umbria in voce
quinta edizione
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Numerodue
Novembre 2019
magazine
PUBBLICAZIONE NON PERIODICA AD INTERESSE CULTURALE LEGATA ALLA MANIFESTAZIONE UMBRIA IN VOCE
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da un’idea di Andrea Cancellotti art director Matteo Fofi grafica Gu.Fo. comunicazione visuale stampa Tipografia Donati
info e contatti umbriainvocemagazine@gmail.com
ringraziamenti Ringraziamo di cuore chi ha collaborato alla creazione di questa pubblicazione, sia con un sostegno materiale che di idee e risorse umane. Un grazie particolare al Sindaco Filippo Mario Stirati, agi assessori Simona Minelli e Oderisi Nello Fiorucci. Grazie alla Biblioteca Sperelliana, all’Associazione Settimana del libro, all’Associazione Dis e Dintorni, al Festival Una Città come Comunità, al Siproimi, al Collettivo Bauxite e a tutti i volontari che con competenze diverse contribuiscono all’organizzazione del festival.
con il sostegno del
Comune di Gubbio
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Associazione Culturale
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in voce sommario
03 Festa della voce 05 Programma Festival 06 Peace Women Singing 09 Un fare teatro sociale? 11 “Findall’AsiloTeatroInsieme” 13 Gubbio Parco Letterario Diffuso 14 Genio della voce 17 Sentire la voce 19 La Gabbia 20 No Borders Festival 21 DOC Festival 22 Anna Maria Hefele in concerto 25 il Palazzo Ducale 27 M’Illumino di Meno 2019 27 Un’attenzione particolare
www.umbriainvoce.it www.facebook.com/umbriainvoce
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all’ambiente e a noi stessi
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29 Storto Volante 29 Anime fragili nel sonno del progresso 29 Datemi un attimo, non voglio strapparlo 31 Our Voice 33 Voce 35 “Bauxite” comunità poetica errante 37 La valigia dello straniero 39 Toccare con la mano 39 Gatta ci cova - il teatro di Alfonso 41 Sperelliana Più anime, una Biblioteca 41 #Vitadaeditore 42 L’asilo Intonato 43 Ribelli contro l’estinzione 44 I laboratori di Umbria in Voce
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Festa della voce
di Claudia Fofi > direttrice artistica del Festival
Umbria in voce 2018 incontro tra Serenologhi e Sprar
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Da un po’ di tempo mi gira nella testa questa espressione, “Comunità Cantante”. Ecco, se devo definire Umbria in voce, festival giunto alla sua quinta edizione, direi che è un tentativo di creare delle comunità (provvisorie, come direbbe il poeta) cantanti. Al centro c’è la voce, le voci di chi partecipa, il pubblico. Al centro dell’Italia l’Umbria, un cuore. E come si può cantare se non collegandosi con il cuore? Non parliamo di canto di repertorio, di virtuosismi, di andare sul palco a esibirsi col microfono. Parliamo di cantare insieme, come si faceva un tempo, come forse si può tornare a fare. Quest’anno una dedica particolare è per Demetrio Stratos, a quarant’anni dalla scomparsa. Un artista che fece della sua voce uno strumento di indagine poetica e politica, perchè comprendeva che tutti noi veniamo da una cultura orale, che veniamo al mondo con un grido e che questo grido significa “io sono”. Rivendicare questo esserci attraverso l’espansione delle possibilità della voce ha un valore che trascende la musica stessa, sconfina nella cura, cura sociale attraverso il canto. Stratos studiò a fondo le possibilità di estensione in ogni direzione della voce, per questo tra gli altri abbiamo invitato uno dei suoi insegnanti di canto armonico, il vietnamita Tran Quang Hai, per uno dei laboratori del festival. Ospiti internazionali in questa edizione, con l’arrivo di una cantante tedesca considerata un fenomeno vocale a livello mondiale, Anna-Maria Hefele, per il concerto del sabato sera. E poi laboratori di improvvisazione, canti in cerchio, canto popolare siciliano, mindfulness e voce. Spazio per dialoghi e incontri, palco aperto alla poesia e alla libera espressione, con la conclusione del festival affidata a Franco Arminio. La nostra sinergia con il sociale continua e si consolida: laboratori per i bambini in ospedale, narrazione per gli anziani dell’astenotrofio, per bambini e adolescenti in biblioteca, per studenti delle scuole superiori, artiterapie integrate per sensibilizzare sui disturbi dell’apprendimento. E il nostro ormai consueto appuntamento aperto a italiani e stranieri, per cantare insieme. Tante azioni sul territorio, tante possibiltà di sperimentare linguaggi innovativi, di viversi il festival come una vera e propria festa, nel segno della pace, dell’ecologia delle relazioni. E abitando la biblioteca come una casa della voce e dell’essere umano.
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umbria in voce
programma
SINERGIA ACCOGLIENZA INCLUSIONE
> DOMENICA 3 NOVEMBRE > Ospedale Gubbio-Gualdo Tadino ore 17:00 – 18:00 “CorsiaIncanto” Portiamo il canto nel reparto pediatria dell’ospedale Gubbio-Gualdo Tadino a cura delle volontarie canterine di Umbria in Voce > GIOVEDI 7 NOVEMBRE > Astenotrofio Mosca ore 15:00 – 16:00 “Favolando” laboratorio di narrazione per gli anziani dell’Astenotrofio Mosca con Carmela De Marte > Sala Attività Biblioteca ore 17:00 – 18:00 “Vedi come canto” laboratorio di artiterapie integrate per bambini con Giulia Nardi, Francesca Nicchi, Claudia Fofi In collaborazione con l’associazione Dis e Dintorni >Ex Refettorio Biblioteca Sperelliana di Gubbio ore 18:30 “Voce, pace, relazione” In collaborazione con Una Città Come Comunità > VENERDI 8 NOVEMBRE > IIS “Cassata Gattapone”di Gubbio ore 11:45 – 13:30 “Body meets voice” Body music e musica circolare con Stefano Baroni
FESTA DELLA VOCE
> VENERDI 8 NOVEMBRE > Ex Refettorio Biblioteca Sperelliana di Gubbio ore 17:30 “Essere voce – Ricordando Demetrio Stratos ” conferenza con Giancarlo Palombini – Etnomusicologo Univ. Perugia, Raniero Regni – Pedagogista Lumsa Roma, Claudia Fofi – Direttrice artistica, Enrico Tribbioli – Giornalista, Moreno Barboni – Docente teorie e metodo dei mass media Accademia di Perugia, Giuseppe Sterparelli – Regista e documentarista > Ex Refettorio Biblioteca Sperelliana di Gubbio ore 21:00 “Voci irregolari” la storia di un jazzista italiano poco noto al grande pubblico. Presentazione del libro “Roberto Nicolosi, un grande maestro del jazz” di Paolo Ceccarelli. Con Sara Jane Ceccarelli e Andrea Angeloni. Introduce il Professor Alfredo Gasponi (critico musicale) a seguire “Di voce in voce” Un palco dove poter mettere la voce, un invito a esprimersi. Poesia, canto, scrittura, declamazione, arte oratoria, sperimentazione vocale, coro a cura del collettivo Bauxite
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_programma_
> SABATO 9 NOVEMBRE > Ex Refettorio Biblioteca Sperelliana di Gubbio ore 09:30 – 11:30 “Cantare la voce” Laboratorio di improvvisazione vocale con Anna Maria Civico > iscrizione 30 € ore 11:45 – 13:00 “Propriocezione vocale e respiratoria in chiave logopedica olistica” Con Roberta Mazzocchi > iscrizione 15 € ore 13:30 – 18:30 “Overtune singing, canto difonico” Laboratorio con Tran Quang Hai > iscrizione 75 € > Sala Attività Biblioteca ore 16:00 – 18:00 UIV KIDS “Ping Pong di letture selvagge ” per bambini e adolescenti A cura dell’Associazione “Settimana del libro”> gratuito ore 18:45 – 19:30 “Centrarsi, sentirsi ” Mindfulness e voce con Federico Giubilei > ingresso libero > Centro Sociale Anziani ore 20:00 Cena a buffet > 8 € ore 21:15 > Ex Refettorio Biblioteca Sperelliana di Gubbio Anna-Maria Hefele in concerto > ingresso 15 € Dalla Germania una seguitissima artista, fenomeno vocale, cantante e polistrumentista che usa la voce come strumento di sperimentazione e ricerca > DOMENICA 10 NOVEMBRE > Ex Refettorio Biblioteca Sperelliana di Gubbio ore 10:00 – 13:00 “Liturgia” con Domenico Castaldo, Laboratorio Permanente di ricerca sull’arte dell’attore di Torino > iscrizione 40 € ore 14:00 – 16:00 “Il battito e il respiro” Laboratorio di canti siciliani con Francesco Salvadore > iscrizione 30 € ore 16:30 – 17:30 “Comunicanti” Voce e canti da intrecciare insieme, italiani e stranieri con Claudia Fofi > ingresso libero
ore 18:30 “Strofiniamo il buio per farne luce” Reading con il poeta Franco Arminio e i figli Livio e Manfredi > ingresso libero
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ore 18:00 “La valigia dello straniero” Proiezione in anteprima del video della canzone
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Caterina Pontrandolfo
Cosa significa per te, nella tua esperienza artistica e umana, il canto come cura? C’è una espressione nel mio dialetto lucano: mettersi “ind’ a nu cand”, significa “mettersi in un angolo”, appartarsi. Ho riflettuto su questa espressione che sembra negativa: mettersi “inda a ‘nu cand” letteralmente potrebbe significare proprio collocarsi in un “canto”. Ecco che da negativa questa espressione apre un significato di grande suggestione: mettersi nel proprio canto, raccogliersi nel proprio “canto”, trovare il proprio respiro nel canto, ovvero nell’essere al mondo. Io credo che il canto sia stato per l’umanità come la scoperta del fuoco, della scrittura: sia stato una “technè” che ha consentito all’umanità di affrontare le paure, come quella della morte, di esprimere le grandi emozioni al cospetto dell’universo. Il canto come cura è l’accesso di ogni persona alla propria risorsa del canto, alla propria voce come bene e patrimonio emotivo. Oggi dovremmo cercare di riportare il canto, in questo senso, nella nostra vita quotidiana.
_foto Andrea Semplici_
In che modo i canti di tradizione orale possono ancora parlare alla mondo odierno? I canti delle tradizioni orali hanno lo straordinario potere di creare una immediata connessione tra voce, emozione, corpo, di cui si sente oggi una grande necessità, una mancanza. Questi canti, nel richiedere un dispiegamento della voce che si espande nello spazio aperto, o si ripiega nell’intimità di una casa per cullare il proprio bimbo o per dare il saluto al proprio caro, o si apre nella festa, nelle espressioni del sacro, ci ricordano la natura stessa del canto per noi esseri umani: un canale continuo di connessione con la vita e con la morte, un’arte umana per lenire la nostra condizione di passaggio.
