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che ha trasformato Favino in Craxi Da Nonna Papera a Bake Off Italia
from VARESEFOCUS 2/2020 - Marzo
by univa0
Da Nonna Papera a Bake Off Italia La storia televisiva di Sara Gandini, la 33enne varesina, protagonista della settima stagione del talent show di successo di DPlay dedicato al mondo dei dolci e condotto da Benedetta Parodi
Stefania Radman
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Avrebbe voluto essere Nonna Papera, è diventata concorrente di Bake Off Italia 7: Sara Gandini, 33 anni, varesina, ha visto “diventare grande” la sua passione insieme a tutti gli affezionati spettatori del talent show di DPlay dedicato al mondo del bakery, presentato da Benedetta Parodi. Sara, però, ha già un lavoro particolarmente interessante: da un anno e mezzo è responsabile del design studio di Sisal Pay. È una “User Experien ce Designer”, coloro cioè che rendono siti e app facilmente utilizzabili dall’utente: “Cerco di rendere facili le esperienze digitali, e rendere loro più semplice catturare l’attenzione”.
In Sisal Pay è responsabile di un team che conta 12 persone e la sua formazione è tutta comunicazione e tecnologia: prima all’Università dell’Insubria, poi in Bicocca. Ma quindi le torte “che ci azzeccano”? È un sogno che ho sempre avuto: a un certo punto dell’università avevo pensa to di far sul serio, ma ragionandoci un po’ più razionalmente non mi era sembrato giusto lasciare tutto quello per cui avevo studiato. A convincermi a iscrivermi a Bake Off Italia sono stati gli amici, per cui realizzavo torte continuamente: mi han no detto “Va bene tutto, ma adesso devi almeno iscriverti alla trasmissione, devi prenderti del tempo per te”.
E l’hai fatto? No. Ho detto: “Datemi il link che mi iscrivo”, ma all’inizio non ci pensavo pro prio. Alla fine, mi ci hanno costretta.
Com’è andata? Ai casting benissimo. Anche perché rac contai di aver sempre voluto essere Nonna Papera. Ed era vero: quand’ero piccola leggevo Topolino, ho visto Nonna Papera che faceva le uova di Pasqua e mi sono detta che volevo assolutamente prepararle come lei. La prima volta è stata un
disastro: mi si sono fusi due stampi, solo perché non avevo usato il termometro. Alla fine, mi sono convinta a comprarne uno e il terzo tentativo è venuto bene. Da lì in poi ne ho fatte una valanga. tenevo a mente. Il risultato è stato che ho dimenticato di moltiplica re per tre l’ultima preparazione e la mousse si è squagliata.
Alla fine sei arrivata sesta. Come ti sei sentita quando sei uscita? Sono stata contentissima di essere arrivata fino a lì: in fondo era vamo in 8.000 alle selezioni, era già una vittoria arrivare alla gara. Poi, naturalmente, più andavo avanti più l’aspettativa saliva, ma il dispiacere era più per quello che non saresti riuscito a imparare e per il fatto che lasciavi il gruppo più che per la competizione. Quella era la scuola di pasticceria che non avevo mai fatto ed era triste non poter continuare fino in fondo. Poi mi sono resa conto che non ho giocato di strategia. Con il senno di poi mi dico: “Do vevi dedicarti un po’ più a te stessa e meno agli altri”, ma io sono fatta così, anche fuori da Bake Off.
Raccontaci della tua esperienza televisiva. È stata tosta. Credevo di essere già abituata a vivere una vita fre netica e sempre sotto esame per via del mio lavoro, ma mi sono misurata con qualcosa di un po’ più complesso. In un talent te la giochi fino alla fine sempre, a tal punto da dover rifare tutto all’ultimo e aggrapparti a tutta la crea tività che hai, se c’è qualcosa che va storto. In compenso, il problema delle telecamere non c’è: non ti accorgi di loro, sei troppo con centrato. Ti rendi conto di tutto solo quando ti riguardi. Era un aspetto di cui avevo paura, ma alla fine mi sono resa conto che non me accorgevo nemmeno.
Com’è, invece, stare davanti a “mostri sacri” della pasticceria? Non è semplice. Non tanto per il cucina re, perché mentre tu sei al lavoro loro non ci sono. Il problema è farsi giudicare: si tratta di persone con un gusto critico enorme, con un palato che non ha niente a che fare con quello di chi ti dice “buone le tue torte”. Per di più le preparazioni le devi imparare a memoria, dosi comprese: non hai un taccuino per ripassare, come quando le prepari a casa tua.
In un settore come quello della pasticceria dove non si può andare a occhio, è ancora peggio... Sì, e non c’è storia: devi proprio studiare le basi a memoria, sapere con esattezza quanti grammi servono. Io passavo le serate a ripas sare, con mille libri di chef famosi nascosti sotto il letto, nel caso mi venissero dubbi di notte. Poi creavo schemi logici delle basi, per ricordarle meglio: dalla pasta frolla alla paté à choux. Ma non basta mai: una volta ho realizzato una mousse ai tre cioccolati che a casa avevo fatto spesso, con dosi triplicate rispetto a quello che di solito
Cos’è rimasto dopo, della trasmissione? Innanzitutto, un bel gruppo WhatsApp che “frigge” tutti i gior ni! E poi ci sono state diverse occasioni: ci siamo appena visti al Sigep, Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè di Rimini, da Sonia Peronaci, fondatrice di Giallo Zafferano. E se non ci orga nizziamo, comunque ci sentiamo, siamo un gruppo molto coeso.

È diventato anche un se condo lavoro? Diciamo che ultimamente tutti quelli che conosco mi chiedo no di fare dolci: sono sempre in casa per prepararne e portarli a domicilio. E forse si può definir lo così, se ci aggiungiamo il fatto che una volta al mese vado a fare lezioni in una casa di riposo di Induno Olona e che ora alimento con regolarità anche il mio profilo Instagram (che ha qua si 12.500 follower, ndr), un po’ perché mi piace e un po’ perché rende possibile un “piano B” per la mia vita. Non ora, naturalmente, perchè il “piano A” funziona benissi mo: però vale la pena non “mollare” questa passione, anche se è impegnativo. ■