Varesefocus 4-2018 Giugno

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ANNO XIX · N.4

GIUGNO 2018

VARESEFOCUS

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EDITORIALE

Lo “spread” dell’industria percepita Vittorio Gandini

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a differenza tra il reale e il percepito è uno dei fili conduttori di questo numero di Varesefocus. Ne parliamo ampiamente nelle pagine di “Vita Associativa” dove, dando conto dell’Assemblea Generale 2018 dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, che si è tenuta a fine maggio a MalpensaFiere, concediamo grande spazio sia alle parole espresse in quell’occasione dal Presidente Riccardo Comerio, sia ad un’intervista esclusiva rilasciataci dal Presidente di Confindustria, Vicenzo Boccia. Entrambi mettono in evidenza il grande divario che c’è tra la reale importanza che rivestono per la ricchezza e il benessere del Paese e dei suoi territori le imprese manifatturiere, e la percezione che ragazzi, famiglie e opinione pubblica in genere hanno di questo ruolo fondamentale per la crescita non solo economica, ma anche sociale di tutti. Uno “spread” di consapevolezza che rischia di intaccare anche politica e istituzioni. In questa lunga fase che ci ha portato con fatica alla composizione di un Esecutivo, per esempio, poco si è parlato di politica industriale. Speriamo che ciò sia smentito nei prossimi mesi in sede di azione di governo. E a proposito di differenza tra reale e percepito, c’è un dato con cui vorremmo aprire questa nuova edizione della nostra rivista: la struttura economica di Varese è in miglioramento. A dirlo è una elaborazione dell’Ufficio Studi di Univa sugli ultimi dati resi disponibili dell’Istituto Tagliacarne sul 2016. Numeri che confermano Varese come una delle province italiane a più alto valore aggiunto pro capite: 26.467 euro, in crescita dell’1,7% rispetto al 2015. Ma chi produce ricchezza sul territorio? Innanzitutto, è bene tener presente che il valore aggiunto prodotto dal Varesotto (in pratica il Pil locale) è pari ad una cifra assoluta di 23,6 miliardi di euro. In pratica una provincia che rappresenta lo 0,4% del territorio nazionale, ha un’importanza nella creazione di benessere che è quattro volta superiore, rappresentando quei 23,6 miliardi di valore aggiunto prodotto localmente l’1,6% del totale nazionale. Una considerazione va fatta su chi traina questa performance. Perché se è pur vero che il 65% è frutto delle attività dei servizi, l’industria si ritaglia una quota consistente del 30,6%. Quasi un terzo del prodotto locale dipende dunque dalla manifattura. Un dato che è superiore sia alla media lombarda che si ferma al 22,9%,

sia a quella nazionale che è del 19,1%. Varese ha una produzione industriale superiore, tanto per fare dei paragoni, a quella di intere regioni come Trentino - Alto Adige, Sicilia, Liguria. In un’ottica di programmazione del territorio e di politiche locali per lo sviluppo, questo dovrebbe essere un monito per chi ancora oggi mette in discussione il ruolo di Varese nel panorama industriale italiano ed europeo. Il Presidente dell’Unione Industriali, Riccardo Comerio, lo spiega bene nell’articolo di apertura della rubrica di “Vita Associativa”. Così come tra le pagine del “Focus” si trova un reportage che abbiamo realizzato immergendoci nei processi di innovazione di alcune importanti imprese del territorio che testimoniano come un sistema produttivo moderno riesca a perpetrare i propri primati, ripartendo e investendo, prima di tutto, su se stesso. Un racconto fatto non di grandi ragionamenti strategici, ma mettendo le mani in pasta nei reali progetti di innovazione che partono spesso dalle piccole cose, da iniziative di comunicazione interna e ponendo al centro dello sviluppo la persona. Ecco dunque, per esempio, come un’azienda centenaria qual è F.I.N.A. (di cui ci occupiamo nelle pagine di “Economia”) riesca ad operare con successo immutato da tanti anni sul fronte dell’industria tessile. Senza dimenticare il ruolo sociale dell’impresa che emerge nella sezione “Territorio”, con il progetto dell’azienda gallaratese Lasi Spa di portare il lavoro nel carcere di Busto Arsizio. Questo è il valore dell’impresa. Un valore sociale ed economico. Che deve essere promosso nella percezione delle persone, perché solo così può manifestare appieno il proprio potenziale a beneficio della collettività e, se non proprio con il contributo, almeno senza l’ostacolo delle Istituzioni. Locali o nazionali che siano. La promozione dell’impresa è interesse generale. Anche perché se il nostro valore aggiunto pro capite è in aumento, è comunque ancora lontano dai 27.149 euro che si registravano nel 2008 e dall’attuale media lombarda di 32.860. Di strada da fare ce n’è ancora tanta.

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Periodico di economia, politica, società, costume, arte e natura in provincia di Varese. Presidente Riccardo Comerio Direttore editoriale Vittorio Gandini Direttore responsabile Davide Cionfrini Direzione, redazione, amministrazione Piazza Monte Grappa, 5 21100 Varese T. 0332 251.000 - F. 0332 285.565 M. info@varesefocus.it reg. n. 618 del 16/11/1991 - Trib. Varese

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www.varesefocus.it Progetto grafico e impaginazione Paolo Marchetti Fotolito e stampa Roto3 srl Via per Turbigo 11/B 20025 Castano Primo (Mi) T. 0331 889.601 Gestione editoriale Servizi & Promozioni Industriali srl Via Vittorio Veneto, 8/E 21013 Gallarate (VA) - T. 0331 774.345

PUBBLICITÀ Servizi & Promozioni Industriali srl M. commerciale@spi-web.it T. 0331 774.345 Questo numero è stato chiuso il 15 giugno 2018. Il prossimo numero sarà in edicola con Ilsole24Ore il 17 settembre 2018. “Varesefocus” ospita articoli e opinioni che possono anche non coincidere con le posizioni ufficiali dell’Unione Industriali della Provincia di Varese. Valore di abbonamento annuo Euro 20,00 (nell’ambito dei servizi istituzionali dell’Editore).

FOCUS 6

Le nuove frontiere dell’innovazione

12 La scalata di Banks Group 15 Cosa sono davvero i Bitcoin?

ECONOMIA

INCHIESTA

10 Un secolo di gancetti reggiseno e non solo

18 Privacy, tempo scaduto

Interventi e contributi di: Luigi Bignami, Giornalista; Mario Chiodetti, Giornalista; Andrea Camurani, Giornalista; Andrea Della Bella, Giornalista; Michele Mancino, Giornalista; Luisa Negri, Giornalista; Paola Provenzano, Giornalista; Sergio Redaelli, Giornalista. In redazione: Cristina Cannarozzo, Davide Cionfrini, Silvia Giovannini, Chiara Mazzetti, Maria Postiglione. Segreteria di redazione: Barbara Brambilla, Viviana Maccecchini. Fotografie di: Archivio Reuters, Agenzia Blitz, Mario Chiodetti, Davide Cionfrini, Franco Garbin, Chiara Mazzetti, Andrea Perotti. In copertina l’opera di Barry X Ball Matthew Barney Dual- Dual Portait, 2000-07 Mexican Onyx, stainless steel, 24k gold, various other material


M A R I O FORMAZIONE

SCIENZA

22 I migliori tecnici siamo noi

40 Il futuro dell’auto elettrica passa dal JRC di Ispra

UNIVERSITÀ TERRITORIO 24 Come cambia un ateneo

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43 La riscoperta di nicchie golose 46 Il lavoro entra in carcere 49 Al Campo dei Fiori il sole è a portata di occhio

RUBRICHE

▶ Arte 57 Con Barry X Ball, da Villa Panza alla Pietà Rondanini 61 Al Museo d’Arte di Mendrisio la collezione Bolzani 64 Mostre e appuntamenti ▶ Sport 69 Il beach volley cerca di farsi spazio ▶ Motori 73 Nuova Mercedes Classe A più tecnologica che mai

VITA ASSOCIATIVA 28 Serve un patto generazionale 33 “Con l’Europa più forti nel mondo” 36 “Insegniamo ai giovani l’imprenditorialità” 37 Italia Vs Germania: lo spread della busta paga

▶ Provincia da scoprire 52 Semplicemente “Guglielmo da Montegrino”

▶ In libreria 77 Chi legge vola

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FOTO DAL MONDO 38 Le proiezioni sulle vele dell’Opera House di Sydney

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▶ Dal Web 80 On air


FOCUS

Le nuove frontiere dell’innovazione Viaggio nelle trasformazioni digitali che stanno cambiando le strategie, le organizzazioni e i luoghi di lavoro delle imprese del Varesotto, riportando le persone al centro. Perché l’industria 4.0 è prima di tutto partecipazione Davide Cionfrini

Eolo

‘‘A

nni fa era stata predetta la fabbrica senza i lavoratori. E oggi che avremmo le tecnologie per realizzarla stiamo invece riportando le persone al centro delle strategie di innovazione delle aziende del nostro territorio e dei loro processi di mutamento”. Intraprendere un viaggio nelle trasformazioni digitali dell’industria varesina non è solo un tuffo nelle più moderne tecnologie. Stando alle parole del Coordinatore delle Aree Economiche dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Marco De Battista, le nuove frontiere dell’innovazione hanno a che vedere più con l’uomo che con l’automazione: “Il vero fattore abilitante dell’industria 4.0 non è la tecnologia, tra l’altro facilmente reperibile, ma il fattore umano, figure con i giusti skill”. Il reportage nella quarta rivoluzione industriale del Varesotto parte, dunque, da qui. E ripercorre, riproponendolo in chiave di racconto giornalistico, un tour che con 230 presenze totali ha coinvolto numerosi imprenditori del territorio, entrati in diretto contatto con alcune realtà dell’industria varesina che stanno facendo del digitale il perno delle proprie strategie di crescita. Storie concrete, condivise con il sistema produttivo locale, che, come tessere di un puzzle, hanno composto l’immagine di un’industria, quella varesina, in profondo cambiamento. Soprattutto sul fronte delle strutture organizzative, oltre che quello del business e dei processi produttivi.

Il contesto territoriale Per tracciare le traiettorie de “Le Frontiere dell’Innovazione” dell’industria varesina (questo il titolo del ciclo di incontri a cui ha dato vita l’Unione Industriali) bisogna però prima calarsi nelle condizioni del contesto digitale del territorio dove esse si sviluppano. Non ultime quelle legate alla connettività: elemento fondamentale per l’industria 4.0. La provincia di Varese, a questa voce, arriva terza in Italia per copertura di banda larga. Ciò anche grazie alla presenza sul territorio di operatori come Eolo Spa: “Portare l’accesso a Internet ad alta velocità fuori dai grandi centri urbani - spiega il Ceo Luca Spada - è da sempre la nostra 6

maggiore sfida”. Per Spada il problema da risolvere in un’Italia che vuole scommettere sulla manifattura digitale è il digital divide dei piccoli centri urbani, quelli dove ha spesso sede la spina dorsale della manifattura made in Italy composta dalle Pmi: “Lo speed divide rischia di compromettere la capacità competitiva del Paese, soprattutto se consideriamo che la stragrande maggioranza delle imprese ha sedi e stabilimenti in comuni con meno di 20mila abitanti. Pensando a loro abbiamo messo a punto la tecnologia 100 Mega che ci permetterà di aiutare aziende e interi distretti ad essere più competitivi. È una rivoluzione che parte da Varese ma che arriverà in tutte le regioni in cui operiamo”. In pratica la promessa che Spada fa è quella di “permettere alle imprese della Valcuvia

In un contesto industriale diffuso come quello del Varesotto l’obiettivo di una singola azienda come Eolo di portare la banda ultralarga, anche nei comuni più piccoli e isolati, si trasforma in un volano competitivo di sistema


Vodafone Automotive

o della Valganna di poter contare su una velocità di connessione uguale a quella delle imprese alle porte di Milano”. In un contesto industriale diffuso come quello del Varesotto l’obiettivo di una singola azienda come Eolo di espandere la banda ultralarga, basata su tecnologie di derivazione 5G, si trasforma in un volano competitivo di sistema. Il suo raggiungimento, dunque, diventa interesse generale. E l’investimento privato si trasforma in politica industriale. Ed Eolo di soldi non è disposta a lesinarne: Stanley è di 300 milioni il piano di Black& Decker investimenti previsto per i prossimi 3 anni per connettere a 100 Mega 3,5 milioni di famiglie e imprese ancora soggette allo “speed divide” nel Nord-Ovest e Nord-Est d’Italia. Una scommessa sul futuro che creerà anche posti di lavoro con 120 assunzioni previste nei prossimi 18 mesi, che diventeranno 300 in tre anni. Tutte a vantaggio di un territorio che da maggio ha cominciato a ospitare a Busto Arsizio la Fabbrica Italiana del Fixed Wireless, il nuovo headquarter di Eolo, un campus tecnologico per lo sviluppo del business dell’azienda di 17mila metri quadrati di spazi pensato secondo le più evolute soluzioni di smartworking. Una risposta a chi si domanda come il digitale possa cambiare sul territorio il lavoro.

connettività a Internet dei mezzi. Questi solo alcuni dei prodotti e dei servizi che già oggi Vodafone Automotive sviluppa nelle proprie due sedi sul territorio: quella varesina a Masnago e quella a Busto Arsizio. Come emerso anche dall’ultimo Consumer Electronics Show di Las Vegas, pochi altri settori come quello dell’automotive cambieranno le nostre abitudini grazie alla connessione alla rete delle autovetture. Uno scenario che fa di Vodafone Automotive, e quindi del territorio varesino, uno dei protagonisti delle nuove frontiere dell’innovazione. Su Varesefocus lo stesso Gion Baker, Ceo di Vodafone Automotive, ce lo aveva spiegato solo qualche mese fa (Varesefocus 2/2018): “Il nostro gruppo – scrivevamo citando Gion Baker – non sta lavorando solo alla connettività legata all’autovettura. Ma anche a quella dell’autovettura con il resto del mondo della strada e con le altre macchine”. Tanto per intenderci: l’auto che guiderà da sola, mentre il guidatore legge o guarda la tv, non è tanto lontana. Quella che potremmo chiamare la guida 4.0, non può che essere però sviluppata da un’impresa che è essa stessa 4.0 anche nella parte manufacturing. A partire dall’approvvigionamento della componentistica elettronica:

Data Driven Business Ma la trasformazione digitale è anche Data Driven Business, ossia l’uso dei dati e delle informazioni per lo sviluppo di nuovi progetti e servizi a vantaggio della clientela. In questo caso l’esempio più lampante in provincia di Varese è la presenza di una realtà del calibro di Vodafone Automotive. Sistemi elettronici come sensori di parcheggio e antifurti; sistemi di sicurezza per l’individuazione dei veicoli rubati; sistemi di soccorso in caso di incidenti e assistenza in caso di emergenza; servizi di monitoraggio e analisi dei dati per la gestione delle flotte e per lo studio dei comportamenti di guida;

FOCUS

Meno manualità e più esperti di big data ed analytics. Un’industria fortemente esposta sull’industria 4.0 come Vodafone Automotive sta crescendo e crescerà anche a livello occupazionale: 30 le assunzioni previste per il 2018

In un’azienda manifatturiera come Stanley Black & Decker Italia Srl “la parte servizi sta diventando sempre più importante, un’attività centrale, quasi un core business da far crescere per dare maggior valore al prodotto” 7


FOCUS

le macchine produttive sono collegate in remoto col magazzino per evitare il fermo Leonardo macchina e creare un flusso continuo ed automatico di lavoro. Ciò non significa che i robot sostituiranno completamente l’uomo, spiega Andrea Di Nunzio a capo delle risorse umane di Vodafone Automotive: “Stiamo lavorando ad un passaggio generazionale e di competenze di medio e lungo periodo che cambierà know-how e ruoli all’interno dei nostri uffici e stabilimenti”. Meno manualità e più esperti di big data ed analytics. Un’industria fortemente esposta sull’industria 4.0 come Vodafone Automotive, sta crescendo e crescerà anche a livello occupazionale. Più di 80 le assunzioni fatte negli ultimi 3 anni. Più di 30 quelle previste per il 2018. “Un investimento in risorse umane che vedrà come protagoniste le nostre sedi europee, ma soprattutto l’Italia”, continua Di Nunzio. Intelligent Workplace Ma come cambiano i processi, i tempi e i luoghi di lavoro all’interno dell’impresa intelligente? “La postazione di lavoro tradizionale non esiste più - spiega Giovanni Minuti, responsabile della business unit che si occupa di servizi Workplace alla Elmec Informatica Spa di Brunello -. Adesso parliamo di digital workplace, una serie di interazioni continue tra persone, organizzazioni e tecnologia. L’approccio che abbiamo adottato, sia al nostro interno che con le aziende delle quali siamo partner, è quello people-centric, dove le esigenze dell’utente sono al centro. Prima fra tutte la possibilità di lavorare in mobilità, in Italia come all’estero, seguendo diversi fusi orari. Per questo è necessario disporre di strumenti di lavoro digitali user-friendly, sempre funzionanti che garantiscano allo stesso tempo efficienza e sicurezza nell’accesso dei dati”. Oggi più che mai, continua nel ragionamento Roberto Trentini, responsabile risorse umane di Elmec “dobbiamo considerare la persona al centro dell’ambiente di lavoro, un concetto che nel concreto si traduce in formazione continua, flessibilità e attenzione al bilanciamento tra vita privata e lavoro”. Tradotto: elasticità negli orari e nei luoghi che consente di lavorare per obiettivi e risultati. In tutto ciò la tecnologia non è un fine, bensì “un fattore determinante per abilitare l’azienda e le persone al cambiamento”, chiosa Trentini. Ciò non vale solo per le imprese informatiche. I paradigmi vengono stravolti anche nei settori più manifatturieri, come quello della produzione di utensileria, profondamente radicato sul territorio varesino come testimonia la presenza, con lo storico marchio Usag, di Stanley Black & Decker Italia Srl. “La più grande trasformazione che ha vissuto in questi anni la nostra azienda – spiega Daniele Turato, Service Manager di Stanley Black & Decker Italia Srl – ha riguardato l’approccio con il cliente”. Il customer service diventa core business: “Fino a 8

due anni fa l’attività di questa branca aziendale era quella di gestire le lamentele, oggi è quella di anticiparle. Di prevedere il problema, avvisare il cliente e aiutarlo a risolverlo prima che sia lui a porlo alla nostra attenzione”. Ciò presuppone che per un’azienda manifatturiera “la parte servizi stia diventando sempre più importante, un’attività centrale per dare maggior valore al prodotto: i nostri clienti non vogliono solo un trapano, ma un trapano che funzioni”. E quando non funziona più, che ci sia al suo fianco chi lo ha fabbricato. Così chi chiama la Stanley Black & Decker viene indirizzato in breve tempo alla risposta giusta, grazie a un sistema Crm evoluto. Non solo: il post-vendita e le riparazioni sono gestite tutte tramite sito web. La tracciatura digitale delle spedizioni degli acquisti, inoltre, permette una gestione in tempo reale della consegna via corriere: “In questo modo – racconta Turato – il nostro sistema digitale non permette di migliorare solo le prestazioni della nostra azienda, ma anche quella dei nostri fornitori”. Come dire: l’impresa 4.0 rende intelligente anche tutta la filiera. People Care e People Strategy Verrebbe da pensare che implementare la manifattura digitale in una fabbrica high tech che produce aerei sia più semplice che in altre realtà. Ma non è così. L’industria 4.0 non è solo il robottino che porta in giro e prende in autonomia i pezzi in un magazzino. La faccenda è molto più complessa e in Leonardo Spa Divisione Velivoli, dove manualità e automazione vivono assieme per realizzare un prodotto come un addestratore M346 che prende vita in un anno di lavoro. In un hangar ci sono squadre di decine di uomini intorno ad ogni singolo aereo per le prove e l’assemblaggio di tutte le parti elettroniche, di strumentazione, dei motori. In quello affianco, invece, si possono osservare le linee di assemblaggio delle fusoliere, “tra le più automatizzate al mondo”, spiega Carlo Valerio, Italian and EU Funded Programmes - Finance & funding programmes della Divisione

Per dar vita ad un nuovo sistema di Information Technology di gestione della produzione Leonardo Spa Divisione Velivoli è partita dal coinvolgimento degli operatori con una serie di interviste senza filtri


BTicino

FOCUS

Giovanni Minuti di Elmec Informatica: “La postazione di lavoro tradizionale non esiste più. Adesso parliamo di digital workplace, una serie di interazioni continue tra persone, organizzazioni e tecnologia” Elmec Continuos

Social

People-centric

THE DIGITAL WORKPLACE

Services

Mobility

Simplicity

Velivoli di Leonardo. Eppure tutto deve muoversi e svilupparsi all’unisono. Ma come? Innovando il modo di innovare: “Una volta l’innovazione in aziende come la nostra - racconta Guido Sibona, Operations - Head of Industrial Engineering della Divisione Velivoli di Leonardo - partiva dall’ingegneria industriale, approdava all’ingegneria di produzione e infine arrivava sulle linee. Oggi il percorso è inverso”. A spiegarlo più nel dettaglio è il Responsabile dello Stabilimento di Venegono Superiore Massimo Chiominto: “Stiamo dando vita in questi anni ad un sistema di Information Technology di gestione della produzione la cui ideazione e implementazione è stata avviata da una serie di interviste alle persone. Per noi la manifattura digitale è partita da qui”. Dai manuali di istruzione di carta faraonici a disposizione degli addetti all’assemblaggio, si sta così passando in Leonardo ai visori in 3D di realtà aumentata che guidano gli uomini nei vari passaggi. E poi ancora: video tutorial, file audio, foto. “L’operatore non legge più le istruzioni, interagisce con esse”, spiega ancora Sibona. Tutto, però, si tiene con la formazione e il coinvolgimento del personale. Come sta avvenendo in BTicino, parte del Gruppo multinazionale Legrand. “Se da un lato la gamma di servizi che BTicino offre al mercato ha conosciuto un’evoluzione importante collocandosi oggi sulla frontiera dell’innovazione nel campo dello Internet of Things, dall’altro - racconta Federica Grazioli, HR Recruiting, Selection, Training & Internal Communication Manager - la popolazione presente in azienda deve poter seguire con lo stesso ritmo il processo evolutivo in atto. Per affrontare in modo coraggioso l’inevitabile cambiamento che la

trasformazione digitale porta con sé il nostro top management ha creduto fortemente nell’importanza di partire proprio dalla sensibilizzazione dei dipendenti, lavorando sull’ approccio culturale, agendo sul ‘mindset’ delle proprie risorse umane prima che sui tools”. Investimento di tempo e risorse nella formazione: questi i due pilastri di un progetto avviato nelle sedi BTicino, Varese compresa, denominato “Digital First”. Video clip di 15 minuti, realizzati insieme al MIP del Politecnico di Milano, lezioni in aule virtuali, aggiornamento costante degli appuntamenti nella piattaforma e-learning utilizzata per la formazione. Anche in un’azienda che ha parlato per prima di domotica si è resa necessaria una fase di alfabetizzazione digitale che ha coinvolto 1.364 colletti bianchi. Il che la dice lunga su quanto nella trasformazione digitale nulla sia da dare per scontato. E dunque, sotto con la comprensione di tematiche quali la cyber security, la smart home, i social media, l’Internet of Things, i Big data. Si comincia coi concetti generali per arrivare a lezioni specifiche per “famiglie professionali interne all’azienda”. “Tutto - chiosa Federica Grazioli - è partito da una lettera inviata ai dipendenti coinvolti nel progetto dal nostro Ceo, perché l’engagement del vertice è fondamentale per condividere con le persone gli obiettivi. E in questo senso è stato sorprendente come tutto lo staff di BTicino si sia fatto coinvolgere creando un clima digitale nuovo in azienda. La partecipazione e il grado di soddisfazione sono stati elevatiw”. Ancora una volta, le persone al centro. Perché digitale è prima di tutto partecipazione.