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_Peace Women Singing_
Peace Women Singing
Donne provenienti da diversi paesi che si affacciano sul Mediterraneo si incontrano insieme per cantare. Alla base di tutto c’è una visione del mondo e del ruolo dell’artista nel mondo. Peace Women Singing ha quest’anno raccolto donne e cantore provenienti dalla Cabilia/ Algeria, da Creta/Grecia, dalla Catalogna/Spagna e dalla nostra Basilicata. Sono andata nei loro paesi ad incontrarle e le ho invitate a Matera, quest’anno capitale europea della cultura. Abbiamo scambiato i canti e realizzato tre performance, la realizzazione di un sogno come donna e come artista che cerca di rispondere alla domanda di senso che viene dalle nostre anime. Una domanda che sta lì da molto tempo e a cui non risponde l’apparenza di soddisfazione materiale. Una domanda che io sento rivolta all’arte, all’artista oggi.
“Peace Women Singing” è un progetto di Caterina Pontrandolo, attrice e cantante lucana, che è stato rappresentato a Matera nel settembre 2019. Quarantadue donne provenienti da Algeria, Catalogna, Sud Italia e Grecia si sono scambiate i loro canti e li hanno intrecciati in un commovente fiume di voci. Nelle intenzioni della direttrice artistica, un modo per ritrovare il filo conduttore che unisce da sempre le nostre millenarie culture. Il “Canto come cura del contemporaneo”, un convegno collaterale al quale sono stata invitata, è stata l’occasione per me di parlare del mio lavoro di “levatrice di voci” e del senso del festival Umbria in voce, che va appunto nella direzione di creare spazi di accoglienza della sacralità delle voci, nel rumoroso e stordente contemporaneo. di Claudia Fofi
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Vi aspettiamo dunque, per fare un viaggio nel canto popolare italiano, musiche bellissime, per non perdere la memoria.
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_un fare teatro sociale?_
UN FARE TEATRO SOCIALE? di C.L.Grugher
Mi interrogo spesso sul senso di un fare teatro sociale. Un fare teatro necessario per gli utenti del disagio psichico e fisico. Un fare teatro fuori dal teatro per indagare nelle emozioni dell’essere umano e nei suoi disagi per pensare un mutamento positivo di sé. Un fare teatro con persone “speciali” che trovano in quest’arte una possibilità per dare voce alla propria creatività, ai propri vissuti, ai propri bisogni.
Un fare teatro per creare uno spazio privilegiato dove riconoscere le nostre reciproche diversità e sperimentare nuovi linguaggi e codici. Affrontare la trasformazione della parola in movimento e suono. Un fare teatro che non vive dell’assillo delle leggi di mercato. Un fare teatro che favorisce un percorso e il mettere in scena uno spettacolo non è un fine ma una possibilità. Un fare teatro dove il pubblico accoglie una autentica esperienza da condividere. Un fare teatro dove allo spettacolo non assiste solo un pubblico ristretto di addetti ai lavori o persone vicine alle vite di chi è in scena. Un fare teatro onesto che si interroga nell’applauso compiacente o sulla verità offerta di quell’azione. Un fare teatro dove è fondamentale il contributo e la presenza attiva degli operatori. Un progetto stimolante che seguo in sinergia con la Comunità di Capodarco e il CD Le farfalle di Gubbio. Non è lecito chiedere ad una persona normale di condividere la condizione di un disabile, ma posso invitarla a creare uno spazio fisico e mentale dove incontrare il disabile alla pari. Agli operatori infatti chiedo innanzi tutto di esserci e di partecipare ad un fare teatro con trasporto e desiderio personale. Per concludere, posso tentare di dare una risposta alla mia domanda rivelando che queste persone speciali restituiscono nel lavoro di sala una freschezza e un sentimento genuino che ci fa stare bene.
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Il Teatro nasce dove ci sono delle ferite, dove ci sono dei vuoti… È lì che qualcuno ha bisogno di stare ad ascoltare qualcosa che qualcun altro ha da dire a lui. JACQUES COPEAU
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Dal 1973 ci prendiamo cura della tua Pausa Caffè. Attorno al piacere di una perfetta tazzina di caffè, Liomatic ha costruito un mondo di intelligenza, esperienza, gusto, scienza e arte.
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Findall’Asilo TeatroInsieme di Maria Chiara Storelli
La compagnia “Findall’AsiloTeatroInsieme” non è stata originata da attori veri e propri, ma da genitori che fin dai tempi dell’asilo dei figli, hanno scoperto la passione per il teatro, diventando, poi, anche un gruppo di amici. Quei genitori e quei figli sono poi cresciuti, alcuni di loro hanno preso altre strade ed altri continuano invece a far parte della compagnia, incoraggiando sempre nuove persone ad unirsi a questa passione. Facciamo teatro, mettendoci impegno e dedizione, il nostro tempo libero, allegria e anche tante arrabbiature! Perché la passione è così: tira fuori di tutto e tutto serve per alimentarla, se il fine, poi, è quello di offrire uno spettacolo che sia piacevole, ma anche un modo per dare il nostro piccolo contributo per alleviare qualche sofferenza, a cominciare da chi vive proprio vicino a noi. Tutti gli incassi dei nostri spettacoli vengono devoluti alle associazioni del territorio umbro che ne fanno richiesta e si impegnano a diffondere la nostra iniziativa concretamente. Mettiamo in azione un movimento del dare che sa ri-dare molto in cambio: grazie ad un generoso sponsor, possiamo avere a disposizione mezzi e professionalità che forse non tutte le compagnie amatoriali possono permettersi ed in cambio cerchiamo di dare il nostro aiuto alla nostra comunità. Da più di dieci anni Findall’Asilo TeatroInsieme si è dedicata ai musical, mettendo in scena anche molte prime italiane, oltre ad altre opere più conosciute di autori italiani. Il desiderio della compagnia è che questa sia sempre in divenire, creando spazio a quanti vogliono avvicinarsi a questo divertente modo di stare insieme facendo arte: sono quindi benvenuti attori, ballerini (anche ginnasti che osano cimentarsi nella danza!) e cantanti, amatoriali con la voglia di mettersi in gioco e di fare squadra in una realtà solida e dinamica, in cui divertirsi significa anche creare valore.
Vi aspettiamo al Teatro Morlacchi di Perugia il 21 e 22 dicembre 2019 con il nostro nuovo musical! Spargete la VOCE…
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C’è una frase di Madre Teresa di Calcutta che adottiamo come motto della compagnia: “Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una piccola goccia nell’oceano. Ma l’oceano non è forse fatto di gocce?”
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INSTALLAZIONI TLC
via Tifernate 178 06024 Gubbio PG m. 339 52 81 534
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di Anna Buoninsegni “E per quel giorno la meraviglia fu tutto…”, così il Premio Nobel Hermann Hesse, nel suo taccuino di viaggio “Dall’Italia”, descrive l’emozione che toglie il fiato e sospende i pensieri di fronte alla magnifica audacia del Palazzo dei Consoli e della sua piazza pensile. E allora perché non raccontare a tutti coloro che si trovano a passare di lì, quel brivido e i pensieri sbalorditi che Gubbio ha suscitato e suscita nell’animo di chi ha saputo raccontarla? Su un itinerario che si dipana attraverso le parole di grandi autori, per collegare in un file rouge passato, presente e futuro, è nato il progetto GUBBIO PARCO LETTERARIO DIFFUSO, tenuto a battesimo dal Comune, dal sindaco Filippo Mario Stirati ed elaborato dall’associazione “Arte Libro Unaluna”. La città diventa così aula letteraria, un’idea già espressa alcuni anni fa da Lanfranco Bertolini e Giancarlo Sollevanti, ma si va oltre, perché la letteratura diventa un mezzo per tutelare l’ambiente, luogo d’ispirazione ma anche insieme di risorse sociali, imprenditoriali, storiche, artistiche e di tradizioni, fonte economica non rinnovabile e quindi da proteggere, meta di viaggio ispirato ad un turismo responsabile. Capire quanto l’opera letteraria sia potente nell’avvicinare i luoghi descritti da un autore, è sicuramente il primo passo per offrire al lettore i mezzi per essere coinvolto e partecipare a preservare i luoghi stessi.
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Gubbio parco letterario diffuso: la mappa della città nelle parole di grandi autori tra passato e presente
GUBBIO PARCO LETTERARIO DIFFUSO prende vita della mappatura di testi dei viaggiatori scrittori, poeti, architetti e urbanisti, che hanno percorso vie, piazze, luoghi, visitato chiese e palazzi, restituiti nelle frasi celebri della storia, per riscoprire le “radici nascoste sotto la pietra” e farle di nuovo sbocciare. Dante, D’Annunzio, Hermann Hesse, Piovene, le sorelle McCracken, Ceronetti, Mario Luzi, per citare alcuni nomi, diventano guide preziose del presente, sulla scia degli artisti del Grand Tour, che hanno regalato pagine mirabili del passato ancora oggi apprezzate. In questo modo il territorio diventa configurazione di elementi naturali e umani che illustrano l’evoluzione delle comunità locali attraverso la letteratura. Il progetto prevede infatti anche accoglienza, visite guidate, eventi e la possibilità di coinvolgere le realtà produttive identificative, dall’enogastronomia all’artigianato. E’ possibile organizzare passeggiate letterarie, con proposte di contatto con le realtà legate alla valorizzazione delle eccellenze del territorio e ai filoni tematici. Il lettore diventa viaggiatore disponendo di una chiave di lettura che stimola la visita di luoghi altrimenti considerati solo sfondo architettonico o per il loro panorama, e partecipa alla loro tutela: un viaggio reso reale ed attuale anche dall’incontro con personaggi viventi che introducono un racconto inseparabile dalla località che li ospita. GUBBIO PARCO LETTERARIO DIFFUSO si realizza su una duplice pista: • materica e corporea, con gli studenti dell’indirizzo Artistico del Polo Liceale G. Mazzatinti che realizzano bozzetti per formelle in ceramica da affiggere in luoghi pubblici, secondo un percorso visivo e tattile; • virtuale, con un’app che ricostruisce lo stesso percorso attraverso la rete invisibile dei code, elaborato dagli studenti del IIS Cassata – Gattapone.
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In Italia sono ventuno i parchi letterari, nessuno in Umbria. GUBBIO PARCO LETTERARIO DIFFUSO diventa il primo progetto pilota della Regione. La rete nazionale de “I Parchi Letterari”, fondata da Stanislao Nievo, è disponibile ad accoglierlo, offrendo una garanzia di sistema e una visibilità a livello nazionale.
