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Il Caravaggio varesino
from VARESEFOCUS 2/2020 - Marzo
by univa0
Il Caravaggio varesino ▶ ARTE
Andrea Ravo Mattoni, per metà svizzero e per metà della provincia all’ombra delle Prealpi, rievoca sui muri (e non solo) di tutto il mondo opere dei grandi maestri del passato. E lo fa in una maniera alquanto originale: con passione e bombolette spray
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Luisa Negri
Sospeso nel vuoto e nel vento, su di un braccio meccanico, in giro per il mondo a seminare l’arte sui muri dei palazzi. È la scelta di vita di Andrea Ravo Mattoni, artista varesino. La sua notorietà è esplosa nel 2016, in un crescendo virale fatto di impegni, in Italia e all’estero, dopo aver dipinto la sua prima opera
La Carita,̀ Scuola bolognese 1600, conservato al castello Visconteo di Somma Lombardo. all’Iper di Belforte. Dove ha riprodotto “La cattura di Cristo” del 1602, del prediletto Caravaggio. Più che una scelta professionale la sua è stata la realizzazione di un sogno covato e intravisto da sempre. Nel tempo quel sogno si è fatto progetto, un progetto concreto che lui definisce: “Recupero del classicismo nel con temporaneo”. Può sembrare una stranezza, per un ancor giovane uomo, nato nel 1981, quel rievocare opere di maestri del passato su muri e spazi aperti al pubblico, ma è in realtà un saggio ritorno alle radici, in un affratellante sogno d’artista. Ovunque gli capiti di lavorare, Ravo studia il territorio, mettendosi in relazione con la storia locale e i suoi protagonisti, gli artisti che lo hanno abitato o hanno segnato l’arte di colleghi coevi. Li accompagna, attraverso la riproposizione delle loro opere, verso chi magari non avrebbe mai la possibilità di accostarli. Se è vero che l’arte deve circolare, Ravo ha interpretato al meglio questa necessità sempre più sentita in una realtà globale dove anche la pittura è da inquadrarsi in un’ottica di universalità che, peraltro, le appartiene da sempre. I suoi lavori parlano alla gente, a tutta la gente, dai muri del territorio, da Belforte al Tribunale di Va rese. Qui, dove esiste già da tempo un suo ritratto di Artemisia Gentileschi, ha appena terminato l’opera dedicata a “Allegoria di Pace e Giustizia” di Corrado Giaquinto e altri lavori ancora seguiranno per richiesta del procuratore Borgonovo e del Sindaco Davide Ga limberti. Due murales saranno invece da realizzarsi sui muri esterni del carcere dei Miogni. È lui stesso a raccontarci il suo cammino fin dagli esordi. “Sono figlio d’arte. Mio nonno Giovanni Mattoni era autore del le figurine Liebig e Lavazza, zio Alberto è stato illustratore, papà Carlo era artista concettuale e grafico. Sono stato stimolato dalla famiglia fin da bambino a tenere tra le mani carta e colori. Poi ho frequentato Brera dove ho scelto la pittura, olio e acrilico. Ma ho seguito là anche corsi di grafica e affresco. Ho cominciato a usare le bombolette dapprima da vero e proprio artista di strada, oggi da pittore quale ormai mi considero”. Ravo rivendica con orgoglio le
Andrea Ravo Mattoni insieme al Presidente francese Emmanuel Macron e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sotto, Allegoria della Giustizia e della Pace (particolare), Corrado Giaquinto 1754-1758 ca., Tribunale di Varese

sue doppie radici, varesine ed elvetiche, essendo figlio di madre svizzera. Inutile dire che ha lavorato anche là e che, come in ogni luogo in cui si senta intimamente chiamato, ricerca la presenza an tica degli artisti che lui copia a meraviglia: Caravaggio ma anche Delacroix, Georges de La Tour, Hayez, il nostro Morazzone, la cui impetuosa vita richiama in parte quella di Caravaggio. Rivela che sta pensando anche a Cesare da Sesto e soprattutto a Bernardino Luini, alla sua magia pittorica di erede della scuola di Leonardo, operante nel nostro territorio e nella vicina terra ticinese.
Ma perché quest’idea di copiare le opere dei grandi maestri? La copia fa parte dell’arte, la sua tradizione riporta alla Grecia ed è sempre stata diffusa, spesso su commissione. Non dimentichia moci che gli antichi, non avendo la fotografia, dovevano ricorrere alla copia per riprodurre quanto andava fatto conoscere. E illustri committenti chiedevano spesso di avere riproduzioni di lavori dei più grandi maestri. Ancora oggi una copia ben fatta può avere una funzione sociale se arriva a tutti. Questo a me importa ed è anche il motivo che mi ha spinto a lavorare su dimensioni grandi, perché tutti possano osservare al meglio e apprezzare. Capita spesso che nei musei non si riesca a contemplare le opere al meglio perché il flusso dei visitatori ne impedisce una tranquilla visione. I miei lavori arrivano a tutti e possono essere osservati anche a distanza, nei particolari. Sono felice di pensare che, attraverso la mia mano, la gente si avvicini ad artisti come Caravaggio, nato e operante in terra lombarda, ispiratore a sua volta di artisti di casa nostra, come ad esempio il Morazzone che ha lavorato nelle nostre chiese e lungo la Via Sacra di Santa Maria del Monte.
In quali luoghi del territorio hai portato i tuoi lavori? I posti interessati sono, oltre a Varese, Leggiuno (“Il quadro delle tre mani” di Morazzone, Procaccini e Cerano) Angera (Museo a cielo aperto), Malpensa (“Fanciullo con la Canestra” e “Riposo durante la fuga in Egitto”, di Caravaggio), Gavirate (“Il bacio di Romeo e Giulietta” di Hayez), Sesto Calende, Somma Lombar do (“La Carità”, scuola bolognese del ‘600). Sarò prossimamente a lavorare anche a Lonate Pozzolo e all’Ospedale del Circolo di Varese.

