budget comunale in un sistema di “bilancio partecipativo pubblico” che ha aumentato la fiducia con e tra i suoi residenti, elevando l’impegno pubblico da “atto simbolico” a contributo necessario per rendere la città un posto migliore per tutti. A Montreal l’assistenza sanitaria diventa personalizzata grazie all’installazione di maxischermi nelle metropolitane che offrono un checkup istantaneo ai lavoratori pendolari, i quali non solo tengono monitorata la propria salute in modo costante, ma si ingaggiano anche a mantenersi sempre più in forma.

Nel commercio, le consegne si fanno poi sempre più estreme grazie all’avvento dei droni in un numero crescente di ambiti e settori, dal food, grazie ad aziende come Uber e Amazon, fino a quello medico-sanitario, come nel Lazio dove l’amministrazione regionale ha appena siglato un protocollo d’intesa con Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) per il trasporto di farmaci e dispositivi medici. digitali. In Styria, Austria, grazie ad uno studio sui dati di geolocalizzazione raccolti da Twitter è stato possibile comprendere meglio, e quindi pianificare, le dinamiche di movimento di cittadini e turisti nel territorio. In Libano, l’adozione di visori di realtà aumentata ha permesso ad uno studio di progettazione di “vedere la città dal punto di vista di un bambino”, migliorando la sicurezza e l’accessibilità degli spazi aperti. L’uso del 5G ha permesso alla città di New York di aiutare i pompieri nelle operazioni di salvataggio rendendole più sicure ed efficienti. La velocità della tecnologia è, infatti, tale da consentire ai pompieri di inviare le immagini catturate dai visori di realtà aumentata, quando in situazioni di visibilità nulla, ad un computer centrale che le rielabora e le rimanda, pulite ed in tempo reale, al visore. Personal value La personalizzazione si fa estrema nel tentativo di costruire città che Londra

ValueCambia,deliveryinfine, il concetto di commercio che si fa oggi pervasivo ed ubiquo incorporando elementi di sostenibilità, digitalizzazione e personalizzazione ed offrendo una varietà di modelli ibridi. Nelle città si sperimenta la costruzione di store completamente rinnovati rispetto ai modelli tradizionali, come quelli green, eco-sostenibili e senza parcheggio di Ikea dove i clienti possono arrivare solo a piedi o con i mezzi pubblici e l’unico modo per avere a casa quanto acquistato è farselo consegnare tramite il centro logistico più vicino.

41 sappiano essere “human-centred”, ossia attente ai bisogni di ognuno.

qualità

Innovazione,processidigitalizzazione e dei servizi: le novità di BPER

BPER Banca sta realizzando un ambizioso programma integrato di evoluzione della sua struttura commerciale, tecnologica e della digitalizzazione dei processi con l’obiettivo di migliorare la propria infrastruttura IT e i servizi offerti. È già in corso, infatti, un processo di riposizionamento che potenzia i canali smart (internet banking e mobile app) con nuove funzionalità, allineando i servizi della Banca agli standard dei migliori competitor. BPER vuole costruire un ambiente digitale modellato sulle necessità del cliente, suggerendo un approccio innovativo di fruizione dei servizi bancari, integrandoli nella sua quotidianità con soluzioni di avanguardia. In tale ambito si procederà a una completa rivisitazione delle attività che riguardano il potenziamento delle funzionalità da remoto, la digitalizzazione dei

interni e l’ulteriore evoluzione della robotica. Il Piano Industriale 20222025 punta, inoltre, a valorizzare il patrimonio informativo disponibile, sia internamente sia nell’ecosistema esterno con l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale che migliora la capacità di analisi dei dati a disposizione e dei comportamenti della clientela in tempo reale. Per modernizzare la propria offerta digitale, il Gruppo BPER Banca si sta dotando di una nuova Digital Factory in grado di rispondere alle esigenze più evolute della clientela. Per raggiungere questi obiettivi è previsto un rafforzamento dell’organico IT nel triennio 20222025 fino a un totale di oltre 600 risorse – accompagnato da uno specifico piano di formazione – con investimenti per più di 500 milioni di euro, di cui 90 milioni per il rinnovo delle infrastrutture dell’Information Technology, oltre tre volte quanto previsto nel precedente Piano. Il Vice Direttore Generale Vicario e Chief Business Officer Stefano Rossetti afferma: “L’obiettivo è creare un ecosistema accessibile, un modello di business innovativo e virtuoso, in cui la Banca interagisce con il cliente in modo più coinvolgente e diretto. Inoltre, abbiamo potenziato la nostra struttura organizzativa creando la direzione Direct Channels, con l’ingresso di un nuovo responsabile, Maurice Lisi”. Il Vice Direttore Generale e Chief Operating Officer di BPER Banca Elvio Sonnino ha aggiunto: “Innovazione e digitalizzazione sono due asset su cui il nostro Gruppo bancario punta con determinazione, specie dopo avere assunto una nuova dimensione nazionale grazie alle recenti operazioni straordinarie. Affrontiamo inoltre alcuni ‘temi di frontiera’, partecipando a iniziative con Atenei, partner tecnologici e Consorzi”.

PUBBLICITARIAINFORMAZIONE

LAVORO COME MUOVERE I PRIMI PASSI NEL MONDO del lavoro IASCOLTA DI 43

LAVORO MUOVERE I PRIMI PASSI

Per offrire qualche consiglio ai più giovani (ma non solo a loro) ecco una serie di podcast con qualche dritta per chi deve affrontare questo Percorso.

L’idea nasce all’interno del progetto Generazione d’Industria, voluto dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese per avvicinare il mondo della scuola e quello delle imprese. Li abbiamo raccolti grazie alla collaborazione di alcuni professionisti delle risorse umane: Debora Carabelli (Fadis), Francesca Corridori (Sea Aeroporti Milano), Lorenzo Genoni (Secondo Mona), Fulvia Fossati (Lindt), Maddalena Castiglioni (Lati – Industria Termoplastici), Eleonora Fossa e Chiara Novello (Stanley Black & Decker).Semplice e sincero: il cvNelvincenteprocessodi ricerca di un lavoro, una fase delicata è quella della stesura del curriculum, una sorta di carta di identità professionale, che però oltre a trasmettere la propria unicità deve essere coerente con il tipo di azienda e la mansione per cui ci si candida. “Un buon cv deve valorizzare i punti di forza di chi lo scrive, trasmettere professionalità ed essere sintetico, semplice e ordinato, con le esperienze indicate con rigore cronologico mettendo in alto la più recente”, sintetizza Debora Carabelli di Fadis (settore meccanotessile).

“Ma, soprattutto, non bisogna mai scrivere cose non vere: il recruiter in fase di colloquio lo scoprirebbe sicuramente”.Occhio,quindi, alle informazioni inserite. Anche a quelle che spesso si danno per scontate. “Un buon cv deve contenere tutte le informazioni in maniera chiara, in primis quelle per essere ricontattati (mail, indirizzi, numero di telefono) ma anche dettagli tecnici aggiuntivi come il possesso di patente. Immancabili sono le informazioni relative alla autorizzazione dei dati personali per la privacy” chiarisce Francesca Corridori di Sea (settore aeroporti). E quali sono gli errori da non commettere? Lorenzo Genoni di Secondo Mona (settore aerospazio) non ha dubbi: “Il documento va letto e riletto con attenzione: errori grammaticali, di battitura o anche errori nell’inserimento dei recapiti non sono accettabili. Nella definizione dei contenuti è bene costruire il cv secondo uno schema a blocchi. Ad esempio, nel caso di esperienze precedenti bisogna indicare in modo chiaro: la ragione sociale dell’impresa, la tipologia di esperienza, il ruolo ricoperto e le attività svolte”. “Su quest’ultimo aspetto, è ovvio che 44

Non esiste una seconda occasione per fare una buona sortaimpressione.primaÈunadimantraper chi si occupa di ricerca e selezione del personale, ma dovrebbe essere un monito aureo per chi si trova nella non sempre facile situazione di fare i primi passi verso il mondo del lavoro.

“Le imprese non si aspettano un candidato perfetto, che sappia tutto, ma persone che meritino un investimento su di loro. Quello che conta fin da subito principalmente è quindi instaurare un rapporto di fiducia”

45 un neodiplomato non possa avere grandi esperienze. I ragazzi, però, non pensano che possono raccontare quanto appreso a scuola – aggiunge l’Hr di Secondo Mona – ad esempio l’uso di strumenti tecnici precisi. Questi dettagli possono fare la differenza. Spesso i recruiter utilizzano degli strumenti di ricerca per parole chiave all’interno del testo: inserire la conoscenza di applicazioni specifiche rappresenta un vantaggio. Perché poi non raccontare passioni, hobby e interessi? Cosa ha spinto a determinati studi? Se la passione è per l’aeronautica, ad esempio, una azienda del settore saprà apprezzarlo. Un modo intelligente e furbo per creare un contatto umano con il recruiter”. “Per quanto riguarda competenze specifiche come le lingue straniere, è ovvio che siano un valore aggiunto. Ma è anche importante dichiarare la eventuale disponibilità a viaggiare così come, per alcuni settori, la disponibilità a lavorare su turni. Esperienze all’estero possono rappresentare una dimostrazione di questa disponibilità”, aggiunge Corridori.Perquanto riguarda formati particolari e l’inserimento o meno della fotografia, l’opinione è comune: non è l’immagine che conta ma la sostanza. “Non ho mai incontrato un candidato che fosse esattamente come nella foto” spiega Carabelli. “Per quanto mi riguarda, preferisco concentrarmi su quanto mi viene scritto e raccontato. Un consiglio potrebbe essere quello di inviare il cv senza foto e poi, in fase di colloquio, consegnarne uno con la foto per potere essere ricordati. Importante è comunque scegliere una foto professionale”. “Per alcuni settori più creativi, si può osare una certa personalizzazione; in generale la semplicità è sempre vincente”, è l’opinione di Corridori. Il cv è pronto, ma come va inviato? “Se l’azienda ha una piattaforma ad hoc, è bene evitare altre strade” sottolinea Genoni. “Questi strumenti non sono un limite per i candidati ma una garanzia della sicurezza del trattamenti dei propri dati”.Questioni di immagine (ancheImmaginiamodigitale)che il nostro cv abbia sortito il suo effetto e si venga contattati per un colloquio. Come ci si prepara? “La prima cosa è prendersi del tempo per una propria autovalutazione. Definire le proprie aspirazioni, individuare punti di forza e debolezza, analizzare bene l’annuncio e capire cosa nelle nostre skill combaci il più possibile con la richiesta, anche per quanto riguarda i valori”, sottolinea Fulvia Fossati di Lindt (industria alimentare del cioccolato).“Questafase è fondamentale” spiega Maddalena Castiglioni di Lati (industria plastica): “La chiamata ad un colloquio, infatti, è parte del processo di selezione così come la cura del cv. È bene ad ogni contatto mostrarsi gentili e disponibili. I consigli sono prima di tutto pratici: rispondere con cortesia e formalità alla convocazione, raccogliere informazioni sull’azienda, anche attraverso sito e social e, se possibile, anche sul selezionatore e prepararsi a rispondere alle domande più comuni.

Il colloquio di lavoro è un’opportunità certo, ma anche un’occasione di stress. Bisogna cercare di arrivare il più rilassati possibile, preparandosi per

tempo, con le giuste informazioni, anche banalmente quelle sulla strada per arrivare all’appuntamento. Poi allenarsi ad esporre, prendersi cura di sé (riposare, praticare sport o meditazione, nutrirsi con cibi sani) e decidere in anticipo l’abbigliamento. E poi pensare positivo, ma senza illudersi: un colloquio è sempre un’occasione di crescita, comunque vada”.Se è importante arrivare informati sull’azienda, è però bene sapere che l’azienda farà lo stesso con il candidato. “Anche l’immagine digitalenon è da sottovalutare. Il suggerimento è quello di tenere un profilo social senza eccessi, evitando immagini che rischino di distorcere un’opinione” chiarisce Fossati. Stesso suggerimento per l’immagine dal vivo. “L’abbigliamento è certamente una parte importante: anche in questo caso ordine e pulizia e, in generale, evitare gli eccessi, sono sempre vincenti, anche nei colloqui a distanza”.Nonesiste il candidato perfettoÈarrivato il fatidico momento dell’incontro con il selezionatore. “È fondamentale dimostrare di aver preso seriamente la parte precedente: arrivare preparati, conoscendo azienda e posizione per cui ci si candida, è un segno di attenzione”, spiega Eleonora Fossa di Stanley Black & Decker (fabbricazione di utensili). “A questo punto bisogna essere preparati anche alle domande. Il suggerimento è quello di adottare un approccio ‘Star’ (situation, task, action, result, ossia situazione, compito, azione e risultato). Per ogni risposta è bene delineare motivazioni, obiettivi, azioni intraprese e risultati, con brevità e chiarezza. Le imprese non si aspettano un candidato perfetto, che sappia tutto, ma persone che meritino un investimento su di loro. Quello che conta fin da subito principalmente è quindi instaurare un rapporto di fiducia”. Senza esagerare

