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CITTÀ SOTTERRANEA CITTÀ SMART 1
PARTNER DEL PROGETTO Università Federico II di Napoli Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale Carmela Gargiulo - Responsabile scientifico Rosaria Battarra Adriana Galderisi Rosa Anna La Rocca Giuseppe Mazzeo Rocco Papa
Questo numero di Trasporti & Cultura è stato realizzato con il contributo del PON Ricerca e Competitività 2007-2013. Gli autori sono i soli responsabili delle informazioni contenute nella pubblicazione.
In copertina: Scala mobile nella stazione Toledo della Metropolitana di Napoli (foto di Laura Facchinelli).
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Rivista quadrimestrale settembre-dicembre 2014 anno XIV, numero 40 Direttore responsabile Laura Facchinelli Direzione e redazione Cannaregio 1980 – 30121 Venezia Via Venti Settembre 30/A – 37129 Verona e-mail: info@trasportiecultura.net laura.facchinelli@alice.it per invio materiale: casella postale n. 40 ufficio postale Venezia 12, S. Croce 511 – 30125 Venezia Comitato Scientifico Giuseppe Goisis Prof. Ord. di Filosofia Politica, Università Ca’ Foscari, Venezia Cristiana Mazzoni Parigi - Prof. HDR, Ecole Nationale Supérieure d’Architecture, Strasburg Marco Pasetto Prof. Ord. di Strade, ferrovie e aeroporti, Università di Padova Franco Purini Prof. Ord. di Composizione Architettonica, Università La Sapienza, Roma Enzo Siviero Prof. Ord. di Tecnica delle costruzioni, Università IUAV, Venezia Zeila Tesoriere Prof. Ass. di Composizione Architettonica e Urbana, Università di Palermo - LIAT ENSAP-Malaquais Maria Cristina Treu Prof. Ord. di Urbanistica, Politecnico di Milano La rivista è sottoposta a referee Traduzioni in lingua inglese di Olga Barmine La rivista è pubblicata on-line nel sito www.trasportiecultura.net 2014 © Laura Facchinelli Norme per il copyright: v. ultima pagina Editore: Laura Facchinelli C.F. FCC LRA 50P66 L736S Pubblicato a Venezia nel mese di dicembre 2014 Autorizzazione del Tribunale di Verona n. 1443 del 11/5/2001 ISSN 2280-3998
75 QUALITÁ DELLE INFRASTRUTTURE NEL PAESAGGIO: IL CASO DELL’EURASIA TUNNEL A ISTANBUL 5 STAZIONI E CITTÁ di Laura Facchinelli
7 LA DIMENSIONE SOTTERRANEA DELLA CITTÁ: FUNZIONALITÁ E SMARTNESS DEL PROGETTO URBANISTICO
di Enzo Siviero, Michele Culatti, Viviana Martini, Luigi Siviero e Alessandro Stocco
83 PROPOSTE E SOLUZIONI INTEGRATE DI GOVERNANCE ENERGETICA ALLA SCALA URBANA di Carmela Gargiulo e Floriana Zucaro
di Giuseppe Mazzeo
15 I NUOVI ORIZZONTI DELLA SMART CITY: LA CITTÁ SOTTERRANEA di Rocco Papa e Raffaella Niglio
21 LA CITTÁ SOTTERRANEA. UN COROLLARIO DELLA CITTÁ COMPATTA di Michael Boisvert
29 HELSINKY, LA CITTÁ SULL’ACQUA VA IN SOTTOSUOLO di Oriana Giovinazzi
37 LA RIQUALIFICAZIONE DE LES HALLES. CREARE LA VITA DELLA CITTÁ NELLE SUE TRE DIMENSIONI di Marion Girodo
43 LO SVILUPPO DELLA MOBILITÁ SOTTERRANEA IN ASIA: LE LINEE METROPOLITANE DI SHANGHAI E TOKYO di Laura Russo
51 METROPOLITANE, STAZIONI SOTTERRANEE E SISTEMAZIONI URBANISTICHE di Alessandra De Cesaris
59 LA STAZIONE GARIBALDI DELLA
METROPOLITANA DI NAPOLI: TRA RIQUALIFICAZIONE URBANA E NUOVI USI DEGLI SPAZI SOTTERRANEI di Rosaria Battarra e Antonello De Risi
67 IL SOTTOSUOLO URBANO DA SPAZIO VITALE AD ATTRAZIONE TURISTICA di Rosa Anna La Rocca
89 CRYPTA NEAPOLITANA: NON SOLO UN TUNNEL di Graziano Ferrari e Raffaella Lamagna
95 ARCHITETTURA SOTTERRANEA TRA VENUSTAS E UTILITAS di Carmela Fedele
101 A TRATTO CONTINUO E A TRATTO SPEZZATO: LA MERAVIGLIOSA INSOSTENIBILITÁ DELLA CINA di Emanuele Saurwein
109 ARCHITETTURA, UNA BIENNALE DI RICERCA di Laura Facchinelli
115 VERSO LA CITTÁ SMART: UN APPROCCIO SCIENTIFICO, UN LIBRO di Floriana Zucaro
119 UN CONVEGNO SULL’ALTA VELOCITÁ A VERONA di Viviana Martini
121 UN CONVEGNO A NAPOLI. IL N. 40 DELLA RIVISTA. L’UNDICESIMA EDIZIONE DEL PREMIO TRASPORTI & CULTURA
TRASPORTI & CULTURA N.40
Underground city, smart city by Laura Facchinelli
This issue of the magazine addresses a particularly relevant and crucial theme of our time: the “smart” city. Being “smart” means understanding that the world is changing rapidly and that it is essential to run with it in the same direction. It means being converted to the digital revolution and to embrace its extraordinary potential (with due critical perspective). And therefore to welcome innovation, which is engaging and transforming every sector. It means to embrace the multiplicity and fluidity of knowledge and values: fearlessly, tenaciously, to acquire more new tools. Enthusiastically, with curiosity and a perennially “youthful” approach. With intelligence, and at the same time a sense of ethics, with a mind to the interests of the collectivity, which require limiting the consumption of resources, developing “sustainable” projects that respect the climate, well-being, the landscape, the future.
The crucial node for collective living is the city. In the future, an increasing number of men and women will populate urban areas, which are already dense and compact and stressed by traffic, pollution, the complicated process of managing services, the expressions of distress. Citizens are demanding modern and efficient tools, that can regulate activities and offer breathing room for individual lives and democracy. One of the tools to make the city more “intelligent” and “easier” is to dig underground (which technology has made easier than ever) in order to claim new spaces. Not only to move subways (and passengers, who temporarily give up natural light, for the sake of speed), but also to build areas meant for gathering, shopping, entertainment. The spaces must therefore be harmonious, and developed as real architectural works visible only from the inside. They must rely on lighting to distract and pacify the soul, which could feel somewhat illat-ease about being underground. Light sources are important, as are colours, and well-selected materials. And systems of decoration that eschew the aggressive banality of special effects and focus on good taste, creativity, art. Taking that extra step past mono-thematic functionality to open up to spiritual needs. For all the above reasons, this issue of Trasporti & Cultura is dedicated to the city, understood as a complex entity that can find additional resources underground to foster modernization, introduce sustainability, offer protection, peace, wellbeing. There are many interesting and suggestive examples to be seen. Such as Montréal and Helsinki, with have created super-organized and perfectly livable spaces underground. Paris, which is working on the complex site of Les Halles, to bring together transportation, shopping, everyday life. Istanbul, which at the start of this millennium has become a bridge between Europe and Asia, thanks to the infrastructures that cross the Bosphorus Strait. And the Asian cities, which have understood the added value of underground transportation systems. And here in Italy, Naples, which in building its subway system chose to invest in art, to regenerate the urban environment with beauty. An idea which this magazine considers to be an emblem of conciliation between the technical and the humanistic cultures. In Naples, at the Engineering Department of the Università Federico II, there will be a conference organized by the curator of this issue, Prof. Giuseppe Mazzeo. During the proceedings, the winners will be announced for this year’s Trasporti & Cultura Prize for non-fiction, now in its eleventh edition. Forty is a round number, and an important step for us: that is why we chose such a powerful theme. Issue number 20 was dedicated to research into “Economic development, landscape and identity”, with a focus on countries that are developing rapidly – China and India, above all – and are being overwhelmed by Western consumer drives and architectural forms. Towards a world that is the same all over. 20 issues later, in an update on modernization, we feature an essay on Chinese thinking, which starts with architecture to conduct a more in-depth investigation. To encourage us to read the signs of a millenary culture, which are still alive despite the image it offers on the exterior. It is thus important to overcome the prejudices of the past and our Western perspective. We need open minds. To live “smart”, rethinking the relationship between ourselves and the world.
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TRASPORTI & CULTURA N.40
Città sotterranea, città smart di Laura Facchinelli
Questo numero della rivista affronta un tema attualissimo e ormai irrinunciabile: la città concepita in modalità smart. Essere “smart” vuol dire aver compreso che il mondo sta cambiando rapidamente e che è necessario andare nella stessa direzione. Vuol dire convertirsi alla rivoluzione digitale e accoglierne le potenzialità straordinarie (pur col dovuto senso critico). E quindi assecondare l’innovazione, che investe e trasforma ogni settore. Vuol dire cavalcare la molteplicità e fluidità dei saperi e dei valori: senza paura, con tenacia, per acquisire sempre nuovi strumenti. Con entusiasmo, con curiosità, con perenne “giovinezza”. Con intelligenza, dunque, e al tempo stesso con senso etico, con la mente rivolta agli interessi della collettività. Che richiedono contenimento dei consumi delle risorse, interventi “sostenibili”, e dunque rispettosi del clima, del benessere, del paesaggio, del futuro. Il nodo cruciale del vivere collettivo è la città. Sempre più uomini e donne, in futuro, popoleranno le aree urbane, che già oggi sono dense e compatte, in tensione: per la congestione, l’inquinamento , la complicata gestione dei servizi, le espressioni del disagio. I cittadini reclamano strumenti moderni ed efficienti, capaci di disciplinare le attività e dare respiro alla vita del singolo e democrazia. Uno degli strumenti per rendere la città più “intelligente” e “leggera” è quello di scavare nel sottosuolo (sempre più facile, grazie alle tecnologie) così da ricavare nuovi spazi. Non solo per far correre i convogli della metropolitana (e i passeggeri, che provvisoriamente rinunciano alla luce naturale, pur di far presto), ma anche per insediarvi luoghi per la sosta, gli acquisti, il divertimento. E dunque gli spazi devono essere armoniosi, studiati come vere e proprie architetture visibili solo dell’interno. Affidando all’illuminazione il compito di distogliere, pacificare l’animo un po’ turbato dal sentirsi sotto-terra. Occorrono fonti di luce, dunque, e poi colori e materiali scelti con cura. E apparati decorativi che, respingendo la banalità aggressiva degli effetti speciali, accolgano buon gusto, creatività, arte. Compiendo così il passo che dal mono-tema della funzionalità possa aprirsi alle esigenze spirituali. Per tutte queste ragioni, questo numero di Trasporti & Cultura è dedicato alla città, intesa come entità complessa capace di cogliere, nella dimensione underground, le risorse utili per modernizzare, introdurre sostenibilità, offrire protezione, tranquillità, piacevolezza. Gli esempi sono molti, interessanti, suggestivi. Come Montréal e Helsinki, che sotto terra hanno saputo creare spazi superorganizzati e pienamente vivibili. Parigi, che sta lavorando al nodo complesso di Les Halles, fra trasporti, commercio, vita quotidiana. Istanbul, che in questo inizio di millennio assume il ruolo di ponte fra Europa e Asia, grazie alle infrastrutture di attraversamento del Bosforo. Poi le città asiatiche, che hanno capito il valore aggiunto dei servizi di trasporto sotterranei. E, da noi, Napoli che, nel realizzare la rete di metropolitana, investe sull’arte, per riqualificare l’ambiente urbano attraverso la bellezza. Un’idea che, per noi della rivista, è emblema della conciliazione fra tecnica e cultura umanistica. Proprio a Napoli, presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Federico II, si svolgerà un convegno organizzato dal curatore del numero, prof. Giuseppe Mazzeo. Nel corso dei lavori verranno proclamati i vincitori del Premio Trasporti & Cultura per libri di saggistica, giunto quest’anno all’undicesima edizione. 40 è un numero tondo, per noi un passaggio importante: per questo abbiamo scelto un tema così forte. Il numero 20 lo avevamo dedicato alle ricerche su “Sviluppo economico, paesaggio e identità”, con lo sguardo rivolto ai paesi in rapida evoluzione, soprattutto nel continente asiatico. La preoccupazione espressa era quella di vedere le grandi civiltà – Cina e India, soprattutto – travolte dalle spinte consumistiche, come dalle forme architettoniche, dell’Occidente. Verso un mondo tutto uguale. 20 numeri dopo, ospitiamo, con l’aggiornamento sulla modernizzazione, anche un saggio-testimonianza sul pensiero cinese che parte proprio dall’architettura per scendere nel profondo. Per indurci a leggere, al di là delle immagini esteriori, i segni ancora vivi di una cultura millenaria. È necessario, allora, superare i preconcetti legati al passato e al punto di vista del nostro Occidente. Occorre apertura. Come quella che, per vivere smart, ci induce a ripensare la relazione fra noi e il mondo.
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La dimensione sotterranea della città: funzionalità e smartness del progetto urbanistico di Giuseppe Mazzeo
The Great Stink colpì Londra nell’estate del 1858. Il contemporaneo verificarsi della bassa portata del Tamigi e del caldo intenso di quell’estate rese l’aria della città irrespirabile perché le acque reflue non trattate, insieme a tutto il materiale organico che veniva normalmente scaricato nel fiume, andavano a riversarsi in un letto quasi asciutto che non consentiva la loro ossidazione e il loro smaltimento verso il mare.
Origini della “città di sotto” L’impatto di questo fenomeno sulla vita della capitale del più grande impero dell’epoca fu tale da avere implicazioni notevoli sulla storia della città accelerando la realizzazione di una serie di progetti che vennero successivamente realizzati nel sottosuolo londinese. Nel 1859, il Metropolitan Board of Work approvò il progetto di rete fognaria di Sir Joseph Bazalgette; esso prevedeva 1.800 km di fognature stradali connesse a 134 km di collettori principali canalizzati fuori dalla città e connessi successivamente agli elementi terminali del sistema, ossia agli impianti di depurazione. Sei anni dopo, nel 1865, era pronta la parte fondamentale della rete che, comunque, eliminava definitivamente il rischio che la città si ritrovasse a vivere quell’incubo. Sempre a Londra nel 1863 venne inaugurata la prima linea della metropolitana, altra fondamentale infrastruttura realizzata nel sottosuolo, un’opera che ha fatto da apripista a tutte le grandi città del mondo in quanto ha reso evidente la possibilità di spostare in sotterraneo una funzione basilare modificando radicalmente, da quel momento, il modo di utilizzare le città. Questo numero di Trasporti & Cultura si occupa di città e strutture sotterranee. Esse possono essere viste come semplici elementi puntuali la cui realizzazione è funzionale solo alla risoluzione di un problema, oppure come elementi di un sistema che utilizza la dimensione sotterranea per allocarvi funzioni e volumi, rappresentando così un valido supporto alla città. La esplicitazione di questo carattere sistemico rappresenta una sfida nel processo di pianificazione della città in quanto mette in evidenza come i sistemi urbani si evolvano grazie all’apporto di elementi che via via si inseriscono nel loro complesso equilibrio. Gli articoli che sono pubblicati in questo numero rappresentano una testimonianza significativa delle potenzialità insite nell’utilizzazione dello spazio sotterraneo delle città, ma anche un inventario delle problematiche che possono crearsi nel
The city’s underground dimension: functionality and smartness in city planning by Giuseppe Mazzeo The city is facing serious problems due to the unsustainability of its form and its impact on the environment; the underground city is thus an interesting approach to building a sustainable city. To consider the third dimension under our feet means to imagine a future where it is possible to transfer functions and activities, thereby improving the environmental balance of urban structures. Not all the cities are in a position to benefit from this possibility, but new possibilities exist and new urban structures are within man’s reach. In major cities, it is an important consideration for urban planning, because the underground is an important resource and using it could have considerable consequences on urban performance. The utilization of underground space is an opportunity to develop new meaning in the planning process, which should be open to every opportunity that exists within the urban scenario, but also careful to ensure sustainability in building the urban space. Mobility, commerce, logistics, leisure are some of the functions that could be transferred to the underground spaces, to enrich and develop new possibilities for the city. This paper analyses some of the primary factors in the building of urban underground spaces, identifying another way to enrich the concept of smart (or intelligent) city. In fact, if we think that a smart city is where innovation and urban vitality are concentrated, we could say that underground spaces can also contribute actively to this new image of the city.
Nella pagina a fianco, in alto: Wieliczka, Polonia, in prossimità di Cracivia le miniere di sale di Wieliczka sono state trasformate in percorso turistico (foto di Peter Reed, www.flyckr.com, licence Creative Common). In basso: un tratto originale della rete fognaria di Londra realizzata nella seconda metà dell’Ottocento (fonte: London Sewers © EUInfrastructure. com).
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TRASPORTI & CULTURA N.40 momento in cui certe strade vengono imboccate. Per questo è opportuno mantenere uno spirito “laico”, in cui le illusioni siano sostituite da una corretta sperimentazione capace di portare a risultati concreti. Ciò che si vuole evidenziare è il fatto che la città sotterranea sia una alternativa possibile, da mettere in conto se l’insieme dei costi e dei benefici economici, ambientali e comportamentali la rende abbordabile.
Esistenza di una urbanistica sotterranea Si può affermare che i vantaggi e i problemi che interessano la città non sono, nel corso del tempo, mutati molto tra di loro. La città è un luogo che nasce per rendere migliore la vita di coloro che ci abitano, per rendere più cospicui gli scambi che vi si svolgono, per consentire una maggior velocità delle relazioni che si instaurano. La città coniuga tali attività in funzione del perio-
1 - Parigi, Museo dell’Orangerie. Sistemazione del percorso museale sotterraneo, in prossimità delle sale dedicate alle Ninfee di Monet. Foto dell’autore.
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do storico nel quale si trova ad operare, adeguando le sue strutture sulla base delle possibilità offerte dall’innovazione tecnologica. Maggiori sono queste possibilità più ardita è la risposta tecnica che si può presumere possa essere fornita. Tra le risposte tecniche alle esigenze urbane sono da annoverare anche quelle che hanno condotto a costruire strutture sotterranee artificiali e ad aumentarne le volumetrie e le capacità in rapporto a nuove esigenze che via via si sono venute a creare. L’utilizzazione crescente degli spazi sotterranei, normalmente delimitata ad una funzione e sviluppata come azione progettuale, ha fatto sorgere la possibilità di una sistematizzazione delle iniziative possibili all’interno di una vera e propria “urbanistica sotterranea”. Essa, secondo Beguinot (1967, 14-15), avrebbe una sua matrice culturale che è da ritrovare nella tradizione francese «dell’illuminismo progressista, tendente alla razionalizzazione delle funzioni urbane». A testimonianza di questa posizione vengono citate opere come il Falansterio di Charles Fourier, che possiede gallerie sotterranee per il passaggio da un padiglione all’altro,
TRASPORTI & CULTURA N.40 o la città ideale di Icaria, immaginata da Etienne Cabet nel 1840, dotata di canali sotterranei per i rifiuti e di sistemi meccanizzati per il trasporto verticale di merci. Se l’utopia ottocentesca era limitata da problemi tecnici, in particolare dalla mancanza di adeguate soluzioni a questioni come la sicurezza degli scavi, l’illuminazione e l’aerazione, è all’ingegneria che bisogna attribuire l’individuazione delle soluzioni tecnologiche che renderanno utilizzabile lo spazio sotterraneo come spazio costruibile e fruibile. Nel frattempo la rivoluzione industriale e i cambiamenti sociali che ne sono stati la diretta conseguenza accrescevano le criticità connesse alla vita urbana e moltiplicavano le necessità di queste strutture insediative, rendendo frenetica la ricerca delle migliori soluzioni ai problemi dell’abitazione, del lavoro, della mobilità e del tempo libero. La moltiplicazione dei bisogni urbani e degli spazi essenziali alla loro realizzazione ha modificato sia le necessità di base che le modalità con le quali essi possono essere soddisfatti mediante risposte che – in termini urbani – sono state contemporaneamente funzionali, dimensionali e spaziali. Per Utudjian (1967, 30) «… l’introduzione in urbanistica della terza dimensione, intesa sia come sviluppo in altezza che come utilizzazione del sottosuolo (…) coincide storicamente con la nascita dell’urbanistica moderna, e, nella sua formulazione più lucida ed esauriente, si manifesta nel pensiero di Le Corbusier. Allorché si delinea e prende ad affermarsi l’idea di utilizzare il sottosuolo per allocarvi delle strutture tridimensionali, e non più soltanto delle reti impiantistiche, si cominciano anche a porre tutta una serie di problemi».
ticali ed orizzontali sotterranei può creare poli di concentrazione funzionale. In questo quadro è evidente la necessità di ripensare all’uso dello spazio urbano – intendendo per spazio urbano non una superficie bidimensionale ma uno spazio a tre dimensioni che si estende sia in elevato che in profondità – agendo nella direzione del miglior uso possibile delle potenzialità offerte da tale spazio e con l’avvertenza che esso non è infinito. La crescente aliquota di popolazione mondiale che è anche popolazione urbana fa sì che i fattori critici e i problemi che si presentano nelle città divengano sempre più complessi, soprattutto di fronte ad agglomerazioni urbane sempre più estese e tendenzialmente incontrollabili. La dimensione quantitativa del fenomeno e la scarsa capacità politica di affrontarli tende a renderli irrisolvibili e ad accumulare nuovi fenomeni connotati da elevata negatività (Kim 2014) anche se, da un punto di vista razionale, è necessario ragionare in termini logici approfondendo la ricerca di soluzioni strategiche d’insieme in cui la pianificazione e la gestio-
2 - Leonardo da Vinci, La città ideale, 1488-1489. 3 - Parigi, Il Louvre. I lavori di sistemazione del museo hanno riportato alla luce le strutture di base interrate del palazzo medioevale. Oggi fanno parte del percorso museale. Foto dell’autore.
Pianificazione e gestione dello spazio urbano a tre dimensioni All’interno del sistema urbano lo spazio può essere usato in tre modi: il primo è l’uso esteso della superficie a due dimensioni che fa da interfaccia tra terra ed aria e che, nel corso degli ultimi anni, ha assunto sempre più i caratteri del bene da preservare; il secondo è l’uso del volume al di sopra della superficie, che sta dando luogo a fenomeni diversissimi che vanno dalla corsa verso la realizzazione di grattacieli o, comunque, al successo della città verticale, alla diffusione urbana a bassa densità che caratterizza i processi espansivi urbani; il terzo, infine, è l’uso dello spazio al di sotto della superficie che, per sue caratteristiche, presenta anch’esso aspetti molto delicati, a partire dal fatto che per utilizzarlo è necessario eliminare quantità anche rilevanti di materiale di scavo più o meno consistente e che la creazione dello spazio non avviene in un volume inerte, bensì in uno dove sono presenti fenomeni fisici e meccanici di tipo dinamico, spesso rilevanti. La terza dimensione, quella che crea i volumi, ha caratteristiche diverse se considerata all’esterno o all’interno della superficie terrestre. Nel caso dello spazio sotterraneo, infatti, il volume può svilupparsi in verticale, come per i volumi esterni, ma anche in orizzontale, e creare nodi che si connettono attraverso reti di mobilità o di altro tipo, anche se si può affermare, paradossalmente, che la tipologia di reti che è possibile creare nello spazio sotterraneo è più ampia che in superficie e nello spazio aereo. Inoltre, la realizzazione di spazi ver9
TRASPORTI & CULTURA N.40 ne delle città sono strumenti fondamentali per un corretto uso delle risorse (Bobylev 2009). Ciò significa, tra le altre cose, anche introdurre una pianificazione a tre dimensioni nella quale l’utilizzo del sottosuolo può rappresentare una delle chiavi fondamentali per garantire alle città una efficiente funzionalità e un corretto sistema di utilizzo delle risorse. Senza dimenticare il ruolo che può essere svolto da una razionale localizzazione delle funzioni urbane, con lo spostamento nel sottosuolo di quelle che possono esservi facilmente posizionate. Nell’ottica della riduzione del carico complessivo sul suolo urbano, due sono i sistemi di azione da considerare quando si parla di attività da svolgere in ambiti posti al di sotto della superficie: - l’individuazione delle funzioni trasferibili in ambiti sotterranei e la relativa analisi delle volumetrie, delle superfici necessarie e delle soluzioni tecniche atte a renderle realizzabili; - il ruolo della mobilità sotterranea, che non si riduce solo alla creazione di canali e nodi di scambio con l’esterno, ma si estende alla individuazione di funzioni che possono essere favorevolmente influenzate dalla presenza delle reti, sempre nell’ottica della riduzione dei carichi di superficie. Questi sistemi di azione vanno visti come strettamente connessi tra di loro e strettamente connessi con il resto del sistema urbano. In genere l’uso dello spazio sotterraneo basato solo sulla funzione mobilità non modifica le traiettorie evolutive urbane in quanto si ha a che fare con due layer che non hanno una connessione se non nei punti nei quali è possibile accedere alla rete sotterranea. In questa situazione la città esterna continua a svilupparsi e a modificarsi senza variare apparentemente le traiettorie rispetto ai modelli precedenti. L’obiettivo è pervenire ad una città “a spessore” interconnessa e funzionale, come sostenuto già nel 1488 da Leonardo da Vinci, senza con ciò ritornare alla utopia dell’urbanistica e dell’architettura anni Sessanta, che sembrava non conoscere nessun ostacolo. A ciò è da riferire quanto scritto,
4 - Napoli, Catacombe di San Gennaro. Di origine romana, le catacombe sono state utilizzate fino ai giorni nostri. Oggi sono in fase di recupero e rilancio turistico. Foto dell’autore.
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ad esempio, da Beguinot (1967, 16) per il quale il: «modello “a spessore” (…) può evidentemente realizzarsi qualunque sia lo schema organizzativo della struttura urbana (diluito, compatto) e con qualsiasi maglia viaria di supporto (a scacchiera, radiocentrica)» con ciò non ponendosi alcun limite di tipo economico – essendo quella un’epoca di sviluppo impetuoso – né di tipo ambientale, mancando ancora una coscienza chiara sui limiti di sostenibilità dei sistemi ecologici ed energetici.
Elementi per la costruzione di un sistema urbano sotterraneo Quanto detto in precedenza e gli esempi internazionali più rilevanti rendono possibile la formulazione di una serie di indicazioni che, più che principi, si connotano come caratteri che possono guidare razionalmente il processo di utilizzo del sottosuolo da parte degli utenti della città. Queste indicazioni definiscono un percorso da applicare di volta in volta in rapporto alle esigenze locali. Non esiste un’urbanistica sotterranea senza un lavoro coordinato di tecnici di diverse specializzazioni. Urbanisti, geologi, idraulici, trasportisti, illuminotecnici ed esperti di condizionamento ambientale rappresentano le figure maggiormente interessate dai processi di costruzione della città sotterranea, senza dimenticare altre figure che possono essere interessate come, ad esempio, archeologi o paleontologi. L’urbanistica sotterranea è l’introduzione della terza dimensione nel campo urbanistico. L’urbanistica lavora normalmente su due dimensioni, preoccupandosi in modo marginale delle conseguenze spaziali delle volumetrie ipotizzate e degli spazi predestinati a funzioni ed attività. L’inserimento della terza dimensione nelle previsioni urbanistiche è il presupposto che ha sviluppato il disegno urbano che, però, si è concentrato sulla terza dimensione esterna. Il passaggio ulteriore e necessario è il coinvolgimento della terza dimensione
TRASPORTI & CULTURA N.40 interna, in modo da avere una urbanistica che in modo completo si interessi della distribuzione di volumi e di funzioni in tutte le dimensioni spaziali. La strutturazione dei punti nodali (in termini quantitativi, funzionali e formali) che permettono il collegamento tra esterno e sottosuolo rappresenta un momento delicato della pianificazione. Essi rappresentano il luogo del passaggio e, come tale, devono essere soggetti a particolari attenzioni dal punto di vista delle soluzioni architettoniche, in modo da creare le migliori condizioni di vivibilità degli spazi. Si può ragionevolmente ipotizzare che in corrispondenza di densità esterne più elevate sia più favorevole la realizzazione di funzioni sotterranee. Pur se nella dimensione sotterranea cambia il concetto di zoning, resta la constatazione logica che maggiori concentrazioni antropiche di superficie comportano maggiori necessità di spazi anche in profondità, anche perché il processo di espansione in superficie non può essere infinito per cui diviene interessante guardare a spazi sotterranei da utilizzare con la migliore conformazione possibile per la localizzazione di specifiche funzioni. La dimensione sotterranea può essere utilizzata in modo diverso in funzione della profondità, per cui è utile ragionare in termini di rapporto tra profondità e tipo di funzione. La relativa libertà nella utilizzazione dello spazio sotterraneo fa sì che sia possibile ragionare in termini di differenziazione funzionale sia alla stessa quota che a quote diverse, con incastri funzionali e volumetrici che possono essere di grande interesse.
Costi e benefici nell’utilizzazione del sottosuolo In passato si è guardato agli spazi sotterranei soprattutto per tre ragioni (Parker, 2004): perché sorgeva la necessità di un rifugio sicuro; perché era necessario proteggersi dai pericoli e dai danni alla persona in conseguenza di eventi naturali e non;
perché, infine, erano necessari spazi di deposito per beni di grande importanza. L’utilizzazione dello spazio sotterraneo è una scelta di politica urbana che interagisce con molteplici problematiche; basti pensare che la pianificazione dell’uso del sottosuolo urbano rappresenta una operazione in cui competenze diverse vengono interrelate con l’obiettivo di costruire un efficiente progetto di uso dello spazio. Vi sono molti fattori chiave da considerare in relazione all’uso del sottosuolo e tali fattori possono essere valutati sia positivamente (in termini di benefici) che negativamente (in termini di costi). Sono benefici la riduzione del carico urbanistico di superficie e il contributo alla sostenibilità ambientale; sono da valutare attentamente (e possono divenire rischi) le problematiche geologiche derivanti da una scorretta investigazione delle caratteristiche del sottosuolo, la necessità di bonifiche, l’incidenza delle vibrazioni e le problematiche di interazione tra suolo e sottosuolo. In maniera più analitica i benefici nell’uso degli spazi sotterranei possono essere riassunti come seguono (Chow et al. 2002; Parker 2004; Mazzeo 2008): - un più efficiente uso del suolo e un miglioramento delle qualità ambientali. Il potenziale di uso del sottosuolo in spazi urbani congestionati è elevato e può consentire il trasferimento di funzioni in modo che la superficie possa essere utilizzata più efficacemente e razionalmente, ad esempio realizzando attrezzature urbane a basso impatto ambientale; caso specifico è il trasferimento del traffico urbano in sotterranea, con la conseguente disponibilità di nuovi spazi in superficie; - un miglioramento dell’estetica urbana in seguito alla rimozione di strutture invasive ad alto impatto visivo e paesaggistico come parcheggi, strade e strutture di supporto; - un incremento della sostenibilità dovuta alla eliminazione di infrastrutture e manufatti e alla loro sostituzione con altre funzioni e materiali a basso impatto;
5 - Napoli, stazione Università della Linea 1 della metropolitana. Sala biglietteria con le sculture di Karim Rashid dal titolo “Conversational profile”. Foto dell’autore.
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6 - Le dimensioni dello spazio urbano: orizzontalità a più livelli e verticalità nelle due direzioni.
un più efficiente uso dell’energia dovuto all’isolamento naturale del terreno, alla sua capacità di assorbire il rumore e alla possibilità di conseguire più efficienti modalità di controllo della temperatura degli ambienti; - una grande capacità di protezione da condizioni climatiche estreme; - una maggiore sicurezza complessiva per le funzioni che necessitano di particolari protezioni da agenti atmosferici o da aggressioni naturali o antropiche. Gli aspetti negativi sono relazionati in particolare ai seguenti fattori: - la pericolosità delle operazioni di scavo in relazione al tipo di suolo in cui si opera; - i rischi naturali derivanti da eventi sismici o da riempimento dei volumi da parte dell’acqua; - il rischio antropico derivante da possibili incidenti e dall’inevitabile scarsità del numero e della disposizione delle uscite; - la consistenza del costo di realizzazione in relazione al tipo di progetto e alle tecniche utilizzate. La riduzione dell’incidenza dei fattori negativi ha a che fare con elementi e con momenti diversi, connessi sia alla fase di progettazione che a quella di realizzazione che a quella di gestione; a ciascuna di esse sono associabili specifici elementi di criticità la cui risoluzione concorre alla migliore definizione delle problematiche iniziali.
Verso città sotterranee smart Il paragrafo precedente ha definito costi e benefici della città sotterranea individuando i principali elementi tecnici ed economici che ne condizionano la realizzazione. È possibile estendere il ragionamento nell’ottica della città sotterranea come contributo ad una città più intelligente, ossia più attenta alla sostenibilità dei sistemi antropici. La città sotterranea è un sistema di spazi urbani nel quale può svolgersi una parte della vita di un utente della città. Porre volumi e funzioni sotto il livello della superficie significa creare una alternativa ad una localizzazione di superficie. Già questo comporta una riduzione degli impatti negativi sull’ambiente che alcune funzioni portano con sé. Alcuni dei vantaggi dello spostamento di funzio12
ni e volumi al di sotto della superficie terrestre sono individuabili nella sua indifferenza a condizioni meteorologiche severe, nella presenza di uno spazio silenzioso, nella possibilità di realizzare volumi senza che ciò sia intrusivo per il paesaggio circostante, nella possibilità di utilizzare spazi con una temperatura base media costante grazie all’isolamento termico della massa volumetrica che circonda lo spazio. Ciò porta ad una condizione di grande efficienza energetica potenziale e alla possibilità di agire su di essa mediante limitate azioni di adeguamento, in un’ottica di attenzione all’ambiente che può essere accentuata se si ricorre anche ad energie rinnovabili. Tra gli svantaggi da considerare sono quelli derivanti dalla necessità di un attento sistema di controllo delle acque; la possibilità che avvengano allagamenti di volumi sotterranei è elevatissima, come sottolineato anche da Boisvert nel suo articolo, e ciò rende necessario dotare questi volumi di sistemi di isolamento e di drenaggio delle acque. Esiste inoltre una naturale difficoltà a pensare al sottosuolo come ad uno spazio da utilizzare per condurre la propria vita, anche se nessuna ipotesi di sviluppo sotterraneo prevede permanenze di media o lunga durata. Intanto vi è un aspetto psicologico che si manifesta per una sorta di naturale claustrofobia dell’uomo e per una inconscia reminiscenza della caverna come del luogo dal quale l’uomo è uscito per conquistare il mondo. Inoltre gli aspetti connessi alla interazione tra fisiologia umana e rapporto con l’aria aperta sono tali da rendere impossibile tale evenienza. È evidente che questi aspetti sono teoricamente risolvibili dal punto di vista tecnico, ma possono essere tenuti presenti per rendere vivibile uno spazio sotterraneo che resti uno spazio di uso temporaneo e non uno spazio di uso permanente. Con le tecnologie oggi sviluppate è possibile trasformare gli spazi sotterranei dando loro l’aspetto di spazi altamente vivibili. Ad esempio la luce naturale può esservi diretta mediante light tubes. Così come è possibile ricreare macchie di verde utilizzando sistemi di illuminazione che rendano possibile la reazione clorofilliana. Inoltre la città sotterranea è un processo che può portare a nuove interpretazioni della vivibilità dello spazio; ciò è possibile, ad esempio, mediante architetture sotterranee che emergono in superficie con volumi che ne sono la continuità e che rendono possibile l’inserimento di tecnologie a vantaggio degli spazi sotterranei. Al di là degli aspetti psicologici, rilevanti sono gli aspetti di tipo tecnico-economico connessi alla utilizzabilità di questo spazio. Di seguito se ne elencano alcuni: - la tipologia di suolo che viene ad essere interessata dagli scavi e che porta a costi differenziati in funzione della sua consistenza, della permeabilità, della presenza di falde o percolazioni liquide. I materiali scavati possono essere riutilizzati in loco o comunque riusati; - la dimensione degli spazi e i costi relativi alle strutture sotterranee da progettare e realizzare. In particolare, le opere sotterrane devono essere realizzate con caratteristiche progettuali tali da evitare che esse si dimostrino insufficienti per la funzione cui sono destinate, dato che adeguamenti volumetrici e di superficie d’uso sono molto più complessi in profondità; - le problematiche connesse agli aspetti fisicotecnici, ossia la necessità di garantire un certo
TRASPORTI & CULTURA N.40 livello di temperatura, la necessità di areare in modo artificiale gli spazio, la necessità di prevedere un sistema di illuminazione quanto più vicino a quello naturale, sono importanti e possono costituire un costo rilevante del progetto; - le opere sotterranee necessitano di condizioni di sicurezza maggiori che le medesime in superficie, quindi la loro progettazione ha necessità di confrontarsi con standard più elevati e con un controllo continuo in fase di operatività; - il costo complessivo delle opere è tale che lo studio e la realizzazione di volumi e funzioni sotterranee va accompagnata da un’ipotesi più generale di programmazione che giustifichi lo sviluppo di progetti tecnicamente complessi e l’esecuzione di opere economicamente rilevanti. Un fattore particolare da considerare consiste nella complessità strutturale che la città presenta, soprattutto in alcune realtà come quella italiana. La città è un sistema complesso che è formato da parti diverse, alcune anche molto antiche e di grande rilievo storico-architettonico. La preservazione di questi pezzi di città è fondamentale per mantenere i caratteri della città e la sua memoria. Questo assunto, ormai entrato nelle politiche di tutela di moltissimi paesi, si trasforma in una crescente impossibilità di realizzare cambiamenti fisici radicali che, però, non nega la possibilità di utilizzare il sottosuolo per allocarvi funzioni sotterranee che evitino di intaccare il patrimonio esistente. È evidente, quindi, che in aree urbane altamente strutturate dal punto di vista della storia urbana è necessario considerare tra i benefici anche l’inserimento di nuove funzioni che non incidano sul costruito esterno e sulla sua conformazione urbanistica e architettonica. Tali benefici, pur difficilmente monetizzabili, non rientrano tra quelli trattabili. Per dirla con Utudjian (1967, 28) i problemi da risolvere, connessi alla utilizzazione dello spazio sotterraneo, sono molti e anche pesanti, sia urbanisticamente che finanziariamente, e lo sono «ancora di più per quelle città – come è nel caso della maggior parte di quelle italiane – in cui l’ambiente presenti valori urbanistici ed architettonici di rilevante interesse storico-artistico. Di fronte a certe preesistenze ambientali, di fronte a certi tessuti urbani, a certi “paesaggi architettonici”, diviene addirittura impensabile un intervento che utilizzi soluzioni» normalmente adottate nei centri urbani dove al posto dei centri storici è presente una downtown senza storia. È evidente, quindi che è possibile pensare alla città sotterranea come ad una applicazione diretta dei principi e delle tecnologie smart. I primi sono relativi al miglior uso possibile delle risorse e alla preservazione di quelle degradabili (suolo, patrimonio storico-architettonico) o non rinnovabili (energia). I secondi sono relativi all’applicazione di tecnologie di costruzione e a sistemi di controllo e gestione dello spazio sotterraneo che utilizzino la rete come vettore di trasmissione delle informazioni necessarie al controllo degli spazi e al loro uso ottimale. La città sotterranea, quindi, come possibile applicazione di principi sostenibili di costruzione dello spazio antropico.
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I nuovi orizzonti della Smart City: la città sotterranea di Rocco Papa e Raffaella Niglio
Questa ricerca ha l’obiettivo di individuare e valutare le potenzialità dell’uso del sottosuolo urbano in relazione ad un approccio “smart” alle realtà metropolitane oggi in profonda crisi a causa dell’inquinamento, del cambio climatico e della crisi delle risorse energetiche. Nella seconda parte del XX secolo le aree urbane, per dare risposta alla crescente domanda di funzioni e quindi di spazi, hanno occupato, a macchia d’olio, tutte le aree circostanti i centri esistenti con un’espansione prevalentemente “orizzontale”, dovuta alla possibilità di insediare nuove attività al di fuori dei centri stessi e di utilizzare il trasporto privato per soddisfare le esigenze legate agli spostamenti ed agli approvvigionamenti. Questa crescita, nella maggior parte dei casi, non è stata accompagnata da progetti d’uso equilibrati e sostenibili ma è avvenuta attraverso un consumo diffuso ed indiscriminato di suolo. Ne è conseguito un impoverimento in termini urbanistici e ambientali dovuti alla congestione, all’aumento dei tempi di percorrenza delle arterie di collegamento, all’innalzamento dei livelli di inquinamento, soprattutto atmosferico, alla mancanza di spazi verdi ed all’insufficienza di risorse idriche (Parriaux et al. 2006). Al contrario, all’interno di aree consolidate e ad elevata densità, oltre ai benefici diffusi derivanti dall’aggregazione che favorisce il coinvolgimento dei suoi cittadini, dalla molteplicità di culture, classi sociali e servizi che convivono, dalla ri-qualificazione e trasformazione di luoghi esistenti in nuovi e stimolanti scenari urbani, sembrano esserci chiari e convincenti benefici soprattutto ambientali. Un’organizzazione compatta della città può permettere, da un lato, di tenere sotto controllo la dispersione insediativa evitando l’urbanizzazione di territori rurali, e, dall’altro, di incentivare la mobilità pedonale e ciclabile, come pratiche utili non solo a migliorare la qualità urbana e la vivibilità degli spazi pubblici ma anche a ridurre gli spostamenti con l’auto e dunque gli impatti negativi sull’ambiente urbano oltre che sulla salute e sulla sicurezza dei cittadini (Papa 2008). Una città densa, inoltre, è in grado di risparmiare molta più energia rispetto ad una città diffusa perché, in virtù della prossimità di edifici e di quartieri, la fornitura di energia risulta più economica (Besner 2002). Un modello urbano compatto che ottimizza anche l’uso del sottosuolo può contribuire positivamente allo sviluppo sostenibile di una città: i benefici derivano non solo dalla riduzione del carico urbanistico di superficie, con un calo del 20-30% della densità di superficie, ma anche dal contributo alla sostenibilità ambientale, dovuto alle proprietà isolanti del terreno, dal miglioramento dell’estetica urbana, dalla maggiore fattibilità realizzativa in
The new horizons of the Smart City: the underground city by Rocco Papa and Raffaella Niglio This paper illustrates the results of an investigation into the technical and functional feasibility of using underground space for locating activities within new models of cities that rely on new technologies, integrated systems for monitoring efficiency and above all joint policies. These cities can be defined as “smart cities”. Over 50 years ago, the pioneers of underground planning, led by Edouard Utudjian, pleaded for a responsible use of the subsurface as an appropriate solution to the problems that afflict most compact cities, such as air pollution and congestion. They encouraged integrated planning above and below ground. However, over the past half century, the partial use of the underground has often been driven by speculative interests or, at best, by construction needs. Since the early 90’s, European researchers have scientifically analyzed the implications of extensively using the underground. Considering the city as a single “multi-level system”, urban planning techniques and tools can rely on an integrated approach to define strategies, plans and projects for a multidimensional city, identifying the actions that could complete the city surface and contribute to governing territorial transformations in the most congested areas. Ongoing research shows that underground space can play a major role in achieving greater sustainability if it is conceived and designed at the urban scale and in coordination with surface planning. Problems caused by the lack of coordination are illustrated and the early achievements of a “smart” approach are reviewed.
Nella pagina a fianco, in alto: G-Cans Project, infrastruttura sotterranea per la deviazione di acque da inondazione, Grater Tokyo Area (http:// www.watertechnology.net/). In basso: Hibiya Common Utility Duct, tunnel unico di raccolta di tutte le infrastrutture sotterranee, Grater Tokyo Area (http://www.bigempire.com/).
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TRASPORTI & CULTURA N.40 quanto non condizionata dalle condizioni climatiche, dalla capacità di protezione da condizioni climatiche estreme, dalla maggiore sicurezza nei confronti di funzioni ed impianti che, sebbene necessari, sono causa di profondi e radicali mutamenti dell’ambiente circostante (Lunardi 1995, Mazzeo 2008).