Anche in un’azienda come BTicino che sta dettando l’agenda della domotica a livello mondiale si è resa necessaria una fase di alfabetizzazione che ha coinvolto 1.364 colletti bianchi, partendo da un progetto di comunicazione interna 9


ECONOMIA

Un secolo di gancetti reggiseno e non solo Compie 100 anni la F.I.N.A. Srl di Germignaga. Un piccolo gioiello dell’industria tessile del Varesotto, incastonato tenacemente nelle valli del Luinese da dove lavora per le collezioni intimo delle più importanti case di moda di tutto il mondo

Andrea Camurani

G

iancarlo Rossi ha 86 anni e con le figlie manda avanti la sua azienda che di anni ne compie 100: è nata quando ancora i treni andavano a carbone, mentre oggi li muove la “rete”, ma i corsetti già spopolavano fra gli indumenti femminili. Un’intuizione saggia quella di Carlo Rossi, nonno di Giancarlo, che un secolo fa assieme a pochi dipendenti mise in piedi la Fabbrica

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Italiana Nastri ed Affini, una Srl che oggi dà da lavorare a 25 persone ed ha clienti in tutto il mondo. Ma è l’Italia il mercato principale di questa azienda del Luinese che fornisce da sempre ganci e nastri per l’abbigliamento intimo per signora. Un accorgimento “meccanico” legato a indumenti indiscreti, che devono essere comodi nel venir allacciati, eleganti da guardare e non perdere mai maneggevolezza. Da questa azienda in località Premaggio di Germignaga escono una decina di milioni di pezzi l’anno prodotti con macchinari all’avanguardia.


Negli stabilimenti di Germignaga si producono agganciature pronte per l’applicazione, in centinaia di tipi e colori secondo le richieste dei brand di intimo come La Perla, Pompea, Calzedonia, Parah, Triumph, Emilio Pucci, D&G, Armani, Louis Vuitton e Versace

La Perla, Pompea, Calzedonia, Parah, Triumph e Maison di moda come Emilio Pucci, D&G, Armani, Louis Vuitton e Versace. Marchi importanti: ma è capitato di riconoscere qualche diva del cinema coi gancetti marchiati F.I.N.A.? “Ma certo che è capitato, nei film, in televisione e sulle passerelle durante le sfilate di intimo: gran parte di questi indumenti sono chiusi con gancetti prodotti da noi”, racconta Giancarlo con passione, che si trasforma in un orgoglio palpabile quando parla di un luogo mitico, vero tempio della creatività umana: il MoMa. Al Museum of Modern Art di New York è difatti esposto un nastro realizzato con telaio jacquard negli anni ‘30 e ‘40 e uscito proprio dalla F.I.N.A.: “Eravamo gli unici al mondo a farlo, in quegli anni. E il nostro lavoro è stato premiato inserendo questo oggetto nella prestigiosa collezione del Museo”. Traguardi che arrivano da grandi intuizioni e selezione rigorosa delle materie prime. È questo il segreto di una longevità aziendale che ha portato F.I.N.A. a ricevere il premio per un secolo di attività durante l’A ssemblea Generale 2018 dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. Una meta raggiunta grazie alle persone. Alla loro formazione continua. Dipendenti che si potrebbero definire “casa e bottega”. Una bottega, però, leader mondiale. “I nostri dipendenti arrivano tutti dal Luinese: giovani che dopo le scuole superiori formiamo in azienda e che rimangono a lavorare con noi per una vita”. Proprio come Adriano Rinaldin, che il 30 maggio è andato in pensione dopo 42 anni di lavoro in F.I.N.A. Entrò in azienda che era un ragazzo ed ha finito la carriera come capo reparto. Le sue mani hanno visto passare mode e collezioni che sono state il primo vestito per generazioni di donne in ogni continente: le aziende clienti vanno dagli Usa alle Filippine. Un percorso del resto condiviso dallo stesso titolare che nel lontano 1945, e per i cinque anni successivi, frequentò a Bergamo l’unica scuola superiore di tessitura per cotone. “Quella più vicina era a Como, ma lì si imparava a lavorare con la seta. Quindi dovetti farmi cinque anni di collegio a Bergamo. E alla fine, nel 1950, presi in mano l’azienda”. Storie d’altri tempi che si riflettono in un solido presente. Un quesito, però, sorge spontaneo: cosa verrà dopo il gancetto? “È una domanda che mio padre si è fatto per sessant’anni. E io la risposta forse ce l’ho: il gancetto per reggiseni è un oggetto irrinunciabile. E dopo il gancetto ci sarà ancora il gancetto”.

ECONOMIA

“Acquistiamo i gancetti in metallo da un’azienda di Monza, che lavora in pratica solo per noi: un ottimo fornitore in grado si stare al passo con la moda. I metalli possono essere rivestiti di materiale sintetico, o bruniti. In questi ultimi è molto apprezzato il colore dorato, e noi dobbiamo stare al passo coi tempi - spiega l’imprenditore -. Il nostro compito è di fissare questi ganci al supporto di tela o a interi nastri di tessuto che poi il cliente decide di tagliare a seconda delle esigenze del capo che verrà proposto al pubblico”. I primi telai acquistati nel 1918 erano originariamente destinati al confezionamento di nastri per corsetteria in cotone. Poi arrivarono anche il nylon, il poliestere, il rayon: tutte fibre che oggi vengono impiegate. Nel 1953 venne acquistato un primo gruppo di macchine da cucire per l’applicazione automatica di ganci ed asole su nastro di tessuto tagliato. Le agganciature per busti e reggiseni diventarono presto il cavallo di battaglia dell’azienda che nel 1975, nel piano di aggiornamento tecnologico, fu tra le prime industrie nel mondo ad installare un impianto per la saldatura ad ultrasuoni del nastro con ganci, sollevando i confezionisti dal gravoso, nonché costoso procedimento del taglio e dell’orlatura dei pezzetti di nastro da applicare alla coda del reggiseno. Oggi queste macchine hanno raggiunto un livello di automazione veramente eccezionale e F.I.N.A. è l’unica produttrice in Italia di questo articolo e tra le più importanti in Europa. I macchinari sono realizzati da un’azienda Svizzera. Negli stabilimenti di Germignaga si producono agganciature pronte per l’applicazione, in centinaia di tipi e colori secondo le richieste della clientela costituita da brand di intimo di fascia alta come

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ECONOMIA

La scalata di Banks Group Il business è quello della produzione di schede elettroniche, di cui l’azienda di Casale Litta si occupa da trent’anni. Con un trend in espansione. Sia sul fronte del ranking varesino per fatturato. Sia nella crescita per acquisizioni Michele Mancino

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a crisi ha scremato il mercato”. Questa frase, apparentemente innocua, nasconde invece una realtà ben più dura. Tradotta in un linguaggio più realistico significa infatti che la recente crisi economica ha spazzato via le im-

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prese non efficienti, poco internazionalizzate e piuttosto resistenti all’avvento del digitale. Insomma, aziende non allineate con quello che gli economisti chiamano il nuovo paradigma. Ciò che è rimasto sul mercato, indipendentemente dalle dimensioni di impresa, è dunque il meglio che un’economia matura come la nostra può offrire. Un caso interessante, che conferma quanto è avvenuto negli ultimi dieci anni, è quello della Banks Group di Casale Litta, una


L’azienda guidata da Vittorio Ballerio ha comprato qualche anno fa la Gi.Bi.Di Srl, realtà mantovana specializzata in sistemi di automazione per porte e cancelli: “L’operazione ci ha permesso di confrontarci con i mercati internazionali”

rio - ma possono essere importanti per far crescere gli altri. Le risorse giovani invece sono più reattive e posizionate sul mercato, cioè sanno qual è la via da prendere e a fare la differenza è quasi sempre il loro rapporto con la tecnologia”. L’imprenditore è dunque d’accordo con chi invoca un nuovo patto generazionale senza il quale non ci può essere continuità aziendale. Un tema attualissimo messo al centro della relazione di Riccardo Comerio, Presidente di Univa, nella recente Assemblea Generale degli industriali varesini. Uno dei punti di forza dell’azienda di Casale Litta è una produzione basata sulla filiera di impresa, scelta che ha i suoi vantaggi ma anche dei limiti evidenti, come spiega lo stesso imprenditore. “L’aspetto positivo è la grande reattività rispetto al mercato, quello negativo è la gestione delle risorse umane che richiede un’analisi molto accurata per evitare che vadano in competizione tra loro o si sovrappongano. È uno solo che deve tenere il timone”. La rotta che dovrebbe seguire un’impresa, in teoria è quella della crescita: da piccola a media fino alla grande dimensione. Purtroppo il mare in cui sono costrette a navigare quelle italiane, ovvero l’ecosistema socioeconomico, è disseminato di scogli dove si infrangono marginalità e competitività: dalla mancanza di infrastrutture alla difficoltà di accesso al credito, dall’imposizione fiscale quasi insostenibile al costo dell’energia troppo alto rispetto ai competitor stranieri. E nonostante questo corposo cahier de doleances, le imprese italiane sono ancora in grado di fare miracoli, posizionandosi ai vertici dell’economia europea, subito dopo la Germania, maglia rosa del manifatturiero continentale. Ballerio ha deciso di crescere per acquisizioni e così qualche anno fa ha comprato la Gi.Bi.Di Srl azienda mantovana specializzata in sistemi di automazione per porte e cancelli. “Crescere così è più semplice - sottolinea l’imprenditore -. Con questa azienda, ora rinata, ho la possibilità di confrontarmi con i mercati internazionali”. A fondare la Banks nel 1988 furono tre soci, tutti provenienti dalla Ranger, azienda allora leader nel settore degli antifurti. Tra loro c’era anche Giuseppe Scazza, il perito elettrotecnico a cui si deve la nascita in provincia di Varese dello storico distretto degli antifurti per auto, che comprendeva una ventina di aziende e una miriade di laboratori artigianali dove lavoravano oltre tremila persone. “Il nome Banks - conclude Ballerio - lo abbiamo coniato insieme durante una trasferta in Oriente. Ci trovavamo all’aeroporto di Bangkok e quel nome ci sembrò perfetto per dare un tocco di internazionalità alla nuova nata”.

ECONOMIA

tipica piccola impresa italiana che ha attraversato indenne la tempesta uscendone perfino rafforzata. Specializzata nella produzione di schede elettroniche per il comparto industriale, in particolare per l’automotive, e con un mercato quasi esclusivamente italiano, l’impresa di Vittorio Ballerio è cresciuta proprio nel periodo più difficile attraversato dalla nostra economia. Il termometro di questa crescita è la pubblicazione “Made in Varese” che ogni anno stila la classifica delle imprese leader del Varesotto. Prima del 2012, la Banks Group non veniva nemmeno menzionata tra le oltre mille imprese degne di nota, per comparire due anni dopo al 751esimo posto con un + 8,7% di fatturato. È il 2015 però l’anno straordinario perché la Banks scala il ranking della rivista piazzandosi a quota 670 e con un aumento del fatturato in doppia cifra (+ 10,5%). “È andata proprio così - conferma Ballerio -. Poi abbiamo avuto una piccola flessione e ora abbiamo ricominciato a crescere”. Quello che è rimasto del mercato è l’effetto di una duplice azione. Quando c’è una crisi le organizzazioni, così come le persone, o cambiano o rimangono immobili. “Credo che le alchimie delle differenze in chi fa impresa alla fine tendano ad assomigliarsi molto - continua l’imprenditore - perché le criticità sono dovute al fatto che è cambiato il mondo, a partire dalle relazioni industriali fino al rapporto con i collaboratori”. Un dato è certo: la crisi ha esaltato ulteriormente il valore aggiunto della risorsa umana. Nata trent’anni fa, Banks Group è un’azienda giovane in tutti i sensi, come lo sono i suoi dipendenti, abituati all’uso delle nuove tecnologie e alla mentalità del cambiamento. “I lavoratori con esperienza non usano certi strumenti - spiega Balle-

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A livello di finanza, nulla è più reale del web. Christian Miccoli, Co-Ceo di Conio: “Prudenza sì, diffidenza no. Il progressivo aumento delle criptovalute le renderà sempre più interessanti anche per le imprese. Ma dei vantaggi ci sono già oggi, al netto dell’elevata volatilità” Davide Cionfrini

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e attività illegali incidono solo su meno dell’1% delle transazioni in Bitcoin”. Intorno alle valute digitali c’è tutto un mondo da sfatare. “In realtà qualsiasi operazione effettuata in criptovalute è registrata e lascia una traccia indelebile nel tempo. In questo il web non è dunque proprio il mondo ideale per l’economia sommersa”. Christian Miccoli è attualmente

ECONOMIA

Cosa sono davvero i Bitcoin? Co-Founder e Co-Ceo di Conio, il primo portafoglio Bitcoin italiano che permette di custodire, comprare e vendere la famosa criptovaluta direttamente da smartphone. Un punto di approdo a cui è arrivato dopo aver ricoperto anche gli incarichi di Amministratore Delegato e Presidente di Che Banca! (del Gruppo Mediobanca), e ancor prima di Amministratore Delegato di Ing. Direct Italy durante il periodo di lancio di Conto Arancio. Una vita, almeno quella più recente, dunque, passata nello sviluppo in Italia della finanza digitale. La cui ultima frontiera è rappresentata dai Bitcoin e dalle

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ECONOMIA 16

Blockchain. Tema posto anche al centro degli “Approfondimenti di Finanza – Scuola d’Impresa” organizzati dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese per accompagnare le aziende verso le nuove opportunità offerte dal mercato per finanziare i propri investimenti. Blockchain, Lightning network, smart contracts: ne sentiamo parlare da tempo, ma sono vere opportunità quelle che la nuova finanza digitale offre alle imprese? “Sicuramente lo sono quando non voglio fidarmi del soggetto con cui sto per concludere un affare. In questo caso, una transazione attraverso blockchain è lo strumento giusto da utilizzare”. A spiegare il perché, partendo dallo sgomberare le menti dai troppi luoghi comuni che circondano il complesso mondo delle blockchain e delle criptovalute, così strettamente legati fra loro, è Marco Pesani, Direttore Sviluppo Prodotto di Conio: “Intanto bisogna sapere che non esistono solo i Bitcoin. Ci sono anche altre criptovalute, come per esempio, Ethereum. Due monete digitali che hanno oggi una capitalizzazione di 230 miliardi”. Ma ogni criptovaluta fa storia a sé: “Ciascuna nasce per un motivo diverso. Prodotti diversi che hanno obiettivi differenti. Un po’ come i social network. Facebook ha una funzione diversa da LinkedIn che ha scopi e utilizzi differenti da Instagram”. E dunque: “Tanto per sfatare uno dei miti che girano oggi sui media, Ethereum non è il nuovo Bitcoin. È una cosa diversa. Tutte le cripotvalute, però, hanno un unico minimo comun denominatore: ogni valuta digitale è un grande registro, un database, impossibile da contraffare, che tiene memoria di tutte le transazioni avvenute al suo interno. È la tecnologia sottostante della blockchain, in sostanza ad accumunare le varie criptovalute esistenti nel mondo del web. Una struttura aperta, distribuita, dove ogni scambio di valore avviene senza la necessità di intermediari”. Una blockchain, in pratica, non è altro che un registro, un database che condivide la registrazione di una transazione finanziaria. C’è da capire, però, se Bitcoin e blockchain stiano aprendo la strada alle imprese per business completamente nuovi. La risposta di Miccoli è “sì, questo sta già avvenendo”. Nel dettaglio alcuni esempi sono quelli della scrittrice che finanzia la sua attività grazie al patronato. Tramite la blockchain chi l’ha supportata riceve una piccola parte della vendita di ogni libro. In tempo reale ad ogni transazione, in base alla proporzione stabilita. Altro esempio è quello di chi vuole garantire ai suoi clienti la provenienza delle materie prime. La blockchain potrebbe essere utilizzata per tracciare e rendere pubbliche le certificazioni e la catena di distribuzione. Anche qui in tempo reale, ad ogni passaggio che subisce il prodotto. Per non parlare delle società che forniscono buoni pasto: in questo caso la blockchain permette di tracciare il loro utilizzo e di organizzare i pagamenti e distribuire in tempo reale il guadagno del business e la sua ripartizione. “Se ci pensiamo Euro e Bitcoin non sono molto differenti tra di loro”. Una provocazione, quella di Miccoli? Non proprio: “Alla fine

“In Giappone i Bitcoin hanno già corso legale e nel primo trimestre 2018 il solo loro utilizzo ha comportato un aumento dei consumi che ha avuto un impatto positivo sul Pil del Paese dello 0,3%” Euro e Bitcoin - argomenta il Co-Ceo di Conio - sono numeri, dei valori di mercato che dipendono da domanda e offerta. Nel caso dell’Euro l’offerta è regolata da una Banca Centrale che potendo gestire l’offerta riesce a controllarne il prezzo. Nel caso delle valute digitali, invece, il valore non è controllato da un intermediario, la fluttuazione è totalmente libera. L’unico elemento fisso è la quantità di Bitcoin che è sempre certa. Oggi esistono 16,9 milioni di Bitcoin che cresceranno fino a 21 milioni entro l’anno 2040. Ma questo è. Non esiste una banca centrale che cerca di controllarne il valore in base alla quantità di moneta da immettere sul mercato”. Altro elemento su cui meditare, secondo Miccoli è che “il Bitcoin è più conveniente per un venditore rispetto ad un’altra moneta virtuale utilizzata ormai da tutti i negozi: quella rappresentata dalle carte di credito”. Perché? “Nelle criptovalute non c’è commissione:100 Euro di transizione equivalChristian Miccoli gono a 100 Euro di incasso”. Svantaggi, però, ce ne sono ed occorre tenerne ben conto in questo momento in cui i Bitcoin rappresentano una nuova frontiera. “Il primo svantaggio - ammette Miccoli - è la variabilità di valore. Se incasso 100 euro di Bitcoin oggi, non so quanto potranno valere domani. 110? 90? La volatilità è molto elevata”. Esistono comunque dei servizi che permettono di cambiare immediatamente i 100 euro di Bitcoin in moneta reale, così da tutelarsi dall’oscillazione del valore. Come quelli che offre ai propri clienti Conio, per esempio. “Oggi è difficile accettare pagamenti in Bitcoin - ammette Miccoli - ma una maggiore diffusione li renderà per loro natura molto interessanti. In Giappone, per esempio, Paese che utilizza più di chiunque altro le valute digitali, i Bitcoin hanno già corso legale e nel primo trimestre 2018 il solo loro utilizzo ha comportato un aumento dei consumi che ha avuto un impatto positivo sul Pil del Paese dello 0,3%. Non poco per un’economia nazionale che cresce annualmente dell’1,6%”. Insomma, per il momento il consiglio è: “Prudenza sì, ma diffidenza no. Non è il caso di tenere in portafoglio troppi Bitcoin o di utilizzarli per molte transazioni. Ma il giusto e moderato utilizzo può rappresentare già oggi un buono strumento di assicurazione del rischio e diversificazione”.