LAVORO MUOVERE I PRIMI PASSI con la confidenza. “Mai parlare male di una esperienza precedente: è uno sbaglio che racconta più di noi che dell’azienda. In generale, però, l’onestà paga sempre. Si possono raccontare i propri motivi di insoddisfazione in maniera politica, ma trasparente”, spiega la collega Chiara Novello. “Dal punto di vista della forma, se il dress code dipende anche dall’ambiente in cui ci si presenta, l’atteggiamento è invece molto importante: la puntualità, ad esempio, è un segnale chiaro. Ma quello che conta soprattutto è il contenuto e la chiarezza con cui ci si esprime, più importante della postura. La linearità del ragionamento è spesso più rilevante della risposta stessa” spiega Fossa.“Come presentarsi? Per mettere in luce i propri talenti, fondamentale è conoscerli. Sapere cosa ci appassiona e cosa vogliamo è già un grande passo avanti. Tutti abbiamo difetti: non è necessario nasconderli ma mostrare consapevolezza per le proprie aree di miglioramento” aggiunge Novello. “È molto importante essere preparati alla richiesta di autopresentarsi. Per quanto riguarda i giovani, è ovvio che un selezionatore non si aspetti grandi competenze: qui conta l’atteggiamento, positivo e propositivo”.Ledomande taboo In questo particolare momento storico, l’attenzione a quello che si dice e a come lo si dice, è molto forte. Alcuni temi possono diventare delicati ed è meglio essere pronti ad affrontarli. La contrattazione economica al primo colloquio, ad esempio. “Il tema è spinoso. Quando si parla di retribuzione si possono commettere scivoloni che rischiano di compromettere il percorso. È bene che sia il recruiter ad introdurre il tema ma bisogna arrivare con le idee chiare: è fondamentale conoscere la propria attuale retribuzione e le proprie aspettative in maniera precisa. In ottica di retribuzione, è anche bene chiedere in che posizione dell’organico si verrà inseriti per comprendere le eventuali possibilità di carriera e per dimostrare interesse” sottolinea Castiglioni. “La prima fase è solitamente di reciproca conoscenza – aggiunge Novello –. Il suggerimento è di non affrontare il tema al primo colloquio, che serve a comprendere se ci si piace a vicenda. Poi sarà più facile parlare anche dell’aspetto economico e incontrarsi”. Stessa cautela nel caso di domande molto personali come il classico “ha intenzione di avere figli” ad una ragazza. “In generale c’è da stupirsi che queste domande vengano ancora fatte” afferma Fossa. “Il mio consiglio è comunque di rispondere sempre onestamente e con professionalità. Ad esempio, è possibile rispondere: sì in futuro intendo avere figli ma non ritengo che questo impatterà sul mio lavoro. Ma seriamente è davvero necessario specificarlo? È importante chiarire un concetto: l’azienda sceglie il candidato, ma è anche il candidato che sceglie l’azienda. Quando vengono poste certe domande, la domanda vera che deve farsi il candidato è: accetto di lavorare in un’azienda che fa questo tipo di domande? ”

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LAVORO Alessia Lazzarin Le competenzeCHE

ALL’AREASERVONOINSUBRICALeimpresetransfrontalieresonoacacciadinuove

figure professionali altamente specializzate che, allo stesso tempo, possiedano skill sempre più complesse e diversificate. Data analyst, esperti di cybersecurity e specialisti della stampa 3D nel settore edile. Ma anche tecnici nel comparto della meccanica, periti e ingegneri chimici. Profili che devono saper essere flessibili, interdisciplinari e ibridi. È quanto emerge dalla “ricerca-azione” di Skillmatch, il progetto che si pone l’obiettivo di riallineare il divario tra domanda e offerta di lavoro nell’area a cavallo tra Lombardia e Canton Ticino47

LAVORO SKILL MATCH D 48

Executivelease, Noleggio Veicoli Aziendali offre alle imprese associate condizioni agevolate su servizi di noleggio a lungo termine, sistemi di ricarica e promozioni dedicate alle vetture ibride ed elettriche. Offre anche servizio di Mobility Manager in outsourcing certificato secondo la metodologia europea EPOMM e le linee guida adottate dai ministeri competenti il 4 agosto 2021. Per le imprese associate all’Unione ExecutiveLease offre la promo “SENZAPENSIERI” che prevede condizioni agevolate e servizi speciali in omaggio sul noleggio a lungo termine. Il noleggio specializzato nella consegna veloce che garantisce la mobilità per la tua azienda. EXECUTIVE LEASE 039convenzioni@executivelease.it2260562CONVENZIONE RISERVATA ALLE AZIENDE ASSOCIATE UNIVA

FORMAZIONE

Lisa Aramini Frei Dalla durata triennale, ma con la possibilità di integrare il percorso di studi fino a cinque anni di frequenza: sono i corsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). Un’arma vincente per i ragazzi che vogliono fin da subito cimentarsi con il mondo dell’occupazione, mettendo a frutto le proprie passioni. E, allo stesso tempo, uno strumento efficace per contrastare i fenomeni dei Neet e della dispersione scolastica. Parte il viaggio di Varesefocus all’interno di questo spaccato dell’istruzione, troppo spesso bistrattato a suon di luoghi comuni

LA SCUOLA CHE INSEGNA a lavorare 50 Licei. Istituti Tecnici. Ma non solo. I ragazzi e le ragazze, finita la terza media hanno anche una terza via sulla quale incamminarsi per costruire il proprio futuro. Quella rappresentata da una sigla: IeFP. Acronimo che indica i percorsi di qualifica di Istruzione e Formazione Professionale, scuole appartenenti al secondo ciclo di istruzione del sistema scolastico provinciale che hanno l’obiettivo di mettere in grado i giovani di imparare lavorando e seguendo i propri interessi. Dall’operatore agricolo al grafico, dall’operatore informatico a quello del benessere: queste scuole coprono diverse aree, anche a seconda del luogo in cui si trovano. È all’interno di questo mondo della formazione spesso sconosciuto e ancor più spesso bistrattato a causa di luoghi comuni che Varesefocus si addentrerà nei prossimi numeri con un viaggio di cui l’articolo che state leggendo rappresenta l’avvio. Di durata triennale, sul territorio provinciale, sono una ventina i percorsi offerti dai 18 Centri di Formazione Professionale e dai 7 Istituti Scolastici che si dedicano a questo tipo di formazione. Nel Varesotto i percorsi attivi si possono racchiudere in 7 aree principali: agroalimentare; cultura, informazione e tecnologie informatiche; manifattura e artigianato; meccanica, impianti e costruzioni; servizi alla persona; servizi commerciali e turismo; sport. La personalizzazione della formazione è legata al dialogo continuo con le aziende, frutto del considerevole monte ore che un alunno frequenta direttamente nei luoghi di lavoro durante i tre anni di scuola, da un minimo di 1.188 ad un massimo di 1.485.Questi percorsi hanno la caratteristica principale di avere un’impronta molto concreta, offrendo agli studenti la possibilità di mettere in pratica fin da subito gli insegnamenti appresi. “L’istruzione IeFP ha la particolarità di essere altamente professionalizzante – come ci spiegano dal Settore Istruzione e Formazione Professionale della Provincia di Varese – trovando un punto di incontro tra lo studio e la realizzazione pratica di quello che viene studiato, in particolare in Lombardia dove si punta molto

in base alle esigenze del territorio. Esempio vicino è la creazione di corsi dedicati alla logistica, campo in ascesa sul territorio. Si cerca di ragionare in termini di filiera, costruendo percorsi legati alle esigenze territoriali mantenendo costante il dialogo con le imprese”.InLombardia è possibile frequentare i percorsi IeFP con il sistema duale, sia tramite l’apprendistato sia tramite l’aumento di ore in azienda. Si possono quindi raggiungere le 400 ore extra di esperienza di stage, modalità molto frequente anche all’estero come in Germania o in Francia. Percorsi dall’esperienzacaratterizzatidellavoro diretto ma anche dalla possibilità di integrare il proprio bagaglio culturale con conoscenze sempre più vaste. Dopo la frequenza del triennio e del quarto anno integrativo, i ragazzi e le ragazze possono decidere di frequentare il quinto anno con la possibilità di accedere all’Esame di Stato per ottenere il Diploma di maturità professionale, così da avere poi la possibilità di un’eventuale iscrizione ad una facoltà universitaria.Parallelamente c’è l’opportunità di seguire un corso IFTS, Istruzione e Formazione Tecnica Superiore, della durata di un anno, specializzandosi nel settore di provenienza con lezioni frontali caratterizzate da un 40% di esperienza in azienda e insegnamenti provenienti da professionisti del settore.“Leimprese hanno bisogno di ragazzi e ragazze qualificate e preparate – concludono dal Settore Istruzione e Formazione Professionale della Provincia di Varese –. La frequenza dei corsi IeFP rappresenta l’opportunità di imparare fino da subito un mestiere. I dati occupazionali e di retribuzione sono più che soddisfacenti, segno di come questo tipo di formazione funzioni, grazie anche al dialogo continuo tra scuole e mondo del lavoro”.

51 sull’alternanza scuola-lavoro, estremamente utile per tutti quei ragazzi che hanno già voglia di lavorare. Uno studente, dopo la terza media, magari non si sente pronto ad intraprendere un percorso liceale. Così facendo, frequentando comunque tre anni di scuola, non si rischia di perdere l’allievo, contrastando anche il fenomeno dei Neet”. Così come quello della dispersione scolastica. Al primo anno l’alunno riceve un’infarinatura di carattere generale, mentre al secondo e al terzo le materie professionalizzanti hanno un ruolo maggiore così come le esperienze di stage in azienda. Nel corso del triennio è prevista comunque una preparazione culturale nell’area linguistico-espressiva, matematicoscientifica e delle scienze umane, in modo da non trascurare la crescita personale dei ragazzi e delle ragazze. Si concluderà poi il percorso con un esame che rilascerà la Qualifica di Istruzione e Formazione professionale con validità sia su suolo nazionale sia su suolo europeo.

Lo studente volenteroso di continuare il percorso di formazione potrà farlo con la frequenza di un quarto anno integrativo, arricchendo così la preparazione professionale per ottenere poi un Diploma di Istruzione e Formazione Professionale Quadriennale. “Il quarto anno integrativo è frequentabile anche attraverso la sottoscrizione di un apprendistato – sottolineano gli esperti della Provincia di Varese –. Uno studente, infatti, dopo il primo anno può avere la possibilità di sottoscrivere questo tipo di contratto, della durata massima di tre anni, con una azienda, completando così il ciclo di scuola dell’obbligo arrivando al compimento del quarto anno integrativo, raggiugendo anche un livello di maturazione e consapevolezza maggiore”. Al termine del corso è previsto un esame per il rilascio dell’attestato regionale di Diploma di Istruzione e Formazione Professionale. “A livello nazionale l’occupabilità è oltre il 70%, con un lavoro spesso trovato vicino a casa. Merito dello sviluppo dei percorsi

IL FUTURO DELLA FOTONICA nell’aerospazio

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Quando si parla di tecnologie fotoniche, il comparto aerospaziale risulta il campo ideale per le sperimentazioni. A confermare le potenzialità di questa scienza sono i dati che ne mappano l’utilizzo nei vari ambiti di applicazione, svelando un’alta percentuale di impiego nel settore della difesa e dell’esplorazione spaziale. Come dimostra l’esperienza dell’industria lombarda, a partire dai progetti di Thales Alenia Space Italia Chiara Mazzetti

‘‘Il territorio lombardo è sempre stato casa di innovazione: per il nostro settore, nella parte aeronautica, ma soprattutto in quella spaziale, la fotonica è una tecnologia abilitante, che consente di migliorare le performance dei processi già in atto e di fare sperimentazione in svariati ambiti, ancora sconosciuti. Un terreno tutto da esplorare, in grado di creare opportunità per l’intero tessuto industriale”. A parlare è Angelo Vallerani, Presidente del Lombardia Aerospace Cluster, associazione con oltre 100 imprese socie che rappresenta oggi la filiera aerospaziale lombarda nella sua complessità, composta da più di 220 aziende per quasi 20.000 addetti impiegati, per circa 5,8 miliardi di euro di fatturato annuo e un export dal valore di circa 1 miliardo, pari a quasi un terzo delle esportazioni nazionali di settore. Sono svariate le opportunità di innovazione per il settore aerospaziale

SCIENZA & TECNOLOGIA

Thales Alenia Space Italia: “Riguardo la fotonica Distribution”èstiamoattenzionesuelementoleTerradaisatelliticomunicazioni,attività.facendointrapresoabbiamoelostiamotuttora,diverseSulfrontedellesiatranellospazioosatellitiaicentridicheraccolgonoinformazioni,unfondamentalecuiabbiamopostoesucuilavorandolaQuantumKey rese possibili dall’uso delle tecnologie fotoniche, ma prima di indagarle, è necessario fare un passo indietro e chiarire (nel modo più comprensibile possibile) di cosa si sta parlando. Il termine “fotonica” descrive l’utilizzo della luce attraverso lo studio delle sue proprietà e delle sue interazioni con la materia. La fotonica, in altre parole, è la branca dell’ottica che studia i metodi di controllo della propagazione dei fotoni che compongono la luce. Nelle applicazioni fotoniche, i fotoni vengono utilizzati come gli elettroni nelle applicazioni elettroniche. Con prerogative, però, particolari. Una su tutte: i dispositivi fotonici hanno, rispetto a quelli elettrici, il vantaggio che la luce viaggia a una velocità circa 10 volte superiore a quella dell’elettricità. Questo significa che i dati trasmessi fotonicamente possono percorrere lunghe distanze molto più velocemente. Più che un dettaglio, una rivoluzione. Il ruolo della fotonica nella catena del valore del settore aerospazialeAnalizzando i dati che mappano l’utilizzo delle tecnologie fotoniche nei vari comparti di applicazione, colpisce il fatto che l’11% sia rappresentato dal settore difesaaerospazio. “Un peso significativo, per un mercato particolarmente in crescita. Ci sono tutte le premesse per uno sfruttamento di successo delle tecnologie fotoniche nel settore dell’aerospace”, spiega Roberta Ramponi, Presidente di CorifiAeit (Coordinamento Ricerca Innovazione Fotonica Italia) e professore di Fisica al Politecnico di Milano. “La fotonica è una scienza che consente di fare osservazioni sia per quanto riguarda le mappature, sia analisi più sofisticate come, per esempio, quelle relative ai materiali attraverso la spettroscopia – precisa Ramponi –. Perciò, tutte le volte che c’è bisogno di sensoristica, la fotonica è sicuramente l’occhio sul mondo. In questo senso, nel settore aerospaziale è una tecnologia fondamentale”. Non solo, la fotonica è anche di grande importanza per le telecomunicazioni su ampio raggio, ma anche per quelle a livello locale.