1 - Masterplan per lo sviluppo sotterraneo di Helsinki (City of Helsinki, http://www. hel.fi/)
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L’idea di integrare l’utilizzo del sottosuolo nella pianificazione urbanistica nasce negli anni precedenti la seconda guerra mondiale quando, nel 1933, Édouard Utudjian fondò, a Parigi, il Groupe d’ètude et de coordination de l’urbanisme souterrain (GECUS) il quale, nel 1935, diede vita alla rivista intitolata Le monde souterrain e nel 1937 organizzò, sempre nella capitale francese, il Primo Congresso di Urbanistica Sotterranea, durante l’Exposition International des Arts et Techniques. Il modello di città parigino degli anni ‘30, infatti, nella sua forma né estesa né concentrata in altezza ma ugualmente già densa dal punto di vista urbano, offriva già interessanti ed urgenti spunti di riflessione circa la convenienza del trasferimento nel sottosuolo di quelle attrezzature che, senza alcun inconveniente, avrebbero permesso all’organismo urbano di decongestionarsi e di compensare la sua dotazione di spazi verdi, spesso insufficiente. Da allora e per più di trent’anni, il gruppo di studio ha promosso numerose occasioni di incontro, in diverse capitali europee, sul tema dell’utilizzo del sottosuolo urbano come sede di servizi ed attrezzature, concepiti all’interno di una matrice integrata ed utile a soddisfare le pressanti esigenze della città di superficie. In particolare, durante uno dei seminari organizzati a Napoli, presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, nell’anno accademico 1966-1967, dall’allora Istituto di Architettura e di Urbanistica, e più precisamente nel primo incontro ad aver avuto luogo in un’università italiana sul tema dell’urbanistica sotterranea, Édouard Utudjian esponeva la sua idea di urbanistica sotterranea come soluzione ai problemi posti dalla nuova civiltà urbana all’organismo-città. L’utilizzazione del sottosuolo ha precedenti molto lontani nel tempo che, tuttavia, limitavano la penetrazione nel suolo ad occasioni puntuali o settoriali, legate ad una molteplicità di esigenze tecnico-impiantistiche edilizie, non coordinate né integrate all’interno di programmi organici. Proprio questi ultimi rappresentano l’innovazione prima introdotta dai teorici della moderna urbanistica sotterranea e poi portata avanti, nel corso degli anni ‘90, da diversi gruppi di studio. L’International Tunnelling and Underground Space Association (ITA) ha coordinato, a partire dal 1990, diversi studi nei suoi paesi membri indagando sugli aspetti amministrativi e legali connessi all’espansione nel sotterraneo. Ne sono emersi due scenari: uno prevedeva che la destinazione funzionale della superficie si applicasse anche allo spazio sotterraneo sottostante indipendentemente dalle sue caratteristiche specifiche; l’altro, invece, rilevava la totale assenza di normative specifiche per l’uso del sottosuolo. Proprio questo indusse il gruppo ad invocare politiche nazionali e locali per fornire linee guida, criteri e classificazioni al fine di valutare usi appropriati dello spazio sotterraneo, individuando le condizioni geologiche, definendo gli usi prioritari e risolvendo potenziali conflitti di utilizzo (Parriaux et al. 2006). Tra il 1994 ed il 1996, uno studio finlandese intitolato Underground Space in Land Use Planning esa-
mina lo stato della pianificazione del sottosuolo nelle città più grandi della Finlandia, le utilizzazioni correnti e le esigenze future, giungendo a definire un metodo di base per la classificazione delle potenzialità dello spessore sotterraneo e per la valutazione di altri fattori quali l’impatto ambientale ed i costi. Inoltre fa parte del progetto di ricerca finlandese anche una proposta di pianificazione a diversi livelli integrata da alcune procedure di autorizzazione per lo sviluppo di spazi sotterranei (Ronka et al. 1998). Tra il 1995 ed il 1996 viene condotto uno studio da parte del Warren Centre for Advanced Engineering dell’Università di Sidney, intitolato Underground Space Project, sui molteplici usi dello spazio sotterraneo capaci di garantire migliori condizioni di vivibilità in città. Lo studio si sviluppa sulla base di tre presupposti: un approccio frammentario non ottimizza le potenzialità presenti né le sue future prestazioni; esistono molte declinazioni d’uso dello spazio sotterraneo aldilà di quelle più ovvie; i processi decisionali non possono prescindere dalla conoscenza delle tecniche di costruzione e dalle condizioni geologiche del sotterraneo. Questa ricerca ha poi portato alla definizione di questioni strategiche circa la pianificazione del sottosuolo: dalle implicazioni ambientali, ai trasporti, alle questioni legali, agli aspetti geotecnici, alle possibilità di finanziamento etc. Nella seconda metà degli anni ‘90 il Centre for Underground Construction della Delft University of Technology ha indagato sul potenziale di utilizzo del sottosuolo urbano verificando la sua applicabilità nelle province dense del Randstad (Edelenbos et al. 1998, Monnikhof et al. 1998, Monnikhof et al. 1999). Lo studio ha permesso di definire le funzioni che sono più adatte ad essere collocate al di sotto della superficie, di individuare le aree con larghi margini
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di utilizzo dello spazio sotterraneo ed identificare quali sviluppi possono essere favoriti o sfavoriti dall’utilizzo del sottosuolo. Tutto ciò è confluito in una metodologia di valutazione di supporto al processo decisionale attraverso interventi di natura prevalentemente amministrativa e linee-guida di indirizzo. Nei primi anni del 2000 lo stesso gruppo di ricerca ha invece approfondito alcune questioni-chiave della pianificazione sotterranea: il mantenimento dei livelli delle falde acquifere sotterranee, la protezione dei beni di valore archeologico ed ambientale, lo sviluppo di metodologie per investigare e mappare la presenza di infrastrutture sotterranee e le condizioni geologiche esistenti. I risultati di questa ricerca consentono di mettere a punto una metodologia di approccio al mondo sotterraneo in chiave “smart”. Uno dei paradigmi dell’approccio smart city prevede che comunità di cittadini attivi, con un livello medio di conoscenza della tecnologia ed interconnessi, possano utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per supportare le tradizionali infrastrutture, coordinandole ed integrandole con le nuove tecnologie digitali. Dunque si può affermare che combinazioni di questo tipo tra infrastrutture e tecnologie, volte a migliorare ed automatizzare i processi all’interno delle città, possono svolgere un ruolo fondamentale nelle città del futuro (Fernàndez et al. 2014). La pianificazione urbanistica, oltre ad affrontare le sfide derivanti dalla crescita della popolazione urbana e dalla necessità di fornire buone condizioni di vita, sia socio-economiche che ambientali, è chiamata ad integrare l’uso delle tecnologie digitali nei suoi programmi al fine di migliorare le performance urbane. Il fenomeno Smart City può quindi favorire l’uso
del mondo sotterraneo per riequilibrare la città contemporanea, integrando le funzioni di superficie attraverso reti interconnesse di infrastrutture sotterranee. Secondo alcune analisi svolte dall’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’ambito del progetto Smart Underground Cities, le conseguenze dell’enorme sviluppo demografico dei grandi centri urbani sono, infatti, da un lato, la crescente domanda di prodotti e servizi innovativi e dall’altro la necessità di mitigare gli effetti delle catastrofi naturali, di valorizzare le risorse del sottosuolo (es. falde acquifere, fluidi geotermici) e di realizzare nuove infrastrutture strategiche (es. pipeline energetiche, reti di trasporto). Ogni intervento di pianificazione urbana necessita di un’approfondita caratterizzazione geologico-geofisica del sottosuolo ormai denso di impianti, parcheggi e reti di mobilità, frutto di interventi indipendenti, settoriali ed operati in epoca diversa attraverso una serie di sovrapposizioni. È necessario un approccio olistico con un’ottica sistemica finalizzata alla caratterizzazione delle principali proprietà fisiche del sottosuolo basato sulla piena integrazione delle più moderne tecnologie geofisiche di esplorazione del sottosuolo (es. tomografia sismica attiva e passiva, tomografia a microonde, tomografia di resistività), sensoristica avanzata (es. fiber optics, MEMS) e tecnologie ICT (es. web-gis, web-services, web-sensors) per la visualizzazione e la modellazione di dati geologici e geofisici del sottosuolo. Questa metodologia vuole integrare le più moderne tecnologie abilitanti per l’esplorazione geofisica del sottosuolo (attive e passive; dirette e indirette; multisorgente e multi risoluzione) e le nuove tecnologie ICT per la modellazione dei dati geospaziali (Cornacchia 2013). L’aspetto originale ed innovativo di questo approccio consiste nella possibilità di realizzare un sistema di tomografia geofisica integrata 3D e 4D del sottosuolo che potrebbe diventare un prodotto fondamentale da inserire in ogni intervento e/o studio di pianificazione urbanistica ed all’interno di ogni sistema di autorizzazione riguardante futuri ampliamenti, realizzazioni scaglionate nel tempo o necessità di manutenzione. Operazioni di questo tipo sono in grado di prevenire utilizzi non compatibili del terreno, hanno più larghi margini di attuazione e garantiscono una certa competitività economica degli interventi, in quanto assicurano migliori performance urbane alla città. In questo modo le grandi competenze acquisite nel campo della sensoristica e dell’erogazione di servizi avanzati alle pubbliche amministrazioni permettono di rispondere in maniera “intelligente” alle esigenze attuali fornendo vantaggi per l’intera collettività all’interno di un bilancio globale di carattere urbanistico. Il risultato di un approccio smart al mondo sotterraneo può manifestarsi attraverso un’ottimizzazione della sicurezza del sistema sottosuolo grazie ad un continuo scambio di informazioni e dati tra organismi di vigilanza e di controllo, società di servizi e cittadini. I vantaggi possono essere: - l’accesso immediato ai dati aggiornati, per accelerare il processo di pianificazione, lo sviluppo e il controllo di opere; - l’integrazione dei dati sotterranei con i dati territoriali per la ricerca di reti situate in zone a rischio (idrogeologico, idraulico, sismico...) e che necessitano di un monitoraggio specifico; - la disponibilità di app e dispositivi a realtà au17
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2 - A sinistra in alto: ambiti di utilizzo dello spazio sotterraneo (Wenjun et al., 2007). 3 - A sinistra in basso: profondità realizzabili per uso in sotterraneo (Evans et al., 2009). 4 - Al centro in alto: processo di modellazione Gis 3D del sottosuolo (Merritt et al., 2009). 5 - Al centro in basso: esemplificazione grafica di una metodologia di supporto alla pianificazione per l’uso sostenibile spazio sotterraneo (Makana e al., 2014).
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mentata nella gestione quotidiana delle reti di servizi e per ottimizzare gli interventi di emergenza; - il coinvolgimento dei cittadini, invitati a segnalare, attraverso i loro smartphone, eventuali guasti delle reti di servizi (crowd-sourcing) (Cabello 2014). La città sotterranea può completare la città di superficie influenzando positivamente l’uso del territorio e le relative direttrici di sviluppo. Progettate e gestite, le infrastrutture che alloggiano nel mondo sotterraneo possono, in molti casi, migliorare la qualità della vita più di analoghi servizi collocati in superficie. Una pianificazione coordinata ed integrata dello spazio sotterraneo, adeguata e completa, multidimensionale, comunitaria ed a lungo termine, è di vitale importanza per un ambiente urbano sostenibile. Le azioni da sviluppare possono essere, in prima approssimazione, le seguenti: - individuare le metodologie e le procedure per l’integrazione dei servizi sotterranei con il sistema urbano complessivo attraverso la previsione coordinata di attività che favoriscano lo sviluppo tecnologico; - sviluppare ed incoraggiare l’uso di un sistema per la raccolta di dati, l’archiviazione e l’accessi-
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bilità a tutti gli operatori coinvolti nei processi decisionali; disciplinare l’uso del sottosuolo come parte di un ambiente urbano in evoluzione e, in quanto tale da progettare e conservare accuratamente ,favorendo un uso ottimale ed a lungo termine nell’ottica della sostenibilità locale; operare un monitoraggio serrato delle condizioni del sottosuolo urbano a seconda delle caratteristiche geologiche e dell’uso; migliorare l’intersettorialità e l’interdisciplinarietà degli approcci alla pianificazione urbanistica sotterranea per garantire uno sviluppo urbano ed economico sostenibile (NCR, 2013).
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La città sotterranea, un corollario della città compatta di Michael Boisvert
La densità possiede, agli occhi degli urbanisti due qualità, quella del bello se l’urbanista è architetto, quella del reale se è ingegnere. Nonostante alcuni effetti negativi, troviamo la densità così attraente da imporla in tutti i piani regolatori urbani: alcuni la vedono come condizione per realizzare un trasporto collettivo competitivo o per rendere più significativo l’uso di mezzi di trasporto attivi, altri la vedono come una forma a supporto della plurifunzionalità, alla base di ogni sviluppo umano produttivo e resiliente, altri ancora come il contesto in cui determinare l’uso ottimale dello spazio tridimensionale (Nishi et al., 2007). La densificazione porta alla città compatta, che si eleva non solo in altezza e in profondità, ma anche in continuità (Mazzeo 2008). È possibile scorgere subito alcuni degli effetti negativi di questo processo nell’incremento del prezzo dei suoli e nella tendenza al suo monopolio. Questi effetti possono essere mitigati combinando insieme la presenza di nodi urbani con la densità, ossia distribuendo nella città aree a densità variabile. Il modello più comune che emerge è la città multipolare, con poli di attività che diventano anche nodi di trasporto. Punto nodale strategico di questa gerarchia tanto celebrata dalla teoria delle località centrali (Derycke P-H. 1992) è la città nella sua parte centrale. Una delle questioni chiave è determinare la quota di questo spazio compatto che dovrà essere accessibile al pubblico. Ma anche l’accessibilità è un concetto che, sebbene fondamentale in urbanistica, rimane vago nella sua applicazione (Auray et al. 1994). Vi è infatti da mettere in conto il fattore tempo: ciò che è accessibile a mezzogiorno non lo è più dodici ore dopo e, in spazi compatti, esiste un periodo di funzionamento della rete di trasporto metropolitana, un periodo di apertura dei negozi e un periodo, dai contorni sfocati, di apertura degli uffici. Un altro fattore è quello umano, che può rientrare in una serie estesa di categorie: ci sono le persone che si comportano bene e non si assembrano senza autorizzazione, quelli che sostano nei luoghi pubblici destinati al traffico pedonale, sui marciapiedi, nelle piazze e nei parchi, quelli che stanno nei corridoi delle reti pedonali sotterranee di proprietà privata, con o senza permesso di occupare spazi di dominio pubblico o servitù di passaggio. Ma ci sono anche coloro che possono essere classificati come utenti: da quelli che vanno alla stazione della metropolitana a coloro che cercano di incontrarsi nel loro negozio preferito, a quelli che sono attesi dal dentista o che hanno un appuntamento con il loro fornitore e la cui presenza è ben accolta finché prevale la loro posizione di cliente.
The underground city, a corollary of the compact city by Michael Boisvert The interior city, briefly defined as the set of buildings held together by a climate-controlled walkway system, is a corollary to the compact city. It eases the congestion and land price increases which come with densification. It also provides a safe and efficient answer to the increasing bad weather occurrences resulting from climate change. Yet a more intensive use of underground space brings less flexibility in terms of future land use changes as well as greater vulnerability to floods. Overall, there should be a widespread increase in the development of interior cities in all types of metropolitan areas, especially in emergent countries.
Nella pagina a fianco: ruelle des Fortifications presso l’edificio del Centro del Commercio Mondiale di Montréal.
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TRASPORTI & CULTURA N.40 Dopo una breve introduzione dedicata al caso di Montréal, che servirà di supporto alla nostra riflessione, si esamineranno in successione le principali caratteristiche, positive e negative, della città sotterranea considerata come un corollario della città compatta in quanto capace di dotarla di caratteristiche particolarmente importanti in un momento in cui si approfondisce il problema dei cambiamenti climatici.
Il caso Montréal Nel 1962 venne inaugurato Place Ville-Marie, per l’epoca un complesso multifunzionale gigantesco, realizzato in quello che doveva trasformarsi
1 - Giornate con presenza di intemperie negli anni 2001 e 2012. (Fonte: www.past.meteomedia.com). 2 - Evoluzione della citta sotterranea di Montréal tra il 1962 e il 2012.
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nel (nuovo) centro economico della città. Era dotato di due tunnel sotterranei che lo collegavano alla Gare Centrale e all’Hotel Reine Elisabeth. Questi due tunnel saranno l’inizio di una rete pedonale sotterranea, ma più ancora l’inizio della città sotterranea, almeno secondo la definizione dell’Observatoire de la ville intérieure, per la quale essa è un «Insieme di edifici collegati da linee pedonali protette, appartenenti a più proprietari, che offrono una varietà di funzioni, compreso il trasporto collettivo, il commercio al dettaglio, spazi per uffici e per attività di tempo libero, basati su accordi con le autorità locali per l’occupazione dello spazio pubblico». (www.observatoiredelavilleinterieure.ca) A questo proposito, è da sottolineare che la socie-
TRASPORTI & CULTURA N.40 tà Canadien National (CN) era proprietaria della stazione, dell’hotel e delle linee ferroviarie su cui venne costruito il complesso residenziale. Quanto alle autorità locali, esse non avevano dovuto concedere permessi di occupazione del suolo pubblico per la costruzione dei tunnel per il fatto che lo spazio al di sotto del Boulevard René-Lévesque era di proprietà di Canadien National. La rete pedonale interrata di Montreal, la RÉSO, ha una lunghezza che supera i 30 chilometri. La metà di questa corrisponde alla rete primaria, quella che permette, quasi sempre in sotterraneo, di spostarsi da un isolato all’altro, mentre l’altra metà è costituita da percorsi che permettono di accedere alla rete primaria a partire dagli ingressi esterni, di muoversi in alcuni edifici, tra cui centri commerciali, su più livelli o ancora di utilizzare percorsi secondari nello spazio sotterraneo. La carta di questa città tridimensionale in divenire mostra bene come il periodo di massima espansione della RÉSO sia stato tra gli anni ‘70 ed ’80, periodo nel quale essa è stata collegata con le stazioni della metropolitana, inaugurata nel 1966, e con le stazioni ferroviarie più antiche di cui era in corso la ricostruzione. Ai giorni nostri, ci sono circa 120 edifici collegati alla città sotterranea, appartenenti ad una trentina di diversi proprietari immobiliari, il principale dei quali è la Ivanhoe Cambridge, una società controllata dalla Caisse de Depot et Placement del Quebec, che possiede o gestisce quasi un terzo di tutto lo spazio commerciale (uffici, commercio, servizi) nel centro della città. Più specificamente RÉSO permette di accedere a più di 2.000 tra attività commerciali, ristoranti e boutique, a 54 parcheggi sotterranei, per un totale di 21.300 posti auto, ad 8 hotel, pari al 34% dell’offerta nel centro della città, a 10 sale teatrali, per concerti e spettacoli, a 2 musei e a 2 multisale cinematografiche.
La densificazione pedonale e il bisogno di reti pedonali alternative Se in una determinata zona aumenta l’intensità di occupazione, ne consegue necessariamente un aumento della densità pedonale. Tuttavia, per evitare la congestione dovuta ai viaggi e ridurre il rischio di sovraccarico sulle aree di circolazione automobilistica e, di conseguenza, l’aumento degli incidenti che interessano i pedoni, le autorità locali hanno il dovere di espandere l’area disponibile per il traffico pedonale. Ed è qui che interviene la terza dimensione con i suoi tunnel e i suoi passaggi aerei. Meglio ancora, perché non coinvolgere anche lo spazio privato, vale a dire le aree di fondazione degli edifici che occupano la città compatta o ancora i loro piani superiori? Questo principio venne compreso presto da Matthew Lawson, urbanista capo della città di Toronto, che, nel 1964, fece adottare dal Consiglio Comunale un piano urbanistico che metteva in evidenza la separazione dei traffici e coinvolgeva nell’operazione i nuovi grattacieli del centro di Toronto (Boisvert, 2011). Vennero proposte alcune misure per incentivare la creazione di una rete pedonale sotterranea, con la concessione di sovvenzioni che coprivano fino al 50% del costo di costruzione di tunnel sotto le strade pubbliche esterne. Nello spesso periodo a New York per operazioni similari erano stati concessi bonus di densità per i promotori che accettavano di accogliere canali di transito pedonale nel loro sottosuolo o che dotavano i loro spazi aperti di superficie di zone di circolazione o di relax (Kayden 2000). Montréal, invece, non ha mai contribuito finanziariamente alla costruzione dei tunnel delle reti sotterranee pedonali; si è servita, però, di altri strumenti come l’enfiteusi,
÷ ÷ 3 - Percentuale di trasporto collettivo per gli edifici collegati e non collegati, in rapporto alla fascia di reddito familiare, nelle città di Montréal e Toronto (tab. 1).
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4 - Quota del trasporto collettivo per gli edifici raccordati e per quelli non raccordati come differenziale di durata dello spostamento tra il luogo di residenza e il luogo di lavoro, per Montréal et Toronto (tab. 2) .
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TRASPORTI & CULTURA N.40 l’assegnazione di corsie, e la garanzia della sua autorevolezza nel processo di adozione dei piani generali per far sì che gli spazi attrezzati in prossimità delle stazioni della metropolitana fossero dotati di passaggi posti sotto la strada pubblica. È possibile valutare le caratteristiche del modello nordamericano in opposizione a quelle del modello giapponese, mostrando le diversità esistenti. La proporzione della rete posta sotto lo spazio pubblico è molto diversa tra i due casi: in America settentrionale, la rete primaria scorre in primo luogo negli spazi sotterranei degli edifici del centro; di conseguenza, la parte posta sotto le strade, i parchi e gli spazi pubblici si aggira intorno al 1015%. Nelle metropoli giapponesi è vero piuttosto il contrario, perché la configurazione della rete pedonale protetta assomiglia a quella delle reti di pubblica utilità come l’acqua, l’energia elettrica o il gas naturale; ogni edificio è invitato a connettersi alla rete pedonale principale, che poi è posta per il 10% nello spazio pubblico, mentre tutta la rete secondaria è in area privata. In materia di pianificazione, il modello nordamericano richiede la partecipazione di un gran numero di proprietari immobiliari, ciascuno dei quali possiede un segmento della rete. Uno dei problemi che si pongono di fronte all’evoluzione della città sotterranea nord-americana sarà pertanto l’eventualità di disfunzioni dovute al frazionamento della proprietà, per cui potrebbe essere necessario cercare formule intermedie, introducendo maggiori vincoli nella pianificazione della rete. Inoltre, uno dei temi del modello giapponese è quello di riversare una parte del costo di implementazione e mantenimento della rete sui residenti locali, che sono a ben guardare i primi beneficiari. Ma per alcuni, i beneficiari sono maggiormente gli utenti e, per estensione, le amministrazioni pubbliche che sono responsabili dell’offerta di zone di circolazione pedonale negli spazi pubblici, anche se, per fare questo, devono utilizzare spazi sotterranei.
Causalità reciproca: reti pedonali sotterrane e trasporto collettivo rapido
5 - Vista in sezione di un passaggio pedonale nel Quartiere Internazionale. Fonte: Daoust Lestage Inc. Architecture, Design urbain.
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La rete metropolitana è senza dubbio il fattore primario nello sviluppo di percorsi pedonali sotterranei. Sarebbe sorprendente trovare una rete pedonale primaria in sotterraneo che non fosse alimentata da una rete di linee metropolitane. Più la dimensione del trasporto collettivo cresce, maggiori sono le possibilità per la rete pedonale sotterranea di ingrandirsi. Ma può essere vero anche l’inverso? L’estensione del RÉSO ha permesso un aumento della quota di trasporto pubblico? Per rispondere a questa domanda, nel 2007 è sta-
to condotto un sondaggio che ha interessato un campione di persone che lavorava nelle aree centrali delle città di Toronto e Montréal, cercando di determinare se il semplice fatto di lavorare in un edificio collegato alla città sotterranea e, quindi, di occupare, in rapporto all’accesso alla rete metropolitana, una posizione favorevole, avesse influenzato la percentuale degli utenti del trasporto pubblico. Nell’ultima riga della tabella 1, è possibile vedere che ci sono dieci punti percentuale di differenza a favore degli edifici collegati alla rete sotterranea. È possibile attribuire questo aumento di utenza ad un “effetto RÉSO”? La composizione di ciascun gruppo in tre categorie di reddito, ad esempio, permette di constatare senza sorpresa che più il reddito familiare aumenta più aumenta il ricorso all’automobile privata, e questo per ciascuna delle due categorie di edifici. Tuttavia, poiché nel nostro campione vi è una quota leggermente più grande di persone ad alto reddito che lavora in edifici collegati a RÉSO, lo scarto tra le due serie di edifici è leggermente accentuata dall’inclusione di questo fattore. Che cosa influenza il differenziale di durata dei percorsi, tenendo in considerazione tutte le parti del percorso pedonale? Una prima osservazione è sorprendente: la quota di trasporto pubblico aumenta con la durata del viaggio. Va detto che le aree centrali sono ben servite in termini di trasporto pubblico in quanto vi convergono la rete metropolitana, quella ferroviaria proveniente dai centri periferici e il trasporto rapido mediante autobus. Nel corso della ricerca si sono sviluppate due isocrone per ogni modalità, una a 30 e l’altra a 60 minuti in relazione a due destinazioni dell’area centrale: la prima che raggruppava edifici collegati o in prossimità della RÉSO, l’altra in edifici non collegati al RÉSO. Gli schemi (fig. 7) che riproducono queste aree di servizio sull’insieme dell’area metropolitana mostrano chiaramente che, ogni qualvolta esiste un segmento di RÉSO che serve destinazioni nel centro della città, si crea una concorrenza molto forte tra il trasporto pubblico e il trasporto privato, così come vi sono differenze marcate nel tracciato delle isocrone nel caso in cui gli edifici per uffici sono posti o meno in prossimità della rete pedonale protetta. Le isocrone del trasporto pubblico relativamente al primo sottogruppo sono significativamente più grandi rispetto a quelle del secondo, presumibilmente perché la vicinanza alla rete pedonale protetta riduce notevolmente la lunghezza del tratto finale del percorso, ossia quello che raggiunge la destinazione. Per stabilire l’influenza del differenziale di durata, si sono dovute assemblare su base spaziale tutte le scelte effettuate. Piuttosto che ricorrere a una misura cardinale, è stato costruito un indice ordinale con tre classi di differenziale: - I = nessun beneficio o indifferenza (la differen-
TRASPORTI & CULTURA N.40 za tra le due modalità è inferiore a 5 minuti); TC = vantaggio del trasporto collettivo (differenza superiore a 5 minuti a vantaggio del trasporto pubblico); - A = vantaggio del trasporto automobilistico (differenza superiore a 5 minuti a vantaggio del trasporto autoveicolare). L’indice è stato costruito facendo uso della localizzazione residenziale di tutti coloro che hanno risposto in rapporto alle isocrone che sono state costruite. Nei casi in cui i tempi di percorrenza dichiarati (in auto o mezzi pubblici) sono uguali o inferiori a 30’, gli stessi vengono classificati come “A”, se sono al di sotto delle isocrone 30’ come auto e al di sopra di 30’ come trasporto collettivo, come “I” se entrambe sono al disotto dell’isocrona 30’, infine, come “TC” se sono al disotto dell’isocrona 30’ per il trasporto collettivo ma al di sopra dell’isocrona 30’ per il trasporto automobilistico. Per quanto riguarda i casi nei quali la durata del trasporto è dichiarata superiore a 30 minuti, essi sono classificati in classe “A” se sono al di sopra delle due isocrone dei 60’ o se sono al disotto dell’isocrona dei 60’ per l’automobile ma al di sopra dell’isocrona dei 60’ per il trasporto collettivo; sono classificate in classe “I” se sono al di sotto delle isocrone 60’ per i due modi; infine, sono classificate in classe “TC” se sono al disotto dell’isocrona 60’ per il trasporto collettivo e al di sopra di quella dei 60’ per il trasporto automobilistico. -
I risultati ottenuti sono molto interessanti. In primo luogo, non è sorprendente che, nonostante il vantaggio di una data modalità di trasporto, essa non venga scelta da tutti gli occupati, poiché questo beneficio è variabile ed altri fattori sono coinvolti nella scelta modale. Piuttosto va notato che, come previsto, il vantaggio per il transito pubblico aumenta da una classe all’altra. Si osserva anche che il vantaggio per gli edifici collegati è più pronunciato a Montréal e Toronto: l’ipotesi più probabile è che la riduzione della durata del movimento pedonale in prossimità del luogo di lavoro, nel caso di edifici collegati, sia trascurabile per il trasporto pubblico. Infine, dobbiamo ammettere che la propensione a utilizzare il trasporto pubblico per il semplice fatto che il posto di lavoro appartiene alla città sotterranea è leggermente attenuata dal fatto che una percentuale più elevata di persone che lavorano in edifici collegati hanno un domicilio indifferente o a vantaggio del trasporto pubblico (l’89,5% contro il 71,8% a Toronto e l’84,6% contro il 77,1% a Montréal) ... a meno che non abbiano scelto questo domicilio proprio per l’esistenza di questa risorsa! L’ultimo fattore esaminato è stato il costo della sosta. Senza dubbio questo fattore è un disincentivo importante per l’uso dell’automobile. Ciò è evidente più a Montréal che a Toronto, dove gli edifici collegati alla città sotterranea impongono prezzi
più alti. Ma ci sono delle eccezioni, per cui è difficile concludere non riconoscendo che lo sviluppo della rete pedonale sotterranea ha comunque avuto un influsso positivo sulla quota modale del trasporto pubblico nel centro della città, sia a Toronto e Montréal.
6 - Modelli di rete pedonale protetta.
Aumento dei periodi di maltempo e crescita della domanda per spazi protetti Quando è stato chiesto ai visitatori le ragioni che spiegano ai loro occhi perché a Montréal si è sviluppata una rete pedonale sotterranea così vasta, il clima rigido è stato citato spontaneamente, in particolare il freddo e la durata dell’inverno. Ma quando poi si fa riferimento al piccolo numero di città nordiche che dispongono di tali reti e si menzionano città come Singapore, Dallas o Shenzhen, dove sono già disponibili reti consolidate, il dubbio sorge. Far emergere questa soluzione per il
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7 - Aree di servizio negli orari di punta, per modo di trasporto, per gruppo di destinazione e per isocrone fino a 30 e 60 minuti.
movimento pedonale in una zona compatta significa soddisfare contemporaneamente diverse condizioni, anche se il fattore climatico può assumere molte forme: caldo torrido, umidità, pioggia persistente. E il disagio avvertito da una persona dipende più da fattori soggettivi: il suo lavoro, il suo reddito, il suo stile di vita. A questo proposito, anzi, non possono essere scartate come candidate alla nascita di sistemi urbani sotterranei le megalopoli del sud del mondo o anche molte città più piccole che dispongono di rilevanti risorse finanziarie, come, ad esempio, quelle provenienti dai giacimenti petroliferi o dal turismo internazionale. Tuttavia, i cambiamenti climatici in corso sono dovuti certamente ad un innalzamento delle temperature, processo ancora piuttosto lento, che crea anche un aumento dei fenomeni connessi al maltempo, come l’incremento del numero e della durata delle catastrofi naturali (uragani, eruzioni vulcaniche, terremoti, tornado, ecc.). Ad eccezione delle inondazioni, un pericolo che interessa la stragrande maggioranza delle città se non altro a causa della loro vicinanza al mare o ad un corso d’acqua naturale, la regione di Montréal ha poco da temere. L’esame minuzioso delle condizioni meteorologiche che l’hanno caratterizzata fino all’inizio del millennio è piena di insegnamenti. Per segnalare la rigidità del clima la figura successiva (fig. 1) mostra tre indicatori calcolati nel 2001 e 2012 e uno impostato come media degli ultimi tre anni. La percentuale di giorni dell’anno in cui la temperatura media è stata inferiore a -10° è il primo indice che molti a Montréal salutano posi26
tivamente: una tale media implica periodi della giornata con una temperatura inferiore a -15°, tale da costringere le persone a stare al riparo. D’altra parte, a Montréal, si è osservato un valore poco inferiore ad 1 giorno su 20 (4,7% nel 2001 e 4,6% nel 2012) al di sotto di questa soglia. Certo, altri indicatori o altri fattori sono ugualmente necessari per spiegare l’ascesa del RÉSO! Un approccio più “generoso” relativamente al rigore del clima suggerisce come indice la percentuale di giorni con presenza di precipitazioni: erano il 42,3% nel 2001 e il 34,3% nel 2012, circa un giorno su tre. La differenza tra i due anni è importante, ma può essere considerato un dato irregolare che sembra contraddire le previsioni connesse ai cambiamenti climatici. A meno che non sia data maggiore importanza all’intensità e alla frequenza del maltempo che, a nostro parere, è un indicatore più completo, maggiormente capace di spiegare l’influenza del clima sulla preferenza per la circolazione sotterranea. Tale indicatore può essere la percentuale di giorni in cui la temperatura media è inferiore a -10° o, in alternativa, la percentuale di giorni con precipitazioni superiori ai 5 mm. I risultati questa volta sono il 14,2% nel 2001 e 19,1% nel 2012, una quota crescente, ma che rimane inferiore alla percentuale di giorni con raffiche di vento con velocità superiore a 30 km, anche se quest’ultima è un’informazione non disponibile su base annua. Se è vero che le reti pedonali protette saranno sempre più richieste non solo a causa dell’aumento delle condizioni di maltempo ma, secondo un’altra interpretazione, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione, dobbia-
TRASPORTI & CULTURA N.40 mo anche dire che i rischi di inondazioni sono anch’essi in aumento e sono quelli più dannosi per le strutture sotterranee.
La maggiore rigidità nella pianificazione del sottosuolo Al 31 dicembre 2012, la città sotterranea di Montréal collegava 69 complessi edilizi per un totale di 113 edifici, dei quali poco più della metà (62) erano destinati ad ospitare uffici: il resto erano edifici destinati a grandi funzioni collettive (38), edifici commerciali (9) ed edifici residenziali (5). La mappa della rete RÈSO presentata sopra (fig. 2) mostra il periodo temporale nel quale gli edifici sono stati collegati alla città sotterranea, anche se alcuni edifici erano già realizzati al momento dell’integrazione, e questo è un motivo per cui può essere interessante conoscere l’età degli edifici. 18 edifici, circa il 15% del totale, erano stati realizzati prima del 1962. Tuttavia tali edifici rappresentano quasi la metà del patrimonio immobiliare posizionato al centro della città. Ovviamente, trasformare un edificio in modo che esso si integri bene con la città sotterranea non è facile, né a buon mercato. In alcuni casi, la vocazione già esistente ha solo trovato l’occasione per incrementare la sua attrattività, come nel caso delle stazioni ferroviarie, quella di Windsor e la Gare Centrale, come i grandi magazzini che hanno semplicemente cambiato bandiera (da Morgan’s a La Baie d’Hudson), o hanno vissuto una trasformazione in gallerie commerciali (Simpson’s in Centre Eaton, o Eaton in Carrefour Industrielle-Alliance). Nel caso del Centre de Commerce Mondial di Montréal, si è semplicemente chiuso l’isolato e si è convertita ruelle des Fortifications in un’area di circolazione centrale, sormontata da una copertura vetrata (Fig. a pag. 20); allo stesso modo il vecchio edificio Greenshields o l’edificio della Old Merchant Bank, trasformato nell’hotel Le St. James, hanno rinnovato i loro spazi esterni divenuti interni, e non hanno toccato l’interno degli edifici! Esiste un terzo caso: quello nel quale la rete pedonale sotterranea è andata ad inserirsi nell’edificio in modo tale che il traffico in questi edifici è considerato sufficientemente pubblico da apparire come un segmento di RÈSO. È questo il caso della Salle Wilfrid Pelletier, l’unico edificio in Place des Arts anteriore al 1962, del Dawson College, in precedenza sede delle Suore della Congregazione di Notre Dame, del quartier generale di Hydro Quebec, dell’hotel Fairmont-Reine Élizabeth e dei sei edifici che sono stati uniti al Palais des Congrès (l’edificio Rogers e King, una ex caserma dei pompieri che era conosciuta come il Tramway Building) e al CDP Capital Centre al momento della istituzione della sede sociale della Caisse de dépôts et de placements du Québec (l’edificio del Montréal Herald, il MECO e il vecchio edificio della Banque du Canada diventato l’hotel W)1. Per il padiglione Athanase David della UQAM (Université du Québec à Montréal) è previsto che la connessione dovrebbe verificarsi nel prossimo futuro, con alcuni piccoli cam1 Anche se il promotore immobiliare ha costruito una torre per uffici dietro la Christ Church Cathedral e ha eretto numerosi parcheggi sotterranei e un centro commerciale chiamato Promenades Cathédrale, una conquista tecnica innegabile in questo luogo di culto, la cattedrale oggi è non accessibile dall’interno al pubblico. Non è quindi in senso stretto parte della città interna.
biamenti nelle condizioni di circolazione quando il padiglione sarà integrato nella rete pedonale dell’università. Nell’hypercentre, ossia nel cuore del centro della città che conta 112 isolati, la metà di essi, vale a dire 54 isolati, sono collegati tra loro attraverso la rete pedonale sotterranea. Ci si può chiedere perché l’altra metà degli edifici non l’ha fatto. Naturalmente, semplificando, possiamo dire che il profitto netto sarebbe stato negativo, almeno per i proprietari degli edifici. E questo può derivare tanto dai benefici attesi ritenuti insufficienti che dai costi ritenuti proibitivi. Una cosa è certa: il costo di sviluppo dello spazio sotterraneo, al fine di realizzare profitti dall’area di circolazione pedonale che lo incorporerà, è molto più elevato per gli edifici esistenti e ancora di più quando essi hanno un fine patrimoniale.
Conclusione: città sotterranee ovunque e per tutti La città sotterranea è un corollario della città compatta. Essa accompagna la densificazione degli spazi centrali e riduce i problemi di congestione attenuando le pressioni sui canoni di affitto. Essa risponde alle attese della popolazione che cerca sempre più di proteggersi contro l’aumento del maltempo conseguente ai cambiamenti climatici in corso. Ma l’uso più intensivo degli spazi sotterranei deve fare i conti con una maggiore vulnerabilità conseguente alle inondazioni e, più in generale, ad una perdita di flessibilità nella pianificazione se paragonata alle strutture fuori terra. L’attenzione è stata dedicata finora solo alle parti centrali delle città dei paesi industrializzati, ma lo sviluppo integrato di reti pedonali sotterranee e di nodi di trasporto collettivo rapidi con l’obiettivo di consolidare i poli di attività dotati di spazi urbani sotterranei vitali è una prospettiva molto promettente sia per le città del sud del mondo che per una serie di centri sub-metropolitani (Newman e Waldron 2012). Riproduzione riservata © Traduzione a cura di Giuseppe Mazzeo
Bibliografia Auray J.P., A. Bailly, P.-H. Derycke et J.-M. Huriot (1994) Encyclopédie d’économie spatiale, Bibliothèque de science régionale, Paris : Économica. Boisvert M. (2011) Montréal et Toronto, villes intérieures, Montréal : Presses de l’Université de Montréal. Derycke P.-H. (dir.) (1992) Espace et dynamiques territoriales, Paris, Économica. Kayden J.S. (2000) Privately Owned Public Space : The New York City Experience, New York, John Wiley & Sons. Mazzeo G. (2008) “La citta sotterranea e il suo rolo nella mobilita urbana”, TeMA, Journal of Land Use, Mobility and Environment, 1-3, 29-38. Newman L. et L. Waldron (2012) “Towards Walkable Urban Neighborhoods” en Dale A. et al. Urban Sustainability. Reconnecting Space and Place, 106-126. Nishi J,T, et al. (2007) “The Urban Problems and the Underground Solutions” Proceedings of the XIth International Conference of ACUUS, Athens.
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Helsinki, la città sull’acqua va in sottosuolo di Oriana Giovinazzi
Helsinki, affacciata sul Mar Baltico nel Sud della Finlandia, occupa una superficie di 215 km² estesa per lo più su baie, isole e penisole ed affacciata su 500 km² di mare. La città accoglie una popolazione piuttosto numerosa, la cui densità media di circa 2.789 abitanti per km² raggiunge, in alcuni contesti, i 16.500 abitanti per km². Si tratta di uno dei più piccoli comuni del Paese per superficie, ma del più densamente popolato. La città ha registrato negli ultimi anni una forte crescita demografica ed economica, nonché il più grande boom edilizio della storia, che hanno costretto le amministrazioni locali ad ipotizzare rapidamente una visione del futuro e ad affrontare in particolare il problema della mancanza di disponibilità di ambiti spaziali da dedicare all’uso residenziale e alla realizzazione di infrastrutture e servizi di supporto ai nuovi insediamenti. Con questa finalità sono state individuate le risorse territoriali che potrebbero rappresentare una concreta soluzione al problema: la bonifica di terreni sottratti al mare, il recupero delle aree portuali dismesse e la costruzione nel substrato roccioso. Da un lato quindi la Città di Helsinki ha predisposto un rapporto sull’uso del suolo nelle aree di waterfront, sulle potenziali nuove destinazioni funzionali e sugli impatti economici conseguenti, che ha portato nel 1992 all’elaborazione di un Master Plan con cui ha fissato, tra le priorità della pianificazione territoriale, il recupero di ambiti industriali dismessi, significativi per estensione e situati in prossimità del centro urbano, in grado di offrire interessanti opportunità in termini di sviluppo e di attirare l’interesse internazionale (Ruoholahti, Pikku-Huopalahti, Arabianranta, Herttoniemenranta, Vuosaari, etc.). Dei 6,6 milioni di m² di aree destinate ad insediamenti residenziali, circa la metà risulta situata lungo la costa. In particolare le aree di Länsisatama, Kalasatama e Kruunuvuorenranta, attualmente interessate da interventi di riqualificazione, consentiranno in un prossimo futuro di disporre di 20 km di spazi pubblici distribuiti lungo il fronte d’acqua, di abitazioni per 50.000 residenti, e di 20.000 nuovi posti di lavoro. Dall’altro lato è stato elaborato un Master Plan che illustra e gestisce invece l’utilizzo dello spazio pubblico e privato sotterraneo, facendo riferimento all’intero territorio comunale e con una visione di lungo periodo. L’utilizzo del sottosuolo per la realizzazione di infrastrutture, strutture e reti che non necessariamente richiedono una localizzazione in superficie, consente di recuperare spazi disponibili in città, contribuendo alla sostenibilità ambientale e alla tutela di un paesaggio straordinario come quello finlandese, senza compromettere tuttavia lo sviluppo urbano.
Helsinki, the city on the water goes underground by Oriana Giovinazzi In recent years, Helsinki has experienced strong demographic and economic growth, and the greatest construction boom in its history, which have forced local administrations to address the problem of lack of space. An effort has been made to reclaim land from the sea, regenerate abandoned port areas and build on the rocky subsoil. In 1992, a master plan was drafted that included the regeneration of abandoned industrial areas near the city centre, which could offer interesting development opportunities. Another master plan illustrates and manages the use of public and private underground space, throughout the territory of the municipality and in a long-term perspective. The use of the subsoil for the construction of infrastructure, structures and networks that do not necessarily need to be located above ground, makes it possible to reclaim other available spaces in the city, helping to ensure environmental sustainability and the protection of the extraordinary Finnish landscape, with no negative consequences on urban development. There are currently 200 underground projects scheduled over the long term: the demand for spaces for this typology of construction in Helsinki is fated to grow. Underground construction will play an important role in urban and economic development, not just in the centre of the city but also in the waterfront areas that are currently the focus of renovation and development projects in the vicinity of Helsinki.
Nella pagina a fianco, in alto: veduta aerea di Helsinki (fonte: City of Helsinki). In basso: veduta aerea del distretto di Jätkäsaari, destinato ad accogliere nuovi complessi residenziali.
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Il recupero dello spazio in superficie: far rivivere i waterfront dismessi Sono numerose, nel contesto internazionale, le città d’acqua che hanno avviato ambiziosi progetti di recupero e riqualificazione urbana di ambiti portuali in dismissione. Trasformazioni che non consistono esclusivamente in interventi di bonifica e di progettazione architettonica, ma in complessi processi di pianificazione istituzionale, politica, economica ed urbana, spesso caratterizzati da conflitti tra investitori e progettisti, che a volte generano consistenti ritardi, costringendo ad apportare modifiche ai progetti legate ai tempi lunghi di realizzazione, o ad individuare nuove soluzioni alle mutate problematiche ed esigenze di situazione e contesto. La delocalizzazione degli ambiti portuali nella periferia delle città, se gestita correttamente, rappresenta comunque una grande opportunità in termini di recupero a nuove destinazioni d’uso urbano di ambiti spaziali collocati in prossimità del centro, in particolare per le grandi città che negli ultimi anni hanno registrato un forte incremento della densità abitativa. Anche a Helsinki il trasferimento del porto commerciale nel distretto di Vuosaari (2008) ha aperto la strada a nuovi ambiziosi progetti di recupero e riqualificazione delle aree prossime al centro urbano: i distretti di Kalasatama e Jätkäsaari per lo sviluppo di nuovi insediamenti residenziali in fase di completamento; il distretto di Eteläsatama nel South Harbour e quello di Länsiterminaali nel West Harbour per accogliere esclusivamente il traffico legato ai traghetti e alle navi da crociera. Le aree sono state integrate con i sistemi del trasporto pubblico ed alcune sono state messe in connessione con il centro urbano mediante nuove linee della metropolitana. Il distretto di Jätkäsaari, costruito su alcune isole e su una discarica di rifiuti legati alle attività marittimo-portuali, si trova a pochi minuti dal centro urbano ed è attualmente abitato da 1.200 persone. Il porto rappresenta il principale collegamento marittimo tra Helsinki e Tallin, con un traffico di oltre 5 milioni di passeggeri, un settore in fase di espansione che potrebbe interessare anche San Pietroburgo. Nel distretto, esteso su circa 12 ettari di superfici, sono in fase di realizzazione 20 progetti di edilizia residenziale che, una volta completati, saranno in grado di accogliere 17.000 residenti e di creare 6.000 nuovi posti di lavoro. Jätkäsaari è servito da alcune linee del tram e dotato di una stazione della metropolitana nelle immediate vicinanze. Nella zona centrale sarà realizzato il nuovo parco urbano di Hyväntoivonpuisto (1,3 km di lunghezza e 88 m di larghezza) dotato di percorsi stradali, ciclabili e pedonali, campi da gioco, aree ricreative etc., che andranno a coprire la discarica di rifiuti sottostante. Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti è stato realizzato anche un sistema computerizzato che si avvale di condotte sotterranee convogliate verso una stazione per la raccolta differenziata. Il sottosuolo è stato utilizzato inoltre per la realizzazione di numerosi parcheggi, depositi e rifugi in grado di ospitare in situazioni di emergenza anche 9.000 persone, secondo quanto previsto dalla normativa finlandese. 30
TRASPORTI & CULTURA N.40 Il distretto di Kalasatama, che occupa una posizione centrale sul waterfront orientale della città, sarà convertito anch’esso in un quartiere residenziale e direzionale, come Jätkäsaari. I cantieri sono stati avviati nel 2009 e saranno parzialmente chiusi a partire dal 2016 e gradualmente fino al 2021; consentiranno di realizzare nuove unità residenziali che saranno costruite anche sull’acqua, centri direzionali, un hotel, un centro commerciale, spazi pubblici, nuove arterie stradali, percorsi pedonali e ponti di collegamento. Nel 2030, il distretto accoglierà 20.000 abitanti e offrirà 8.000 posti di lavoro. Si tratta di uno dei più ambiziosi progetti residenziali in corso in Finlandia, che ha richiesto pertanto una particolare attenzione ad alcuni aspetti ambientali. A tal fine è prevista la realizzazione di una rete elettrica smart grid che, insieme ad un sistema di raccolta dei rifiuti per aspirazione, consentirà di ridurre notevolmente lo spazio utilizzato in superficie, sfruttando invece le risorse del sottosuolo. In particolare nella zona di Hanasaari sarà possibile produrre energia pulita ottenuta da anidride carbonica entro il 2050, grazie ad un progetto di Helsingin Energia - società di proprietà del Comune di Helsinki - che consentirà l’interruzione d’uso della centrale attuale, sostituita con un moderno impianto multi-combustibile costruito nell’area portuale di Vuosaari, liberando in questo modo ulteriori superfici in prossimità del waterfront urbano. Per quanto riguarda il traffico passeggeri, la stazione marittima di Länsiterminaali è in fase di realizzazione nell’ambito del progetto che interessa il West Harbour, mentre il distretto di Eteläsatama nel South Harbour, anch’esso nelle immediate vicinanze del centro della città, è stato oggetto di un concorso internazionale di idee finalizzato ad integrare ambiti urbani e portuali in prossimità dei nuovi terminal. La scelta è stata quella di mantenere i terminal in prossimità del centro di Helsinki. Il turismo crocieristico, settore di grande attrattività per l’intero Paese, necessita infatti di una localizzazione centrale per le attività connesse, in cui si concentrino servizi e infrastrutture specifiche. Di grande interesse anche i progetti urbani che interessano i distretti di Hernesaari e Kruunuvuorenranta. Il distretto di Hernesaari, sul waterfront sud della città, è sorto come Jätkäsaari su una discarica di rifiuti legata alle attività portuali, in servizio a partire dal 1940. Attualmente l’area ospita attività industriali, portuali e nautiche, un eliporto, uno stadio del ghiaccio e un porto crocieristico, mentre è in fase di realizzazione una zona residenziale e commerciale per 5.000 persone. L’attività nautica e la crocieristica sono destinate ad espandersi sulla zona bonificata sottratta al mare. Il distretto di Kruunuvuorenranta, sito eccezionale da cui si gode una vista spettacolare sul mare, è affacciato lungo 6 km di costa dove la natura è ancora prevalentemente selvaggia. L’area, occupata per quasi 90 anni dalle attività portuali, sarà recuperata a nuove destinazioni d’uso entro il 2020 con la finalità di accogliere circa 10.000 persone. La distanza dal centro della città sarà risolta con la costruzione di un nuovo ponte che servirà il tram, il traffico stradale, ciclabile e pedonale, e per la progettazione del quale è stato indetto un concorso di idee. Nei prossimi 20-30 anni pertanto le aree affacciate lungo il fronte d’acqua, oggetto di interventi di riqualificazione attualmente in corso, saranno per-
fettamente fruibili ed integrate in una città sempre più densamente edificata e popolata, nonché in un paesaggio, quello marittimo che caratterizza Helsinki, esteso su un arcipelago lungo 20 km e costituito da circa 300 isole, la maggior parte di proprietà dello Stato e della Città.