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GENIO DELLA VOCE di Enrico Tribbioli
Demetrio Stratos è stato non un cantante, ma il Cantante. Non una voce, ma la voce. Un artista, un ricercatore, un dottore, un maestro. Un personaggio capace di trasformare del tutto la concezione stessa del canto, arrivando a risultati ineguagliati. Complessa figura d’innovatore, di attivista politico, ma soprattutto voce indimenticabile. Una carriera iniziata nei primi anni ’60 nei Ribelli di Adriano Celentano, proseguita negli anni ‘70 alla guida degli Area, fino alle sperimentazioni vocali che lo portarono a collaborare con John Cage tra Europa e Stati Uniti. Una voce che sapeva emozionare e far riflettere anche sui contenuti che promuoveva, istaurando legami di solidarietà con “realtà deboli”. Una voce artistica e politica. Occorre dividere l’attività di cantante e leader degli Area da quella di ricercatore solista. Gli Area sono stati un gruppo senza uguali in Italia, capaci di divulgare un linguaggio che univa forme musicali dell’occidente come il rock e il jazz con le sonorità mediterranee, balcaniche e orientali. Una cosa mai sentita, che aprì la mente a molti musicisti e che li rende un punto di riferimento ancora oggi. Lo Stratos solista sperimentò poi attraverso la propria voce nuove forme di linguaggio, dal teatro alla danza alla poesia sonora. Il suo studio della voce come strumento lo portò nel corso degli anni settanta a raggiungere risultati al limite delle capacità umane. Una ricerca scientifica e etnomusicologica, sfociata in album come Metrodora (1976) e Cantare la voce (1978), varcando limiti fino ad allora quasi del tutto sconosciuti alla cultura occidentale: era in grado di padroneggiare diplofonie, triplofonie e quadrifonie (due, tre e quattro suoni contemporaneamente emessi con la voce), canto armonico, meccanismi vocali sovraglottici, fischio laringeo. I suoi studi lo portarono a collaborare con il CNR di Padova tra il 1976 e il 1978 e ad esplorare la vocalità dei popoli asiatici. Se normalmente le corde vocali non riescono a superare una frequenza di 1000-1200 Hz, Stratos era in grado di raggiungere i 7000 Hz, risultati che rimangono ancora ineguagliati. “Noi partiamo con questo concetto: che della voce sappiamo pochissimo, quasi niente... si tratta di utilizzare l’orecchio come microscopio per estrarre dei brandelli di suono o dividere, addirittura, dei brandelli di suono per cercare di spezzare il suono, entrare dentro il suono, spezzarlo in due e in tre parti... La voce funziona come un veicolo che ogni tanto dà delle occhiate a destra e sinistra, in piccole camere, e queste occhiate rimbalzano come delle palline da ping pong. Queste palline da ping pong, che rimbalzano per simpatia, possono essere controllate”. Così, lo stesso Stratos spiega al pubblico presente ad un suo concerto al Teatro dell’Elfo di Milano (pubblicato in un 33 giri postumo). Le sue ricerche lo portarono a recuperare la sacralità primitiva dello strumento-voce svincolato dal linguaggio e da quei meccanismi di controllo imposti dal Super-Io, che da sempre lo vogliono addomesticato ai dettami della “buona tecnica” o del bel canto.
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ESSERE VOCE il Convegno Ricordando Demetrio Stratos 8 Novembre ore 17:30
Ex Refettorio Biblioteca Sperelliana di Gubbio Enrico Tribbioli < Introduzione e conclusioni Raniero Regni < La Presenza della Voce Giuseppe Sterparelli < Stratos la Voce e il Sogno Giancarlo Palombini < Il timbro nel canto di tradizione. Un approccio tra acustica e psicoacustica Claudia Fofi < Voce è relazione Moreno Barboni < “Voicescape” e tecnologie dal se fra interfacce, robot ed algoritmi
TRAN QUANG HAI Tra i maestri di Demetrio Stratos spicca la figura di Tran Quang Hai, ospite quest’anno a Umbria in voce con un laboratorio sul canto armonico. Etnomusicologo e musicista vietnamita residente a Parigi, ha lavorato al CNR Francia dal 1968. È in pensione dal maggio 2009 e gira il mondo con la sua arte vocale unica e la sua tecnica di insegnamento. È membro di molte società internazionali: Society for Ethnomusicology, Asian Music Society, French Society for Ethnomusicology, International Jew’s Harp Society, e molte altre. Ha pubblicato 23 dischi di musica tradizionale vietnamita e ha al suo attivo numerose pubblicazioni sul canto armonico.
Il canto armonico (più precisamente, canto difonico/overtone singing), è un insieme di tecniche vocali che permettono di far emergere gli armonici naturali della voce. Ne consegue che una sola persona può emettere contemporaneamente da due a tre note armoniche diverse. La tradizione più antica e nota è quella di Tuva, una piccola repubblica appartenente alla Federazione Russa. Tale tradizione di canto risale molto indietro nel tempo. Secondo leggende locali i tuvani cominciarono a cantare utilizzando la tecnica Khoomei per stabilire un contatto con le entità spirituali che pervadono tutte le cose ed acquisire la loro forza attraverso l’imitazione dei suoni della natura. Di fatto nelle credenze tuvane il suono è la via preferenziale per gli spiriti della natura per rivelarsi e comunicare con gli altri esseri. Verso la fine degli anni ‘60 furono riscoperte le tecniche del canto armonico, riaprendo così le porte a un mondo iniziatico nel quale valenze acustiche, geometriche, matematiche, filosofiche e alchemiche si intrecciano fluidamente in forma sonora.
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CHE COS’E’ IL CANTO ARMONICO
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di Sara Jane Ceccarelli
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_foto Isabella Sannipoli_
La mia amica e “compagna di voce” Claudia Fofi mi chiede di parlare di me, del premio che ho vinto, di quello che faccio e del mio rapporto con la voce e il canto. E nel farlo non sa che preziosa occasione mi offre: quella di farmi sedere e fare una sorta di punto della situazione, e di questo la ringrazio! Proprio in questi giorni festeggio il mio settimo anno a Roma, città che ho scelto per “far sentire la mia voce” e da lì muovermi il più possibile, ovunque il mio lavoro di cantante possa portarmi. Ho scelto il canto, e il palco, e la vita a essi legata, ma prima ancora ho scelto di nutrire l’inesauribile curiosità che questo mondo ti regala, facendolo con enorme forza ma anche metodica pazienza. E in tutto questo peregrinare, così come il carattere si leviga col tempo, anche la voce cambia, si ammorbidisce, raggiunge note che prima non esistevano, e a questi cambiamenti io assisto con attenzione e stupore. Ho da poco ricordato la prima volta in cui ho capito che il canto era qualcosa che mi faceva bene, e che faceva esplodere sensazioni che altrimenti non trovano la loro via di uscita: seconda media, il brano era “We are the world”, la mia parte quella di Cindy Lauper. Da lì, con quel “oh oh oh oooooh”, ho iniziato a cantare per gioco, grazie all’inquantificabile fortuna di provenire da una famiglia di musicisti. Dove la musica è presente a prescindere. Dove scegliere di approfondirla non ha mai incontrato l’ostacolo della retorica. Dove se ne ha un rispetto quasi sacro, e di questo ringrazio mio padre. Dove il fratello coetaneo diventa il tuo collega più stretto, e lo è tuttora. Le esperienze che conservo nel cuore sono quella con Francesco De Gregori (corista nel suo album dedicato a Bob Dylan), l’Orchestra di Piazza Vittorio, gli spettacoli con David Riondino, e in questo 2019 l’esperienza di giudice su Canale 5, il debutto come attrice-cantante nello spettacolo “Stupida Intelligenza!” di mio fratello e Riccardo Tordoni, curatrice del libro sul musicista Roberto Nicolosi, e in ultimo vincitrice del primo premio come miglior autrice al concorso “L’Artista che non c’era”, con un tour spesato che partirà a gennaio. Ho scritto pochissime canzoni eppure mi premiano, con un testo addirittura in inglese, cosa in Italia assai rara. A conferma che quando c’è la curiosità, unita alla serenità che quello che fai ti piace, con tutte le difficoltà del caso ma anche con la libertà di cui è intriso questo mestiere, le cose succedono. La certezza che ho è che il mio ultimo giorno di lavoro sarà il giorno in cui non ci sarò più, ed è forse questo che amo della musica e del palco: l’indissolubile e meravigliosamente tremendo legame che instaura con la tua persona, senza che tu possa scegliere diversamente. Grazie Claudia!
_sentire la voce_
SENTIRE LA VOCE
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di Michele Menichetti “La Gabbia” nasce a Bologna nel freddo gennaio 2016. Nasce con una idea di nemico già bella chiara in testa e così, per tenerla sempre bene in mente e combatterla meglio, la fa diventare il suo stendardo, il suo nome di battaglia. “La Gabbia” è la gabbia comunicativa in cui marcisce la nostra emotività. “Ogni sbarra è una verità che compone la tua gabbia”: recita così l’incipit del testo del brano “Toccami” contenuto nel primo EP della band “Bruciare vivo” pubblicato nel 2017. La nostra prigione è fatta di verità che non vogliamo affrontare ma conosciamo bene. Ci siamo dati il nome del muro che vogliamo abbattere, di ciò che vogliamo distruggere e che può essere, signori e signore (qui vi voglio), la soluzione a tutti i problemi di questo periodo storico. Come? Semplice (a dirsi e non a farsi). Bisogna ripartire da zero, dalle emozioni. Perché le emozioni sono verità e sono l’unica soluzione che ci resta. Ci hanno abituati ad una superficie arida, così secca nell’aria da farci dimenticare come si fa a gridare. Ci vogliono seduti, rilassati e soprattutto silenziosi. Noi invece vogliamo bruciare, vivi. Vogliamo amarci rumorosamente. Per fortuna non siamo soli. Il velo drammatico d’indifferenza e ignoranza che descrive il volto della nuova corrente indie-pop (ormai unico vero mainstream italiano) nasconde un vasto sottosuolo di vera rivoluzione, anzi di vera resistenza. D’altronde ogni crisi è un’occasione e questa non ce la faremo di certo scappare. Noi non seguiamo la tendenza e non vogliamo fare tendenza, non abbiamo neanche un suono “nuovo”, non siamo pionieri o esploratori di sonorità, piuttosto custodiamo gelosamente il diritto di tuffarci in profondità. Di guardarci dritti negli occhi, di parlarci in faccia, di toccarci davvero, di incontrarci e scontrarci sempre come modus operandi generale, senza mai sfiorarci o peggio ancora passarci solamente accanto come “grasse e brutte anime senza finestra” (tiro in ballo il buon Manuel Agnelli e i suoi Afterhours per questa citazione). Nel 1996 (l’anno in cui sono nato) la band di Agnelli provocatoriamente chiedeva al suo interlocutore “Hai paura del buio?”. Ebbene questo “buio” di cui aver paura, per me, non è altro che la profondità dell’animo in tutte le sue fragilità e le sue verità innegabili purtroppo invece facilmente annegabili a suon di nulla cosmico servito caldo ogni mattina alla radio e su Instagram. Ora, 23 anni dopo gli Afterhours, vogliamo ancora guardarci dentro e suonare forte tutto quel caos che ci logora dentro come un vortice impetuoso. Vogliamo farlo nella nostra lingua e vogliamo parlare di noi, di voi, della natura, della violenza in ogni sua forma, di madri, di figli, di figlie e dei vuoti che neanche in una vita intera sapremo colmare mai; sempre consapevoli che siamo tutti sulla stessa barca (mai esempio fu più calzante) e siamo tutti uguali, liberi e profondi come il mare che ci unisce e non ci separa, mai. A novembre uscirà in tutti gli store e le piattaforme digitali (oltre che in versione fisica) il primo disco della band intitolato “Madre Nostra”.