Come operi in concreto? Innanzitutto, parto dall’idea che la mia copia dev’essere in corre lazione con il contesto in cui si colloca. Così ho fatto ad esempio per il Tribunale di Varese: il tema della pace e della giustizia mi è sembrato del tutto pertinente. Oppure mi aggancio a lavori di artisti che hanno lavorato qui. Poi utilizzo la tecnica dello spray, i colori sono infiniti e mi permettono di ottenere effetti ottimi, si mili a quelli dei dipinti originali.
R UBRICHE nel 2018. E il tuo lavoro “La Carità” è stato ammirato l’anno successivo da Cyrille Gouyette, direttore educazione e formazione dello stesso museo. Una bella soddisfazione. Nel 2019 ho lavorato ad Amboise con il Castello Reale por tandovi cinque grandi tele incentrate sul lavoro di Francois - Guillaume Ménageot in occasione delle celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Leonardo. E lì ho potuto incontrare anche Macron e Mattarella che hanno apprezzato e commentato con entusiasmo il mio lavoro e il mio progetto di portare l’arte a tutti.
L’ultimo bacio di Romeo e Giulietta, Francesco Hayez 1823, Gavirate

Quali sono i passaggi tecnici e i tempi? Devo partire innanzitutto da un fondo adeguato, trattato in modo da assicurare la buona tenuta del colore, poi stendo uno strato di marrone, come faceva Tintoretto e in seguito tutti i grandi pittori, infine dipingo con le bombolette. Da ultimo ri passo con un protettivo dagli agenti esterni. Per realizzare un’opera impiego mediamente dai 4 ai 5 giorni. Ma il lavoro ottenuto potrà durare dai 30 ai 40 anni. E, se necessario, si può anche intervenire prima per porre riparo ai segni del tempo.
Pensi che sia capita la tua particolare arte pittorica? Bisogna che chi si confronta con un artista sappia che il suo la voro non va né idealizzato retoricamente né sottovalutato. L’arte è un lavoro come gli altri. Nasce dalla passione, ma chi lo sceglie deve studiare, darsi da fare, non solo per apprendere i segreti del mestiere ma anche per essere imprenditore di se stesso. Neces sita insomma di una forte motivazione e volontà. Impegno, professionalità e fiducia sono gli ingredienti fondamentali per farsi capire. Qualunque strada si sia scelta, bisogna crederci.
Hai tenuto lezione al Louvre a studenti di Nanterre Quali altri appuntamenti ti aspettano? Accanto ai murales continuo a produrre quadri. Perché la mia attività procede in parallelo su questi due binari: arte per tutti e arte per i collezionisti. In Francia ad esempio tornerò presto, perché ho un appuntamento importante con una galleria d’arte. Guardo con attenzione al mondo del collezionismo dentro e fuori l’Italia, andrò anche in Svizzera e in Germania e spero che un giorno un museo accolga una mia opera.
Se accadesse sul territorio, in quale museo ti piace rebbe che le tue opere fossero ospitate? Al museo del Castello di Masnago, apprezzo molto gli affreschi delle due principali sale e mi piacerebbe riprodurre la Tamar di Giuda di Francesco Hayez che è uno dei gioielli custoditi.
Una cosa che ti sta particolarmente a cuore e vorresti far sapere dalle nostre pagine. Consiglio di investire nell’arte. È un piacere e un grande inve stimento per il futuro, non solo di chi compra e di chi vende. Un’opera può portare beneficio nel tempo anche a tante altre persone, incontrandosi con i loro occhi e il loro cuore nelle esposizioni. Questo per quanto riguarda l’attenzione che si deve all’arte. Per il rispetto dovuto invece agli artisti è importan te comprendere che l’arte ha sempre un costo, inestimabile per i sacrifici che comporta. Chi si porta a casa il lavoro di un artista deve sapere che sta comprando tutto di lui, il bello e il buono, ma anche i suoi fallimenti, le privazioni, le delusioni, i dolori. In quell’opera c’è la vita di una persona. ■