L’esperienza di Thales Alenia Space Italia Caso concreto di utilizzo della fotonica in campo aerospace è quello portato ad esempio da Thales Alenia Space, una delle aziende di integrazione di sistemi spaziali più importanti in Europa, con un’esperienza di oltre 40 anni nel settore. “Riguardo la fotonica abbiamo intrapreso e lo stiamo facendo tuttora, diverse attività – racconta Marco Giuliani, Contamination Control Engineer in Thales Alenia Space Italia –. Sul fronte delle comunicazioni, sia tra satelliti nello spazio o dai satelliti ai centri di Terra che raccolgono le informazioni, un elemento fondamentale su cui abbiamo posto attenzione e su cui stiamo lavorando è la Quantum Key Distribution, ovvero un sistema che sfrutta i fondamenti della meccanica quantistica per garantire comunicazioni sicure, anche durante l’esplorazione dell’Universo. Utilizzata specialmente in applicazioni ad elevata sicurezza asservite per esempio alla difesa o per le infrastrutture critiche, questa è una delle possibili contromisure più robuste”. Thales Alenia Space ha poi in cantiere svariati altri progetti nell’ambito della fotonica, a partire dalla micro-fotonica integrata, grazie all’uso di Photonic Integrated Circuit (un dispositivo che integra molteplici funzioni elettro-fotoniche, simile ad un circuito elettronico integrato, ndr.), fino ad arrivare a sistemi di sensing e detection elettro-ottici o quantistici. L’impresa, joint venture internazionale tra Thales e Leonardo, punta molto sulla scienza fotonica e quantistica. Nonostante, infatti, essa sia considerata sulla Terra una tecnologia a basso Trl, Technology Readiness Level (grado di maturità tecnologica), nelle applicazioni per lo spazio il quadro cambia radicalmente e l’asticella della sfida si alza: “Qualsiasi cosa che funziona a terra, nello spazio ha bisogno di un’ulteriore qualifica specifica molto importante e da non sottovalutare, perché l’ambiente spaziale è severamente ostile per svariate ragioni. Non è semplice, ci stiamo provando e in qualche caso ci siamo già riusciti. È l’inizio di una nuova era”, conclude Giuliani. 53

“Essenziale per ciò che concerne la trasmissione dell’enorme quantità di dati che vengono raccolti nelle osservazioni fatte dallo spazio sulla Terra oppure nelle osservazioni delle missioni spaziali verso il resto dello spazio. In questo senso, credo che la fotonica si configuri come la tecnologia ideale per il settore dell’aerospazio, perché abilita praticamente tutta la filiera”, conclude Roberta Ramponi.

AGENZIA DI SARONNO SAN GIUSEPPE

ELUOGHIBELLEZZA Le leggende del Verbano La “Terra dei limoni” Un giorno a Somma Lombardo

La nascita del Lago Delio Tanto tempo fa (si dice che fosse più o meno l’anno Mille) c’era un minuscolo paese alpestre posto nella conca tra il monte Borgna e il monte Cadrigna. Questa regione prealpina dell’alto Verbano lombardo era sottoposta al dominio del feudatario di Maccagno, vassallo più o meno fedele del superbo imperatore Ottone,

SULLE RIVE del VerbanoDTERRITORIO

Parte il viaggio di Varesefocus tra le leggende del territorio, in particolare quelle legate ai laghi. Questa è la prima di una serie di puntate, i cui testi sono tratti dal blog “Itinerari nella vecchia Europa” edito da Roberto Fassi, europeista convinto che per “un desiderio di conoscenza reciproca tanto piacevole quanto necessario” ha deciso di farsi portavoce non solo delle mitologie delle terre lacustri del Varesotto, ma anche di molti altri itinerari. Tutti sparsi per il continente europeo Roberto

ITINERARIOFassi LEGGENDARIO

alla Svezia alla Sicilia, dalla Romania al Portogallo, l’Europa pullula di millenarie leggende che si sono tramandate nei secoli e che si raccontano ancora nel terzo Millennio come curiosità turistico-letterarie o come simboli narrativi di località misteriose e affascinanti. La leggenda è una tipologia di racconto che si differenzia dalla favola, dalla fiaba o dall’aneddoto. La leggenda, nella sua specificità, è narrazione che, di frequente, trova 5656 fondamento in luoghi ben identificati (un lago, un castello, una grotta, un borgo medioevale) e spesso ne racconta a modo suo l’origine o l’evoluzione, in un mix di fantasia e realtà. Nell’Europa delle leggende ci sono territori particolarmente dotati di racconti come Scozia, Transilvania, Bretagna, Renania e Irlanda. La Lombardia, in particolare la sponda orientale (riva magra) del Lago Maggiore, l’antico Verbanus dei Romani, da questo punto di vista, è forse meno celebre, ma anche qui il bagaglio leggendario non manca. Il motivo è molto semplice: è qui, secondo la leggenda, che c’è la nostra origine. Ecco le prime tre storie della cosiddetta “sponda magra”.

I mercenari della Val Veddasca Tanto tempo fa (si dice che fosse il 1600) c’erano quattro mercenari al soldo del re di Spagna che avevano razziato a lungo nelle cascine della pianura. E poi avevano fatto man bassa anche nelle locande lungo i navigli di Milano. A quel tempo, infatti, non c’era pace per le genti di Lombardia: manipoli di soldati spietati e abbruttiti scorrazzavano per le terre del ducato, da sempre conteso tra le corone di Francia e di Spagna. I quattro mercenari avevano poi disertato dalle fila dell’esercito di Sua Maestà cattolicissima e, con un ricco bottino nelle tasche e gli sbirri spagnoli alle calcagna, si erano dati alla macchia. Nel caso specifico la macchia erano i boschi sulle pendici dei monti che si incontravano inerpicandosi verso le terre degli57 detto il grande e il grosso. Se l’imperatore era superbo, grande e grosso, il feudatario, suo vassallo, non poteva essere da meno e poiché per nascita non era grande e neppure grosso, cercava almeno di essere superbo e cattivo. E dai suoi sudditi pretendeva cieca obbedienza, lavoro duro e una bella scorta giornaliera di pesce fresco di lago e di frutti maturi delle valli prealpine. I pescatori e i servi della gleba si dannavano l’anima e il corpo per soddisfare i bisogni del loro signore. Capitò però che un giovane contadino che abitava nel piccolo paese, lassù nella conca fra i monti, si ostinasse a tenere per sé e per la sua famiglia dei bei canestri ricolmi di castagne e di noci di cui il feudatario di Maccagno era particolarmente ghiotto. Se il fatto di non pagare i tributi in natura poteva essere già considerato un grave reato, privare addirittura il signore di Maccagno della sua prediletta torta di castagne al miele era avvenimento che lo faceva montare su tutte le furie. Il giovane contadino fu subito messo a morte e la sua famiglia (una vedova e tre figliuoli in tenera età) fu messa al bando. Intimoriti, tutti gli abitanti del paese dimenticarono perfino il nome di quella donna e dei suoi tre figli che vissero a lungo di stenti, tenuti ai margini di quella comunità indaffarata e troppo ubbidiente. Quando la vedova e i bambini erano ormai pelle e ossa, un pellegrino, sbucato da chissà dove, li soccorse, li rifocillò e, prima dell’arrivo degli armigeri del feudatario, li condusse via con sé per le strade del destino. Quello stesso Destino che, indossata la lettera maiuscola che gli compete nei momenti solenni, proprio da quella notte cominciò a rovesciare una valanga d’acqua su quel villaggio di miserabili. Un nubifragio in piena regola, forse un diluvio minore, ma sempre un bel diluvio che sommerse quel borgo e i suoi abitanti. Quando il sole, dopo settimane di piogge torrenziali, tornò a splendere su La chiesetta di Montegrino. A sinistra, piccola cappella silvestre lungo il sentiero a scalini di Monteviasco

quella conca tra i monti dell’Alto Verbano, del minuscolo paese non c’era più traccia e il lago Delio (piccolo bacino lacustre di origine glaciale: due dighe di sbarramento, costruite in versione definitiva negli anni ‘60 del XX secolo, l’hanno reso un invaso artificiale che alimenta la sottostante centrale idroelettrica di Roncovalgrande n.d.r.) era bell’e fatto.

Le chiese gemelle di Valtravaglia Tanto tempo fa (quanto tempo fa esattamente non si sa) s’udivano rumori di

Svizzeri e dei Lanzichenecchi. In fila longobarda (la fila indiana era un tipo di camminata ancora sconosciuta da queste parti), i quattro si inoltrarono in una valle angusta percorsa da un torrente dalle acque limpide e nervose. Poiché non erano ancora certi di aver seminato gli sgherri del re che li cercavano per mari e per monti, svoltarono in una gola ancora più stretta e s’arrampicarono con le unghie e con i denti su per un’erta scoscesa e quasi invalicabile. Quando giunsero sfiniti e con le vesti stracciate in un prato dove la pendenza era più lieve, il Riccio col fiato corto disse: “Beh, mi sembra il posto adatto per metter su casa”. “Mica male come idea!” convenne ansimando lo Svelto. “E per legna e mattoni come facciamo?” chiese sbuffando lo Smilzo. “Adottiamo le maniere spicce!” concluse boccheggiando il Colto. E rubando con la prepotenza e la furbizia che erano loro consuete, costruirono quattro baite belle solide e soprattutto lontane dal resto del mondo.

La struttura abitativa del borgo in pietra di Monteviasco

Il blog “Itinerari nella vecchia Europa” Il blog “Itinerari nella vecchia Europa”, pensato e popolato dalla penna di Roberto Fassi, racchiude una serie di itinerari turistici mirati, facilmente consultabili, con caratteristiche ben definite. Come, ad esempio, il riferimento al continente europeo, la scelta di una città-fulcro attorno alla quale ruota l’itinerario e la volontà di privilegiare la sfera letteraria, artistica, scientifica e cinematografica nei percorsi proposti. Il tutto tenendo bene al centro della narrazione l’Europa che, a detta di Robert Schuman “non sarà fatta tutta in una volta, o secondo un unico piano. Essa si formerà attraverso concrete realizzazioni che creino dapprima una solidarietà di fatto”. E se il politico francese, ritenuto uno dei padri fondatori dell’Unione europea, si riferiva ai piccoli passi ideali (politici, economici e sociali) che devono portare a una vera unità istituzionale, i passi reali sono quelli di un cammino che ci porta in giro per l’Europa: “un desiderio di conoscenza reciproca tanto piacevole quanto necessario. Piccoli passi che sono il cardine di questi itinerari per le strade della vecchia Europa”. Come si legge proprio in apertura del blog.

58 TERRITORIO ITINERARIO LEGGENDARIO

“Beh, adesso mi sembra il posto adatto per metter su famiglia...” aggiunse il Riccio che la vita di montagna aveva reso un po’ meno spinoso. E poiché, dall’altra parte della vallata, nel pacifico paese di Biegno, le fanciulle di montagna crescevano belle floride, i quattro adottarono le solite maniere gentili e rapirono quattro ragazze in fiore. Fu così che nacque Monteviasco in val Veddasca che, fino agli ultimi decenni del XX secolo, era l’unico borgo della Lombardia nord-ovest che si poteva raggiungere solo percorrendo un’impervia mulattiera di 1.400 scalini.

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L e genti di Valtravaglia ebbero così a disposizione due piccoli oratori affacciati sulla vallata, uno dirimpetto all’altro. Li dedicarono naturalmente a quell’atleta di San Martino e, già che c’erano, misero il suo nome pure al monte sul quale, tanto tempo fa, il diavolo si vantava di essere pure lui un prodigioso architetto piccone e scalpello che si rincorrevano di continuo per l’alta Valtravaglia. Due instancabili manovali erano all’opera: costruivano due piccoli oratori affacciati sulla valle. Sulla roccia di Montegrino, l’artigiano al lavoro era San Martino in persona che, a quel tempo, oltre a brandire lo spadone per tagliare il proprio mantello da donare ai poveri, era occupato a maneggiare badile e piccone seguendo il manuale del perfetto muratore. Proprio sul culmine del monte di fronte, invece, il carpentiere che si dannava l’anima con un lavoro frenetico e certosino era nientemeno che Lucifero. Come mai si fosse messo in testa (oltre alle abituali corna) di edificare anche lui una chiesetta non è dato sapere. Erano forse vecchie questioni di invidia universale. O forse semplici questioni di supremazia locale. Fatto sta che il diavolo rivaleggiava con San Martino per innalzare la chiesa più bella della valle, sceglieva con cura la qualità delle pietre da costruzione e badava perfino alle raff inatezze dell’architettura. I due, tra una mano di calce e l’altra, si tenevano d’occhio, ma, nonostante tutto, non si guardavano in cagnesco. Anzi, almeno in apparenza, non mancavano di scambiarsi dei buoni consigli e perfino di prestarsi gli attrezzi. Fin quando una mattina Lucifero, che era alle prese con le rifiniture, chiese a gran voce l’enorme martello che San Martino usava per sgrezzare i grandi massi di pietra da costruzione. “Come desidera Vostra Signoria!” rispose il santo che ne sapeva una più del diavolo. E da olimpionico qual era, gli lanciò l’attrezzo richiesto da una parte all’altra della valle, badando bene a compiere nel frattempo uno di quei miracoli per cui andava famoso. Il martello, infatti, durante il volo parabolico, assunse le sembianze di una croce che roteava nel cielo. E il povero diavolo, che da millenni non sopporta anche la sola vista di quel www.viaggivecchiaeuropa.wordpress.com

simbolo cristiano, se la diede a gambe levate, fuggendo nelle caverne del monte e prendendo rapido la via di casa. San Martino, con fare soddisfatto, terminò con cura l’oratorio di Montegrino e poi attraversò la valle per andare a rifinire con due mani di malta anche la chiesa di fronte che era ormai quasi completata.