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INCHIESTA

Privacy, tempo scaduto Con l’entrata in vigore il 25 maggio del nuovo Regolamento europeo sulla protezione dei dati, le imprese sono chiamate ad allinearsi con una normativa molto più stringente, la cui mancata osservazione può letteralmente costare molto caro in termini di sanzioni. E dunque? Quali sono i consigli degli esperti? Chiara Mazzetti

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i tratta di una grande opportunità per le imprese, per rivedere i loro sistemi organizzativi”, queste le parole di Giovanni Buttarelli, Garante Europeo della protezione dei dati, pronunciate qualche settimana fa nel corso di un evento sul tema della privacy. Un’opinione controcorrente rispetto alla dilagante preoccupazione delle aziende per un argomento indubbiamente al centro dell’attenzione negli ultimi mesi, che ha rubato più di una notte di sonno agli esperti e ai consulenti delle imprese di tutta Italia. Si dà il caso infatti che lo scorso 25 maggio sia entrato in vigore il nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, eppure, ancora a pochi mesi da questa data fatidica, un’azienda imprepanda italiana su due risultava imprepa rata. A rivelarlo era stato il sondaggio “EY Global Forensic Data Analytics Survey 2018”, basato sato sulle interviste a 745 top manager di 19 paesi diversi. Poco consola nsola che le imprese italiane non siano le sole a rischiare di nonn essere pronte. Solamente il 48% del campione europeo, eo, interrogato riguardo ai rischi legali, di compliance iance e di frode e all’eventuale utilizzo di strumenti umenti di Forensic Data Analytics (FDA), A), ammetteva, infatti, durante la stessaa indagine, di avere attuato un piano per er conformarsi al General Data Protection rotection Regulation (GDPR). E questo, uesto, nonostante le sanzioni per la non osservanza della nuova regolamentazione mentazione possano rivelarsi molto gravose: vose: fino al 4% del fatturato dell’azienda da colta in fallo. Ma cosa spaventa tanto le imprese mprese italiane? Il fatto che i dati personali, in piccola o larga parte, siano presenti comunque munque in ogni azienda. Di vitale importanza, nza, dunque, è

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“La privacy non è più un insieme di documenti, non va gestita e pensata solo come un adempimento burocratico. Ma deve essere vista come l’occasione di aumentare il livello di sicurezza nei trattamenti dei dati personali gestiti” imparare a trattarli nel modo corretto, in i primis per evitare di “fare danni irreparabili”. Un cambiamento di parad paradigma Le imprese italiane e no non solo, insomma, si trovano a dover fronteggiare fronteggia un vero e proprio cambiamento di pparadigma. Che ha preso avvio con una un modifica del vocabolario utilizzato finora, come spiega Laura Di fi Liddo, Da Data Protection Officer: “Si tratta di uuna norma, che seppur non nuova, è ccostruita su istituti non consueti nella nostra tradizione giuridica. Pensiamo aai concetti di accountability, di privacy by design e by default che ci mettono in crisi cr anche solo rispetto alla terminologia e che devono portare le imprese a ragionare e ad adottare un approccio quello che è stato usato finora. diverso rispetto a quell Non di check-list, ma di capacità capaci di raggiungimento degli obiettivi e di documentazione di ciò che si è fatto”.


I rischi dell’inadempimento “L’obiettivo del Regolamento è proteggere le persone fisiche

Le sanzioni per la non osservanza della nuova regolamentazione possono rivelarsi molto gravose: fino al 4% del fatturato dell’azienda colta in fallo

INCHIESTA

Pmi in difficoltà “Rispetto all’implementazione del GDPR da parte degli operatori italiani”, si legge nella recente Audizione Parlamentare di Confindustria, firmata da Antonio Matonti, Direttore Area Affari Legislativi di Viale dell’A stronomia “si registra un fenomeno a doppia velocità: da una parte, le imprese più grandi e strutturate, che sin da subito hanno iniziato a definire procedure e modelli di compliance e che, salve le difficoltà derivanti dal ritardo registrato nella definizione del quadro giuridico, sono pronte ad approfittare di questo salto di qualità; dall’altra, le imprese di medie e piccole dimensioni che, pur avendo dimostrato sin da subito un interesse nei confronti del nuovo quadro regolatorio, manifestano ancora molte difficoltà – operative ed economiche – nelle attività di compliance e che, pertanto, vanno sostenute”. Insomma, a trovarsi in difficoltà in questa fase di coordinamento tra il nuovo Regolamento europeo e l’attuale normativa italiana sulla privacy sono innanzitutto le piccole e medie imprese. Sono queste realtà a rischiare grosso. O comunque, più delle altre.

– ribadisce Di Liddo –, perciò il rischio principale che si presenta se non si segue adeguatamente il nuovo Regolamento europeo è legato al fatto che dai trattamenti di dati effettuati all’interno delle aziende possano scaturire danni agli interessati. Il pericolo per l’impresa è una sanzione, più gravosa con la nuova Regolamentazione ma è anche un rischio reputazionale di caduta di immagine sul mercato”. In altre parole, come precisa Alberto Piamonte, Key Map Team Consultant, per evitare di risultare inadempienti verso le nuove normative, è necessario che “chi gestisce i dati di altre persone, abbia sempre presente che trattando in maniera scorretta quei dati, può

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INCHIESTA

creare realmente dei danni”. Per primo a se stesso. Consigli per non sbagliare Quali sono allora le raccomandazioni per non cadere in errore e farsi trovare preparati? “È necessario cambiare completamente approccio – spiega ancora Laura Di Liddo –. La privacy non è più semplicemente un insieme di documenti, non va gestita e pensata solo come un adempimento burocratico. Ma deve, invece, essere vista come l’occasione di aumentare il livello di sicurezza nei trattamenti dei dati personali gestiti. È importate guardare ai nuovi adempimenti in quest’ottica”. A chi si possono rivolgere le imprese Non lasciare sole le imprese: questo l’obiettivo che si è imposta l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. Sul sito www.univa.va.it è disponibile per le aziende associate un’area riservata dove è possibile scaricare monografie, modulistiche, slide, documenti utili e linee guida. Oltre a brevi video e info-

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A meno di tre mesi dall’entrata in vigore del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali un’azienda italiana su due risultava ancora impreparata grafiche. Un’opera di informazione continua e costantemente aggiornata. Vista la complessità del tema, inoltre, l’associazione datoriale ha deciso di creare una task force, mettendo a disposizione delle imprese interventi di consulenza e corsi di formazione organizzati dalla propria società di servizi: la SPI – Servizi & Promozioni Industriali. Per ulteriori informazioni: privacy@spi-web.it.


- ! 7;]Ń´b u]-mb bu;মˆb d’Azienda Un comune fraintendimento è che gli Amministratori di una societĂ di diritto privato abbiano responsabilitĂ limitate, ma non è cosĂŹ dato che essi sono illimitatamente responsabili e rispondono col proprio patrimonio personale.

I vantaggi per l’Azienda e per gli Assicurati Se gli Assicurati sono coperti per quanto sono tenuti a pagare a titolo di risarcimento, quali civilmente responsabili, per perdite patrimoniali involontariamente cagionate a terzi, in conseguenza della violazione colposa di obblighi derivanti dalla legge, dallo statuto, dalle delibere di nomina e dalle delibere assembleari nell’ambito dell’assolvimento dei compiti attribuiti con la carica indicata in polizza, l’Azienda è coperta per le somme che è tenuta a pagare a terzi per conto degli assicurati. La polizza considera inoltre terzi (e quindi indennizzabili a termini di polizza) la societĂ stessa e i suoi soci, le societĂ controllate e collegate, i creditori sociali. La polizza tiene indenne sia gli Assicurati sia la stessa SocietĂ contraente

Oggi gli Amministratori sono esplicitamente tenuti ad agire in modo strutturato e la diligenza richiesta passa da quella generica del “buon padre di famigliaâ€? a TXHOOD VSHFLžFD ULFKLHVWD GDOOD QDWXUD GHOOÂľLQFDULFR H dalle loro competenze. Ciò è dovuto anche alla riforma del diritto societario, che ha aggravato notevolmente il ruolo di amministratore di societĂ . Gli Amministratori, i Sindaci, i Direttori generali e i Dirigenti con deleghe speciali sono sottoposti ad un severo esame del loro operato e sono solidalmente e personalmente responsabili, con il proprio patrimonio, de danni causati a terzi in relazione all’attivitĂ svolta per conto della societĂ . La polizza D&O (polizza di ResponsabilitĂ Civile degli Amministratori) di Generali Italia opera a favore degli Amministratori, Sindaci e Dirigenti, tenendoli indenni dalle perdite pecuniarie derivanti dagli atti illeciti commessi nello svolgimento delle proprie funzioni, tutelandone il patrimonio personale e garantendo, inoltre, a copertura dei costi di difesa legale, delle spese di presenza ad indagini, e persino dei danni di immagine.

7UDWWDPHQWR žVFDOH GHOOH SROL]]H ' 2 La polizza di responsabilitĂ civile degli Amministratori QRQ UDSSUHVHQWD XQ ²EHQHžWÂł PD XQ FRVWR D]LHQGDOH WRtalmente a carico della SocietĂ contraente. I premi assicurativi D&O non rappresentano un compenso in natura e, conseguentemente, non concorrono a formarne il reddito. L’Agenzia Generale Saronno 6DQ *LXVHSSH q DO YRVWUR žDQFR nella programmazione delle misure QHFHVVDULH SHU OD WXWHOD GHOOÂľ$]LHQGD e dei suoi organi direttivi. &RQWDWWDFL info@generalisaronno.it tel 02/96700365 ZZZ HQULFRFDQWXDVVLFXUD]LRQL LW

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FORMAZIONE

I migliori tecnici siamo noi Sono 70 gli studenti premiati anche al termine dell’anno scolastico 2017/2018 con le borse di studio messe in palio dal Progetto Generazione d’Industria per i più bravi alunni degli istituti industriali, professionali ed economici del Varesotto locale. Tra cui il Vicepresidente dell’Unione Industriali, Tiziano Barea,

Davide Cionfrini a capo del Progetto Generazione d’Industria: “Sentiamo continua-

È

un pallottoliere che va costantemente aggiornato quello dei ragazzi premiati dal Progetto Generazione d’Industria portato avanti dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese insieme a 44 imprese del territorio. Anche quest’ultimo anno scolastico, per la settima volta consecutiva, si è chiuso con la consegna di 70 borse di studio ad altrettanti alunni dei 20 istituti tecnici industriali ed economici del Varesotto. In pratica, gli studenti migliori che in provincia siedono sui banchi di scuola nelle aule professionali, industriali e di studi economico-amministrativi. La cerimonia di consegna è avvenuta al Centro Congressi Ville Ponti di Varese alla presenza di 400 ospiti tra ragazzi, genitori, parenti, docenti ed esponenti del mondo dell’impresa

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mente parlare di crisi ma vogliamo che si senta parlare anche di merito, di impresa e di futuro. Per questo premiamo alla fine di questo anno scolastico questi 70 studenti. Li premiamo per il loro impegno e per l’energia che hanno saputo mettere nelle sfide a cui li hanno posti di fronte i loro insegnanti e le nostre imprese nei percorsi di alternanza scuola/lavoro. Un’energia che ha contagiato anche le nostre imprese”. E rivolgendosi direttamente ai ragazzi: “Dovete essere orgogliosi di voi stessi. Devono esserlo anche le vostre famiglie. Di certo lo sono le imprese che oggi vi premiano perché avete dimostrato di essere bravi”. Ma come si diceva, Generazione d’Industria è come un pallottoliere che va costantemente aggiornato. E dunque ecco il conto: con questi ulteriori 70 ragazzi premiati (in fondo l’elenco completo)


studio agli studenti come messaggio di fiducia che le aziende ripongono nelle nuove generazioni. “Con Generazione d’Industria – spiega Tiziano Barea – l’Unione Industriali e le 44 imprese partner dell’iniziativa investono letteralmente sui giovani e sulle scuole. Perché? Per permettere alle imprese di conoscere i ragazzi. Per permettere ai ragazzi di conoscere le imprese. Perché vogliamo trasferire un senso di fiducia e coraggio, facendo squadra e avvicinandoci come imprenditori alle scuole”. Rendersi più attraenti nei confronti dei giovani. Questo uno dei principali scopi del Progetto, come conferma lo stesso Barea: “Viviamo in una società in cui prevale l’idea che le imprese siano luoghi di lavoro poco attraenti e che le scuole tecniche siano quelle per i ragazzi meno studiosi. Sono idee sbagliate, che nascono da pregiudizi e generalizzazioni. L’industria non è meno attraente di altri luoghi di lavoro, semplicemente non è di moda. Sono due cose completamente diverse. Generazione d’Industria nasce anche per questo: per far conoscere ai ragazzi il bello delle nostre imprese”. L’appuntamento ora è dunque per settembre, quando, con l’inizio dell’anno scolastico 2018/2019, partirà l’ottava edizione di Generazione d’Industria. Il Progetto continua...

FORMAZIONE

salgono alla cifra di 298 gli studenti a cui l’iniziativa dell’Unione Industriali e delle imprese ad essa associate ha riconosciuto una borsa di studio in questi anni. Premi al merito, ma non solo. Giunto al settimo anno, il Progetto di Generazione d’Industria è molto di più, della già impegnativa (in termini economici ed organizzativi) consegna di decine di borse di studio. L’obiettivo di medio-lungo termine è molto ambizioso: diffondere la cultura industriale e dimostrare il ruolo sociale ed economico delle imprese. Generazione d’Industria è dunque un programma di interscambio culturale tra aziende e istituti tecnici. Sfida portata avanti quotidianamente dall’Unione Industriali e dalle imprese attraverso quattro diverse azioni. Gli “Stage Plus”: durante l’anno scolastico le imprese accolgono gli studenti delle classi quarte e quinte con tirocini di lunga durata e con la possibilità di proseguirli durante il periodo estivo. Le imprese protagoniste a scuola: gruppi selezionati di studenti vengono coinvolti in corsi tenuti dalle aziende sia in orario scolastico, sia extrascolastico. L’aggiornamento del corpo docente: visite e lezioni in azienda per gli insegnanti che si confrontano con i tecnici delle imprese sulle ultime evoluzioni nei processi produttivi e nell’organizzazione del lavoro. La premiazione al merito dei ragazzi: borse di

L’elenco degli studenti premiati: ISISS “F. Daverio - N. Casula”: Simone Deidier, Alessandro Benedetto. ISISS “Don L. Milani”: Carlotta Giordano, Giulia Ghielmetti. ISIS “Gadda-Rosselli”: Martina Farella, Morgana Giubilato. ITE “E. Tosi”: Alessandro Perini, Ayantu Petrosino, Giorgio Gussoni, Ilaria Mazzeo, Giorgia Sibilla. IIS “C.A. Dalla Chiesa”: Bilal Dennaye, Andrea Liotta, Enrico Binda, Mattia Busso, Fabiana Alice Toriello, Diego Canale. IIS “E. Montale”: Rebecca Camarini, Laura D’Anna, Elisa Monga. ISIS “I. Newton”: Luca Negro, Zakaria Touijar, Giulia Manco, Raffaele Leonardi. IPSIA “A. Parma”: Simone Lagnoni, Silvio Galimberti, Matteo Giambra, Tarik Oulbouke. ISIS “Città di Luino - Carlo Volontè”: Andrea Leonardo Capobianco, Gulec Ayse, Mattia Baggiolini, Salvatore Diana, Sebastian Stefano Ballardini, Lorenzo Parietti. ISIS “J.M. Keynes”: Alessio Cortese, Chiara Giaquinta, Mattia Russo, Francesco Re, Ruben Scopacasa, Andrea Daino, Claudio Cefola. ISISS “L. Geymonat”: Roberto Mainini, Gabriele De Lorenzis, Matteo Nunziante, Enrico Zuccolotto. ITCS “G. Zappa”: Luca Divenosa, Simone Brendas. ISIS “C. Facchinetti”: Christian Dabizzi, Simone Tognella, Andrea Cappone, Morena Fernandes, Antonio Grillo, Federico Magni, Matteo Margherone, Gabriel Pezzucchi, Mattia Pradal. ISIS “Valceresio”: Lorenzo Settin, Martina Villa. ISIS “E. Stein”: Chiara Rovera, Marta Ciavarella, Elena Mariani. ITIS “G. Riva”: Claudio Dallapè, Samuele Moro, Davide Stefano Piccione, Valentino Raineri. ISIS “A. Ponti”: Antonia Bardelli, Alessandro Guenzani, Mattia Gabriele Bertolini, Edoardo Castriotti, Riccardo Prestinoni.

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UNIVERSITÀ

Come cambia un ateneo Investimenti per 600mila euro. Ma soprattutto l’avvio di nuovi percorsi di studio in new media, imprenditorialità, digital factory e management della sanità. Anche nelle Università la parola d’ordine è innovazione. L’esempio della LIUC

L’

università italiana investe ancora nel proprio sviluppo? Vuole, ma soprattutto può farlo? E su quali fronti? Alla LIUC – Università Cattaneo è tempo di investimenti, tutti mirati a incentivare la crescita e l’affermazione dell’ateneo, nel segno dell’internazionalizzazione e dell’innovazione. Lo stanziamento, per progetti di ampio respiro che vedranno la luce nei prossimi mesi, sarà pari a circa 600.000 euro: uno sforzo importante, in tempi non facili per le università, anche alla luce del drastico calo dei contributi ministeriali avvenuto nell’ultimo

L’i−FAB della Liuc

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quinquennio. La LIUC, che, come attestato da una recente ricerca di Eupolis poi ripresa dal Corriere della Sera, ha conosciuto un aumento delle immatricolazioni pari al 23% tra il 2007/08 e il 2015/16, ha deciso di incrementare le risorse non per “distribuire dividendi, ma per investire in sviluppo”, come annunciato dal Presidente Michele Graglia. Che aggiunge: “Il valore dell’Università sta nell’Università, a prescindere dalle persone. Il nostro impegno è quello di lavorare per creare un luogo dove nascono e si sviluppano conoscenza e cultura”.


Un pacchetto di misure, quello varato, che comprende investimenti per la ricerca accademica, soluzioni innovative, anche dal punto di vista tecnologico, per la didattica e un notevole rafforzamento della rete wi-fi con ampliamento della quantità di banda, sia per gli studenti che per le tante persone che transitano in Università. E ancora, agli studenti della Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale, l’Università ha scelto di offrire un supporto economico per fare un’esperienza di stage all’estero (“Partiremo – ha spiegato il Presidente Graglia - con i Paesi dell’Unione Europea e con le imprese del nostro network che operano anche all’estero”). Non da ultimo, l’impulso alla biblioteca universitaria, con l’acquisto di un software dedicato alla gestione del patrimonio

UNIVERSITÀ

Il Presidente LIUC, Michele Graglia: “Il valore dell’Università sta nell’Università, a prescindere dalle persone. Il nostro impegno è quello di lavorare per creare un luogo dove nascono e si sviluppano conoscenza e cultura”

bibliografico. Secondo il Rettore Federico Visconti, “la LIUC è esposta a una forte pressione competitiva e per questo investe con decisione e coraggio e, in riferimento al proprio piano strategico, ha aperto diversi fronti di azione”. Tra questi, il reclutamento di nuovi docenti di ruolo (l’obiettivo, entro il 2020, è passare da 40 a 50) e l’aumento degli assegni di ricerca per sostenere il percorso dei giovani ricercatori. Sul fronte della ricerca, continuerà l’attività in quella applicata (l’anno prossimo saranno pubblicati 4 libri della collana Università Cattaneo Libri), ma si analizzerà anche la capacità di innovazione delle imprese, misurandola con un indice di innovazione, l’IP3, creato dalla LIUC proprio a tale scopo, con più dimensioni di analisi. A breve, inoltre, verranno tirate le somme sull’attività della Task Force per la progettazione dell’offerta formativa 2020. “Star vicino ai ragazzi è il nostro obiettivo - sostiene il Rettore Scuole, Università e imprese sono il filo conduttore di un lavoro comune per il continuo miglioramento e lo sviluppo della formazione e della terza missione dell’Università, ossia il suo essere vicino agli stakeholder”. New media e imprenditorialità Oltre alle novità in arrivo grazie ai nuovi investimenti, il prossimo anno sarà all’insegna dell’innovazione con alcuni percorsi specifici e di grande attualità. Nella laurea triennale in Economia spicca Comunicazione, Marketing e New Media, che

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UNIVERSITÀ

Nella laurea triennale in Economia spicca il percorso in Comunicazione, Marketing e New Media, con inquadramento nell’utilizzo dei social network sul fronte acquisti, organizzazione aziendale interna e rapporto con il mercato

propone un inquadramento dell’utilizzo dei social network sia dal lato degli acquisti, sia nell’organizzazione aziendale interna, sia nel rapporto con il mercato. Gli studenti iscritti al percorso avranno la possibilità di confrontarsi con esperti del settore tra cui Remo Lucchi (Presidente Onorario Eumetra), Sergio Tonfi (Responsabile di Super Brands Italia), Alberto Contri (Presidente Fondazione Pubblicità Progresso), Ernesto Ciorra (Responsabile Innovazione e Sostenibilità Enel), Tommaso Lippiello (Founder Social Media Life), Simone Friggi (Sales Manager TOP Clients Milano Telecom Italia). Nella laurea magistrale si inserisce il percorso Entrepreneurship & Innovation, che riflette l’apertura internazionale della LIUC anche grazie ad una partnership d’eccezione con l’Harvard Business School ed in particolare con il MOC (Microeconomics of Competitiveness) Network, fondato dal professor Michael E. Porter, guru di Strategia, presso l’Institute for Strategy and Competitiveness. Un percorso aperto a studenti in possesso di competenze linguistiche certificate, che si distingue per contenuti, faculty, struttura didattica e approccio pedagogico e per le molte opportunità di mobilità internazionale. I laureati possono infatti collocarsi sia nell’azienda di famiglia, contribuendo appunto ad innovare il business, sia in un’altra realtà “matura”, ma anche gestire attività in franchising o in licenza, offrire consulenza strategica ad altre imprese o innovare in attività no profit. E ancora, per operare in ambito internazionale, in grandi corporation globali. L’ingegnere del futuro Per i futuri ingegneri gestionali, invece, ci sarà l’opportunità concreta di toccare con mano l’industry 4.0, sia dal punto di vista degli strumenti tecnologici, sia da quello del loro impatto sui processi aziendali. Il percorso della laurea magistrale in Digital factory si svolge in buona parte all’interno di i–FAB, una fabbrica simulata, progettata secondo logiche lean e che applica i pilastri del paradigma industry 4.0 (Internet of Things, robot mobili e collaborativi, data analytics, simulazione, realtà virtuale e additive manufacturing). Attraverso i−FAB, gli studenti LIUC 26

possono apprendere come applicare il nuovo paradigma industriale per migliorare le performance operative di un’azienda. Nei percorsi della laurea magistrale in Ingegneria è attiva anche un’opportunità pressoché unica nel panorama nazionale, pensata per coloro che desiderano lavorare nel settore sanitario e socio sanitario. Si tratta del percorso in Health Care System Management, offerto in partnership con l’IRCCS San Raffaele di Milano, per la formazione di laureati destinati alle funzioni logistica, organizzazione e impatti economici nel loro complesso, in sintonia con il professionista sanitario, con un’affinità di approccio ai problemi e di focalizzazione sugli obiettivi. Agli studenti è garantita la possibilità di stage in aziende pubbliche e private. Particolarmente rapido il collocamento dopo la laurea in aziende ospedaliere, produttrici (protesica, farmaceutica, dispositivi medici) nonché in ambiti regionali e in società di consulenza.