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_la gabbia_
genesi di un pop aggressivo
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La Gabbia
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Concerto di una notte di mezza estate NO BORDERS FESTIVAL di Claudia Fofi L’estate, la notte, le stelle, la musica. Al concerto di Danilo Rea, organizzato dal Festival No Borders, il festival di jazz italiano giunto quest’anno alla sua diciottesima edizione, sono andata con un sacco a pelo, due cuscini e tante aspettative. Salendo gli scaloni erbosi di un Teatro Romano gremitissimo, mi sono posizionata in alto, dove il pratino si allarga, i musicisti diventano piccolissimi e se non ti organizzi bene pure in un’estate calda come quella che è stata rischi una “frescata”. Rea in questo concerto è accompagnato da due musicisti che amo particolarmente: Ares Tavolazzi e Ellade Bandini. Ares l’ho conosciuto un anno fa, quando l’ho invitato a suonare nel mio nuovo album e lui con mia grande gioia ha detto si. Tavolazzi è un contrabbassista di grande generosità e gusto, capace di dare un tocco molto personale a tutto ciò che suona. E poi, come hanno visto le tante persone presenti al concerto di Gubbio, è uno che si diverte veramente a suonare e questo suo divertirsi contagia il pubblico, che partecipa ai suoi assoli sempre guizzanti con grande entusiasmo. Bandini invece l’ho incontrato in alta quota, al Festival “Suoni delle Dolomiti”, dove anni fa sono andata a fare un concerto. La sera a cena Ellade raccontava di come si faceva la musica una volta, delle feste a casa di Rino Gaetano, del fatto che lui da bambino voleva suonare il fagotto, ma poi la pelle del tamburo lo ha incantato e non l’ha mollato più. Personaggi “mitologici”, appartenenti a una grande pagina culturale e musicale italiana, dalle avanguardie ai cantautori passando per il pop più illustre, questi musicisti hanno lasciato le proprie impronte un po’ ovunque. Invece era la prima volta che sentivo dal vivo Danilo Rea, classe ‘57, il più giovane del trio. I tre sono amici da una vita e da qualche anno propongono questo concerto, un corpus unico di improvvisazioni che si snodano a partire dai Beatles per spaziare con grande divertimento, leggerezza e virtuosismo tra i generi più disparati, sempre nel segno della grande melodia, italiana e straniera. Mi sono sdraiata per terra, ho chiuso gli occhi e ho fatto entrare la musica. Rea è un pianista cristallino con una limpidezza che incanta. Sarà l’età, c’è un tempo per il casino e il rumore e poi un tempo per accogliere queste coccole musicali, così come si riceve un balsamo invisibile che cura ogni malanno: quello della buona musica.
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di Mario Monacelli
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Dopo un anno di pausa è tornato il GUBBIO DOC FEST all’insegna di una formula fortemente rinnovata, che vede la partecipazione in veste di organizzatori, oltre che dell’Associazione Insieme e del Comune di Gubbio, del “Baracca Party” e di numerosi CLUB giovanili, in particolare del Centro Storico della Città. Tutto è iniziato nove anni fa da un gruppo di giovani appena ventenni, in modo del tutto spontaneo nel ricordo dell’amico Riccardo. Oggi molti di quel gruppo hanno una famiglia, lavorano, anche lontano da Gubbio, hanno interessi e vite diverse, come è normale che sia. Ma hanno voluto e vogliono con forza che l’esperienza e l’attività dell’Associazione Insieme proseguano, sempre nel solco del coinvolgimento dei giovani e nell’interesse della Città, e che il GUBBIO DOC FEST sia un punto di riferimento per vecchi e nuovi protagonisti. Proprio la partecipazione attiva dei giovani, ed in particolare dei CLUB, è la vera novità, che rimette al centro dell’attenzione una manifestazione nata dai giovani, ma non solo per i giovani, e con essa la Città e gli eventi di qualità. E’ una forma di dialogo concreto con la città e con il contesto sociale, che consente ai giovani di porsi come soggetto propositivo e di rappresentare le loro proposte e le loro iniziative, è una importante occasione per favorire lo sviluppo dell’aggregazione giovanile, dando anche un forte impulso all’organizzazione di eventi che possano contribuire alla qualificazione della città. Una scelta fatta nella piena consapevolezza delle problematicità che, anche in questi ultimi tempi, ha caratterizzato la questione della presenza dei CLUB, soprattutto nel centro storico della Città, e dei loro rapporti con i residenti. Sul tavolo non ci sono soluzioni preconfezionate né definitive, ma solo un’indicazione da percorrere, che è quella del dialogo, del confronto, della comprensione e del rispetto delle esigenze e dei diritti di ognuno: non vediamo altre strade e, per quel che può fare, l’Associazione Insieme è a disposizione. Il coinvolgimento nel GUBBIO DOC FEST dei giovani della Città non è formale, ma sostanziale: una struttura di circa centoventi giovani, divisi in otto gruppi al lavoro, ciascuno dei quali si è fatto carico di uno specifico aspetto organizzativo. Oltre 40 ragazzi hanno completato i corsi di formazione specifici per dare il loro contributo in modo consapevole e protetto. Le scelte degli artisti e degli eventi sono state collettive. La sottoscrizione anche da parte dei club giovanili della convenzione con l’amministrazione comunale, al di là dell’aspetto formale, pure importante, apre la strada a nuove forme di collaborazione, molte da immaginare. L’obiettivo era quello che questo piccolo ma prezioso patrimonio evitasse di andare disperso, che si perdesse il forte legame, anche intergenerazionale, che negli anni si è creato con le istituzioni e con altre associazioni che hanno garantito il loro supporto e la loro collaborazione, ed alle quali va un sincero ringraziamento. Il GUBBIO DOC FEST, ha proposto, come avvenuto per gli altri anni, anche eventi qualificati nella sezione speciale, quest’anno denominata DOC SOLIDARIETA’, con un messaggio, in particolare rivolto ai giovani: stiamo accanto a chi più si trova in difficoltà, perché il grado di civiltà di una società si misura proprio dall’attenzione per i più deboli.
_altri festival_
DOC FEST
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Altro ospite attesissimo è il fenomeno musicale Anna Maria Hefele: cantante, polistrumentista e compositrice tedesca, protagonista del video virale “Polyphonic Overtone Singing”. Il suo è un canto che si muove tra diverse tecniche – dalla musica classica al canto armonico – accompagnandosi con strumenti inusuali come l’arpa e la fascinosa e ipnotica nyckelharpa svedese. Per Umbria in Voce sarà protagonista sabato 9 novembre alle 21.30 nel concerto “Longing” per arpa e voce, presentando la sua versatilità vocale in un “solo” che pochi cantanti al mondo possono affrontare con disinvoltura e vera bravura: dal folklore scandinavo e italiano del XVI secolo a Brian Eno, passando per composizioni originali in un unico viaggio che porta il pubblico in un mondo misterioso in cui il virtuosismo è al servizio della partecipazione emotiva e del mondo etereo e sognante di questa magnifica artista.
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Anna-Maria Hefele in concerto
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di Spartaco Capannelli da Leggere la città
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Il palazzo Ducale di Gubbio, seconda città del territorio del Montefeltro per importanza, presenta una stretta analogia con la residenza principale di Urbino di gran lunga più imponente e sontuosamente arredata. Entrambi i palazzi hanno avuto lo stesso committente e sicuramente hanno condiviso l’attenta supervisione di Federico; infatti soltanto in questo modo si possono spiegare le somiglianze evidenti tra le due residenze. Senza un intervento diretto della volontà del committente sarebbe infatti difficilmente ipotizzabile, ad esempio, un’assonanza così puntuale dell’architettura del cortile principale di Urbino con quello del palazzo di Gubbio. Non si conosce con certezza l’anno di inizio della costruzione del palazzo eugubino, ipotizzabile però negli anni che vanno tra il 1476 e il 1480. Infatti, nel 1480 il comune di Gubbio donò con atto formale al Duca Federico il complesso di edifici sui quali era già stato costruito il cosiddetto palazzo della Guardia. È altresì assai probabile che il palazzo sia stato edificato nel corso degli ultimi anni della vita del duca, il quale nutrì una grande predilezione per Gubbio, visto che qui era nato nel 1422 e qui aveva contratto il matrimonio con la sua prima moglie, Gentile Brancaleoni nel 1437. La scelta del luogo della costruzione rivela chiaramente lo spirito intraprendente del committente. Federico infatti costruisce il suo palazzo, esteriormente semplice, in un luogo isolato e rialzato. Tale posizione, privilegiata e preminente, presenta tuttavia anche aspetti negativi, quali ad esempio il fatto che il tracciato di entrambe le strade, che da nord-ovest e da sud-est portano al palazzo, sono di sezione molto stretta e così ripide da rendere difficoltoso il transito dei carri. Il terreno destinato alla costruzione, stretto tra il Duomo e il palazzo dei Consoli, ha reso per altro impossibile un grandioso e simmetrico sviluppo del piano di costruzione. Nella residenza federiciana fu incorporato un edificio preesistente di due piani, il palazzo della Guardia, che ne divenne il nucleo principale. Nel palazzo rinascimentale urbinate la colon-
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na e l’intercolumnio sono il paradigma dell’intero organismo; a Gubbio, benché le preesistenze abbiano precluso l’applicazione di una qualsiasi sintassi compositiva regolare, lo squilibrio della figura planimetrica è, in ogni caso, inavvertibile a prima vista. Particolarmente degno di nota è il piano superiore del palazzo che eccelle nella ricca costruzione delle finestre e nella concezione del cornicione del tetto, messo in relazione con la sporgenza dei travetti. La costruzione del palazzo fu probabilmente affidata all’architetto Francesco di Giorgio Martini. Vari documenti di archivio ne testimoniano la presenza anche a Gubbio al servizio del Duca, tra cui un atto notarile datato 1477; il contratto prevedeva la ristrutturazione del rivellino di Costacciaro. In un secondo documento risalente a quell’anno, Francesco di Giorgio stipula un atto “in vece e in nome” del Duca Federico con il pittore “Berardino di Nanni di Pietro da Gubbio” per dipingere un fregio nella camera privata del signore. Il complesso di tali testimonianze non sarebbe tuttavia sufficiente ad attribuire la paternità dell’edificio all’architetto senese, ma da un attenta analisi dei Trattati di architettura ingegneria e arte militare, si evince come l’autore conosca molto bene le caratteristiche del territorio eugubino e la città stessa: “un’altra ragione [di pietra si trova] in Italia chiamata Macigno, di colore violato allo indico simile. Di questa Ancora nel distretto di Sena si trova, in Val d’Ombrone et a Selvole e similmente alla città di Agobbio…” Nei passaggi successivi l’architetto ritorna sulle caratteristiche dei materiali da costruzione: “In la foce di Agobbio grande continuità si trova d’una Pietra assai bianca; et ha in sé suave odore, assai dura, et atta ad ogni edificio.” Più oltre, sempre a proposito di materiali da costruzione (sabbione), così si esprime: “un’altra natura di brecciosa terra si truova circa ad Agobbio e Fossombrone, la quale mista con calcina fa ottimi muri.” Un’altra prova della sua presenza a Gubbio è data dal disegno, neiTrattati, dell’antico edificio del Teatro Romano presente nella città. Oggi il Palazzo Ducale è una sede museale di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali.