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Alessandra Favaro

L’ANELLO DI Santa Caterina

GITA A...

tra Cerro di Laveno e Monvalle. Il cartello di inizio e fine anello è all’altezza del parco giochi fronte lago, nella piazzetta di Cerro antistante Palazzo Perabò, sede del Museo della Ceramica. Se si ha tempo, all’inizio o alla fine del tour il consiglio è di visitare lo spazio espositivo, una delle produzioni manifatturiere più antiche e caratteristiche di Laveno Mombello e fare visita anche al piccolo borgo, dove nel 1800 soggiornò in diverse occasioni anche lo scrittore Alessandro Manzoni, ospite dei conti Stampa che amavano molto queste zone. Il percorso poi procede ed è segnalato con la sigla VVL-C1 sulla classica segnaletica verticale bianco-rossa. Da Cerro si percorre il breve tratto di lungolago per giungere velocemente a Ceresolo, dove si trova un altro piccolo tesoro in un’atmosfera campestre. Si tratta della piccola chiesa di San Defendente, affiancata dal campanile romanico. Continuando il cammino si arriva al punto più famoso della zona: Santa Caterina del Sasso. Il luogo giusto in cui fermarsi a prendere un caffè prima di visitare il santuario e riprendere col percorso. L’eremo fu fondato da Alberto Besozzi, un ricco mercante locale che, dopo essere scampato a un nubifragio si ritirò in una grotta iniziando una nuova vita da eremita e diventando un simbolo e un punto di riferimento di vita spirituale. L’Eremo di Santa Caterina prende il nome dalla cappella, visibile oggi sul fondo della Chiesa, che proprio il mercante fece dedicare alla santa.

Uno splendido cammino tra paesi, lago e boschi, con tante sorprese lungo la strada. Partendo da Cerro di Laveno Mombello e lì ritornando, sono ben 17 i chilometri, per 400 metri di dislivello, che si possono percorrere, tra finestre panoramiche e centri storici a dir poco pittoreschi

Da Cerro a Santa Caterina, quante sorprese! Il percorso comincia, come detto in precedenza, lungo la fascia costiera 60

S ettembre è un mese incantevole per immergersi tra i sentieri della nostra provincia. Il caldo non è più troppo intenso, ma le ore di luce sono ancora sufficienti per lasciarci godere a ritmo lento itinerari e percorsi fino a tardi. L’anello di Santa Caterina è un percorso circolare che, partendo dalla frazione Cerro di Laveno Mombello, accompagna il visitatore attraverso alcuni luoghi iconici della provincia di Varese e svela anche alcuni piccoli tesori nascosti.

Il sentiero si sviluppa lungo la fascia costiera compresa tra Laveno e Monvalle, interessando quello che si può considerare il gioiello storicoarchitettonico della provincia di Varese: l’Eremo di Santa Caterina, patrimonio Unesco. Oltre ad esso si ha l’opportunità di poter ammirare anche alcune località e punti di interesse tanto affascinanti quanto poco conosciuti, come il piccolo nucleo di Cerro col suo panoramico lungolago e il Museo della Ceramica, la chiesetta romanica di San Defendente, l’antico centro di Arolo con la sua strada romana, il piccolo promontorio del Sasso Moro. Tutti i siti di grande interesse intervallati da finestre panoramiche tra le più belle di tutto il Verbano. Il sentiero si può chiudere ad anello percorrendo parte della Dorsale del Verbano che ci riporta a Laveno Mombello, per un totale di circa 17 chilometri di percorso e 400 metri di dislivello positivo, percorribili in bicicletta o a piedi, ma anche a cavallo o come terreno di percorso per chi pratica Nordic Walking. Non serve una preparazione particolare per affrontarlo, visto che come grado di difficoltà è considerato “turistico”, ma ovviamente è necessario avere già un po’ di dimestichezza con le camminate su lunghe distanze, perché sui piedi e sulle gambe gli ultimi 3-4 chilometri potrebbero farsi sentire. I punti di interesse che si toccheranno lungo il cammino sono soprattutto di tipo storico artistico e naturalistico. Incanteranno gli scorci sul lago a Santa Caterina e Arolo, ma allo stesso temo conquisteranno i sentieri nel verde, che regalano sempre qualche chicca inaspettata.

Il sentiero si sviluppa lungo la fascia costiera compresa tra Laveno e Monvalle, interessando quello che si può considerare il l’Eremodellastorico-architettonicogioielloprovinciadiVarese:diSantaCaterina,patrimonioUnesco 61

La zona della Torbiera è interessante anche dal punto di vista naturalistico. La flora spontanea assume caratteristiche a sé stanti. Ad esempio, tipici vegetali di questo ambiente umido sono le canne di palude, che occupano oggi una buona parte della torbiera e le carici (carex caespitosa) che formano vistosi cuscini emisferici. Tra le piante acquatiche prevale la tifa (tipha latifoglia). Numerosi alberi caratteristici di questi ambienti umidi si sono insediati tra le canne e le carici: l’ontano nero, il salice bianco e cenerini, la fusaggine, la betulla, il ciliegio a grappoli, la sanguinella,

il pioppo nero ed il cipresso di palude (taxodium distichum) inserito nell’ambiente ad opera dell’uomo. Da segnalare la presenza dell’osmunda regalis, felce protetta di bellissimo aspetto, una volta diffusa nel nostro territorio ed ora assai meno frequente. Per quanto riguarda la fauna, oltre alle zanzare ed alle libellule, vi sono alcune specie di acari e ragni ben adatti alla vita acquatica come l’argyroneta acquatica, unico aracnide che trascorre la vita sott’acqua. L’ambiente è ideale per rane e rospi, soprattutto durante il periodo estivo. Tra i rettili è diff usa la biscia dal collare, innocua e perfettamente adatta alla vita acquatica. Alcuni uccelli migratori nidificano in prossimità della torbiera, come anatre selvatiche, germani, gallinelle e folaghe. Fra i mammiferi sono da segnalare il toporagno acquatico e l’arvicola terrestre che vivono in prossimità dell’acqua, scavando gallerie vicino alle rive.

Da sinistra, l’Eremo di Santa Caterina del Sasso; vista sul lago da Arolo; un passaggio nel verde; il porto di Cerro

L’An ello di Santa Caterina è insomma una splendida gita da regalarsi a fine estate o inizio autunno, anche per i paesi e le piccole memorie che risveglia passeggiando per tutti questi chilometri. L’unica criticità è quella del percorso, non sempre chiaro e immediato. L’ideale è scaricare una mappa gps prima di mettersi in cammino. Ce ne sono diverse disponibili online, come ad esempio quella di GPS Varese.

GITA A... L’ANELLO DI SANTA CATERINA Piccole grandi scoperte Dall’Eremo, si prosegue scendendo verso Cellina e anche qui lungo il cammino si ha una piccola sorpresa. Su un’altura, che si attraversa seguendo il sentiero, si incontrerà il Santuario di Maria Stella Maris, un edificio religioso dallo stile originale rispetto a quelli che siamo abituati a vedere. Si tratta infatti di una moderna costruzione di stampo neogotico. Edificata negli anni ‘50, la chiesa ha gli esterni, lasciati in cemento armato a vista, arricchiti da una facciata a vela, con aperture ogivali e andamento slanciato. La chiesetta al suo interno conserva il seicentesco dipinto della Gloria di San Rocco, attribuito a Camillo Procaccini. Un altro piccolo tesoro si trova ad Arolo, la più meridionale frazione di Leggiuno, con la bella scalinata che dal centro del paese accompagna verso il lago. La Torbiera di Mombello Senza dubbio anche la parte di percorso che conduce nei boschi regala scorci e sorprese affascinanti. E passeggiando tra piccoli sentieri e tanto verde, ci si imbatterà anche in questa speciale area umida, la torbiera di Mombello. Una zona poco conosciuta da chi non abita nelle vicinanze eppure incantevole, anche per l’importanza storica e naturalistica che la caratterizza.

La configurazione della torbiera risale all’era quaternaria, quando in una cerchia di colline moreniche dovuta all’azione disgregatrice dei ghiacciai, si formò un laghetto che col trascorrere del tempo vide diminuire le sue acque pian piano fino a trasformarsi in palude. Lungo il bordo orientale dello stesso laghetto si sistemarono i primi abitatori della nostra zona: qui installarono le loro capanne sostenute da palafitte e lasciarono una traccia della loro vita come frammenti di vasi, punte e pugnali.

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Un giornoA SOMMA LOMBARDO

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Si parte da un castello medioevale per arrivare ad un tramonto lungo le sponde del fiume Ticino. In una giornata dedicata alla città dei Tre Leoni, sono molte le attività e le attrazioni da non perdere. Ecco alcuni suggerimenti per una gita non troppo fuori porta Alessandra Favaro

65 La pista ciclabile e la diga del Panperduto

La città dei Tre Leoni vanta un passato antico legato a doppio filo alla nobile famiglia dei Visconti di San Vito. E proprio da questo rapporto nasce uno degli edifici più famosi della località: il Castello, costruzione medioevale tra i simboli della città per la creazione della loro mappa. Nel mese di settembre, la città apre il suo archivio storico per una visita speciale alla scoperta delle sue origini. Ma quante altre curiosità ci riserva? Ecco alcune idee per passare una giornata da turisti vicino casa.

Q uesto è un anno importante per Somma Lombardo perché ben 160 anni fa, nel lontano 1862, il re Vittorio Emanuele fece aggiungere “Lombardo” al nome Somma. Lombardo, non “Lombarda” come alcuni erroneamente dicono (cosa che fa sempre arrabbiare i sommesi), perché indica tutto il territorio lombardo. Ci troviamo quindi su una sommità, per l’appunto, del territorio lombardo. Un punto ottimale di osservazione, tanto che qui furono eretti castelli e, per la particolare conformazione del luogo, nel 1700 gli astronomi di Brera crearono la “Carta del Milanese e Mantovano”, primo episodio di restituzione grafica moderna, vera e propria pietra miliare della storia della cartografia, una mappa realizzata con metodi scientifici la cui testimonianza ancora oggi è ben presente nel parco del Ticino. Alzi la mano chi non conosce almeno tre luoghi di interesse a Somma Lombardo. La città dei Tre Leoni vanta un passato antico legato a doppio filo alla nobile famiglia dei Visconti di San Vito. È proprio da questo rapporto nasce uno degli edifici più famosi della località: il Castello. La costruzione medioevale (che in realtà oggi consiste in due manieri un tempo indipendenti, eppure, collegati) è uno dei simboli della città e attira molti visitatori. I più sportivi resteranno incantati in località Valle, “paradiso” per praticare sport outdoor nel Parco del Ticino. E se si entra nel bosco, proprio dove è presente un famoso riding club di equitazione, si potrà osservare la base geodetica che servì agli astronomi

GITA A... SOMMA LOMBARDO

La strada da Coarezza a Somma Lombardo. Sotto, santuario del Lazzaretto e centro storico di Coarezza. A sinistra, parco di via BeltraminelliaMezzana

Street photography a Case Nuove

Non solo centro storico: una delle caratteristiche affascinanti di Somma Lombardo è rappresentata dalle sue frazioni, con un’identità ben definita e chicche che meritano di essere scoperte. La frazione di Case Nuove, ad esempio, ha uno stile tutto suo: il paese, confinante con l’aeroporto di Malpensa, è un curioso melting pot di architetture moderne e abitazioni antiche, dove convivono l’hotel futuristico e la tradizionale casa di corte lombarda. Uno scenario davvero particolare, che regala begli scatti agli appassionati di street photography. Industria e natura a Maddalena

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Imperdibile anche una tappa a Volandia, il parco museo del Volo in parte sul territorio di Somma Lombardo.

Tra arte sacra e gusto Somma vanta tanti piccoli gioielli. Una passeggiata è un’ottima occasione per scoprirli. Per chi ama il verde, i luoghi sono tanti: i canali Villoresi e industriali, i boschi a Mezzana, il Lazzaretto con il Santuario di San Carlo Borromeo. Questa piccola chiesetta bianca fu edificata tra il 1734 e il 1758 in protezione dall’epidemie di peste. Lo si raggiunge tramite una graziosa scalinata, arricchita da una Via Crucis e da antichi affreschi raffiguranti una danza macabra all’entrata. Molto belli e ricchi gli interni, decorati nel corso degli anni ‘50 dal pittore Rossini di Samarate. L’edificio più imponente di Somma è la Basilica di Sant’Agnese in piazza Vittorio Veneto. A gennaio si può assistere alle celebrazioni per la Santa Patrona, dove vengono realizzati eventi tradizionali e si può gustare il dolce tipico della festa: l’agnello di Sant’Agnese. La chiesa è un’opera di architettura barocca lombarda e ospita al suo interno dipinti e affreschi della cultura artistica seicentesca. Il progetto è di Francesco Maria Ricchino, il più influente architetto lombardo nel ‘600 e tra gli autori dei dipinti si citano le attribuzioni a Ercole Procaccini, Antonio Busca e Montalto. Non meno importante è la presenza della reliquia attribuita alla Santa Patrona.