Il sottosuolo come risorsa A partire dal 1960, ancora prima che fossero avviati i progetti di recupero di ambiti territoriali affacciati sull’acqua, la città di Helsinki ha cominciato a sfruttare le opportunità offerte dalla costruzione in sottosuolo, dotandosi circa 20 anni dopo dei primi strumenti per l’allocazione dello spazio sotterraneo, con la finalità di limitare in futuro l’incremento della densità urbana in superficie. L’esigenza di elaborare un piano generale dello spazio sotterraneo che non facesse riferimento ad ambiti territoriali delimitati, ma all’intero centro urbano, risale tuttavia solo al 2000. Nel 2004 l’Helsinki City Planning Committee approva una serie di linee guida per la predisposizione del “Underground Master Plan” (scala 1:10.000 per il centro urbano, 1:20:000 per le periferie) che, costruito attraverso la consultazione tra i diversi soggetti, la discussione con le autorità competenti e la partecipazione della collettività locale, viene approvato l’8 dicembre 2010. A favorire la scelta di una possibile espansione della città di Helsinki in sottosuolo sono le condizioni favorevoli del substrato roccioso e la situazione climatica del Paese, caratterizzata da inverni particolarmente rigidi, di fronte ai quali non si è rinunciato a disporre di spazi “aperti” all’interno della città. Il sottosuolo rappresenta infatti una grande risorsa in termini di sviluppo strutturale sia per il centro urbano che per le aree limitrofe, anche in termini di produzione di energia, di approvvigionamento idrico e di realizzazione di reti per le telecomunicazioni. La proprietà terriera o immobiliare consente in Finlandia di utilizzare il sottosuolo: secondo la normativa nazionale il proprietario può esercitare il controllo sulla parte sotterranea della sua proprietà. La legge non specifica tuttavia l’estensione verticale della proprietà: pertanto, nell’interpretare il diritto di proprietà, questo risulta limitato alla profondità alla quale il suolo può essere tecnicamente utilizzato, ossia una profondità media di circa 7 m del substrato roccioso (varia da 0 a 70 m). Nel caso in cui risulti necessario costruire livelli interrati al di sotto del terreno o dell’immobile che richiedono profondità maggiori, il proprietario è obbligato a richiedere uno specifico permesso edilizio. Lo spazio sotterraneo che si trova al di sotto della superficie terriera o immobiliare privata appartiene quindi ai rispettivi proprietari, che possono negoziare accordi per la zonizzazione con l’amministrazione municipale ed eventualmente richiedere un risarcimento in caso di utilizzo dannoso o di perdita economica. Questo accade ovviamente nel caso di opere pubbliche, mentre nel caso di progetti privati il contratto viene stipulato direttamente tra la società costruttrice e il proprietario del suolo. Il valore di acquisto delle aree è legato all’incremento del valore del suolo generato dal piano regolatore generale, mentre gli affitti previsti per l’utilizzo di spazi sotterranei corrispondono al 50% circa di quelli in superficie. Tra gli edifici più frequentemente realizzati in sot-
1 - La Temppeliaukion kirkko, una chiesa luterana realizzata nella roccia e situata nel quartiere Töölö di Helsinki. 2 e 3 - Gli ingressi alla linea metropolitana nelle stazioni di Kamppi e di Siilitien.
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4 - Il distretto di Kalasatama sul waterfront orientale della città, uno dei più ambiziosi progetti residenziali in corso in Finlandia costruito con una particolare attenzione agli aspetti ambientali. La realizzazione di una rete elettrica smart grid e di un sistema di raccolta dei rifiuti per aspirazione, nonché la dismissione di una centrale, consentiranno di ridurre notevolmente e di recuperare lo spazio utilizzato in superficie, sfruttando invece le risorse del sottosuolo (fonte: City of Helsinki).
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tosuolo vanno segnalati in particolare i rifugi, che anche i proprietari privati di immobili sono obbligati per legge a realizzare ai fini della protezione civile ma che, in assenza di uno stato di emergenza, possono essere adibiti ad altri usi compatibili. Un esempio è rappresentato dalla piscina sotterranea di Itäkeskus, struttura articolata su due piani in grado di ospitare circa 3.800 persone se necessario. Particolarmente frequenti nel centro urbano sono anche gli impianti costruiti con la finalità di sfruttare l’energia geotermica presente a grandi profondità (150 m circa). Presso l’area di Salmisaari, un deposito per lo stoccaggio di carbone di 400.000 m³ è stato collocato in un silos costruito in sottosuolo, realizzato mediante la vendita delle aree di superficie affacciate sul waterfront ad aziende private. Di grande interesse anche l’impianto di trattamento delle acque reflue che, provenienti da una rete di condotte di sei tra paesi e città limitrofe, vengono scaricate depurate in mare, a circa 8 km dalla costa. L’impianto situato a Viikinmäki, meno di 10 km dal centro di Helsinki, tratta 280.000 m³ di acqua utilizzati da circa 750.000 abitanti ogni giorno. Completato con un costo di circa 180 milioni di euro, l’impianto ha iniziato ad operare nel 1994, sostituendo 16 impianti di trattamento di dimensioni minori e realizzati fuori terra, permettendo così di recuperare i siti a nuove destinazioni funzionali di maggior valore. La costruzione dell’impianto sotterraneo ha avuto luogo contemporaneamente con la realizzazione in superficie di alcune infrastrutture e di immobili di edilizia residenziale, e con la previsione di un’eventuale espansione sia
dell’insediamento abitato che dell’impianto in futuro. Tra i progetti in previsione in futuro, la proposta per un collegamento tra le città di Helsinki e Tallin, cresciute enormemente negli ultimi 20 anni, è il risultato del concorso internazionale di idee Greater Helsinki Vision 2050. Si tratta di un tunnel sottomarino, lungo 80 km, realizzato con la finalità di migliorare inoltre i collegamenti nord-sud tra gli Stati membri dell’Unione Europea e pertanto riconosciuto come progetto prioritario dalla UE; il tunnel potrebbe garantire l’integrazione tra i due centri urbani e le regioni circostanti, con risultati interessanti in termini di potenzialità di sviluppo. Nel contesto normativo finlandese appare quindi evidente l’importanza, per la città di Helsinki, di una pianificazione generale del sottosuolo, legata alla necessità di tutelare le aree verdi e gli spazi pubblici in prossimità del centro urbano, di identificare strutture, tunnel e reti già realizzati o in corso di realizzazione, di definire servizi e attività assolutamente compatibili con la localizzazione sotterranea, di individuare possibili collegamenti e connessioni tra tali ambiti spaziali e la superficie del suolo, di riservare parte del sottosuolo per progetti pubblici di lungo periodo, etc. La città è dotata attualmente di 9.500.000 m³ di spazi in sottosuolo (parcheggi, sport, depositi, metropolitana, etc.), più di 400 strutture sotterranee, 220 km di tunnel tecnici, 24 km di reti per acque reflue e 60 km di gallerie multiservizi (teleriscaldamento, teleraffreddamento, rete elettrica, sistema idrico, telecomunicazioni, etc.). In media ad ogni 100 m² di superfici aeree corrisponde 1 m² di superfici sotterranee.
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Lo spazio in sottosuolo ancora disponibile per esigenze future in ambito urbano risulta, pertanto, piuttosto esteso e costituisce una risorsa potenziale di grande interesse, a tal punto che, con il supporto del Real Estate Department’s Land Division, l’amministrazione municipale (che attualmente possiede il 62% della superficie urbana) sta progressivamente acquistando le superfici di suolo ritenute necessarie o interessanti per lo sviluppo futuro in sottosuolo, come ad esempio i terreni incolti e inutilizzati o le aree industriali dismesse per lo più affacciate sul waterfront, in modo da non compromettere la crescita urbana e allo stesso tempo da garantire uno sviluppo sostenibile.
Le linee della metropolitana La metropolitana di Helsinki, aperta al pubblico nel 1982 dopo 27 anni di progetti, è attualmente gestita dalla Helsinki City Transport (HKL) per la Helsinki Regional Transport Authority (HSL) e trasporta circa 55,4 milioni di passeggeri all’anno, su treni che viaggiano in media a 70 km/h all’interno delle gallerie e ad 80 km/h in superficie. La rete serve principalmente la periferia est di Helsinki, ma rappresenta un efficace mezzo di trasporto anche all’interno del centro urbano. Il sistema è costituito attualmente da 17 stazioni distribuite lungo una linea che dal centro giunge nella periferia orientale della città per poi biforcarsi nella stazione di Itäkeskus. Le sei stazioni che servono il centro urbano sono state realizzate nel sottosuolo, mentre le undici stazioni che attraversano la periferia sono state costruite in superficie.
L’estensione futura della metropolitana interessa il distretto di Länsimetro, verso la zona orientale di Helsinki, e la parte meridionale della vicina città di Espoo, ora servita esclusivamente da autobus. Lo scavo dei tunnel della metropolitana nel sottosuolo del centro di Helsinki ha avuto inizio nel giugno del 1971 ed è terminato nel 1976, mentre la costruzione delle prime stazioni, Kulosaari e Hakaniemi, risale al 1974. La metropolitana è stata ufficialmente aperta al pubblico il 2 agosto del 1982 ed estesa ad ovest di Kamppi a partire dall’anno successivo. La stazione di Sörnäinen, tra Hakaniemi e Kulosaari, è stata inaugurata il 1 settembre del 1984. L’espansione verso est è avvenuta con la realizzazione dalle stazioni di Kontula e Myllypuro nel 1986, e della stazione Mellunmäki nel 1989. L’espansione verso occidente, invece, ha avuto inizio nel 1987 con le operazioni di scavo da Kamppi verso Ruoholahti, e l’inaugurazione della nuova stazione il 16 agosto del 1993, seguita poi dalla stazione Kaisaniemi, tra Rautatientori e Hakaniemi, aperta il 1 marzo del 1995. L’ultima sezione della linea è stata completata il 31 agosto 1998, dopo quattro anni di cantieri, con l’apertura di ulteriori tre stazioni tra Itäkeskus eVuosaari. Il 25 settembre 2006, il consiglio comunale di Espoo ha approvato, dopo decenni di dibattiti, progetti e polemiche, la costruzione di un ulteriore prolungamento verso occidente della metropolitana. Secondo il piano, i treni dovrebbero arrivare a Matinkylä entro la fine del 2015. Un grande cambiamento del sistema metropolitano è avvenuto il 1 gennaio 2007 quando è stata
5 - Il distretto di Eteläsatama nel South Harbour che accoglie il traffico legato ai traghetti e alle navi da crociera (City Survey Department).
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TRASPORTI & CULTURA N.40 aperta al pubblico la stazione di Kalasatama, tra Sörnäinen e Kulosaari, che serve l’area Sörnäistenranta-Hermanninranta (Eastern Harbour), dove un ambito portuale dismesso a seguito dello spostamento delle attività nel nuovo porto di Vuossari viene progressivamente recuperato a nuove destinazioni funzionali. I piani per estendere la metropolitana ai comuni limitrofi di Espoo a ovest e di Vantaaand e Sipoo nel nord-est risalgono al 1950, tuttavia, a causa della mancanza di finanziamenti, i lavori di scavo delle gallerie sono iniziati solo tra il 2009 e il 2010. La nuova linea dovrebbe entrare in funzione entro il 2015. È in programma inoltre la realizzazione, entro il 2020, di una seconda linea di metropolitana per il collegamento tra Laajasalo e Pasila, passando per Kamppi, a nord del centro urbano; la linea sarà probabilmente prolungata verso Helsinki-Vantaa Airport. 6 - Salmisaari, una delle aree del waterfront che sarà recuperata, dopo lo spostamento nel sottosuolo delle attività industriali, per essere trasformata in una delle maggiori aree produttive della città. 7 - Nella proposta progettuale per la riqualificazione dell’area di Hernesaari appare evidente l’attenzione riservata dalla città alla tutela e alla realizzazione di spazi pubblici e aree verdi (City of Helsinki).
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L’Underground Master Plan e la città sotterranea Negli ultimi anni le costruzioni e le infrastrutture sotterranee hanno assunto un ruolo estremamente importante e centrale nello sviluppo della città, di conseguenza l’urbanistica a tutti i livelli (master plan, piano di area vasta, piani di settore, piani del trasporto) si è trovata a dover gestire e pianificare lo sviluppo del sottosuolo quale nuova soluzione urbana sostenibile. È quello che è accaduto anche ad Helsinki con
l’elaborazione dell’Underground Master Plan da parte dell’Helsinki City Planning Department, un piano generale che, se da un lato obbliga i proprietari di immobili e terreni nonché le autorità ad attenersi alle indicazioni in esso contenute, dall’altro consente il controllo delle localizzazioni e l’allocazione di nuove strutture in sottosuolo, in particolare di grandi infrastrutture sotterranee, di gallerie riservate al traffico, e di connessioni in ambiti territoriali che il Real Estate Departments Geotechnical Division ha ritenuto adatti per questa tipologia di costruzioni. Il piano costituisce attualmente una parte significativa del processo di pianificazione territoriale della città. Il master plan prevede diverse destinazioni d’uso, con una netta prevalenza di spazi e servizi di pubblica utilità, sistemi di trasporto, impianti, stabilimenti, strutture sportive, reti idriche ed elettriche, parcheggi, depositi, gestione dei rifiuti, etc. La finalità è di perseguire l’uso integrato e/o coordinato dei diversi servizi, anche in funzione della differente e potenziale attrattività delle aree. Nello specifico la pianificazione dello spazio sotterraneo garantisce la riserva di ambiti spaziali da destinare a servizi di pubblica utilità e a servizi privati; prevede l’identificazione di siti in sottosuolo adatti a determinate destinazioni funzionali con la finalità di ridurre le pressioni nel centro urbano; punta a migliorare l’efficienza complessiva degli impianti situati sottoterra e ad aumentarne la sicurezza; fornisce un quadro per la gestione e il controllo dei lavori di costruzione della città sotterranea; collega ambiti spaziali sotterranei tra loro in modo da creare complessi interconnessi. Indagini geologiche e geotecniche approfondite, condotte sul terreno roccioso a diversi livelli utilizzando basi cartografiche e dati puntuali, hanno preso in considerazione le criticità specifiche delle diverse zone della città, le risorse in sottosuolo già destinate dal punto di vista funzionale, e quelle ancora disponibili ed eventualmente utilizzabili. Il rilievo delle aree sotterranee ha consentito, da un lato, la designazione di ambiti assolutamente adatti alla costruzione in sottosuolo, dall’altro l’allocazione di ambiti da destinare a progetti a lungo termine, come ad esempio le gallerie dedicate al traffico, e che pertanto vanno mantenuti disponibili per eventuali costruzioni future: si tratta di aree di “riserva” a cui non è stata attribuita una destinazione d’uso precisa, in quanto sarà definita in tempi successivi in relazione a specifiche esigenze. I risultati dimostrano che molti ambiti sono assolutamente adatti alla costruzione in sottosuolo, in particolare sono state rilevate circa 55 aree di dimensioni sufficienti per accogliere grandi infrastrutture in prossimità delle principali arterie del traffico, alcune delle quali potrebbero utilizzare gli accessi alle strutture e ai servizi già esistenti in sottosuolo. Sono state individuate invece 44 aree di “riserva”, ancora senza una destinazione funzionale, che occupano una superficie complessiva di 1.400 ettari e rappresentano il 6,4 % circa del territorio di Helsinki. L’indagine ha preso in considerazione non solo gli aspetti geologici, geotecnici e ambientali delle aree, ma anche la loro accessibilità, la destinazione funzionale a livello del suolo sia attuale che prevista, le connessioni con le arterie del traffico, le proprietà terriera e immobiliare, le potenzialità d’uso dal punto di vista ricreativo, paesaggistico, di tutela ambientale, etc. Anche le aree di “riserva” sotterranee, come i servizi/tunnel già esistenti, sono stati divisi nel Master
TRASPORTI & CULTURA N.40 Plan in differenti categorie, in funzione principalmente della loro finalità: sistemi tecnici della distribuzione, traffico e parcheggi, manutenzione e stoccaggio, servizio e gestione, etc. Per quanto riguarda, nello specifico, le infrastrutture sotterranee, reti per natura chiuse che ospitano i sistemi tecnici della distribuzione (energia, approvvigionamenti idrico, telecomunicazioni, etc.), esse sono in grado di accogliere spesso diverse funzioni e utilizzano condotte che si trovano ad una profondità tale da non esercitare interferenze significative sulle altre strutture sotterranee. I vantaggi e le criticità della realizzazione di sistemi tecnici della distribuzione in sottosuolo sono già ampiamente dimostrati. Si tratta di forniture sicure che consentono spesso una ripartizione delle spese tra i diversi utenti, un’ottimizzazione dei servizi, una consistente riduzione degli interventi di manutenzione e rischi minori per la collettività. La realizzazione di sistemi tecnici sotterranei consente inoltre il riutilizzo dei detriti rocciosi derivanti dagli scavi, nonché la possibilità di rilasciare terreni disponibili ad altre destinazioni d’uso in superficie, con un conseguente miglioramento della vivibilità e dell’immagine urbana. L’Underground Master Plan contiene quindi sia gli spazi sotterranei già esistenti che quelli futuri in previsione nel lungo periodo, così come i potenziali collegamenti tra loro. Attualmente sono circa 200 i progetti sotterranei già previsti nel lungo periodo: la domanda di spazi per questa tipologia di costruzioni ad Helsinki è destinata ad aumentare ulteriormente a seguito del forte incremento della densità abitativa in città. La costruzione in sottosuolo avrà quindi un ruolo importante per quanto riguarda lo sviluppo economico e urbano, non solo del centro della città ma anche delle aree del waterfront attualmente oggetto di interventi di recupero e di valorizzazione in prossimità di Helsinki. Un utilizzo dello spazio sotterraneo che consenta lo sviluppo sostenibile, senza limitare tuttavia il potenziale di fruizione per le generazioni future, comporta necessariamente una pianificazione ed una gestione attenta, efficace e responsabile in un contesto fortemente dinamico e di rapida urbanizzazione che caratterizza la realtà contemporanea di molte città in fase di espansione, come Helsinki. Questa scelta comporta necessariamente nuove sfide per i professionisti, nuovi approcci multidisciplinari, metodologie sperimentali, ma offre anche notevoli opportunità in termini di sfruttamento di risorse disponibili nel sottosuolo (spazio, acqua, energia, materiali) e di tutela del paesaggio.
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La riqualificazione de Les Halles. Creare la vita della città nelle sue tre dimensioni di Marion Girodo
Avvenne dieci anni fa. Lo Studio Seura, allora condotto da Florence Bougnoux, David Mangin e Jean-Marc Fritz, vinse, a seguito di concorso internazionale, il «progetto Les Halles». Da allora, Les Halles, in tutte le loro dimensioni – quella interna, quella sotterranea, quella esterna, quella circostante … – sono state ripensate, ristrutturate e riorganizzate. Architetti, pianificatori urbani, ingegneri e molti altri professionisti stanno ricomponendo questo luogo al centro di Parigi. Una completa riqualificazione è in corso, a partire dalle sue profondità, con i flussi di mobilità, alla sua superficie organizzata nel giardino pubblico, attraverso spazi dedicati al commercio, al tempo libero e ad altre attrezzature e con un edificio emergente articolato in spazi esterni e sotterranei.
La storia de Les Halles Anche se posto al di fuori delle mura della città di Parigi, il sito ha avuto dall’inizio della sua storia una funzione commerciale in quanto fin dall’inizio del XII secolo in quei luoghi era insediato un mercato; i primi due mercati coperti, infatti, vennero costruiti nel 1183. Prima che il sito fosse ristrutturato nella seconda metà del XIX secolo sotto Napoleone III, molte altre costruzioni erano state aggiunte nel corso del tempo, fino a che Les Halles non era diventato altro che un insieme informe di edifici destinati ad attività commerciali. La “Grande Halle de Paris”, composta da una serie di padiglioni, fu costruita sull’intero sito tra il 1853 e il 1936 su progetto di Victor Baltard, e ha continuato ad ospitare il mercato centrale di Parigi, definito da Victor Hugo “le ventre de Paris”. Sebbene la storia sotterranea de Les Halles ebbe inizio solo 120 anni più tardi, lo stesso architetto Victor Baltard, da vero pioniere, aveva già immaginato che lo spazio sotterraneo avrebbe potuto essere utilizzato per ospitare una stazione ferroviaria collegata alle altre principali stazioni, e divenire un punto centrale della rete parigina. Dopo lo spostamento del mercato de Les Halles a Rungis, una località posta dieci chilometri a sud di Parigi, a partire dagli anni Settanta Les Halles sono state profondamente ristrutturate a seguito di un ampio progetto di rinnovamento urbano. Il punto di partenza di questa riqualificazione si ebbe nel 1968, quando sei gruppi di architetti vennero consultati sulla redazione di un progetto che si estendeva su un perimetro molto ampio. Dopo una virulenta campagna di stampa i loro progetti vennero respinti dal Municipio di Parigi. Nello stesso momento la rete di trasporto della ca-
Regenerating Les Halles. Creating the life of the city in its three dimensions by Marion Girodo The regeneration of Les Halles is one of the longest running transformation operations in Paris, symbol of a city that wants to live in its three dimensions. Architects, urban planners, engineers and many other professionals are restructuring this location in the centre of Paris. From the flow of transportation in its depths, to the surface organized as a public garden, through a shopping, leisure and equipment center and an emerging building that organizes the aerial and underground spaces, a complete reconstruction process is underway. This paper retraces the complex history of the site, from its commercial beginnings in 1183, to the construction of Victor Baltard’s pavilions between 1853 and 1936, to the relocation of the market outside Paris and the abandonment of the area. The expansion of the capital transport network in the 1970s with the construction of an RER station under Les Halles, was the starting point for a series of projects and partial actions that seek to give new meaning to the area, taking advantage of its central location. Within this process, the paper explores the role of the Seura agency, winner in 2004 of an international competition for the definitive renovation of the area. Seura’s project highlighted the fact that the site of Les Halles has to be read at four different scales: as a transport node; an attractive location for the entire metropolitan area of Paris; Les Halles is also a central node in the functioning of the city and inner city areas, and has a close relationship with its local areas. Another key issue in the regeneration of Les Halles is improving the links between the city’s surface and its underground. Nella pagina a fianco: Il complesso de Les Halles nelle sue diverse componenti esterne e sotterranee.
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TRASPORTI & CULTURA N.40 pitale veniva a trovarsi in una fase di espansione e, al fine di servire le periferie della capitale, erano state realizzate nuove linee di transito, denominate RER (Réseau Express Régional), a completamento del sistema di trasporto metropolitano. In questo contesto venne programmata la realizzazione di una stazione posta a più di venti metri in profondità sotto Les Halles. Essendo il sito disponibile grazie allo spostamento del mercato, e sotto la pressione dell’opinione pubblica che rifiutava un progetto urbano compatto fatto di torri al centro di Parigi, le autorità videro l’opportunità di far partire una prima operazione urbana nella parte sotterranea e di iniziare la realizzazione di un “Forum” collegato direttamente alla stazione della RER e composto da diverse tipologie di attrezzature. L’Atelier Parisien d’Urbanisme (APUR), appena fondato, sviluppò sia il progetto urbano che l’ampio complesso sotterraneo che andava dalla Bourse du Commerce all’area del Beaubourg. Poiché la realizzazione della stazione sotterranea richiedeva un sito di cantiere a cielo aperto, i padiglioni di Baltard vennero demoliti durante l’estate del 1971 e il sito svuotato senza gli edifici fu immediatamente soprannominato “il buco di Parigi”. In esso vennero posizionati una serie di percorsi a diversi livelli che ricreavano la continuità delle strade. Inoltre, ampie aperture creavano il collegamento tra le parti esterne e sotterranee del sito. Tra il 1963 e il 1979 vennero realizzati otto studi e progetti che possono essere considerati come una serie di avanzamenti nel processo di ristrutturazione de Les Halles. Nello stesso periodo erano stati portati avanti altri quattro contro-progetti che avevano influenzato le decisioni del consiglio comunale di Parigi. In questo periodo venne realizzata la linea sotto Les Halles e, come speravano le autorità parigine, altre realizzazioni poste in sotterraneo vennero direttamente collegate con gli spazi dedicati ai trasporti. Vennero realizzati percorsi in diverse direzioni – sia pedonali che veicolari che dedicati ai mezzi pubblici – compresi una serie di percorsi verticali. Questa situazione generò una eccezionale complessità tecnica, rendendo difficili eventuali variazioni in corso d’opera. Nella storia di questo luogo centrale l’elemento di rottura fu, negli anni Settanta, la sostituzione di una singola funzione, quella legata al mercato, con una pluralità di funzioni, creando quindi una centralità metropolitana caratterizzata da una forte mobilità, da negozi, tempo libero, ed altro an-
1 - Les Halle prima della metà del XIX secolo. 2 - Les Halle secondo il progetto dell’architetto Victor Baltard. Il progetto fu realizzato tra il 1853 e il 1936.
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cora. A differenza dei precedenti periodi, nei quali la mobilità era conseguenza dell’attività presente nel sito, è la funzione stessa di mobilità a divenire elemento pulsante del sito, fornendo un rilevante flusso di passeggeri alle attività commerciali, culturali e sportive.
Le componenti de Les Halles Fin dal suo compimento, il complesso sotterraneo chiamato Les Halles è stato composto di spazi per i flussi di mobilità e di localizzazioni spaziali per quelle che vengono chiamate attività di destinazione. In realtà, come la sua storia ci racconta, Les Halles è un luogo sotterraneo di trasporto e di accesso multimodale prima di essere una “città sotterranea”. Il sistema di interconnessione sotterraneo è utilizzato da 800.000 passeggeri al giorno, inclusi 530.000 che utilizzano le aree di scambio. Il punto di partenza del complesso sotterraneo, la stazione RER di “Châtelet-Les Halles”, è l’accesso a Parigi di una serie di sobborghi posti attorno alla capitale. Posta a 22,50 metri sotto il livello del suolo e dotata di 7 binari per le linee A, B e D, le banchine dei treni sono percorsi ogni giorno dagli abitanti di tutta la “Grand Paris”. Contemporaneamente, a quota -17,50 metri e su un’area di 20.000², di cui solo 8.000 aperti al pubblico, l’area di scambio ridistribuisce il flusso di passeggeri verso il “Forum” o verso le aree urbane intorno a Les Halles. In realtà, molti utenti utilizzano queste aree di scambio anche come interconnessione di mobilità, in quanto la stazione della RER è direttamente connessa, grazie a corridoi sotterranei, ad una serie di linee della metropolitana parigina. La stazione “Les Halles” accoglie la linea 4, mentre la stazione “Chatelet”, più lontana ma comunque accessibile senza uscire all’esterno grazie ad un lungo tunnel, ospita le linee 1, 4 e 14. Mettendo in connessione 3 stazioni, 5 linee della metropolitana e 3 linee della RER, questo luogo è il maggior nodo di mobilità per gli abitanti dell’Ile de France. A questo nodo di trasporto pubblico si aggiunge un sistema stradale sotterraneo, una rete lunga 4,2 chilometri fatta di circuiti piccoli e grandi, con quattro punti di accesso e cinque di uscita, aree di distribuzione, un parcheggio sotterraneo per 3.500 posti ed accesso ai veicoli dei Vigili del Fuoco. Grazie alle linee della metropolitana e della RER
TRASPORTI & CULTURA N.40 che forniscono un accesso diretto ai negozi dai binari ferroviari, il «Forum des Halles» è un centro commerciale sotterraneo con 180 negozi. Progettato dagli architetti Claude Vasconi e Georges Pencreac’h, questo luogo ha una grande vitalità commerciale e nei giorni di punta esso accoglie fino a 20.000 visitatori. A questo “vecchio” centro commerciale si congiunge il “nuovo” forum, progettato e realizzato dall’architetto Paul Chemetov, specializzato in attrezzature culturali e sportive. Questo spazio è coperto da un giardino e gli elementi strutturali sono posti più in basso permettendo quindi ampi spazi pubblici all’interno. In questo modo una superficie di 22.000 m² ospita spazi per la cultura, per gli sport – inclusa una piscina –, per l’aggregazione sociale e una stazione radio. Completano questa parte del complesso 12.000 m² di spazi commerciali al dettaglio, disegnati da Georges e Alain Pencreac’h Manoilesco. Difatti è possibile passeggiare dentro un intero quartiere sotterraneo senza uscire al di fuori in quanto un utente può trovare qualunque attività desideri, dal tempo libero alla ristorazione. Come risultato di questa possibilità, quasi il 60% degli utilizzatori attuali non lascia la parte sotterranea de Les Halles. È facile dimenticare che non è solo un complesso interrato e che le sue altre parti – quelle esterne – hanno la stessa attrattiva della parte interrata. Difatti rispondendo al giudizio critico sulla densificazione del sito, lo spazio fino alla Borsa di Commercio non è stato costruito e accoglie un giardino pubblico. Sfortunatamente la dimensione di questo giardino, disegnato da Louis Arretche e APUR, è modesta. Inoltre, la discontinuità dei percorsi, la frammentazione o l’inaccessibilità degli spazi e la mancanza di visuali lunghe non conferisce una reale identità a questo giardino che, comunque, non corrisponde alla scala di questo sito metropolitano. Inoltre, le limitazioni connesse alla presenza degli spazi interrati, ai servizi tecnologici multipli, alle uscite di emergenza e di sicurezza e la dimensione ridotta del complesso orticolo vincolano lo sviluppo degli alberi. In definitiva, al momento della sua riqualificazione, Les Halles presentavano una straordinaria centralità localizzativa nell’Ile de France e offrivano una considerevole varietà di attrezzature, da quelle di livello metropolitano (negozi, attrezzature, cinema …) a quelle di livello locale (associazioni), a quelle pensate per i cittadini di Parigi (la piscina ad esempio). Comunque, nonostante il suo potenziale, questo luogo non era positivamente percepito ed usato.
Il concorso per Les Halles Tra il 2003 e il 2004 si tenne un concorso per la redazione di uno studio di prefattibilità, una procedura (oggi sostituita da quella del “dialogo competitivo”) che permette alla squadra di progettisti di partecipare, durante la prima fase del lavoro, alla ridefinizione del programma di progetto e, quindi, di offrire le proprie soluzioni spaziali. Inoltre, la sfida di questo tipo di competizione è realizzare schemi e disegni che siano capaci di accogliere progetti, forme e strutture diverse e di non prefigurare un unico progetto finale. Alla fine della prima fase, che ha avuto luogo tra in luglio e il novembre del 2003, le proposte di ciascun gruppo sono state analizzate e classificate
dalla municipalità di Parigi con l’obiettivo di stabilire il programma finale. In questo periodo, Seura ha definito gli elementi chiave della riqualificazione e ha schematizzato alcune prime soluzioni urbane ed architettoniche. Uno dei cardini del progetto Seura è stato la sottolineatura che il sito de Les Halles, nella sua riqualificazione, possa essere letto attraverso quattro scale: nodo di trasporto e di attrazione da un lato all’altro dell’area parigina, Les Halles è anche un luogo centrale nel funzionamento della città e delle sue parti centrali, sebbene possieda una relazione stretta con le aree ad essa più prossime. Uno degli elementi chiave della riqualificazione de Les Halles è il miglioramento dei collegamenti tra la superficie della città e la sua parte sotterranea. Infatti, grazie a migliori connessioni e ad una serie di interventi, gli spazi esterni e quelli interni dovrebbero essere vissuti e percorsi in modo continuo e non dovrebbero in alcun modo essere percepiti come parti rigorosamente separate. Inoltre, lo spazio sotterraneo non dovrebbe essere un elemento di costrizione per la città esterna bensì, al contrario, diventare una sorgente di innovazione nelle forme architettoniche e negli usi urbani. Queste due sfide sono strettamente connesse e sono state fortemente prese in considerazione in ogni parte del processo di riqualificazione. Ad esempio, la rete stradale sotterranea, di uso metropolitano, ha un impatto negativo sugli usi quotidiani delle aree esterne poste intorno, in quanto gli accessi a questa rete spesso interferiscono con il traffico pedonale. Per ripristinare la continuità nello spazio pubblico, il progetto di Seura mantiene due tunnel di ingresso e tre di uscita situati tutti nella parte esterna della rete e rimuove l’asta centrale conservando solo un circuito stradale. Nella fase iniziale dello studio, una delle principali proposte di Seura era la liberazione di tutto lo spazio esterno de Les Halles in modo da creare il massimo spazio possibile per il giardino pubblico. Un edificio alto, contenente il programma di progetto, fu quindi posto al bordo del sito in posizione tale da creare una triangolazione visiva con i maggiori edifici dell’area (la Borsa di Commercio, Saint-Eustache e Beaubourg). Questa idea fu ridisegnata durante la seconda fase, tra il gennaio e il marzo del 2004, perché l’elemento emergente non poteva essere situato al di fuori dell’area. Fu quindi disegnato un Carreau molto basso che copriva l’intera larghezza del sito (l’area del vecchio forum) e che misurava 9 metri in altezza per 145 metri di lato. All’altezza del terzo livello, alto meno della metà degli edifici posti attorno e meno di un quarto del Beaubourg, il Carreau presenta un tetto a giardino. Uno dei problemi di questa proposta era combinare insieme due scale: la conservazione delle vedute per gli abitanti intendeva lavorare con il livello locale, mentre la creazione di una immagine psicologica di questo luogo di Parigi come un centro veniva a creare una dimensione almeno metropolitana. Infatti, i due ettari della pensilina Carreau, che filtra la luce naturale durante il giorno e svela un’atmosfera piena di colori di notte, è una proposta architettonica leggera e fluida la cui ambizione è reintegrare Les Halles nel grande sistema degli spazi pubblici centrali parigini. Comunque, essendo un edificio basso, il Carreau non rinnega la grande profondità del sito e protegge le aree poste a livello -3, la cui altezza è superiore ai venti metri. Esso definisce la riorganizzazione dei percorsi di superficie e instaura 39
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3 - Sezione de Les Halles secondo la configurazione della “place basse” precedente al progetto dello Studio Seura.
4 - Sezione de Les Halles secondo la configurazione della “place basse” contenuta nel progetto dello Studio Seura.
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una nuova relazione tra i livelli della città: sopra lo spazio di scambio della RER, un punto aperto sul forum connette spazi sotterranei ed aerei, rispondendo così al problema della “connessione” posto dal progetto Seura. Infatti in questo punto si incontrano percorsi orizzontali e verticali all’interno della precedente place basse, che viene trasformata in un luogo spettacolare che è sia accesso che cuore del forum in quanto favorisce le relazioni visive e i percorsi tra lo spazio aereo e quello sotterraneo. Queste relazioni sono più facili, al punto che è possibile appropriarsi di tutto lo spazio de Les Halles, dell’edificio, del giardino e degli spazi per la mobilità che devono essere visti e vissuti come una
entità unitaria e non come entità multiple indipendenti tra di loro e poste una a fianco all’altra. Alla fine di questa seconda fase, dopo l’esposizione del progetto e un largo dibattito pubblico, il Municipio di Parigi che aveva indetto la gara ha voluto approfondire le possibilità di cambiamento nelle diverse proposte dei candidati. In questa fase, tra il luglio e il settembre 2004, il progetto di Seura mantenne comunque i suoi principi generali, mentre le riflessioni circa possibili evoluzioni si focalizzarono sulla morfologia del Carreau e sul piano destinato a giardino, anticipando i successivi studi. La squadra di progettisti di Seura fu scelta come vincitrice nel dicembre 2004 e diversi dirigenti
TRASPORTI & CULTURA N.40 di progetto furono assegnati a diverse parti della ristrutturazione. Essi dovevano interessarsi del progresso e del monitoraggio del progetto di sviluppo urbano, della riorganizzazione del giardino e dell’area pedonale di quartiere, della ristrutturazione della strada sotterranea e degli interni posti in sotterraneo sia nella parte dell’antico che del nuovo Forum. Per quest’ultima questione, la municipalità ha interessato altri attori in una stretta collaborazione: RATP, STIF, la regione dell’Ile-de-France e “Expansion Space” for Business Forum. Essa, inoltre, ha stabilito una elaborata procedura di consultazione per dare voce su tutte le materie ai residenti e agli utenti del sito.
La riqualificazione in atto Sulla base del progetto urbano prescelto, le autorità parigine decisero di lanciare un’altra consultazione relativamente all’edificio emergente del nuovo forum; fu fissata inoltre una competizione architettonica per il Carreau. Seura definì le specifiche di questa consultazione e, dopo una competizione internazionale, venne scelto come vincitore il gruppo formato da Patrick Berger e Jacques Anziutti con una proposta che si presentava come “un enorme foglio translucido ondeggiante al di sopra degli alberi del giardino. Il Carreau, rinominato Canopée, è ancora una pensilina aperta, ma il tetto è composto di lamelle utilizzate come filtro per la luce del sole e come protezione dalla pioggia”. Come previsto durante lo studio, il cuore di questo edificio è il punto di incontro di tutti i livelli e degli spazi aerei e sotterranei. Concepito da Seura, esso completa il dispositivo esistente con un sistema periferico di sette accessi. L’ampliamento di due accessi a livello -4, quelli di Rambuteau e di Berger, incrementa la velocità di accesso ordinaria e quindi migliora i flussi di traffico verso la stazione. Un secondo nuovo ingresso creato da Seura è localizzato in Place Marguerite de Navarre; esso non solo migliora complessivamente l’accesso e la distribuzione della capacità di flusso, ma fornisce una nuova visibilità dalla superficie al centro multimodale. Qui, approfittando del ridisegno delle strade sotterranee, una nuova porta conduce in uno spazio pubblico aperto. Quando sarà completato, questa nuova entrata permetterà di unire il forum al livello -3 attraverso un nuovo centro commerciale, creando una diramazione e un nuovo collegamento tra Les Halles e l’area commerciale di Rue de Rivoli. La ristrutturazione de Les Halles è attualmente in corso e l’intera operazione urbana dovrà essere completata nel 2018. È già possibile passeggiare nella prima parte del giardino, aperto dallo scorso inverno. Ampi prati allo stesso livello rendono possibile apprezzare la larghezza dell’intero sito con la Bourse du Commerce che riguadagna la sua monumentalità. In questa parte compiuta, la zona sotterranea è ancora là, sotto i nostri piedi, ma non rappresenta più un vincolo forte sugli spazi pubblici. Un ascensore, posto vicino al percorso principale, fornisce un accesso diretto al “nuovo” forum sotterraneo mentre le prese d’aria, al centro del giardino, non ostruiscono le viste. Dall’altra parte, separato oggi dal cantiere, si inizia a vedere il cuore de Les Halles, il Canopée ancora in fase di costruzione. È facile ora immaginare il centro di questo edifi-
cio come una vera centralità, al crocevia di tutti i percorsi, orizzontali, verticali, locali e metropolitani. Questi elementi stanno partecipando a una riorganizzazione globale in cui gli spazi aerei e sotterranei sono interdipendenti. Un rapporto positivo offre agli utenti un nuovo modo di conoscere la città in cui apertura fa rima con centralità. Nel luogo centrale di Parigi, la città vive in tutte le sue dimensioni. Riproduzione riservata © Traduzione dal francese di Giuseppe Mazzeo
Bibliografia Florence Bougnoux, Jean-Marc Fritz, David Mangin, Les Halles, villes intérieures, projets et études, ediz. Parenthèses, 2008. David Mangin, La ville passante, ediz. Parenthèses, 2008. Seura Architects, Projects and Studies – Underground Spaces, june 2014, draft.
5 - Il giardino esterno sulla piazza nella nuova configurazione. 6 - I lavori in corso per la realizzazione del Canopée.
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Lo sviluppo della mobilità sotterranea in Asia: le linee metropolitane di Shanghai e Tokyo di Laura Russo
Oggi oltre la metà della popolazione mondiale (53%) vive nelle aree urbane (World Bank) e stando alle ultime stime delle Nazioni Unite, entro il 2050, il numero totale degli abitanti delle aree urbane raggiungerà il 68% della popolazione mondiale totale. In tale contesto, non può essere che la città il luogo dove concentrare il massimo impegno per superare le principali sfide dei nostri tempi, come quella al cambiamento climatico o la lotta alle disuguaglianze, solo per citarne alcune. Inoltre, tale rapidissima urbanizzazione, senza precedenti nella storia umana, sta mettendo duramente alla prova la capacità di amministratori e policy maker di fornire le necessarie infrastrutture ai nuovi cittadini, in particolare quelle di trasporto; infatti, con l’aumento della congestione stradale, la conseguente riduzione della velocità media di traffico, l’aumento degli incidenti e quello dell’inquinamento legato alle emissioni veicolari, la pianificazione di un efficiente sistema di trasporto pubblico metropolitano è divenuta indispensabile. Non a caso, la nascita della prima linea metropolitana sotterranea, che collegava la stazione di Paddington a quella di Farringdon Street, a Londra nel 1863, fu fortemente voluta dall’allora sindaco Charles Pearson soprattutto per ridurre il caos insopportabile per le vie del centro. L’arrivo dell’elettricità nel 1890 permise di eliminare il fastidioso fumo creato dai treni a vapore, che in parte scoraggiava l’utilizzo di questo nuovo mezzo di trasporto, e favorì lo sviluppo di nuovi sistemi di metropolitana sotterranea sia in Europa sia negli Stati Uniti, dove traffico e congestione già alla fine del XIX secolo rappresentavano una problematica da affrontare: nel 1904, oltre Londra, anche Budapest (1896), Glasgow (1896), Boston (1897), Parigi (1900), Berlino (1902) e New York (1904) avevano inaugurato la loro prima linea metropolitana sotterranea. Con qualche anno di ritardo, anche paesi come l’Argentina (1913), l’Australia (1926), il Giappone (1927) e la Russia (1935) avevano destinato parte della città sotterranea alla realizzazione di infrastrutture per il trasporto pubblico di massa. Ma è a partire dagli anni ’60 che gli investimenti per la progettazione e costruzione di linee metropolitane subiscono una notevole accelerazione, dovuta soprattutto al diffuso sviluppo economico e alla crescita del numero di metropoli in tutto il mondo. Oggi sono quasi 200 le città che hanno investito nella realizzazione dell’underground e, tra queste, le città dell’Asia dell’Est sono quelle che registrano il maggiore afflusso di utenti (Tokyo detiene il primato con 8,5 milioni di passeggeri al giorno),
The development of underground mobility in Asia: the subway lines in Shanghai and Tokyo by Laura Russo Urbanization has been taking place in the industrialized Western nations for more than two hundred years, but today the phenomenon is moving so rapidly, especially in the developing countries, that cities need to face complex challenges to preserve their growth and livability: urban problems such as congestion, pollution and sprawl are putting a strain on administrators and policy makers to provide the necessary infrastructures to new citizens, with a sustainable approach. Therefore, in many cities much effort has been focused on public transport, especially the underground. Thus, in a large number of Asian metropolises, where air pollution levels dramatically exceed the sustainable limits and strong migration flows from rural areas reduce the availability of nonurbanized land, the development of an efficient underground transport network has become essential for the survival of the urban system. This paper provides a description of two metro systems which stand out for the length – Shanghai Metro System – and for the number of daily riderships – Tokyo Metro System – and which are both in Asia. The analysis shows the increasing importance of urban underground space (UUS) for the sustainable growth of cities: this new resource is no longer used exclusively for transport, parking, or for utilities like heating, water supply and sewage, but also includes commercial, entertainment and public activities, thus extending urban life from street level to underground levels.
Nella pagina a fianco, in alto: strade per lo shopping all’interno dell’UPS di People’s Square, Shanghai (foto di Giuseppe Mazzeo); in basso: strade per lo shopping all’interno della stazione metro di Shinjuku, Tokyo.
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1 - Mappa del network metropolitano di Shanghai in vigore dal 2012 al 2015.