È tempo di test Nel mese di luglio, sarà possibile sostenere il test di ammissione alla LIUC – Università Cattaneo (obbligatorio solo per gli studenti che conseguono un voto di maturità inferiore a 80/100): l’appuntamento è per giovedì 19 luglio alle ore 12.00 alla LIUC. Inoltre, nelle prime tre settimane del mese (dal 2 al 20 luglio) si terrà “Conosciamoci meglio”, l’iniziativa che consente a tutti gli studenti delle scuole superiori di poter conoscere l’Università con un incontro mirato e individuale, a tu per tu con i docenti, per approfondire i percorsi di studio e le opportunità offerte dalla LIUC. Per prenotare un appuntamento: 0331/572.300, orientamento@liuc.it.



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Serve un patto generazionale Il messaggio del Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Riccardo Comerio, all’Assemblea Generale: “Mettiamo al centro dell’azione politica non il reddito fine a se stesso, ma la possibilità di dare ai giovani gli strumenti per guadagnarsi un futuro” dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Riccardo

Davide Cionfrini Comerio: “Con loro dobbiamo siglare un Patto Generazionale.

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l nostro impegno è focalizzato sui giovani. I collaboratori del domani. Coloro che avranno il compito di mantenere vivo questo nostro sistema manifatturiero insieme ai suoi primati”. È ai ragazzi che si rivolge dal palco del Centro Congressi MalpensaFiere di Busto Arsizio il Presidente Riccardo Comerio

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I giovani sono la sfida che deve unire questo Paese”. Il passaggio più forte della relazione che Comerio presenta in occasione dell’Assemblea Generale degli industriali del Varesotto è proprio su questo tema: il futuro dei giovani. Un impegno al quale richiama sia le istituzioni, sia le imprese della propria compagine associativa, partendo dalla politica “che deve trovare soluzioni


al problema del ‘deficit generazionale’, perché anche questo è un deficit che va affrontato né più né meno di quello di Bilancio. È una questione di numeri: di equilibri tra nuove e vecchie generazioni, ma è anche una questione di qualità delle scelte politiche. Di interventi affinché i giovani possano trovare lavoro, formarsi una famiglia, avere dei figli ed allevarli in un Paese accogliente”. Per questo il Presidente dell’Unione Industriali chiede alle forze politiche di “mettere al centro della propria azione non il reddito fine a se stesso, ma la possibilità di dare ai giovani gli strumenti per guadagnarsi un reddito. In futuro. In questo Paese. In questo territorio”. Il messaggio è rivolto ai movimenti che si candidano a guidare nei prossimi anni il Paese: “Non tanto di redistribuzione vorremmo sentir parlare, ma di politiche per la Scuola, per la Formazione, per i Giovani, per il Lavoro”. Ma Comerio non vuole lasciare solo alla politica il ruolo di creare le condizioni per un nuovo “Patto Generazionale”. Per questo si rivolge a tutte le imprese della provincia di Varese: “Spendiamo energie e risorse, contatti e tempo per curare ed aiutare lo sviluppo di una filiera educativa lunga”. Si badi bene, sottolinea il Presidente degli industriali varesini, “una filiera educativa, non solo formativa”. La differenza è sostanziale “perché siamo convinti che occorra di nuovo educare alla cultura d’impresa”. Per Comerio c’è uno spread troppo grande tra “il valore delle imprese percepito dal Paese” e quello che definisce “il valore reale”. Eppure, le imprese possono, per Comerio, costituire “un momento fondamentale per quello che chiamerei lo scambio virtuoso con i giovani e tra le generazioni. L’impresa può offrire il luogo ideale per lo sviluppo delle competenze, per rilanciare la coesione sociale, per mettere alla prova lo spirito competitivo con un sano riconoscimento del merito e della passione nel lavoro. Le imprese di oggi, aperte necessariamente alla globalità, sono un’occasione per conoscere a fondo il mondo e per offrire valide esperienze sia professionali che di vita”, sostiene il Presidente di Univa, definendo l’impresa come “medicina sociale” per l’Italia e i suoi territori. L’impresa, in questa visione, può e sta creando “le condizioni per lo sviluppo economico, allargare l’area del benessere e quindi far diminuire le diseguaglianze e le condizioni di disagio sociale”. In due parole: “L’impresa – chiosa Comerio – include”.

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L’obiettivo programmatico che Riccardo Comerio lancia a tutta la “comunità imprenditoriale”: quello del “rafforzamento della nostra identità e del consolidamento delle basi della nostra collettività. Coltivando una diffusa coscienza del valore d’impresa”

Il richiamo è rivolto alla politica, alle istituzioni locali e nazionali, alla società, alle scuole e all’opinione pubblica. Ma anche alle imprese che Comerio vuole coinvolgere nelle tante iniziative che sul territorio l’Unione Industriali sta portando avanti sul fronte del rapporto tra mondo produttivo e ragazzi: il progetto “Generazione d’Industria” rivolto alle scuole superiori, il “Pmi Day” che si dedica agli studenti di terza media, l’iniziativa “Eureka!” pensata per gli alunni delle elementari, l’impegno negli ITS – Istituti Tecnici Superiori del territorio. “L’esperienza di questi anni ci ha consentito di creare ‘Movimento’ tra e con loro. È un’esperienza che vogliamo coltivare e rafforzare. Quelle 180 imprese coinvolte, quei 5.300 giovani che abbiamo incontrato, quelle 80 scuole che sono diventate il nostro contatto quotidiano sono la misura dell’impegno che come imprese e come sistema mettiamo sul piatto del nostro personale ‘Patto Generazionale’. È un Patto fatto di risorse, ma costruito anche con i sentimenti”. Comerio rivendica un impegno, quello portato avanti dall’Unione Industriali e dalle molte imprese della compagine associativa che hanno aderito alle varie iniziative di alternanza scuola-lavoro, che è anche passione fatta “di voglia di poter dare a questi ragazzi le stesse opportunità che ci sono state date da chi ci ha preceduto. Per tramandare nel tempo sia il desiderio e l’interesse a lavorare nell’impresa, ma anche l’incoscienza ed il coraggio per... tentare l’impresa”. Qui si chiude una relazione partita però, da un obiettivo programmatico che Riccardo Comerio lancia a tutta la “comunità imprenditoriale”: quello del “rafforzamento della nostra identità e del consolidamento delle basi della nostra collettività. Coltivando una diffusa coscienza del valore d’impresa”. “Ogni impresa è unica”, sottolinea il Presidente Univa, ma nessuna impresa “deve essere lasciata sola”. È unica, argomenta, “l’impresa che ha saputo attraversare questi ultimi 15 anni, tra globalizzazione e crisi finanziaria, e sopravvivere”; “l’impresa che ha saputo riorganizzarsi e rinnovarsi”; “l’impresa che, nonostante i mille vincoli del Paese, ha mantenuto radicamento sul territorio”. È, invece, sola l’impresa che, secondo Comerio, “ha superato la crisi contro tutto”; l’impresa che è riuscita a innovare “in un quadro di riferimento che non si è modificato, rimanendo superato e incrostato”; “l’impresa che, avendo ormai operato tutte le economie possibili al proprio interno, ha guardato con attesa a un cambiamento nel sistema di riferimento esterno e lì si è fermata”. La chiosa a cui Comerio accompagna per mano la platea è inevitabile: “Tante unicità ci hanno permesso di costruire il secondo Paese manifatturiero d’Europa”, facendo di Varese, “la sesta provincia manifatturiera italiana e la quattordicesima in Europa”. Ma per il Presidente Univa “non basta”. Sembra aleggiare, nemmeno troppo implicitamente, una domanda: dove avrebbero potuto arrivare le imprese italiane e varesine se non fossero state lasciate sole? Occorre dunque “riprendere le redini della nostra crescita”, chiede Comerio alla politica. Sia chiaro, però, aggiunge: “Non siamo, e non vogliamo essere, gli imprenditori che rivendicano. Siamo gli imprenditori che chiedono di poter fare il loro lavoro in un contesto più semplice. E, nel farlo, vogliono dare una mano a ricostruire unitarietà, equilibri,

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orgoglio, visioni e prospettive. In un’Italia più efficiente. Ma anche meno conflittuale e più generosa”. Continuità nella politica industriale degli ultimi anni “che ha dimostrato di funzionare”; facilità nell’applicazione degli strumenti; certezza dei tempi e delle regole; efficienza e modernizzazione della Pubblica Amministrazione; un ruolo forte in Europa “cercando il rispetto che sicuramente meritiamo, ottenendolo, però, non solo per rivendicazione, ma per merito”. Queste le richieste alla politica nazionale, a cui si affiancano quelle alle istituzioni regionali e locali: “tenere il punto sui contenuti relativi alla vita di impresa collegati al referendum sull’autonomia dello scorso autunno”; continuare a “investire nelle infrastrutture prima che sia troppo tardi”; puntare “sulla rete delle infrastrutture immateriali”, così come nei Cluster tecnologici industriali. Solo così il sistema economico italiano, regionale e del Varesotto po-

trà, secondo Comerio, passare “da uno sviluppo inconsapevole a uno sviluppo virtuoso” e, dunque, “riprendere le redini della nostra crescita”. Ripartendo dai giovani e da un nuovo patto generazionale che poggi le basi sulla “medicina sociale” del Paese: l’impresa.

Il richiamo a politica e imprese per trovare “soluzioni al problema del ‘deficit generazionale’, che va affrontato né più né meno di quello di Bilancio”

Le imprese premiate all’Assemblea Generale di Univa Le imprese premiate per i 100 anni di attività: F.I.N.A. Srl; GHP Srl; Meccaniche Moderne Srl. Le imprese premiate per i 50 anni di associazione all’Unione Industriali: Manifattura De Bernardi Srl; Saler Sas di Cattagni G. & figli; S.I.S.A. Spa – Società Italiana Spalmature ed Affini; Tiba Tricot Srl. Le imprese premiate per i 40 anni di associazione all’Unione Industriali: Cappio Tessuti Srl; CE.MET. Srl; FIL. VA Srl; Istituto Risana Sas di Puricelli Laura M. & C.; Laboratorio Farmacologico Milanese Srl LFM; Meccaniche Moderne Srl; Moog Italiana Srl; Prometal Srl a Socio Unico; Sanofi Spa; Speedcross di Torretta Luigi e C. Snc. Le imprese premiate per i 30 anni di associazione all’Unione Industriali: Casaforte Self-Storage Spa; Cave Rossetti Spa; Elmec Informatica Spa; G. & G. Paglini Spa; MC Prefabbricati Spa; M.G.M. Srl; M.T.S. Srl Manifatture Tessili Spugna; New Glass Srl; Nuova Cimatura Vanzini Sas di Colombo A. & C.; Ricam Line Srl; Sandro Mentasti Srl; Savinelli Srl; Stampamatic Srl; Verve Spa.

Sono 30 le imprese premiate all’Assemblea Generale 2018 di Univa

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La sfida di innovare la rappresentanza in una società dove domina la disintermediazione. I punti fermi per una politica economica di lungo periodo. Il ruolo dell’Italia nella Ue. Intervista di Varesefocus al Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, all’indomani della sua partecipazione all’Assemblea Generale di Univa

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“Con l’Europa più forti nel mondo” in questa intervista rilasciata a Varesefocus all’indomani della

Davide Cionfrini sua partecipazione, il Presidente di Confindustria, Vincenzo

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on esiste un’Europa senza l’Italia e non esiste un’Italia senza l’Europa”. Il tema della Ue è stato uno di quelli posti al centro dell’A ssemblea Generale dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. E

Boccia, sottolinea la vocazione europeista e internazionale delle imprese. Non, prima, però di aver con noi voluto affrontare, non tanto gli argomenti di più stretta attualità, quanto piuttosto quelli legati agli scenari di lungo periodo che attendono il Paese. Sistema Confindustriale in primis.

Vincenzo Boccia durante il suo intervento aVincenzo conclusione dell’Assemblea Generale Boccia

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Vincenzo Boccia con Giovanni Brugnoli e Riccardo Comerio

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Come sta cambiando la rappresentanza? La società sta cambiando velocemente e la percezione nell’opinione pubblica dei corpi intermedi non è più la stessa. Dobbiamo rinnovare e difendere il loro ruolo perché di fondamentale importanza in una democrazia rappresentativa. Vale per noi, per i sindacati e le altre parti sociali: tutti, negli ultimi anni, abbiamo dovuto fronteggiare criticità di varia natura. Il ruolo dei corpi intermedi è fondamentale per le imprese ma anche per il Paese, come presidio di democrazia e partecipazione alle scelte della politica. Confindustria ha scelto di accentuare il suo essere ponte tra gli interessi delle imprese e gli interessi del Paese perché sa bene che può crescere solo una società equilibrata e giusta, attenta a eliminare disuguaglianze e povertà, dove tutti possano aspirare ad avere la loro parte di benessere.

parte interessi particolari per un grande progetto. Per questo abbiamo ritenuto cruciale concludere l’accordo con tutti e tre i principali sindacati – Cgil, Cisl e Uil -, e ce l’abbiamo fatta. Non è stato facile, ci sono voluti più di un anno di trattative e continui stop and go. Ma il risultato è stato importante e forse storico. Ora dobbiamo dare seguito alle intese e implementarle nel solco dei principi generali nei quali ci siamo riconosciuti. Nel documento oltre che di politica industriale si parla di lavoro, giovani, infrastrutture, formazione. L’occasione è utile per fare una riflessione sul nostro sistema e sulla qualità e efficacia dei servizi che offriamo. Dobbiamo capire come essere più vicini alle imprese sul territorio. Le imprese attraversano un momento difficile, di passaggio da una condizione familiare a una manageriale, e dobbiamo essere in grado di guidarle e accompagnarle.

Come Confindustria sta innovando la propria azione per e al fianco delle imprese in un contesto dove sempre più forte e sempre più spesso risuona il termine “disintermediazione”? Con il patto della fabbrica abbiamo lanciato un messaggio che invitiamo a non sottovalutare: in un momento delicato della vita del Paese le parti sociali si sono compattate mettendo da

Quali sono i più recenti e importanti successi che Confindustria è riuscita a ottenere a vantaggio delle imprese e che caratterizzano l’azione di rappresentanza e il suo valore per il sistema economico? La prima forte innovazione che abbiamo introdotto, trovando un governo sensibile all’argomento, è stata passare dalla politica dei settori a quella dei fattori. Questo in considerazione del fatto


Durante le ultime Assise di Verona lei ha dichiarato che l’Italia ha le carte in regola per mettere la freccia di sorpasso sulla Germania per conquistare il primato manifatturiero europeo. Allo stesso tempo la Francia si è posta l’obiettivo di scalzare l’Italia dal secondo posto. In questa gara di competitività, più che di posizioni, quali carte ha da giocare l’industria italiana? Siamo la seconda manifattura d’Europa e la settima potenza industriale nel mondo e Varese contribuisce in maniera significativa a questo risultato. Ma sono ancora pochi i nostri concittadini che lo sanno e scontiamo un pregiudizio anti-industriale che mal si accorda con le nostre caratteristiche economiche. È vero che in alcuni settori come i macchinari e la filiera dell’automobile siamo leader. Ed è altrettanto vero che la nostra industria farmaceutica è un fiore all’occhiello. Ma ci muoviamo all’interno di un contesto dove le criticità sono ancora molte – tasse troppo alte, burocrazia farraginosa, giustizia lenta, tanto per citarne alcune – e se solo riuscissimo a liberarci di qualche fardello potremmo correre molto più spediti e scalare posizioni nella graduatoria mondiale. Perché no? In fondo abbiamo dimostrato di essere i più bravi. Proprio a Verona abbiamo delineato un piano di politica economica che agisce su un’unica mission, più lavoro, e due precondizioni, più crescita e meno debito pubblico. La politica sempre più spesso sembra, però, ancorata ad una visione di corto respiro, legata più che altro alla ricerca del consenso. Quali dovrebbero essere le basi di una politica economica di lungo periodo del nostro Paese? Quale la scelta magari impopolare che, però, farebbe comunque bene al Paese e che la politica in questi anni non ha mai avuto il coraggio di prendere? Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una campagna elettorale giocata sul filo di promesse impegnative per le casse dello Stato che già sono molto sofferenti. Governare però è un’altra cosa. Richiede una visione di quale Paese vogliamo consegnare ai nostri figli e la pazienza di fare scelte i cui effetti potranno manifestarsi solo a distanza di tempo. Non ci sono scelte impopolari da prendere, ma solo scelte che vanno spiegate ai cittadini. Va spiegato che prendere provvedimenti che aumentano a dismisura il nostro debito pubblico significa condannare i giovani di oggi a un presente incerto e a un futuro preoccupante. Per questo non

si può continuare a discutere solo di pensioni, quando la vera priorità dovrebbero essere i giovani e il lavoro. Forse la politica dovrebbe avere il coraggio di mettere il futuro giovani al centro della sua attenzione, sul serio. Rimaniamo sul lungo periodo: come vede l’Italia e il suo sistema economico, produttivo e sociale da qui ai prossimi 10 anni? Siamo imprenditori e quindi per natura ottimisti. Nonostante le giuste preoccupazioni, che non devono paralizzare ma aiutare a cercare soluzioni, abbiamo fiducia nella capacità del nostro Paese, un grande e rispettato Paese industriale, di imboccare la strada giusta. I nostri fondamentali sono buoni e nonostante le difficoltà continuiamo a crescere. Non quanto vorremmo e potremmo, certo, ma sta in noi – come dice il governatore della Banca d’Italia Visco – trovare la forza e la volontà di migliorare. Per essere più forti in Europa e con l’Europa più forti nel mondo.

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che non esistono settori innovativi e non ma aziende innovative in settori innovativi come in settori tradizionali. Si premia, così, l’imprenditore che crede nella sua azienda, crede nel suo Paese, e investe. Nasce così, per esempio, l’impianto logico di Industria 4.0 che ha prodotto strumenti che le imprese hanno imparato a utilizzare come dimostra l’incremento del 30 per cento nel 2017 degli investimenti privati e il forte aumento dell’export dovuto alla ripresa di competitività di un pezzo importante del nostro sistema industriale. Ora dobbiamo rivolgere la nostra attenzione a quel 60 per cento d’imprese che ancora non ha fatto il salto di qualità ma vorrebbe farlo se ne avesse la possibilità.

Può esistere un contesto industriale forte in un’Italia fuori dall’Euro? Perché Confindustria, anche durante le ultime Assise, ha ribadito la sua forte connotazione europeista? Non esiste un’Europa senza l’Italia e non esiste un’Italia senza l’Europa. Lo abbiamo ribadito anche alla nostra Assemblea e non smetteremo di ripeterlo. Per noi l’Europa e l’Euro sono due dimensioni imprescindibili. Non per questioni di principio ma per il concreto bene del Paese. Questo non vuol dire che in Europa siano rose e fiori. Di problemi da affrontare e risolvere ne abbiamo tanti e ne siamo pienamente consapevoli. Come Paese fondatore della Comunità dobbiamo batterci dall’interno per chiedere o ottenere di recuperare lo spirito dei padri fondatori che s’ispirava alla pace e al benessere. Il patto di stabilità e crescita deve trasformarsi nel patto di crescita e stabilità perché è la prima a garantire la seconda e non il contrario. Dobbiamo proseguire lungo la strada dell’unificazione partendo dalle banche, dalla difesa comune, dalla realizzazione di grandi infrastrutture perché i Paesi d’Europa siano più vicini tra loro e più coesi. E, insieme, più forti nella competizione internazionale per difendere il mercato più ricco del mondo, l’Europa, miglior luogo per le imprese, i giovani, il lavoro.

“Non esiste un’Europa senza l’Italia e non esiste un’Italia senza l’Europa. Lo abbiamo ribadito anche alla nostra Assemblea e non smetteremo di ripeterlo. Per noi l’Europa e l’Euro sono due dimensioni imprescindibili” 35


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“Insegniamo ai giovani l’imprenditorialità” Più che disciplinare la voglia di lavoro dei ragazzi, occorre educarli ad una la cultura d’impresa: intervista al politologo Vittorio Parsi

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obbiamo investire in cultura d’impresa per formare nuovi imprenditori”. Vittorio Parsi è Professore Ordinario di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore. È a lui che l’A ssemblea Generale 2018 dell’Unione Industriali varesina ha chiesto di portare una visione di lungo periodo. Un punto di vista posto al di fuori della realtà dell’impresa, con l’intervista moderata dal giornalista de Il Sole 24 Ore, Luca Orlando.