Immancabile una visita al Castello Visconti di San Vito, monumento nazionale, che organizza spesso visite guidate ed eventi (la domenica, fino a ottobre). Conserva nelle sue sale anche un importante ciclo di affreschi attribuito ai fratelli Procaccino, una singolare collezione di piatti da barba e la prestigiosa raccolta di urne della civiltà di Golasecca (VIII-I A.C.).

La frazione di Maddalena è stata regina di Instagram la scorsa estate, dove i campi che precedono l’arrivo nella località avevano ospitato migliaia di papaveri in fiore. La frazione risulta particolarmente interessante per la vicinanza ai canali, per ospitare spiagge e scorci sul Ticino e anche per il suo ruolo di “memoria storica” sommese. A Maddalena sono, infatti, presenti alcuni stabilimenti storici che hanno ricoperto una notevole importanza nella storia dell’industria varesina: dal Candeggio Visconti di Modrone, al Lanificio di Somma. Tramonto a Coarezza Coarezza è un romantico villaggio a due passi dal fiume Ticino. Destinazione ideale per una passeggiata, che durante l’anno organizza diversi eventi di grande richiamo, come il concorso letterario “Tuttiscrittori”, sagre e manifestazioni. Nelle sue vicinanze custodisce preziosi tesori naturali e artistici. Un luogo speciale per ammirare il tramonto.

Colazioni golose Negli ultimi anni a Somma Lombardo hanno aperto diverse attività per gli appassionati di food & beverage, e un giorno in città è l’occasione perfetta per scoprirne alcune. Si può scegliere tra le bakery moderne dallo stile contemporaneo e pasticcerie storiche, dove ricette antiche si sono tramandate per generazioni e sono nate proposte moderne. Qui si comincia la giornata facendo colazione tra profumo di crema e caffè e proposte anche per chi è vegano.

Un picnic all’aria aperta A Somma Lombardo si può scegliere tra numerosi ristoranti e locali dove fermarsi a mangiare un boccone. Cucina tipica italiana ma anche etnica, internazionale, agriturismi e fast food: non manca l’offerta. Ma se il tempo lo concede, una bella alternativa può essere regalarsi un picnic acquistando prodotti diversi dalle botteghe locali. Alcune del centro storico, sono negozi storici che non solo regalano un centro commerciale a cielo aperto da vivere passeggiando, ma così apprezzate da richiamare clienti da fuori. In questa scoperta delle vie più antiche di Somma si può assemblare il proprio pranzo acquistando frutta, verdura, pane e focacce, salumi e formaggi e anche offerte gourmet di gastronomia pronta. Una volta scelto il menù, si potrà decidere di gustarlo all’aperto: ad esempio nel parco di corso Europa, perfetto per far divertire anche i più piccoli con giochi e verde recintato durante la pausa. Da non perdere se la giornata è bella un salto a La Ticinella, club con piscina e ristorazione che ha riaperto proprio quest’anno. Un luogo iconico per i sommesi.

Un giro al museo

Natura e leggende Ogni quartiere possiede almeno un edificio religioso affascinante. Tra questi, il santuario Madonna della Ghianda, che oltre a custodire preziosi gioielli artistici è “testimonianza” anche di un miracolo. La tradizione vuole infatti che nel XIII secolo una pastorella sordomuta si trovasse nella zona, quando tra le querce le apparve l’immagine della Vergine e lei riacquistò la capacità di udire e di parlare. I fedeli vollero quindi onorare l’apparizione costruendo un piccolo tempio intitolato alla Madonna, detta perciò “della Ghianda”. Nel tempo richiamò grandi artisti dell’epoca come il pittore Michelino da Besozzo, che affrescò la volta rappresentando l’apparizione della Madonna tra i rami della quercia.

Alla Fondazione Morandini, prima sede in Italia dedicata alla corrente artistica nata ad Anversa nel 1972, va in scena un viaggio nel magico mondo della geometria. Un astrattismo matematico contrapposto all’indefinito e all’irrazionale, che rifonda l’arte su rigorose basi scientifiche e che trova espressione nell’architettura, nel design, nella poesia, nella fotografia, nella musica Luisa Negri

concreta EUROPEA TROVA CASA A VARESE ARTE

dedicata al pittore Cairo, divenuta pedonale in quanto ormai individuata come via dell’arte e della cultura e la nuova pavimentazione, disegnata proprio da Morandini, ospita una sua scultura accanto ad altre di Grazia Varisco, Ewerdt Hilgemann e H.D. Schrader. Ma ora la Fondazione, oltre che accogliere alcune tra le più significative opere di Morandini, che ne ricostruiscono il percorso artistico a partire dal 1964, può anche dirsi prima sede in Italia dedicata all’arte concreta europea. Nata nel 1972 ad Anversa, da una corrente della fine degli anni ‘40 ispirata dalla tradizione geometrica del Neoplasticismo olandese e dal Costruttivismo russo, per un decennio vede l’impegno di numerosi artisti. Un astrattismo matematico contrapposto all’indefinito e all’irrazionale in voga in quegli anni, che rifonda l’arte su rigorose basi scientifiche. “Si guarda all’architettura, al design, alla poesia, alla fotografia, alla musica e ai documenti. Si tratta di una scuola espressiva, infinita e affascinante, nel mondo della geometria dentro la quale viviamo. Ma non è un movimento cristallizzato nella storia, spiega piuttosto un’attitudine artistica che si rinnova continuamente nel presente e guarda al futuro”. Una sottolineatura

L’arte

‘‘A rbeitskreis 1972-2022. Esperienza costruttiva europea” così si intitola la mostra dedicata all’arte concreta dalla Fondazione Morandini, visitabile fino al 5 novembre. A costituire la collettiva sono 40 opere, tra storiche e recenti, di 20 artisti provenienti da 16 nazioni diverse. È stato il primo degli importanti eventi ad avviare in questo 2022 l’attività della stessa, ospitata nella prestigiosa sede varesina. Uno spazio conservativo ed espositivo, in una villa di delizia liberty restaurata, con oltre 930 metri quadri su quattro piani e un parco di 3.300 metri in dialogo con l’edificio, ma soprattutto un luogo di incontro, riflessione e studio, tra arte, fruitori e appassionati della stessa. L’ingresso è sulla strada 68 Marcello Morandini

Sia in considerazione del tanto lavoro per arrivare al risultato che è oggi sotto gli occhi dei visitatori, venuti anche da lontano, sia perché l’artista e designer Morandini, mantovano di nascita (1940) e varesino d’adozione nel 1947, essendone tra i massimi rappresentanti, potrebbe raccontare anni di incontri e confronti tra colleghi e uomini di cultura: a ragionare sul tema, a lavorare insieme, a sorreggersi a vicenda. In quel comune denominatore che guarda appunto alla magia della geometria, a quella prestidigitazione d’artista, nata da carta e matita e culminata nel costruire persino grattacieli, che ne ha fatto un maestro della forma, tra noti e apprezzati colleghi. Le sue opere presenti alla Fondazione, lavori ormai storici, sono esempio delle massime vette dell’arte morandiniana basata sulla fedeltà al bianco e nero, alla pulizia del tratto, ad alcune produzioni che sono divenute dei must: la sedia Bine, dedicata a una giornalista di Amburgo, Sabine, dapprima insuccesso poi pezzo da collezione, la panca Posseduta del ‘98, richiesta continuamente dall’estero e poi Risoluta, la “sorella” minore della prima. Un altro pezzo di arte e di vita. “La forma – ha detto l’artista – mi offre sempre una lezione di conoscenza per proseguire. Una linea non è mai solo tale: basta girarla e cambia tutto. Sono innamorato del mio lavoro: il campo della forma è la base di ogni studio in tante direzioni, inclusa la vita”. In occasione della presentazione della collettiva, Morandini ha raccontato di “un momento magico”, in un contesto fatto di nomi a lui cari, un tempo vicini, ora in parte lontani, non più tra noi. E in questo caso tanto sostegno a raccontare e ricordare è arrivato proprio dai parenti degli artisti scomparsi. Va ricordato che già lo scorso mese di marzo la Fondazione Morandini era stata ospite speciale della diciassettesima edizione del Baf - Bergamo Arte Fiera, dedicata all’arte concreta e contemporanea organizzata da Promoberg. All’interno del padiglione era stata allestita un’intera mostra dedicata a Morandini e alle sue opere che meglio rispecchiano la corrente artistica nata nel ‘72 e attiva per un decennio, con organizzazione di diversi simposi. A parlare oggi in via Del Cairo di quegli anni di tenacia, riflessione e lavoro, accanto alle creazioni di Morandini ospitate al terzo

Marcello Morandini: “La forma mi offre sempre una lezione di conoscenza per proseguire. Una linea non è mai solo tale: basta girarla e cambia tutto. Sono innamorato del mio lavoro: il campo della forma è la base di ogni studio in tante direzioni, inclusa la vita” 69 che Marcello Morandini, insieme al curatore della mostra Marco Meneguzzo, tiene a evidenziare, non senza legittimo orgoglio.

ARTE MORANDINI

Al proposito ha scritto Morandini: “Se torniamo al XV secolo, nelle botteghe gli artigiani rappresentavano un tutt’uno: il designer, il pittore, l’urbanista. Io mi sento così. Inoltre, quando si fa qualcosa per gli altri, quel qualcosa deve innanzitutto sempre funzionare. Se poi il progettista riesce, all’interno della funzionalità, a farlo anche bello, il problema è Erisolto”.piace capire che tutto questo lavoro continuerà a dare nuovi frutti, grazie alla volontà di Morandini e dei suoi amici di ritrovarsi qui, nella città di Varese, dove si è felicemente ripreso il filo di un discorso mai interrotto. L’evento è anche occasione per vedere realizzato un volume, edito da Silvana Editoriale, con documenti storici, illustrazioni e testi critici a cura del professor Marco Meneguzzo, docente all’Accademia di Brera, noto critico d’arte e curatore di mostre.

ARBEITSKREIS1972-2022.ESPERIENZACOSTRUTTIVAEUROPEA

Fondazione Marcello Morandini Via Francesco del Cairo 41, Varese Fino al 5 novembre 2022 visite guidate giornaliere con prenotazione obbligatoria dal giovedì alla info@fondazionemarcellomorandini.itdomenica

70piano, sono le opere dei colleghi in mostra al piano terra. Opere storiche e contemporanee di artisti ancora attivi del gruppo Lafkg (Internationaler Arbeitskreis für Konstruktive Gestaltung, centro internazionale di studi d’arte costruttiva). Che raccontano di una ricerca e di lavori di personalissima intuizione e di grande effetto, per linearità, cromatismi, contrasti e sintonia. Dalle combinazioni coloristiche di Paolo Ghilardi, “Giallo + viola + azzurro, rosso, verde” (1971), ai solidi di Ewerdt Hilgemann “Pair of cubes” (1974) a “Overlapping Line” (1974-1975) di Norman Dilworth, a “PMF 2” di Tibor Gayor (2009). Altri artisti del gruppo sono José e Béatrice Bréval, Ewerdt Hilgemann & Antoinette De Stiger, Peter Lowe, Matti Kujasalo e Maria Zilocchi, Francois Morellet e altre importanti firme le cui opere sono accolte a loro volta al primo piano della fondazione. I filoni del Neoplasticismo olandese e del Costruttivismo russo insieme giocano un ruolo fondamentale nel dimostrare come, anche attraverso l’arte concreta, paesi e culture diverse tra loro sappiano colloquiare, in sintonia coi colori, con la geometria, con la molteplicità di tecniche e materiali sempre diversi, creando opere che possiamo definire capolavori di intuizione, precisione e previsione. Ma anche onirici viaggi a cavallo di cerchi, triangoli, parallelepipedi che reclamano vita partendo da severe linee, minuziosi disegni, audaci accostamenti cromatici. Piace la modernità di lavori che guardavano (e guardano) decisamente avanti e la loro altissima qualità, che ha un linguaggio di purezza adamantina. Piace la varietà descrittiva di motivi diversi e quel ragionare di geometrie, di culture e di numeri, tra artisti paritari, senza distinzione di generi e di specializzazioni.