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la maggiore lunghezza della rete (Shanghai, Beijing e Seoul sono sul podio) e sono in continua espansione. Non è un caso che le metropolitane dei record siano in quei territori dell’Asia come Cina, Giappone, Corea del Sud, ma anche Singapore, India e Taiwan, poiché sono proprio questi i paesi dove il forte sviluppo economico ha contribuito ad un ritmo di urbanizzazione senza precedenti: se sono stati necessari 80 anni all’Europa e 60 agli Stati Uniti per aumentare il proprio tasso di urbanizzazione dal 20% al 50% della popolazione totale, 30 anni sono stati sufficienti alla Cina e 42 al Giappone (Morichi 2005). Con una crescita della popolazione urbana così rapida e sostenuta, questi paesi devono necessariamente sviluppare delle politiche di gestione della città intelligenti e soprattutto sostenibili: tra i settori su cui maggiormente investire per promuovere l’utilizzo efficiente delle risorse c’è quello del trasporto pubblico, in particolare sotterraneo, vista la necessità di non sprecare una risorsa non rinnovabile come la risorsa suolo. È per questo che nelle metropoli asiatiche congestionate, dove i livelli di inquinamento atmosferico superano notevolmente i limiti sostenibili e dove i continui e vasti flussi migratori dalle aree rurali rendono sempre più ridotta la disponibilità di suolo non urbanizzato, la realizzazione e l’espansione
di network di trasporto metropolitano sotterraneo sono indispensabili per il funzionamento del sistema urbano. Di seguito si riporta una dettagliata analisi delle reti metropolitane di due grandi centri urbani appartenenti a due diversi paesi asiatici – Cina e Giappone – che si distinguono nel mondo per differenti aspetti: Shanghai per la maggiore lunghezza del network e Tokyo per la più alta affluenza di passeggeri.
La linea metropolitana di Shanghai, Cina Ora che oltre il 50% della popolazione vive in città, la Cina affronta una nuova era in cui la “società urbana” ha di fatto superato quella rurale. Negli ultimi trent’anni quasi mezzo miliardo di persone ha abbandonato la campagna per trasferirsi in città; oltre 710 milioni di persone vivono oggi nei centri urbani, ed è qui che si concentrano le principali industrie, sia manifatturiere sia terziarie, ed è per questo che le città oggi rappresentano la vera forza motrice a sostegno della rapida crescita economica della Cina (UNDP 2013). Una ricerca condotta dalla società di consulenza
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McKinsey’s stima che entro il 2050 la Cina avrà circa 221 città con una popolazione superiore al milione di abitanti: sarà necessario utilizzare oltre 40 miliardi di m² di spazio libero per soddisfare le richieste di uffici, imprese e quelle del settore residenziale. Una consistente parte di questa rapida urbanizzazione interessa la città di Shanghai, la cui popolazione residente al 2010 ammonta a 23 milioni di abitanti, di cui 9 milioni – 39% del totale – provengono da altre province o piccole città (National Bureau of Statistics of China 2010). Shanghai, la più grande metropoli cinese, è una città vivace, economicamente molto attiva e fortemente occidentalizzata; con il più grande scalo portuale internazionale della Cina, Shanghai è il cuore del paese per il commercio, la finanza e l’innovazione tecnologica (Cervero, Day 2008). Con il veloce incremento della popolazione e l’aumento dei redditi medi dei cittadini, anche la struttura del sistema di trasporto urbano della città è mutata. Il numero di automobili a Shanghai tra il 2001 e il 2010 è passato da 241.000 autovetture a 1.115.200 (Shanghai Bureau of Statistics 2011) e, nonostante la mobilità pedonale rappresenti ancora una modalità di spostamento molto utilizzata, l’uso dell’automobile è aumentato in maniera preoccupante negli ultimi vent’anni, spingendo l’Amministrazione locale ad investire nello sviluppo e nell’espansione del network metropolitano. La metropolitana di Shanghai, con i suoi oltre 500
km di lunghezza, è la più lunga del mondo: si compone di 14 linee e 331 stazioni e con 6,9 milioni di passeggeri al giorno è nella top 5 delle metropolitane per numero di utenza (shmetro.com), oltre ad essere tra quelle con il più alto tasso espansivo. Un ulteriore punto di forza del network metropolitano di Shanghai è rappresentato dal sistema pedonale sotterraneo, il cosiddetto Underground Pedestrian System (UPS), tra i più affollati, estesi ed integrati UPS al mondo (Cui et al. 2012). Con l’incontrollato aumento della popolazione e la conseguente carenza di spazio urbano disponibile, quello sotterraneo – Urban Underground Space (UUS) – è sempre più spesso considerato una risorsa ed utilizzato per accogliere non solo funzioni come quella del trasporto (metropolitane, parcheggi, etc), o per la realizzazione di infrastrutture primarie (rete idrica e fognaria), ma anche funzioni sociali di intrattenimento e commercio, estendendo così la vita urbana dal livello stradale ai molteplici livelli sotterranei. Shanghai sin dagli inizi degli anni ’90, quando sono stati avviati i lavori per la costruzione della prima linea metropolitana, ha scelto di sfruttare lo spazio sotterraneo sia per rispondere alla preoccupazione di amministratori e pianificatori che il sistema di trasporto pedonale fosse insufficiente, sia per ottimizzare le infrastrutture di trasporto e per stimolare lo sviluppo commerciale. Sono tre gli esempi principali di UPS a Shanghai – People’s Square, Jing’an Temple e Xujiahui – ed
2 - Mappa del network metropolitano di Tokyo.
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La linea metropolitana di Tokyo, Giappone
3 - Trend demografico delle cinque città più popolose della Cina. Fonte: China National Human Development Report 2013, UNDP. 4 - Andamento della popolazione urbana di Tokyo dal 1967 al 2014.
in tutti e tre i casi si tratta di grandi nodo di interscambio metropolitano da cui si dirama in tutte le direzioni una fitta rete pedonale con numerosi negozi, ben collegata con gli edifici e gli spazi in superficie. L’area sotterranea di People’s Square offre numerose strade per lo shopping, un centro commerciale (Dimei Shopping Mall), un collegamento diretto a due grandi magazzini e allo Shanghai Urban Planning Exhibition Center, oltre ad essere un nodo di interscambio per tre linee metropolitane (linea 1, 2 e 8). Sono invece due (2 e 7) le linee metro che raggiungono Jing’an Temple, l’area pedonale sotterranea adiacente il sito storico di Jing’an Temple, considerato un punto di riferimento per la tradizione della citta; anche qui vi sono diversi percorsi commerciali, un mall (Email Fashion Plaza) ed il collegamento diretto con lo Shanghai Airport City Terminal. L’UPS di Xujiahui, infine, oltre ad essere un esteso nodo di interscambio ferroviario, con tre linee metropolitane (linea 1, 9 e 11), offre anche diverse attività commerciali, pubbliche e di intrattenimento, ed ha collegamenti diretti con ben cinque grandi magazzini. Con la più estesa rete metropolitana al mondo e uno tra i sistemi pedonali sotterranei più affollati e integrati, Shanghai dimostra di avere compreso il valore dello spazio urbano al di sotto della superficie stradale: funzioni di trasporto pubblico, ma anche attività commerciali, ricreative e pubbliche devono necessariamente trovare posto anche all’interno dello spazio sotterraneo delle città interessate dalla rapida urbanizzazione descritta in precedenza, perché altrimenti il rischio è di abbandonare il centro urbano al traffico, all’inquinamento atmosferico e a quello acustico.
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Sebbene il Giappone affronti da tempo un progressivo decremento demografico causato soprattutto dal ridotto tasso di immigrazione, dal rapido invecchiamento della popolazione e dal basso tasso di fertilità, le rilevazioni statistiche segnalano per Tokyo un lieve incremento del numero di abitanti. Tale aumento di popolazione nella capitale è in larga parte il risultato della rapida urbanizzazione che ha investito l’intero paese, come già precedentemente anticipato, e che ha registrato un elevatissimo picco nel 2011, anno del terremoto di Sendai e del Tohoku. Gli ultimi dati certi sulla popolazione di Tokyo sono quelli forniti dal censimento del 2010, secondo cui nei 23 quartieri speciali – ward – che coincidono con l’antica città di Tokyo risiedono circa 9 milioni di abitanti, mentre oltre 13 vivono nell’intera metropoli. Tuttavia, definire con esattezza la popolazione di Tokyo non appare cosa semplice poiché la città sembra aver totalmente dissolto i propri confini, fondendosi con i territori limitrofi, formando uno degli agglomerati urbani più grandi del mondo per popolazione, la cosiddetta “grande area di Tokyo”. Un numero così elevato di abitanti ha stimolato un rapido sviluppo edilizio, accompagnato da un altrettanto veloce potenziamento del sistema di trasporto pubblico, in particolar modo metropolitano e ferroviario, soprattutto per ridurre il congestionamento stradale e l’affollamento urbano. La realizzazione del network metropolitano, seppur iniziata quando ancora la popolazione della capitale era contenuta, ha subito negli ultimi anni continue espansioni legate sia a soddisfare la domanda dei residenti, sia quella, molto consistente, dei pendolari che ogni giorno raggiungono la capitale per motivi di lavoro o studio. Un’analisi del Governo Metropolitano di Tokyo, nel 2005, ha stimato la popolazione diurna e notturna della città e facendone la differenza ha calcolato che, ogni giorno, oltre due milioni e mezzo di persone arrivano a Tokyo per poi andar via prima di sera. Le cose non sono cambiate negli ultimi dieci anni, anzi, questi numeri potrebbero solo essere aumentati. Proprio a causa di questo forte fenomeno di pendolarismo, la metropolitana di Tokyo, con i suoi otto milioni e mezzo di passeggeri al giorno, vanta il numero di utenti giornalieri più elevato al mondo. Tuttavia, il sistema metropolitano della capitale giapponese, che include due diversi operatori – Tokyo Metro e Toei Subway – e si compone di 290 stazioni e 13 linee, trasporta solo il 22% dei 40 milioni di passeggeri che si spostano attraverso la grande area di Tokyo ogni giorno. Si tratta di un network altamente integrato e particolarmente diffuso sul territorio: infatti, la distanza media tra le fermate non supera il chilometro. Tra tutte le stazioni della rete, si distingue per l’originalità dell’involucro architettonico la nuova stazione di Shibuja, disegnata dal famoso architetto giapponese Tadao Ando e inaugurata nel 2008. L’idea progettuale di base è quella di un’astronave sotterranea che i viaggiatori devono attraversare per raggiungere i binari. Tutte le superfici sono realizzate con elementi prefabbricati in cemento rinforzato con fibre di vetro (GFRC); l’atrio, alto 15 m e dalla forma ellittica, connette i tre piani su cui
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5 - Atrio della stazione di Shibuya, progettata da Tadao Ando (fonte: Flickr, Shinichi Higashi, 2012).
si permette in ogni momento agli utenti una visione d’insieme della stazione, in modo da evitare il disorientamento tipico degli ambienti metropolitani sotterranei. Così come per Shanghai, anche il network metropolitano di Tokyo include un sistema pedonale sotterraneo molto esteso (oltre 6 km), con 141 negozi, che connette 51 edifici. In corrispondenza delle stazioni di Shinjuku e Shibuya vi sono due grandi centri commerciali e diversi percorsi perdonali sotterranei collegano le stazioni poco distanti tra loro, rappresentando per gli utenti una valida alternativa alle strade congestionate in superficie. Tale esteso sistema sotterraneo, che comprende non solo le linee metropolitane, ma anche ampi spazi commerciali e chilometri di gallerie pedonali, rappresenta per i cittadini della capitale una prolifera fonte di mistero. Sono numerose, infatti, le leggende che emergono dalla parte più profonda della città: c’è chi crede che i membri del governo abbiamo accesso a dei treni segreti, o addirittura chi pensa che vi sia un rifugio nucleare al di sotto del National Diet Building. Se può sorprendere questo aspetto mistico legato alla città sotterranea, può apparire ancora più originale la lista delle “buone maniere” da osservare in metropolitana, le cosiddette subway manners, fornita dall’ente Tokyo Metro: per chi viaggia il suono del cellulare può essere fonte di disturbo, perciò è buona regolare inserire la modalità silenziosa; durante le ore di punta, in alcuni vagoni del convoglio è permesso l’ingresso esclusivamente alle donne e ai bambini. Particolare attenzione è rivolta alle donne incinte: sin dai primi mesi di gravidanza, infatti, coloro che aspettano un figlio possono ritirare un apposito portachiavi – Maternity Mark – che permette loro di ricevere maggior riguardo soprattutto durante le prime settimane di gravidanza, quando la pancia non
è ancora ben visibile. Questa lista di regole comportamentali da adottare in metropolitana si aggiunge ad altre campagne adottate dai gestori del network per migliorare le abitudini dei passeggeri, come ad esempio i messaggi audio diffusi all’interno dei treni e i poster affissi nelle stazioni. Non deve sorprendere tale sforzo da parte degli amministratori per correggere i cattivi comportamenti degli utenti, perché quando viaggiano ogni giorno oltre 8 milioni di passeggeri è indispensabile imporre delle regole: non è un caso se il sistema metropolitano di Tokyo si distingue per la sua efficienza, pulizia e sicurezza.
Conclusioni Con l’aumento rapido e apparentemente senza sosta della popolazione urbana, la città deve necessariamente fare i conti con problematiche complesse che, se non affrontate, rischiano di comprometterne la crescita e la vivibilità. Congestione, traffico, inquinamento e consumo incontrollato di suolo sono solo alcune delle conseguenze della rapida urbanizzazione che hanno trovato un’efficace risposta nell’utilizzo dello spazio urbano sotterraneo. Infatti, lo sviluppo del trasporto metropolitano e dei sistemi pedonali sotterranei ha permesso di trasferire, al di sotto del piano stradale, sia funzioni di spostamento che funzioni ricreative, riducendo sensibilmente il carico in superficie. Nei paesi del sud-est asiatico, dove la popolazione urbana è più che raddoppiata in meno di mezzo secolo concentrandosi principalmente nelle capitali, lo sviluppo di megacittà ha comportato l’acuirsi del gap tra la domanda e l’offerta di trasporto urbano, e per questo è proprio qui che negli ultimi vent’anni sono state realizzate le reti metropolita47
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6 - Nanjing Road Station, Shanghai (foto di Giuseppe Mazzeo).
ne più estese, innovative ed efficienti del mondo. Metropoli come Shanghai e Tokyo, che contano oltre 10 milioni di abitanti, hanno dovuto necessariamente investire sullo spazio urbano sotterraneo, realizzando network metropolitani sofisticati e reti pedonali divenute mete di shopping e divertimento. Nella maggior parte dei casi, le stazioni metropolitane sono complessi hub di interscambio dove è possibile trascorrere la pausa pranzo o fare acquisti, e in alcuni casi divengono addirittura landmark architettonici che caratterizzano il paesaggio urbano, come nel caso della stazione progettata a Tokyo da Tadao Ando. Vi sono esempi di Undergroung Pedestrian Systems anche in altri paesi, come ad esempio in Canada, dove Montréal e Toronto hanno vere e proprie underground cities che si estendono al di sotto della superficie stradale per decine di chilometri e che nelle stagioni invernali, quando le temperature raggiungono anche i -20 °C, sostituiscono completamente la città in superficie, ormai inaccessibile per il freddo. In Europa, dove i network metropolitani sotterranei sono molto diffusi ma i sistemi pedonali sotterranei ancora non rappresentano un contesto architettonico abituale, fanno eccezione la Germania e la Francia, dove sono stati realizzati diversi centri commerciali sotterranei, come il Klettpassage di Stoccarda o il Forum des Halles di Parigi. Lo scetticismo ancora diffuso nel Vecchio Continente verso la progettazione di spazi urbani al di sotto della superficie stradale non potrà però persistere a lungo, perché se in futuro i centri urbani continueranno ad attrarre elevati flussi migratori dalle aree rurali, lo spazio urbano sotterraneo rappresenterà non più un’opportunità, ma una scelta inevitabile per la sopravvivenza delle città. Riproduzione riservata ©
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6 e 7 - Vedute della metropolitana di Shanghai (foto di Laura Facchinelli). National Human Development Report 2013, China Translation and Publishing Corporation, Beijing, China. Ping, Z. et al. (2009), “On utilization of underground space to protect historical relics model�, Tunnelling and Underground Space Technology, vol. 24, n. 3, pp. 245-249. doi: 10.1016/j. tust.2008.09.001. Flickr, https://www.flickr.com/, visitato a Settembre 2014.
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Metropolitane, stazioni sotterranee e sistemazioni urbanistiche di Alessandra De Cesaris
La città moderna si è andata definendo in una dimensione prevalentemente orizzontale secondo la strategia del dislocare accanto. Lo zoning, strumento di controllo d’uso del suolo, individua aree e destinazioni funzionali su un piano bidimensionale relativo alla quota zero; la terza dimensione viene presa in considerazione solo per quel riguarda lo sviluppo in altezza (+ z) con riferimenti normativi alle altezze massime degli edifici, mentre la dimensione del sottosuolo (-z) viene quasi completamente ignorata. Nel sottosuolo sono stati collocati in modo incoerente, senza alcuna strategia d’insieme e in assenza di strumenti in grado di coordinarne la razionale localizzazione, una serie di spazi tecnici e di infrastrutture a rete indispensabili al buon funzionamento del soprassuolo. Il rapporto di complementarietà tra soprassuolo e sottosuolo, elemento cruciale nella formazione di molti insediamenti urbani del passato, si è ridotto ad un rapporto esclusivamente tecnico-funzionale e il sottosuolo si è andato configurando come un’appendice in cui occultare servizi e infrastrutture che ingombrano la superficie del suolo urbano. Questi nel loro complesso configurano un nuovo strato geologico contemporaneo, parzialmente mappato e poco conosciuto, che rende complicato e talvolta impedisce di accedere agli strati più profondi. Gli studi di analisi urbana hanno indagato infatti i tessuti e le morfologie urbane solo in superficie senza analizzare l’attacco a terra dei manufatti in profondità. Le carte e le mappe catastali riducono il suolo a una superficie priva di spessore, anche se questa superficie rappresenta la forma visibile di un volume tridimensionale che interagisce con il soprassuolo attraverso una variabilità di spessori, in relazione a ciò che su questo supporto si insedia; e se un campo di grano o un orto affondano nel sottostante volume di pochi decimetri, una foresta o un bosco di qualche metro, le infrastrutture tecniche affondano di decine o centinaia di metri. Oggi la carenza di suoli a disposizione nelle aree densamente costruite, insieme alla fragilità di molti suoli urbani e all’urgenza di limitare per quanto possibile il consumo di suolo, indirizzano verso la ricerca di strategie per la razionalizzazione e l’individuazione di nuove modalità di utilizzo del sottosuolo. Modalità maggiormente complesse, oltre la concezione del sottosuolo come spazio tecnico di servizio e luogo di stoccaggio. Lo sviluppo urbano delle città nel XXI secolo rende dunque necessaria una riflessione sulle opportunità offerte da un’urbanistica a dimensione x, y, +z e –z1 . I principi di un’urbanistica sotterranea vengono 1 Sull’ argomento cfr. A. De Cesaris, Il progetto del suolo-sottosuolo, Gangemi editore, Roma 2012.
Subways, underground stations and city-planning solutions by Alessandra De Cesaris The modern city has evolved and been defined in a prevalently horizontal dimension. The underground has been used incoherently: a series of technical spaces and network infrastructures vital to the proper functioning of the ground level have been located underground without a comprehensive strategy or a set of tools capable of coordinating a rational siting process. Today the dearth of available land in densely built areas, along with the fragility of many urban sites and the urgency of limiting land-take, should lead to a search for strategies capable of rationalizing and devising new ways to use the underground. Basing her work on theoretical studies of the past century, the author presents recent projects and constructions that feature use of the underground, focusing on interesting experiences in Amsterdam and Barcelona. Most urbanization of the underground is generated and in some way influenced by the resolution of mobility issues: the spotlight is on exchange hubs, such as the ones built in Paris, Rome and Naples.
Nella pagina a fianco: ABDR Architetti Associati, stazione Annibaliano della linea B1 della Metropolitana di Roma, 2004-2013.
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1 - Édouard Utudjian, zoning sotterraneo.
2 - SEURA, Forum des Halles, Parigi.
indagati e teorizzati a partire dagli anni Trenta da Édouard Utudjian, ingegnere francese di origine armena, allievo di Perret, fondatore del GECUS (Groupe d’Etudes et de la Coordination de l‘Urbanisme souterrain, 1933). La volontà di reperire nello spessore del suolo gli spazi necessari alle esigenze della città moderna, garantendo la salvaguardia del patrimonio architettonico e urbano spinge Utudjian a studiare soluzioni insediative nella profondità del suolo de la ville épaisse. Per Utudjian, che anticipa di decenni il concetto di territorio come risorsa limitata, la terza dimensione è indispensabile all’organizzazione razionale della città futura “De même qu’un édifice ne saurait se construire sans ses fondations, la cité de demain ne saurait se passer de l’organisation de son soussol”2. Di recente Steven Holl suggerisce che in una terza dimensione -Z è possibile organizzare, una sopra 2 É. Utudjian, L’urbanisme souterrain, Presses Universitares de France, Paris 1952, p. 126.
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le altre, su più livelli, le innumerevoli ed ingombranti funzioni tecnologiche richieste dalle metropoli nel prossimo futuro, ma è anche possibile sperimentare nuovi spazi pubblici caratterizzati da “movimenti verticali ed obliqui”, alternativi alla dimensione prevalentemente orizzontale della città storica3. La tabula rasa del Flevo Polder, “senza storia, senza contesto e senza ostacoli”4, offre invece a OMA/ Koolhaas l’opportunità di sperimentare le modalità di uno zoning verticale. Nel progetto di concorso per il nuovo centro urbano di Almere (1994-95), città satellite di Amsterdam realizzata a partire dagli anni Settanta nelle terre prosciugate dall’acqua, Koolhaas propone uno schema di espansione che abbandona la se3 S. Holl, “Paris Tolbiac”, in Paris-Architecture et utopie, Projets d’urbanisme pour l’entrée dans le 21ème siècle, Ernst&Sohn, Berlin 1989, p 74.18/02/200918/02/2009. 4 M. Provoost, B. Colenbander, “The dilemmas of the polder town”, in M. Provoost, B. Colenbrander, F. Alkemade, Dutchtown. A city centre Design by OMA/Rem Koolhaas, Nai Publishers, Rotterdam 1999 p.13.
TRASPORTI & CULTURA N.40 parazione orizzontale di funzioni e opta, al contrario, per la concentrazione di attività sovrapposte verticalmente. L’obiettivo è quello di realizzare una congestione combinata di attività urbane attraverso la sovrapposizione di quattro layers relativi alle infrastrutture di trasporto, a quello dello spazio pubblico, a quelle dei negozi e delle abitazioni (underworld, deck, shops, dwelling). Si configura in tal modo un’unica megastruttura estremamente compatta, forata al suo interno da vuoti e aperture che assicurano connessioni funzionali e visuali tra i livelli. Fondamentale è infatti, per Koolhaas, collegare il più possibile tra loro i vari layers, non solo per garantire le connessioni funzionali, ma anche per assicurare le relazioni visuali e l’orientamento. A tal fine infatti nel master plan definitivo vengono aumentate il numero e le dimensioni delle aperture che mettono in relazione l’underworld e l’upperworld. Ad Amsterdam AMFORA (Alternative Multifunctional Underground space in Amsterdam) propone di realizzare una city under the city. La proposta indaga le possibilità legate all’uso del sottosuolo per uno sviluppo sostenibile del centro città. Prevede di realizzare una rete di spazi multifunzione al di sotto dell’ Amstel e dei canali interni al Ringweg A10 per uno sviluppo complessivo di circa 50 km5. L’ipotesi è di realizzare un’infrastruttura polifunzionale articolata su 5/6 livelli nello spessore compreso tra il letto del canale a quota -3,50 circa e lo strato impermeabile di argilla situato tra quota –32,0 e quota –60 metri, con ingressi al sistema situati lungo il perimetro dell’anello stradale a scorrimento veloce A10. L’obiettivo è liberare dal traffico il centro città, recuperare il rapporto con l’acqua sul fronte di Prins Hendrikkade, attualmente arteria a scorrimento veloce sul IJ, realizzare parcheggi e una serie di servizi. La nuova infrastruttura sotterranea multilivello che ricalca la rete dei canali storici è pensata per essere realizzata attraverso un sistema di elementi prefabbricati. Il canale viene temporaneamente drenato, si realizzano i muri laterali di sostegno (diaphragm wall) che raggiungono la profondità dello strato di argilla. Tra questi muri laterali di sostegno, cavi per il passaggio delle condutture, vengono tessuti i solai dei sei piani che, grazie all’assenza di pilastri, garantiscono un’ ampia flessibilità d’uso. Oltre alle vie d’accesso, ai parcheggi e ai servizi nell’infrastruttura lineare, dalla campata libera di circa 30 metri, saranno collocate una serie di installazioni tecniche per il filtraggio dell’aria, dell’acqua e per lo sfruttamento della temperatura costante del sottosuolo.
Infrastrutture sotterranee di trasporto La gran parte delle urbanizzazioni del sottosuolo appaiono dunque indotte e in qualche modo condizionate dalla risoluzione del problema mobilità. La città contemporanea si è andata configurando infatti come un organismo disperso e frammentato interconnesso da un sistema di infrastrutture in cui quello delle infrastrutture di trasporto ha assunto un rilievo e un’importanza sempre crescen5 La proposta è stata elaborata da Strukton con Zwarts&Jansma architects negli anni 2007-09. Nel 2010 il Progetto Amfora Amstel ha vinto il MIPIM, Architectural Review Future Project Awards per la sezione Big Urban Projects.
te. In un tale organismo disperso è infatti aumentata la necessità di mobilità. Aumentano i flussi relativi alla mobilità locale, micromobilità, aumentano quelli relativi ad una mobilità nazionale e internazionale, macromobilità. Nel complesso questo progressivo incremento del fattore spostamento secondo tragitti sempre più differenziati, attraverso differenti modalità di trasporto, insieme all’affermarsi della mobilità come elemento caratterizzante la società contemporanea6, esige un ripensamento delle modalità di concepire ciò che fino a pochi anni fa era considerato uno spazio esclusivamente tecnico. Esige inoltre una maggiore articolazione delle soluzioni progettuali in relazione al tipo di spostamento, nel tentativo di conferire all’astratto spazio della mobilità nuove figurazioni, nuove identità e attribuzioni di senso. Stazioni ferroviarie e metropolitane, terminal portuali e aeroportuali, parcheggi, autostrade, tangenziali, stazioni di servizio, svincoli, sottopassi, viadotti - insomma le cosiddette “infrastrutture della mobilità” - connotano infatti, porzioni sempre più rilevanti di paesaggio, senza peraltro riuscire a costruire luoghi, anzi creando spesso le condizioni del degrado dei medesimi luoghi da queste attraversati. Pensate e progettate per migliorare la vita della collettività aumentando le possibilità e la velocità del movimento, dunque la libertà e il raggio di azione dell’individuo, queste infrastrutture hanno molto spesso contribuito in modo sensibile alla
3 - Arriola & Fiol, Gran via de Llevant, Barcellona 20002007.
6 Nel configurarsi come condizione irrinunciabile per la libertà dell’ individuo la mobilità rappresenta nella società contemporanea qualcosa in più di una semplice necessità funzionale Alcuni vorrebbero il diritto alla mobilità inserito tra i diritti universali dell’uomo. Cfr. Lussault M., “Dix Mots pour comprendre la grand Paris”, Le grand Pari(s) Consultation International sur l’avenir de la metropole parisienne, Le Moniteur Architecture 2009.
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TRASPORTI & CULTURA N.40 queste opere sono state concepite come luoghi esclusivi del movimento e dell’attraversamento, manufatti rigorosamente monofunzionali che volutamente non integrano differenti usi o attività7.
Ibridare le funzioni: un progetto a Barcellona
4 - AMFORA, Alternative Multifunctional Underground space in Amsterdam. 5 - ABDR. Architetti Associati, stazione Annibaliano della linea B1 della Metropolitana di Roma, 2004-2013.
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dequalificazione del paesaggio. Nell’attraversare il territorio hanno infatti creato al loro intorno - sopra, sotto, accanto - terra bruciata e terreni incolti. Hanno definito spazi marginali, sottoutilizzati o inutilizzati, difficilmente accessibili e dunque degradati, urbanizzati solo mediante modalità insediative ai limiti della legalità. Le cause di questa cattiva integrazione sono diverse e di varia natura, tra queste: l’indifferenza degli spazi della mobilità nei confronti della natura e il carattere dei luoghi, la banalità e la povertà figurativa di molte soluzioni progettuali, la concezione dello spazio dei trasporti come elemento rigidamente monofunzionale. Da un lato ci si è dotati di infrastrutture pensate e progettate esclusivamente come soluzione tecnica estranea alla forma della città, quindi mai indagate e progettate come elemento di qualificazione e riqualificazione del paesaggio. Dall’altro tutte
La ricerca di una maggiore integrazione tra infrastruttura di trasporto e spazio pubblico, dunque con la vita della città, sta indirizzando negli ultimi anni una serie di progettisti a ripensare e reinventare le rigide tipologie codificate attraverso criteri esclusivamente tecnici e trasportistici, indispensabili ma non esaustivi, quali flussi di traffico, parametri di velocità e sicurezza, raggi di curvatura. Molte proposte - nella ricerca di nuove figurazioni e più consone modalità di utilizzazione dei cosiddetti “spazi della mobilità” - sono caratterizzate dalla perdita di chiarezza tipologica del singolo manufatto che si ibrida con altre funzioni e altre tipologie o frammenti di queste. Attraverso modalità di progettazione inclusive, si cerca di coniugare trasporti e città, spazi della mobilità e spazi del tempo libero, di declinare insieme soluzione tecnica e morfologia dei luoghi, di modellare la rigidità dell’infrastruttura tecnica sulla complessità della città e delle proprie stratificazioni, abbandonando il dogma della monofunzionalità8. Esemplare per la sua capacità di integrare trasporti e città e di riconciliare fluidità dei flussi di traffico, velocità di percorrenza e valore civico della strada è il progetto della rimodellazione della Via de Llevant a Barcellona di Arriola e Fiol. Il progetto ha trasformato un’arteria a scorrimento veloce in un viale urbano di nuova generazione recuperando appieno il suo uso civico. Ha sperimentato inoltre le possibilità di quella che dagli stessi architetti viene definita un’infrastruttura multi-livello, un’infrastruttura in grado di integrare nel medesimo manufatto una serie di usi e funzioni miste e di recuperare quindi un nuovo uso civico della strada. Nello spessore del suolo vengono così accolte diverse corsie di traffico, suddivise in relazione ai tipi di percorrenza, una linea di tram, parcheggi, un mercato delle pulci, un’area espositiva e, al di sopra, un esteso parco lineare. In particolare, il progetto si definisce attraverso l’articolazione della sezione trasversale e la rimodellazione del suolo: questa prende forma attraverso lievi dislivelli densi di conseguenze ai fini della percezione complessiva dello spazio. La nuova viabilità viene organizzata secondo tre livelli di traffico: viabilità a scorrimento veloce in trincea nel tronco centrale, vivibilità locale in due corsie laterali con aggetti di 3,5 metri sul tronco centrale e, sui bordi esterni, le corsie di servizio per l’accesso ai parcheggi, le fermate dell’autobus e il carico scarico delle merci. La nuova infrastruttura multi-livello include, inoltre, sul lato della montagna due parcheggi interrati di 400 metri ciascuno, sul lato opposto, verso il mare, una linea del tram con 4 stazioni. Lungo l’intero tracciato è stato inoltre realizzato un parco lineare organizzato attraverso un saliscendi di pia7 Sull’ argomento cfr. A. De Cesaris, Infrastrutture e paesaggio urbano 2, Edilstampa, Roma 2012. 8 Su questo argomento vedi le riflessioni e i progetti di Agence des Gares-AREP, in Agence des Gares-AREP, Percorsi 1988-1998, Diagonale, Roma 1998.
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ni inclinati ad andamento sinusoidale. Questo particolare andamento ondulato da un lato permette di raccordare con naturalezza le quote delle due corsie fuori terra, dall’altro, consente di organizzare gli accessi alle fermate del tram e le immissioni del traffico delle perpendicolari alla Via e infine di risolvere brillantemente la questione degli accessi ai parcheggi, includendo il disegno degli ingressi
nel disegno del parco. Complessivamente grazie a una tale articolazione della sezione stradale è stato possibile ridurre da 57 a 22 metri la lunghezza degli attraversamenti pedonali nella direzione maremonte, recuperare una non indifferente superficie di suolo e migliorare la permeabilità dell’intero settore urbano.
6 - Steven Holl, Urbanistica a dimensione xyz, Paris Tolbiac. 7 - Nodo di scambio Magenta gare du Nord- gare de l’Est, Parigi.
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Nodi di scambio: Parigi, Roma, Napoli
8 - Metropolitana di Napoli, stazione Toledo, progettata dall’architetto Oscar Tusquets (foto di Laura Facchinelli).
9 - Alvaro Siza e Edouardo Souto de Moura, stazione Municipio delle linee 1 e 6 della metropolitana di Napoli
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La ricerca di una maggiore continuità tra soprassuolo e sottosuolo e di una migliore integrazione tra forma tecnica e forma urbana, nelle nostre città di lunga durata dalle innumerevoli stratificazioni, caratterizza oggi anche il progetto di un nuova generazione di stazioni delle metropolitane e più in generale dei nodi di scambio. La volontà di meglio integrare il Forum de les Halles con il sistema degli spazi pubblici parigini, di migliorare la circolazione dei flussi e di far emergere in superficie lo spazio sotterraneo migliorando dunque il rapporto tra la quota zero della città e lo spazio ipogeo del trasporto ha portato a riprogettare, a soli trent’anni dalla sua inaugurazione, quella che oggi è la principale porta di accesso a Parigi con i suoi 750.000 viaggiatori quotidiani. Preceduto dalle sperimentazioni degli anni Sessanta di Montréal, Tokio, Osaka e New York, qualche anno prima con il Rockfeller Centre, Les Halles sperimenta anch’essa il progetto di un’urbanistica sotterranea. La condizione e il motore di sviluppo per una tale urbanizzazione del sottosuolo è la presenza di una rete di trasporto pubblico underground. In queste prime realizzazioni di costruzione di città sotto la quota zero la matrice formale è quella del percorso. È la rete del trasporto pubblico, nei suoi nodi di interconnessione, a rendere vitale e attrattivo lo spazio sotterraneo, che si organizza dunque secondo i flussi della mobilità lungo un percorso o una serie di percorsi che distribuiscono attività commerciali e conducono alla quota zero della città. Ma proprio una serie di criticità legate al non ottimale funzionamento della complessa macchina sotterranea, quali il sistema delle percorrenze e dell’accessibilità, insieme all’assoluta mancanza di un’immagine unificante e riconoscibile e alla mancata integrazione con il tessuto storico, ha portato alla decisione di ridefinire complessivamente l’immagine e il funzionamento del nodo di scambio metro RER Chatelet-Les Halles9. Nelle città densamente costruite e stratificate, altra questione è rappresentata dalla creazione degli accessi alle reti di trasporto sotterranee. A Parigi lungo la linea Eole della metropolitana le due stazioni Magenta e Saint Lazare10 indagano nuove modalità di rapportarsi al tessuto urbano. Entrambe sono collocate a 30 metri di profondità e hanno come elemento principale una grande hall attorno alla quale si organizzano tutti gli spazi. Ma l’aspetto più rilevante consiste nell’aver collocato alcuni accessi alla stazione nei piani terra e nei cortili di edifici esistenti: l’amministrazione pubblica non voleva infatti realizzare strutture emergenti nello spazio pubblico. L’ingresso è segnalato direttamente sulla strada da grandi porte di legno che chiudono durante la notte e durante il giorno si trasformano, ribaltandosi, in pensiline. Roma, caratterizzata da un attacco a terra iperstratificato, ha fatto per decenni una tenace opposizione alla costruzione di una rete di traspor-
to pubblico sotterraneo. Le conseguenze di una tale resistenza si manifestano oggi attraverso una insostenibile congestione in termini di costi, sviluppo, competitività e qualità della vita11. La città che più al mondo ha costruito la sua forma urbis
9 Quattro i progetti elaborati per l’occasione da gruppi di progettazione guidati da, MVRDV, Rem Koolhaas, Jean Nouvel, SEURA (vincitore), cfr. Casabella 739-40, 2005, e Les Halles Villes intérieures, projet et études SEURA 2003-2007, Editions Parenthèses, Marseille 2008. 10 Progettisti arch. ing. J. M. Duthilleul, arch. ing. E. Tricaud con Arep (Amènagement Recherche Pole d’Echanges).
11 ‘A Roma un quinto della superficie è occupata da vetture in sosta o in movimento e l’uso dei mezzi collettivi rappresenta il 28,2% della mobilità motorizzata, contro il 67,7% di Barcellona, il 63,6% di Parigi, il 47,7% di Londra e il 47% di Milano’. Dal Rapporto dei Magistrati della Corte dei Conti A. Mezzera e A. Bucarelli, in ‘Corriere della Sera’ 2.2.2012.
TRASPORTI & CULTURA N.40 3,9 chilometri, 4 stazioni con progetto architettonico dello studio ABDR. Due di queste stazioni, Gondar e Annibaliano, sono state presentate con un progetto di variante rispetto a quello di gara per assicurare un migliore inserimento urbano ed eliminare ingombranti volumetrie sopra la quota zero. In particolare la stazione Gondar è caratterizzata da una piazza ribassata da cui si accede all’atrio di stazione. “Da qui è possibile percorrere con lo sguardo l’intera sezione di progetto, fino all’ultimo piano banchina, attraverso la presenza di un originale pozzo a geometria irregolare. È la visibilità di una stratificazione che dà forma a una sorta di compatto spessore di suolo all’interno del quale sprofondano, s’intersecano, si ridefiniscono porzioni di spazio urbano”12. Nella stazione Annibaliano una piazza ribassata all’aperto è concepita come luogo di mediazione tra lo spazio della mobilità organizzato secondo vincoli precisi e leggi inderogabili e lo spazio della città soprastante con i suoi assi, il suo tessuto, le sue visuali. Se la decisione di collocare i tracciati al di sotto della quota archeologica ha schivato la maggior parte delle conflittualità, il problema di confrontarsi con le numerose presenze di una città già fondata persiste nelle opere di risalita dalla quota del ferro a quella della città laddove nel corso degli scavi vengano alla luce reperti archeologici. A Napoli, nella costruzione del Metrò dell’Arte13, Alvaro Siza e Souto de Moura dimostrano come sia possibile, attraverso una serie gesti misurati, integrare trasporti e città, spazio della mobilità e spazio pubblico urbano, tracce e reperti della città antica con le esigenze dell’homo mobilis contemporaneo. Il mirabile progetto della stazione Municipio, in corso di realizzazione, rappresenta l’occasione per ridisegnare la piazza soprastante, e per riattivare il collegamento fisico e visuale tra il fronte del porto con la stazione di Cesare Bazzani, il Castel Nuovo, il Municipio e in lontananza la Collina di San Martino. Le fortificazioni aragonesi, le navi dell’antico porto romano, una serie di altri reperti archeologici, vengono composti insieme nel percorso di accesso al nodo di interscambio tra due linee di metropolitana la linea 1 più profonda e la 6 a questa trasversale, laddove la presenza della storia con le sue innumerevoli tracce e reperti, anziché ostacolo alla realizzazione dell’opera, diviene un forte stimolo all’invenzione e alla definizione del progetto. Riproduzione riservata ©
attraverso un processo di stratificazione e sovrapposizione, in epoca moderna ha rigettato l’ipotesi di realizzare nel suo sottosuolo un moderno strato della mobilità. Un nuovo strato, realizzato attraverso una tecnica di inversione, capace di fornire una risposta alle pressanti esigenze dell’uomo mobile contemporaneo. La scelta di collocare i tracciati al di sotto della quota a rischio ritrovamento archeologico ha in parte sbloccato la situazione, si sta infatti realizzando la linea B1, piazzale Ionio-Piazza Annibaliano con
12 P. Desideri, “Le nuove stazioni della metropolitana di Roma”, L’industria delle costruzioni 402, 2008, p 103. 13 Cfr. L’industria delle costruzioni 436, 2014.
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La stazione Garibaldi della metropolitana di Napoli: tra riqualificazione urbana e nuovi usi degli spazi sotterranei di Rosaria Battarra e Antonello De Risi
Nel dicembre 2013 è stata aperta al pubblico la Stazione Garibaldi della Linea 1 della Metropolitana di Napoli. Sebbene si tratti di un’apertura parziale perché i lavori, avviati nella primavera del 2005, non sono ancora conclusi, tuttavia quella che a lungo è stata un’area il cui uso è stato interdetto dalla presenza del cantiere, si incomincia a mostrare come uno spazio pubblico connotato architettonicamente e modificato dal progetto che inciderà profondamente sul modo di fruire la piazza.
The Garibaldi station and the subway in Naples: between urban regeneration and new uses for underground spaces by Rosaria Battarra and Antonello De Risi
Dalla stazione alla città Nelle grandi città, le aree intorno alle stazioni sono nodi di coagulo di flussi, dense di attività e di usi connessi alle esigenze del trasporto (parcheggi, stazionamenti di mezzi di trasporto pubblico, ecc.), spesso caratterizzate da elevati livelli di degrado; aree nelle quali si svolgono attività “informali” e non sempre “lecite” e pertanto vissute come luoghi “poco sicuri”. Piazza Garibaldi, che accoglie la omonima stazione, non è diversa. Spazio urbano ricco di vivacità, movimento legato alla stazione, ma anche alle attività commerciali soprattutto di tipo temporaneo che da sempre qui hanno trovato spazio, ma con aspetti problematici legati alla congestione dei flussi di traffico veicolare e alla estrema frammentarietà dell’uso degli spazi da parte dei pedoni. È una piazza non piazza, la cui genesi è legata alla demolizione del fabbricato ottocentesco alla fine degli anni ‘50, che ha lasciato libero un grande spazio privo di identità, che è stato via via utilizzato soprattutto per le funzioni legate alla mobilità. E come spesso accade, è da interventi di ammodernamento o ampliamento delle stazioni ferroviarie che prendono il via progetti di riqualificazione urbana che coinvolgono ampi settori urbani se non, in alcuni casi, interi quartieri (Battarra, 2010). Anche in questo caso, a partire dalla fine degli anni Novanta, l’Amministrazione Comunale, attraverso l’utilizzo di fondi europei, elabora il progetto della rete della metropolitana per connettere i quartieri residenziali collinari con il centro storico e la stazione centrale. Il progetto si è poi ampliato e modificato negli anni successivi fino ad assumere quale scelta strategica quella di concepire un progetto che riguardasse, oltre che la realizzazione della nuova stazione, anche la riqualificazione dell’area circostante. Ed in tal senso il progetto della stazione Garibaldi non riguarda solo il nodo del trasporto pubblico, con le sue esigenze tecniche, funzionali e logistiche, ma anche il tessuto urbano al contorno, coinvolto in un intervento
The large square facing the main railway station in Naples, Piazza Garibaldi, and the neighborhood around it, have been an area of urban blight since the creation of the square in the late ’50s. Taking advantage of a significant influx of European and Italian capital for an important subway project, one of the city’s administrations launched a project to regenerate the Piazza Garibaldi area, focused on a large subway station which would connect the hill and northern part of the city with the railway station. The subway station, now almost completed, was designed by French “archistar” Dominique Perrault. One of its main features will be a large underground square (about 7.000 m², 8 m below the surface), which will connect Piazza Garibaldi to the subway station 40 m below the surface. This area should be lit primarily by natural light through a transparent dome, and act as both a transportation hub, allowing interchange between the train and subway lines converging towards the existing railway station, and a shopping mall. The project will completely redesign the existing square, using the reticular dome of the underground square to give it a strong architectural identity, and transforming it into a vehicle–free space with green areas and a new organization of temporary commerce. Once completed, it will contribute significantly to the regeneration of the square. This article analyzes the project, focusing on the comparison with similar case studies around the world, in which the renewal or outright construction of stations has featured the use of underground spaces to improve the quality of surface space.
Nella pagina a fianco, in alto: Napoli, vista aerea della piazza Garibaldi prima dell’avvio dei lavori; in basso: render delle tre piazze.