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il Palazzo Ducale
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di Maria Stocchi
Il tema di M’Illumino di Meno, giornata del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili ideata da Caterpillar e Rai Radio2 nel 2005, quest’anno è stato l’economia circolare. La nostra è una società che, attualmente, sembra aver dimenticato che quasi ogni cosa può essere riciclata, ri-usata, riportata a nuova vita: perciò, con l’Ass. Mentindipendenti, abbiamo colto l’occasione per dedicare a questa iniziativa un’intera settimana, concentrandoci soprattutto sui più piccoli. Ci siamo chiesti: come possiamo sensibilizzare i bambini a questo tema così importante, così che loro possano poi insegnare a loro volta ai loro genitori? Come si può parlare di riuso e di risparmio energetico senza farli finire tutti belli e addormentati? La risposta è arrivata presto: giocando! Con i bambini della Ludoteca, infatti, abbiamo trasformato delle vecchie bottiglie di detersivo in dei simpatici animaletti, uno più bello dell’altro: cagnolini, elefanti, pulcini, unicorni... abbiamo passato un pomeriggio tra colla, forbici e vecchie cianfrusaglie che hanno liberato la nostra fantasia e creatività. Perché comprare nuovi giocattoli, quando a casa nostra possiamo trovare tutto il materiale necessario a costruirli da soli? Nelle scuole elementari di Gubbio, invece, abbiamo giocato con “Spegni lo Spreco!”, ideato da Benedetta Riccardini e Stefano Bianconi. In questo gioco da tavolo i bambini sono parte della famiglia Spreconi, e il loro obiettivo è quello di ridurre al minimo lo spreco (indicato dallo “Sprecometro”) facendo pochi ma importanti gesti: usare l’acqua della pasta per annaffiare le piante, usare i paraspifferi (“ma... cos’è un paraspifferi?”), spegnere i dispositivi lasciati in standby (“ah! La lucetta rossa della televisione!”), fare la raccolta differenziata... È stato bello vedere i bambini fare domande, interessarsi, esultare quando il pianeta era in salute e preoccuparsi quando invece non lo era; soprattutto, ognuno di loro ha capito perfettamente che il gioco non era fine a se stesso, ma che era possibile d’ora in poi fare tutte quelle cose per aiutare il nostro Pianeta, che è un po’ come la grande casa della famiglia Spreconi...
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M’Illumino di Meno 2019 Partire dai bambini
Un’attenzione particolare all’ambiente e a noi stessi “Voglio essere ricordata per le cose che ho fatto mentre ero su questo pianeta, non per la spazzatura che mi sono lasciata alle spalle”. Così Lauren Singer, autrice del blog “Trash is for Tossers” definì il suo obiettivo nel maggio del 2015. Una ragazza che riuscì a contenere tre anni di rifiuti all’interno di un vasetto di vetro. Lauren non è l’unica esponente di questo movimento ormai conosciuto da anni nel mondo come movimento “Zero Waste”: sono moltissime infatti le persone che si sono imbarcate in questo progetto che mette al centro il rispetto per l’ambiente. Le linee guida per affacciarsi ad uno stile di vita senza sprechi si possono trovare dappertutto ormai, dal libro “Zero rifiuti in casa” dell’autrice Bea Johnson, massima esponente del movimento, fino ai “primi passi” consigliati dal sito italiano “Rete Zero Waste”. Per prima cosa si consiglia l’utilizzo di bottiglie in vetro o di borracce in acciaio da poter riempire per evitare il consumo di bottiglie di plastica monouso; si prosegue con piccoli gesti come comprare uno spazzolino di bamboo o con la testina intercambiabile per evitare l’accumulo dei normali spazzolini non riciclabili, così come lavarsi con saponi solidi. Utilizzare la moka per evitare l’accumulo di capsule, non acquistare prodotti usa e getta e portare sempre con sé delle borse di stoffa e sacchetti per fare la spesa. Perfino riparare ciò che si rompe, acquistare di meno e possibilmente il necessario e autoprodurre sempre più cose, dal cibo, ai prodotti per la casa e per la cura del corpo. Uno stile di vita così non è lontano da quello dei nostri nonni; sono piccole cose che, se seguite, possono portare non solo a benefici economici, ma anche alla nostra salute e soprattutto al nostro pianeta.
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di Irene Battistelli
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Lo studio dentistico Dott. Fecchi Cleto sta con Umbria in Voce
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Toh, come si trasforma la vita chi pensava che così sarebbe fiorita La Permacultura ci ha donato un paio di occhiali nuovi con cui guardare il mondo la compagnia, il ritmo e l’energia giusta per realizzare il nostro sogno Su e giù per l’Umbria abbiamo vagato ma è sopra le nuvole di Gubbio che abbiamo seminato StOrto Volante nasce così, nel lontano inverno del 2017, leggendo, ascoltando e progettando sotto le coperte Poi la primavera è cominciata e con lei una palestra di esperimenti ispirati dall’integrazione di diverse tecniche agricole basate sull’armonia della natura e i suoi tanti insegnamenti (Agricoltura Biodinamica, Sinergica e Organica Rigenerativa)
Anime fragili nel sonno del progresso di Jacopo Ghirelli Corre veloce lo spettro progresso Soffoca l’uomo e consacra l’automa Individui vuoti addossati l’un l’altro Fantocci di carne guidano il gregge Apatico inerte spettatore. Pagliacci di marmo recitan commedie nel palcoscenico del nulla Tinte prive di colore riempion le giornate
Datemi un attimo, non voglio strapparlo di Alessandra Martini Nel parco il cinamen agisce diversamente dall’acido nelle membra stanche. L’aria fresca si aggira tra le sequoie, premendo contro l’anello di granito che ci circonda. Man nella mano, seguiamo il corso del sole E par che i rami, sopra i ricci folti, sian due cupole gotiche. La luce sfuma sui visi graziosi, s’alterna alle ombre e alle nostre parole. Gli occhi, arrossati per lo sforzo, si fissano timidi e un sorriso a mezza luna passa sulle nostre labbra, com’una spada che il fil di ferro, rapido, sul pomo d’Adamo striscia. Il bacio dissolve i lacci alle ginocchia: un caldo fluido pervade il cuore e come whiskey si diffonde nel corpo stremato. L’erba odorosa sprigiona nell’aria
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di Storto Volante
È nato un orto dove nessuno se lo sarebbe aspettato un punto di ritrovo per ranocchi, farfalle, api, amici e tutto il vicinato Il bosco ci ha fornito il materiale e spunti per la sua fertile struttura i fiori e le erbe spontanee la sua cura Le energie raccolte stiamo imparando a conservare marmellate, salse, sciroppi, pane, biscotti e pasta fresca per la pancia non far mai brontolare E poi ogni tanto prima che il sole inondi le vallate passeggiamo e raccogliamo erbe officinali per infusi, oleoliti e creme profumate Ci siamo sporcati finalmente le mani e ci siamo divertiti ora vorremmo condividere conoscenze, cibo e allegria e per questo oltre ai semi spargiamo inviti! FraMariNoa, gli abitanti di StOrto Volante
Contattateci! Facebook: StOrto Volante E-mail: stortovolante@libero.it uomini dislocati prodotti della tecnica Burattini alienati contendono merce di scambio nel cattivo presente del quotidiano. Eppure Nella radura desolata e straziata Sporadiche anime, limpide, brillano; attimi fugaci penetrano nel mondo ordinato e lo dissolvono Piccoli scorci di vita insistono, resistono Respirano VIVONO...! I desideri, le genuine speranze e i più alti valori, ondeggia sul perimetro dei miei sandali, dei suoi anfibi lustri. Passeri e canarini ancheggiano tra le radici e gli aghi di pino pungono i loro fianchi, quando il vento, com’un rio, a lor li accosta. Indossano vesti sgargianti e pregiate, perlopiù adorne di paillettes. Una calma sconosciuta inglobava quel paradiso, a tal punto da stordirti, non appena venivi risputato sulla terra. Un petalo rimase attaccato alla mia giacca, un residuo d’una vita presente, ch’influenza ogni mia arte. Lo percepisco, come una dolce canzone, dopo aver trainato innanzi il treno merci dei miei tormenti, lungo rotaie diritte e monotone. Ho scritto perché tu possa ricordare Il piacere di quest’attimo ceduto per grazia, paragonarlo agli spietati giorni che ci atterriscono, svolazzando, come tetri fantasmi, occultandoci la vista tra neri tendaggi ed ampliando la certezza delle volte che ci si abbraccia, sapendo che son’io, intenta a riportarti là dove siamo stati.