Su cosa deve poggiare una strategia Paese che abbia come priorità l’inclusione dei giovani? La nostra forza è il numero degli imprenditori su cui poter contare. Abbiamo tanti piccoli imprenditori, molti dei quali ex-dipendenti che poi si sono messi in proprio. Ma per fare questo salto non basta sapere come funziona il tornio, occorre avere competenze su come funziona un’impresa. A mio parere oggi il vero problema non è tanto la mancanza di tecnici specializzati, ma la voglia dei giovani di intraprendere. Per questo serve investire in una nuova cultura d’impresa. Abbiamo bisogno di persone disposte a mettersi e rimettersi in gioco. Si parla sempre di più di reddito di cittadinanza... La ricchezza va creata. Partendo dall’educazione prima ancora che dalla formazione. Non è un problema di ridistribuire ma di produrre. Serve però anche un sistema che sia in grado di premiare l’impegno in formazione ed educazione. L’ascensore sociale oggi funziona verso il basso. Questo è un disincentivo all’autocrescita. Non possiamo pretendere che un 18enne sappia già cosa vuol fare da grande, per questo serve un sistema premiale capace di incentivare chi ha il coraggio di rimettersi in gioco e investire sulle proprie competenze nel corso della vita lavorativa. Qual è il suo giudizio sul sistema italiano dell’alternanza scuola-lavoro? Non tutto funziona alla perfezione. La vera domanda da porsi 36

“La nostra forza è il numero degli imprenditori su cui il Paese può contare. Dobbiamo difendere questo primato. Serve un sistema premiale capace di incentivare chi ha il coraggio di rimettersi in gioco” è: vogliamo disciplinare la voglia di lavorare dei ragazzi o vogliamo portare la cultura d’impresa tra i giovani? L’alternanza è stata impostata senza mettere soldi sul piatto. Ecco quello che è mancato: una visione imprenditoriale. Dobbiamo insegnare ai ragazzi a rischiare, non la disciplina del lavoro. Perché c’è scarsa conoscenza tra giovani e famiglie del valore che ha l’industria per l’Italia, seconda potenza manifatturiera d’Europa? Una cultura diffusa su come funziona davvero una fabbrica non esiste più. La percentuale di addetti manifatturieri è in calo. Una volta tutti avevano almeno un parente di primo grado che lavorava nell’industria. Oggi la realtà è diversa. Abbiamo perso la conoscenza per contagio di come è cambiato in questi anni il lavoro in fabbrica. Chi sa oggi che mediamente in una piccola impresa di 20 addetti l’ambiente è più da camice bianco che da tuta blu? Per questo lo Stato deve investire di più in formazione ed educazione. Lei è autore del libro “Titanic - Il naufragio dell’ordine liberale”. Siamo veramente a questo punto? Quale può essere la scialuppa di salvataggio per il nostro Paese? Diciamo che in Italia viviamo una fase di vita istituzionale che ricorda il declino della repubblica romana. La Roma di allora si fondava sul convincimento che le istituzioni e il popolo reggessero le proprie sorti reciprocamente, insieme. La tentazione di fare da soli delle une o dell’altro avrebbe condotto o alla guerra civile o alla caduta della repubblica. Ecco oggi nessuno pensa più alla nostra Repubblica.


Intervista a Umberto Tossini, a capo delle risorse umane di Automobili Lamborghini Spa: “Al primo impiego un ingegnere italiano guadagna il 30% in meno di un collega tedesco”

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iù che il Jobs Act ad aiutarci nel nostro piano di crescita dell’organico sono gli incentivi agli investimenti”. Il ruolo dell’industria nella società e il rapporto che l’impresa ha con il mondo dei giovani sono due priorità della strategia associativa dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. A dimostrarlo la relazione del Presidente Univa, Riccardo Comerio, all’Assemblea Generale 2018. Temi su cui si cimenta anche Umberto Tossini, a capo delle risorse umane di Automobili Lamborghini Spa, incalzato dalle domande del giornalista de Il Sole 24 Ore, Luca Orlando. Non c’è solo un rapporto conflittuale tra istituzioni che governano i territori e le imprese. La vostra azienda, in questo senso, parla di un’Italia che funziona. Sì, in effetti la recente esperienza di Lamborghini è basata su una collaborazione fattiva con le istituzioni locali e nazionali che ci ha portato a Sant’Agata Bolognese ad investire 900 milioni di euro per la realizzazione di un nuovo stabilimento. Ciò anche grazie al coordinamento con il Ministero dello Sviluppo Economico. È un ragionamento che va oltre il colore politico di appartenenza delle amministrazioni e dei loro responsabili. Siamo riusciti a dar vita a un progetto di incremento delle nostre capacità produttive che ci porterà a 5.500 consegne nel 2018 contro le 3.000 del 2017. Raddoppieremo i volumi e faremo nuove assunzioni. Almeno 100 quelle che abbiamo ancora in programma. Sempre più spesso le imprese lamentano difficoltà a recuperare le figure di cui hanno bisogno. Voi come agirete per trovare quelle necessarie al vostro piano di crescita? Il tema delle competenze è centrale per lo sviluppo dell’impresa. Da qui il contributo e l’impegno che Lamborghini garantisce agli Its, i percorsi post diploma degli Istituti Tecnici Superiori. Nel 2014 abbiamo anche fatto partire il programma Desi che si colloca un gradino in basso agli Its per dare nuove opportunità ai Neet, i ragazzi che non studiano e non lavorano. Un progetto che abbiamo portato avanti insieme a Ducati (Lamborghini e Ducati fanno entrambe parte del Gruppo Gruppo Volkswagen ndr).

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Italia Vs Germania: lo spread della busta paga trare in un’azienda come la vostra? Oggi un ragazzo che parla tedesco nel nostro settore ha opportunità 3 o 4 volte maggiori di un proprio coetaneo che sa solo l’inglese. A proposito di Italia e Germania. Qual è il gap tra i nostri due Paesi nello stipendio di primo ingresso degli ingegneri? C’è uno spread del 30%. Che, però, si allarga ulteriormente nel corso della carriera con la parte variabile della busta paga. Mi spiego: in Germania non c’è la tredicesima e la parte fissa dello stipendio è più forte dei livelli italiani di un 20%, ma la vera differenza la fanno gli incentivi alla produttività. Sono questi ad allargare la forchetta, mettendo fuori mercato le nostre aziende. Facciamo un esempio tra livelli di stipendio in Lamborghini e un’altra azienda del vostro Gruppo in Germania. Se da noi un ingegnere guadagna 36mila euro all’anno di fisso con 5mila di variabile, in Germania la stessa persona può contare su livelli di fisso di 43mila, con un 100% in più per il variabile. Un giudizio sul Jobs Act. Aiuta e il territorio dove siamo, sindacalmente molto forte, lo dimostra. Non è però il Jobs Act che ci ha convinto ad incrementare in questi anni le nostre assunzioni. In questo servono di più gli incentivi agli investimenti.

“La forchetta tra gli stipendi italiani e tedeschi si allarga nel corso della carriera. A mettere fuori mercato le nostre imprese è la parte variabile con gli incentivi alla produttività su cui possono contare in Germania”

Cosa consiglia ad un giovane che oggi ambisce ad en37


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FOTO DAL MONDO


REUTERS/David Gray

FOTO DAL MONDO

La folla ammira le proiezioni sulle vele dell’Opera House di Sydney durante il Festival di luci , musica e idee Vivid Sydney.

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SCIENZA

Il futuro dell’auto elettrica passa dal JRC di Ispra Cosa si studia e quali sono le attività di ricerca nel Joint Research Centre della Commissione Europea? Varesefocus inizia un viaggio alla scoperta di quello che è un vero e proprio patrimonio di conoscenza presente sul territorio, dove prende vita il domani. Una realtà, però, troppo poco conosciuta, che il divulgatore scientifico Luigi Bignami ha visitato per noi —prima puntata Luigi Bignami

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ensate per un attimo alla vostra automobile. Per quanto tempo la usate? Se non siete taxisti, commercianti, giornalisti e se non avete una qualche attività che vi obblighi a frequenti spostamenti, forse, in media, non la utilizzate per più di qualche decina di minuti al giorno. Per il resto se ne sta in un garage o in un parcheggio. Le statistiche dicono che per il 90 per cento della vita, un’auto se ne sta a riposo. Ora, con la fantasia, fate un salto in avanti di pochi anni. Non è da escludere che nel garage della vostra villetta o del vostro palazzo vi saranno parcheggiate delle auto elettriche con relative colonnine per la ricarica. Ebbene quelle colonnine governeranno anche in modo intelligente la distribuzione dell’elettricità nell’intero edificio. Nelle ore durante le quali il prelievo di corrente dalla rete di distribuzione costerà maggiormente, la colonnina prenderà quella stivata nelle

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batterie dell’auto e la invierà alla casa o al palazzo, mentre durante le ore di minor costo (di sera e di notte) farà il pieno alle auto posteggiate, magari prelevando energia da batterie caricate durante il giorno dai pannelli solari. Il distributore della “vostra” auto elettrica dunque, sarà un robot intelligente che gestirà al meglio l’uso della corrente elettrica di tutta la casa. Ad Ispra, al JRC (Joint Research Centre della Commissione Europea), uno dei più importanti centri di ricerca al mondo, si sta lavorando alacremente perché tutto ciò diventi realtà. Questo significa che le macchine elettriche stanno realmente per invadere il mercato mondiale. Non c’è grande industria automobilistica che non stia lavorando attorno a questo genere di automobili. “Ben presto – spiega Harald Scholz, tra i responsabili del VELA (Vehicle Emissions Laboratories) – nasceranno in tutta Europa decine e decine di punti di rifornimento per le auto elettriche e siamo già alla fase in cui un’automobile in grado di compiere 300-400 chilometri con un ‘pieno’, può essere rifornita in un quarto d’ora”. La trasformazione dunque, è realmente in atto.


SCIENZA Il Vehicle Emissions Laboratories del JRC di Ispra

Nessun problema? A dire il vero, ancora non lo sappiamo con certezza, ma se esistono ce lo diranno altre ricerche che si conducono ad Ispra. Quando il parco macchine elettrico aumenterà in modo esponenziale, ci porremo tante domande, come quando ci fu il boom dei cellulari e tutti ci chiedevamo se le radiazioni emesse non sarebbero state dannose per la nostra salute. Ad Ispra si cerca di prevenire i tanti dubbi che potranno sorgere quando le macchine elettriche in circolazione saranno migliaia. Una delle domande che ci verrà facile avanzare sarà: “Ma non è che con tutti quei motori elettrici che ci saranno in circolazione si avranno così tante radiazioni da creare problemi alla salute?” In effetti ogni corrente elettrica produce radiazioni. “Qui ad Ispra – continua Scholz – stiamo analizzando un gran numero di distributori di energia costruiti da varie Società e automobili elettriche diverse per capire qual è lo stato dell’arte. Non spetta a noi mettere a punto nuove colonnine o nuove automobili, ma noi possiamo dire cosa va e non va per ogni sistema che ci viene proposto”. E così in una gigantesca camera dove potrebbe starci facilmente un Tir, completamente isolata, un’antenna appositamente costruita in Germania, rileva le più deboli e le più intense radiazioni di una vastissima gamma di frequenze che potrebbero emettere le colonnine di distribuzione. “Siamo senza dubbio sulla strada giusta. Oggi le più potenti colonnine emettono solo dei picchi di radiazioni all’inizio e alla fine della carica, ma con le indicazioni che abbiamo offerto alle società che le producono, lavoreranno per eliminare anch’esse”, continua il ricercatore. Presto si inizierà anche a studiare l’influsso che le radiazioni emesse possono avere sui portatori di pace maker o altri supporti vitali che funzionano in modo elettrico. “Presto avremo un manichino costruito appositamente con tutti i supporti vitali oggi noti e utilizzati da un gran numero di persone e lo sottoporremo ad ogni tipo di studio”. Ma c’è anche l’aspetto contrario. Siamo sicuri che campi di radiazioni - ad esempio quelle prodotte da centrali elettriche - non abbiano

influenze negative sulle auto elettriche? Anche di questo aspetto si sta occupando il Centro di Ispra. In un’altra camera appositamente costruita sono le auto elettriche ad essere sottoposte a prove martorianti. Lì dentro si creano temperature da Polo Nord o da Deserto del Sahara e si cerca di capire cosa succede ad un’auto elettrica in condizioni di reale utilizzo, per valutare quanto, ad esempio, i sistemi ausiliari o la temperatura influiscano sull’autonomia del veicolo. Le auto arrivano dalle più diverse case automobilistiche e il responso è studiato ad hoc per ciascuna di esse. La ricerca di questo genere, come molte altre ricerche realizzate ad Ispra, serve all’Europa per decidere le leggi di cui un settore così delicato, ma allo stesso tempo così importante, avrà bisogno quando l’auto elettrica diventerà di utilizzo comune soprattutto nelle città, dove l’eliminazione delle emissioni di gas inquinanti, porterà grandi benefici alla gente. È necessario tuttavia, essere certi che le nuove tecnologie non provochino altri problemi ancora più gravi. Precedere i tempi dunque, è assolutamente importante affinché non si instaurino leggi diverse da Paese a Paese (a volte con indicazioni atte a favorire un’industria piuttosto che un’altra), ma vi siano vere regole per il bene comune.

Le ricerche servono all’Europa per decidere le leggi di cui un settore così delicato, ma allo stesso tempo così importante, avrà bisogno quando l’auto elettrica diventerà di utilizzo comune soprattutto nelle città 41



TERRITORIO

La riscoperta di nicchie golose Grani antichi, come la segale di Vergiate. E poi ancora le mele “poppine” di Orino, la birra di castagne Parco del Ticino, il formaggio Capracanta, il vino muffato di Angera. Non solo, dunque, asparagi di Cantello e pesche di Monate. Ci sono tanti altri piccoli prodotti alimentari varesini che Slow Food sta cercando di rilanciare sul territorio

sotto osservazione dei delegati di Carlin Petrini come il mais

Sergio Redaelli rostrato di Cantello, le mele “poppine” di Orino, il grano tenero

U

n filone d’oro di ghiottonerie. L’ha scoperto Slow Food con le piccole produzioni alimentari varesine, golosità dimenticate fino a ieri, praticamente sconosciute e ora

selezionato durante il Ventennio a Cuirone, la segale tradizionale di Vergiate e altro ancora. Alberto Senaldi, 66 anni, membro del direttivo di Slow Food Varese dal 2013, è un appassionato cultore delle antiche pratiche agricole. Studia la reintroduzione delle 43


TERRITORIO tecniche tradizionali per la coltivazione del mais, del frumento e del farro con sementi e metodi di una volta, coltiva segale e grano tenero, possiede un piccolo vigneto e si dedica al recupero di vecchi forni a legna in disuso. Come quello di Cuirone (vedi Varesefocus 7/2017). Ai primi dell‘800 il forno serviva tutto il paese e oggi rinasce nelle sagre sfornando pane e “bruséla ai fichi” per fini didattici e beneficenza. Il piano di cottura ha un diametro interno di oltre due metri e cuoce quaranta pani per volta. “La nostra campagna ha perso le caratteristiche originarie – spiega Senaldi –. L’agricoltura moderna, invasiva e alla ricerca esasperata di maggiori rese produttive, ha gradualmente sostituito molte varietà di cereali con monocolture intensive, meccanizzate e ibride che utilizzano prodotti chimici, fertilizzanti e pesticidi. La condotta provinciale di Slow Food incoraggia il recupero della frutta, degli ortaggi e dei cereali coltivati con metodo biologico ed ecosostenibile, tracciabile e potenzialmente redditizio per l’a-

gricoltore”. Come per miracolo ecco allora ricomparire il mais rostrato di Cantello (il granello ha la forma appuntita) e quelli di Besnate e Albizzate, due varietà prelevate dalla terra negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso che le aziende agricole sono tornate a coltivare dal 2014. “È mais di ottime qualità organolettiche, macinato a pietra e raccomandato per la polenta, i dolci e il pane – assicura l’esperto di Slow Food –. Altri prodotti sotto osservazione sono la segale di Vergiate adatta alla panificazione e due tipi di frumento tradizionale. Il Gold Korn degli anni ‘40 si coltiva a Cimbro di Vergiate e prende il nome dal colore dorato delle spighe in maturazione. Il grano tenero ‘autarchico’ di Cuirone risale invece ai tempi della battaglia del grano fascista, quando il regime puntava all’autosufficienza produttiva del frumento, a diffonderne la coltivazione e incentivare gli agronomi genetisti a creare nuove varietà resistenti alle malattie”. Negli anni, aggiungiamo noi, in cui il movimento futurista di Filippo Tommaso Marinetti predicava “l’abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana, che libererà il Paese dal costoso grano straniero favorendo l’industria italiana del riso”. Senaldi segue il progetto Nutrire la Lombardia che censisce le produzioni agricole, cura i progetti educativi per le scuole e tiene conferenze pubbliche sui cereali e la biodiversità. Le sue ricerche sugli antichi documenti lo hanno portato fino al monastero delle romite di Santa Maria del Monte da cui dipendevano nel ‘700 numerosi mulini ad acqua sul torrente Strona e sulle rogge limitrofe. I corsi d’acqua alimentavano le attività agricole e a fine ‘800 pare ce ne fossero undici nel Basso Varesotto, di cui quattro nei dintorni di Somma. I mulini Colombara e Prada, a Cimbro, erano utilizzati per la macina del grano e la pilatura del riso, il primo già segnalato nel catasto teresiano del 1722 e nel catalogo nazionale dei mulini storici. Campo di segale a Cuirone. In alto, mulino sul torrente Strona

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TERRITORIO

“Le famiglie agiate li donavano al monaUn cesto di mele stero e le monache vivevano di rendita ripoppine di Orino scuotendo gli affitti e le tasse dai contadini che lavoravano la terra – spiega Senaldi –. Il nostro auspicio è che si possa tornare a coltivare quelle risorse naturali. Con il boom della Green Revolution ad alta resa e il massiccio uso delle sementi ibride, è a rischio la biodiversità. Noi lavoriamo per reintrodurre le sementi tradizionali che il contadino è in grado di riprodurre, come il grano tenero rosso Olona di cui coltivo qualche pianta, diffuso nell’Alto Milanese ad inizio ‘900”. Grani antichi a parte, l’elenco delle piccole specialità alimentari in via di riscoperta è ancora lungo. Le mele “poppine” di Orino, diffuse nell’800 nell’Alto Varesotto, hanno pezzatura media e polpa bianca aromatica, maturano tardi e si conservano fino a marzo. Il progetto è partito anni fa per iniziativa dell’amministrazione con un vivaio comunale e una simpatica filosofia, una pianta per ogni bambino nato in paese. Nel 2017 i cinghiali, i caprioli e altri ungulati selvatici hanno danneggiato il terreno e ritardato la produzione inducendo il Comune a tutelarlo con barriere elettriche di protezione. L’azienda di Carlo Quadrelli ricava farina da polenta integrale macinando a pietra il mais a Besnate. E nella selva castanile di un ettaro e mezzo ad Arsago Seprio ottiene la materia prima per produrre la birra di castagne del Parco del Ticino. L’azienda produce anche vino Igt, mele da sidro e frutti di bosco. Godono delle attenzioni di Slow Food alcuni tipi di latticini “nati” di recente sotto l’egida della Regione Lombardia. Il delegato Fabio Ponti ha tenuto a battesimo un anno fa il formaggio Capracanta prodotto da quattro caseifici varesini, Elleboro sul monte Martica, Il Vallone a Cuveglio, Pian dul Lares a Veddasca, Green Fantasy a Montegrino. Dice il delegato: “L’etichetta spiega con che latte lo fanno, come viene munto e caseificato, come sono allevati gli animali, che cosa mangiano e dove vanno al pascolo. Le modalità di produzione si rifanno all’antica cultura del latte non pastorizzato, trattato con fermenti autoctoni. Un secondo tipo di formaggio si chiama Appena Munto e in questo caso è latte di vacca. Si procede alla cagliata subito dopo la mungitura in modo che il latte non debba essere riscaldato”. Che prospettive commerciali hanno questi piccoli tesori alimentari? “Maggiori di quanto si creda – risponde Ponti –. I clienti li cercano ai mercatini, nelle sagre paesane o al ristorante e Slow Food affianca i produttori con tante iniziative, anche se le tome e i caprini non sfoceranno nei presìdi Slow Food. Chi li compra apprezza il rapporto diretto con il produttore, s’informa e sa come il contadino lavora. La diversità è un valore aggiunto, non la trovi nella grande distribuzione e sei disposto a pagarla più del prodot-

to standardizzato. Il nostro obiettivo è mantenerla viva”. Altre leccornie. La cantina Cascina Piano di Franco Berrini produce ad Angera l’acquavite d’uva Chiossa da vinacce e mosto locali e il muffato Mott Carrè a base di malvasia aromatica di Candia, un vino da dessert (e da meditazione) paragonato al Sauternes francese. Con la vendemmia 2003, poco prima che Varese ottenesse il riconoscimento della Igt Ronchi Varesini, la distilleria Rossi è tornata a produrre grappa di vinacce locali. Il prototipo si chiama Acqua d’Angera, 43° gradi, distillato di una cuvée d’uve con sentori floreali. Le bottiglie numerate arricchiscono gli scaffali di enoteche e ristoranti. Tra i fornitori delle vinacce figurano la Cascina Piano di Angera e la Cascina Ronchetto di Morazzone, un verdeggiante paesone a due passi da Varese celebre per la battaglia garibaldina del 1848.

“La condotta provinciale di Slow Food incoraggia il recupero della frutta, degli ortaggi e dei cereali coltivati con metodo biologico ed ecosostenibile, tracciabile e potenzialmente redditizio per l’agricoltore” 45


TERRITORIO

Il lavoro entra in carcere Un progetto sviluppato in collaborazione tra Randstad Italia SpA e Lavorazione Sistemi Lasi Spa, porta l’assemblaggio di schede elettroniche direttamente nella Casa Circondariale di Busto Arsizio. Iniziativa che ha permesso a tre detenuti di essere assunti dall’impresa di Gallarate con sé un carico di intuibili vantaggi a livello di rieducazione e

Silvia Giovannini socializzazione: eppure se ne parla poco.