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1 - La Stazione centrale nella configurazione ottocentesca. 2 - Un mercato “informale” in piazza Garibaldi.
di riqualificazione che modifica gli assetti preesistenti in termini di organizzazione dei flussi e delle relazioni tra le diverse parti, di uso dello spazio, di inserimento di nuove attività. Il progetto ha quindi rappresentato un’occasione irripetibile per intervenire in un comparto urbano di importanza strategica sia in termini dimensionali che logistici. Piazza Garibaldi, che accoglie la stazione, ha una superficie di gran lunga maggiore delle altre piazze della città (oltre 6 ettari): basti pensare che piazza del Plebiscito, nel cuore del centro storico, ha un’estensione pari a meno della metà ed inoltre questo grande spazio aperto rappresenta il “limite virtuale” tra la città storica e quella di più recente sviluppo, configurandosi come snodo nevralgico di interscambio tra i principali mezzi di trasporto collettivo tra la città ed il suo hinterland. Così come per le altre stazioni della linea 1, anche in questo caso la progettazione è stata affidata ad un architetto di fama internazionale, Dominique Perrault, con l’obiettivo di fare della realizzazione della stazione l’occasione per un intervento organico di riqualificazione urbana, strettamente connesso alla realizzazione infrastrutturale ed al conseguente cambiamento nel modo di percorre-
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re e di vivere la città, in grado di incidere profondamente sul territorio fino a trasformare il quartiere al contorno. Questa impostazione è frutto di un’idea innovativa maturata a Napoli nella seconda metà degli anni ’90 in tema di infrastrutture di trasporto che ruota intorno a due principi cardini: - integrare la pianificazione urbanistica con quella dei sistemi di trasporto; - fare della realizzazione dei nodi del trasporto un’occasione per la riqualificazione dei tessuti urbani in cui sono collocati. Per quanto concerne il primo aspetto, ciò ha significato che “… le trasformazioni della città e dei sistemi di trasporto sono state governate secondo logiche unitarie, al fine di definire strategie di intervento e strumenti innovativi per il governo dei fenomeni di interrelazione tra la distribuzione delle attività sul territorio e la mobilità, mirati sia a migliorare l’offerta di trasporto che a razionalizzare la domanda di spostamento. Le politiche messe a punto sono state quindi orientate principalmente a garantire elevati livelli di accessibilità per le persone e le merci all’interno del territorio comunale” (Papa, 2010). Per implementare le strategie messe a punto, gli strumenti per la pianificazione dei trasporti (il Piano Comunale dei Trasporti, il Piano della Rete Stradale, il Piano delle 100 stazioni) sono stati integrati all’interno del Piano Regolatore Generale che, in quegli stessi anni, si stava definendo1. Inoltre le stazioni divengono il fulcro di progetti più ampi di riqualificazione urbana nei quali, abbandonata una concezione soltanto di tipo ingegneristico delle stazioni connotate “secondo criteri tipologici propri della funzione di circolazione e caratterizzate da qualità formali indifferenti all’identità della città esterna”, si è passati ad “assegnare alle stazioni anche la valenza di luogo in cui si compie il processo di connessione con il tessuto urbano che la linea incontra, e conseguentemente di avvalersi di architetti che si fossero già cimentati con tali tematiche” (Camerlingo, 2000). Si pensi ad esempio a Piazza Dante, nel centro storico della città, che da spazio dedicato quasi esclusivamente alle esigenze del traffico con l’ingombrante presenza di autobus e macchine, nell’attuale configurazione progettata da Gae Aulenti, si è trasformata in uno spazio urbano per usi diversi e al tempo libero (sosta, spettacoli, mercatini, ristorazione, ecc.). Per quanto concerne il trasporto su ferro, nel nodo Garibaldi possono essere individuate cinque stazioni: - la Stazione Centrale, dedicata al traffico regionale ed ai collegamenti a lunga percorrenza; - la Stazione dell’Alta Velocità, per i collegamenti con Torino, Milano, Firenze e Bologna; - la Stazione della Circumvesuviana, con le linee regionali verso la penisola sorrentina e l’area vesuviana; - la Stazione della linea 2 della metropolitana, ovvero il passante ferroviario che collega l’area orientale (Gianturco) con i quartieri e i comuni dell’area Flegrea (Fuorigrotta, Bagnoli, Pozzuoli); - la Stazione della linea 1 della metropolitana che, con le sue attuali 17 stazioni, collega piazza Garibaldi con il centro storico, la zona collinare e la periferia nord di Napoli. 1 Il Piano Comunale dei Trasporti è stato approvato nel 1997, il Piano della rete stradale nel 2000 e quello delle 100 stazioni nel 2003. La Variante al P.R.G. è stata approvata nel 2004.
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3 - Il quartiere delle 5 stazioni.
La confluenza, in questo nodo, delle linee del trasporto su ferro sia per i collegamenti nazionali che per quelli locali connota funzionalmente questa parte della città, tanto che lo slogan che fu coniato per identificare il progetto della nuova stazione e della piazza fu “il quartiere delle 5 stazioni”. Oltre che per il trasporto su ferro, la piazza rappresenta un importo nodo anche per il trasporto pubblico su gomma: da qui transitano oltre a numerose linee di autobus urbani ed extraurbani, quelli a lunga percorrenza verso alcuni capoluoghi provinciali ed extraregionali.
Piazza Garibaldi: da “suk” a spazio urbano di qualità Il tema del potenziamento e della razionalizzazione delle risorse trasportistiche che confluiscono nella piazza è stato centrale nel progetto di riconfigurazione dello spazio. Ciò ha significato prevedere: - l’ottimizzazione della rete dei trasporti pubblici (treno, metro, bus, taxi) mediante un miglioramento della fruibilità dei servizi da parte dell’utenza, per alleggerire il più possibile il flusso
veicolare di ingresso alla città; l’adeguamento della viabilità di superficie con l’adozione di dispositivi di traffico che favoriscano la permeabilità veicolare nord-sud; - la ristrutturazione delle stazioni esistenti e la previsione di una rete di collegamenti pedonali su vari livelli che garantiscano una forte interazione con la nuova stazione della metropolitana anche attraverso una sapiente rifunzionalizzazione degli spazi sia sotterranei che di superficie. Punto di partenza del progetto di riqualificazione urbana è stata la riduzione del traffico veicolare di attraversamento della piazza. I veicoli in arrivo dal centro città infatti, una volta completati i lavori, saranno convogliati lungo un percorso a doppia corsia e senso unico di marcia che attraversa la piazza dirigendosi verso la Stazione Centrale. I veicoli in arrivo dalla parte est della città proseguiranno lungo Corso A. Lucci passando a fianco della Stazione Centrale. Il percorso centrale ripartisce il suolo della piazza in due versanti, nord e sud, e stabilisce una circolazione a doppio anello che ingloba gli isolati contigui a ridosso dei due versanti. Lo spazio della piazza viene così ad essere suddiviso in due parti: -
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TRASPORTI & CULTURA N.40 In particolare il progetto articola il grande spazio urbano in tre “piazze”: - la Piazza “dei percorsi”; - la Piazza “Antica”; - la Piazza “dell’ombra”. La Piazza “dei percorsi” si estende per circa 17.000 m² nella parte nord-ovest dell’area di intervento e collega la zona di accessibilità veicolare alla Stazione Centrale (taxi, bus, kiss & ride) con il resto della piazza ed il parcheggio in sottosuolo di oltre 400 posti auto previsto dal progetto della società Grandi Stazioni. Poiché in quest’area si concentreranno i flussi pedonali di circolazione e di stazionamento degli abitanti della zona, sono stati predisposti spazi direzionali di movimento e di sosta, con la possibilità di introdurre piccoli chalets in grado di creare un mix funzionale di ambienti di socializzazione e di incontro per le differenti tipologie di utenza presenti. In questa parte sono disposti filari di aranci e mandarini sempre verdi, essenze presenti in numerose vie napoletane, che rievocano la tradizione partenopea ricorrente ancora oggi nei cortili, nei giardini pensili e nei chiostri. La geometria complessiva ad andamento longitudinale, si struttura attorno ad una zona di “cerniera” posta in posizione baricentrica. Questa zona è rappresentata da una piccola piazza inclinata a forma quadrata, il cui livello più basso è in diretta comunicazione con il parcheggio previsto dal progetto di Grandi Stazioni e con il mezzanino della linea 2 che, a sua volta, funge da collegamento con la linea 1 e con la galleria commerciale a sud. L’alberatura offre un piacevole e caratteristico punto di ristoro ombreggiato e costituisce una sorta di porta di accesso nella galleria commerciale dal versante ‘nord’ a quello ‘sud’. Il percorso di collegamento al parcheggio ed al mezzanino della linea 2 resta separato dalla piazza inclinata attraverso una lama d’acqua che è in diretto rapporto con le istallazioni previste in superficie e che contribuiscono, quasi a livello segnaletico, ad attribuire alla piazza inclinata quella funzione di cerniera dell’intero progetto.
4 - Le tre “piazze”.
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5 - Dettaglio della copertura metallica durante i lavori (foto di Giuseppe Mazzeo). 6 - Le vetrate della galleria commerciale nella piazza ipogea (foto di Giuseppe Mazzeo).
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nella parte nord uno spazio aperto costituito dai giardini, dalle aree di gioco e di riposo, dalla Piazza della Stazione Centrale, scandito dalla presenza degli accessi alla rete di servizi nel sottosuolo posti nei punti più strategici; nella parte sud uno spazio protetto, una grande copertura che ripara dal sole una piazza ipogea dove è posta la Galleria Commerciale, dove il traffico pedonale mescola utenze di varia provenienza e destinazione.
La Piazza “Antica” che, trovandosi all’incrocio dei principali percorsi veicolari, costituisce quasi un’isola pedonale, una zona di attraversamento più che un’area di sosta, è stata valorizzata dal progetto mediante un filare di palme e mandarini al cui centro permane, in ricordo dell’origine storica di “prima piazza” della Stazione Centrale, la statua di Giuseppe Garibaldi. La Piazza “dell’ombra” rappresenta lo spazio di collegamento tra la zona della Stazione Centrale, Corso Garibaldi e Corso Umberto I: si estende per circa 18.000 m² ed è coperta da una struttura metallica che rappresenta senz’altro l’elemento che più di tutti caratterizza la nuova piazza. La sua genesi deriva dalla presenza della Stazione Centrale, con la sua torre e la grande pensilina che costituiscono una presenza architettonica incisiva e fortemente caratterizzante dalla quale il progetto non ha “potuto” (voluto?) prescindere. La grande copertura nasce e si sviluppa come prosecuzione, evoluzione, trasformazione del tema di abri, di riparo e di protezione. La struttura differisce totalmente, quanto a materiale e logica strutturale, rispetto alla pensilina esistente, ma ne conserva quella connotazione dimensionale che istituisce il rapporto tutto speciale con il contesto: non viene mai superata l’altezza di + 8.50 m (quota di copertura della stazione centra-
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7 - La riorganizzazione della circolazione veicolare nella piazza.
le) rispetto al piano strada, la quota si trova significativamente al di sotto degli edifici che affacciano sulla piazza, ma al contempo ben al di sopra del suolo, tale da risultare in giusta misura percettibile dal pubblico della piazza. Partendo dal presupposto che una copertura può diventare un elemento efficace di qualificazione urbana, si è proposta una trama radicata nel sottosuolo, che parte dal livello della galleria e si articola come un gigantesco “pergolato” per un’altezza totale di 16,5 m e si sviluppa come superficie prismatica cangiante alla luce in base a soluzioni differenti di rivestimento con differente densità e permeabilità a luce e acqua, a seconda degli ambiti. Il trattamento del suolo riprende il motivo della copertura a “tela di ragno”, ritmando l’intera superficie disponibile con lunghe diagonali che ripartiscono la pavimentazione con trattamenti superficiali differenziati: cemento, pietra, erba o grigliato metallico.
L’uso degli spazi sotterranei nella metropolitana di Napoli Molto spesso le esigenze tecniche connesse alla realizzazione delle stazioni danno l’opportunità di ottenere ampie superfici interrate che, se opportunamente valorizzate attraverso un’attenta progettazione, possono ospitare attività diverse (commerciali, ricreative, di ristorazione, ecc.) e contribuire a migliorare la qualità delle aree di superficie. “Since city centres are densely built areas, building underground can accommodate many functions, relieving pressure on the surface, and it can be an attractive solution for solving traffic problems and increasing mobility” (Durmisevic, 1999, p. 235). Vi è una vasta letteratura2 su come l’utilizzo degli 2 Su questo argomento cfr. l’ampia bibliografia riportata in Cui et al., 2013.
spazi sotterranei, la cui disponbilità è spesso connessa alla presenza di linee di trasporto pubblico su ferro che si sviluppano in profondità, possa contribuire a ridurre la densità e la congestione determinata dalle attività delle aree di superficie. E la presenza della rete metropolitana è uno dei fattori che maggiormente influenza lo sviluppo di un sistema di spazi sotterranei. Soprattutto nei centri storici delle città, nei quali può essere difficile l’inserimento di nuove attività sia per le elevate densità che per il valore architettonico del tessuto urbano “…locating particular functions underground (such as traffic infrastructure, cinemas, theatres, museums and shops) will create more space aboveground for recreation and social activities, improving the quality of life” (Durmisevic, 1999, p. 239). Numerosi sono gli esempi in tal senso sia in Europa che nel Nord America come nei casi molto noti della rete dei percorsi sotterranei sviluppati a Montréal e a Toronto già a partire dagli anni Sessanta (Belanger, 2007). Nelle stazioni della Linea 1 già in esercizio nonostante siano, in alcuni casi, dotate di superfici interrate molto estese, l’uso delle hall delle stazioni o dei corridoi di collegamento con le uscite è piuttosto limitato. Vi si trovano infatti, generalmente, pubblici esercizi poco attrattivi che svolgono una funzione di pubblica utilità (tabaccherie, giornalai, caffè, punti vendita di abbonamenti e ticket, ecc.) e che non valorizzano le superfici sotterranee. Fanno eccezione la stazione “Museo” - realizzata in piazza Cavour dove nel corridoio di collegamento tra il Museo Archeologico Nazionale e la hall di accesso è stata allestita una esposizione dei reperti archeologici rinvenuti durante i lavori di realizzazione della linea metropolitana - e la seconda uscita della stazione Montedonzelli in via dell’Erba dove, sotto il livello stradale, oltre ad un parcheggio interrato di oltre 200 posti auto è stato realizzato un edificio multipiano che sarebbe dovuto essere destinato a centro commerciale sul 63
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8 - La banchina di attesa dei treni (foto di Giuseppe Mazzeo). 9 - Le scale di collegamento con la stazione (foto di Giuseppe Mazzeo).
10 e 11 - Nella pagina a fianco, in alto e al centro: piazza Dante prima e dopo il progetto della stazione della linea 1 della metropolitana. 12 - Nella pagina a fianco, in basso: la stazione “Università” della Linea 1 della Metropolitana.
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modello di quanto è stato fatto in numerose città europee. Molto diverso l’utilizzo degli ambienti sotterranei di stazione per accogliere opere d’arte contemporanee e trasformare così le stazioni da luoghi di solo transito a “stazioni dell’arte”, un “museo obbligatorio” come è stato definito, nel quale percorrendo gli spazi di collegamento tra le diverse parti delle stazioni si può fruire di installazioni, sculture, mosaici, foto, ecc. realizzate da artisti contemporanei. Ed in tal senso la metropolitana di Napoli ha precorso i tempi, se pensiamo che per la Crossrail di Londra è stato ideato un progetto denominato “The Cultural Line” che prevede di affidare ognuna delle otto stazioni centrali ad un artista contemporaneo che avrà il compito di caratterizzarla con le proprie opere. Come si legge nella presentazione del progetto, “This visionary art strategy will engage world renowned London art galleries to create a permanent line-wide exhibition across eight central Crossrail stations. In partnership with each art gallery, an internationally recognised artist will be selected to be part of the Crossrail story by participating in the largest, commissioning programme in a generation. The result will be eight unique destinations, with a site specific art intervention embedded into the design and architecture of each station”. Nel caso della stazione Garibaldi, l’aspetto peculia-
re del progetto di Perrault è che la riqualificazione dello spazio di superficie viene perseguita anche attraverso l’uso e la valorizzazione degli spazi sotterranei. Infatti, quasi ad “alleggerire” il carico di attività che insistono sulla piazza, gli spazi interrati sono stati valorizzati predisponendoli ad accogliere numerose attività – da quelle commerciali a quelle ricreative – che “attireranno” nel sottosuolo parte dei flussi che affollano le aree di superficie. La copertura reticolare infatti sovrasta una “piazza ipogea”, come viene definita nel progetto, che accoglie una galleria commerciale che ha una superficie di circa 8.000 m², intesa come l’“entrata” al sottosuolo, una città parallela e allo stesso tempo saldamente integrata a quella esistente. Ma più che di una semplice galleria commerciale è forse più appropriato parlare di una vera e propria “piazza ipogea”. Posta ad 8 metri al di sotto della quota pavimento della piazza, è costituita da uno spazio centrale dedicato alla circolazione dei flussi pedonali, sul quale affacciano le vetrine a tutta altezza degli esercizi commerciali. Il commercio è diversificato per dimensioni in piccole e medie superfici in parte soppalcate. La galleria interrata è stata concepita come un’ampia strada pubblica che, accompagnando verso le quattro stazioni (linea 1, linea 2, stazione centrale e circumvesuviana), consente una passeggiata di 250 metri attraverso spazi di intrattenimento e ristorazione. Il percorso può essere considerato come organizzato in due ali a partire dal centro dove la galleria prevede gli ingressi alla stazione metro della linea. Alle estremità delle “ali” due scaloni larghi 10 m accostati da due scale mobili connettono il dislivello di 8 m, collegando la galleria commerciale alla piazza (a quota + 12.50 slm). Lungo la traiettoria si appoggiano, sul piano di calpestio della galleria, i “piedi” della copertura che ritmano lo spazio in una sequenza alternata, lasciando un varco fisico e visivo centrale di circa 10 m. Il percorso, pur essendo sotto il livello stradale, può considerarsi a tutti gli effetti a “cielo aperto”, poiché la copertura in carpenteria metallica dista 16.50 m ed è solo parzialmente rivestita con vele in pvc per il riparo dal sole, ma non dalla pioggia. La sola parte centrale della galleria, in corrispondenza del pozzo di stazione, infatti risulta protetta dall’acqua. Questo per accentuare la valenza urbana del percorso e nel contempo attenuare la percezione di trovarsi in uno spazio sotterraneo, dando piuttosto la sensazione di una strada pubblica. La galleria, grazie ad un sistema di scale mobili è collegata con la stazione della linea 2 della metropolitana e con il mezzanino della Stazione Centrale. È inoltre previsto nel progetto un collegamento ad alcuni sottopassi esistenti, che consentirebbero una uscita direttamente sulla Piazza Antica o su Corso Umberto I. Il rapporto tra gli spazi di superficie e quelli sotterranei è stato quindi enfatizzato grazie ad una grande asola, posta a livello 0, che dalla piazza alta consente di affacciarsi verso la galleria commerciale interrata. Nella interazione tra “sopra” e “sotto” terra un ruolo fondamentale è giocato dalla luce naturale. Infatti, la stazione è costituita quasi interamente da un pozzo in cemento armato perforato posto in profondità (circa 38 m sotto il livello stradale), ma aperto verso l’esterno. La luce naturale passa attraverso le strutture di sostegno ridotte al minimo, con puntoni di contraffortamento e mezzanini per lo sbarco delle movimentazioni verticali, fino ad illuminare livelli interrati
TRASPORTI & CULTURA N.40 (-24 m dalla superficie) che usualmente sono dotati di sola da luce artificiale. Per far sì che luce naturale non incontrasse ostacoli nel suo percorso, sono stati utilizzati elementi architettonici il più possibile leggeri e trasparenti in grado di garantire la massima trasparenza e permeabilità. Per le scale mobili sono stati utilizzati parapetti in vetro, per gli affacci dalla galleria commerciale in rete metallica o lamiera perforata, mentre le pareti di contenimento poste di fronte alle scale hanno superfici riflettenti in metallo lucidato, che sfondano l’effetto di chiusura del pozzo per moltiplicarne le sfaccettature. Negli spazi interrati della galleria commerciale vengono così a crearsi spazi pieni di luce e giochi di trasparenze che accompagnano il pubblico fino alle profondità della stazione della linea 1. I grandi scaloni di accesso alla stazione e alla galleria consentono la condivisione degli spazi pubblici disposti a differenti livelli, il commercio, il fitness, il fast food, e danno accesso ai percorsi di collegamento per raggiungere i parcheggi e i treni. Una volta all’interno della stazione, due grandi scale suddivise in due rampe ciascuna collegano gli ingressi con il mezzanino (posto a livello -7.50 m) e questo con il livello dell’atrio soprastante le banchine (posto a livello -19.50 m), ed infine altre quattro scale collegano il livello atrio con le banchine. Seguono la stessa logica dieci scale mobili, che consentono agli utenti un’accessibilità più veloce. Attraverso questa articolazione degli spazi si crea uno spazio scenografico dalle suggestive viste escheriane. Il progetto della Stazione Garibaldi partito dall’obiettivo di lavorare su una proposta capace di innescare una riqualificazione diffusa di un’area strategica nell’assetto urbano, ha quindi coniugato in modo innovativo il rapporto tra spazi sotterranei e spazi di superficie. Bisognerà aspettare il completamento dei lavori e l’entrata in esercizio di tutte le attività per verificare come questo nuovo spazio pubblico reagirà alla “forza d’urto” rappresentat dalle migliaia di utenti che quotidianamente utilizzeranno la stazione e la piazza sovrastante. Riproduzione riservata ©
Bibliografia Battarra R. (2010) “Le aree ferroviarie dismesse di Milano e Firenze”, TeMA Journal of Land Use, Mobility and Environment, Vol. 3, n. 4, pp. 17-26 Belanger P. (2007) “Underground landscape: The urbanism and infrastructure of Toronto’s downtown pedestrian network”, Tunnelling and Underground Space Technology 22, pp. 272–292. Camerlingo E. (2000), “Le stazioni come occasione di riqualificazione urbana” in AA.VV., La metropolitana di Napoli. Nuovi spazi per la mobilità e la cultura, Electa Napoli. Cui J., Allan A., Taylor M.A.P. 82013), “Underground pedestrian systems development in cities: Influencing factors and implications”, Tunneling and Underground Space Technology, 35, pp. 152-160. Durmisevic, S. (1999) “The future of the underground space”, Cities, Vol. 16, N° 4, pp. 233-245. Papa E. (2010) “I trasporti e la mobilità” in Papa R. (a cura di), Napoli 2011, Napoli 2011. Città in trasformazione, Mondadori Electa SpA, Milano, ISBN: 9788851003722.
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Il sottosuolo urbano da spazio vitale ad attrazione turistica di Rosa Anna La Rocca
Nella storia delle città il sottosuolo ha rappresentato un’importante risorsa: dapprima per il recupero delle materie prime per la sua costruzione, poi per accogliere le infrastrutture primarie necessarie al suo funzionamento, successivamente come luogo di ricovero dalle avversità antropiche o naturali. Relativamente recente è la tendenza ad indicare l’uso del sottosuolo urbano come fondamentale offerta di spazi aggiuntivi indispensabili alla vita della città. La “città multilivello”, caratterizzata da elevate densità di attività e flussi di utenza sembra essere il modello emergente da perseguire per rispondere alla crescente domanda di spazio connessa alla crescita esponenziale della popolazione urbana.
Urban Underground Space: alla ricerca di spazi urbani vitali La pianificazione del sottosuolo, quindi, sembra costituire una nuova sfida per l’urbanistica contemporanea, anche in risposta all’esigenza della crescente domanda di spazi e servizi che nelle città si concentra. Eppure il tema della underground city planning risale al secolo scorso ma solo di recente è tornato all’attenzione di tecnici e studiosi, anche in relazione alla diffusa tendenza/esigenza di rendere smart le città attuali. In realtà, già nel modello della città ideale dell’Ottocento (p. es. il Falansterio di Fourier), il sottosuolo rappresentava una delle soluzioni possibili per migliorare il funzionamento della città, sebbene con una limitata possibilità d’uso, dovuta alla carenza di un adeguato supporto tecnologico per l’aerazione e l’illuminazione. Con il successivo progresso tecnologico, lo sviluppo di tecniche per l’utilizzo del sottosuolo è divenuto parte integrante della progettazione dello spazio costruito, ma la definizione di teorie per la sua pianificazione si è affermata solo a partire dal XX secolo. L’Urbanisme souterraine (Utudjian 1972, Barles and Jardel 1995; Bélanger, 2007), infatti, si è sviluppato prevalentemente in Francia agli inizi del Novecento (1932) con Edouard Utudjian che per primo propose un approccio urbanistico all’utilizzo del sottosuolo. Prima di lui, nel 1911, Eugène Hénard aveva immaginato un’organizzazione del sottosuolo in più livelli. La sua Rue future individuava la soluzione ai problemi di congestione del traffico attraverso l’organizzazione dello spazio sotterraneo (Hénard 1911). L’idea di Hénard consisteva nel tenere separati, su livelli diversi, i canali di trasporto per differenti servizi (raccolta rifiuti, trasporti collettivi, mezzi pesanti, ecc.) lasciando alle auto e ai pedoni uno spazio dedicato.
Titolo The urban underground Autore from vital space to tourist attraction by Rosa Anna La Rocca Fuga. Qui aborers picimin conemo od maio ipis re lam dolo quiam ut rem repe plab ipsaperum anda idignimet poritam vendio quatissiment velias autdealing oditi quunt In an overviewoffi ofcia researchers with repro am inverchit quat aut Urbanvellatur Underground Space exped (UUS), this pa cumidentifi con coremporro expelitatum quam paper es several recurring elements autat et quuntur, quunt laborhow si odis reptat with the aim of highlighting tourism perero Nemporio te digendaera appears blabo. as a particularly appropriate nes eatfor exunderground estioraerae space, volum laciet unt activity facesto volecup taerspi endundis et considered as a privileged place fordunt tourist eos numet, restia cus idunto activities. But,cusant a careful planning processqui ratquam ra accust earum repraes tiamus. must support Tourist Underground Use Borit non premise endissincit (TUU). hitaque An important for aexerumq Tourist uisque am, aturi comnis simpos Underground Usedolescite development plan, is et ciu stiumqu amustiu rerumque et ut theoffi integration of diff erent actors involved et aut archili gentur mostem venistiundi at both the technical and administrative voloreicil maximil itemos estiandae level. In this sense,ipsanih the TUU requires a verum dolor alibus ne atiore ilis eum re systemic vision rather than individual que volorem eturia nos mi, et volorest, actions. Nothing new compared to whatsim enim nobitia temquo id qui quiaspeditat was already anticipated, in the theories eos disquos utsouterraine rerem sam(Utudjian iusa consed que of Urbanisme 1952), licitius, as et volectem ratio test, vellibus, but at least in Italy, an approach that is still apis nonsed quaestemque pediciendam, struggling to assert itself nullupt inulparum ipictat. Faccabo. Ecae nis eatent volorum etur? Ucientinctus rerum, sitas quiate nullabo remque ad ma volorenda corum, comnim reicia cus, optatquam simus cum, sinctor epudaercius, ommolo berume et hilictate vendipsandem et aborat rem fugiass iminumet expediti dolorem haruptas restor mint es secumet ommo modipsam quis doluptiatur sequi nobis accus atat mi, voluptati volor aligenimet quaepudant labo. Nam vendae lique vitaeptaquis molupie ntibusamus volore, offictio dolupta tisimeniant omnis re dollab ipsunt quisque di dolorehenis demporepudis alibus dipidi qui que verovit ibuscius, quidenet, od eribearum aut que dolest et, odigeni andebit volorum ipis et exera samus cum nos et fuga. Us, consequia volorem oluptio quam voluptatur, omnimporecus dest, in et ipiciis citiam sit elitibu sandis venissitis aut experias rerio blandio. Ribusci mpore, iur sanissequae vendis suntium et quaesto mod quam, ut il es mo voluptae
Nella pagina a fianco, in alto: accessi alle città sotterranee di Napoli e Roma; al centro: collegamenti sotterranei di accesso ai musei: Napoli, Parigi, Toronto; in basso: scala mobile e opera d’arte nella metropolitana di Napoli (questa foto è di Laura Facchinelli).
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TRASPORTI & CULTURA N.40 1 - Utilizzo dello spazio sotterraneo per destinazione d’uso prevalente in tre città campione. L’analisi comparativa evidenzia che il principale utilizzo dello spazio sotterraneo è destinato ad infrastrutture per il trasporto. La situazione francese si differenzia probabilmente per effetto di una cultura che ha come principale riferimento la teoria dell’urbanistica sotterranea (Utudjian, 1952). L’evoluzione di tali principi potrebbe essere una delle motivazioni per spigare la prevalenza di un uso del sottosuolo destinato ad altre attività (spazi pubblici, gallerie commerciali, magazzini, depositi, garages, ecc.). (Fonte: rielaborazione da Bobylev, 2009). 2 - Proiezioni della crescita della popolazione mondiale urbana al 2030. La linea gialla indica la soglia dei 3.3 miliardi raggiunta nel 2008, anno in cui per la prima volta la popolazione urbana supera quella rurale. (United Nations Department of Economic and Social Affaire: Population Division).
Sulla base di tali principi, la teoria dell’urbanistica sotterranea considerava il sottosuolo come spazio da pianificare secondo un disegno organico e coordinato in ragione di utilizzi multipli, contrapponendosi all’uso fino ad allora perseguito attraverso la realizzazione di interventi singoli, seppure di alto livello ingegneristico. Tuttora l’utilizzo del sottosuolo risulta connesso più a singoli progetti di infrastrutture (parcheggi o linee di trasporto pubblico) che ad un disegno organico derivante da un piano urbanistico. È con il paradigma della sostenibilità (1987) che l’interesse verso l’uso del sottosuolo urbano torna all’attenzione di studiosi e tecnici. La logica è quella di spostare in sotterraneo alcune attività urbane per recuperare spazi urbani da destinare ad attività maggiormente sostenibili in grado di migliorare i livelli di qualità urbana. La pianificazione degli spazi sotterranei, inoltre, acquista rilievo anche in relazione alla necessità di contrastare il fenomeno dello sprawl urbano a favore di un modello di “città densa” maggiormente compatibile con le attuali carenze di spazi urbani (Zhang, 2012). La tendenza all’utilizzo del sottosuolo per ricercare soluzioni di miglioramento alla vivibilità urbana è ampiamente dibattuta nella recente letteratura di settore con una certa prevalenza degli studi di matrice orientale che si caratterizzano per numerosità di produzione e avanzamento delle sperimenta-
zioni. In Europa, invece, gli avanzamenti scientifici sembrano interessare soprattutto le città del nord, prevalentemente per fattori connessi alla rigidità del clima e alle politiche di sostenibilità urbana. Nell’ambito della ricerca scientifica si possono menzionare gli studi condotti in Svizzera dal 2009. Il Deep City Method (Parriaux et al, 2010) è stato messo a punto da un gruppo di ricerca interdisciplinare svizzero-cinese del Politecnico di Losanna (EPL) e prevede la sperimentazione in alcune città pilota svizzere (Ginevra, Zurigo, Losanna, Berna) e cinesi (Suzhou). Il progetto prevede la realizzazione di una piattaforma tecnologica per infrastrutture di nuova generazione, orientata a fornire linee guida e indicazioni tecniche per la realizzazione di piccole città sotterranee. In particolare, la sperimentazione nella città cinese di Suzhou, sulla costa orientale della Cina, propone la realizzazione di piccoli centri sotterranei che, in una prospettiva futura, potrebbero ospitare anche un numero ristretto di abitanti. Le verifiche per la fattibilità tecnica del progetto avvengono anche attraverso l’utilizzo di sistemi di simulazione 3D, che attualmente rappresentano il maggiore avanzamento tecnologico in questo campo, sebbene non ancora formalizzato. L’idea portante del progetto consiste nella possibilità di utilizzare il sottosuolo sia come produttore di energia (ad es. la geotermia) sia come “spazio aggiuntivo” per lo sviluppo della città in superficie. Obiettivo principale è la realizzazione di una città sotterranea autoalimentata attraverso fonti di energia pulita prodotta dal sottosuolo stesso (Li et al. 2013). Il gruppo di ricerca elvetico-cinese affronta anche gli aspetti connessi alla gestione patrimoniale del sottosuolo. Uno dei punti di debolezza delle teorie e delle applicazioni dell’urbanistica sotterranea, infatti, riguarda gli aspetti giuridici (diritto di proprietà) ed economici (realizzazione e gestione). Tali aspetti evidenziano la necessità di un’integrazione tra i differenti livelli (decisionali e applicativi) per garantire un uso razionale e sostenibile del sottosuolo. Nelle pagine che seguono, anche attraverso una panoramica di casi, seppur non esaustiva, si è tentato di evidenziare come, tra i differenti usi destinati sinora agli spazi sotterranei, quello turistico sinora sembra essere maggiormente compatibile sia in ragione della sua complementarietà con altre attività urbane (mobilità, commercio, ecc.) sia per promuovere nuove offerte urbane in grado di accrescere l’attrattività urbana.
Urban Underground Use: elementi per una tassonomia di uso del sottosuolo Sono numerosi gli studi che si riferiscono all’evoluzione dell’uso del sottosuolo evidenziandone anche la dipendenza dagli sviluppi delle tecnologie che ne hanno permesso un utilizzo sempre più efficiente ed integrato alla necessità di miglioramento delle condizioni di vivibilità della città in superficie. È soprattutto negli anni Novanta che lo Urban Underground Use si propone come una disciplina strutturata anche attraverso la costituzione della Association des Centres des Recherche sur l’Utilization Urbaine du Sous-Sol (ACUUS). L’associazione, costituita nel 1996, ha lo scopo di promuovere la cooperazione tra studiosi e tecnici sulle tematiche della pianificazione e 68
TRASPORTI & CULTURA N.40 gestione dello spazio urbano sotterraneo. La scelta della sede in Canada, a Montréal, ha un valore simbolico elevato se si considera che questa città rappresenta ancora oggi il principale caso “di successo” di realizzazione di spazi urbani sotterranei in grado di incidere anche sull’attrattività turistica della città. La rete sotterranea di Montréal attualmente si estende per circa trenta chilometri sotto l’hypercentre (OVI 2006). Il progetto è degli anni Cinquanta, quando l’allora società di gestione delle linee ferroviarie canadesi, Canadian Northen Railroads, decise di impiantare la nuova sede in alcuni terreni di sua proprietà presso la place VilleMarie. Il progetto di riqualificazione dell’urbanista Vincent Ponte e dell’architetto Ieoh Ming Pei prevedeva la realizzazione di un grande centro con funzioni integrate di affari e commercio per un’estensione totale di circa 285.000 m², dei quali più della metà da realizzare in sotterraneo attraverso due livelli interrati di parcheggi e di percorsi pedonali di accesso alla linea metropolitana, integrata alla funzione commerciale. Proprio l’integrazione tra queste due funzioni urbane (mobilità e commercio) è alla base delle successive estensioni della Ville Intérieure che, nella sua configurazione attuale, si propone come un’estesa rete (RÉSO) di percorsi pedonali protetti di connessione tra differenti nodi intermodali di scambio della mobilità, sia pubblica che privata, integrate con attività di commercio, terziario e tempo libero. In realtà, la forte presenza dei privati nella realizzazione del progetto della Ville Intèrieure per circa un decennio ha impedito sia la realizzazione di un disegno unitario che la reale integrazione con il piano urbanistico di sviluppo dell’arrondissement Ville Marie almeno fino al 2004, data di approvazione del plan d’urbanism di Montréal che, per la prima volta, prevedeva di integrare il progetto di sviluppo della rete pedonale all’interno di uno strumento di pianificazione di dettaglio. Il caso di Montréal è particolarmente significativo di come lo spostamento in sottosuolo di alcune attività urbane, in primo luogo quella commerciale, possa influire sulla capacità di attrazione di flussi turistici divenendo un simbolo per la città. L’utilizzo turistico è solo uno degli scopi collaterali dei progetti di realizzazione di ambienti sotterranei urbani che, però, genera ricadute positive sia sulla promozione del progetto, sia sul rilancio dell’immagine della città1 . Pur nelle diversità dei singoli casi è possibile individuare alcuni fattori ricorrenti alla base delle motivazioni per la realizzazione degli spazi sotterranei (Daoust-Hébert 2011). Tali fattori prevalentemente fanno riferimento a:
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miglioramento della vivibilità urbana, accrescimento dell’estetica urbana.
Fattori urbani: - riduzione della congestione da traffico veicolare e inquinamento conseguente, - recupero di spazi urbani in superficie da destinare a funzioni maggiormente sostenibili, - contenimento dell’uso del suolo, - contrastare la domanda di spazi in città ad elevata densità abitativa, - alloggiamenti per le infrastrutture primarie, - necessità di gestire consistenti flussi di spostamento, - miglioramento delle condizioni di accessibilità urbana, - recupero di aree per ampliamenti, - contrastare il fenomeno dello sprawl urbano, - incremento dell’offerta di servizi e spazi collettivi, - realizzazione di reti di trasporto collettivo, - realizzazione di aree per la sosta, - promozione di forme di mobilità sostenibile. Fattori economici: - ottimizzazione dei costi di realizzazione di aree destinate ad uso pubblico, - contenimento dei costi del suolo, - valorizzazione immobiliare, - realizzazione di luoghi simbolo in grado di pro-
3 - La Rue Future di Hénard proponeva un modello di separazione degli spazi in ragione delle differenti modalità di trasporto.
Fattori ambientali: - clima rigido/arido, - sicurezza/protezione/isolamento, - salvaguardia delle parti storiche della città coincidenti con le aree centrali, - riduzione dei livelli di inquinamento ambientale e acustico, - risparmio ed efficienza energetica, - sostenibilità dello sviluppo urbano, 1 Normalmente, infatti, l’esistenza di una “città sotterranea” parallela a quella in superficie ed ospitante funzioni per il tempo libero (preferibilmente commercio/shopping) è un elemento sempre presente nell’offerta turistica, in particolare tra gli attrattori turistici promossi sui siti internet e sui forum più conosciuti che attualmente stanno modificando le modalità di comunicazione all’interno del settore turistico (trip advisor, google+, facebook, istagram, ecc.).
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TRASPORTI & CULTURA N.40 Principali funzioni urbane Residenza
Lavoro
Tempo libero
Mobilità
Stoccaggio
4 - Livello di probabilità di interramento di alcune attività urbane (rielaborazione da Edelenbos et al, 1998). Lo studio sviluppato in Olanda dalla Delft University of Technology nel 1998 definisce la propensione di alcune attività urbane ad essere alloggiate in sottosuolo: le attività di ricreazione e tempo libero presentano una elevata propensione alla localizzazione sotterranea. Tra le problematiche emergenti, la carenza di un coordinamento dal punto di vista urbanistico è spesso ricorrente. 5 - Il nodo strategico Châtelet-Les Halles, a Parigi. Châtelet-Les Halles è uno dei più importanti snodi della Metropolitana di Parigi che, tra l’altro, consente l’accesso diretto al quarto livello interrato del centro commerciale del Forum des Halles. Tutta l’area rappresenta un centro di attrazione turistica.
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Attività urbane Residenze urbane Residenze suburbane Settore industriale e manifatturiero Commercio e terziario Vendita al dettaglio Produzione su piccola scala Ricerca Sport indoor Ricreazione/intrattenimento Cultura Trasporto pubblico passeggeri Trasporto veicolare Trasporto non-veicolare (cablaggi, tubazioni e tubi) Beni Rifiuti (pericolosi) Petrolio, gas e prodotti chimici
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Livello di probabilità di localizzazione in sotterranea sul lungo termine Molto scarso
Principali impedimenti Aspetti psicologici e percettivi Sicurezza Costi di realizzazione
Medio
Medio alto
Buona ventilazione degli ambienti Sicurezza
Molto alto
Costi di realizzazione Caratteristiche geomorfologiche Tecniche avanzate di scavo
Molto alto
Livelli di sicurezza Sofisticati meccanismi di monitoraggio
muovere l’immagine della città, incremento della competitività urbana, promozione di partenariati pubblico-privati, possibilità di incrementare attrattività degli investitori,
Alla luce dei differenti fattori che spingono alla utilizzazione del sottosuolo, ulteriori classificazioni si riferiscono alla destinazione d’uso degli spazi sotterranei in ambito urbano. Un recente studio riferito all’Urban Underground Space Use, ad esempio, propone una classificazione in ragione delle principali funzioni allocate nel sottosuolo su un campione di tre grandi città: Tokio, Parigi e Stoccolma (Bobylev 2009). Per quanto differenti, sia nelle scelte di promozione che di sviluppo urbano, nelle tre città l’uso prevalente risulta essere riferito alle infrastrutture di trasporto (55% a Tokyo, 44% a Stoccolma, 32% a Parigi). L’uso del sottosuolo per la realizzazione di infrastrutture di trasporto collettivo, nettamente prevalente nella capitale giapponese rispetto alle altre due capitali europee, può essere significativo di scelte decisionali che privilegiano l’uso dello spazio sotterraneo per funzioni collettive piuttosto che per attività private (Fisher, 1978). L’utilizzo del sottosuolo, infatti, comporta necessariamente problematiche connesse al diritto di proprietà: in Giappone le strutture sotterranee, generalmente, sono realizzate al disotto delle infrastrutture stradali a differenza dalle realizzazioni canadesi (Montréal, Toronto) o americane (Minneapolis, Houston), dove lo sviluppo del sottosuolo avviene al disotto degli edifici, dunque, delle proprietà private.
Alla fine degli anni Novanta, sempre in relazione alla ricerca di fattori di valutazione per l’utilizzo dello spazio sotterraneo, alcuni interessanti studi sono stati pubblicati dalla scuola olandese di ingegneria e tecnologia (J. Edelenbos et al. 1998). Per iniziativa del Ministry of Housing, Spatial Planning and the Environment, il Centre for Underground Construction e il Delft University of Technology (TUD), hanno sviluppato uno studio strategico2 al fine di valutare le possibilità di utilizzo del sottosuolo nei Paesi Bassi. Lo studio, attraverso la definizione di un metodo di valutazione integrale, è orientato, da un lato, alla individuazione delle funzioni e delle attività urbane maggiormente adeguate alla localizzazione sotterranea, dall’altro, alla definizione di fattori ed elementi in grado di promuovere oppure ostacolare l’uso dello spazio sotterraneo.
L’Uso Turistico del Sottosuolo (UTS) La presenza di una città sotterranea, sostanzialmente nata per esigenze di difesa/rifugio o come luogo di culto e sepoltura, accomuna la gran parte delle città storiche rappresentando al tempo stesso un patrimonio da tutelare e un elemento attrattivo capace di arricchire l’esperienza turistica. Sono sempre più numerose, infatti, le città che nel tentativo di accrescere il proprio “appeal turistico”, propongono percorsi all’interno di cavità presenti 2 Strategic Study on the Utilization of Underground Space, l’aggettivo strategico è riferito al lungo termine (lo studio fissa un orizzonte temporale al 2030) e alla multidisciplinarità del gruppo di studio.
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o progettate ex novo nel sottosuolo urbano. L’offerta turistica è un sistema articolato all’interno del quale la componente relativa ai servizi complementari di supporto al turismo assume un ruolo fondamentale nella scelta della destinazione (Van der Berg 1995; La Rocca, 2003). L’attenzione alla creazione di specifici itinerari di visita o particolari eventi rappresenta un elemento centrale delle politiche urbane di sviluppo turistico tese sia al recupero che alla promozione degli elementi e delle risorse presenti sul territorio. L’utilizzo degli spazi urbani sotterranei non è estraneo a tali obiettivi e, in alcuni casi, rappresenta uno degli elementi chiave per accrescere il potenziale attrattivo di una città. Sono sempre più frequenti gli esempi di città che propongono percorsi ed itinerari turistici all’interno degli spazi sotterranei, talvolta integrandoli con eventi capaci di “spettacolarizzare” tali spazi con l’obiettivo di renderli maggiormente suggestivi per accrescere la “componente esperienziale” del viaggio. Sulla base degli esempi più noti, pur nelle singolarità dei casi specifici e in maniera non esaustiva, si può fare riferimento a due principali tipologie di uso turistico del sottosuolo3: - percorsi pedonali dedicati, integrati a funzioni urbane di mobilità, commercio e tempo libero; - percorsi storico-archeologici attraverso la stratificazione della città. Nel primo caso i percorsi sono frutto di un apposito progetto di realizzazione di reti pedonali, separate 3 Nell’ambito di questo lavoro, con tale espressione si è fatto riferimento alla presenza di luoghi urbani sotterranei visitabili integrati nell’offerta a fini turistici di una città.
dagli assi viari destinati al traffico veicolare, realizzate nel sottosuolo urbano. Tali percorsi, spesso, sono realizzati per connettere stazioni della metropolitana, secondo una tendenza progettuale diffusasi soprattutto a partire dagli anni Settanta. La realizzazione del Forum Le Halles a Parigi, ad esempio, è stato realizzato anche in concomitanza dei lavori di costruzione di uno degli snodi principali della metropolitana parigina. L’appeal turistico del Forum è connesso alla concentrazione nell’area di numerosi attrattori turistici tra i quali il centro nazionale d’arte e di cultura Georges Pompidou ed il Museo del Louvre raggiungibile a piedi attraverso strade pedonali in superficie.
6 - Concerto di giovani musicisti nei corridoi della metropolitana di Parigi: gli spazi sotterranei diventano luogo di cultura (foto di Laura Facchinelli).
Altri esempi particolarmente rappresentativi si ritrovano in Canada: Montréal e Toronto sono caratterizzate dalla presenza di una fitta e articolata rete di percorsi dedicati sotterranei, divenuta elemento di attrazione turistica nonché fattore semantico di rappresentazione della città. Dopo un primo periodo di realizzazioni coincidente con il ventennio Sessanta-Ottanta, durante gli anni Novanta i percorsi pedonali sotterranei si sono ampiamente diffusi nelle città mediorientali, anche in ragione della necessità di suolo dovuta alle elevate densità abitative. Un’analisi comparativa effettuata tra i principali percorsi pedonali dedicati realizzati nelle principali città mondiali (Papa, 2008) evidenzia criticità e potenzialità di tali interventi. Nella maggioranza dei casi viene privilegiata la funzione commerciale che, se da un lato favorisce lo sviluppo di aree urbane attraverso il coinvolgimento degli attori privati, dall’altro non garantisce il coinvolgimento dell’attore pubblico 71
TRASPORTI & CULTURA N.40 nel perseguimento di obiettivi di qualità degli spazi urbani comuni. Nell’ambito di questa prima categoria di percori individuata, la presenza di una stazione metropolitana è l’elemento propulsore per la realizzazione di grandi aree commerciali centrali integrate alla funzione della mobilità urbana.