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STORTO VOLANTE
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illustrazione Nora Albanese
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Our Voice, una speranza per il cambiamento Nasce il distaccamento eugubino di Beatrice Goracci, referente Our Voice Gubbio
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“I giovani di oggi hanno perso valori e interessi, non vedono nulla che vada oltre lo schermo dei propri telefoni”... Quante volte abbiamo sentito parlare di questa gioventù incapace di volere e di agire, intrappolata tra le quattro mura di un club o nei circoli viziosi del divertimento? Per questo è stata una grande sorpresa trovarci a contatto con i ragazzi di Our Voice, un Movimento Culturale internazionale nato nelle Marche che si propone di denunciare le ingiustizie sociali presenti nel mondo attraverso l’arte espressa in tutte le sue forme. Saper affrontare a volto scoperto problemi come mafia, violenza, spaccio di droga, traffico di armi, inquinamento e povertà, non è da tutti. Tematiche che erroneamente appaiono distanti tra loro e da noi. Ed il movimento Our Voice lo fa. Durante il laboratorio teatrale, tenutosi al Teatro Comunale Luca Ronconi di Gubbio dal 22 al 24 agosto, il gruppo, guidato da Riccardo Tordoni, ha dimostrato coesione, entusiasmo e una incredibile “Passion for Justice”, come ricorda il loro motto, “Passione per la Giustizia”, riuscendo a coinvolgere anche noi osservatori. Con il passare dei giorni l’atmosfera si è fatta sempre più magica: unione e coordinazione come cardini, verità e giustizia come obiettivo e soggetto dell’opera. Il percorso si è concluso con un incontro aperto alla cittadinanza durante il quale ha avuto luogo una breve rappresentazione artistica. In quest’ultima, la protagonista è stata la voce della Costituzione che oggi viene troppo spesso ignorata. Ed è dopo quest’esperienza e dalla voglia di fare qualcosa che è nato il ramo eugubino del movimento Our Voice. “Ma noi cosa possiamo fare?” ci siamo chiesti. Abbiamo pensato: “Dobbiamo impegnarci contro l’attuale sistema di potere che ci opprime e lottare per i nostri ideali”. La voglia di fare ha superato i problemi e gli ostacoli, scendendo a compromessi con gli impegni che ogni ragazzo ha alla nostra età. Ma non basta l’organizzazione per denunciare. Ci siamo accorti che dobbiamo sapere e conoscere. Occorre metterci in gioco! Si dice che i giovani siano il futuro, ma quante volte ce ne rendiamo conto? Ogni scelta assunta ed ogni parola detta definiranno il nostro avvenire. Non è tutto così distante come si immagina e non è tutto così impossibile come si crede. Mi auguro che questo possa essere un nuovo inizio per noi e per la nostra città in cui tenteremo di portare più iniziative possibili per essere “uomini in rivolta”, come disse Camus.
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VOCE di Cesare Coppari
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Fotografia e voce. Un rapporto tutt’altro che scontato. Al pari di altre arti spaziali come la pittura e la scultura, infatti, la fotografia “sta ferma” e “parla al presente”. Di più. Non potendo registrare e riprodurre che un unico momento di tutti quegli atti, quelle azioni e quei gesti che necessariamente si svolgono nel tempo, essa è muta. Tuttavia, sull’esempio dei pittori e degli scultori che li hanno preceduti, i fotografi hanno escogitato diversi artifici espressivi affinché dalle loro immagini silenti si levasse una voce. Compreso l’eugubino Andrea Cancellotti, come chiunque può facilmente constatare anche solo scorrendo i suoi tanti scatti dedicati alla Festa dei Ceri. Dove possiamo anche divertirci a cercare qualcosa del dionisiaco clamore emergente da dipinti come “Le birate dei Ceri in Piazza Grande” di Raffele Vittori o, in una ideale zoomata in direzione di taluni capolavori dell’arte occidentale, gli echi del grido silente del Laocoonte o di quello incontrollabile della Maria Cleofe di Caravaggio, oppure l’urlo uraganico della Maria Maddalena di Niccolò dell’Arca o quello ultrasonico di Munch. E tuttavia avvertiamo da subito che questo esercizio è appunto un mero divertissement, che nulla ci restituisce del senso delle immagini in questione. È spogliandosi di ogni riferimento culturale che l’obiettivo della macchina fotografica di Andrea Cancellotti mira non solo ai Ceri ma ai mille protagonisti della Festa, facendo presa sulle posture, sui gesti, sui movimenti, sulla mimica che ne accompagnano o meno la parola. Una parola a volte intima e sussurrata tra sé e sé nella preghiera, altre volte scandita e partecipata tra appartenenti dello stesso Cero, altre volte ancora cantata secondo un ritmo e una melodia prestabiliti, ma più spesso espulsa dal corpo in modo da rivelare quel suono che ogni parola presuppone. Ed è proprio in questa babele di suoni che noi riconosciamo un popolo. Come se la ritualità della Festa riuscisse nel miracolo di organizzare in un coro polifonico le grida e le urla di ciascuno, di fare della voce il mezzo capace di fare di una unità partitiva una totalità integrale. Prodigio del rito, prodigio della voce. Perché ciò che giunge alle nostre orecchie attraverso la visione di queste immagini è pura voce. Quella pura voce che, senza costrizione, emerge come un lampo. Che è coscienza e sentimento d’originarietà, presenza fondativa dell’oralità, sostanza vibratoria, materia e qualità. Che è pura, sporca umana voce, materia primordiale, grida d’animale e coro d’oro d’angeli. Che è corpo aperto al mondo, vettore intenzionale, e che sgorga dal silenzio, prima del parlare.
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di Andrea Zoppis
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“Essere avvolti da una realtà più grande, che ti chiama a partecipare cercando di coinvolgerti in maniera sempre più diretta e personale”, potrebbe essere una buona, per quanto provvisoria (o forse proprio in quanto provvisoria), definizione di quello che potremmo chiamare “senso di comunità”. Un senso che utilizza dei canali sempre più improvvisati e intellettualmente difficili da decriptare, ma che è anche, al tempo stesso, molto semplice da assecondare quando a dispiegare le regole del “contatto” con esso è il cuore della personalità, luogo dell’accoglienza e della relazione con l’altro. Bauxite ha cercato di mettere al centro del suo interesse questa dimensione, trovando nel medium artistico/ poetico un canale fertile grazie al quale eseguire un lavoro di espressione e di cura dell’espressione, di sé e dell’altro. Una realtà magmatica e provvisoria che si nutre delle esigenze dei luoghi in cui si insedia, che prende forme sempre nuove a seconda delle persone che incontra e che coinvolge. In questo senso, è difficile parlarne esaustivamente, proprio per la sua vocazione ad un cambiamento continuo ed inaspettato. Potremmo dire, tuttavia, che Bauxite, prima di essere un collettivo poetico, è stata (e continua ad essere) una raccolta di poesie, grazie a cui si è attivata una riflessione d’insieme sulla poesia scritta ed orale. Intorno ad essa è venuto progressivamente a formarsi un “laboratorio poetico” che ha incluso sempre più persone. Grazie a questo strumento i partecipanti che si sono succeduti, come anche quelli che sono rimasti parte del gruppo, hanno avuto modo di affrontare le proprie fragilità grazie all’elaborazione di poesie e canzoni, potendo poi sfruttare il gruppo come laboratorio di ascolto e di performance. Il collettivo è stato orientato nel tempo dalle proposte di quei singoli che si sono lasciati coinvolgere da questa dimensione, la quale allo stesso tempo veniva modellandosi. Grazie alle iniziative personali sono nate quindi le “camminate poetiche”, come anche alcune feste di poesia; eventi al cui centro risiede l’incontro con l’imprevisto. Molte volte è capitato di trovare nuove persone, inaspettate, con le quali confrontarsi per poter crescere e per poter conoscersi nella differenza. Bauxite è quindi onorata di potersi prendere cura, quest’anno, dell’appuntamento Di voce in voce, sperando vivamente di poter dare un contributo al festival e alla fecondità di questo prezioso momento. Il nostro impegno è quello di creare insieme spazi di espressione svincolati dalle logiche di mercato, ma che allo stesso tempo non rinuncino alla precisione e al rigore dell’organizzazione. Bauxite si fonda su intimità provvisorie, sguardi e gesti improvvisati con cura, sulle parole che scelgono di farci partecipare.
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BAUXITE comunità poetica errante
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La valigia dello straniero di Claudia Fofi
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Nel 2018 sono entrata in studio di registrazione con Ares Tavolazzi, Paolo Ceccarelli, Alessandro Paternesi e Alessandro Gwis e abbiamo registrato undici pezzi in un paio di giorni. Volevo documentare alcune mie composizioni, affidando al gusto di bravi musicisti il compito di arrangiare sul momento, per dare un sapore live al tutto. Non avevo in mente di fare un album, ma poi quando ho avuto in mano le canzoni ho deciso: a distanza di diciassette anni e dopo essermi detta mai più un milione di volte, pubblico un disco nuovo. Ho creato un crowdufunding (raccolta fondi) on line, ho cercato di credere in me stessa puntando su varie tecniche di meditazione e self empowerment, mi sono convinta in combutta con l’universo che me lo meritavo e sono riuscita nell’intento. Ho ricevuto tanto, da tantissime persone vicine e lontane. Il cd esce a novembre con l’etichetta jazz Dodicilune e si intitola “Teoria degli affetti”. Nell’album c’è anche una canzone alla quale sono molto legata, La valigia dello straniero. Il testo parla del migrare in modo divergente, puntando lo sguardo sulla migrazione esistenziale dal nascere al morire che riguarda ognuno di noi. Affrontare il tema della migrazione è difficile, si rischia di entrare nella retorica, nel “buonismo”. Io non voglio dire “volemose bene”, con questo testo. Voglio dire che quel viaggio ci tocca a tutti, in un modo o nell’altro. Che la condizione umana è questa, un pellegrinare, più o meno fortunato, da un essere a un non essere, dove ci si ritrova sempre e comunque in questa barca, per questo mare scuro sapendo della nostra mortalità. Nel viaggio del migrante questa condizione umana è per così dire “esteriorizzata”, resa metafora galleggiante. Odiando gli stranieri alcuni riescono a esorcizzare la paura della morte, rinnegando i principi più elementari di ciò che ci definisce come “umani”. Il video di una canzone così complessa non era facile. Potevo andare a filmare i barconi a Lampedusa, ma non è questo il focus del testo, avrei solo strumentalizzato una sofferenza. Invece con la sensibilità di mio fratello Matteo, videomaker che collabora con me in tante avventure, abbiamo trovato un taglio diverso, lontano dal linguaggio classico del videoclip. Abbiamo inaugurato il genere “videoclip lento”. Molte persone di Gubbio e Perugia hanno collaborato alla realizzazione di questo lavoro, che è costituito da frammenti onirici, lampi di poesia. Ho voluto una scena corale, chiamando a raccolta in un caldo giorno d’agosto tante persone a camminare. Sono venuti gli stranieri. Non era difficile, camminare l’uno accanto all’altro. Non ci sentivamo in pericolo. Siamo più in pericolo quando siamo messi l’uno contro l’altro. Questo è sicuro come il fatto che anche stasera il sole tramonterà sulle nostre teste, fino alla fine del viaggio. Il video sarà visibile sul canale youtube Claudia Fofi dal 10 novembre.
