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La storia di Confindustria è la storia d’Italia

Dalla fondazione a Torino nel 1910, fino all’approvazione del Piano Industria 4.0. In questi 110 anni le battaglie della Confederazione Italiana dell’Industria si sono intrecciate con le sfide del Paese. Tra anni bui e di piombo, “boom” economico e riposizionamento delle imprese sui mercati internazionali

Alessia Lazzarin ‘‘P otremmo riassumere il lavoro svolto in questi oltre 100 anni con una frase: amore per il Paese e passione per il lavoro. Un viaggio tortuoso, a tratti in salita e, raramente, in discesa. Una storia complicata quella di Confindustria, che si intreccia con quella del nostro Paese. Oggi l’Associazione persegue una strategia economica di medio periodo che prevede investimenti nelle infrastrut ture e nel terziario avanzato, nell’istruzione e nella ricerca, nel welfare integrativo, nello sviluppo inclusivo e nella sostenibilità am bientale, costruendo un percorso di politiche

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volte a sostenere gli investimenti delle imprese in innovazione e tecnologie così come si è concretizzato nel recente Piano Industria 4.0”. Che qualcuno, con poca lungimiranza, ha vo luto smantellare aggiungiamo noi. È comunque con queste parole che il Presidente Vincenzo Boccia ricorda cos’è oggi Confindustria. Sono passati esattamente 11 decenni. Tra cambiamenti sociali, economici e politici. Celebrati in un re cente evento a Torino. Ma partiamo dal principio. Un luogo e una data di nascita: Torino, appunto, 1910. È proprio in quegli anni che nasce la Confederazione Italiana dell’Industria, con lo scopo di coordinare a livello nazionale, l’azio ne degli imprenditori. Un’unione che sente l’esigenza di portare l’Italia un passo avanti,

1910 1920 1924 1925 1945

A Torino nasce la “Confederazione Italiana dell’industria”

38 A settembre le maestranze dei principali stabilimenti di tutta Italia occupano le fabbriche. Dilaga la paura di un moto insurrezionale Dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, il Direttivo di Confindustria chiede il ripristino dell’ordine e della legalità costituzionale con un Memorandum a Mussolini Comincia l’emanazione delle leggi fascistissime che cambiano l’ordinamento giuridico del Regno d’Italia. È il tramonto dello Stato liberale Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Confindustria assume un ruolo di primo piano nell’opera di ricostruzione. Il Presidente è Angelo Costa

È nel 1919 che Confindustria si trasferisce a Roma. Il paese è in ginocchio per la guerra. La crisi economica dilaga senza freni. Ed è proprio in un clima così aspro e ostile che si consuma l’agonia dello stato liberale e si creano le condizioni per l’avvento del fascismo