Non mancano casi in cui la stessa linea della metropolitana rappresenta un attrattore turistico. Tali obiettivi sono stati alla base del progetto per la costruzione delle “stazioni dell’arte” della linea 1 della metropolitana di Napoli iniziate nel 2002 e ancora in corso di realizzazione. Nel caso specifico la costruzione della linea della metropolitana ha rappresentato un’opportunità per la riqualificazione urbana delle aree di stazione. La particolare conformazione del territorio e la “generosità” del sottosuolo urbano, inoltre, hanno reso l’intervento un’occasione singolare di recupero di reperti e testimonianze del passato che hanno ispirato il progetto di realizzazione di stazioni e collegamenti pedonali dedicati all’archeologia urbana, tuttora in fase di completamento. L’idea portante di tutto il progetto della linea metropolitana fa riferimento alla formazione di un museo lineare di arte contemporanea ospitato nelle stazioni progettate da architetti di fama internazionale. La società che gestisce la rete metropolitana ha istituito un apposito servizio gratuito di visite guidate Metro Art Tour per integrare nell’offerta urbana a fini turistici le stazioni dell’arte nella loro duplice funzione di servizio urbano ed attrattore turistico. Nell’ottica di integrazione tra sistema della mobilità e attività urbane, un caso significativo è rappresentato dalla creazione, quando possibile, dei percorsi pedonali di collegamento tra linee metropolitane e musei urbani. A differenza della prima categoria dove l’attrattività turistica può considerarsi collaterale allo svolgimento della visita nella destinazione prescelta poiché sostanzialmente connessa alle attività di shopping e tempo libero o alla necessità di spostamento da un luogo all’altro della città, la seconda categoria evidenziata fa riferimento a luoghi che esercitano un potere attrattivo forte in quanto evocativi della cultura e della storia evolutiva della città. Si tratta cioè del “capitale fisso”, ovvero di quella parte delle risorse presenti che costituisce il patrimonio di ogni città il cui “appeal turistico” è strettamente dipendente dalla capacità amministrativa di valorizzare e rendere fruibili tali beni. La natura complessa dell’argomento non consente gli approfondimenti che sarebbero, invece, necessari per comprendere quanto l’attività turistica coinvolga differenti settori e diversi livelli amministrativi che, almeno in Italia, mancano ancora di un’efficace capacità di coordinamento. Tuttavia, il rinnovato interesse dei flussi turistici verso le città è un dato oggettivo (44% degli arrivi nelle località di interesse turistico si concentra nelle città; il dato passa al 35% del totale degli arrivi registrati nel complesso delle strutture ricettive in Italia nel 2011, ISTAT) . L’affermarsi del turismo culturale che alla motivazione originaria di loisir e svago aggiunge la ricerca di luoghi in grado di accrescere l’esperienza pone la città al vertice delle preferenze turistiche. Le città sono diventate oggetto del desiderio turistico anche perché sono luoghi privilegiati dove molteplici occasioni possono essere colte (eventi, manifestazioni, mostre, spettacoli, ecc.) consentendo al turista di partecipare alla vita urbana mo72
dificando il suo ruolo in maniera attiva. L’impatto economico e sociale del settore turistico, d’altro canto, accresce la competizione tra città sempre più impegnate nella definizione di strategie e politiche urbane in grado di innalzare il proprio potere attrattivo (numero di arrivi e investimenti). Tali obiettivi devono essere a livelli crescenti di qualità e sicurezza al fine di attivare ricadute positive sulle economie e sull’organizzazione urbana. In realtà, il rapporto tra domanda turistica e offerta urbana non è una relazione semplice, soprattutto se si considera che il turista è sempre più orientato alla costruzione della propria “esperienza turistica” (Cohen 1979, Casarin 1996, Peroni 1998, Corrigan 1999, Pencarelli 2001). Per gli esperti del settore, infatti, la “economia delle esperienze” trova nel turismo globale la sua massima espressione, dando luogo alla “mercificazione della esperienza culturale” (Rifkin 2000) secondo i principi della new economy. Nella logica dell’economia dell’esperienza, ciò che produce emozioni rappresenta il principale oggetto del “desiderio turistico” e al tempo stesso il principale prodotto da lanciare sul mercato turistico. Tali premesse consentono di classificare questa seconda tipologia di percorsi nel sottosuolo in un particolare segmento dell’offerta urbana a fini turistici. In generale, tali percorsi sono sia testimonianza del ricorso al sottosuolo per soddisfare le esigenze della città esterna (rifugio, stoccaggio, approvvigionamento, sepoltura, culti occulti, ecc.) sia ritrovamenti di rilevanza fondamentale per la ricostruzione delle fasi evolutive di civiltà che hanno occupato il territorio in epoche precedenti (ritrovamenti archeologici, catacombe, acquedotti, porti storici, ecc.). L’uso turistico di tali testimonianze sta velocemente diffondendosi originando nuove forme di turismo urbano-culturale che potrebbe definirsi “turismo speleologico” orientato cioè alla fruizione e alla conoscenza del sottosuolo urbano. Per quanto riguarda la situazione italiana, la carenza di dati ufficiali relativi a tale tipologia di utenza non consente di avere certezza del fenomeno sebbene nell’ambito di ricerche e studi scientifici si stimi l’esistenza di più di 5.000 siti turistici sotterranei in tutto il mondo concentrati prevalentemente in Europa (Catoni et al. 2012). L’Italia sembrerebbe essere tra i paesi leader del settore con circa 1.500.000 visitatori – per un fatturato di circa 25 milioni di euro (CNN 2014) – nei luoghi e nelle cavità sotterranee presenti sull’intero territorio nazionale attualmente censite, sebbene ancora non in maniera sistematica4. Tuttavia, sempre in riferimento alla situazione italiana la Società di Speleologia Italiana (SSI) rappresenta un ente di riferimento per il monitoraggio e la catalogazione delle cavità esistenti sul territorio nazionale, riconoscendo al turismo un ruolo fondamentale per sostenere la salvaguardia e la promozione della conoscenza di un patrimonio dal grande valore anche simbolico. La trasformazione turistica degli ambienti sotterranei deve, però, essere supportata da un’attenta azione di pianificazione per consen4 Si fa riferimento alla carenza di dati disponibili relativi al numero di cavità urbane fruibili, al numero di visitatori, eventi e manifestazioni tese a promuovere questo particolare segmento di offerta urbana riscontrata all’atto della stesura del presente lavoro. Ad oggi gli avanzamenti più significativi per la catalogazione e promozione del sottosuolo (non esclusivamente urbano) sul territorio nazionale sono curate dalla Società di Speleologia Italiana fondata a Bologna agli inizi del Novecento (Forti, 2009).
TRASPORTI & CULTURA N.40 tire la salvaguardia degli ambienti anche attraverso il monitoraggio dei flussi turistici e la messa in sicurezza degli ambienti stessi al fine di consentire la fruizione da parte di un’utenza non tecnica. Ciò consentirebbe anche di accrescere l’attendibilità dei dati sinora disponibili. Da più parti, infatti, si avverte la necessità di mettere a punto metodologie in grado di massimizzare le potenzialità dell’uso del territorio sotterraneo, dove quello turistico, pur essendo indicato tra gli usi privilegiati, rappresenta solo una piccola percentuale. Il turismo speleologico, infatti, per quanto rappresenti una costante dell’offerta turistica presente nella gran parte delle città italiane interessa solo lo 0.1% del patrimonio di risorse presenti sul territorio (SSI, 2009). Si tratta di individuare strumenti, metodi e procedure in grado di integrare il sottosuolo nel processo di governo delle trasformazioni urbane. Un piano di sviluppo turistico del sottosuolo urbano, anche alla luce delle problematiche sollevate nell’ambito più specifico della speleologia e dell’archeologia ipogea, presuppone in primo luogo l’integrazione delle differenti competenze interessate sia a livello tecnico che amministrativo. In tal senso, l’utilizzo del sottosuolo presuppone la necessità di una logica di sistema piuttosto che singole parti. Nulla di nuovo rispetto a quanto già anticipato nelle teorie sviluppate da Utudjian che, tuttavia, almeno in Italia ancora stentano ad affermarsi. Tali aspetti aprono interessanti scenari di ricerca, che varrebbe la pena di investigare. Riproduzione riservata ©
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TRASPORTI & CULTURA N.40
Qualità delle infrastrutture nel paesaggio: il caso dell’Eurasia Tunnel a Istanbul di Enzo Siviero, Michele Culatti, Viviana Martini, Luigi Siviero e Alessandro Stocco
Quando si studiano i processi di trasformazione del paesaggio, vi è la necessità di una profonda conoscenza dei significati di ciò che ci circonda, con l’obiettivo di individuarne le potenzialità e le vulnerabilità e, quindi, le possibilità di conservazione e di sviluppo sostenibile. In quest’ottica, identità, rischio, valorizzazione sono concetti che fanno parte di una triade proiettata a lavorare per contrastare le criticità, riqualificare i contesti e individuare approcci per la valorizzazione del patrimonio culturale. Oggi si è sempre più consapevoli del ruolo decisivo che può rivestire l’identità, che è rappresentata dai caratteri specifici di un luogo o di un determinato bene patrimoniale che conferiscono allo stesso particolari significati e valori. Il concetto di identità, definito come “il comune riferimento di valori presenti, generati nel contesto di una comunità e di valori passati reperiti nell’autenticità del monumento”, è stato delineato nella Carta di Cracovia del 2000 ed esprime le peculiarità materiali ed immateriali testimoniate dalle relazioni e dai rapporti di una comunità con il suo territorio, che si estrinsecano in determinate forme e conoscenze tramandate di generazione in generazione e che definiscono la specificità culturale del luogo. La stessa Carta di Cracovia definisce il paesaggio come patrimonio culturale risultante “dalla prolungata interazione nelle diverse società tra l’uomo, la natura e l’ambiente fisico. Esso testimonia del rapporto evolutivo della società e degli individui con il loro ambiente. La sua conservazione, preservazione e sviluppo fa riferimento alle caratteristiche umane e naturali, integrando valori mentali ed intangibili. È importante comprendere e rispettare le caratteristiche del paesaggio ed applicare leggi e norme appropriate per armonizzare le funzioni territoriali attinenti con i valori essenziali. In molte società il paesaggio è storicamente correlato ai territori urbani. L’integrazione tra la conservazione del paesaggio culturale, lo sviluppo sostenibile nelle regioni e località contraddistinte da attività agricole e le caratteristiche naturali, richiede la comprensione e la consapevolezza delle relazioni nel tempo. Ciò comporta la formazione di legami con l’ambiente costruito delle metropoli e delle città”. Anche la recente raccomandazione dell’UNESCO, che parla del paesaggio storico urbano quale parte del territorio che ha un comune significato, richiama un tipo di paesaggio che riveste connotazioni soprattutto di natura mentale, “quasi uno spazio dell’anima, alimentato da infinite suggestioni culturali” . Il paesaggio, dunque, può essere ritenuto espres-
The quality of infrastructure in the landscape: the case of the Eurasia Tunnel in Istanbul by Enzo Siviero, Michele Culatti, Viviana Martini, Luigi Siviero and Alessandro Stocco The Istanbul Strait Road Tube Crossing ‘Eurasia Tunnel’ (Turkish: Avrasya Tüp Tüneli) is a road tunnel currently under construction in Istanbul, which crosses the Bosphorus Strait under the sea. The 5.4 km double-deck tunnel will connect Kazlıçeşme on the European side and Göztepe on the Asian side of Istanbul along a 14.6 km route. It will cross the Bosphorus beneath the seabed, with the aim of alleviating the pressure of Istanbul’s traffic, and is located about 1 km south of the Marmaray undersea railway tunnel, which opened on October 29th, 2013. To define the relations, characteristics and effects that the new project will create in the historic city, taking into consideration the Outstanding Universal Values of the Historical Peninsula - as required by UNESCO - in 2013 prof. Siviero and his team prepared the Assessment of Landscape Insertion (ILA) and the HIA (Heritage Impact Assessment). Through a process of analysis and assessment, this document shows “if” and “how “ the planned construction can modify the landscape and the alterations (negative impact) or improvements it can create in relation to the general perception of the surroundings. The study considers a broad framework of reference, which spans the international doctrine on the landscape. It is based on the study of the meaning of the historic city, and of the positive or negative relationships that the new work could establish with the context in relation to its distinguishing values. It also addresses the OUV and defines the resources and qualities of the context.
Nella pagina a fianco, in alto: vista dell’ingresso del tunnel dalla parte asiatica: Haydarpasa Port; in basso: tracciato nella parte europea. Archaeological and built heritage receptors (da ESIA Report). http://www.avrasyatuneli. com.tr/en/environment/ esia-documents
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1 - TBM - tunnel boring machine - utilizzata per lo scavo del tunnel.
sione allo stesso tempo della percezione e del carattere di una comunità che ha vissuto e plasmato quel luogo nel passato e che vive il presente verso il futuro. Questo approccio, volto allo studio delle trasformazioni, richiede apporti multidisciplinari legati alle scienze del territorio e include conoscenze di tipo trasversale, essendo il prodotto di una molteplicità di componenti tra loro interagenti. È chiaro che, se da un lato vi possono essere relativismi nello studio del paesaggio, dall’altro vi è la necessità di elaborare sistemi di gestione che superano l’individualità a favore di una dimensione collettiva, e di questo deve tener conto anche lo stesso “progetto di paesaggio” che comprende, secondo la Convenzione Europea, “le azioni fortemente lungimiranti volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi” . La conoscenza che accompagna anche il progetto di una infrastruttura è dunque connessa ai luoghi, alla consapevolezza da parte dei cittadini del loro
2 - Tracciato dell’Eurasia Tunnel nella parte europea (da ESIA Report).
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patrimonio, nonchè alla conoscenza dei cambiamenti e degli effetti sul sistema che la nuova opera può generare nel contesto in cui viene pensata. Nel caso dell’inserimento di nuove architetture nei paesaggi storici urbani, è fondamentale attivare questo processo di conoscenza delle relazioni opera-paesaggio, definendo le modalità per identificare le qualità e le risorse, i rischi e le possibilità di valorizzazione, studiando anche, dal punto di vista percettivo, quella che viene definita la “qualità esterna dell’opera”.
La qualità esterna dell’opera Forma, funzione e significato, le tre caratteristiche che appartengono al processo cognitivo comune a tutti gli uomini, possono essere utilizzate come chiavi di lettura della qualità esterna dell’opera (che è la componente percepita), rispetto al suo luogo di inserimento.
TRASPORTI & CULTURA N.40 Ad esempio, si consideri il caso generico di un’opera infrastrutturale inserita in un contesto paesaggistico: una riflessione sulla forma implica il controllo delle sue geometrie, ma nel contempo osserva e valuta anche quelle del contesto che possono essere utili per ricavare possibili riferimenti geometrici, che nel progetto possono essere colti o negati ma di cui si ha consapevolezza. L’utilità, ad esempio, di un ponte è qualcosa di complesso, e in questi termini deve rispondere ad una pluralità di quesiti che riguardano ad esempio, quali funzioni o nuove destinazioni d’uso deve collegare, se deve essere caratterizzato da “multifunzionalità”, e ancora, quali requisiti funzionali ed ergonomici devono caratterizzare le sue parti costitutive. Il tema del significato richiama il concetto di identità del quale si è parlato in precedenza, e fa riflettere sulle stratificazioni dei valori presenti in un dato luogo portando a definire in quale misura il significato del ponte, con le sue geometrie e le sue funzioni, contribuisce ad accrescerne o comprometterne il senso. Queste riflessioni su una possibile lettura del rapporto tra opera e contesto in termini di forma, funzione e significato mettono in luce gli effetti che, sotto il profilo paesaggistico, posso essere raggruppati in due principali categorie: quella del contesto trasformato dall’opera e quella dell’opera contestualizzata. Tali concetti fanno parte del progetto di conoscenza del paesaggio e rappresentano una progressione di effetti che si spostano dal contesto all’opera, offrendo due punti di vista profondamente diversi per quanto, di fatto, complementari l’uno all’altro. Gli effetti che riguardano il contesto trasformato dall’opera vengono classificati, almeno secondo la norma (DPCM 12/12/2005), in modificazioni, quando si riconoscono cambiamenti del paesaggio, ed in alterazioni, quando il paesaggio viene in tutto od in parte compromesso. Si tratta dello specifico punto di vista sul paesaggio, che necessita di una lettura prevalentemente percettiva. Gli effetti visti dal punto di vista dell’opera contestualizzata si misurano, invece, in ragione di un confronto identitario tra opera e contesto che la contiene e, almeno in una prima classificazione, possono essere contraddistinti in tre categorie
principali: - la sparizione del ponte o per effetti di velocità di percorrenza e posizione relativa, oppure per estrema mitigazione nel contesto; - in modo opposto, si trova il risalto del ponte dove, in generale, l’opera resta evidente da molti punti di vista, polarizza l’attenzione per le sue dimensioni e tende a dominare il contesto in cui è inserita; - tra queste due tendenze, sparizione e risalto, si colloca l’effetto di coerenza. Coerenza per forma, per materiale, per colore e per dimensioni. Questa operazione di conoscenza e valutazione ha rappresentato una interessante e innovativa esperienza applicata anche al caso del progetto dell’Eurasia Tunnel a Istanbul, per il quale sono stati analizzati i possibili impatti e gli effetti che la costruzione della nuova infrastruttura può generare nel paesaggio, tanto nella penisola storica che nella parte asiatica.
3 - Sezione trasversale del tunnel.
4 - Tracciato dell’Eurasia Tunnel nella parte asiatica (da ESIA Report).
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Tunnel Marmaray ed Eurasia Tunnel a Istanbul
5 - Tracciato dell’Eurasia Tunnel: analisi di inserimento paesaggistico del tracciato nella parte europea (ILA e HIA Assessment).
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Può sembrare un luogo comune, ma Istanbul è proprio questo, un ponte tra Europa e Asia. È una città in cui vivono 18, forse 20 milioni di abitanti, in cui si fondono culture, lingue, etnie, tradizioni, dove l’antico e il moderno convivono in una stratificazione di significati. Nella penisola storica, si trovano le moschee e i palazzi più importanti: le quattro zone dichiarate dall’UNESCO patrimonio dell’umanità custodiscono gli eccezionali valori universali della città, conservati nelle vestigia delle antiche mura di Teodosio, nelle moschee e nella zona di Topkapi. Tra questi, i caratteristici mercati del pesce e i bazar, dove è ancora possibile respirare i profumi della città o trovare i prodotti artigianali tipici, contrastano aspramente con le architetture moderne, gli alti grattacieli, le strade trafficate all’inverosimile simbolo di una metropoli che sta crescendo alla velocità della luce. Un crogiuolo di culture, dunque, un luogo in cui traspare la compenetrazione fra la tradizione islamica e lo stile occidentale. In questo contesto si inseriscono le più importanti nuove opere che stanno rapidamente cambiando il volto della città e che introducono il tema dell’inserimento delle nuove infrastrutture in un paesaggio i cui valori sono già ampiamente riconosciuti, dove l’uso di un linguaggio contemporaneo e le necessità di sviluppo a volte contrastano aspra-
mente con quelle della conservazione del patrimonio storico culturale. Sotto il Bosforo, lo stretto di mare che separa la sponda europea da quella asiatica di Istanbul, passa un tunnel denominato Marmaray per la metropolitana, già operativo; si tratta di un investimento di 3,5 miliardi di dollari circa. Marmaray è la galleria più profonda al mondo, raggiunge fino a 62 metri sott’acqua, è antisismica con tecnologia giapponese, è lunga 14 km e consente il passaggio tra le due sponde di Istanbul di 1,5 milioni di pendolari al giorno in 4 minuti. Un secondo tunnel, denominato Eurasia Tunnel, sarà completato entro ottobre 2016 e destinato alle autovetture. Si tratta di un investimento pari a circa 1,5 miliardi di dollari. L’Eurasia Tunnel sarà lungo 14,6 chilometri di cui 5,4 saranno 25 metri sotto il livello del mare e attraverserà lo stretto del Bosforo accanto al tunnel ferroviario del Marmaray. In questo quadro la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) ha deliberato un finanziamento da 200 milioni di euro a favore del progetto Marmaray, il collegamento ferroviario che unisce con un attraversamento sotterraneo del Bosforo, la rete ferroviaria della Turchia in Asia con quella europea lungo il Corridoio pan-Europeo IV. Il progetto si connetterà alla linea alta velocità Istanbul-Ankara, e uno degli obiettivi é il trasferimento su ferrovia di una quota del traffico merci da e per la Turchia che attualmente si riversa sulla rete stradale.
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Progetto Eurasia Tunnel. Valutazione di inserimento paesaggistico (Insertion in Landscape Assessment) e valutazione dell’ impatto sugli OUV (Heritage Impact Assessment) Nel 2013, il gruppo di lavoro costituito dal prof. Siviero e dai suoi collaboratori Alessandro Stocco, Michele Culatti, Viviana Martini, Luigi Siviero, ha eseguito la valutazione per la determinazione degli impatti del progetto Eurasia Tunnel sulle qualità del paesaggio e sui valori di Istanbul, per poterli preservare e valorizzare. Nella penisola storica, il progetto prevede l’allargamento dell’attuale Kennedy Caddesi, la realizzazione di alcuni svincoli a U, passerelle pedonali, sottopassi e sovrappassi (connessione Kazlıçeşme e Sarayburnu) e l’innesto con la viabilità esistente. Nella parte asiatica, si prevede l’allargamento dell’arteria principale con la creazione di 4-5 corsie per ogni senso di marcia. Il modello valutativo sviluppato ha previsto la determinazione dell’impatto della nuova opera sull’intero tracciato ( sia nella parte asiatica che in quella europea - The Insertion in Landscape Assessment), e ha altresì considerato le relazioni della nuova infrastruttura sugli eccezionali valori della
città (OUV) e secondo le ICOMOS Guidance on Heritage Impact Assessments for Cultural World Heritage Properties. La valutazione ha preso in considerazione diversi fattori. Il primo riguarda il fatto che l’opera verrà realizzata in un contesto paesaggistico molto diversificato, che ha una sua qualità ed un suo valore intrinseci e su cui sono già presenti elementi di qualità e degrado. Il secondo considera che il tracciato di riferimento per la nuova opera esiste già, almeno nelle parti sulla terraferma e fa parte integrante del paesaggio. Sulla base di questi due principi di fondo, è stato strutturato uno schema valutativo che ha individuato tre macro-aree che, dal punto di vista territoriale e quindi paesaggistico, sono diverse tra loro: la Penisola Storica, il mare, l’Area Asiatica. Per ciascuna di queste è stata individuata la composizione paesaggistica come sistema di relazione tra parti tra loro identificabili, come ad esempio le aree verdi, le mura storiche costituite dall’antica cinta di Teodosio e dalle mura che costeggiano la Kennedy Caddesi, il patrimonio culturale costituito dagli edifici storici e dalle moschee e le infrastrutture, rilevando, alla luce dell’indagine fotografica, l’identità dei luoghi, come sono caratterizzati in qualità di aggregazioni di parti riconoscibili e che si differenziano da altri paesaggi. Sono stati quindi individuati: - la leggibilità delle forme, ovvero il riconoscimento dell’integrità visiva di aggregazioni tra
6 - Tracciato dell’Eurasia Tunnel nella parte asiatica: un altro dettaglio dell’analisi (ILA e HIA Assessment).
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TRASPORTI & CULTURA N. 40 parti. Tale leggibilità osservata sia da luoghi di accumulo di persone, sia lungo il tracciato oggetto di trasformazione, è stata poi quantificata e successivamente valutata in base all’eventuale presenza di elementi di qualità (ad esempio in caso della presenza di monumenti storici) o di degrado; - le caratteristiche funzionali: verifica di quante e quali sono le funzioni presenti. (Ad esempio per un parco si è verificato se effettivamente funziona come parco, se è sottoutilizzato o eccessivamente affollato, se al suo interno ci sono altre funzioni, ecc); - il significato: inteso come attribuzione di senso all’area da parte della collettività. È l’identificazione dell’ identità della quale si è parlato in precedenza, che esprime il “peso”, ovvero l’importanza, che una parte di territorio identificabile può avere per la gente che vive quel luogo e anche per i turisti. La valutazione ha altresì considerato le relazioni e gli effetti che la nuova opera avrà sugli Outstanding Universal Values della città, in quanto il tracciato in progetto occuperà per alcuni tratti il sedime inserito nella zona protetta dall’UNESCO. Questo tipo di valutazione ha permesso di comporre un quadro generale sullo stato paesaggistico del luogo (che può avere, ad esempio, in alcuni tratti, una composizione coerente con le stratificazioni dell’uso del suolo nel tempo, ma nel contempo presentare anche elementi estranei) e ha costituito la base di riferimento (contesto) su cui viene “collocata” la nuova opera. Successivamente si è proceduto con l’inserimento, nel contesto paesaggistico come sopra valutato, della nuova opera che, con le sue parti in quota, i suoi sistemi di protezione, gli edifici di pertinenza e gli impianti tecnologici modifica la percezione del paesaggio. Tali modificazioni sono state classificate in base alla quantità di valore aggiunto o sottratto al contesto paesaggistico, anche - ma non solo - in relazione agli eccezionali valori universali della città, ed hanno portato alla determinazione di alcune misure di mitigazione atte alla valorizzazione del paesaggio storico urbano e al miglioramento del progetto. 7 - In queta pagina: sezione longitudinale del tunnel di Marmara. 8-11 - Nella pagina a fianco: vedute nella parte europea e in quella asiatica del tracciato dell’Eurasia Tunnel.
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nostre facoltà percettive, l’altra l’insieme di elementi e di processi che si collocano in un determinato territorio come parti di un sistema complesso. Cogliere, conoscere, studiare tutti gli aspetti percettivi, simbolici, identitari del paesaggio e lavorare altresì sul progetto di paesaggio - e in particolare sul progetto di una infrastruttura, che ne è parte integrante -, significa dar luogo ad interventi virtuosi di valorizzazione. La valutazione di impatto riferita all’Eurasia Tunnel a Istanbul costituisce in tal senso un esempio emblematico e un approccio multidisciplinare estremamente interessante e unico per due motivi sostanziali: - il primo, perchè ha considerato l’inserimento della nuova infrastruttura nell’intero sistema paesaggistico della città storica; - il secondo, perchè ha considerato gli impatti e gli effetti che la nuova infrastruttura avrà non solo rispetto agli eccezionali valori della città di Istanbul, ma anche rispetto ad un sistema più ampio di significati che tengono conto delle componenti identitarie del luogo. Sotto questo punto di vista, un progetto di dimensioni enormi quale quello dell’Eurasia Tunnel in una città ricca di significati come Istanbul non è solamente il progetto di una infrastruttura, ma anche un eccezionale strumento per la conoscenza del paesaggio e dei suoi significati, e può diventare un’occasione per operare la riqualificazione di ampie aree urbane. Riproduzione riservata ©
Bibliografia Independent historical and visual impact assessment report for the Golden Horn Metro Crossing Bridge, Prof. Enzo Siviero, Michele Culatti, Viviana Martini, Luigi Siviero, Alessandro Stocco, dicembre 2010. The assessment of the Golden Horn Metro Crossing Bridge colours, Prof. Enzo Siviero, Alessandro Stocco, Michele Culatti, Viviana Martini, Ilgın Ezgi Tunc, Nadia Danieli, Filippo La Monica, Marijan Sokota, giugno 2012.
Riflessioni conclusive
The HIA and Assessment of the Insertion in the Landscape of the Istanbul strait Road Tube Crossing Project “Eurasia Tunnel”, Prof. Enzo Siviero, Alessandro Stocco, Michele Culatti, Viviana Martini, Luigi Siviero, Claudia Sabattini, maggio 2013.
Il paesaggio può essere considerato costituito da due valenze semantiche fondamentali: quella soggettiva e quella oggettiva, che interessano l’una le
E. Siviero, M. Culatti, L.Guido, V.Martini, A.Stocco, A.Totaro, “The social meaning of small and medium span bridges”, 9th International Conference on Short and Medium Span Bridges, Calgary, Alberta, Canada, July 15-18, 2014.
TRASPORTI & CULTURA N. 40 http://www.avrasyatuneli.com.tr/en/about-the-project/fundamentals-of-the-project http://www.avrasyatuneli.com.tr/en/environment/esia-documents http://www.marmaray.com/
Dati tecnici del progetto Eurasia Tunnel Il completamento del Progetto Eurasia Tunnel è previsto in 55 mesi con un investimento complessivo di 1 miliardo 245 milioni 121 mila 188 dollari americani, rappresentati da titoli di capitale pari a 285 milioni 121 mila 188 dollari americani, e un prestito di 960 milioni di dollari americani. La TBM (Tunnel Boring Machine), progettata esclusivamente per questo progetto, verrà utilizzata nelle fasi di scavo dell’attraversamento. Nelle fasi di scavo, verrà utilizzata la bentonite. La TBM utilizza una pressione di esercizio di 11 bar e ha un diametro di scavo di 13,7 m. La costruzione del tunnel è iniziata sul lato anatolico e sarà completata sul lato europeo. La velocità di avanzamento giornaliero della Tunnel Boring Machine è di 8-10 metri in media. Il tunnel è stato progettato per consentire solamente l’uso di veicoli leggeri (automobili, minibus). Veicoli pesanti, veicoli a due ruote (motociclette, biciclette) e pedoni non potranno beneficiare del tunnel. La costruzione delle gallerie di accesso sarà effettuata con il metodo NATM (New Austrian Tunnel Method). Avrasya Tüneli İşletme İnşaat ve Yatırım A.Ş. (ATAŞ) trasferirà il tunnel, per il cui funzionamento e manutenzione sarà responsabile per un periodo di 25 anni 11 mesi e 9 giorni, alla Direzione generale degli investimenti infrastrutturali (AYGM) della Repubblica di Turchia, Ministero dei Trasporti, Affari marittimi e delle Comunicazioni, alla fine di detto periodo. Riduzione del tempo di percorrenza: da 100 a 15 minuti, con riduzione delle emissioni gassose e del pulviscolo nell’ambiente.
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Proposte e soluzioni integrate di governance energetica alla scala urbana di Carmela Gargiulo e Floriana Zucaro
Il decennio 2000-2010 ha rappresentato una fase importante dei processi di crescita demografica ed urbana. Per la prima volta nella storia oltre il 50% della popolazione mondiale vive nelle città (UN-PD, 2011) ed i sistemi insediativi di grandi dimensioni, le cosiddette megacities con oltre dieci milioni di abitanti (UN), sono ormai più di venticinque. Il rapido e considerevole aumento demografico mondiale è associato ad un fenomeno di concentrazione della popolazione nelle città, in ragione dei maggiori livelli di benessere economico e sociale. Fino alla seconda metà del XIX secolo la maggior parte della popolazione mondiale viveva nelle aree rurali, mentre il fenomeno urbano era limitato ad un numero esiguo di città con una popolazione non superiore ad un milione di abitanti. Negli ultimi due secoli, invece, grazie allo sviluppo dell’industria e dei servizi, il processo di inurbamento si è sempre più intensificato. Secondo i report e gli studi sulle dinamiche di evoluzione demografica (Chandler, 1987; Cohen, 1995; UN-HABITAT, 2006; OECD, 2010) nel 1950 ogni 100 abitanti solo 29 vivevano in aree urbane, nel 1990 questa quota è salita al 45% e la popolazione urbana si è più che triplicata, raggiungendo i 2,4 miliardi. Sulla base di questi dati di crescita demografica, gli attuali scenari previsionali stimano che intorno al 2030, anno in cui la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere gli otto miliardi, cinque miliardi di persone risiederanno nelle aree urbane. Entro il 2030, inoltre, la copertura del suolo urbano aumenterà di 1,2 milioni km², triplicando quasi la superficie globale di territorio urbano che esisteva nel 2000 (Seto et al., 2012).
Integrated proposals and solutions for governing energy at the urban scale by Carmela Gargiulo and Floriana Zucaro In recent years international research has been increasingly focused on developing approaches and methods aimed at saving energy in urban areas. Nevertheless the energy challenge has been tackled with a sectorial approach that does not take the urban dimension into account. The multidimensional nature of the energy issue, combined with the complexity typical of urban systems, should make us reflect on the approach to use, in order to ensure the environmental and energy sustainability of urban systems. From this point of view, the systemic approach that characterizes the study of the interaction between the transformations of the territory, urban planning, the distribution of activities, the government of mobility and user habits, aimed at saving energy at the urban scale, represents the peculiarity of the Smart Energy Master (SEM) project, which seeks to develop a model for the energy-efficient governance of the territory.
Consumi energetici e cambiamento climatico: il ruolo delle città Dal sintetico ma esplicativo scenario di sviluppo appena descritto, risulta evidente che le città sono il luogo dove è indispensabile affrontare le sfide per la sostenibilità e dove è possibile mettere in campo le azioni più efficaci per la loro risoluzione: “it is at the city scale that the battle for a sustainable urban future by 2050 will be won or lost” (Dixon, 2011) e quindi “it is no longer a question of ‘if’ each nation will begin the challenging transition to a greener economy but ‘how’ we will get there” (Living Cities, 2010). Le aree urbane, in pratica, sono chiamate a contrastare gli ormai inevitabili fenomeni di cambiamento climatico e di crisi energetica, strettamente
Nella pagina a fianco, in alto e al centro: sito internet dello Smart Energy Master. In basso: evoluzione della popolazione mondiale nel periodo 1950-2010 (a sinistra) e tasso di crescita percentuale della popolazione urbana nelle principali aree continentali (a destra). Fonte: UN, world urbanization prospects, the 2011 revision, New York.
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1 - Set di variabili per ciascun sottosistema considerato.
connessi da un duplice legame: da un lato, la produzione e il consumo di energia sono particolarmente sensibili all’andamento delle temperature ed ai fenomeni estremi (ad esempio, il cambiamento delle condizioni climatiche può influenzare sia la produzione di energia eolica, solare e da biomassa, che la domanda di energia in termini di aumento o diminuzione del riscaldamento invernale e del raffrescamento estivo) e dall’altro, il risparmio e l’efficienza energetica possono contribuire fortemente a ridurre la produzione delle emissioni di gas climalteranti. La sostenibilità energetica sta rivestendo un ruolo cruciale nella definizione di politiche di sviluppo in grado di conciliare obiettivi economici, energetici ed ambientali, al fine di garantire il benessere attuale e futuro della popolazione mondiale, in quanto “as most people inhabit cities, which are enlarging more and more, the latter are responsible for a great part of greenhouse emissions and a huge rate of energy consumption as well” (Papa, Gargiulo, Zucaro, 2014). Le città, pur occupando, infatti, solo il 4% circa della superficie terrestre, consumano circa il 67% dell’energia primaria mondiale e sono responsabili di oltre il 70% delle emissioni di gas serra (Stern, 2006; Pacione, 2009; IEA, 2011). In base agli studi effettuati dall’International Energy Agency (IEA) e dalla BP, i consumi energetici nel XX secolo hanno avuto una rapida crescita: agli inizi del 1900 i consumi mondiali erano pari a circa un miliardo di tep (energia equivalente contenuta in una tonnellata di petrolio), mentre ad oggi sono aumentati di circa un ordine di grandezza. Il consumo mondiale di energia è cresciuto continuativamente dal 1965 al 2010, ad eccezione degli anni ‘70 e del 2008, a causa della crisi energetica, prima, e di quella economica globale, dopo. Inoltre, nel 2010 si è verificata una crescita del 5% nella domanda globale di energia primaria, con un conseguente aumento delle emissioni di CO2. Gli scenari futuri elaborati dall’IEA prevedono che tra il 2010 e il 2035 la domanda di energia crescerà di un terzo e, sebbene il 90% di tale aumento sarà determinato dai Paesi in via di sviluppo, la cui economia è attualmente in rapida crescita, come ad esempio la Cina, che rappresenta il primo consumatore mondiale di energia ed è destinata a consolidare questo primato, tutti gli Stati sono chiamati a portare a termine gli impegni sottoscritti per la lotta ai cambiamenti climatici, in particolare i Paesi europei le cui città consumano quantità ingenti di risorse e contribuiscono in modo significativo a rendere l’impronta ecologica degli abitanti europei il doppio della media planetaria (Ewing et 84
al., 2010). La consapevolezza dell’importanza delle aree urbane nella messa in campo di politiche e strategie volte a contenere i consumi energetici, a mitigare l’impatto dei cambiamenti climatici ed a modificare il modello di sviluppo economico ed insediativo già da tempo auspicato, ha rappresentato il presupposto per la messa a punto del progetto SEMSmart Energy Master per il governo energetico del territorio.
Il Progetto Smart Energy Master (SEM) per il governo energetico del territorio La natura multidimensionale della questione energetica, unita alla complessità che caratterizza i sistemi urbani, dovrebbe far riflettere sull’approccio da adottare per riuscire a garantire la sostenibilità ambientale ed energetica dei sistemi insediativi. Il dibattito scientifico, infatti, solo in pochi casi sembra mettere in primo piano e, quindi, adottare un approccio di tipo olistico proprio della disciplina urbanistica, per affrontare la questione energetica. La maggior parte delle ricerche riguarda quasi esclusivamente il rendimento e la performance energetica di edifici, di impianti di produzione di energia e di sistemi di trasporto, piuttosto che il sistema urbano nella sua interezza. In quest’ottica, l’approccio sistemico che caratterizza lo studio delle interazioni tra trasformazioni del territorio, assetto urbano, distribuzione delle attività, governo della mobilità ed i comportamenti degli utenti, per il risparmio energetico a scala urbana, costituisce l’aspetto peculiare del progetto SEM, finalizzato alla messa a punto di un modello di governance dell’efficienza energetica del territorio. Il Progetto di ricerca SEM, cofinanziato dal Programma Operativo Nazionale Ricerca e Competitività 2007-2013 Smart Cities and Communities, “Azione integrata per lo Sviluppo Sostenibile Energy Efficiency and Low Carbon Technologies”, ha avuto inizio nel novembre 2012, per concludersi nel maggio 2015 e si avvale di un ampio partenariato che integra università, imprese, enti di ricerca e pubbliche amministrazioni. Le principali attività in cui si articola sono Ricerca e Sviluppo Sperimentale, finalizzate a mettere a punto un modello di governance dell’efficienza energetica del territorio, con riferimento alla gestione delle aree urbane e di edifici ad eleva-
TRASPORTI & CULTURA N. 40 ta umanizzazione (scuole, uffici amministrativi, ospedali, musei, teatri, stazioni), Disseminazione, mirata a divulgare gli approcci, gli avanzamenti ed i risultati del progetto di ricerca, e Formazione, volta a formare ricercatori esperti con specifiche competenze nel campo dei processi di governo dei sistemi urbani e della mobilità, del risparmio e dell’efficienza energetica, delle tecnologie innovative per il governo dei sistemi urbani.
Il modello di governance energetica: UrbanSEM Uno dei prodotti della ricerca è l’Urban Saving Energy Model (UrbanSEM) che costituisce l’elemento di partenza per la messa a punto di uno strumento di supporto alle amministrazioni pubbliche, ai professionisti, ai tecnici del territorio, ingegneri e architetti e a quanti si interessano di trovare soluzioni urbanistiche efficienti ed efficaci di risparmio energetico. Le attività di ricerca, a partire dal modello, cercano di “guardare” in maniera integrata alle caratteristiche dei diversi sottosistemi in cui può essere articolata una città che ha l’obiettivo principale di risparmiare energia. L’UrbanSEM, in altri termini, è un modello conoscitivo/interpretativo messo a punto secondo la logica descritta, messo a punto sulla base delle caratteristiche fisiche degli spazi, costruiti e naturali, della mobilità, della localizzazione e della distribuzione delle attività che si svolgono nella città, dei comportamenti più diffusi degli abitanti e delle relazioni che si stabiliscono tra tutti questi elementi. Nel panorama di studi che affrontano il tema del risparmio energetico alla scala urbana, UrbanSEM costituisce un risultato di ricerca innovativo sia per l’approccio utilizzato, quello olistico, che per la scala territoriale di applicazione che è quella di quartiere. I sottosistemi che compongono una città, individuati come principali rispetto all’impatto sui consumi energetici, sono i seguenti: - sottosistema urbanistico/ambientale: che permette di definire le caratteristiche morfologiche e geometriche del tessuto urbano (caratteristiche fisiche) e quelle climatiche e di contesto (caratteristiche ambientali) che influenzano in modo significativo i consumi energetici. Elementi quali l’altezza degli edifici, la densità del costruito, la presenza di aree verdi possono avere effetti sul microclima urbano poiché a questi è correlata la capacità della luce solare di raggiungere le facciate degli edifici e la possibilità dell’effetto di raffrescamento determinato dalla vegetazione e quindi indurre effetti sui consumi energetici. L’assenza in letteratura di un modello a cui fare riferimento ha reso necessario lo sviluppo di una metodologia di ricerca basata su un processo di specificazione che dipende dal contesto morfologico, urbano ed ambientale oggetto di studio; - sottosistema residenziale: individua la correlazione tra aree prevalentemente residenziali e consumi energetici e permette di definire le caratteristiche edilizie che influenzano in modo significativo i consumi energetici. Propedeutica all’impostazione metodologica è la stata la fase di conoscenza dei modelli più significativi utilizzati in letteratura per la stima dei consumi energetici. Tra questi sono stati presi in considerazione caratteristiche edilizie quali l’altezza
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degli edifici, la tipologia costruttiva, l’epoca di costruzione che hanno effetti significativi sui consumi energetici; sottosistema socio-economico: che rappresenta il segmento non legato alle caratteristiche fisiche del territorio e risulta determinante poiché analizza i fattori principali che caratterizzano gli individui quali età, istruzione, occupazione e ricchezza e permettono di individuare i diversi gruppi di consumo al loro interno. Diversi livelli di reddito ed istruzione, di età o di occupazione, si riflettono in differenti comportamenti legati alle abitudini e quindi al consumo di energia domestica; sottosistema edifici ad elevata umanizzazione: i consumi del settore edilizio non residenziale, in cui sono compresi gli edifici adibiti ai servizi, al commercio e alla Pubblica Amministrazione, risultano in continua e forte crescita e data la particolarità del patrimonio edilizio coinvolto, presentano ampi margini di contenimento dei consumi energetici. Data la consistenza delle volumetrie e la diversificazione funzionale del patrimonio edilizio pubblico appare evidente che tali immobili costituiscono una importante aliquota dell’intero patrimonio, seppur numericamente di molto inferiori rispetto agli edifici residenziali. Ne consegue che renderli efficienti sotto l’aspetto energetico può costituire un rilevante contributo alle politiche energetiche da parte delle pubbliche amministrazioni; sottosistema mobilità: reti di trasporto e uso del suolo hanno una profonda influenza sui consumi energetici nel settore dei trasporti. Aree urbane caratterizzate da elevate densità, mix funzionale ed una adeguata dotazione di infrastrutture favoriscono l’uso del trasporto pubblico e degli spostamenti pedonali. All’opposto, aree caratterizzate da dispersione urbana, separazione spaziale delle funzioni e bassi valori di densità favoriscono l’uso dell’auto privata, spostamenti di maggiore lunghezza e quindi un maggiore consumo energetico. L’analisi di questo sottosistema è finalizzata allo studio delle relazioni fra caratteristiche della forma urbana e consumi energetici nel settore dei trasporti; sottosistema spazi aperti costruiti: nell’ambito degli studi sul comportamento energetico delle città, la tendenza attuale è quella di considerare l’ambiente costruito non più separato da quello circostante, ma come un sistema unico, in cui il rapporto tra vuoti e pieni, spazi confi-
2 - Consumo di energia primaria a livello mondiale per fonte (IEA 2012).
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TRASPORTI & CULTURA N.40 nati e spazi aperti, determina relazioni in grado di modificare il contesto microclimatico. Il sottosistema degli spazi aperti costruiti studia la relazione stretta tra consumi energetici degli edifici e caratteristiche fisico-geometriche dei vuoti adiacenti (strade, piazze, etc.), in termini di accessibilità all’illuminazione naturale e di controllo della radiazione termica. Nello studio di tale sottosistema rientra anche l’illuminazione pubblica che costituisce oggi una delle maggiori voci della spesa energetica dei Comuni italiani. Lo studio di ciascun sottosistema è stato effettuato mettendo a punto un quadro conoscitivo della letteratura scientifica di riferimento, nonché delle più recenti sperimentazioni e modelizzazioni effettuate per l’analisi dei consumi energetici a scala urbana (Salat e Mertorol 2006; Steemers 2003; Lenzen et al. 2004; Büchs et al. 2013; Ewing e Cervero 2010; Saunders et al. 2008; Anderson et al. 2002; Brounen et al. 2012; Howard et al. 2012; Friederich 2012). Sono stati, inoltre, presi in considerazione i più recenti documenti messi a punto dalla Commissione Europea, relativi alle strategie in ambito energetico ed ambientale promosse in alcune città europee ed italiane (COM(2013)169; CE 2007). L’applicazione di UrbanSEM si sviluppa su tre quartieri di Napoli - Chiaia, Vomero e Arenella che per caratteristiche morfologiche e insediative, per diversificazione funzionale e per la diffusa presenza di attrezzature pubbliche e di uso pubblico possono essere un test significativo per la messa a punto di un modello facilmente replicabile su realtà urbane diverse. Ad oggi, l’attività di ricerca sta definendo le relazioni tra elementi e caratteristiche dei diversi sottosistemi e consumi energetici reali, relativi ad energia elettrica e gas, rilevati per singole unità elementari di riferimento (sezioni censuarie). Tale operazione permetterà di verificare e ricalibrare i risultati conseguiti, al fine di effettuare una classificazione dell’area oggetto di sperimentazione, in ragione della trasformabilità energetica, cui sono associati soluzioni ed interventi compatibili. Come accennato UrbanSEM può essere considerato come il primo step per la definizione del Sistema Esperto EEDSS (Energy Efficiency Decision Support System) rivolto soprattutto alle PA che attraverso il suo utilizzo riusciranno a identificare elementi energivori e aree critiche in maniera facilitata e a definire strategie e priorità di intervento nel territorio di interesse. Tale strumento vuole essere un prodotto agevolmente trasferibile a tutti i contesti urbani e vuole rappresentare un supporto anche per conseguire l’obiettivo di una quota del 3% annuo di riqualificazione energetica degli edifici pubblici, delineato dal Piano di Efficienza Energetica della Commissione Europea dell’8/03/2011 e dalla Proposta di Direttiva della Commissione Europea sull’Efficienza Energetica (COM(2011) 370).
Conclusioni Da diversi anni sono sempre più numerosi i gruppi di ricerca internazionali che si stanno interrogando su approcci, metodi e strumenti orientati al risparmio energetico nelle aree urbane. Tuttavia, non esiste ancora un quadro concettuale consolidato che permetta di confrontare in maniera omogenea e condivisa i risultati ottenuti e di mettere 86
TRASPORTI & CULTURA N.40 a punto soluzioni efficaci per il contenimento dei consumi energetici a scala urbana. Fino ad oggi la sfida energetica nelle aree urbane è stata affrontata in maniera settoriale, ad esempio proponendo soluzioni rivolte esclusivamente o agli edifici, o all’innovazione tecnologia, o agli aspetti socio-economici o ai trasporti, prestando scarsa attenzione alla dimensione urbana: “urban planning, grounding on holistic approach to cities’ development, might play a key role both in coordinating and integrating urban policies addressed to enhance the different sectors of a Smart city and […] to create synergies between energy, transport and ICT sectors” (Papa, Gargiulo, Galderisi, 2013). I temi dell’efficientamento e del risparmio energetico non possono essere scissi da quello del governo delle trasformazioni urbane. La città, infatti, è il luogo storico di concentrazione della domanda di energia: nell’evoluzione delle forme di organizzazione sociale i consumi energetici si sono addensati, in modi e quantità differenti nel tempo e nello spazio, in quei luoghi strategici che sono le città (De Pascali, 2008). Il quadro delineato mette in risalto la mancanza di studi, ricerche e sperimentazioni che, adottando un approccio olistico, propongano strategie, soluzioni e interventi per il risparmio e l’efficientamento energetico di tipo urbanistico. I risultati raggiungibili agendo quasi esclusivamente alla scala edilizia, sia per gli edifici esistenti che per quelli di nuova costruzione, dovrebbero trovare integrazione con gli interventi ad una scala più ampia, al fine di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità energetica ed ambientale stabiliti a livello comunitario e internazionale. In tale ottica si inserisce il progetto SEM, il cui punto di forza è quello di adottare una logica d’area che fa riferimento alla scala di quartiere per comprendere al meglio le relazioni e le sinergie che si instaurano tra le componenti urbane sopra descritte, nell’ottica del risparmio energetico.