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Via della Repubblica, 35 Gubbio PG Tel +39 0759273949
Carlo Baldinelli Via Avicenna, 4 - 06024 Gubbio (PG)
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L’Alzheimer è ormai nota come la malattia che cancella i ricordi, numerosi studi ed evidenze scientifiche consentono di affermare la validità di un intervento musicoterapico. Il lavoro che si svolge mira ad un miglioramento della qualità della vita, che nel malato di Alzheimer è fortemente intaccato, sono evitenti difficoltà e compromissioni da accettare e parlando di memoria si possono osservare miglioramenti generali a riguardo. Il lavoro che svolgo al Centro Alzheimer di Gubbio mi ha consentito di toccare con mano la profonda solitudine di questa malattia che va sempre a braccetto con la necessità di vivere esperienze in condivisione, per questo ho scelto di condurre le sedute in gruppo. Le proposte sonoro-musicali sono partite da un’osservazione dei pazienti, ovvero persone con caratteristiche uniche a di là dalla malattia, ogni anziano che ho incontrato ha sempre raccontanto una storia personale che ovviamente lo rende differente, seppur paragonabile per determinati sintomi. Importante è svolgere un lavoro che possa incrementare l’area cognitiva ed emozionale tramite il ritmo, o l’aspetto melodico e del movimento con esperienze di canto collettivo, infatti si favorisce la socializzazione che rimane sempre un elemento da non sottovalutare dato il frequente atteggiamento di isolamento a cui si è portati. Condividere la storia che nasconde una canzone, consente di riattivare ricordi o d’immaginare un’azione futura. Ho ritenuto necessario dedicare alcuni incontri all’ascolto, a mio parere proporre alcuni brani non popolari consente di percorrere nuove strade e nuove esperienze, spesso una musica nota genera schemi di risposte rigide nel soggetto, sottrae dunque spazio alla libera espressione. In luglio è nata l’idea di costruire uno strumentario, pensare di saper ancora realizzare qualcosa di bello con le proprie mani è stato l’incentivo per iniziare a scoprire il meccanismo con cui uno strumento produce suono, così da ricostruirlo e consentire a ciascuno di dare il suo contributo nel prodotto finale. Prima di osservare un miglioramento è passato del tempo e c’è ancora un lavoro continuo da fare, ma di sicuro gli elementi sonori usati con consapevolezza e criterio consentono di fornire un’esperienza relazionale costruttiva per un’armonizzazione interna dell’individuo e conseguenzialmente un miglioramento della qualità della vita. Si tenga sempre ben presente che la relazione terapeutica di cui parliamo parte dall’ascolto profondo dell’individuo e dalle sue funzioni potenziali o residue da cui iniziare a costruire un percorso personalizzato.
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Gatta ci cova il teatro di Alfonso di Patrizia Ghigi Continua ancora e prosegue grazie al sostegno e al contributo di diversi volontari la meritoria opera iniziata da Alfonso Uccellani, uomo di teatro recentemente scomparso. Azione teatrale portata avanti da diversi anni con gruppi di disabili e utenti dei servizi psichiatrici (per lo più utenti del Centro Salute Mentale, ma non solo). Abbiamo fatto qualche domanda a Patrizia Ghigi, volontaria.
_altri sguardi_
di Cathy Fiorucci
Come è nata la tua partecipazione al gruppo? Con Alfonso, amico di vecchia data, che mi ha proposto di andare con questo gruppo di ragazzi a fare teatro, il martedì e il giovedì in biblioteca. A dire il vero non tutti ragazzi. Diciamo dai trenta ai sessanta! C’era chi non parlava e chi non riusciva a stare zitto, chi non poteva muoversi, chi strabordava, chi era irraggiungibile e chiuso nel suo mondo. Si sedevano intorno ad Alfonso, che con maestria riusciva a catturare la loro attenzione. Quali erano gli obiettivi? Cosa facevate? L’obiettivo era realizzare insieme qualcosa di unico: uno spettacolo teatrale. Lui li stimolava a parlare, leggere, usare la memoria, stabilire un contatto. Qualcuno aveva difficoltà a leggere il copione, allora esercizi di lettura partendo dalla parola, dalla sillaba, dal canto. Con costanza e sistematicità, scherzando, benevolmente rimproverando, costruendo un percorso condiviso, lottando contro lo stigma e il pregiudizio. Persino il testo era realizzato insieme. Dalle conversazioni, spesso divertenti e buffonesche, nascevano idee che diventavano le battute del copione. E poi provare e riprovare. I ragazzi erano catturati dal gioco del teatro e cominciavano ad aprirsi sempre di più, a crescere. Il copione sbocciava come un fiore. Poi le scenografie, i costumi e la selezione delle musiche. Improvvisazione, creatività, allegria. Soprattutto il fare in gruppo, fondamento di ogni tipo di apprendimento. Cosa rimane di tutto questo lavoro? Quali sono i progetti per il futuro? L’associazione è diventata una ONLUS ed è tutt’ora operante. Nel tempo è nata una cooperazione con il Centro Accoglienza Diurno di Perugia, adesso stiamo lavorando assieme a loro per la messa in scena de “La bacchetta tragica” l’ultima rappresentazione ideata da Alfonso, uomo dalle infinite risorse.
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o PG
Toccare con la mano
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Via dei Consoli, 13 Gubbio PG tel. 075 927 1424
Generali Italia S.p.A. Agenzia Generale di Gubbio Verdi via Giuseppe Verdi â&#x20AC;˘ tel. 0759 273 917 â&#x20AC;˘ fax 0759274831 Agenti Vittorio Vantaggi Massimo Vinciarelli agenzia.gubbioverdi.it@generali.com vittorio.vantaggi.agenti.it@generali.com www.agenzie.generali.it/gubbioverdi
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di Ivana CarlettI
La Sperelliana di Gubbio ha progressivamente perso il suo ruolo di contenitore per la mera conservazione del patrimonio librario a favore di una nuova e spiccata vocazione pubblica. Pubblica nel senso speciale del termine: una biblioteca aperta a tutti, per tutti e per tutte le età, un luogo piacevole dove si può entrare liberamente, incontrare persone per condividere interessi e passioni, avere accesso a una pluralità di saperi, imparare a padroneggiare le tecnologie, a destreggiarsi nel complesso mondo dell’informazione e magari ritrovarsi, senza rendersene pienamente conto, all’interno di un vero e proprio processo educativo e di formazione. Insomma, un luogo di socialità e di eguaglianza, non un semplice deposito di libri. Per questo ambizioso obiettivo la Sperelliana ha sempre attentamente curato relazioni con il mondo scolastico, con quello assai variegato dell’associazionismo, del volontariato e pure con i servizi pubblici dedicati ai temi sociali, ai temi educativi e a quelli sanitari. La missione, allora, è stata quella di arrivare a tutti, alle fasce meno protette e a quelle che non conoscono o escludono l’utilizzo della biblioteca, nel segno dell’accoglienza e dell’inclusione. La Sperelliana, tuttavia, ha un cuore antico, pur se guarda avanti, al futuro. Il cuore è rappresentato da un fondo di notevole valore sul piano storico ed anche su quello patrimoniale, una collezione ragguardevole e rara che dialoga con il contesto, con il paesaggio, con la storia, con le tradizioni e che si è consolidata nei secoli. Allora nella Sperelliana convivono più anime: l’anima sociale, di cui abbiamo parlato, l’anima della pubblica lettura, che si prende cura delle collezioni contemporanee e della promozione della lettura a tutti i livelli, l’anima della conservazione, che si prende cura del patrimonio, della sua conoscenza, tutela e valorizzazione. La gestione di anime così diverse è un’operazione complessa perché richiede non solo tante competenze specifiche, ma anche un approccio strategico, volta per volta differente, nei confronti di utenti e lettori, reali e potenziali. Questa è la Sperelliana, proiettata verso il futuro, ma forte di un passato importante e pronta ad affrontare le sfide che i tempi moderni comportano.
_intorno ai libri_
Sperelliana Più anime, una Biblioteca
#Vitadaeditore Il mio amore per i libri è nato quando frequentavo l’istituto d’arte a Perugia. La sua biblioteca, bellissima e fornitissima, ma poco frequentata, mi permetteva di isolarmi dal mondo e di immergermi nelle pagine dei grandi della letteratura italiana del Novecento: Pirandello, Saba, Gadda, Sciascia, Silone, Quasimodo, Montale, Cassola... Questa passione è stata per me fonte di grande piacere e sono orgoglioso, oggi, di averla trasformata in un lavoro. Uso l’hashtag #Vitadaeditore perché questa è un’attività che ti prende totalmente: non ci sono giorni di pausa e il fine settimana è dedicato alle presentazioni dei libri che abbiamo realizzato in giro per l’Italia. Trovo che questo sia il modo migliore per conoscere i propri autori, confrontarsi con i lettori e anche con i librai, con i quali cerchiamo di creare un collegamento diretto. Durante la settimana seguo i libri in uscita, la promozione e la selezione delle opere per la programmazione futura. Quello che ci caratterizza maggiormente sono i pomeriggi letterari targati Bertoni Editore, che ogni mese avvengono in località suggestive, in regioni d’Italia sempre diverse l’una dall’altra. In questi eventi, dove si viene a creare una vera e propria atmosfera da cenacolo letterario, si incontrano scrittori, lettori, critici, giornalisti e anche attori. Sono un editore in prima linea anche sui social al fine di promuovere al meglio i nostri libri e le nostre iniziative. Caratteristiche sono poi le attività che svolgiamo nelle scuole con incontri formativi, pubblicazioni specifiche e il Concorso Intergenerazionale Rina Gatti. Riscontro le maggiori difficoltà del mio lavoro nella distribuzione dei libri, dal momento che i piccoli editori vengono spesso sottovalutati da molti librai e anche da alcuni distributori. So bene di essere un editore anomalo, con i miei cinquantamila km percorsi ogni anno, le mie duecento presentazioni annuali, la lettura media di cinque manoscritti alla settimana e le mie attività sui social. Spesso mi sento dire che sono coraggioso, che vado contro corrente, che sono un dinosauro destinato all’estinzione, ma sinceramente non mi riconosco in ciò; forse sono un po’ incosciente, questo magari sì, tuttavia sono felice di soddisfare quella che, fondamentalmente, è una grande passione. Ciò che mi rammarica è che sempre più persone non leggono: leggere non solo fa bene alla nostra salute mentale, ma ci permette di evadere dalla quotidianità, di aprirci culturalmente e socialmente. Voglio concludere questo breve articolo con un augurio che è anche e soprattutto un invito: buona lettura a tutti!