verso la modernità. Una lotta che è filo conduttore della sua storia. Da Paese ancora acerbo e agricolo, a potenza manufatturiera. Dedizione e determinazione sono stati gli ingredienti per la buona riuscita dell’Associazione. Principi ai quali, Luigi Bonnefon, primo “capo locomotiva”, ha creduto fortemente. È nel 1919 che Confindustria si trasferisce a Roma. Il paese è in ginocchio per la guerra. La crisi economica dilaga senza freni. Ed è proprio in un clima così aspro e ostile che si con suma l’agonia dello stato liberale e si creano le condizioni per l’avvento del fascismo. Sono tempi bui. Autarchia, ruralismo e antiurbanesimo negano i principi stessi del capitalismo in dustriale. Ci sono tutti i presupposti per l’instaurazione di un regime dittatoriale. Nel 1925 viene sottoscritto il patto di palazzo Vidoni, tra Confindustria e la Confederazione delle corporazioni fasciste che, di fatto, eliminò il sindacato libero. Una policy del: “Tutto dentro allo Stato. Nien te fuori dallo Stato”. La stagione storica fascista si chiude con la fine del secondo conflitto mondiale e con la caduta del regime. Nel dopoguerra l’Associazione degli Industriali ha un obiettivo chiaro e forte: risollevare il Paese dalle devastazioni belliche. Rinascere dalle ceneri non è cer to un’impresa facile. E questa rinascita comincia con Angelo Costa, Presidente di Confindustria dal 1945 al 1955, la prima volta e dal 1966 al 1970, la seconda. “L’Italia è una startup di successo e Confindustria ne è il motore”. Così l’economista Innocenzo Cipolletta (Direttore Generale di Confindustria tra il 1990 e il 2000) chiosa il legame tra gli industriali e l’Ita lia. Negli anni centrali del secolo, l’Associazione si batte per la liberalizzazione degli scambi, per il ripristino dei meccanismi di mercato e per la valorizzazione dell’iniziativa privata. “Il Presidente Costa, nonostante i conflitti e le difficoltà, ri mase alla guida e resistette. Prima le fabbriche, poi le case. Bisognava ripartire dalle industrie, per ricostruire il tessuto del Paese”, commenta lo storico Rosario Forlenza. Gli anni ‘50 e ‘60 dello scorso secolo sembrano portare una ventata di aria fresca in mezzo a tanto fumo. Entusiasmo e voglia di creder ci ancora. Grazie alle aziende del Nord Ovest, l’Italia inizia a camminare o meglio a correre, verso la giusta direzione. Il Pil, tra il 1958 e il 1963, cresce a un tasso medio annuo del 6,5%. Una spinta in avanti che deve sicuramente tanto alla politica del libero scambio, alla pressione fiscale sostenibile ma an che al basso livello dei salari. Confindustria, segue da vicino queste vicende e sostiene il “boom” degli anni d’oro contrapponendosi, però, alle decisioni politiche di programmazione economica della coalizione di centro-sinistra. Politiche che portano, nel 1962, alla nazionalizzazione dell’energia elettri ca. E se da un lato la prosperità si prende un piccolo posto nel capitolo italiano, contemporaneamente la classe operaia è mossa da agitazioni. Malumori che non si arrestano neanche davanti al varo dello Statuto dei Lavoratori nel 1970.

Si apre un decennio amaro, che deve far fronte a continue e nuove difficoltà. Sequestri, atten tati, gambizzazioni, omicidi e stragi. Questo è il nuovo scenario che travolge letteralmente

1957 1962 1976 1985 1992

L’adesione dell’Italia al Mercato Comune nel 1957 e il “miracolo economico” danno ragione alle convinzioni liberiste di Angelo Costa Confindustria si schiera contro la politica di programmazione economica e la nazionalizzazione dell’energia elettrica dei governi di centrosinistra Guido Carli, ex Governatore della Banca d’Italia, diventa Presidente di Confindustria. Durante il suo mandato viene formulata la proposta di uno “statuto dell’impresa” Durante il mandato del Presidente Luigi Lucchini si afferma il principio della centralità dell’impresa come fattore propulsivo per la crescita economica e la modernizzazione sociale del Paese Sotto la Presidenza di Luigi Abete, con l’Accordo del 7 luglio 1992, viene stabilita l’abolizione della scala mobile

V ITA ASSOCIATIVA Il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: “Potremmo riassumere il lavoro svolto in questi oltre 100 anni con una frase: amore per il Paese e passione per il lavoro. Un viaggio tortuoso, a tratti in salita e, raramente, in discesa”