LETTERATURANegri

“Terra dei limoni”

A Maccagno il Grand Tour del Verbano, tra libri preziosi e importanti firme del vedutismo, genere pittorico di fine ‘700 fino ai primi del ‘900, che si occupa di paesaggi e città ripresi dal vero. La mostra, dedicata al “Grande Lago”, come amava definirlo Goethe, è composta da 40 quadri, tra disegni, acquerelli e dipinti a olio, distribuiti nelle 9 stanze del percorso espositivo Luisa

E ARTE NELLA

che offre un curioso e prezioso viaggio sul Verbano, grazie agli inediti prestiti di importanti opere di privati, è colta e insieme felice rappresentazione di momenti e luoghi legati tra loro nel tempo dal fitto, intrigante intreccio già stata ammirata da appassionati e turisti provenienti da ogni dove, ma c’è ancora tempo per concedersi una gita sul Lago Maggiore e visitare la mostra del Museo Parisi Valle di Maccagno che proprio al “Grande Lago”, come Goethe amava definirlo, è dedicata. La rassegna, curata da Federico Crimi, 72

ARTE

È

73 tra letteratura e arte. Un interfacciarsi di racconti letterari, tra pubblicazioni rare e raffinate, con riferimenti a Stendhal, Chateaubriand, Dumas, Du Gard, Raskin, Samuel Butler, Piero Chiara e descrizioni artistiche: dai minuziosi carnet di viaggi, alle estasianti opere pittoriche di importanti firme del vedutismo italiano tra ‘800 e ‘900. Sono in tutto 40 quadri, tra disegni di viaggio, acquerelli e dipinti a olio, distribuiti nelle 9 stanze del percorso espositivo che, metaforicamente, rappresentano le porte del viaggio: da nord, (Luino e Laveno), in omaggio ai visitatori stranieri, al centro, rappresentazione del fulcro della letteratura europea, il golfo Borromeo, per arrivare al sud, ad Angera e Arona, prima di risalire verso Pallanza e infine Locarno e la Madonna del Sasso. In arte, in letteratura e nelle sue rotte, via terra e via acqua, il lago fu un crogiolo di incontri di mondi apparentemente distanti, eppure uniti nella costruzione di una comune identità di valori. Da Eugenio Gignous, si veda la sua incantevole “Veduta di Baveno”, che rispecchia nelle chiare acque la villa Henfrey, cara anche alla regina Vittoria, a Federico Asthon, immedesimatosi nell’atmosfera magica e sospesa del Golfo Borromeo, ai paesaggi come Isola Bella, dal tratto personale e forte, di Giovanni Battista Ferrari, al panorama di Maccagno inferiore di Carlo Jotti, all’opera di Massimo d’Azeglio, artista ma anche scrittore e patriota, presente con la chicca di una sua bucolica “Veduta di Cannero” (1856-1866). S’affiancano ai dipinti importanti disegni e acqueforti di nomi di viaggiatori colti, dove precisione e lirismo descrittivo compiono il miracolo di capolavori che solo la più raffinata arte può offrire. Tra i tanti libri del Grand Tour esposti, o citati, vogliamo ricordare la rarissima edizione (da collezione privata) della Guida di J. Keyssler (1751) che aveva ispirato il “Titano” di Jean Paul Richter (1800), nota opera che definiva l’Italia “terra beata”. E anche un volumetto celeste “Le parfum des Riccardo Pellegrini, Gita in barca a Pallanza, 1898. A sinistra, Arthur Meadows, Luino, 1868. Nella pagina successiva, Antonio Guala, Golfo Borromeo, 1930 circa e, in piccolo, Arthur Meadows, Luino, 1868

74Iles Borromées” (1898), dalle cui pagine sembrano davvero sprigionarsi gli antichi profumi che, ancora oggi, innamorano i visitatori del Golfo Borromeo e delle sue isole, ricche da sempre di agrumi e di piante esotiche. Non avremmo un percorso così ben documentato e ricco di colti rimandi, di confronti tra paesaggio e paesaggio, tra passato e presente, tra storia e vita, senza la competenza di Federico Crimi, neo Direttore del museo e senza il concorso di amici appassionati, collezionisti e addetti ai lavori come Gabriella Badi, Massimo Ciaccio, Marco Dozzio e quanti hanno collaborato procurando o prestando importanti e inedite opere (Quadreria dell’800 di Milano, Galleria Ottonovecento di Laveno e AmaLago). Chi lo desidera le potrà dunque avvicinare, scoprendo capolavori che ai conoscitori delle acque del Verbano, dei suoi colori, delle sue trasparenze, non potranno passare inosservati. Ma, ancor più interessante, è questa lettura di un territorio e di opere che lo raccontano, a sua volta alquanto inedita. A dimostrazione di come si possa costruire una buona rassegna partendo proprio dalla cultura di un luogo italiano per eccellenza, dove forse non tutti sanno quanto splendore di intelligenza e bellezza si confronti ancora oggi. Furono anche certe illustrazioni, come la perfetta rappresentazione dell’Isola Bella, con la sua forma di bizzarro vascello adagiato sull’acqua, ad attrarre i visitatori del Grand Tour e molti artisti e letterati, da Stendhal a Flaubert, che si spinsero fin nel Golfo Borromeo, per amore dell’arte e del superbo paesaggio, riconosciuto dagli appassionati come unico, ineguagliabile paradiso. Chi raggiunge il golfo può visitare le isole e i castelli di Cannero e abbracciare in un unico sguardo quella spettacolosa vista che si apre da Stresa e Baveno verso Pallanza. Sapendo che, percorrendo il lago nella sua ampiezza, ad esempio su di un mezzo della navigazione, si corre da una sponda all’altra, quella elvetica

ARTE MACCAGNO

IL GRANDE LAGO TRIBUTO AL LAGO MAGGIORE

EUROPEALETTERATURANELLAENELL’ARTE(L’ETÀDELVIAGGIO)

Via Leopoldo Giampaolo 1, Maccagno con Pino e Veddasca (Varese)

e quella italiana o quella piemontese e la lombarda, come molti illustri personaggi hanno fatto, potendo gustare le incantevoli vedute delle Isole, la romantica Isola dei Pescatori, un tempo Isola Superiore, la ricercata Isola Bella e la sensuale Isola Madre. Ma, chi le conosce, può parlarvi anche dell’Isolino San Giovanni, sempre proprietà dei Borromeo, che guarda verso la vicinissima Pallanza, di fronte all’Hotel Majestic. Fu residenza di Arturo Toscanini per anni. Qualche guida racconta che, durante l’esilio in America, il maestro scelse una casa sull’Hudson che gliela ricordava. Terminato l’esilio, autoinflittosi dopo l’episodio dello schiaffo fascista, Toscanini rientrò nella dimora isolana. Sottolinea Crimi che, quando Goethe parlava della terra dei limoni, intendeva riferirsi a questo lago e a queste terre. Proprio da dove il suo viaggio sentimentale era partito, generando la nascita di creature misteriose e affascinanti come Mignon, la protagonista del “Guglielmo Meister”. Che, per ammissione dello stesso autore, nacque in riferimento al Verbano e non al Lago di Garda. Mignon, la ballerina fugace, è rimasta dunque qui per sempre, dove le onde e il cielo hanno colori sempre diversi. Dal rosa della sera, all’oro del mezzogiorno, all’argento della notte. Quando il Golfo Borromeo è uno splendore intatto. O aleggiano, nell’aria di Luino, l’antica Luvino, i versi del poeta Vittorio Sereni e i racconti di Piero Chiara. Ancora oggi, nonostante le “imitazioni”, primo e unico conteur di un lago vero, del quale era innamorato. Come aveva lui stesso dichiarato. “In Luino vi è qualcosa di inesprimibile e naturale che non può andare vestito di parole. È qualche cosa di più che la tinta locale. È quel mistero di attrazione che fa innamorare di un

Venerdì dalle 15.00 alle 19.00; sabato e domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00 info@museoparisivalle.it - tel. 0332 561202

luogo senza che ci si possa dar ragione del motivo”. A proposito di Luino, si veda in mostra lo splendido inedito di Albert Christoph Dies (1755-1822), pittore, compositore e biografo tedesco che copia, in acquarello color seppia, un lavoro di Philip Hackert, considerato “l’occhio di Goethe in Italia”. Vi è riprodotta Luino, vista da via Lugano.

l Tiro a segno nazionale di Varese è una delle più antiche società varesine, nata insieme alla Ginnastica e Scherma nel 1883. Nel 1884 avviene la scissione e la struttura si sposta in via Poligono 9, dove si trova tutt’ora, alloggiata in uno storico edificio di mattoncini rossi. A cavallo dei due conflitti mondiali, il poligono viene requisito dallo Stato, per poi essere restituito, al termine della guerra, in concessione d’uso a titolo gratuito, ma con l’obbligo di manutenzione e di implementazione delle attività che vi vengono svolte e senza alcuna sovvenzione statale. Da allora molte cose sono cambiate: le distanze di tiro si sono notevolmente ridotte, dai 300 metri di un tempo si è passati ai 50-25-10 metri attuali e oltre all’attività di tipo militare, si sono aggiunte diverse discipline di carattere sportivo. Si spara in quattro ambienti, due al chiuso e due all’aperto. Al chiuso, gare e allenamenti si svolgono in una palestra, dove si pratica il tiro con la pistola e la carabina ad aria compressa con distanze di 10 metri, mentre per le armi da fuoco, si spara in galleria a 25 metri, in uno stand che ne permette l’uso fino a una certa potenza cinetica. All’aperto, sempre con armi da fuoco, si spara su due distanze, 25 e 50 metri, seguendo tutte le norme che rendono questa pratica sicura. Il poligono apre le porte a Varesefocus in concomitanza di una delle gare nazionali ad aria compressa, valevole per la selezione dei partecipanti ai campionati italiani. Ad aspettarci e farci da cicerone, Marco Bianchi, che oltre a far parte del Consiglio Direttivo, è anche istruttore di secondo livello, ufficiale di gara e a sua volta atleta. Dopo aver visitato i vari ambienti di tiro e la struttura in generale, ci spostiamo nella parte più storica del poligono. Ad accoglierci è proprio il Presidente Mauro Terzi. (continua a pag. 78) 76

È una delle società sportive più antiche del territorio. In quasi 140 anni di storia, il poligono varesino ha affrontato diversi cambi di proprietà, per poi approdare all’attuale conformazione composta da quattro ambienti di tiro, due al chiuso e due all’aperto. È proprio qui che nascono, si allenano e gareggiano campioni nazionali di tiro con la pistola e la carabina ad aria compressa, e non solo Alberto Bortoluzzi Foto di Alberto Bortoluzzi a segnoNAZIONALE DI VARESEISPORT

Il tiro

Valentina: “Sì, ci sono persone che mettono sempre un certo capo di abbigliamento, dispongono le cose in un certo modo sul tavolo e se per caso qualcosa cambia nei loro schemi non si ritrovano più”. Quali sono le vostre ambizioni future? Linda: “Mi piacerebbe arrivare a partecipare ai campionati europei”. Valentina: “Io non sono più una ragazzina e le mie soddisfazioni me le sono già prese. Mi interessa semplicemente gareggiare e divertirmi”.

In cosa consiste l’allenamento? Linda: “Spezzettiamo l’azione di tiro analizzandone i singoli movimenti e cercando di migliorarli”.

Sono Linda Colombo (18 anni) e Valentina Strada (30 anni) i fiori all’occhiello del Tiro a segno nazionale di Varese.

Mantenere la concentrazione per un’ora e mezza durante la gara non deve essere facile. Linda: “Durante una gara esistono sempre delle fasi calanti ed è in questi momenti che si vedono i veri campioni. A me ogni tanto succede di andare in crisi se sto sparando molto bene, allora la pressione cresce esponenzialmente e subentra la paura di sbagliare. È in quel momento che per ritrovare la calma provo a sfruttare gli insegnamenti del mio mental coach e cerco di visualizzare i miei punti di forza, pensando che se farò le cose come so fare, tutto andrà bene e così ritrovo subito la calma”.

Le campionesse varesine 77

Come vi siete avvicinate a questa disciplina? (Ci risponde per prima Linda): “Per me è successo tutto per caso: ero a pranzo da amici e per gioco ci siamo messi a sparare con un fucile giocattolo con i tappi. Il padrone di casa che era un frequentatore del tiro a segno, stupito della mia precisione mi ha portato al poligono a fare una prova. Da quel momento non ho più smesso e oggi, finita la scuola, vengo quattro volte alla settimana ad allenarmi 2 ore e mezza per volta”.

Valentina: “Io sono venuta qui con un amico, l’istruttore mi ha visto e mi ha detto: ‘Dai, prova anche tu’. Così ho cominciato. E pensare che prima mi dedicavo al pattinaggio artistico... Per quanto riguarda le gare, a differenza di Linda, ho un tiro molto più istintivo e quindi vado in crisi se comincio a pensare troppo, devo lasciarmi andare”. Esistono riti scaramantici durante le gare?

E tu Valentina come hai cominciato?

La nostra attività si divide in due parti distinte: una sportiva sotto l’egida del Coni con fini olimpici, l’altra, sotto il Ministero degli Interni e della Difesa, per il rilascio delle certificazioni per gli operatori del settore a guardie giurate, Polizia di Stato, Polizia Locale, addestramenti armati e anche per privati che necessitano del certificato di idoneità al maneggio delle armi. Abbiamo circa 500 associati volontari e 650 soci d’obbligo, ovvero gli operatori del settore. È uno sport praticato anche da donne?

È possibile fare una prova, prima di iscriversi?

Abbiamo pensato ad un’attività promozionale proprio per chi vuole

provare: si possono frequentare 3 incontri di 2 ore per volta, dove, seguiti da tecnici federali di primo e secondo livello, vengono insegnate le norme di sicurezza, le nozioni di base di carabina e pistola ed è possibile provare a Immaginiamosparare.

che sia con le quote associative che finanziate la vostra attività, quanti associati avete?

Eccome! Due dei nostri fiori all’occhiello sono proprio ragazze, una di 18 anni e una di 30, rispettivamente Linda Colombo e Valentina Strada, che partecipano ai campionati italiani.

SOMMA LOMBARDO

È un’attività costosa?

Non più di tante altre, si paga una quota associativa annua di poco più di 100 euro e poi, a seconda della disciplina scelta, si paga una tariffa giornaliera di noleggio linea-armi e bersagli, con prezzi che variano dai pochi euro con la carabina ad aria compressa a cifre più consistenti con le armi da fuoco.

78Non deve essere semplice gestire una struttura come questa, specialmente in questo periodo, dove è facile associare questa disciplina a una pratica considerata poco educativa. Mai parole potrebbero essere più vere - ammette il Presidente del tiro a segno varesino - ma come avete avuto modo di constatare, la realtà è completamente diversa. In questa pratica non esiste un nemico, è una gara con se stessi. Qui si impara l’autodisciplina, la concentrazione, l’accrescimento dell’autostima, non a caso è utilizzata a scopo terapeutico anche per persone con problematiche mentali. Nelle gare è proibito indossare mimetiche e negli allenamenti con bersagli mobili, sono proibite sagome umane o di animali. Questa attività è praticata anche da atleti disabili e persino da persone non vedenti, che tramite dei sensori sonori possono valutare la loro vicinanza al bersaglio.