L’

idea è più semplice di quanto si pensi: l’agenzia per il lavoro Randstad Italia Spa, secondo player a livello mondiale nei servizi HR, in collaborazione con Lavorazione Sistemi Lasi Spa di Gallarate, operante nel settore elettronico ed elettromeccanico, ha assunto alcuni ragazzi detenuti nella Casa Circondariale di Busto Arsizio, che lavorano fisicamente all’interno del carcere ma con medesimi diritti e doveri dei dipendenti dell’azienda. Una possibilità, quella di far lavorare i detenuti, che non sembra impossibile da replicare e che porta

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Come nasce l’idea? Come spesso accade, da uno spunto personale. Valeria Monateri, sales development manager di Randstad, dovendosi occupare di un progetto di orientamento per la Base Nato di Solbiate Olona entra in contatto con il carcere di Busto Arsizio, inizialmente per un progetto similare, ma cogliendo, in fase di definizione, un fondamentale bisogno: trovare occupazione ai detenuti. Afferrato subito il valore della sfida, la declina in maniera operativa, cercando un’impresa partner, e la propone in Lavorazione Sistemi Lasi, sapendo di trovare terreno fertile. E, infatti, la reazione dell’imprenditore Giuseppe Boggio, titola-


Giuseppe Boggio, titolare di Lasi Spa: “Con il passare dei giorni i ragazzi hanno accresciuto le competenze tecniche aumentando la produttività e la qualità, raggiungendo gli standard dei colleghi in azienda”

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re dell’azienda è immediatamente positiva, nessun dubbio per lui ma nemmeno per i dipendenti cui viene chiesta la disponibilità a strutturare un percorso di tutoring in carcere e che accettano con grande entusiasmo. Nessuna remora o pregiudizio verso quelli che in fondo sarebbero diventati i nuovi colleghi? “No, anzi manifestano sin da subito disponibilità totale a dare una mano per questo progetto”, racconta Giuseppe Boggio. Coinvolto il Provveditore Regionale del Ministero di Grazia e Giustizia, responsabile delle attività lavorative di tutte le carceri lombarde, Luigi Pagano, definiti i termini della Convenzione con il Direttore della Casa Circondariale, Orazio Sorrentini, sviluppato il progetto con l’area trattamentale del medesimo istituto, si è cominciato ad allestire, da parte di Lasi, il laboratorio produttivo e, lato Randstad, a incontrare i detenuti segnalati per partecipare al progetto. Selezionati i 6 partecipanti, si parte con l’iter formativo, in parte teorico (la sicurezza, le leggi, come per tutti i lavoratori) e in parte di competenze specifiche (materiali e attrezzature utilizzate, prove di saldatura). Tre ad oggi i ragazzi assunti; da un punto di vista operativo, si occupano di assemblare schede elettroniche e sono, a detta dell’azienda, anche piuttosto bravi. Andiamo a fondo sul perché portare avanti un progetto del genere, che implica tempo e impegno, oltre che, probabilmente, una buona dose di carica emotiva. “Si tratta di un incontro di idee che risponde ad una necessità” racconta Valeria Monateri. “In Lombardia ci sono 18 strutture tra Case Circondariali, di Reclusione e Speciali, eppure questa è un’iniziativa quasi unica nel suo genere. La maggior parte delle attività in carcere, infatti, sono gestite da cooperative sociali; a Busto, per esempio, ci sono, oltre a una cioccolateria, un piccolo laboratorio di confezionamento ed imballaggio di articoli elettromeccanici, una sartoria e un laboratorio teatrale (raccontato anche da Varesefocus nel numero 7/2017). Ma le attività non sono gestite direttamente dall’impresa: questa è un’esperienza quasi del tutto inedita”. Un progetto così può essere considerato un apripista per altre iniziative simili. Per le aziende ci sono vantaggi fiscali e detrazioni, per il detenuto, oltre che poter partecipare al proprio mantenimento con la retribuzione percepita, evidenti maggiori possibilità di reinserimento sociale al termine della pena o anche prima del termine della stessa grazie all’articolo 21 L. 354/1975 che consente di avere permessi giornalieri per andare a lavorare direttamente in azienda. Non dimentichiamo che le statistiche parlano chiaro: per chi

esce dal carcere senza aver partecipato a progetti finalizzati al reinserimento c’è una recidiva di circa l’80%. Se pensiamo che su circa 8.500 detenuti in Lombardia lavora solo l’8%, è evidente che si può e deve fare di più. Ma com’è stato entrare in carcere ed intraprendere questo percorso a tu per tu con persone che hanno commesso dei reati? “Non abbiamo avuto paura, se questa è la domanda” racconta Valeria Monateri. “Certamente, quando entri, e ti si chiudono le porte dietro le spalle, è inquietante: in quel momento riesci a comprendere cosa significhi non essere libero. Se mi permettete un neologismo, noi non riusciamo a ‘mentalizzare’ davvero cosa voglia dire stare tutto il giorno in uno spazio ristretto, senza poter far nulla. Questa esperienza te lo fa percepire. Non c’è paura: i detenuti sono rispettosi, contenti di vederti, di raccontarsi, di lavorare e questo ha un grande valore”. Ma i ragazzi mettono impegno nel lavoro o è solo un modo di occupare il tempo? “Lavorano bene, sono molto motivati e, soprattutto, hanno voglia di imparare”, racconta Giuseppe Boggio. “Ed è questo quello che conta. Con il passare dei giorni hanno accresciuto le competenze tecniche aumentando la produttività e la qualità, raggiungendo gli standard dei colleghi in azienda. Ciascuno di noi può fare un piccolo pezzo e, nonostante fossi un po’ restio a raccontare la nostra esperienza, è importante che tutti sappiano che si può fare”. La sensazione dopo ogni visita ai detenuti che lavorano in carcere è la stessa sia per Valeria Monateri che per Giuseppe Boggio: “Ci sentiamo di aver fatto qualcosa, nel nostro piccolo, di socialmente utile, non una beneficenza fine a se stessa, ma un’opportunità di svolta per chi ha sbagliato e sta pagando il suo debito con la giustizia”.

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Al Campo dei Fiori il sole è a portata di occhio La società astronomica “Giovanni V. Schiaparelli” ha inaugurato, dopo due anni di lavoro, un laboratorio solare che ha l’obiettivo di avvicinare sempre più persone all’osservazione e allo studio della nostra stella, senza l’utilizzo di alcun telescopio e con un occhio di riguardo alle scolaresche sul resto dello spazio, comodamente da remoto, con il grande te-

Paola Provenzano lescopio di 84 centimetri montato nella terza cupola dell’Osser-

A

mmirare le stelle anche di giorno e senza l’utilizzo del telescopio? Si può fare, se la stella è il sole e lo si guarda nel nuovo laboratorio solare, realizzato presso l’Osservatorio del Campo dei Fiori. Non solo: tra qualche tempo - si spera non troppo lontano - si potrà arrivare anche a condurre osservazioni

vatorio, grazie all’utilizzo di tecnologie collegate direttamente all’ apparecchiatura. Sono questi due passi che danno ancora più forza al sogno di “gettare un ponte di comprensione tra la scienza e il popolo”. Così dice Vanni Belli, attuale presidente della società astronomica “Giovanni V. Schiaparelli”, che parla di novità e prospettive citando alla lettera In questa e nell’altra pagina l’eliostato del Campo dei Fiori

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lo statuto dell’associazione di volontari, fondata da Salvatore Furia nel 1956, che anima la Cittadella del Campo dei Fiori. Un motto che anche se oggi suona antico nel lessico, resta sempre di un’attualità sorprendente, mettendo al centro la sete di conoscenza provata dall’uomo di fronte alla natura. Laboratorio solare e collegamento da remoto A raccontare dello spazio dedicato allo studio del sole, realizzato all’interno della terza cupola, è il progettista Paolo Valisa, meteorologo del Centro Geofisico Prealpino: “Da un paio di anni - spiega - stiamo lavorando al laboratorio solare, grazie anche al sostegno di un finanziatore privato, la Impregio Srl. Finalmente, a inizio giugno, lo abbiamo inaugurato”. Come è possibile l’osservazione del sole senza l’utilizzo di un telescopio, che è lo strumento più comunamente usato, ma che pone alcune limitazioni per un pubblico vasto? “Ciò è possibile grazie a uno strumento, l’eliostato, che permette di proiettare l’immagine del sole all’interno del laboratorio didattico per compiere da qui le osservazioni”. Macchie e protuberanze presenti sulla superficie solare sono così comodamente visibili e osservabili. Grazie poi al posizionamento di un prisma ottico dispersivo, si ottiene la scomposizione della luce solare, una sorta di “arcobaleno”, che permette di verificare quali siano gli elementi presenti all’interno del sole, principalmente idrogeno ed elio. Con l’avvio di questo nuovo laboratorio didattico, già negli ultimi mesi, è cresciuto il numero di visite diurne da parte delle scolaresche, andando a incrementare cifre che sono già di tutto rispetto per la realtà varesina. Ogni anno sono 11mila i visitatori (di cui 7mila tra scuole e visite serali) che accedono alla Cittadella delle Scienze sulla sommità del Campo dei Fiori. “Un’altra novità alla quale stiamo lavorando - aggiunge il presidente Belli - è il collegamento da remoto al telescopio da 84 centimetri presente sempre nella terza cupola, quella di più recente costruzione. Una simile opportunità permetterà di ampliare il nostro pubblico e la possibilità di divulgazione nelle scuole e presso un numero di persone ancora più ampio”. La divulgazione scientifica rap-

Il Presidente Vanni Belli: “Un’altra novità alla quale stiamo lavorando è il collegamento da remoto al telescopio da 84 centimetri presente nella terza cupola. Ciò permetterà di ampliare il nostro pubblico e la possibilità di divulgazione nelle scuole” 50

presenta il cuore delle tante attività che ruotano attorno a questa realtà, voluta dall’indimenticabile professor Furia al quale oggi la Cittadella è intitolata. A dare fiato alle attività ci sono le donazioni da parte di privati, ma anche la tenacia dei volontari che si occupano dei lavori manuali necessari oltre che della divulgazione scientifica attraverso le giornate di porte aperte e attraverso le conferenze cittadine “Tra Cielo e Terra”. Dallo spazio al territorio Alle scolaresche in visita non si propone solo di guardar lontano, nello spazio, ma anche di osservare da vicino la natura grazie alla presenza del parco montano e della serra per la conservazione della biodiversità. “C’è stato grande interesse da parte dei più piccoli durante l’anno - spiega Valisa - per le osservazioni condotte al microscopio grazie anche alla donazione di due nuovi strumenti da parte della Carl Zeiss”. L’azienda, multinazionale tedesca con una sede a Castiglione Olona, da 150 anni sviluppa e produce strumentazioni ottiche, rivolte anche al campo medicale e della ricerca, oltre che lenti per tutti i giorni. “Lo scorso anno - spiega Roberto Ratti, HR Manager di Carl Zeiss Vision Italia - abbiamo pensato di proporre ai nostri dipendenti di conoscere da vicino l’osservatorio, per mostrare loro un esempio concreto di utilizzo di strumentazioni che hanno fatto la storia dell’azienda. Da lì è nato un rapporto con la realtà dell’Osservatorio che ha portato alla donazione dei due microscopi. Si tratta di una modalità concreta di legare l’azienda al territorio in cui si trova”. Per la verità c’è un altro curioso filo rosso che lega il marchio Zeiss e il Campo dei Fiori: qui infatti è custodito un vero e proprio pezzo da museo, un grande binocolo “da battaglia”, prodotto in soli tre esemplari dalla multinazionale tedesca negli anni Trenta del secolo scorso, ideato per gli avvistamenti militari, utilizzato durante la guerra ed acquistato poi dal professor Furia. Per restare aggiornati sui programmi e gli appuntamenti: www.astrogeo.va.it.


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▶ PROVINCIA DA SCOPRIRE RUBRICHE

Semplicemente “Guglielmo da Montegrino” Con un volume monografico ricco di testi, documenti e fotografie l’Associazione culturale “Amici del Piccio” vuole accompagnare alla riscoperta del pittore della Valtravaglia che firmava i suoi affreschi con un’elegante grafia tardo gotica conosciuti dell’artista.

Mario Chiodetti Il libro, che si intitolerà semplicemente “Guglielmo da Mon-

Q

uesta è una storia che arriva da lontano, quando, oltre cinquecento anni fa, a Montegrino Valtravaglia, allora noto come Nava o Nave, nacque un bambino destinato a diventare un pittore e un uomo di cultura, e a lasciare un segno preciso della sua arte in parecchi paesi vicini, di qua e di là del lago Maggiore. Un artista contemporaneo del grande Bernardino Luini, ma di differente sentire, di certo meno geniale ma con una sua cifra e poesia nel dipingere. Oggi l’A ssociazione culturale “Amici del Piccio”, animata da Carolina De Vittori e Achille Locatelli, ha pensato di rivalutare e far conoscere la figura di Guglielmo Iotti da Montegrino, pittore e pro notaio, pubblicando un ricco volume monografico con i testi della storica dell’arte Paola Viotto, della stessa De Vittori e il contributo di Pierangelo Frigerio e Beppe Galli, ricercatori di documenti storici e del fotografo Mario Stefanoni, autore delle immagini di tutti gli affreschi

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tegrino”, sarà presentato ufficialmente domenica 19 agosto al teatro del paese accompagnato da un documentario girato da Achille Locatelli e da un concerto parte della stagione musicale Cappella della Pianca, Dumenza. Madonna con bambino tra San Rocco e San Domenico, 1504. A destra, Chiesa di San Martino, Montegrino. San Bernardino, 1488


L’intento dell’associazione “Amici del Piccio”, che conta circa 380 tesserati, è anche di sensibilizzare enti e parrocchie a restaurare gli affreschi maggiormente compromessi. L’acquisto del libro potrà dare una mano in questo senso Nave o Nava era il luogo che allora comprendeva Montegrino, Sant’Ambrogio, Bonera e Bosco, oggi frazioni, e quella denominazione si incontra fino agli inizi del ‘600”, aggiunge la presidente dell’associazione “Amici del Piccio”. “Le famiglie fondatrici del paese sono state quelle degli Iotti e degli Iermoli, ma questi ultimi in realtà erano parte della prima famiglia, perché il cognome deriva da una mutazione di Gugliermoli. Il nostro artista iniziò la sua attività di affreschista qui a Montegrino, poi si spostò come usava fare in quel tempo, chiamato da varie committenze. In paese rimangono due sue opere, una delle quali firmata e datata 1488, nell’antica chiesetta di San Martino. Guglielmo esercitò la pittura almeno oltre il 1522: ne restano documenti nelle ‘firme’ da lui apposte in calce agli affreschi con perizia calligrafica che lo distingue, in due importanti contratti per cicli di affreschi nelle chiese di Brissago e Roggiano (oggi scomparsa) e infine nella qualifica di pictor che gli è attribuita in alcuni atti privati. Si muoveva da Campagnano a Dumenza, Porto Valtravaglia, Luino, Voldomino, Alpe San Michele fino a Trarego, al di là del lago. Però c’è un “buco” nella sua attività, che va dal 1488, prima opera a Montegrino, al 1503. In questo lasso di tempo non risultano sue opere, chissà dove operò, oppure esercitò maggiormente la professione di pro notaio”. Guglielmo Iotti da Montegrino collaborava infatti con gli studi notarili di Luino e ci sono testimonianze di atti da lui sottoscritti per la compravendita di terreni. Ebbe due mogli e altrettante figlie, una per ciascun matrimonio e nel testamento, del 1527, si legge che il pittore lasciò i suoi beni all’ultima moglie e alla loro figlia. Fino al 1524 ci sono testimonianze di lavori svolti dall’artista, contratti

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“Interpretando suoni e luoghi”. Non sarà in vendita, ma lo si potrà avere donando un’offerta all’associazione. In più Nicoletta Spizzico ha ideato e realizzato una splendida cartina, in stile antico, con l’ideale itinerario che tocca tutti i luoghi interessati dalle opere di Guglielmo Iotti, con la mappa e le fotografie delle opere e delle chiese in cui sono contenute. “Nel 2004, in occasione del bicentenario della nascita di Giovanni Carnovali detto il Piccio, il personaggio più importante ad aver avuto i natali a Montegrino, pubblicammo un volume su di lui. Ora abbiamo voluto fare lo stesso con Guglielmo Iotti, inserendo nel libro tutto ciò che finora era stato scoperto dagli studiosi e i nuovi contributi, arrivati grazie alla capillare ricerca nei documenti notarili fatta da Frigerio e Galli. Le fotografie documentano ogni sua opera conosciuta e sono determinanti per fissarne a tutt’oggi lo stato di conservazione. Ogni affresco, infatti, è stato fotografato nella sua interezza e nei particolari. Per esempio, l’‘Ultima cena’ in San Genesio a Sarigo conserva solamente parte del volto di Cristo e qualche sagoma degli apostoli”, spiega Carolina De Vittori. Il libro, secondo gli intenti dei curatori, si rivolgerà a un pubblico acculturato, ma anche chi si accosterà per la prima volta alla figura di Guglielmo potrà farlo più facilmente attraverso il video girato da Locatelli, venti minuti che raccontano l’intero percorso creativo del pittore. Ma chi era Guglielmo da Montegrino, che firmava i suoi affreschi con un’elegante grafia tardo gotica e amava impreziosirli con figure di animali? “La data di nascita precisa non si conosce, si presume la seconda metà del XV secolo, mentre è certa quella di morte, il 1527. La sua era una famiglia agiata, legata agli ambienti notarili, e il suo nome esatto era Guglielmo Iotti de Nave da Montegrino.


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La chiesa di San Martino a Montegrino

in cui risulta essere pagato con denaro e terreni. “Le sue opere certe, come la Madonna di Loreto a Voldomino o la decorazione della chiesa di San Giorgio a Brissago, hanno un linguaggio caratteristico, che permette tra l’altro di attribuirgliene altre finora incerte. I soggetti sono assolutamente tradizionali, perché così li volevano i committenti”, scrive Paola Viotto nel testo contenuto nella monografia su Guglielmo. “Nei contratti che firmò con le comunità di Brissago e di Roggiano per la decorazione delle rispettive chiese, i rappresentanti del comune si premurarono di ricordargli che doveva dipingere ‘prout moris est’ cioè ‘come si fa secondo la tradizione’. E così Guglielmo fece, riallacciandosi ad iconografie medievali così collaudate da essere ormai persino anacronistiche negli anni Venti del Cinquecento”. La studiosa mette poi l’accento sulla preparazione culturale del pittore di Montegrino, certamente notevole se rapportata alla media dell’epoca. “Stilisticamente però si sforzò di tradurre in forme semplici e comprensibili anche idee pittoriche aggiornate, che mostrano come fosse a conoscenza di quanto avveniva in quegli anni cruciali nel più vasto mondo dell’arte. E nelle infinite scritte che popolano le sue opere si sente un’eco della sua cultura letteraria, che gli consentì tra l’altro di svolgere in molti atti la funzione di

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pro notaio. La precisione notarile è evidente nel modo in cui firmò e datò molti affreschi, annotando in bella scrittura gotica in calce al dipinto anche il nome del committente e il giorno preciso in cui il lavoro era stato portato a termine”. L’intento dell’associazione “Amici del Piccio”, che conta circa 380 tesserati, è anche di sensibilizzare enti e parrocchie a restaurare gli affreschi maggiormente compromessi, e l’acquisto del libro potrà dare una mano in questo senso. “Montegrino ha dato i natali a diversi personaggi interessanti oltre al Piccio: dallo storico Marco Formentini, al pittore Massimo Antime Parietti, a Fermo Formentini autore del presepe di radici della nostra chiesa al quale abbiamo dedicato una monografia, al francesista Dante Ughetti, autore di importanti testi sul medioevo francese”, aggiunge Carolina De Vittori. “Dopo la pubblicazione del libro su Guglielmo Iotti non ci fermeremo, e nel 2019 usciremo con un volume dedicato alle oltre 140 cappelle contenenti affreschi presenti nel territorio comunale di Montegrino, con il commento sull’iconografia rappresentata di due studiosi di vaglia. Il censimento andrà anche online, sul nostro sito www.ilpiccio.it. Ci spinge l’amore per questa terra e le sue radici, e ogni volta è una fatica grande, ma ci ripaga la certezza di svolgere un buon lavoro per la nostra comunità”.


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CULTURA D’IMPRESA .RGSRXVM GSR TIVWSREPMXª HIP QSRHS M PM ª H P H MQTVIRHMXSVMEPI IGSRSQMGS I GYPXYVEPI.