l’Italia. Anni duri, “anni di piombo”. “Confindustria in quella fase storica cerca di mantenere un equilibrio, ma le tensioni sono alte. Gli imprenditori vengono attaccati da una vera e propria cultura antindustriale”, ricorda lo storico Forlenza. Il vento ha cambiato rotta già da un po’. Alla guida della macchi na confindustriale arriva, nel 1976, Guido Carli, fino a poco prima governatore della Banca di Italia. Un cambio di direzione decisivo. Non un imprenditore, non un industriale. Un uomo di spessore che ha saputo rappresentare una categoria sotto accusa. Riaffermandone il ruolo nella società e traghet tandola verso il nuovo millennio. Ce lo ricorda anche il politologo Marc Lazar nel balzo storico che ci porta agli anni ‘90: “Il ruolo di Confindustria nell’ulti mo decennio del secolo è fondamentale. In particolare, due le partite da giocare: l’adozione della moneta unica da una parte e il problema dell’invecchiamento della popolazione italiana da governare dall’altra”. Ma che risultati è riuscita a portare a casa questa nuova Confindustria? Sicuramente una riorganizzazio ne generale dal punto di vista dell’economia, del mercato e anche della politica. Una nuova era, fatta di trasformazioni e innovazioni. Protago niste le informazioni e le competenze. Grazie

all’export e al rinnovo tecnologico, specialmente nel settore dell’automotive. Le Pmi si affermano sempre più come spina dorsale del Paese. Confindustria ribadisce così con forza il prin cipio di centralità d’impresa. Il nuovo millennio si apre all’insegna dell’introduzione della flessibilità nelle relazioni industriali. Ma nonostante l’entusiasmo, il sistema economico italiano soffre. Tra contrattazione e confronto politico, la Confederazione si impegna a modellare la struttura organizzativa, a partire da se stessa. Servono agilità, stabilità ma soprattutto competitivi tà. Sboccia il concetto della difesa del made in Italy, come asset strategico per il sistema produttivo italiano. La Confindustria di oggi, come ricorda Vincenzo Boccia, è quella della digitalizza zione, degli investimenti, della sostenibilità ambientale e della formazione. Ma quale sarà il futuro degli industriali? E soprattutto quale la mission del prossimo decennio? Sicuramente bisogna riprendere a tessere una tela che presenta diversi buchi. Ma non solo. “Rispettare lo sviluppo e la crescita ambientale e ricostruire la fiducia. Perché senza fiducia non c’è ripresa. E poi lo sguardo costante al futuro e alle innovazioni”, suggerisce Marc Lazar. Il linguaggio degli imprenditori è da sempre forte ma moderato al tempo stesso. Un linguaggio lineare e rispettoso degli altri. “Non è questione di stile, ma di responsabilità”, con tinua il Presidente Boccia. “Più crescita e meno debiti. Il lavoro al centro. Non dimenticandoci mai di ascoltare, comprendere e dialogare. Essere i protagonisti senza protagonismo”: questa la mission. Ripercorrendo la storia di Confindustria, racconta ta dalle voci dei Past President, raccolte nei video realizzati in collaborazione con Rai Storia, ci si rende conto che le parole di decenni fa non sono poi così lontane. Cosa ci dice questo? Che il pensiero di Confindustria sui propri valori non è mai cambia to. Gli industriali della prima, seconda, terza e dell’attuale quarta rivoluzione sono quelli di sempre. Alimentare il cuore manufatturiero. Partendo dalle persone e dalle aziende e passando per le infrastrutture e i territori. Nell’interesse generale di un Paese la cui storia si intreccia con quella delle sue imprese. ■

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Viene approvata la Carta dei valori associativi che riconosce in Confindustria un ruolo fondamentale nella rappresentanza e nell’associazionismo imprenditoriale

40 La crisi della Borsa americana contagia l’economia reale italiana. È l’inizio di un declino del Pil nazionale che sembra inarrestabile Prende avvio la “Riforma Pesenti” di Confindustria per innovare, modernizzare e snellire la struttura associativa Sotto la presidenza di Vincenzo Boccia viene approvato il “Piano Nazionale Industria 4.0” per favorire la digitalizzazione delle imprese. Confindustria è la principale ispiratrice dei contenuti Confindustria firma con Cgil, Cisl e Uil il “Patto della Fabbrica”, l’accordo interconfederale per la modernizzazione delle relazioni industriali

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