A che età è possibile cominciare a praticare questa disciplina? Si può cominciare a iscriversi all’età di soli 10 anni compiuti, ma con il consenso dei genitori, ovviamente.

prima evidenza emersa dalla quinta edizione del Barometro del Fotovoltaico di Elmec Solar - l’azienda di Brunello (VA) del gruppo Elmec - che si occupa di installare e mantenere impianti fotovoltaici residenziali e industriali. Con questa nuova edizione, Elmec Solar ha voluto stilare la classifica delle 10 province italiane più virtuose in termini di approvvigionamento sostenibile; in altre parole, si tratta delle città che hanno installato il maggior numero di impianti fotovoltaici nel corso del 2021.

INFORMAZIONE

“In Italia negli ultimi 10 anni si è passati da poco più di 50 MW di potenza installata a circa poco più di 60 MW” afferma Alessandro Villa, Amministratore Delegato di Elmec Solar e membro del Consiglio di Italia Solare. “Il valore totale delle rinnovabili in Italia rappresenta circa il 16,3 % di cui Il fotovoltaico occupa una percentuale pari al 6,7% del totale. La strada intrapresa è quella giusta, ma serve impegnarsi di più per allontanarsi progressivamente dai combustibili fossili che sono ancora molto utilizzati e rappresentano fonte di inquinamento”.

A livello pratico, per raggiungere gli obiettivi del 2030, si dovrebbero installare circa 70 GW di rinnovabili nei prossimi 10 anni, il che significa installare circa 7 GW all’anno. È dunque necessario accelerare l’installazione dei nuovi impianti fotovoltaici a seconda dello scenario di riferimento. Questi numeri segnano un evidente successo verso uno sviluppo sempre più sostenibile nel mondo dell’energia e, per poter restare sulla cresta dell’onda, è necessaria una maggiore consapevolezza da parte di tutti sull’importanza di proseguire in questa direzione. Direzione che, tra l’altro, gioverebbe anche alle finanze visti i rapidissimi tempi di rientro (3-6 anni) di un investimento sul fotovoltaico. Tenendo conto oltretutto della capacità di produzione di energia pulita e garantita per una media di 30-50 anni a seconda della tecnologia Èinstallata.necessario un cambio di paradigma. Abbiamo bisogno di trovare una direzione e mettere in campo azioni concrete. Gli obiettivi dell’agenda 2030 richiedono l’impegno di ognuno. Siamo tutti responsabili”, conclude Alessandro Villa elmecsolar.com PUBBLICITARIA

Elmec Solar presenta la V edizione del Barometro del Fotovoltaico in Italia che mette in evidenza le 10 province d’Italia che si sono distinte per maggior numero di installazioni fotovoltaiche nel corso del 2021. L’analisi mostra 1.061.083 impianti fotovoltaici installati a dicembre 2021, sul territorio italiano, contro i 935.961 precedente. Un aumento pari al 13% in più in un solo anno. Un trend in costante crescita.

In Italia è possibile trovare diversi documenti che fissano gli obiettivi da raggiungere entro il 2030: il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) e la Strategia nazionale di lungo termine sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

ROMA, BRESCIA E TREVISO SONO LE PRIME TRE PROVINCE ITALIANE AD AGGIUDICARSI IL PREMIO DI “CITTÀ FOTOVOLTAICHE” ECCO COME SI È CHIUSO IL 2021 PER IL SOLARE IN ITALIA E QUALI SONO LE PROSPETTIVE FUTURE 10.00020.00030.00040.00050.000ROMABRESCIATREVISOPADOVAVICENZATORINOBERGAMOVERONAVENEZIAMILANO0 LE 10 PROVINCE D’ITALIA CHE HANNO INSTALLATO IL MAGGIOR NUMERO DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI NEL 2021 - CLASSIFICA 2021-

dell’anno

Secondo la rielaborazione di Elmec Solar, dei dati pubblicati da Italia Solare, sono stati installati complessivamente in Italia circa 80.000 impianti fotovoltaici nel corso del 2021.

Il 2021 si chiude con dati incoraggianti per l’Italia che ha raggiunto un installato complessivo di oltre 1 milione di impianti su tutto il territorio nazionale, per l’esattezza Questa1.061.031.èla

Da una piccola comunità sciistica nel Nord della Svezia a Varese: anche all’ombra delle Prealpi inizia a farsi strada la disciplina della corsa abbinata alla raccolta dei rifiuti abbandonati su sentieri e percorsi. Un vero e proprio sport, con tanto di campionati mondiali, che fa bene al fisico, alla mente e anche all’ambiente. Le iniziative di Africa&Sport di Azzate Andrea Della Bella “ECO-RUNNER” del plogging

alla partenza gli “eco-corridori” erano tre, ma sono raddoppiati al secondo evento e cresciuti nel tempo. “Tanto che le ultime edizioni delle nostre gare sono state considerate come prove valide per la qualificazione ai Mondiali di plogging”, dice Rampi. Perché il gesto etico di raccogliere i rifiuti è fondamentale per chi pratica questa disciplina, ma quando si è in gara non può non esserci la competizione. I rifiuti, infatti, si “contano” e si “pesano” e il punteggio ottenuto è dato da un mix tra quanto raccolto e la distanza percorsa. Dopo la prima edizione del 2021, svolta in Piemonte, il World Plogging Championship torna dal 30 settembre al 2 ottobre 2022 a Villar Perosa in provincia di Torino. Lì si svolgerà questa originale gara podistica che riunisce atleti professionisti e runner amatoriali accomunati dal desiderio di unire lo sport e l’attenzione alla sostenibilità. Ma a destare sorpresa sono i numeri della prima edizione: i plogger hanno raccolto complessivamente 795 chili di rifiuti, percorso oltre 1.780 chilometri di sentieri e con una media di quasi mezzo chilo di rifiuti ogni chilometro. La

S i chiama plogging ed è lo sport che fa bene al fisico, alla mente e anche all’ambiente. Il termine è una “parola macedonia” e deriva dalla fusione del verbo svedese “plocka upp”, che significa “raccogliere” e dall’inglese “jogging”. Si pratica correndo e raccogliendo quanto altri hanno buttato via, ovvero i rifiuti. Il pioniere di questa disciplina si chiama Erik Ahlström, che arrivando a Stoccolma dalla sua piccola comunità sciistica nel Nord della Svezia, ha notato la quantità di rifiuti in giro per la città e così ha deciso di impegnarsi personalmente a ripulire le zone dove praticava il suo sport. Un gesto semplice, diventato contagioso, visto che il plogging si è prima diffuso in tutta la Svezia e oggi, grazie ai social media, è diventato un fenomeno che coinvolge tantissime persone in tutto il mondo. Semplice da praticare. I plogger, infatti, sono dotati, oltre che di abbigliamento sportivo, anche di guanti, sacchetto portarifiuti e, in alcuni casi, di un bastone con le pinze all’estremità. In Italia il plogging è ancora agli albori sia come movimento sia in termini di praticanti, ma anche in provincia di Varese ha “piantato” i primi germogli. Ad introdurre questa disciplina nelle competizioni sportive del Varesotto per primi sono stati gli azzatesi dell’Africa&Sport (A&S). “Abbiamo conosciuto il plogging tramite ‘Mare vivo’, un’associazione che si occupa di tematiche ambientali –spiega il Presidente di A&S, Marco Rampi –. Noi durante l’anno organizziamo due eventi che abbinano sport e impegno sociale, ovvero ‘Corri con Samia’ e il ‘Giro del Lago di Varese’. Abbiamo pensato che il plogging ben si conciliava con i nostri valori, ma anche con la promozione del nostro territorio. E così abbiamo deciso di sperimentarlo”. La prima edizione è stata per veri pionieri: 8080

I PIONIERI

SPORT

Sono già un migliaio le persone che hanno aderito alla pagina Facebook dell’iniziativa. L’iscrizione è gratuita e l’obiettivo è diffondere le buone pratiche sportive, del senso civico e del rispetto dell’ambiente e raccontare in 50 domeniche (il Giro è iniziato a gennaio e si concluderà a fine anno) la diffusione di questo sport etico.

stima di scarti raccolti è di circa 15 chili a partecipante. “Siamo soddisfatti di essere i pionieri di questa disciplina nella nostra provincia – continua Marco Rampi – ma resto convinto che il grande obiettivo sia quello di non aver più bisogno di iniziative come queste. Che, attenzione, sono utili, belle, coinvolgenti, ma sono anche il segno che dobbiamo alzare l’asticella del nostro senso civico e del vivere in comunità”. Ma intanto l’interesse, il numero di partecipanti e le iniziative, competitive e non, crescono. I mondiali, appunto, ma anche il Giro d’Italia di plogging. Da quasi dieci anni hanno associato allo sport una serie di valori sociali: integrazione, accoglienza, sviluppo, interculturalità. E sono sempre andati di corsa senza trascurare l’aspetto agonistico. Africa&Sport è tutto questo è anche altro. Head quarter ad Azzate, poiché Marco Rampi, il Presidente e fondatore, è azzatese. E la parrocchia da qualche anno ha messo a disposizione anche alcuni locali per ospitare gli atleti. Campo di allenamento locale: la pista di atletica di Sumirago, ma anche le strade della Valbossa dove spesso si incrociano mentre corrono i runner kenioti del team Run together durante la loro parentesi azzatese. “Il nostro è un progetto piuttosto articolato – racconta Rampi –: c’è lo sport, la corsa per l’esattezza, ma anche l’accoglienza, l’integrazione e lo sviluppo nel nostro caso di alcune realtà in Kenya”. E lo sport è il motore. Il Kenya è terra di campioni e quelli “condivisi” da Africa&Sport e Run together hanno un doppio obiettivo: vincere e contribuire a sostenere progetti di sviluppo nel loro Paese. “Abbiamo costruito un campo di allenamento dove runner italiani scelgono di vivere un’esperienza di solidarietà, ma anche sportiva perché possono allenarsi con grandi campioni. Ma non solo – conclude Rampi –. Abbiamo anche costruito una scuola materna e sosteniamo progetti didattici ed educativi”.

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TERZA PAGINA Quella volta che ho FrancoincontratoBattiato COMUNICARE alRitornoreale DAL WEB Storie e storia RUBRICHE SU ECULTURADIGITALE

CULTURA E DIGITALE

libro “Incontri” ha racchiuso 40 anni di conoscenza e amicizia con il celebre cantante, raccogliendo oltre 130 testimonianze di persone che lo hanno conosciuto: dai giornalisti ai fotografi, dagli amici di una vita ai produttori, dai tecnici dei concerti agli operatori delle tournée. Un racconto a 360 gradi di un artista unico nel suo genere raccontato da colui che nel mondo del giornalismo lo ha conosciuto di più: “Il primo incontro con Battiato è stato da spettatore –racconta Casiraghi –. Sono sempre stato un amante della sua arte e della sua musica; ho avuto modo di viverla assistendo a diversi suoi concerti, spesso immortalati da fotografie, alcune presenti all’interno del libro. Sono la testimonianza concreta della mia passione per Scattil’artista”.utilizzati anche nelle ristampe dei dischi di Battiato, come quella avvenuta nel 1991. “Io, insieme al produttore dell’epoca, abbiamo promosso le riedizioni dei suoi album. Siamo stati i propulsori che hanno portato poi alle ristampe di tutti gli album nella prima versione in Cd. Ed è in quel momento che mi sono reso conto della quantità di materiali che avevo su Battiato, è da lì che è nata l’idea di realizzare un libro”. Un racconto per episodi e periodi storici che ricostruisce la vita del “Incontri” è un racconto a 360 gradi scritto da Giordano Casiraghi, amico e massimo conoscitore del compositore siciliano, che, attraverso le voci di chi, per un motivo o per l’altro, lo ha conosciuto, ripercorre la sua vita e la sua evoluzione creativa, partendo dagli esordi per arrivare al capitolo finale legato al lato più spirituale del musicista Ci sono persone che per vivere hanno bisogno degli altri: delle energie inaspettate che nascono dagli incontri, magari casuali, sporadici e irripetibili, così delle complicità che solo le amicizie di una vita possono farti vivere. Franco Battiato, il celebre cantautore morto lo scorso 18 maggio 2021, era proprio una di queste. Ogni passaggio, ogni esperienza vissuta, aveva bisogno di condividerla con il prossimo. Ed è da qui che nasce l’ultimo libro di Giordano Casiraghi, scrittore e missagliesegiornalistachenelsuo 90

Lisa Aramini Frei

QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO Franco Battiato

Terza pagina

Giordano Casiraghi ha racchiuso nel suo libro più di 40 anni di conoscenza con il musicista, dipingendo un ritratto per certi versi inedito dell’artista siciliano