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3 , 4 e 5 - Nella pagina a fianco: mappe tematiche elaborate per UrbanSEM.
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Crypta neapolitana: non solo un tunnel di Graziano Ferrari e Raffaella Lamagna
Napoli ed i Campi Flegrei costituiscono realtà di particolare interesse nell’ambito delle “Città sotterranee”. Il geografo Strabone, fra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C., ci riferisce (Geographica, V, 4, 5) che il principale collaboratore di Ottaviano Augusto, Marco Vipsanio Agrippa, dispose la realizzazione di due grandi gallerie nei Campi Flegrei. Il progetto fu affidato all’architetto Cocceio, al cui nome sarebbero legati anche il Tempio di Augusto sull’acropoli di Pozzuoli ed il primo progetto del Pantheon di Roma. In realtà nei Campi Flegrei si trovano numerose altre strutture ipogee antiche, fra cui due importanti acquedotti, il Campano e l’Augusteo. Strabone sottolinea il fatto che l’architetto Cocceio, originario della zona flegrea, aveva proseguito in età augustea l’antica tradizione locale di utilizzo del sottosuolo. Poco oltre, Strabone (V, 4, 7) descrive un’altra galleria, sul percorso che collega Pozzuoli a Napoli: “aperta per un tragitto di molti stadi, larga abbastanza da permettere a due carri che procedono in direzioni opposte di passare insieme”. Si tratta della cosiddetta “Crypta neapolitana”, l’unica galleria dell’antichità romana di cui ci sia stato tramandato il nome (Busana et al. 1997), riportato da Seneca (Epistola 57) e da Petronio (Fragmenta XIV). La galleria è ora gravemente dissestata ed è chiusa al transito da quasi cent’anni. Dal 2010 stiamo svolgendo ricerche sui sistemi idraulici antichi dei Campi Flegrei e proprio dalla Crypta, leggibile come la “porta” dei Campi Flegrei, è iniziata la nostra ricerca sui tratti di acquedotto superstiti. Le indagini speleologiche hanno permesso di ricavare informazioni non solo sulla galleria e sull’acquedotto romano, ma anche su caratteristiche apparentemente minori che si sono sedimentate sulla struttura principale.
La Crypta neapolitana Si tratta di una monumentale galleria che, traforando il costone di Posillipo, permetteva un diretto collegamento stradale fra Pozzuoli e Napoli, evitando la più scomoda via per colles (Johannowsky 1953). La Crypta esisteva già nella prima metà del I secolo d. C., quando venne citata dagli scrittori antichi, ma non sembra possibile ricavare una datazione certa per l’esecuzione del traforo. A lato dell’ingresso di Mergellina si trova un colombario romano in cui la tradizione vede il sepolcro di Virgilio (Cocchia 1888). L’area circostante è ora attrezzata a parco pubblico in onore della memoria del poeta, ed in esso si trova anche il sepolcro di Giacomo Leopardi. La galleria ha un andamento rettilineo orientato
Crypta Neapolitana: not just a tunnel by Graziano Ferrari and Raffaella Lamagna The Crypta Neapolitana is a tunnel 699 m long, which connects Naples to Pozzuoli. It was already in use in the I century A.D., when it was referenced by Strabo, Seneca and Petronius. It ceased to function in 1917, after a series of internal collapses. A partial restoration was undertaken at the beginning of the XXI century, but the central 500-meter section is still severely damaged. The road tunnel is flanked by an aqueduct, part of the main course of the Augustean Aqueduct, which tapped large springs in the Appennines and ran 104 km to feed several ancient cities, the harbours in Puteoli and Misenum and the thermal establishments at Baia. As part of a speleological research project on ancient aqueducts in the Phlegraean Fields, we were allowed access to the Crypta. We identified and documented 18 evenly spaced entrances to the aqueduct, together with several aqueduct sections. We also collected information about scientific and cultural issues related to the Crypta and the aqueduct, so as to perceive the cave not as a mere road tunnel, but as a complex system, strictly related to the surrounding surface environment and to local history and culture.
Nella pagina a fianco, in alto a sinistra: lo stato attuale dell’ingresso di Mergellina; in alto a destra: la parte centrale della Crypta (Francesco Piranesi, 1791), stato attuale della parte centrale (foto di B. Bocchino).
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TRASPORTI & CULTURA N.40 erronea è stata ripresa acriticamente dagli appassionati di esoterismo. In realtà il sole al tramonto penetra nella cavità verso la fine di febbraio e la fine di ottobre, e si tratta comunque di una visione decisamente emozionante.
Il dissesto Non siamo a conoscenza di dissesti importanti prima del XIX secolo. In effetti, gran parte della volta attuale della galleria appare intatta e potrebbe quindi essere riferibile all’originaria volta di età romana. Solo verso la fine del XIX secolo si manifestarono gravi lesioni nella roccia delle pareti. Pare ragionevole ipotizzare la concomitanza fra diverse cause: l’instabilità della sezione, dovuta ai ripetuti abbassamenti del piano di calpestio; le cattive caratteristiche strutturali del tufo della parte centrale della Crypta (Amato et al., 2002); le vibrazioni indotte dalle gallerie stradali e ferroviarie scavate fra il 1882 ed il 1925 nelle vicinanze della Crypta ed infine la presenza, all’interno della parete Nord, della discontinuità rappresentata dall’Acquedotto Augusteo. In ogni caso “nel 1893 gravi lesioni minacciarono il crollamento della grotta. Il Municipio di Napoli provvide a scongiurarne il pericolo e spese largamente, facendola rinforzare per circa un terzo della sua lunghezza con quei forti e lunghi archi ad angolo acuto, che in quel tratto le danno ora l’aspetto di una navata gotica.” (De La Ville sur-Yllon 1900). Purtroppo questo intervento ebbe vita breve: già nel 1917 fu necessario chiudere la Crypta Neapolitana al pubblico transito. I relativi archi sono a loro volta crollati o gravemente dissestati.
L’acquedotto
1 - Ciò che resta degli archi di sostegno realizzati a fine Ottocento. 2 - La curva dell’acquedotto nel punto di giunzione fra due fronti di scavo.
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NNE-SSW, per una lunghezza totale di 699 m. La larghezza va da 4,7 m a 12 m. I due ingressi misurano oltre 20 m di altezza, mentre verso l’interno la volta si abbassa gradatamente fino a raggiungere un valore minimo di 2,4 m. Il tratto centrale ha un’altezza che varia fra i 4 ed i 10 m. In età romana l’altezza era minore, come si ricava dalle tracce residue sulle pareti. Diverse operazioni di abbassamento del piano di calpestio vennero realizzate per agevolare l’accesso dal lato di Mergellina. La Crypta è inoltre dotata di due spiragli inclinati che la collegano alla superficie e che, secondo Strabone, avevano la funzione di agevolare l’illuminazione delle parti interne. La cavità è stata in uso regolare per oltre 1800 anni fino agli inizi del XX secolo quando gravi dissesti ne imposero la chiusura e l’utilizzo di gallerie moderne parallele. Il percorso ipogeo, caratterizzato dal buio, dalla polvere e dalle urla dei conduttori di cavalli e carri, ha colpito l’immaginazione dei viaggiatori, da Seneca a Petrarca e Boccaccio, fino ai numerosissimi forestieri impegnati nel Grand Tour. Esemplare è il resoconto di Alexandre Dumas (1843, v. 4). Purtroppo il grande scrittore francese ha anche riferito che nei giorni degli equinozi il sole al tramonto sarebbe perfettamente allineato con la direzione della Crypta e la illuminerebbe da parte a parte (op. cit., p. 102). Questa affermazione
In età antica, la presenza di ottimi porti, di sorgenti termali e di suolo fertile attrasse l’attenzione dei coloni greci e romani sui Campi Flegrei. Negli ultimi decenni del I secolo a. C. l’area era occupata da grandi ville nobiliari, peschiere, magazzini, e dalle strutture della flotta militare del Tirreno. I romani realizzarono numerosissime cavità, fra cui gallerie, acquedotti, cisterne, captazioni di acque termali e di vapori per riscaldare le strutture termali di superficie. Il principale svantaggio dei Campi Flegrei era l’assenza di fonti di acqua dolce: il sottosuolo vulcanico era ricco solo di sorgenti minerali, inadatte per l’uso potabile. Per rifornire la popolazione in crescita e le flotte civili e militari, i romani progettarono un lunghissimo acquedotto, in gran parte sotterraneo, captando le sorgenti di Serino, provenienti dalle montagne calcaree dell’Appennino. Varie diramazioni portavano acqua alle città di Nola, Atella, Acerra e forse Pompei. Il ramo principale circuiva Napoli e raggiungeva Pozzuoli, Cuma, Baia e Miseno. Lo sviluppo dell’asse principale era di 104 km (Keenan-Jones 2010), e ciò lo rendeva il più lungo acquedotto romano dell’epoca e l’unico a servire numerose città. In corrispondenza della Crypta neapolitana l’acquedotto Augusteo corre parallelo alla galleria, all’interno della parete Nord. La presenza dell’acquedotto era nota (Amato et al. 2002), ma in precedenza esso non era mai stato documentato in modo specifico. Con il traforo del costone, l’acquedotto poteva mantenere la quota necessaria all’andamento altimetrico voluto. Attualmente la quota dell’ingresso di Mergellina è di 34 m s.l.m.,
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I luoghi di culto
mentre l’ingresso di Fuorigrotta è alla quota di 45,5 m s.l.m. L’acquedotto invece discende leggermente da Mergellina verso Fuorigrotta, partendo da una quota iniziale di 39,5 m s.l.m. A Mergellina l’acquedotto si trova quindi a circa 5,5 m sopra la platea attuale della Crypta, mentre a Fuorigrotta dovrebbe essere situato a 6 / 7 m sotto il basolato. Sulla parete Nord della Crypta abbiamo identificato 18 spiragli equamente spaziati di 38,5 m in media, pari a 130 piedi romani. Essi costituivano gli accessi ai fronti di scavo paralleli ed in seguito servivano per la manutenzione dello speco; sono attualmente ostruiti da riempimenti di polveri tufacee o da grezze murature tardo-ottocentesche. Partendo dal lato di Fuorigrotta, i primi tre sono costituiti da pozzetti rettangolari, ostruiti da detrito fine; i successivi due sono sepolti sotto una coltre di depositi alluvionali, per cui sono irraggiungibili. Fra gli spiragli 14 e 15, il crollo di un intero tratto della parete ha esposto una perfetta sezione dell’acquedotto. Gli ultimi quattro spiragli, verso l’ingresso di Mergellina, sono posti in alto sulla parete e corrispondono ad un tratto di acquedotto ancora conservato e percorribile con tecniche speleologiche, lungo circa 120 m. L’ultimo accesso si apre all’interno di una grande nicchia che in antico aveva la funzione di camera di manovra per una diramazione verso Posillipo e Gajola. Caputo (2004) descrive la Grotta di Cocceio, situata fra il Lago d’Averno e Cuma e da Strabone esplicitamente attribuita all’architetto Cocceio. Anche sul lato nord di questa galleria è presente un lungo tratto di acquedotto, diretto a Cuma. Viene sottolineata la forte analogia fra la Grotta di Cocceio e la Crypta neapolitana. Nel caso della Grotta di Cocceio, i pozzetti risultano equispaziati di 120 piedi romani. Queste informazioni costituiscono quindi un indizio molto forte a favore dell’esistenza di un progetto unitario relativo al sistema gallerie stradali – Acquedotto Augusteo.
Il sottosuolo ha da sempre stimolato l’immaginazione umana. Il legame con il mistero e con il sacro è un tema ricorrente nel mondo ipogeo. Nel caso della Crypta questo legame era già forte in età antica e si è perpetuato fino ad oggi. Petronio vi ambienta un culto di Priapo (Satyricon, XVI), mentre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli è conservato un bassorilievo mitraico databile al III – IV secolo d.C., ritrovato all’interno della Crypta nel 1455 (Amalfitano et al. 1990, p. 37, 41). Nel 1548 il viceré Pedro da Toledo dispose l’esecuzione di una cappella ipogea posta a metà galleria dedicata a Santa Maria della Grotta. Anche all’ingresso di Mergellina furono allestiti spazi religiosi. La nicchia pertinente all’acquedotto Augusteo venne affrescata con opere ormai molto rovinate, fra cui un volto dell’Onnipotente di datazione incerta. Petrarca cita questo ambiente come un devotissimum sacellum supra e Crypta exitum (Petrarca 1501). Attualmente è possibile visitare la nicchia dell’acquedotto all’ingresso di Mergellina ed i suoi affreschi. La cappella di metà grotta è invece molto dissestata ed è stata spogliata degli arredi. Vi sono ancora tracce di marmi, stucchi e decorazioni parietali. Nonostante ciò, rimane un luogo di grande suggestione. Sulla parete sopra l’ingresso della cappella è possibile individuare la traccia di un bassorilievo rappresentante la Crocifissione. La cappella era presidiata da un eremita almeno a partire dal 1587 (D’Ambrosio 2001, pp. 179-180): egli alloggiava in un ambiente ipogeo ricavato a 50 m dalla cappella, probabilmente coevo alla cappella stessa. Abbiamo riscoperto tale ambiente, gravemente dissestato e murato verso la fine dell’800. In esso si apre un pozzo che raggiunge la falda idrica sotterranea, citato da Giustiniani (1793, p. 77) come profondo 140 palmi napoletani (37 m). La cappella ipogea ricade nella Diocesi di Pozzuoli, e proprio nell’Archivio Storico e nella Biblioteca Diocesana di Pozzuoli è stato possibile reperire importanti informazioni al riguardo.
3 - Lo speco dell’Acquedotto Augusteo.
Aspetti naturalistici Il sistema costituito dalla Crypta presenta numerosi elementi di interesse legati alle scienze naturali. L’apertura di un traforo all’interno del costone genera correnti d’aria interne di entità e direzione variabile in base ai fattori ambientali (temperatura, pressione, umidità), che può indurre un effetto erosivo modellante. Inoltre, in corrispondenza dell’ingresso di Fuorigrotta ed in corrispondenza del relativo spiraglio obliquo si verificano d’estate ingressi di aria esterna più calda e ricca di umidità, che provocano fenomeni di condensazione sulle pareti e la generazione di mineralizzazioni secondarie. L’evoluzione storica della cavità ha lasciato importanti tracce nei depositi, in particolare nelle zone meno alterate. Abbiamo identificato e segnalato frammenti di interesse archeologico ma anche reperti ossei animali ora in fase di determinazione. Inoltre i depositi esposti dalle sezioni dell’acquedotto, costituiti da sabbie e frammenti tufacei, sono indicativi dell’evoluzione esterna, delle alluvioni e dei fenomeni vulcanici. Le relative sequenze andrebbero perciò campionate e sottoposte ad analisi di laboratorio. 91
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4 - La cappella posta a metà Crypta (foto di B. Bocchino).
Lo stesso speco dell’acquedotto si presenta tipicamente ricoperto da uno strato di depositi calcarei, lasciati dalle acque che vi scorrevano. Analisi preliminari compiute dal Dipartimento di Chimica dell’Università Federico II hanno permesso di identificare i caratteristici parametri chimici dei depositi, insieme ad alcune interessanti anomalie. Datazioni al C14 permetterebbero di ricavare informazioni utili a determinare i periodi di funzionamento del sistema idraulico. L’analisi delle caratteristiche morfologiche dello speco ha invece permesso di ricavare un’indicazione empirica del volume di acqua che poteva essere trasportato dall’acquedotto. Ciò, unitamente ad informazioni analoghe ricavate da altri tratti dell’acquedotto, ha permesso di avere le prime informazioni sui rapporti di distribuzione dell’acqua nelle varie strutture antiche dei Campi Flegrei. Infine, la Crypta ospita alcune forme di vita animale, favorite dall’habitat ipogeo relativamente stabile e poco disturbato. In particolare è stato possibile osservare singoli esemplari di chirotteri, che prediligono ripararsi durante il giorno all’interno della cappella della Madonna della Grotta, particolarmente protetta rispetto al flusso d’aria presente nella galleria principale.
Il recupero A quasi 100 anni dalla chiusura definitiva al transito, la Crypta neapolitana rimane in grave dissesto, come uno splendido bene culturale inutilizzato. Pochi anni fa sono stati eseguiti importanti lavori di studio di fattibilità, recupero e messa in sicurezza, che hanno consentito di regolarizzare le aree degli ingressi. Nel tratto di Mergellina queste operazioni non hanno però tenuto in considerazione la presenza dello speco dell’acquedotto a lato della galleria principale. Ciò ha causato un degrado delle condizioni di conservazione dello speco, che erano ancora discrete e si prestavano ad un recupero a fini turistici e didattici. 92
Allo stato attuale, solo 90 m della galleria dal lato di Fuorigrotta e 110 m dal lato di Mergellina sono agevolmente percorribili. I rimanenti 500 m sono accessibili solo con le precauzioni tipiche dell’attività speleologica. Nel corso delle nostre ricerche abbiamo avuto l’opportunità di raccogliere importanti informazioni sullo stato attuale della Crypta e sui molteplici valori culturali ed ambientali in essa contenuti. È quindi possibile considerare la cavità non solo come un tenebroso tunnel di attraversamento ma come un giacimento culturale complesso, ricco di stratificazioni storiche e di caratteristiche culturali e scientifiche, in stretta relazione con il soprassuolo e la città circostante. Auspichiamo quindi che si possa definire il completamento delle operazioni di studio e di recupero e che queste avvengano nel rispetto per i numerosi temi di rilevanza presenti. Ad esempio, nel progetto di recupero è prevista l’installazione di scale mobili scavate nella roccia per accedere allo spiraglio inclinato lato Fuorigrotta. Riteniamo che questo particolare dovrebbe essere realizzato mediante strutture leggere, rimovibili e non invasive, anche al fine di evitare ulteriori fattori di instabilità nella roccia incassante. È anche fondamentale realizzare un monitoraggio preliminare di carattere ingegneristico ed ambientale, anche per evitare di effettuare interventi che, come è avvenuto in passato, si dissestano a loro volta in pochi anni. La proposta più interessante è costituita dall’impiego della Crypta come pista ciclabile e pedonale. Ciò consentirebbe di ripristinare la funzione tradizionale della Crypta, creando un percorso protetto e lontano dagli scarichi automobilistici. Si ripristinerebbe inoltre un itinerario di grande attrattiva culturale e turistica, in continuità con la tradizione del Grand tour napoletano e flegreo del passato. Le ricerche qui esposte in sintesi sono state possibili grazie alle autorizzazioni concesse dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e della Soprintendenza per i Beni Architettonici,
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5 - L’impronta della Crocifissione posta sopra la cappella.
Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per la Provincia di Napoli ed alla collaborazione del Servizio Patrimonio Artistico e Beni Culturali del Comune di Napoli, che ringraziamo con calore. Riproduzione riservata ©
Campania antica. I. La Via Puteolis – Neapolim”, Rendiconti della Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli, 27: 83-146. Keenan-Jones, Duncan, 2010, The Aqua Augusta. Regional water supply in Roman and late antique Campania, unpublished PhD dissertation, Macquarie University, Australia.
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Architettura sotterranea, fra venustas e utilitas di Carmela Fedele
Le nostre città, i paesaggi antropizzati, i luoghi costruiti e quelli naturali spesso presentano due volti: uno emergente, visibile, manifesto, l’altro sotterraneo, nascosto. Ciò si verifica con più frequenza nelle costruzioni architettoniche e nelle opere ingegneristiche, in cui è individuabile una parte emergente ed una introversa. L’architettura emergente con le sue costruzioni simbolo, antiche e contemporanee, caratterizza lo skyline urbano di tutte le città europee. Basti pensare alle torri civiche, alle cupole, ai campanili, alle fortezze o a più recenti edifici come the Shard a Londra di Renzo Piano1, per affermare che le architetture emergenti sono i segni visibili e distintivi dei luoghi. Così le piramidi dell’antico Egitto, i grattacieli di New York, i templi giapponesi, i castelli della Loira, fino all’Opera House a Sydney o i più recenti Burj Al Arab a Dubai e Guggenheim a Bilbao, consentono anche ai non addetti ai lavori di identificare uno specifico luogo. In altre parole, le architetture e le infrastrutture emergenti, anche se non necessariamente simboliche, contribuiscono alla costruzione della città visibile, percepita da tutti, evidentemente fruibile, fatta di case, strade, chiese, porti, giardini, scale, viali, edifici, mura, stazioni, così come stratificate nel corso della storia d’uso degli spazi, delle esigenze funzionali ed infrastrutturali, la utilitas vitruviana, e al netto della capacità del singolo intervento, o del complesso degli interventi, di contribuire alla venustas urbana. L’architettura sotterranea, invece, non contribuisce a realizzare lo skyline urbano, a volte non è neanche percepita tanto è inclusa, introversa. Solo quando, come un iceberg, emerge dal sottosuolo attraverso un varco, una rampa, il terminale di un ascensore, un affaccio, dà un segnale di sé, invita all’ingresso e alla fruizione. In altri casi è come una Batcaverna volutamente nascosta e mimetizzata sotto la sontuosa villa Wayne. Anche le più recenti architetture sotterranee invitano alla scoperta; basti pensare alle stazioni dell’arte della metropolitana di Napoli realizzate su progetti di Dominique Perrault, Karim Rashid, Alessandro Mendini, Óscar Tusquets Blanca, Gae Aulenti e arricchite da opere d’arte dei maggiori artisti contemporanei; alle cantine Petra di Mario Botta a Suvereto o alla cantina ipogea per la Marchesi Frescobaldi realizzata a Montalcino dagli architetti Piero Sartogo e Nathalie Grenon; al realizzando nuovo Messner Mountain Museum di Zaha Hadid in Val Pusteria. 1 Per maggiori informazioni su the Shard si rimanda al sito ufficiale http://the-shard.com/; per le opere di Renzo Piano si rimanda a www.fondazionerenzopiano.org
Underground architecture from venustas to utilitas by Carmela Fedele Our cities, anthropized landscapes, built and natural places, often exhibit a dual nature: the first is emergent, visible, manifest; the other is subterranean, hidden, introverted. Emergent architecture and infrastructure concur to the realization of the observable city, perceived by everyone, clearly accessible, and actively contributing to the urban venustas. Underground architecture, on the contrary, doesn’t contribute at all to the construction of the urban skyline: it often goes unnoticed because of its projection to utilitas rather than venustas. Frequently, like the Batcave, it is deliberately hidden and camouflaged under the sumptuous Wayne manor. Most of the latest underground architectural works invite the visitor to explore. To investigate the theme, three case studies have been taken into consideration, each of them in Italy, but each completely different in terms of localization, function, and construction techniques: Morelli Parking in the central district of Chiaia in Naples; the Pedra a Suvereto winery, Val di Cornia (Livorno), land of wine; the new Messner Mountain Museum in Val Pusteria, between Alto Adige and East Tyrol.
Nella pagina a fianco: il principale percorso pedonale, nella foto, sfrutta un percorso naturale che è stato attrezzato per garantire un accesso confortevole, separato dai livelli di parcheggio verso e proprio. Questo percorso conduce, infatti, sia alle scale che agli ascensori, ma anche agli spazi evento, Agorà Morelli, che al Tunnel Borbonico, percorso storico restituito ai cittadini quale itinerario turistico (foto di Giuseppe Mazzeo).
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1 - Il parcheggio Morelli a Napoli occupa il vuoto lasciato da un’ampia cavità di tufo. L’accesso dalla strada pubblica, nella foto, è inserito in una cortina urbana che nulla lascia presagire della dimensione dell’infrastruttura: poche indicazioni per l’ingresso e l’uscita, una macchina del servizio di car sharing, qualche indicazione per i pedoni, ma è necessario entrare per comprendere la peculiarità degli spazi (foto di Giuseppe Mazzeo).
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Molti anche i progetti che si propongono di visitare, riutilizzare, conservare, studiare ipogei greci, acquedotti romani, catacombe paleocristiane, profonde miniere; ma anche nuove opere: metropolitane, parcheggi, cantine, laboratori, musei, opere progettate anche da archistar, per essere fruite da tutti o da pochi; architetture che vogliono attrarre per poi svelarsi via via, che vogliono essere una scoperta. Al fine di approfondire il tema sono stati scelti tre casi studio, tutti in Italia, ma completamente diversi tra di loro per localizzazione, destinazione d’uso, scelte costruttive: - il parcheggio Morelli a Napoli, nel centralissimo quartiere Chiaja; - la cantina Pedra a Suvereto, in Val di Cornia (Livorno), terra dei vini; - il nuovo Messner Mountain Museum in Val Pusteria, tra l’Alto Adige ed il Tirolo Orientale. Tre esempi di architettura sotterranea contemporanea, completamente diversi, come accennato, per approccio progettuale, per inserimento nel contesto paesaggistico o urbano, per destinazione d’uso, per stato d’uso. Il parcheggio Morelli a Napoli occupa il vuoto lasciato da una cavità di tufo nel cuore della città, ingloba un percorso borbonico oggi visitabile, ha come fronte una cortina urbana che nulla lascia presagire, poche indicazioni per l’ingresso e l’uscita dal parcheggio. La cantina Pedra, invece, comprende un edificio fuori terra, tra i vigneti, e soprattutto uno spazio sotterraneo che è altro. Uno spazio intimo fortemente voluto dal committente e sapientemente interpretato dal progettista. Il Messner Montain Museum in Val Pusteria è, infine, tutto costruito dentro la cima della montagna mentre uno sbalzo piuttosto impattante si affaccia
sul paesaggio circostante senza lasciar intuire la fluidità dello spazio interno, sotterraneo, nascosto.
Parcheggio Morelli Tornando al parcheggio Morelli non si può non ricordare quanto scriveva2 il professore Benedetto Gravagnuolo, architetto, studioso e già preside della facoltà di Architettura dell’Università degli studi di Napoli Federico II: “… dal punto di vista architettonico ciò che più convince è la netta distinzione tra la rigorosa razionalità del silos ipogeo per le autovetture e l’emozionale fascino della cavita tufacea preesistente, nel cui anfratto e stata incastonata l’ultramoderna struttura in cemento armato, articolata su sette livelli in altezza destinati ai box, collegati da un’ampia rampa ad andamento circolare .. La varietà degli accessi … completa la perfetta messa in rete del sistema dei percorsi, che rappresenta dunque l’autentico principio-guida della composizione. Alla chiarezza geometrica dell’architettura si aggiunge l’avanzata tecnologia dell’impianto di sicurezza, di illuminazione e di segnaletica; impianto ben calibrato per rasserenare al massimo i fruitori, evitando gli effetti indiretti di claustrofobia che sarebbero potuti derivare dalla semioscurità o dal disorientamento di un parcheggio sotterraneo …”. Il parcheggio è stato inaugurato il 3 Marzo 2011 dopo una complessa storia di cantiere. La sfida che 2 Si fa riferimento alla Rassegna ANIAI n. 4/2011 ed in particolare al capitolo “Il parcheggio Morelli a Napoli. Architettura ipogea giocata sul dialogo tra antico e nuovo” pagg. 4-9 a cura del prof. arch. Benedetto Gravagnuolo. Per la consultazione completa si rimanda a http://issuu.com/aniaicampania/ docs/11_04_rassegna/1. Di interesse i disegni, le foto, le scelte tecniche e i numeri del progetto.
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2 - La foto mostra l’Agorà Morelli, la piazza centrale posta a lato dei livelli per la sosta, lungo il percorso di accesso alle scale e agli ascensori, uno spazio alto 40 metri destinato a vari usi, principalmente culturali. È in questo spazio che è ancora evidente la dimensione della cavità con le pareti di tufo tagliate più o meno irregolarmente e i grandi contrafforti in muratura listata (foto di Giuseppe Mazzeo).
hanno dovuto affrontare i progettisti3 non è stata facile perché questo luogo è un contenitore di memoria e di arte, un’attrattiva per geologi e storici. La leggenda racconta che anticamente qui si venerava il culto del dio Mitra, successivamente è stata utilizzata come cava per l’estrazione del tufo e nel 1600 come acquedotto a servizio della zona di Pizzofalcone; ancora oggi si possono vedere i pozzi dai quali ci si riforniva e divertirsi lungo un “percorso avventura”. A questa rete di cunicoli e cisterne si agganciò nel 1853 il Tunnel Borbonico (un progetto dell’architetto Enrico Alvino su commissione del Re Ferdinando II di Borbone) per consentire una facile fuga dal Palazzo Reale verso il mare in caso di sommosse popolari. Diventato rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale, deposito giudiziario di auto e moto negli anni 50 e 60 del ‘900, discarica di rifiuti e macerie, è stato abbandonato per 40 anni. Di tali e varie destinazioni d’uso restano tracce e testimonianze tutt’ora visibili e sottolineate dalle guide turistiche. Il parcheggio Morelli non è semplicemente un garage. All’interno della cavità è stata realizzata una struttura in cemento armato che si articola in 7 livelli collegati da una rampa circolare e da ascensori in vetro: 4 piani sono destinati a 210 box auto e 3 a 215 parcheggi a rotazione. È presente inoltre un noleggio di biciclette a motore, un servizio di car sharing ed un autolavaggio ecologico. Ma in questo vuoto è stato creato un altro vuoto, 3 Il progetto è dell’architetto Fabrizio Gallichi con l’architetto Felice Lonzano e del professore ingegnere Bruno Calderoni con l’ing. Vittorio Vitagliano. Di loro Benedetto Gravagnuolo dice che a Gallichi si deve la raffinata sobrietà minimalista della conformazione ideata che si coniuga alla straordinaria innovazione dell’ingegneria strutturale ed impiantistica elaborata dal professore Calderoni.
l’Agorà Morelli, la piazza centrale, uno spazio alto 40 metri da destinare a vari usi, principalmente culturali. Un lavoro in cui antico e nuovo convivono, le necessità odierne si sposano con la storia, la funzionalità con l’arte. L’apertura del parcheggio ha reso possibile la fruizione del Tunnel Borbonico che è stato restituito ai cittadini anche grazie ai volontari dell’Associazione Borbonica Sotterranea che hanno liberato i percorsi da montagne di macerie e rifiuti riportando alla luce le antiche vetture, moto, biciclette del deposito giudiziario e predisposto itinerari di visita, inediti spazi culturali, più recenti percorsi avventura. È possibile affermare, in estrema sintesi, che nel parcheggio Morelli convivono venustas ed utilitas in un connubio perfetto, tanto è che l’European Parking Association gli ha assegnato il titolo di parcheggio più bello d’Europa 20114.
Cantina Petra Sulla cantina Petra, il progettista Mario Botta scrive “… Quando Vittorio Moretti mi chiese di disegnare questa sua cantina, mi è parso di capire che, al di là degli aspetti funzionali, cercasse soprattutto un’immagine capace di comunicare la passione e l’impegno necessari a sorreggere questa sua nuova avventura. Coltivare la vigna impone una visione di ampio respiro che si prolunga nel tempo sull’arco di molti decenni, richiede un controllo del paesaggio dove il territorio interessato non tollera incertezze o approssimazioni … Ho immaginato il nuovo intervento con un solo fronte a valle fuori terra, posto su un pianoro allungato dove si svol4 Per conoscere le attività dell’associazione si rimanda alla pagina http://www.europeanparking.eu/
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TRASPORTI & CULTURA N.40 gono le attività di ingresso immerse tra le vigne che lo avvolgono. Al piano terra Vittorio Moretti ha voluto una lunga galleria che penetra la montagna fino ad arrestarsi di fronte ad una parete di roccia che, posta proprio nel cuore della collina, diviene uno spazio di incontro o forse di riflessione, lontano dal cuore tecnico della produzione delle stanze iniziali. È questa galleria un percorso misterioso che porta idealmente verso il cuore della montagna, un cordone ombelicale che ci lega alla terra madre …” 5 . Con questo scritto di presentazione del suo intervento, Mario Botta sottolinea il ruolo della parte sotterranea della cantina, che volutamente vuole essere misteriosa, nascosta, intima, contrapposta agli spazi della produzione, lontano dalla fase più tecnica. La cantina è il luogo dove il tempo rallenta il suo ritmo per dare il giusto tempo al vino di maturare. La cantina diviene ancora una volta quel luogo magico a cui affidare dei vini giovani per essere accompagnati in un viaggio nel tempo che li restituirà più maturi. Dopo il grande spazio destinato ad ospitare le botti in rovere in cui il vino invecchia, la cantina prosegue orizzontalmente fino ad uno spazio più ristretto scavato nella roccia sottostante la collina. Ci si ritrova così settanta metri sotto la superficie muovendosi in orizzontale. Il progetto di Mario Botta si inserisce in una stagione architettonica felice in cui, come qualche studioso fa notare6, le cantine sostituiscono il castello come simbolo di ricchezza e possono assurgere ad essere Patrimonio dell’Umanità come le cattedrali sotterranee di Canelli nell’astigiano o essere fortemente caratterizzanti il paesaggio come le scultoree cantine Bodegas Ysios a Laguardia, Álava, realizzate da Santiago Calatrava. Ma del resto non vanno dimenticati luoghi simbolo, come la Cavern Club di Liverpool, che tra il 1961 e il 1963 ospitò più di trecento esibizioni dei Beatles, allora esordienti.
Messner Mountain Museum Corones Riguardo, infine, al sesto Museo Messner a Plan de Corones emerge ancora una volta il decostruttivismo dell’architetto iraniano Zaha Hadid7, quel colpo d’occhio cinematografico fatto di angoli impossibili, labirinti e curve pericolose in cemento armato, acciaio e vetro, che caratterizza i suoi progetti e le sue realizzazioni. Il museo è attualmente in costruzione, l’apertura è slittata all’autunno 2014 (inizialmente prevista per maggio 2014). Il museo ha le sembianze di un tunnel dalla sezione romboidale inserito sulla cima di un pendio. Avrà uno sviluppo prevalentemente sotterraneo, articolato su diversi piani tanto che, nonostante i 4.000 m² di superficie che saranno disponibili, solo una 5 Per le immagini della cantina Petra e le parole del progettista si rimanda a http://www.petrawine.it per la descrizione a http://www.hevelius.it/webzine/leggi.php?codice=176. 6 Per un approfondimento sul tema si rimanda al n. 6/2011 di FOCUS accessibile anche in rete all’indirizzo http://www.focus. it/allegati/2011/3/140_giuincantina_49157.pdf 7 Le immagini di cantiere, oltre ai render di progetto, possono essere visionate accedendo alla pagine web http://www. mmmcorones.com/ oppure http://arte.sky.it/2013/07/zahahadid-sulle-dolomiti-firma-il-messner-museum/. Per chi volesse approfondire il programma “MMM Messner Mountain Museum” si rimanda alla pagina web http://www.messnermountain-museum.it/
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minima parte di essi richiederà costruzioni fuori terra. Grazie a tale soluzione costruttiva sotterranea, il Messner Mountain Museum Corones godrà sia in estate che in inverno di una temperatura interna costante, consentendo in tal modo anche l’ottimizzazione dell’efficienza energetica. Il livello superiore ospiterà l’area d’ingresso con le casse, un piccolo shop ed il guardaroba. Da qui, un sistema di scalinate a cascata condurrà i visitatori ai sottostanti tre livelli espositivi, fino a raggiungere il livello inferiore. Una superficie espositiva centrale, che rappresenta il cuore del museo, offrirà spazi adeguati per esposizioni temporanee a tema e presentazioni varie. È inoltre prevista una piccola sala cinematografica con 20 posti a sedere per le proiezioni a tema. Al livello inferiore della struttura, i visitatori si troveranno di fronte a finestre panoramiche e potranno raggiungere una terrazza esterna di circa 40 m² di superficie, dalla quale godere lo splendido panorama: un punto di osservazione privilegiato che regala delle viste sulla montagna che si perdono fino all’orizzonte. I render di progetto ufficiali mostrano i punti di forza dell’intervento: l’invito all’ingresso, la sezione longitudinale con il tunnel nella cima della montagna, lo sbalzo esterno sul panorama, la sinuosa spazialità interna8. Proprio la straordinaria collocazione del Plan de Corones, fra le Dolomiti, patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco, ed i grandi massicci alpini delle Alpi della Zillertal, unita al punto di fusione di tre culture - quella tedesca tirolese, quella ladina e quella italiana - ha rappresentato per Reinhold Messner la significativa base naturale e culturale sulla quale dare vita al suo sesto ed ultimo Museo, dedicato al tema della roccia come habitat e alla vita di Reinhold Messner, da sempre a tu per tu con i silenzi delle spedizioni in solitaria. L’avveniristico museo sarà il più alto museo dell’Alto Adige (a 2.275 m s.l.m.), scavato nel cuore della montagna con l’intento di non essere paesaggisticamente impattante. Ciononostante sono stati molti i commenti negativi sull’opera perché va a cementificare un luogo naturale dove, secondo l’opinione degli ambientalisti più rigorosi, andrebbe preservata la naturalità dell’ambiente montano. Tra l’altro il museo è il sesto tassello di un programma ambizioso. Non uno, infatti, ma sei musei: piccoli scrigni nei quali conservare e condividere le tracce di un amore profondo: quello per la montagna e la sua cultura, esaltata nel rapporto di simbiosi e rispetto che lega l’uomo ad un ambiente tanto magnifico quanto fragile. È proprio questa discrasia tra le finalità ambientali del sistema museale Messner e le scelte architettoniche sinteticamente descritte a rendere perplessi alcuni detrattori che, in sostanza, mettono in dubbio non solo l’utilitas, ma soprattutto la venustas dell’intervento. In questo contesto si inseriscono le forme sinuose del progetto, come nello stile della progettista chiamata a realizzare l’intervento. Zaha Hadid ha immaginato una struttura altamente tecnologica, interna alla cima della montagna, con vetrate sorrette da nervature in metallo: una struttura ardita sospesa tra cielo e terra, con una vista mozzafiato su uno tra gli scorci montani più affascinanti d’Europa. Uno sguardo che spazia senza soluzione di continuità dalle Dolomiti fino alle Alpi della Ziller8 Si rimanda alla pagine web del sito ufficiale http://www. zaha-hadid.com/architecture/messner-mountain-museumcorones/ per l’esame puntale delle richiamate immagini.
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3 - La foto mostra l’acceso al livello 2 delle aree destinate alla sosta pubblica a rotazione (ai piani inferiori sono anche presenti garage privati). E’ evidente l’attenzione alla creazione di un ambiente colorato, luminoso, di elevata qualità, a differenza di molte infrastrutture analoghe che costringono il fruitore a muoversi in ambienti bui e imbrattati (foto di Giuseppe Mazzeo).
tal sorvolando la val Pusteria, dall’alto del Plan de Corones. Ma il museo è dentro, sotterraneo, l’ingresso è un invito ad inoltrarsi, scendere, entrare nel cuore di un anfratto artificiale, sinuoso, contemporaneo. In questo contesto, l’opera in corso di realizzazione rappresenta un’interpretazione contemporanea tutta da scoprire di architettura sotterranea, in pura science fiction come nella tradizione progettuale dell’architetto Hadid9 .
Un approccio non banale
anche nel nuovo museo Messner fin dalla scelta dell’architetto, i cui progetti sono caratterizzati da spazi decostruiti e angoli impossibili, in grado di fornire un’interpretazione in chiave avveniristica dello spazio espositivo. In conclusione è possibile affermare che queste nuove architetture introverse riescono ad interpretare in chiave innovativa il tema “architettura sotterranea” invitando il fruitore alla scoperta di nuovi spazi da vivere al di là del patrimonio straordinario esistente dato da ipogei, catacombe, cavità da studiare, conservare e rivivere. Riproduzione riservata ©
I tre casi di studio descritti rappresentano, così come in premessa è cenno, interventi diversi per destinazione d’uso degli spazi, localizzazione territoriale degli interventi, condizioni paesaggistiche ed ambientali di partenza; ma, pur nella diversità, i casi studio analizzati sono tutti e tre simbolo di una interpretazione non banale del “concept architettura sotterranea”. Costituiscono tratti comuni la qualità del progetto, ma anche la committenza privata illuminata che ha chiesto ai progettisti interventi simbolicamente rappresentativi. Così a Napoli sono molte le cavità tufacee utilizzate come parcheggio, ma solo il parcheggio Morelli è anche un luogo sicuro, bello, tecnologicamente avanzato; solo il parcheggio Morelli offre accanto allo spazio per la sosta, anche suggestivi ambienti per eventi ed un interessante percorso di visita. Ed ancora, in tutte le regioni d’Italia sono dislocate cantine frutto di nuove, consolidate e rinate passioni, ma la cantina Petra nasce con una richiesta in più: un incarico nel più ampio incarico, ovvero ricavare anche uno spazio intimo, lento, riservato, non banale, lontano, ma non disgiunto dagli spazi tecnici di produzione. Infine, la non banalità del progetto è rilevabile
Bibliografia Botta M. (2012), Mario Botta. Vivere l’architettura, Casagrande Editore (collana saggi). Giovannini J., Baan I. (2010), MAXXI. Zaha Hadid Architects, Skira Rizzoli, USA. Gravagnuolo B. (2011), “Il parcheggio Morelli a Napoli. Architettura ipogea giocata sul dialogo tra antico e nuovo”, in Rassegna ANIAI n. 4/2011, pagg. 4-9 (http://issuu.com/aniaicampania/docs/11_04_rassegna/1). Mercatali E. (2010) Le “Cattedrali del Vino, cantine d’autore - dai vecchi cascinali alle nuove icone firmate archistar”, inTaccuino di Casabella n. 8/2010 (http://taccuinodicasabella. blogspot.it/2010/08/). Orsenico F. (2004) “Giù in cantina. Da luogo oscuro e un po’ pauroso a vetrina per architetti”, in Focus n. 6/2011, pagg. 85-88 (http://www.focus.it/allegati/2011/3/140_giuincantina_49157.pdf). Piano R. (2013), The Shard London Bridge Tower, Edizione Fondazione Renzo Piano, Treviso.
9 Si rimanda alla pagine ufficiali del sito http://www.zaha-hadid.com/ per un esame completo dei progetti e delle realizzazioni dell’architetto iraniano.
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A tratto continuo e a tratto spezzato: la meravigliosa insostenibilità della Cina di Emanuele Saurwein
Ho avuto l’occasione di essere invitato alla Zhejiang University. Per cinque mesi, da settembre 2013 a gennaio 2014 mi sono occupato di un progetto di architettura sostenibile ad Hangzhou, progetto che si sviluppava lungo i primi 7 chilometri dei quella straordinaria opera di ingegneria, lunga circa 1.794 chilometri, che è il canale d’acqua che collega Beijing ad Hangzhou: The Grand Canal. Durante questa profonda esperienza didattica sono stato accompagnato da un amico e collega architetto, il professore He Yong, con il quale ho potuto scoprire una Cina, e soprattutto una visione del mondo cinese, che ha radicalmente mutato la mia percezione dell’architettura contemporanea. Esiste una profonda distanza tra Occidente e Oriente, ma esiste soprattutto una distanza culturale tra questi due poli del mondo, che noi sottovalutiamo. E sono proprio le nostre lenti culturali di occidentali, uno strumento tecnicoscientifico che ci siamo costruiti addosso, che non ci permettono ancora di cogliere la portata storica di questo avvicinamento tra i due modelli di cultura; cultura non solo architettonica: sono due modelli a confronto. Questo breve scritto vuole quindi raccontare un’esperienza legata all’idea di sostenibilità in architettura. Un tema attorno al quale l’intera società mondiale lavorerà durante questo secolo, almeno.
Il nostro lavoro a scuola I cinesi si muovono nelle città come cittadini, ma nel profondo conservano le abitudini di un vivere rurale. Questo è ovviamente dovuto al fatto che l’immigrazione urbana attinge dalle campagne. Il più grande esodo della storia umana, che ha consolidato, per la prima volta nella nostra storia, il dominio della vita urbana. La Cina presenta ancora, non del tutto schiacciata dalle gigantesche città, una cultura agricola, contadina. E in ogni cultura contadina esiste uno stretto legame con la terra che le città, invece, sradicano. Le radici stesse del pensiero cinese, così come lo sono l’etichetta, la tradizione, l’ordine e il governo, sono letteralmente radicate nella terra, nella sua millenaria gestione. E le radici sono molto profonde, difficili da estirpare; tuttavia, il processo è in atto. I caratteri della scrittura cinese sono i segni, l’espressione stessa, di questa antica cultura contadina: la cultura contadina è una cultura del segno, della concretezza, non dell’astrazione. Il nostro lavoro a scuola era quindi, prima di ogni altra cosa voler prendere una parola come sostenibilità e volerne tracciare le possibilità all’interno di questa prospettiva, cercando nel rapporto con
Straight line and broken line: the wonderful unsustainability of China by Emanuele Saurwein The author provides an account of his lengthy stay in China, where at the invitation of Zhejiang University, he worked on a project for sustainable architecture in Hangzhou. He thus had the opportunity to discover China and its vision of the world, reflecting on the profound difference between West and East and on the historic rapprochement between the two cultures. The Chinese maintain the customs of rural living: the earth is important, as is water naturally. The culture of sustainability today is a technical-scientific culture as well, involving calculations and numbers, and it must take into account the speed at which China itself is being transformed. China is not sustainable, but it will be. It seems clear that sustainability must become a force, but not another ideology: from a world of consumption to a world of sustainability. A sustainability that involves culture, the environment, the landscape, economics, and society, but above all, architecture and building. The theme of energy efficiency is important, but it is not the only one: the work must focus on the totality of sustainability factors, and therefore on the cultural principle which is different in every country: sustainability is not a standard, but a deeply-rooted way of looking at the world. This is a radical change in perspective exemplified by a highly ambitious project that the city of Beijing has enacted in its new city master plan. If technology once served to industrialize the country, it now serves to reconstruct, once again, the country as a landscape.