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di Jean Luc Umberto Bertoni
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L’ASILO INTONATO di Sandro Pascucci direttore Teatro Cagli
Le Corbusier afferma che la prima manifestazione di vita è occupare uno spazio -il primo esserci si dà nel ventre della madre- ; gli fa eco Jonh Cage il quale ci dimostra (attraverso la camera anecoica) che non esiste spazio senza suono - il battito cardiaco è il confine critico dell’impossibile esperienza del silenzio assoluto -. Questa ineludibile condizione d’esistenza per l’animale umano - abitare uno spazio sempre abitato da suoni -, impone una capriola allo schema dominante del pensiero occidentale : il primato esclusivo del tempo (Kronos che divora i suoi figli...) e della storia (senza voci e suoni...), si capovolge nell’ originario spazio, luogo/logos inclusivo e risonante. Così l’afona biografia lascia il posto alla rumorosa topografia. Questa ris/coperta condizione primigenia dello “spazio vociante”- dove l’origine sta alla fine e non all’inizio del nostro percorso di meditazione e sensazione -, un dis/velarsi oltre ciò che c’è già, un ri/ trovato come l’esito della ricerca scientifica... Tutto questo ci porta a riconsiderare e rifondare lo spazio del nostro abitare, l’habitat e l’habitus della nostra esperienza conoscitiva, relazionale ed emotiva. Facendo nostro il motto del mollusco : “vivere per costruire la casa, non costruire la casa per viverci”, ci orientiamo per disporre le nostre riflessioni e azioni lungo il perimetro dello spazio felice - felix come fertile-, spazio generativo di senso e sensi (poietico e poetico), della nostra dimora che ogni giorno si conferma e si rinnova, nel dialogo tra le sue stanze - dalla cantina alla soffitta attraverso il soggiorno...e nella dialettica tra il fuori e il dentro, il chiuso e l’aperto di porte e finestre. Così anche per la nostra vicenda personale, che ci porta ad abitare e far abitare le “stanze” del teatro, della musica e della danza, agli artisti in cerca di luoghi di residenza e lavoro, occore “prestare orecchio” alle accorate richieste degli stessi artisti e dei pubblici, affinchè i luoghi di dimora dell’esperienza estetica e dell’arte - siano intonati rispetto alle armonie, ai ritmi e timbri che lì risuonano. In questo senso, un tema e una “buona pratica” come quella della “residenza artistica” , per non incorrere nei rischi dellla mera locazione, come espediente per lo scambio di utilities ( fenomeno favorito dalla legislazione statale e regionale in materia di residenza e di contributi annessi...), deve ripensarsi criticamente e arrivare a rigenerarsi nel concetto di asilo. Per gli antichi greci l’asilo era “il luogo senza diritto di cattura”, con l’accento sulla componente etica e morale della pratica e dell’esperienza estetica: una salvaguardia delle libertà dell’artista, una tutela per l’automomia dell’opera, una attenzione per i pubblici. Forse questa mia ri/modulazione del concetto di asilo (oggi di stretta attualità nella cronaca delle migrazioni), è stata favorita e suggerita dai luoghi rurali che abitiamo, dalle aree interne dell’appennino, propiziatorie di un’epifanico sentirsi intonati con la natura - acqua, aria, terra e fuoco - , che qui sopravvive a noi stessi. P.S.: segnalo come nella lingua inglese “asilo” venga tradotto più spesso con “sanctuary”, il loro “asylium” sta per il nostro manicomio....un’altra trasfigurante suggestione.
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di Giorgia Gigì
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E’ “incertezza” la parola chiave di questo ragionamento, a cavallo tra ambientalismo e sociologia. Due argomenti che mai come oggi sono alla ribalta delle cronache e delle narrazioni letterarie e politiche e quindi, mai come oggi sono strettamente interconnessi. Come parlare di giovani senza parlare dei cambiamenti/stravolgimenti climatici cui stanno andando incontro? Come parlare di ecologia, di ambiente, di clima, senza tenere conto che le scelte che faremo oggi ricadranno sugli adulti di domani? Queste ed altre domande hanno spinto un gruppo di persone adulte ad intraprendere azioni che stimolino la discussione, per progettare insieme un futuro diverso nel rispetto della natura. I Ribelli contro l’estinzione hanno deciso di attivarsi in prima persona e di sostenere le campagne dei “giovani combattenti per il pianeta”. Si va dalla piantumazione di alberi in luoghi lasciati all’abbandono al sostegno organizzativo delle manifestazioni studentesche. Dal progettare nuovi spazi di socializzazione come frutteti e orti condivisi, all’opera di sensibilizzazione nei locali pubblici per favorire l’abbandono dell’utilizzo della plastica monouso. Tutti possono entrare a fare parte di questo gruppo di cittadini liberi che si sta formando in maniera aperta e inclusiva. Semplicemente persone che non intendono lasciare al destino qualcosa su cui si può e si deve lavorare, persone che si assumo la responsabilità di ridare fiducia ad una generazione che si autodefinisce “perduta”, secondo un recente sondaggio. Dire che questi ragazzi sono i primi artefici dell’inquinamento col loro stile di vita è già, quantomeno, discutibile. Chi è che compra in una famiglia? Non certo i ragazzi. Sono i genitori ad acquistare androidi di ogni tipo, a stabilire la qualità e la frequenza dei consumi. Ma siccome questa provocazione è lanciata da un uomo della statura culturale ed etica di Galimberti, una domanda dobbiamo farcela: quanto sono consapevoli, questi nostri figli, del loro futuro incerto? Ecco, qui entra di nuovo in gioco il modo degli adulti e il senso di responsabilità collettiva che dovremmo nutrire verso gli eredi del nostro consumismo. Tanti anni fa si diceva che il futuro era nelle mani di chi credeva nei propri sogni. Oggi dobbiamo credere e vogliamo credere che ogni scelta che faremo da qui in avanti sarà capace di riscrivere la parola “speranza” nel vocabolario di tutti i nostri figli nel mondo. Mai come oggi essere ribelli è la chiave del cambiamento.
_ribelli contro l’estinzione_
Ribelli contro l’estinzione
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i laboratori di Um sinergia accoglienza inclusione DOM
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CorsiaIncanto > Animazione canora Le capacità integrative del canto per i bambini del reparto di pediatria dell’ospedale GubbioGualdo Tadino. Attività curate da un gruppo di volontarie Favolando > Letture ad alta voce per gli anziani dell’Astenotrofio Mosca Carmela de Marte Attrice e autrice calabrese, eugubina di adozione, è fondatrice della compagnia teatrale MalaUmbra e dell’omonimo spazio di produzione e divulgazione di pratiche teatrali Vedi come canto > laboratorio di artiterapie integrate per bambini Giulia Nardi è artista e arteterapeuta. Francesca Nicchi è artista e arteterapeuta. Claudia Fofi è trainer olistico voce e suono. Dis e Dintorni è un‘A.P.S. che promuove inziative volte al superamento del disagio scolastico di bambini e ragazzi con BES Body meets voice > laboratorio di body music e musica circolare per i ragazzi di due classi della prof.ssa Maria Cecilia Clementi, IIS Cassata Gattapone. Stefano Baroni è drum circle facilitator specializzato in body e circular music, musicoterapeuta e musicista
festa della voce SAB
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Cantare la voce > Improvvisazione vocale. Nel timbro e nella lingua vivono le voci dei nostri antenati, in questo laboratorio vengono sperimentati pattern che provengono dall’archivio di suoni del mondo musicale del Mediterraneo. Questo è il materiale che costituisce la base per le improvvisazioni in duo, trio e di gruppo. Anna Maria Civico è cantante, attrice, musicoterapeuta, ricercatrice indipendente e autrice Propriocezione vocale e respiratoria in chiave logopedica olistica > L’incontro è volto a chiarire le relazioni esistenti tra la produzione vocale ed i principali sistemi funizonali ad essa correlati, in particolar modo il diaframma inteso in senso posturale. Per migliorare la coscienza dei meravigliosi equilbri che regolano il nostro corpo in sinergia con la prestazione vocale artistica. Roberta Mazzocchi é logopedista presso Centro Foniatria di Spoleto. Overtune singing, canto difonico > Durante il seminario vengono insegnate le due tecniche di base del canto arminico: tecnica della cavità a una bocca con serie inferiori di sovratoni e tecnica di due cavità con serie superiori di sovratoni. Esercizi per la creazione e improvvisazione collettiva, esercizi per il controllo e per migliorare le sfumature. Tran Quang Hai è un musicista etnomusicologo vietnamita. Gira il mondo con la sua arte vocale e le sue tecniche di insegnamento
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_i laboratori_
di Umbria in Voce Ping-Pong di letture selvagge > Laboratorio di letture ad alta voce per bambini e adolescenti A cura dell’associazione “Settimana del libro” , che si occupa attivamente per la divulgazione della lettura sul territorio eugubino tramite convegni, laboratori, formazione, letture animate, ricerca. Centrarsi, sentirsi > Contattare il corpo e il respiro in una dimensione di ascolto profondo Federico Giubilei è psicologo, musicoterapeuta, diplomato in canto lirico, pianista ed esperto certificato mindfullnes Italia
Liturgia > Si entra, si zittisce la mente, si respira, si ascolta, si canta; ci si muove con l’altro in una comune pulsazione, ci si libra sulle vibrazioni prodotte dall’insieme di corpi. Si torna, si esce. Domenico Castaldo è attore, formatore, capocomico, drammaturgo, cantante, direttore artisctico del Laboratorio Permanente di ricerca sull’arte dell’attore di Torino. Il battito e il respiro > il seminario si prefigge, in un clima di accoglienza e condivisione, di esplorare le potenzialità vocali e creative di ogni partecipante tramite un approccio immediato alla tradizione musicale popolare siciliana Francesco Salvadore è cantente e percussionista specializzato nel tamburo tradizionale siciliano. E’ educatore e Gestalt Counselor, predilige l’attenzione al buon clima emotivo del gruppo in formazione. Comunicanti > il laboratorio di canti in cerchio si basa sull’improvvisazione e sull’accoglienza con particolare riguardo alla distanza linguistica che spesso ci divide dagli immigrati. La lingua usata sarà inventata sul momento. Claudia Fofi è cantautrice e autrice, musicoterapista, trainer olistico voce e suono.
Modalità di partecipazione e costi di iscrizione Si può partecipare a un solo laboratorio oppure a tutto l’evento.
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Per partecipare occorre iscriversi contattando la segreteria del festival 3394076156 - 3349843087 umbriainvoce@gmail.com
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Villa Filippetti
il vostro matrimonio con il catering che desiderate San Martino in Colle, 2 - Gubbio (PG) t. 075 922 99 47 - m. 340 83 86 004 residenzadepocafilippetti@gmail.com
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