L’adesione è gratuita TIV MQTVIRHMXSVM ǻKPM di imprenditori e soci dai 18 ai 40 anni di imprese associate EPPƶ9RMSRI HIKPM .RHYWXVMEPM HIPPE 5VSZMRGME HM :EVIWI. 9RƶSGGEWMSRI YRMGE TIV IRXVEVI E JEV TEVXI HM YR network di aziende e di imprenditori GSR GYM GSRJVSRXEVXM I GSPPEFSVEVI WY RYSZI MHII I TVSKIXXM GLI GM EGGSQYRERS

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▶ ARTE RUBRICHE

Con Barry X Ball, da Villa Panza alla Pietà Rondanini Ispirazione per il bello, tecnologia e perfezione, passione per la manualità. Tra Varese e Milano la prima retrospettiva completa dell’artista californiano che stupisce per la capacità nell’uso di pietre e materiali preziosi aggregati con sapienza di mestiere e gusto di innovazione Luisa Negri

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i trova a Villa Panza la prima retrospettiva completa dell’opera di Barry X Ball, scultore californiano controcorrente, con studio a Brooklyn, nato nel 1955 a Pasadena da una famiglia di protestanti fondamentalisti. Sono in mostra, collocate secondo un criterio di ambientazione, una cinquantina e più di opere, a partire dalle produzioni degli anni Ottanta, pannelli tridimensionali con un lato dorato, ispirati ai dipinti Primitivi toscani, fino ai celeberrimi Portraits, per arrivare ai Masterpiece: una serie del 2008 che rivisita in chiave contemporanea opere imponenti del passato. “The end of History”, la rassegna curata da Anna Bernardini e Laura Mattioli, corre dalle sale al piano nobile della Villa fino al nuovo spazio delle Rimesse per le Carrozze. E, in contemporanea, prosegue al Castello Sforzesco di Milano, grazie alla collaborazione dello stesso museo d’Arte. Nello spazio dedicato fino al 2015 alla Pietà Rondanini, la Sala degli Scarlioni, si incontra una nuova Pietà

(2008), emozionante, contemporaneo omaggio in onice bianco iraniano dell’artista americano all’opera michelangiolesca: che fu, e rimane, tra le più alte opere - capolavoro subliminale e incompiuto, di esito altissimo - dell’ultimo cammino del gran toscano. Sempre al Castello Sforzesco di Milano è anche una serie di nove ritratti, Pseudogroup of Giuseppe Panza (1998-2001) in marmo della Macedonia, realizzato in nove esemplari, su calco del volto di Giuseppe Panza e ispirati alla ritrattistica di età repubblicana. Si tratta non solo di un completamento della rassegna, ma anche una sottolineatura, da parte dei curatori della mostra, del ruolo di attento collezionista che il proprietario di Villa Panza ebbe nel corso della sua vita. Panza acquistò negli anni Ottanta proprio da Barry X Ball alcune opere, che furono dall’artista appositamente create per la collezione del conte milanese: vi prevalgono i colori dell’oro e del nero, giocati in una ricerca cromatica, geometrica e di Barry X Ball, Portrait of Laura Mattioli, 2000-05, lapis lazuli aggregate

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luce. La rassegna si segnala particolarmente nel suo insieme per la capacità di Ball di coniugare paradigmi dell’arte antica con una fraseologia artistica, sorprendentemente espressiva, ottenuta grazie all’uso di tecnologie d’avanguardia e ad una finitura manuale accuratissima che richiede ore e giorni di lavoro. Raramente tecnologia e artigianalità perseguono insieme un così alto, emozionante risultato di limatura e cesellatura, di uso di pietre e materiali preziosi aggregati con consumata sapienza di mestiere e gusto di innovazione: marmo di varia provenienza, onice, argento e ebano, lapislazzuli, palladio e oro compongono e ornano i suoi lavori, confondendosi e aggregandosi l’uno con l’altro. Dal progetto virtuale in 3D e la modellazione al computer, Barry X Ball perviene al risultato finale di un lavoro manuale accuratissimo, volto a impreziosire, esaltando tecnicamente e esteticamente l’opera. Ma anche, soprattutto, a dimostrare l’uBarry X Ball, Diptych, 198791, wood, gesso, bole, 22k moon gold. Nell’altra pagina, da sinistra, Barry X Ball, Purity, Pink Iranian Onyx Right; Barry X Ball, Flayed Herm, 1997-98, corian, cyanoacrylate, epoxy, stainless steel, ABS plastic

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Sono in mostra una cinquantina e più di opere: pannelli tridimensionali con un lato dorato, ispirati ai dipinti Primitivi toscani, fino ai celeberrimi Portraits, per arrivare ai Masterpiece nicità irripetibile del soggetto. Ne sono esempio il Ritratto di Laura Mattioli, aggregato di pietre e lapislazzuli del 2005, ma anche i due doppi ritratti dedicati a se stesso: Matthew Barney


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Dual-Dual Portrait (2000-2007), in onice messicana bianca e rossa, e l’inedito Matthew Barney-Barry X Dual Portrait (2018). E non poteva che essere un americano a farci riconsiderare la nostra bellezza, a osare avvicinarsi alla mano forte del Buonarroti, che del marmo - come lo è Barry X Ball - fu sempre innamorato, traendone, dall’algida fissità della sua durezza, ineguagliabili creature di inebriante vitalità, di morbidezza soave, di immortale vigore. È in quest’ottica di reverente emulazione che nei Masterpieces - recente serie di opere direttamente ispirate a modelli storici noti - lo scultore ottiene lo scopo di ridar vita a questi ultimi, attribuendogli un nuovo soffio vitale. Si veda di questa serie, accanto a Purity e a Envy, l’imponente opera in marmo nero Sleeping Hermaphrodite, che reinterpreta il celebre originale attribuendovi inattesa morbidezza e sinuosità. Ball, affascinato da tanta classicità, vi ha aggiunto di suo l’interesse per la tecnica e la tecnologia - apprese dal nonno pastore protestante e meccanico di automobili - l’innamoramento per il design e un innato amore per la bellezza rafforzatosi anche soprattutto nel corso dei suoi viaggi in Italia. Racconta a tutti, lo ha fatto anche in apertura alla mostra varesina, il primo, folgorante ricordo che riassume e spiega quanto si è scritto della sua arte e della sua vita: l’innamoramento per una Ferrari vista per la prima volta da noi.

Ispirazione dunque per il bello, tecnologia e perfezione, passione per la manualità rubata all’arte più preziosa e antica nella quale l’Italia ha sempre fatto scuola è quanto insomma soprattutto contraddistingue il cammino di Barry X Ball. La mostra è incontro con uno scultore innamorato e rispettoso del passato, che, come ha notato Laura Mattioli, rivelando un atteggiamento antiaccademico rispetto all’arte contemporanea, si fa portatore di un discorso universale e antico che va al di là della contingenza. Dimostrando, con la sua mano e mente d’artista, come, nel comune denominatore della bellezza, viva, anzi continui a vivere - oltre il limite precostituito della sua storia - la libertà dell’Arte.

BARRY X BALL. THE END OF HISTORY 12 aprile - 9 dicembre 2018 Villa e Collezione Panza, Piazza Litta, Varese da martedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00 www.villapanza.it

BARRY X BALL, PIETÀ Museo Arte Antica (sala XV) Castello Sforzesco, Piazza Castello, Milano da martedì a domenica dalle 9.00 alle 17.30 www.milanocastello.it 59



▶ ARTE RUBRICHE

Al Museo d’Arte di Mendrisio la collezione Bolzani Gli spazi ticinesi si arricchiscono di un nuovo importante nucleo di opere che si concentra soprattutto su artisti del secondo dopoguerra. Tra cui i “nostri” Renato Guttuso e Vittorio Tavernari - oltre al Museo di Mendrisio - la Fondazione Casa Testori di

Luisa Negri Novate Milanese, l’Archivio Opere Ennio Morlotti e la fonda-

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l Museo d’Arte di Mendrisio è visitabile fino al 15 luglio una mostra che propone settanta importanti opere della collezione di Nene e Luciano Bolzani, collezionisti di arte italiana del ‘900. I figli Lorenza e Giovanni ne hanno voluto far dono di recente, arricchendo l’istituzione d’arte ticinese di un nuovo importante nucleo, che potrà così essere conservato nella sua integrità. E il Museo, come ha spiegato il direttore Simone Soldini, curatore della mostra Natura e Uomo. La collezione Bolzani ha ben presto deciso di portare a conoscenza dei visitatori quei nomi e lavori di artisti di fama, particolarmente operanti nel territorio lombardo e ticinese, già ben presenti sulla scena artistica del secondo dopoguerra: nella convinzione che il patrimonio museale vada guadagnando sempre maggior prestigio e considerazione presso gli affezionati frequentatori. Accanto agli importanti lavori pittorici e scultorei della collezione Bolzani sono state raccolte e presentate in rassegna, grazie a un’ampia e approfondita ricerca che ha visto impegnati

zione Corrente di Milano, anche carte, fotografie, pubblicazioni e documenti che ben illustrano il milieu artistico nel quale si muovevano i protagonisti di momenti carichi di tante novità, di entusiasmo e rinnovata voglia di lavorare insieme, seguiti agli anni bui del secondo conflitto mondiale. I Bolzani collezionarono una raccolta di circa un centinaio di importanti opere, comprendente artisti di primissimo piano come Giorgio Morandi, Lorenzo Viani, Mario Sironi, Carlo Carrà, Ardengo Soffici. Il loro precipuo interesse era andato nel corso degli anni via via incentrandosi su quanti saranno i maggiori e più significativi rappresentanti dell’arte del dopoguerra, divisi tra tradizione e innovazione formale, ben attenti alle avanguardie di Parigi e New York. I nomi erano però soprattutto di artisti che si muovevano tra la Lombardia e il Canton Ticino: e tra loro erano anche i “nostri” Renato Guttuso, che già dipingeva nello studio varesino di Velate - il bel casino di caccia della moglie Mimise Dotti - Vittorio TaMario Sironi, Figura in rosso, 1930 ca, tempera su carta

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vernari, torinese - allievo Renato Guttuso, Natura morta, di Adolfo Wildt - a sua 1963, olio su tela volta con studio, casa e famiglia ormai in Varese. Gli altri erano i loro amici Ennio Morlotti, Bruno Cassinari, Franco Francese, Emilio Vedova, Luciano Minguzzi. In colloquio con i colleghi italiani erano anche i ticinesi Filippo Boldini, Edmondo Dobrzanski, Giovanni Genucchi, Sergio Emery. Si sarebbero aggiunti a loro, nella generazione seguente, i nomi di Renzo Ferrari, Cesare Lucchini e Gabai. Particolarmente interessante risulta per i cultori d’arte varesini trovare in mostra due nature morte degli anni Sessanta di Guttuso, e un paio di sculture di Vittorio Tavernari, nonché alcune carte di un altro illustre varesino, Dante Isella, filologo internazionale e amico dei primi, a sua volta intenditore e collezionista d’arte. Con la vicina Svizzera Isella aveva iniziato a intrattenere solidi rapporti fin dal 1938 in quel di Friburgo dove si era incontrato col suo storico maestro Gianfranco Contini - proseguiti poi durante l’esilio forzato della guerra e mantenuti, successivamente, nella professione di docente. Tra le più significative opere delle tante in mostra segnaliamo la bella Natura morta con caffettiera e bottiglia di Giorgio Morandi del 1956, l’olio di Carlo Carrà Cave a Colonnata (1959), La selva di Filippo Boldini, del 1966, Cavallo e Cavaliere di Marino Marini del 1960, un collage e tecnica mista su carta, il bel bronzetto di Henri Moore del 1976, di Mario Sironi la tempera del 1930 Figura in rosso, due paesaggi di Ennio Morlotti del ‘61 e del ‘46, rispettivamente Paesaggio a Bordighera e Collina di Monticello, e ancora un paesaggio toscano di Ardengo Soffici e, infine, un bel Lorenzo Viani del 1930, Molo di Viareggio. È visitabile al Museo d’Arte di Mendrisio, in parallelo alla collezione Bolzani, anche una interessante rassegna, curata da Barbara Paltenghi Malacrida con la collaborazione di Elena Pontiggia, dedicata all’opera di Franca Ghitti (1932-2012), meravigliosa scultrice e artista poliedrica, viaggiatrice infaticabile innamorata dell’Africa, dove nel ‘69 lavorò alle vetrate della chiesa degli Italiani a Nairobi. Il Museo le rende omaggio con una serie di sculture realizzate in materiali poveri, ma spesso di imponenti esiti, dove la lavorazione paziente dei materiali lignei o metallici, piegati con tenacia e passione, porta a risultati stupefacenti. Si vedano i cicli delle

Mappe, delle Madie e ancora delle Vicinia: qui l’idea antica di un mondo rurale si sposa alla pietas umana e ad un senso di religiosità ancestrale che risale nel tempo, fino all’eco vigile di reminiscenze poetiche virgiliane, là dove la presenza dei lari protettori domina la scena. Ma si vedano anche, le Spirali e le Piogge, e soprattutto l’opera La cascata e i totem, in scarto di metallo, degli Alberi-Vele, suggestivamente collocati all’ingresso del museo, nell’antico cortile che dà il benvenuto al visitatore. Appare indubbia la poliedricità di un’artista brava e colta - parente per via materna di Vincenzo Vela - formatasi in primis al liceo artistico milanese delle Orsoline, poi al Politecnico Milanese, dove frequentò per qualche tempo il corso di architettura, e ancora a Brera con Gino Moro e, soprattutto, Marino Marini. Chiamata ovunque a esporre, da Parigi a New York, collaborò con artisti, editori raffinati come Scheiwiller e scrittori di fama (anche Italo Calvino). Rimase però sempre affezionata al ricordo del suo antico mondo, quello della segheria del padre ad Erbanno, in Val Camonica, che sfamava tante bocche: centinaia di operai - ben settecento - che alla fabbrica avevano legato la loro vita. In quel mondo, dove era cresciuta e ancora bambina aveva appreso dai segantini l’uso degli strumenti per lavorare il legno, Ghitti non ha mai smesso di tornare. Nonostante si fosse spinta ripetutamente verso più ampi spazi per ragioni di passione e di lavoro, per adesione generosa all’arte, ma soprattutto per inesauribile, intelligente curiositas muliebre.

NATURA E UOMO. LA COLLEZIONE BOLZANI 25 marzo - 15 luglio 2018 Franca Ghitti scultrice 15 aprile - 15 luglio Museo d’Arte Mendrisio - Piazzetta dei Serviti, 1 martedì-venerdì 10.00-12.00/ 14.00-17.00 sabato-domenica e festivi 10.00-18.00 www.mendrisio.ch/museo tel +41 58 688 33 50



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VISIONI/PASSIONI La mostra vuole essere un omaggio al ricordo di Cornelio Bellorini, artista eclettico e schivo, di cui pochi conoscono l’opera varia ed anticipatrice.

QUANDO: Fino al 7 luglio DOVE: Villa Frua, Laveno Mombello Villa Frua – Via Roma 16/A - Laveno Mombello (VA) Orari: lunedì e giovedì ore 8:00-18:00 - martedì, mercoledì, venerdì e sabato 8:00-14:00 Informazioni: Biblioteca di Laveno Mombello - Tel. 0332 667403

IL PALPITO DEL COLORE. UN SECOLO DI PITTURA A VARESE La Provincia di Varese accoglie una grande mostra dipanata su tre sedi e dedicata a un secolo di pittura ambientato sullo sfondo del suo territorio. Nato da un accordo fra comuni, col supporto di Comunità Montana, Associazione Amici del MIDeC, Associazione Menta e Rosmarino, Società Operaia di Caldana e Associazione Wgart, il percorso si suddivide in tre luoghi espositivi istituzionali accanto allo spazio di una galleria storica, scelti per ospitare capitoli diversi di una lunga vicenda che attraversa cent’anni di ricerche estetiche, dal futurismo alle ultime frontiere del contemporaneo. Uno spettro ampio di indagine che tocca 33 autori divisi per stagioni: i maestri di primo Novecento, gli artisti del secondo dopoguerra, gli interpreti dei movimenti più recenti. La mostra ricostruisce il panorama di una provincia vivace, che ha generato talenti straordinari e anche ospitato, nel tempo, nomi approdati da lontano, attratti dalla bellezza dei luoghi e dalla vitalità di un mondo dell’arte che si agitava fra iniziative pubbliche e private.

QUANDO: Fino al 10 agosto DOVE: Varie sedi Museo Civico Floriano Bodini (I maestri del secondo dopoguerra): sabato e domenica ore 10.30/12.30 - 15.00/18.00 Museo Innocente Salvini (I maestri storici): sabato e domenica ore 15.00/17.30 Villa Frascoli Fumagalli (I contemporanei): sabato ore 21.00/23.00, domenica ore 15.00/18.00 Galleria AlMiarte (I maestri storici): da giovedì a domenica ore 10.30/12.30 - 15.00/19.00 Teatro Soms (Street art): sabato ore 15.30 - 17.30 Informazioni: www.museobodini.it 64


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A P P U N T A M E N T I a cura di Maria Postiglione RUBRICHE

SOGNO D’ESTATE Per quattro mesi l’arte è protagonista con mostre permanenti, temporanee e corsi gratuiti capaci di coinvolgere i visitatori in un suggestivo luogo, un tempo via dei pellegrini oggi chiuso e trasformato in un suggestivo luogo di riflessione e bellezza. Sogno d’Estate vuole infatti da un lato proseguire nell’azione di valorizzazione del Borgo del Sacro Monte e dall’altro far diventare turisti, pellegrini e visitatori soggetti attivi, e non passivi, nella visita a uno dei patrimoni più suggestivi dell’Unesco.

QUANDO: Fino al 26 agosto DOVE: Location Camponovo, Sacro Monte di Varese Orari: sabato e domenica dalle 10.00 alle 19.00 Nel mese di luglio apertura straordinaria tutti i martedì e giovedì dalle 19.00 alle 23.00 in occasione del Festival Tra Sacro e Sacro Monte

MOSTRE PERMANENTI Il Sacro Monte. Sempre uguale e sempre diverso il Sacro Monte è luogo di ispirazione per gli artisti. In questa mostra permanente 35 autori si confrontano con le suggestioni, i capolavori e la sacralità della Via Sacra. 25x25. Una mostra permanente presenta due opere per 45 artisti dell’Associazione Liberi Artisti della Provincia di Varese del piccolo formato25x25. Il tema libero permette di esprimere la personale cifra stilistica di ogni singolo autore. MOSTRE TEMPORANEE 16- 28 giugno Franca Carra e Daniele Garzonio 30 giugno – 12 luglio Maria Luisa Bossi e Pino Maggi 14 – 26 luglio Luisa Garzonio e Lorenzo Luini 28 luglio – 9 agosto Emery e Antonio Piazza 11 – 26 agosto Irene Cornacchia Le inaugurazioni si svolgeranno la domenica alle ore 11.00. Le mostre personali iniziano nella giornata di sabato e le inaugurazioni sono programmate per la domenica mattina seguente. LABORATORI Corsi gratuiti aperti al pubblico dedicati a tutti coloro che vogliono apprendere le diverse tecniche espressive dell’incisione e del raku. Domenica 8 luglio Laboratorio di incisione Domenica 22 luglio Laboratorio di Raku Domenica 5 agosto Laboratorio di incisione Domenica 19 agosto Laboratorio di Raku Informazioni: info@locationcamponovo.it - Tel. 374.2311152 65


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HUMAN LANDSCAPE Un panorama di emozioni espresse dal corpo, con il corpo, per il corpo. Allo Spazio Espositivo PwC, Palazzo Renzo Piano, sede de Il Sole 24Ore, , la mostra “Human Landscapes” a cura di Fabrizia Buzio Negri, con le opere di Martina Goetze e Veronica Mazzucchi. Ogni opera racconta molte storie. E il corpo diventa paesaggio dell’anima. Una mostra, come un dialogo forte, per ricercare condivisioni possibili. NON una semplice addizione di opere di due artiste; NON uno spazio dell’una e uno spazio dell’altra, ma uno spazio unico attraverso il loro rapportarsi. Le immagini vivono in una rete di risonanze inaspettate e coinvolgenti.

QUANDO: Fino al 6 luglio DOVE: Spazio Espositivo PwC, Palazzo Renzo Piano Via Monte Rosa 91 - Milano Orari: Aperto 24 ore. Per raggiungerci: M1/M5 · Fermata Lotto - Uscita via Monte Rosa Info: meet.pwc@it.pwc.com; curatore:+39 335 5443223

FESTA DELLA CERAMICA A SARONNO La festa avverrà nelle giornate del 30 giugno e 1 luglio 2018: si tratta di due giorni dedicati interamente alla ceramica di qualità, attraverso il coinvolgimento di artisti ed esperti, diffusa su tutto il territorio, per far conoscere l’importanza di questo materiale e le eccellenze nazionali. Correlati all’iniziativa ci saranno presso il Museo della Ceramica G. Gianetti, laboratori sia per bambini che per adulti che potranno, attraverso un percorso esperienziale, sperimentare le diverse tecniche di modellazione. Ci saranno inoltre dimostrazioni al tornio, cotture di ceramica raku, e tutte le varianti di questa affascinante materia.

QUANDO: 30 giugno e 1 luglio DOVE: Saronno, diffuso in città Informazioni: Museo della Ceramica G. Gianetti tel.fax 02 9602383 www.museogianetti.it

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AMERICAN EXPRESS

PER L’OTTIMIZZAZIONE DEL CAPITALE CIRCOLANTE La divisione corporate di American Express gestisce a 360° i processi di pagamento B2B di aziende nazionali, internazionali e globali. L’offerta di American Express si focalizza nello specifico in tre aree: Spese di viaggio e rappresentanza, Commodity B2B, Ottimizzazione Capitale Circolante.

Il capitale circolante è un fondamentale e strategico strumento di finanziamento aziendale e rappresenta l’insieme delle risorse destinate al ciclo di trasformazione e vendita in attesa di essere consumate o vendute. L’ottimizzazione del capitale circolante è necessaria per garantire un corretto e costante funzionamento delle operazioni aziendali.

Qual è la value proposition di American Express? Le soluzioni proposte da American Express sono facilmente implementabili e compatibili con i servizi presenti in azienda, sono pensate per velocizzare i processi di pagamento e ottimizzare il capitale circolante. Ciò conferisce ad American Express il ruolo di partner strategico e un interlocutore di riferimento

Nell’attuale e complesso scenario economico in cui la catena di fornitura si è allungata in seguito alla globalizzazione e ai cambiamenti strutturali del commercio internazionale, c’è sempre più bisogno di soluzioni finanziarie alternative che favoriscano i processi order-to-cash e procure-to-pay.

per il mondo business, che supportando le aziende con servizi innovativi e personalizzati contribuisce a costruire il successo aziendale. I termini di pagamento stanno diventando un fattore competitivo sempre più importante sia per i fornitori che per gli acquirenti. Il processo di pagamento B2B supporta le aziende a diversificare le fonti di finanziamento e proteggere al meglio la stabilità della Supply Chain con i propri fornitori prevedendo una riduzione dei DSO (Days Sales Outstanding) e aumentare i DPO (Days Payables Outstanding) con pagamenti sempre garantiti e immediati verso il fornitore, che prevedono soluzioni di pagamento del cliente fino a 60 giorni.