91 trattati temi importanti come il passaggio tra la vita e la morte, andando ad interrogare diverse figure legate al mondo mistico, come i lama tibetani o esponenti della chiesa cattolica. Uno tra tutti Padre Guidalberto Bormolini, che oltre ad aver partecipato al film e aver celebrato la funzione dell’artista, si è reso disponibile a contribuire alla raccolta delle interviste del libro. Questo documentario aiuta a ricollegarsi ai valori importanti della vita. In periodi come quelli che stiamo vivendo, fa anche bene Questaguardarlo”.ricercaper l’ignoto è protagonista anche del film “Perduto Amor”, in cui viene mostrato l’interesse per il mistero già a partire dall’infanzia del musicista. Coinvolgimento per il mistico che negli anni è mutato in un vero punto fermo nella sua vita, grazie anche al rapporto con il filosofo armeno Georges Ivanovič Gurdjieff, figura che ha influenzato molto il percorso spirituale di Battiato con insegnamenti presenti anche nei testi dell’artista, uno fra tutti “Centro di gravità Unpermanente”.libro,dunque, che ripercorre momenti importanti e che rivela anche qualche piccola curiosità sconosciuta ai più, frutto della conoscenza e amicizia di Casiraghi, che da fan è diventato amico e poi scrittore. Opera figlia dell’interesse provato per il maestro Battiato, che nell’arco della sua vita con la sua musica ha influenzato l’esistenza di diverse persone: tra questi c’è anche Giancarlo Saporiti, Saporiti.genere”,semprechelamanieraquantoconservarehaFranco.collaboratoriterritoriodidiNell’operagliinsegnamentofarsuaBattiatocheriavvicinaspiegagrandemoralelibro.realizzazioneHank,lache,delladell’UnionedellaCeppinoSamicvaresino,imprenditoretitolaredellaSpadiLonateePastPresidentPiccolaIndustriadegliIndustrialiProvinciadiVarese,incollaborazioneconcasaeditriceOfficinehaportatoalladiquesto“Èunpo’undebitocheavevodafanqualesono”,Saporiti.“Illibromiall’insegnamentomihatrasmessonelcorsodellacarrieraecitengoaarrivarequestostessoatuttiamantidelmaestro.siparlaancheVarese,cometeatromomentispecialied’originedialcunivicinoaGiordanoCasiraghirealizzatoun’operadagelosamenteinracchiude,inunaunica,iltalentoepassioneperunartistasaràriconosciutopercomeuniconelsuoprecisaGiancarlo cantante grazie ai contributi di intervistati che hanno avuto modo di incontrarlo nei diversi periodi della sua vita, creando così un ritratto del musicista per certi versi inedito. Tra questi è presente il testo della scrittrice Barbara Alberti, con cui Casiraghi ha collaborato per la rivista Re Nudo. “Nel 1996 Barbara mi aveva mandato un suo testo per il libro allora già presente nei miei pensieri ma non ancora concretizzato e messo ben a fuoco. E per fortuna direi. Ho avuto modo così di arrivare ad una maturazione tale da poter essere contento del lavoro che ho fatto, mettendo insieme i vari pezzi nell’ordine in cui doveva essere”. Le persone intervistate spaziano per tipologia ed età, partendo dai giornalisti e andando a finire con figure spirituali che hanno accompagnato l’artista nell’arco della sua vita.

Figure fine.ripercorsanellapersentimentotuttediverseapparentementemaaccomunatedall’amiciziaedalcheprovavanoFranco.UnviaggiovitadiBattiatodall’inizioallaAll’internodellibro, infatti, è presente un servizio fotografico finora inedito, realizzato nel 1965 da Uliano Lucas, celebre documentarioilfinale,prenderealizzazionequelladiverselodell’artista.sempreall’aspettopersonaggiintervengonoin“AttraversandofinoBattiato,l’evoluzioneVienecustodireequestequalcosacapitoloaltrequestidifficilmenteimportanzavamusicista.chiccaeragazzireportageambulanti”.nelconAlicata,alfotocarrieramilanese,fotoreporteragliinizidelladiBattiato.LeloritraggonoinsiemepianistaGregoriosuocompaesanocuihacollaboratoduomusicale“GliQuestoimmortalaidueingiroperMilanocostituisceunaverapergliamantidel“Tuttoquestoadareun’ulterioreallibroperchésitrovanotipidimaterialiinpubblicazioni.Ognicontieneundiunico,comefoto.Unaverapropriacollezionedaconcura”.cosìdelineatacreativadidagliesordialcapitolofinaleilBardo”:quest’ultimapartediversilegatispiritualericercatonellavitaQuestaricercahaportatoapercorrerestrade,comeintrapresanelladelfilmdacuiilnomeilcapitolo“AttraversandoBardo”appunto.“Nelvengono

‘‘Passato, presente e futuro, coraggiosamente”.insieme

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CULTURA E DIGITALE

Silvia Giovannini

Pomini Long Rolling Mills Luciano Landoni 2022 La giornalista e scrittrice varesina torna in libreria con dieci racconti legati da un fil rouge: la presenza di stelle che appaiono in modi inaspettati. Nel buio della notte, ma anche tra le persone, eccole dovunque Nove stelle più una Anna De Pietri Pietro Macchione, 2022 un occhio attento riesca a intravederle: in un mazzo di carte, in un film, su una barca o in una collana, in fondo al mare o tra le lettere di un codice. Come un testimone passato di mano in mano fino a tracciare un percorso, guidano da una storia all’altra tra le mille prove della vita di ognuno. Per la giornalista varesina già autrice di diverse raccolte di poesie e racconti, una nuova sfida macchionepietroeditore.itletteraria. n storiaincentratoromanzosulladiPioVittorio

Moroni, nonno dell’autrice, partigiano evoe-casaeditrice.iteesempiospeciale,eancheinpropriaaaffettuosamentestorico,protagonista,centenariolal’orroredoposcomparsoparabiaghesenel2017,che,averconosciutodellaguerra,scelseviadellaResistenza.Neldellanascitadelunomaggiolucidoeinsiemepersonale,quantiimmolaronolavitaegiovinezzanomedellalibertà,maunricordopartecipatoamorevolediunnonnodivenutoeroeedperlasuafamigliapertutti. In libreria Ti racconto la storia del nonno. Il MoroniPartigiano Michela Bosani Moroni Evoè, 2021 92

Ben oltre un secolo di storia per il marchio che ha iniziato il suo percorso da Castellanza con un’officina di manutenzione al servizio dell’industria manifatturiera del territorio per poi espandersi in seguito alla componentistica per la trasmissione di potenza meccanica e alla realizzazione di impianti completi, soprattutto nel campo dei prodotti lunghi. È il cuore dell’ultima fatica letteraria di Luciano Landoni, talentuosa firma della narrazione d’impresa, che, in dialogo con Ernesto Bottone, Ceo di pominirollingmills.comPomini.

Se si guarda troppo fisso una stella, si perde di vista il firmamento Edgar Allan Poe

Trecento giornial tramonto Clara Albatros,Horak2022

Alessandro e Nicoletta sono gemelli. Diversi, eppure, uniti da un legame forte. Lui insicuro e prudente, lei ribelle ed istintiva, sempre in viaggio. Dopo una lettera poco chiara della sorella, Alessandro decide di partire alla sua ricerca negli Stati Uniti. On the road, Louisiana,attraversandoMaine,Utah, si rincorrono e sfiorano, mentre il futuro incombe: l’attesa per il nuovo millennio si fa sentire, mancano pochi giorni all’anno 2000. Alla base di questo romanzo, la straordinaria passione per i viaggi dell’autrice, insegnante di lingua e letteratura inglese al Liceo Legnani di gruppoalbatros.itSaronno.

Moda femminileal sostenibilitàe Patrizia EGEA,ValentinaTettamanzi,Minutiello2021 volta nella sua storia, indaga le relazioni tra produzione artistica contemporanea in Italia e l’ambito legato al video. In questo prezioso e originale catalogo curato da Alessandro Castiglioni, i contributi di Emma Zanella, Vittoria Broggini, Simone Frangi, Mario Gorni, Zefferina Castoldi e dello stesso Castiglioni. Un affascinante e inedito viaggio tra linguaggi cinematografici e nuove narrazioni, tra storie e culture. nomosedizioni.it 93

Screens Alessandro Castiglioni (a cura di) Nomos Editore, 2022 C ulture dello schermo e immagini movimento.inFino al 25 settembre, il museo MA*GA presenta Screens, una rassegna dedicata alle culture dello schermo e immagini in movimento per la XXVI edizione del Premio Gallarate che, per la prima Casi di brand made in Italy. Il volume, curato dalle due docenti della LIUC - Università Cattaneo, nasce come frutto dell’intersezione di tre tematiche interconnesse: il ruolo della donna nell’impresa, la sostenibilità e le peculiarità del comparto moda made in Italy. Tramite la trattazione di casi concreti, il principale contributo è quello di raccontare imprenditorialel’esperienzadalpunto di vista delle donne e dimostrare come le protagoniste, grazie alle proprie caratteristiche, attitudini e peculiarità, si orientino verso scelte maggiormente responsabili per la società e egeaeditore.itl’ambiente.

Sono innovativepiù e tratteneremigliori.delleandamentiHannoproduttive.venditeSannoi propri dipendenti, riducendo, così, il tasso delle dimissioni e valorizzando i talenti. È il fenomeno delle cosiddette organizzazioni positive, ambienti di lavoro che scelgono di fare del benessere delle persone la propria filosofia d’impresa. Non una moda del momento, ma una precisa strategia aziendale, come dimostrano le riflessioni del Gruppo Giovani Imprenditori di Univa.

Storie di WHP 95 Carlsberg Italia, presente in provincia di Varese con lo storico Birrificio Poretti, continua a ridurre il proprio impatto ambientale. Dal 2015 ad oggi ha raggiunto il -38% di emissioni di CO2 e il -32% di consumo di acqua. Ma non solo. Promuove anche un consumo responsabile, persino con una bevanda analcolica senza compromessi sul gusto del luppolo.

STORIE E STORIA

Grünenthal amplia lo stabilimento di Origgio

Il valore della felicità in azienda

dieteticimedicinali,diproduzionecentroFormenti,FarmaceuticiGrünenthaldiprodottie

parafarmaceutici di Origgio, si amplia con un nuovo reparto dedicato alla produzione di uno spray nasale di zolmitriptan, per il trattamento di emicrania e cefalea. Un investimento da 12 milioni di euro con l’obiettivo di produrre, a partire dal 2023, oltre 4 milioni di device l’anno.

Le ultime notizie sulle #ImpresediVarese dal web e dai social network. Solo su Elmec, esemplaridedicatevideouncheHealth-progettoprimeBTicino.Eurojersey,SonolestoriedelWHPWorkplacePromotion,inauguranopercorsodiintervisteaicasidi esperienze d’azienda nell’ambito del programma portato avanti dall’Unione Industriali con ATS Insubria per promuovere sani stili di vita e il benessere nei luoghi di lavoro.

Secondo Mona ricorda il egenerale,madall’ingegnere,eLedell’aviazionepioniereitaliana.gesta,lescoperteivelivoliprogettatianche,piùinlasuavitaleimprontecheha

lasciato nella storia del volo. Il tutto tra foto, filmati e lettere di famiglia. Un memoriale organizzato tra le mura del Castello visconteo di Somma Lombardo, in collaborazione con la Fondazione Visconti di San Vito.

I 4 zeri di Carlsberg

Dal web

Gianni Caproni pionere dell’aviazione

Ritorno al reale

‘‘Abbiamo deciso di l’investimentoridurre sui social, che comunque continuiamo nellebusinessnondinelloche,propriaStudyL’iniziativaallaComunicatorilachesononostraafisicamentesulimplementare,adpuntandoportarelepersoneinaziendatoccareconmanolarealtà”.LeparolediElisaBisceglia,haaccompagnatoCommunitydeidiUnivascopertadiElmec.sichiamaTour,unaveraevisitaaziendaleperquantoriguardaspecificol’aziendaBrunello,èunviaggiosolonelcoreaziendale(esuedeclinazioni:

Comunicare

informatica, tecnologia 3D, Cybersicurezza e soluzioni per l’energia verde) ma è soprattutto un viaggio alla scoperta delle iniziative messe in campo per il benessere delle persone dell’impresa e per fare squadra. Per quanto affascinante, una scelta, che oggi sembra addirittura rivoluzionaria e pone delle domande: dopo anni di “digitale spinto”, dopo un periodo di relazioni forzatamente limitate e, ad andare bene ibride, a fronte di una serie di ambienti virtuali innovativi, uno su tutti il Metaverso, è possibile immaginare che le imprese tornino a comunicare nel reale? A preferire o comunque

La Community dei Comunicatori di Univa è un gruppo di professionisti che lavorano nelle imprese del territorio varesino e si occupano di ufficio stampa, comunicazione e promozione dell’immagine. Lo scopo è di organizzare momenti di condivisione e strutturare un percorso comune. L’adesione al gruppo è libera. Per sapere di più: comunicazione@univa.va.it.

CULTURA E DIGITALE 96

la ricorrenza di due parole chiave: empatia e fiducia, come trend su cui puntare. Due parole che, guarda caso, ricorrono anche nello Study Tour di Elmec. Lungi da noi millantare la sfera di cristallo. Quello che è certo è che le persone, in questo momento, abbiano bisogno di emozioni genuine, essenzialità e valori profondi. Se ci riflettiamo non è poco che i gossip dell’estate non siano stati, come sempre, le relazioni clandestine tra vip ma le amicizie ritrovate tra rapper influencer. Buoni sentimenti, insomma. Se il nuovo mood, quindi, è puntare sul reale, sugli affetti, sulla complessa semplicità dei rapporti umani, ci aspetta un autunno di grandi sfide per la comunicazione. Più umane che tecniche. a conciliare momenti di confronto fisico e scambio umano, correndo il rischio di tornare ad affidare alle emozioni e alle sensazioni di pelle il personal branding e, soprattutto, rinunciando alla platea infinta, per impegnarsi negli scambi one to one? Domande che restano aperte e le risposte non si trovano certo online. Nonostante alla stringa “previsioni di comunicazione”, Google offra pagine e pagine di risposte, gli ultimi tempi ci insegnano che un buon comunicatore debba stare alla finestra e saper cogliere le novità in modo smart e cambiare la strada avviata se necessario, perché anticipare non è sempre una via percorribile. Tuttavia, con una rapida scorsa a queste pagine Google si

COMUNICATORICOMMUNITYevidenzia DI UNIVA

Nuove sfide attendono i comunicatori per l’autunno, più umane che tecniche, se è vero che il nuovo mood è puntare sugli incontri in presenza, sugli affetti e sulla complessa semplicità dei rapporti umani. Esemplare, in questo senso, il caso di “back to the reality” di Elmec Silvia Giovannini

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