AMERICAN EXPRESS HA SVILUPPATO A TAL PROPOSITO SOLUZIONI FLESSIBILI CHE CONSENTONO A FORNITORI E ACQUIRENTI DI MIGLIORARE I RISPETTIVI TERMINI DI PAGAMENTO E ARMONIZZANO GLI INTERESSI COMPETITIVI, IN MODO DA FAVORIRE IL FLUSSO DI CAPITALE CIRCOLANTE SU TUTTA LA CATENA DI FORNITURA. QUALI SONO I BENEFICI PER LE AZIENDE? • Miglioramento del DPO (days payment outstanding. Numero medio giorni che un’azienda impiega per pagare i suoi fornitori). • Incremento dei giorni entro cui erogare il pagamento (fino a 58). • Accelerare i pagamenti vs i fornitori. • Diversificare le risorse di capitale. • Riduzione dei bisogni di finanziamenti esterni.

Per maggiori informazioni consultare la sezione business del sito www.americanexpress.it American Express è al vostro fianco per far crescere il vostro business. CONTATTACI. Enzo Di Palma | Senior Sales Specialist Global Commercial Services - American Express Via Spadolini, 5 - Palazzo A | 20141 Milano - Italy M: +39 366.6429389 | enzo.d.di.palma@aexp.com

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▶ DI MODA

Lo Yoga in azienda In provincia di Varese sono in aumento le persone che si accostano alla disciplina orientale, dal fascino misterioso. Ad esempio, nelle pause pranzo sul lavoro. Più che una moda, uno strumento per aumentare la produttività, oltre che per migliorare lo stile di vita e ridurre lo stress

tutto rispetto, e conoscete bene anche il territorio: lo

Silvia Giovannini Yoga è un fenomeno evidentemente sempre più difetodo per raggiungere l’equilibro spirituale, pratica per mantenere sano il corpo o moda del momento? La verità è che lo Yoga, disciplina orientale dal fascino misterioso, conquista oggi sempre più fedelissimi. Il perché lo abbiamo chiesto a due varesini, insegnanti di Yoga eccellenti: Elena Emilitri, pedagogista, e Lorenzo Martinelli, presidente dell’Associazione Vikalpa e coordinatore regionale della YANI Yoga Associazione Nazionale Insegnanti, insieme autori del volume recentemente edito dal Corriere della Sera “ASANA V, gradualità e adattamenti nelle posture”.

fuso nel mondo ma com’è, o è cambiato, lo scenario nella nostra provincia? La provincia di Varese rispecchia, di fatto, quella che è una tendenza più globale, che arriva dal mondo anglosassone e statunitense e che vede la pratica dello Yoga come un’attività pressoché quotidiana per molte persone. Anche la cultura mainstream riporta ormai costantemente rimandi ad una pratica Yoga (nelle pubblicità, nei film..), pratica che non appartiene più ad un immaginario “esotico” di cui sono custodi figure ascetiche ma piuttosto ad un’idea di benessere legato alla forma fisica, ad una vita più “naturale” e così via.

Voi siete insegnanti esperti, con un curriculum di

Quindi secondo voi è questa esigenza di naturalezza

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Intendete dire che ci sono diversi livelli di avodi vicinamento alla disciplina? Ci sono metodi differenti nella pratica dello Yoga? Innanzitutto, bisogna ricordare che lo Yoga è una disciplina indiana, pertanto la maggior parte delle scuole tradizionali provengono da lì. Dagli anni ‘30 in poi, alcuni maestri indiani hanno portato i loro insegnamenti in occidente e a loro volta molti occidentali si sono recati in India per motivi di studio e conoscenza, così sono nate molte scuole anche in occidente. Noi ci siamo formati nell’ambito della scuola ETY (Etude et Transmission du Yoga) di Claude Maréchal allievo diretto di Desikachar, uno dei più grandi maestri indiani del ‘900. È un approccio legato alla tradizione che porta in primo piano l’esigenza della “persona” nella sua individualità ed unicità e quindi propone un approccio graduale e puntuale alla pratica. Vista la pluralità di scuole e approcci, come può una persona che voglia avvicinarsi a questa pratica scegliere un insegnante qualificato? Ci sono molti insegnanti preparati ed indubbiamente un elenco interessante è quello per esempio dei soci della YANI che trovate su www.insegnantiYoga.it. La YANI è la più grande associazione nazionale di insegnanti di Yoga ed annovera tra i soci insegnanti di diverse scuole che abbiano compiuto una formazione di almeno 4 anni. Inoltre, negli ultimi anni la YANI, insieme ad altre associazioni, ha promosso la regolamentazione del profilo professionale dell’insegnante attraverso la norma UNI 11661 del dicembre 2016.

“In molti casi un’attività costante porta ad avere un sostegno reale per quella che è una vita sempre più intensa e contribuisce a migliorare la salute e la stabilità mentale”

In un libro, l’approccio su misura Il volume vo scritto da Emilitri e Martinelli M per la collana “Yo “Yoga, teoria e pratica” del Co Corriere della Sera mette l’accento sulla pratica Yo Yoga come percorso individuale. Da questo punto vi di vista l’attività richiede u una gradualità che tenga cconto di chi sta praticando in quel momento: è d un’attenzione specifica u a quanto realmente il preciso. Un’atsingolo sta vivendo nell’attimo ne tenzione che porta gradualmente ad avvicinarsi sempre più ad una vita autentica, lontana dalle mistificazioni, vissuta pienamente. Evidenziati così i fattori che è necessario prendere in considerazione perché la propria pratica sia, appunto, personale e non imitativa di altri o di un modello astratto o di un ideale, nel volume si propone uno Yoga graduale e graduato, si vive a fondo l’esperienza, con attenzione e cura. Una cura che sola può condurre all’esperienza di sé piena, consapevole e luminosa.

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ad aver avvicinato molti allo Yoga e ad averne fatto quasi – passate il termine – una moda? Vent’anni fa, quando abbiamo iniziato a praticare Yoga, la disciplina era seguita da un numero abbastanza ristretto di persone e in molti casi ciò che le aveva portate ad avvicinarsi era unaa qualche forma di ricerca personale più che uno stile di vita vero e proprio. Oggi, invece, le persone attratte dal-lo Yoga spesso inseguono un ideale di vita sana, lontanaa dallo stress quotidiano. In molti casi una pratica costantee porta ad avere, in effetti, un sostegno reale per quella che he è una vita sempre più intensa e contribuisce a migliorare re la salute e la stabilità mentale. Ciò non toglie che lo Yoga ga possa comunque continuare ad essere un ambito di ricerca rca privilegiato per la scoperta del sé e l’evoluzione personale. e.

Abbiamo parlato di singole persone che praticano questa disciplina, ma lo stesso mondo delle imprese tende a proporre al suo interno iniziative volte al benessere individuale e collettivo dei suoi dipendenti. La stessa Unione industriali promuove da anni un progetto dall’evocativo titolo Workplace Health Promotion, in breve WHP. Avete qualche esperienza di insegnamento particolare da riportare? Uno degli ambiti più interessanti è sicuramente all’interno di strutture aziendali a beneficio dei propri dipendenti. Da qualche anno teniamo un corso presso la “Volvo Group Italia” – azienda che, appunto, fa parte della rete lombarda WHP – che è molto apprezzato. La possibilità di praticare Yoga sul posto di lavoro (in questo caso in pausa pranzo) permette al dipendente di alleviare lo stress, rigenerare la forza fisica e aumentare la concentrazione mentale. Inoltre, come altre pratiche non competitive, genera uno spirito di condivisione e di gruppo tra i partecipanti utile anche a livello del clima lavorativo.

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▶ SPORT RUBRICHE

Il beach volley cerca di farsi spazio Tra nuovi progetti, eventi ormai diventati tradizione e molti ostacoli prova a emergere anche nel Varesotto la pallavolo giocata sulla sabbia. Uno sport che attrae sempre più appassionati ma che non riesce a spiccare il volo sul fronte agonistico. Ecco perché... ciato sulla sabbia un campo rettangolare diviso da una rete. E

Andrea Della Bella il termometro dell’apprezzamento del beach volley segna “alto

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gradimento” anche dove il mare non è esattamente a portata di considerato uno sport emergente e tra questi certamente mano. Come in provincia di Varese, dove, sparsi su tutto il terriuno dei più amati e anche praticati. Non c’è una spiag- torio, in vista dell’estate, spuntano campi temporanei, che duragia, infatti, lungo il litorale italiano che non abbia trac- no una stagione e che ospitano molti tornei e partite tra amici e

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amatori. Ma il nocciolo sta proprio qui, perché quando si parla di beach volley nel Varesotto bisogna fare una distinzione tra l’attività agonistica, che non riesce a decollare e quella ludica, che invece non solo richiama amatori, ma anche molti spettatori. Per cercare di comprendere meglio il punto della situazione, abbiamo affrontato la questione beach da diversi punti di vista: quello della Federazione, con il presidente Federvolley della provincia di Varese; quello di un’amministrazione locale, che ha deciso di investire su questo sport con nuove infrastrutture e quello di un presidente, Giuseppe Pirola della Uyba, che, archiviato il campionato delle farfalle, porta la pallavolo sulla spiaggia. Tre punti di vista che possono aiutare a disegnare il quadro della situazione e magari suggerire spunti per dare vita a una società, sarebbe la prima, nella nostra provincia. Quelli che... noi ci proviamo sempre Per Alberto Bonomi, presidente di Federvolley Varese c’è moltissimo da fare. Non basta qualche camion di sabbia per fare del beach un vero e proprio movimento, “anche se come Federazione – spiega – stiamo lavorando per la promozione di questo sport. Certo non è semplice perché i problemi da risolvere non sono pochi”. Primo tra tutti la mancanza di campi, “che per svolgere attività a livello agonistico devono essere fatti in un certo modo e avere tutta una serie di caratteristiche. Non solo. Per dare continuità alle attività servirebbero anche strutture indoor. Insomma, non ci si può solo affidare alla clemenza del meteo e sperare che sia sempre bello nei tre mesi estivi”. Altro nodo da sciogliere è quello degli atleti, delle società e dei calendari della stagione di pallavolo ormai saturi: “Manca il tempo – continua Bonomi –. La stagione della pallavolo è davvero intensa e, per com’è oggi impostata, concederebbe al beach volley una parentesi di un paio di mesi. Inoltre, chi gioca a pallavolo, in genere, non gioca anche a beach, sia perché sono due sport differenti, anche se all’apparenza simili, sia perché le stesse società, per tutelare i propri tesserati, non sempre concedono il nullaosta ai propri atleti per giocare sulla sabbia”. La strada è dunque impervia, ma non ci si arrende: “Quest’anno come Federazione abbiamo deciso di partecipare, dopo una pausa, al Trofeo delle Province di beach volley, un torneo importante che si disputerà a Brescia e dove puntiamo a portare 2 squadre femminili e 2 maschili”. Pallavolo o beach: c’è fame di volley A Busto Arsizio da due anni a questa parte chi dice beach dice Uyba summer village, l’area ludico-sportiva che il presidente della Uyba ha voluto realizzare all’ombra del Palayamamay. Uno spazio dove la pallavolo sulla spiaggia è regina. “Il village

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– spiega Pirola – è un progetto più ampio, dove la pratica del beach volley è certamente un pilastro, ma l’obiettivo principale è quello di trasformare il palazzetto in un punto di riferimento non solo sportivo, ma anche aggregativo, dodici mesi l’anno”. In viale Gabardi i campi in sabbia sono due, dove per tutta l’estate si organizzano tornei e partite. “Realizzare i due campi da beach volley è stato un investimento importante, ma anche molto apprezzato dalla gente che frequenta il village. Io ho una visione un po’ differente rispetto a molti, poiché vedo la pallavolo come uno sport che non si deve limitare all’attività indoor. Ecco perché ho realizzato i due campi da beach, strutture che ci permettono di vivere il palazzetto anche quando la stagione agonistica è ferma e di praticare comunque il volley”. Una vision che in questo momento sta dando ottimi risultati in termini di presenza e partecipazione. Abbiamo dato stabilità a una passione Fare e disfare: portare sabbia a inizio estate e rimuoverla dopo tre mesi. È quanto accadeva a Solbiate Arno, dove da tempo va in scena un torneo estivo che richiama moltissimi amanti del beach. E così, appena si è presentata l’occasione, il sindaco Oreste Battiston ha deciso di cambiare rotta e di dare alla comunità una struttura stabile, anche se per ora, utilizzabile solo nel periodo estivo.

“Come amministrazione avevamo in programma di realizzare un’area dedicata allo sport – spiega il primo cittadino – e siccome le iniziative legate al beach volley stanno coinvolgendo sempre più gente, accanto ai campi da tennis e da pallacanestro, abbiamo deciso di realizzare anche un campo in sabbia per il beach, che rimarrà in funzione per tutto il periodo estivo, mentre nei mesi invernali verrà chiuso con delle protezioni per non rovinarlo. Il beach volley è uno sport, e lo vediamo quando qui c’è il torneo, molto seguito e praticato. Anche per questo abbiamo voluto realizzare un campo per dare il nostro contributo alla promozione di questa bella e divertente disciplina”.


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▶ MOTORI RUBRICHE

Nuova Mercedes Classe A

più tecnologica che mai Giovane e moderna, la nuova Mercedes-Benz Classe A diventa più tecnologica che mai, sportiva e spaziosa, rivoluziona il design interno e l’interazione tra guidatore e vettura

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ra le peculiarità tecnologiche di nuova Classe A rientra il sistema MBUX (Mercedes-Benz User Experience), insieme ad una serie di funzioni precedentemente appannaggio delle vetture di classe superiore. “Con la quarta generazione di Classe A ridefiniamo il lusso in chiave moderna nella classe delle compatte, puntando sulla combinazione tra design dinamico e concetto intuitivo dei comandi», afferma Britta Seeger, responsabile della Divisione Vendite di Mercedes-Benz Cars. «Con il nuovo sistema MBUX (Mercedes-Benz User Experience) creiamo un’esperienza completamente nuova”. Gli esterni di Nuova Classe A sono sportivi, dinamici e accattivanti. Il design della parte anteriore, con cofano motore ribassato, fari a LED piatti (disponibili di serie o a richiesta a seconda delle versioni) con elemento cromato e fiaccola delle luci di marcia diurne, risulta particolarmente affascinante. Grazie al passo più lungo e alla linea caratteristica laterale, l’auto sembra più allungata. Rispetto al modello precedente il cofano motore digrada più rapidamente, accentuando la dinamicità del frontale. I passaruota più grandi di

Nuova Classe A, idonei a ospitare ruote da 16 a 19 pollici, la fanno sembrare incollata all’asfalto, sottolineandone la sportività. Gli interni, decisamente all’avanguardia, si presentano completamente rinnovati: Mercedes-Benz rivoluziona la classe delle compatte dall’interno, regalando una sensazione di spaziosità del tutto inedita. La plancia portastrumenti è suddivisa in due corpi orizzontali: il corpo inferiore è diviso dal corpo principale da una specie di “solco” e sembra essere sospeso davanti alla plancia portastrumenti. Nuova Classe A è il primo modello Mercedes-Benz ad essere equipaggiato con il nuovissimo sistema multimediale MBUX (Mercedes-Benz User Experience), che annuncia l’inizio di una nuova era della connettività firmata Mercedes me. La particolarità di questo sistema è la capacità di apprendere grazie all’intelligenza artificiale. MBUX, personalizzabile e adattabile, mette in collegamento tra loro auto, guidatore e passeggeri. Per vedere da vicino quest’auto super moderna è possibile recarsi al Concessionario Mercedes Gruppo Autocentauro di Busto Arsizio che ha da poco acquisito la concessionaria Ardena di Gazzada Schianno.

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“Giornalista: Durante il suo viaggio in Grecia ha visitato anche il Partenone? Shaquille O’Neal: Non posso certo ricordare i nomi di tutti i club dove siamo stati”. Che siate turisti o viaggiatori del mondo e dell’anima, quest’estate leggete un buon libro Silvia Giovannini

IN LIBRERIA

Chi legge vola

ALESSANDRA OLIETTI, PATRIZIA MUSSO Turismo digitale In viaggio tra i click Franco Angeli, 2018 “Forse uno dei nostri compiti più urgenti consiste nell’imparare di nuovo a viaggiare, eventualmente nelle nostre immediate vicinanze, per imparare di nuovo a vedere”. Si apre con una citazione di Marc Augé un volumetto agile che guida alla scoperta del turismo contemporaneo, partendo da un punto fermo: la centralità del web. Con approccio scientifico, le autrici scandagliano il nuovo modo di pensare il turismo, dal punto di vista delle imprese del settore e del fruitore, senza dimenticare figure digital come igers e influencer specializzati. Per chi ama viaggiare, interessante leggere nero su bianco comportamenti ormai acquisiti, che hanno completamente rivoluzionato il nostro modo di essere turisti.

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IN LIBRERIA ISTITUTO COMPRENSIVO VARESE 5 LibriAMOci. Chi legge vola alto 2018 È finita la scuola e, come da tradizione, ci piace cogliere l’occasione per ricordare le iniziative realizzate dagli istituti del territorio per promuovere anche il gusto

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per la lettura, attraverso un progetto rappresentativo. Il volume, edito dall’Istituto Comprensivo Varese 5, raccoglie 40 testi narrativi selezionati tra 282 partecipanti della media Dante e delle quinte delle primarie Baracca, Carducci, Fermi e Morandi, oltre agli elaborati artistici. Tema di quest’anno, la Bellezza come scoperta, stupore, aspirazione o semplicemente constatazione di quanto questa sia vicina e tangibile anche nel quotidiano. La bellezza, per citare Giacomo di V elementare “di un sorriso che anche nei momenti più bui ci trasmette gioia e felicità”. MARILENA LUALDI L’aria di Chiara La farfalla in volo Nomos Edizioni, 2018 “Nessuno di noi può stabilire quanto sarà lunga la propria vita. Ognuno di noi può impegnarsi affinché sia vissuta fino in fondo, sia speciale e di qualità”. È il messaggio che accompagna i genitori della piccola Chiara, nata nell’agosto del 2016 dopo una gravidanza e un parto senza problemi. Chiara si trova presto ad affrontare una malattia che non ha nome né cura e, nonostante la battaglia dei medici, vive due mesi e 16 giorni. In questo seppur breve tempo diventa riferimento per la sua famiglia e tanti altri, lasciando un segno

prezioso e spronando a occuparsi dei bimbi bisognosi. “La Casa di Chiara” è nata proprio per aiutare i bambini che combattono fin dai primi istanti contro le difficoltà della vita: all’associazione è destinato il ricavato della vendita del libro, affidato alla scrittura, ma soprattutto alla sensibilità rara e coinvolgente, della giornalista bustocca. GIUSEPPE PROVERBIO Sogno di una notte nel vecchio Borgo Collana “Galerate”, 2018 Un volume che raccoglie circa un centinaio di poesie composte da Giuseppe Proverbio, membro della Società artistica Alfa Tre A di cui ha ricoperto in passato la carica di presidente.

Le composizioni poetiche sono intervallate dalle opere pittoriche dell’artista. L’elemento naturale prevale su tutto e il pensiero si lascia trasportare ai ricordi passati: un senso di nostalgia traspare fra le righe delle composizioni facendo da sfondo alla contemplazione del paesaggio.


provocazione e una sfida, prima di tutto di carattere educativo: non buttare via niente, imparare a cucinare e a riutilizzare gli avanzi, rimettendo nel piatto quegli ‘scarti’ che altrimenti andrebbero sprecati”. L’idea iniziale di Bottura e del direttore artistico Davide Rampello, di realizzare una mensa in cui si cucinassero le eccedenze e che unisse all’esercizio della solidarietà il conforto della bellezza, ha trovato nella mensa di Greco la sua espressione permanente. Il Refettorio è un posto dove si mangia bene, recuperando avanzi, scarti, eccedenze e si vivono relazioni umane di solidarietà. Da qui l’idea di trasformare l’esperienza in un volume: acquistandolo si sostiene concretamente il progetto e, insieme, si diffonde un’attenzione educativa. Per realizzare il volume è stato fondamentale l’apporto di chef prestigiosi che hanno donato le proprie ricette e dello chef del Refettorio, Ilenia di Pietro, che ha collaborato alla redazione.

IN LIBRERIA

Butta in tavola IPL, 2018 Ricette semplici e piatti d’autore. Per non escludere niente e nessuno. Un ricettario che racconta piatti semplici e gustosi realizzati usando gli avanzi del giorno prima o quel che abbonda nel frigo di casa. Le ricette nascono dall’esperienza del Refettorio Ambrosiano, realizzato da Caritas Ambrosiana nel contesto di Expo, dove ogni giorno vengono preparati piatti “belli e buoni” per i poveri della città, seguendo le ricette insegnate dagli chef che si sono alternati nella cucina di piazza Greco, guidati da Massimo Bottura. “Con questa iniziativa, che oggi diventa libro – ha spiegato il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti – abbiamo raccolto una

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▶ DAL WEB RUBRICHE

On air Le #ImpresediVarese raccontate dal web e dai social network

solo su

varesefocus.it Le imprese di Varese a Plast 2018

Plast è una delle più importanti fiere al mondo per l’industria delle materie plastiche e della gomma che si svolge a Milano ogni tre anni. Varesefocus ha realizzato una sorta di indagine di settore con videointerviste ad un campione di imprese presenti: Comerio Ercole, Frigosystem, Mobert, Bfm, Macchi, Simplas, Bandera, Lati, Colmec, Rodolfo Comerio, Elmec 3D.

L’Andalusia scopre il WHP

Una delegazione della regione spagnola in visita agli stabilimenti Novartis di Origgio, azienda che aderisce all’iniziativa promosso in provincia di Varese dall’Unione Industriali, ATS Insubria e Sindacati. Obiettivo: approfondire le buone pratiche lombarde per la promozione della salute in azienda grazie ad un caso esemplare del territorio.

Nasce la nuova IRCA Academy

L’impresa di Gallarate, tra i leader internazionali nella produzione di semilavorati alimentari, ha inaugurato un hub per la formazione dei professionisti del cioccolato, della pasticceria, della panificazione, del gelato e della ristorazione. Una realtà in forte in espansione quella di IRCA, acquisita nel 2017 dal Gruppo Carlyle.

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dai social




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