Nella pagina a fianco, in alto: vista notturna di Shanghai dal Shanghai World FInancial Center; in basso: edifici popolari ad Hangzhou.
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TRASPORTI & CULTURA N.40 la terra il suo valore. Significava non voler calare dall’alto e dall’esterno sterili definizioni accademiche, per poi sottomettere i risultati del percorso progettuale a quelle stesse definizioni, ma cercare le potenzialità di un pensiero guardando alle possibilità che il pensiero è in grado di offrire. La terra, in questo, offre molto. La cultura della sostenibilità, quindi, era per noi una cultura agricola, legata alla terra. Quando si dice terra, si intende ovviamente anche acqua e in Cina, quando si dice terra, si dice, ovviamente, anche cielo. La cultura della sostenibilità, oggi, è però anche una cultura tecnico-scientifica, fatta di calcoli e di numeri, che deve fare i conti con la rapidità dello stravolgimento stesso della Cina. Cosa vuol dire quindi progettare in termini di sostenibilità? Cosa significa per gli studenti lavorare con le mani e la mente dentro alla sostenibilità? Come è possibile valutare i parametri della sostenibilità in termini di cultura della sostenibilità? Queste erano le domande principali.
La Cina non è sostenibile, ma lo sarà Appare chiaro come la sostenibilità possa diventare la forza e non un’ulteriore ideologia alla guida del mondo: da un mondo del consumo a un mondo, appunto, della sostenibilità. Sostenibilità culturale, ambientale, paesaggistica, economica, sociale, ma soprattutto, per noi, architettonica e costruttiva. La parola sostenibilità non serve da sola a fare un buon progetto e tantomeno a nascondere i problemi di un vuoto di pensiero. Per questo, il criterio della sostenibilità deve essere misurato e definito in ogni istante del/nel lavoro e serve quale guida per le scelte progettuali, organizzative e architettoniche. Un pensare mentre si fa. Un fare mentre si pensa. Questa era la sfida che ci eravamo posti come docenti e come classe, dopo aver letto esempi di edifici e di città attorno a noi.
Guardare oltre Nei brevi momenti di pausa tra una discussione con i colleghi e le lezioni a scuola, ho avuto anche la possibilità di confrontare altre esperienze dirette della nuova Cina: Shanghai, Beijing, Hong Kong, Chendu, Xi’An, offrono letture diverse dello stesso fenomeno. Non ho avuto possibilità di visitare Shenzhen: sarà meta di un prossimo viaggio. Città viste qualche anno prima, alcune, ma che permettono di vedere sotto diverse angolature questo surreale cambiamento dalla campagna alla città. Dalla natura all’artificio. Un cambiamento di stato quantitativo della Cina, in termini di produzione di edifici e di città. Questo fenomeno è ampiamente conosciuto. Mi sono accompagnato, nella riflessione e osservazione sulla costruzione sostenibile in Cina, con un libro straordinario, scritto da Marcel Granet, pochi anni dopo il suo soggiorno cinese tra il 1911 e il 1913, Il pensiero cinese, pubblicato nel 1934. Ottant’anni dopo, la Cina ritratta di Granet non c’è più, ma c’è ancora quello stesso pensiero cinese che egli ha descritto così bene. È cambiata la forma delle città, la loro architettura, la loro presenza nel mondo contemporaneo, la loro strategia, ma non è mutata la struttura del pensiero cinese 102
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che le abita, proprio perché alla radice di questo pensiero vi è la cultura della terra. È innegabile, questa cultura viene messa a dura prova dalla visione astratta del mondo contemporaneo, fatta di non-dipendenza dalla terra, ma nel profondo la terra gestisce ancora molti rapporti tra gli uomini. Rapporti non fatti solo di numeri e calcoli, che trovano nell’economia e nella finanza il loro massimo sviluppo. Questa cultura della terra la si ritrova in uno degli aspetti della cultura cinese più straordinari, ossia l’idea di paesaggio, ritratta meravigliosamente nei dipinti di paesaggio e meglio ancora nei giardini delle residenze o nei parchi. Le città cinesi sono tutte città proibite per noi occidentali, in quanto sono fatte di luoghi che non riusciamo a capire e penetrare. Siccome noi abbiamo perduto per sempre la cultura della terra, noi abbiamo meccanizzato ogni atto della coltivazione, non possiamo più vedere le città cinesi per quello che sono, o vorrebbero essere. Esse sono giganteschi modelli. Sono riproduzioni, copie, cocci di paesaggi. Frammenti di pezzi di terra che sono stati abbandonati in nome della meccanizzazione e occidentalizzazione del paese; ma nel profondo sono piccoli pezzi di realtà contadina e in pochi scampoli di terra i cittadini, contadini emigrati, vivono. Le città offrono piccolissimi luoghi che solamente i cinesi possono vivere senza distacco; sono quasi degli anfratti nelle città. Eppure questi luoghi per noi inaccessibili, mentalmente lontani da ogni no-
stra visione del mondo, sono i luoghi del rifugio contadino. Sono questi i veri luoghi della sostenibilità, oggi.
Occidente come accidente I modelli architettonici e di pianificazione della città cinese sono ovviamente modelli occidentali. La modernità dell’Occidente ha invaso la Cina. È la più grande conquista ideologica vinta senza combattere una guerra. Apparentemente e solo superficialmente. La Cina non poteva fare altro, a partire dal XIX secolo, che assumere questo modello. Un modello, tuttavia, non assunto passivamente come è avvenuto in altre nazioni, anche europee. Solo nelle forme e nella tecnica costruttiva, ossia nella parte tecnico-scientifica, i modelli sono stati importati e assunti. Esempi da copiare, nulla di più. Oltretutto l’Occidente ha esportato modelli tecnologicamente e culturalmente datati quasi trent’anni or sono e ora importa, proprio dall’Oriente, in particolare dalla Cina, modelli aggiornati che mettono in crisi la nostra stessa idea di architettura e di città. Ritorneremo su questo punto. All’interno dell’apparato burocratico di una delle più funzionali amministrazioni del mondo, sono stati copiati unicamente dati tecnici. Burocrazia e tecnica si sposano facilmente, in quanto l’apparato del controllo è fondamentale per la modernità, non solo occidentale. Infatti il nostro mondo si burocratizza
1 - Nella pagina a fianco, in alto: alloggi residenziali ad Hangzhou. 2 - Nella pagina a fianco, al centro: la nuova stazione ad Hangzhou. 3 - Nella pagina a fianco, in basso: edifici in costruzione ad Hangzhou. 4 - In questa pagina: le torri di Hong Kong e i quartieri bassi.
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TRASPORTI & CULTURA N.40 impercettibili che fanno poi i grandi cambiamenti epocali. Sono i tratti spezzati che si sommano e si integrano al tratto continuo. La sostenibilità, quindi, inizia dal tratto spezzato, non percettibile, legato alla terra.
Le città cinesi e l’indipendenza dalla Terra
5 - Distretto Centrale di Hong Kong.
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sempre più e sempre più le risposte, anche energetiche, devono essere approvate da funzionari. È il modo per portarsi alla pari di un sistema funzionale. Quindi, si costruiscono prevalentemente grattacieli, strade, ponti, ferrovie, aeroporti, edifici abitativi, fabbriche, musei, stadi … tutte tipologie insediative della società contemporanea: quindi facilmente copiabili e riproducibili a piacimento. In questo, i grandi architetti, oggi, non fanno che riprodurre sempre lo stesso modello, al fine di permetterne la copia. Come i grandi marchi della moda. Sono simboli, non luoghi, della modernità e in quanto simboli fondamentali a un governo, o una multinazionale, che deve riposizionare una nazione, o un’azienda, sullo scacchiere internazionale e farle occupare la posizione dominante. Questo è in corso. Ma il mondo cinese, sebbene vasto e dominante, è un mondo fatto di microcosmi. I microcosmi cinesi sono appunto i caratteri della scrittura cinese. Lì sono i luoghi veri della realtà cinese e questi luoghi, per noi difficili da occupare, si trasformano poi nelle città in microcosmi abitativi. È la lezione dell’efficienza cinese, dove non si sovrappone un modello ideologico a priori, ma dall’analisi delle possibilità e dalle rispettive offerte, si valuta la situazione, il suo potenziale e si mette in atto favorevolmente. Il potenziale va letto con i caratteri cinesi, che ne sono la chiave di lettura delle situazioni. Sono i piccoli cambiamenti
Le culture offrono al meglio se stesse là dove hanno la possibilità di incontrare altre culture. Raramente al centro, dove sono troppo stabili, ma ai bordi, dove si incontrano l’inatteso e lo straniero. È il caso di Hong Kong, dove Oriente e Occidente si sono incontrate e hanno generato questo ibrido di città, figlia del XX secolo e modello di città planetaria del XXI secolo. Là, dove l’artificialità ha preso a forza il posto della terra. Hong Kong è il fascino dello straordinario, per noi europei. Non dell’esotico, non dell’Oriente, non della Cina continentale, ma il fascino della contaminazione, dell’ibridazione culturale, dell’andare oltre ogni possibilità. Là dove ci sono le migliori università asiatiche: là dove lo scambio di capitali più importanti dell’Asia è più intenso; là dove si può riscontrare il reddito pro capite più elevato al mondo; là dove la densità abitativa per metro quadrato è la più elevata al mondo; là dove l’uso dei mezzi pubblici è il più alto al mondo; là vi è anche l’indipendenza stessa della città dalla natura. Si potrebbe dire che per il momento coabitano, ma la città, l’artificialità della città, ha preso il sopravvento sulla terra. Hong Kong vive indipendentemente dalla Terra sulla quale poggia, in quanto non produce nulla di quanto consuma e artificia ogni comportamento umano nei confronti della terra. Hong Kong è la città dove si è letteralmente “distaccati” dal suolo. La città si vive, si abita e si lavora a partire dal terzo piano degli edifici, dove tutte le torri (circa 1/3 dei più alti edifici residenziali al mondo si trovano ad Hong Kong) sono collegate da ponti sospesi. Questa è una lezione della grande strategia cinese dell’efficacia, della adattabilità delle scelte, delle trasformazioni silenziose. In relazione al costo del terreno e alla grande densificazione della città, i pedoni si spostano e vivono a circa 10 metri dal suolo; vivere ad Hong Kong significa essere dentro una grande astronave. Evidentemente, il tutto funziona, 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno con le macchine dell’aria condizionata sempre funzionanti. Il clima ad Hong Kong è artificiale, così come la vita e le relazioni personali. L’indipendenza dalla terra è compiuto. Questa parte del mondo, ibridata tra culture, è ora il primo esempio di una piena artificialità del mondo. Tuttavia questa città, in questo momento storico, non appartiene ancora al modello di sostenibilità che dobbiamo ricercare, nel dialogo tra culture, per un abitare sostenibile di tutto il pianeta. I migliori ingegneri e architetti lavorano ad Hong Kong e a Shanghai, la più competitiva delle città cinesi, quindi la tecnologia migliore viene utilizzata per costruire queste città. Questa città, nella sua indipendenza dalla terra, rappresenta il distacco, la linea continua, visibile, di un processo figlio di un modernità che non ha ancora ripreso contatto con le sue origini. Rappresenta, però, il massimo grado dello sviluppo tecnologico contemporaneo.
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La Natura, non solo un problema di fisica Un’altra straordinaria guida per viaggiare all’interno della cultura cinese è François Jullien, con tutti i sui libri. Jullien ha aperto una sguardo sulla realtà occidentale usando la cultura cinese come punto di vista esterno e quindi come centro di gravitazione per osservare le nostre radici; e le nostre radici sono ovviamente greche e giudaico-cristiane. Guardare la nostra cultura attraverso gli occhi della Cina è un’operazione affascinante. Jullien ha focalizzato sulla Cina una prospettiva decisamente diversa da quella offerta da Granet. L’idea stessa di natura, come noi la vediamo, è assai mutevole. Per noi, occidentali, natura è qualcosa di creato, a nostra disposizione e quindi interrogabile attraverso la scienza; quindi, in definitiva, modificabile dalla tecnica. Siccome è creata, esiste un creatore e noi, con la tecnica a nostra disposizione, possiamo sostituirci ad esso. Un potere, quindi, tutto umano sulla natura. Una natura, quindi, completamente a nostra disposizione. Il nostro volere sulla natura è completo. Per il pensiero orientale, invece, la natura è in continua trasformazione. È il mutare delle cose che contraddistingue l’interesse del pensiero cinese. La natura, in Cina, è un procedere. Mi ha sorpreso, la prima volta che sono stato in Cina, il fatto che si festeggiasse la Primavera, lo Spring Festival, in pieno inverno. Così da sempre. Infatti, è nella rinascita delle radici che i cinesi vedono la primavera. Quando le foglie inizieranno a germogliare, la natura avrà già fatto il suo corso. L’apparire dei germogli è già un cambiamento di stato, mentre nell’impercettibile movimento della linfa che sale dalle radici è il grande inizio. È nelle cose che non si vedono che i cinesi hanno forza. Nel guardare alle cose prima che si manifestino; nell’osservare silenziosamente, senza eroi, i passaggi del tempo. La natura, in questo, è trasformabile per se stessa in quanto processo che si svolge nel tempo, come i giardini e i paesaggi: sono sempre uguali eppure sempre mutevoli. L’uomo, con la natura, deve ritrovare l’armonia del processo, ossia un ordine con la natura e non una legge di natura. Per noi occidentali, da Cartesio in poi, invece, la natura è fatta prevalentemente da leggi, fisiche e fisse, che devono rispondere alle nostre ipotesi sulla natura stessa. I due mondi, le due culture prevalenti del mondo attuale, sono oggi a stretto contatto e come tali devono dialogare. Questo aspetto, di aperto dialogo, era al centro del progetto di sostenibilità svolto con la Zhejiang University ad Hangzhou. Non un lavoro facile, evidentemente, ma un lavoro necessario. Gli studenti di oggi sono quelli che adatteranno la Cina di domani ai nuovi bisogni e alle nuove aperture della tecnica. È a loro che devono andare le nostre attenzioni e i nostri sforzi, al fine di permettere una costruzione sostenibile del mondo, prima che questa cominci a manifestarsi. Dopo sarà solo un effetto.
Altre realtà urbane, una tradizione che si adatta Ogni città cinese, sebbene utilizzi gli stessi modelli occidentali di sviluppo, offre caratteri diversi. Xi’an è una città tuttora murata e ospita, con la sua periferia, circa 8.5 milioni di abitanti. Conserva intatte
le mura della città e una serie di quartieri storici di grande valore, così come una bellissima moschea islamica iniziata nel 700 d.C., completata poi in diversi momenti della storia cinese. Un edificio che da solo merita il viaggio a Xi’an, oltre che per l’esercito di terracotta. Beijing è la città capitale della Cina e offre una popolazione di circa 20 milioni di persone. È una città di fondazione imperiale, fondata da nomadi, e quindi ministeriale. Una città di funzionari che tengono vivo l’apparato funzionale dell’amministrazione cinese. È la sede fisica di quel Governo che si respira ovunque in Cina. Beijing conserva quasi intatta la Città Proibita, alcuni quartieri storici (pochi) e qualche monumento. Per il resto la città è stata completamente rifatta e della sua storia conserva proprio il suo necessario cambiamento. Chengdu, la capitale dello Sichuan, città di circa 14 milioni di abitanti, è una città a carattere economico. Altra città completamente rifatta. Sconcertante vedere la differenza, questo vale anche per Beijing, tra la pianta della città e i suoi edifici. La pianta della città si offre appunto come pianta storica, dove confrontata con le nostre città, si possono riconoscere le numerose stratificazioni della storia, mentre gli edifici sono quasi tutti completamente nuovi, ossia non hanno più di 50-60 anni di vita. Suddivisi in diversi periodi di edificazione, un primo momento di grande attività sono gli anni ’50 e ’70 e poi la grande edificazione cinese iniziata ne-
6 - Classico ponteggio in bambù, Hong Kong.
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7 - Vista del West Lake con sullo sfondo la città di Hangzhou. 8 - Il Grand Canal ad Hangzhou.
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gli anni ’90 e che continua tutt’oggi. Impossibile in Cina determinare l’età degli edifici semplicemente guardandoli, in quanto la tecnica di costruzione è assai vetusta e l’architettura è decisamente indeterminabile. Unica eccezione, per evidenti motivi, è la costruzione assegnata ai grandi architetti dello Starsystem internazionale. Altro fenomeno in decadimento, ma ancora decisamente attuale. Ma sono proprio questi architetti, oggi sorpassati dalla nuova generazione di bravi architetti cinesi, che hanno importato tecnologie costruttive e metodi di costruzione che hanno innovato la Cina. Da questo punto di vista, un processo di innovazione culturale è stato introdotto, inseminato, proprio dal sistema di impostazione capitalista del mondo, proprio della cultura occidentale, che è la grande opera architettonica. L’edificio simbolo; l’edificio iconico. Simbolo economico, prima ancora che simbolo sociale. Purtroppo, e qui il problema è forte, quasi nessuno di questi straordinari edifici appartiene a un simbolo ecologico. Quindi la sostenibilità, così come riconosciuta oggi quale equilibrio di economia, società e ambiente, per le generazioni future, non è ancora emersa sul suolo cinese. A onor del vero, fatica ad apparire anche in altri contesti figli dell’economia di mercato e sostenitori degli accordi internazionali sullo sviluppo sostenibile. Ma in Cina non si costruisce senza l’appoggio del Governo e l’appoggio del Governo passa dalle Università. Infatti, ogni grande progetto di architettura è sostenuto – e realizzato – grazie alle Università. All’interno delle Università, tutte le grandi università, esistono i “Design Institute” (DI) che ge-
stiscono i progetti, tutti i progetti, per il Governo. È qui sufficiente citare i maggiori: BIAD (Beijing Institute of Architectural Design), Xian Dai AD (Shanghai Xian Dai Architectural Design), ECADI ( East China Architectural Design & Research Institute), CAG (China Architecture Design & Research Group), SIADR (Shanghai Institute of Architectural Design & Research), UAD (The Architectural Design & Research Institute of Zheijang University). Questi DI hanno progettato e realizzato i maggiori lavori di architettura in Cina. La sostenibilità, quindi, passa forzatamente attraverso la ricerca universitaria e lo sviluppo di progetti sostenibili avviene direttamente all’interno di questi DI. Ecco il motivo per il quale abbiamo lavorato direttamente con gli studenti che tra qualche anno lavoreranno a stretto contatto con questi istituti. Infatti, promuovere una progettazione sostenibile significa lavorare sulle radici della cultura cinese, utilizzando le conoscenze che la Cina è in grado di offrire e non importare unicamente un principio concepito e partorito fuori dai loro confini. Questo non solo è inutile, ma non viene accettato in Cina.
Non solo energia ed efficienza energetica, ma visione del mondo ambiente Il nostro sforzo e le fotografie a sostegno di questo breve articolo ne sono la dimostrazione, non era unicamente legato al tema dell’efficienza energe-
TRASPORTI & CULTURA N.40 tica. Infatti, l’efficienza è solamente uno dei settori della sostenibilità. Evidentemente il più importante, almeno per una parte degli edifici, ma non l’unico. Risolvere i problemi di efficienza energetica con la tecnologia occidentale, così come si sono risolti i problemi di industrializzazione delle Cina con la tecnologia vetusta che abbiamo esportato, significa gravare le future generazioni di un debito ambientale considerevole. Lavorare, per contro, sull’insieme dei fattori di sostenibilità (e per questi fattori ci vorrebbe un ulteriore articolo) significa lavorare sul principio culturale che è diverso tra i vari popoli. La sostenibilità non è uno standard, come può essere quello energetico, ma un modo, profondo come le radici, di vedere il mondo. È un cambio radicale di prospettiva, e l’architettura in questo giocherà un ruolo fondamentale per il XXI secolo. Questo cambio di prospettiva sulle cose è esemplificato da un progetto molto ambizioso che la città di Beijing ha messo in atto. Il nuovo piano regolatore della città (2004-2020), che si estende ai distretti Dongcheng e Xicheng prevede - e questa è una buona notizia per quanto riguarda la sostenibilità - uno sviluppo importante dell’autonomia dei distretti. Infatti, in una misura che oscilla attorno al concetto di “Ecology-Living-Production Spaces” che significa passare da una visione tecnocratica della costruzione unicamente produttiva (quella finora realizzata, ossia con scarso livello qualitativo) a una visione qualitativa degli spazi, integrati tra loro in un principio di paesaggio costruito. Un recupero, se vogliamo, della tradizio-
ne dei paesaggi e dei giardini, là dove la scala di intervento, questa volta, è totale e non forzatamente limitata. La tecnologia, ora, è in grado di rispondere a se stessa e alla funzionale visione del mondo dell’apparato cinese. Se prima la tecnologia serviva a industrializzare il paese e recuperare la distanza dalle principali forze sul pianeta, ora la tecnologia serve a ricostruire, ancora una volta, il paese come paesaggio. La terra e la città diventano indipendenti al punto tale che sono progettabili come un insieme. Non più una città che invade la terra, ma un binomio, un dialogo tra la città e la terra. Ecco che la Cina potrà rientrare nella sua tradizione millenaria di costruttrice di paesaggi. Un rapporto, sostenibile in quanto umano, tra il tratto continuo e il tratto spezzato. Riproduzione riservata ©
Bibliografia Marcel Granet, Il pensiero cinese, Adelphi, Milano, 2011 (5^ edizione). Architettura Cinese, il trattato di Li Chieh, UTET, Torino, 1998. François Jullien, Figure dell’immanenza. Una lettura filosofica del I Ching, Laterza, Bari, 2005. François Jullien, Pensare con la Cina, a cura di Marcello Ghilardi, Mimesis, Milano, 2007.
9 - A centro pagina: festa di metà autunno ad Hangzhou.
André Chieng, La pratica della Cina, Cultura e modi del negoziare, O barra O edizioni, Milano, 2012.
10 - In questa pagina: la costruzione, non isolata, di una torre ad Hangzhou.
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Architettura, una Biennale di ricerca di Laura Facchinelli
La 14^ Mostra Internazionale di Architettura, organizzata dalla Biennale di Venezia, è stata definita “una ricerca corale sull’architettura”. Il curatore Rem Koolhaas ha pensato a un tema di ricerca, Fundamentals, che coinvolgesse tutta la Biennale. “Dopo diverse Biennali dedicate alla celebrazione del contemporaneo – scrive – Fundamentals si concentra sulle storie, con l’intento di indagare lo stato attuale dell’architettura e di immaginare il suo futuro”. Fundamentals comprende tre mostre complementari, che presentano elementi di grande novità rispetto alle precedenti edizioni della Biennale. Per la prima volta i Paesi partecipanti - quest’anno 65, presenti con padiglioni ai Giardini, o sezioni espositive all’Arsenale o in vari luoghi della città – non sono stati informati, dal curatore, del tema della “sua” mostra, ma tutti sono stati invitati a sviluppare una ricerca sullo stesso tema: Absorbing modernity 1914-2014. Sempre pensando allo sviluppo lungo l’arco di un secolo, il padiglione centrale ai Giardini è dedicato a Elements of Architecture, con elementi conoscitivi, dalla storia alle tecnologie recenti, utili per architetti e committenti. Importante la sezione Monditalia, allestita alle Corderie dell’Arsenale, con 41 esperienze diversissime maturate nel nostro Paese, a testimonianza di una realtà complessa, da conoscere e approfondire.
Absorbing Modernity Le aspirazioni dei Paesi partecipanti – quella di rappresentare lo specifico dell’identità nazionale e quella di testimoniare il proprio ruolo rilevante nell’universo della contemporaneità nell’arte e nell’architettura – si fondono nel momento in cui, aderendo all’invito di Koolhaas, possono rivivere la propria storia e al tempo stesso la propria partecipazione al moderno. Nel pluralismo, prende forma un’espressione corale. E il visitatore più attento, che sempre più spesso si interroga sulla possibilità di conciliare identità e progresso, ha modo di analizzare e confrontare esperienze che vengono da tutti i continenti. Vediamo alcuni esempi che rendono la diversità delle situazioni e delle scelte espositive. Spagna – La mostra si concentra sugli interni (di edifici o di isolati a corte), valutandone il design in relazione a programmi di ristrutturazione e risanamento urbano. Le gigantografie fanno assaporare dal vivo una dozzina di progetti attuati da studi spagnoli negli ultimi anni. Francia – Modernità: promessa o minaccia? Quattro episodi per comprendere le tendenze dei
Venice Architecture Biennale by Laura Facchinelli The 14th International Architecture Exhibition, organized by the Biennale di Venezia, was defined as “collective research on architecture”. Fundamentals, curated by Rem Koolhaas includes three complementary exhibitions, with some highly innovative elements compared to previous editions of the Biennale. For the first time, the participating countries – 65 this year – were invited to develop their research on the same theme: Absorbing Modernity 1914-2014. Based on the same concept of centurylong development, the central pavilion of the Giardini was dedicated to Elements of Architecture, which provided useful information for architects and clients, about basic elements such as façade and roof, floor, wall, window, etc., from historical artifacts to recent technology. Equally important was the Monditalia section, in the Corderie dell’Arsenale, which displayed 41 different experiences in Italy. Another intriguing new feature of the 2014 edition was the coexistence/ integration between the arts represented at the Biennale: for the first time, the directors of Dance, Music, Theatre and Cinema collaborated with the director of Architecture, creating opportunities for interaction in the highly suggestive spaces of the Corderie.
Nella pagina a fianco, in alto: mercato dei fiori, Pescia, 1948-55, Leonardo Savioli, Leonardo Ricci, Giuseppe Gori, Enzo Gori (mostra The remnants of the Miracle Monditalia); in basso: Sales Oddity, Milano 2 and the politics of direct-to-home tv hurbanism (Monditalia). Le foto che accompagnano questo articolo sono di Laura Facchinelli.
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1 - Veduta della stazione Alta Velocità di Reggio Emilia (mostra The Landscape has non rear - Monditalia).
2 - Facciata verde nella sezione Elements of architecture.
3 - Nella pagina a fianco, in alto: palazzi di Zingonia (Monditalia). 4 - Nella pagina a fianco, al centro: Manifattura Tabacchi, Bologna, 1948-60, PIerluigi Nervi & Bartoli. 5 - Nella pagina a fianco, in basso: edifici a Milano, sullo sfondo della Stazione Centrale (Padiglione Italia).
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francesi in tema di architettura. La villa di Jaques Tatì, protagonista dei film Mon oncle, è oggetto del desiderio, ma non rende felici i suoi abitanti: i francesi non amano le case monofamiliari. Grandi complessi: lo schema abitativo di Drancy è visto come prototipo di edilizia popolare del dopoguerra proprio quando sta per diventare un campo di concentramento nazista. Paesi nordici – Con la liberazione di Tanzania, Kenia e Zambia, negli anni ’60, ha preso il via un programma di sostegno allo sviluppo da parte dei paesi scandinavi, che confidavano di esportare il modello della socialdemocrazia. Fino al 1980 architetti norvegesi, svedesi e finlandesi contribu-
irono al processo di modernizzazione di quella parte di Africa progettando scuole, ospedali, infrastrutture, abitazioni. L’architettura che ne è risultata non è mai stata studiata in modo approfondito. Grecia – La storia, il mito, la bellezza dei paesaggi sono stati determinanti per lo sviluppo della Grecia nell’ambito del turismo. Ma, negli anni ‘50 e ‘60, la crescita del turismo ha portato alla costruzione di alberghi che non si assoggettavano alla tipologia locale, ma assumevano un linguaggio architettonico moderno, diventando tutt’uno col paesaggio naturale circostante. Poi gli alberghi sono diventati sempre più grandi, determinando una chiara separazione fra architettura e paesaggio. Recentemente si è avvertita la necessità di porre delle regole, proponendo una ridefinizione dello stile locale. Russia – Fair enough è una fiera internazionale di idee, con tanti stand, ognuno dei quali affronta una tappa del processo di modernizzazione. Le idee urbane attuate nel corso di decenni - alcune celebri, altre sconosciute, alcune considerate fallite – vengono messe in mostra assegnando loro un nuovo scopo. Stati Uniti – In mostra, un archivio di progetti realizzati da studi di architettura statunitensi operanti all’estero dal 1914 ad oggi. Il numero dei documenti – veri e propri dossier con disegni e foto - è notevole, ed è interessante cogliere l’evoluzione di forme, tecnologie, processi produttivi, metodi progettuali. La mostra è testimonianza del contributo statunitense al pensiero architettonico globale. Brasile – Si vede in che modo il Paese, nel quale sono vive le tradizioni, ha vissuto la modernità nelle differenti fasi del ‘900. Il periodo dal 1956 ad oggi è analizzato attraverso le varie tipologie degli edifici: case, edifici residenziali/uffici, edifici pubblici (governo, educazione, ospedali, religione), padiglioni/ambasciate, lavori di restauro, interventi nel paesaggio. Giappone – Il rinnovamento del Giappone ha preso avvio con l’importazione della civiltà occidentale. Dopo la seconda guerra mondiale, il Paese è cresciuto fino a diventare, nel 1968, la seconda potenza mondiale. L’architettura ha svolto un ruolo importante nella modernizzazione, ma contemporaneamente il paese ha affrontato inquinamento ambientale e altri problemi: questa situazione critica ha innescato un riesame del modernismo dell’architettura giapponese, ridefinendolo alla luce dell’esperienza del mondo reale, con molteplici sperimentazioni. Cina – Cronologia di un secolo di pensiero architettonico cinese, riesaminato con i quattro sistemi di prefabbricazione, struttura, progettazione e paesaggio e, insieme, collegato al principio dello Xing-Yi (immaginario della forma). I contenuti sono presentati in forma di etichette pubblicitarie, libri di storie ecc. che possono essere trasformati in cataloghi dallo spettatore. Molto interessante, fra gli eventi collaterali, Across Chinese Cities, Beijing, una ricerca sul programma urbanistico della capitale cinese, partendo dal caso studio dello storico distretto di Dashilar. Con attenzione ad archetipi sviluppati a partire dal 1600. Egitto – Secondo il curatore, il periodo che l’Egitto sta attraversando è il peggiore della sua storia architettonica: oscurantismo e mancanza di originalità indeboliscono l’identità del progetto. Ma cosa vuol dire “originale”? “Dal nostro punto di vista, per considerare originale un qualsiasi stile architetto-
TRASPORTI & CULTURA N.40 nico, esso deve riflettere l’epoca e il luogo in ci è nato, in armonia con l’ambiente, la cultura e le tradizioni, e tutto ciò deve creare la sua unicità. In un certo senso, si può pensare all’architettura come alle linee che uno psichiatra chiede di tracciare al paziente per capirne la personalità…”. Padiglione Italia - Innesti: questo il titolo scelto dal curatore Cino Zucchi per la mostra del Padiglione Italia. Il nostro Paese presenta un territorio così antropizzato e strutturalmente complesso, che risulta praticamente impossibile pensare a un edificio come entità autonoma. Poiché la qualità del paesaggio è determinante per la qualità della nostra vita, è importante che gli interventi di trasformazione siano coerenti con la conservazione storica del nostro patrimonio e con la sostenibilità. Si deve dunque puntare a “metamorfosi continue”, incorporando gli stati precedenti. “Non adattamenti formali a posteriori del nuovo rispetto all’esistente, ma piuttosto innesti capaci di agire con efficacia e sensibilità in contesti urbani stratificati”. In mostra, la prima sezione è dedicata a Milano, laboratorio del moderno. Le vicende architettoniche e urbanistiche del capoluogo lombardo sono emblematiche del processo di “modernizzazione” dell’Italia, con modalità che devono tener conto delle preesistenze, e quindi trasfigurare il contesto in una nuova visione urbana. Nei diversi contesti territoriali gli interventi, necessariamente, sono differenti. Ma la miglior cultura progettuale ha un’attitudine comune: quella di osservare attentamente il sito e la sua identità, e di intervenire riassorbendo l’esistente e conferendogli nuova personalità. La seconda sezione della mostra presenta 85 immagini di interventi compiuti nel territorio italiano.
Elements of Architecture La mostra Elements of Architecture è il risultato di una ricerca di due anni presso la Harvard Graduate School of Design e della collaborazione con esperti provenienti dall’industria e dal mondo accademico. Si prendono in considerazione e si analizzano nei dettagli gli elementi fondamentali degli edifici, con le forme e i materiali che sono stati adottati in differenti tempi e luoghi. Si tratta di facciata, tetto, pavimenti, pareti, soffitto, finestra, balcone, corridoio, caminetto, porta, muro, rampa, scala, scala mobile, bagno. Ad ogni elemento è dedicato un apposito spazio espositivo. Si ripercorre la storia di ogni elemento, mettendo in luce particolari significativi e a volte sorprendenti. Prendiamo, ad esempio, la finestra. Posti vicino al finestrino, davanzali, vetrate, verande, persiane, tapparelle, tende: questi elementi – leggiamo in catalogo - contrassegnano la posizione della finestra sulla facciata e sulla stanza. A partire dal XX secolo alcuni di questi elementi, grazie alla tecnologia, sono stati inseriti nella struttura della finestra: dal vetro si è passati al curtain wall. I materiali storici in mostra provengono dalla collezione di Charles Brooking, che comprende circa 500 mila pezzi fra finestre complete, sezioni, pulegge delle finestre a ghigliottina. Ma anche porte, scale e altri elementi. Provengono invece dalla fabbrica Sobinco le macchine che, in un’apposita installazione, lustrano i componenti e testano le strutture delle finestre. Fondata da Remi Van Parys negli anni ’50, Sobin-
co fu la prima azienda a realizzare guarnizioni per finestre di acciaio e poi di alluminio; oggi ha uno spazio produttivo di 30 mila m² ed esporta in oltre 60 nazioni. 111
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Monditalia Le 41 ricerche presentate nella sezione Monditalia, che sono state condotte sotto la guida di Rem Koolhaas, prendono in considerazione alcuni aspetti del nostro paese. Vediamone alcune, fra le più interessanti. La Maddalena – Ila Beka & Louise Lemoine hanno ripreso l’area dell’ex arsenale della Maddalena, progettata e realizzata da Stefano Boeri. Per la famosa vicenda politica, l’edificio, appena inaugurato, è stato abbandonato ed è andato in rovina. Il complesso “oggi è inaccessibile e non filmabile”, scrivono gli autori della ricerca. La situazione è pericolosa: in casi come questo “un’armata di proprietari, eredi, legatari e responsabili delle pubbliche relazioni e temibili avvocati si scatenano per rendervi la vita impossibile”. L’Aquila post-quake landscapes (2009-2014) – Dopo il terremoto, le energie e le risorse economiche per la ricostruzione sono state incanalate fuori della città per realizzare alloggi antisismici provvisori e, tuttavia, duraturi, che hanno trasformato il paesaggio. Mentre L’Aquila è una città sospesa, con interventi di ricostruzione non coordinati in un piano generale. The remnants of the miracle - Di straordinario interesse, questa mostra di Andrea Sarti e Claudia Faraone, presenta molti capolavori dell’architettura italiana moderna che sono stati realizzati nel periodo della massima espansione, negli anni ’50 e ’60, e poi sono stati abbandonati. Erano edifici progettati in base alle ricerche più avanzate, all’epoca, nel campo dell’architettura e dell’ingegneria. Oggi sono in gran parte dimenticati. Le immagini in mostra ci ricordano le vicende dell’economia italiana, i sogni progressisti di alcuni grandi architetti, la qualità della sperimentazione, la nostra incapacità di proteggere questi complessi, di riutilizzarli e… “il fallimento di un’idea di modernità su cui è stata costruita l’Italia, ma al tempo stesso il potenziale latente che la modernità italiana possiede ancora”. The landscape has no rear - La ricerca di Nicola Russi è incentrata sulla stazione dell’Alta Velocità di Reggio Emilia, progettata da Calatrava con forma sinusoidale. È costata 80 milioni, vi fermano solo sei treni, ma offre grandi potenzialità di sviluppo per l’area agricola circostante. Countruside workship - Nicola Cassani mette in luce le presenze, nel territorio italiano, di altre fedi. Esplicita la gigantografia che mostra la piazza di Novellara, Reggio Emilia, durante la Festa dei Baisakhi. Sales oddity – È in scena Milano 2, cittadina residenziale di lusso realizzata nel 1970. Una storia che parla degli uffici televisivi Fininvest, della TV via cavo, di una programmazione televisiva orientata al successo politico. Scopo della ricerca, a più mani, è quello di indagare in quale modo la politica si incarna nell’urbanismo televisivo”. Zi Zingonia, mon amour – Sempre nel 1970, una storia del tutto diversa: quella di Renzo Zingone, un imprenditore illuminato che progetta, con l’architetto Franco Negri, la città di Zingonia, che è progetto urbano e architettura visionaria. Zingonia viene presentata alla Biennale come esempio delle aspirazioni della migliore imprenditorialità del passato; perché non venga dimenticata. La città, che si è scontrata con un processo evolutivo ben diverso, viene oggi sottoposta a un intervento di aggiornamento e riconversione. Alle ricerche di Architettura, Monditalia affianca 112
TRASPORTI & CULTURA N.40 6 - Nella pagina a fianco, in alto: Sonnets in Babylon di Daniel Libeskind (Padiglione Venezia ai Giardini). 7 - Nella pagina a fianco, al centro: tetto (Elements of Architecture). 8 - Nella pagina a fianco, in basso: balcone (Elements of Architecture).
9 - Un momento dello spettacolo Käter i Radës (Il naufragio).
una settantina di film, o meglio schegge di film. Il responsabile Alberto Barbera spiega che, se il rapporto con musica, teatro, danza e arti visive è stato indagato, non altrettanto si può dire del rapporto con l’architettura “che pure ne rappresenta uno dei legami più profondi. L’uno e l’altra sono infatti arti dello spazio, in quanto tali destinate a esercitare una reciproca influenza, fatta di numerose implicazione, scambi e sfumature”. Molti registi hanno studiato architettura, e molti architetti dichiarano di essere influenzati dal cinema. Il programma Meetings on Architecture prevede, nei sei mesi della mostra, un calendario molto ricco di appuntamenti, sempre alle Corderie. Che ospitano, col programma Freeports, colloqui dal vivo, dibattiti e proiezioni a cura delle Partecipazioni nazionali. Da citare anche l’attività educational, rivolta a singoli e a gruppi di studenti delle scuole di ogni ordine e grado, università, professionisti, aziende ecc. Il tutto con percorsi guidati e attività di laboratorio. Questa molteplicità di iniziative ha coinvolto un pubblico sempre molto numeroso.
Biennale Musica Una novità appassionante dell’edizione 2014 è quella del confronto/integrazione fra le arti rappresentate dalla Biennale: per la prima volta i direttori di Architettura, Danza e Musica, hanno collaborato, creando occasioni di incontro negli spazi molto suggestivi delle Corderie. In particolare alle Corderie sono stati messi in scena due degli spettacoli di Biennale Musica. Il tema del Festival di Musica Contemporanea 2014 era Limes. La parola suggerisce, come spiega il direttore Ivan Fedele, “l’idea di musiche lontane nello spazio e nel tempo che, coniugandosi, superano i confini rigidi di ogni dogmatismo in una pratica quotidiana della creatività che fa del molteplice uno dei suoi punti di forza”. Radici etniche,
folklore, tradizioni popolari sono rivissute in chiave contemporanea. Il primo spettacolo, Compasso da navegare, ha visto protagonista la Galata Electroacoustic Orchestra (GEO), che costituisce il risultato di un programma di studi europeo. Docenti e studenti di università e conservatori di Italia, Spagna e Turchia hanno mescolato le tecniche di improvvisazione della musica occidentale con le modalità della musica anatolica, facendo dialogare strumenti classici, strumenti popolari e altri del jazz. Molto coinvolgente l’opera da camera Käter i Radës (Il naufragio) del compositore albanese Admir Shkurtaj. Il soggetto è l’affondamento nel Canale d’Otranto, nel Venerdì Santo del 1997, di un barcone carico di 129 profughi in fuga dall’Albania travolta dalla guerra civile. Il racconto evoca lo speronamento da parte di una nostra motovedetta che contrastava il tentativo di approdo sulla costa italiana: degli 81 morti, molti erano bambini. E dunque negli spazi espositivi della Biennale si sono intrecciate linee di sviluppo temporale, molteplicità geografiche, ambiti creativi differenti, ma capaci di dialogare. Nel tentativo di rappresentare la cultura contemporanea, che è molteplicità e contaminazione di esperienze. Riproduzione riservata ©
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TRASPORTI & CULTURA N.40
Verso la città smart: un approccio scientifico, un libro di Floriana Zucaro
La pubblicazione del volume Towards Smart City: a scientific approach (di AA.VV., Aracne, Roma 2014), è stata dettata dalla necessità di approfondire i contenuti, le opportunità e le potenzialità che il nuovo paradigma della smart city è in grado di fornire. Lo sviluppo di città intelligenti è un processo tuttora in atto e richiede, quindi, la messa a sistema di ricerche, riflessioni e sperimentazioni attraverso cui definire il contesto in cui i decisori pubblici, i pianificatori ed i tecnici si trovano ad operare. Il volume raccoglie una selezione di articoli pubblicati nel periodo 2011-2013 nella versione on line della rivista Open Access TeMA Journal of Land Use, Mobility and Environment e alcuni articoli inediti che affrontano il rapporto innovazione-città nell’ottica della smart city. Il gruppo di ricerca TeMALab dell’Università degli Studi Napoli Federico II promuove dal 2007 il dialogo ed il confronto con la comunità scientifica nazionale ed internazionale sulle tematiche legate al governo delle trasformazioni territoriali ed è impegnato nelle attività di ricerca e sperimentazione e in quelle di formazione all’interno del progetto “Smart Energy Master (SEM) per il governo energetico del territorio”, co-finanziato dal Programma Operativo Nazionale Ricerca e Competitività 2007-2013 Smart Cities and Communities “Azione integrata per lo Sviluppo Sostenibile – Energy Efficiency and Low Carbon Technologies”. All’interno di tali attività rientra la divulgazione degli approcci e degli sviluppi del progetto SEM, che vede in tale volume un primo risultato relativo alle più recenti pratiche in atto sul tema della smart city. Sebbene non vi sia ancora un’univoca e condivisa definizione di smart city, né tantomeno sia possibile declinare la dimensione urbana di tale concetto, vi è ampio consenso sul fatto che le città intelligenti sono caratterizzate dall’uso delle ICT per il miglioramento della qualità della vita. Il legame tra innovazione tecnologica e sistema urbano è stato affrontato dal dibattito scientifico tra gli anni ’70 e ’90 ed è proprio negli studi europei sui distretti industriali e sulla possibilità di riorganizzare il sistema funzionale urbano in ragione della diffusione delle ICT che è possibile individuare le origini della smart city (Graham, Marvin, 1996). Anche un gruppo di ricercatori italiani ha intuito, negli anni ’80, le enormi potenzialità offerte dalle allora nuove tecnologie di telecomunicazioni, soprattutto se calate all’interno delle realtà urbane: il progetto della città cablata (sviluppato dal Di.Pi.S.T., oggi DICEA, dell’Università degli Studi Napoli Federico II) mirava a risolvere i problemi urbani riducendo drasticamente gli sprechi delle risorse disponibili che, “giova ricordare, non sono né infinite né rinnovabili”, attraverso l’uso appro-
priato delle nuove tecnologie, per recuperare il preesistente ed elevare la qualità della vita (Beguinot, 1996). L’uso delle ICT rappresenta un elemento importante sia per migliorare la performance dei sistemi urbani che per definire strategie ed azioni per lo sviluppo delle città, ma è bene non identificare il concetto di smart city con la diffusione delle ICT, che possono essere invece considerate come «a General Purpose Technology, which is complementary to human and organizational capital and whose usage is shaped by political choices and by the urban ecosystem of the citizens, technology vendors and local authorities, depending on the citys needs and habits» (Neirotti et al, 2014). In pratica, le nuove tecnologie disponibili sono un supporto alla creazione di città intelligenti e non il fattore chiave che è, invece, costituito dalle persone che utilizzano la tecnologia: «[…] smart cities must seriously start with people and the human capital side of the equation, rather than blindly believing that IT itself can automatically transform and improve cities» (Hollands, 2008). Parlare di smart city significa, quindi, pensare alla città del futuro in una prospettiva sistemica e trasversale, «as an organic whole, as a network, as a linked system» (Kanter e Litow, 2009), utilizzando le ICT in modo intelligente, per affrontare le attuali sfide climatiche, economiche ed energetiche. In tale ottica risulta, allora, strategico tale volume, al fine di offrire un quadro multidisciplinare che pre-
Nella pagina a fianco, in alto: un progetto esposto nel padiglione del Giappone alla Biennale di Venezia 2014 (foto di Giuseppe Mazzeo); in basso: elementi caratterizzanti un sistema resiliente (immagine tratta dal libro Towards Smart City: a scientific approach (pag. 168). 1 - In questa pagina: la copertina del libro Towards Smart City: a scientific approach, AA.VV., Aracne, Roma 2014.
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TRASPORTI & CULTURA N.40 sta particolare attenzione a quattro componenti della smart city, mobilità, energia, sicurezza e sostenibilità, ognuna delle quali descritta attraverso differenti punti di vista. I lavori relativi ai trasporti mirano a studiare, da un lato, come l’impiego delle ICT possano contribuire a migliorare l’efficienza di tale settore, e dall’altro, quali strategie ed azioni è opportuno mettere in campo per aumentarne la sostenibilità. Se infatti grazie alle nuove tecnologie è possibile ottenere numerosi benefici in termini di sicurezza, viabilità e produttività, è opportuno interrogarsi anche su come e in che misura la modifica dei comportamenti e delle abitudini di viaggio contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale ed energetica stabiliti dall‘UE. La crescente domanda di spostamento richiede, in pratica, che le soluzioni ai problemi del territorio e dei trasporti siano caratterizzati da una sinergia tra strumenti urbanistici e di governo della mobilità e il ricorso ad indicatori ambientali ed energetici con cui monitorare le azioni intraprese o da intraprendere. Oltre alla mobilità, un altro settore responsabile di una considerevole aliquota dei consumi nelle aree urbane è l’edilizia (40% secondo i dati dell’UE)
2 - Variazione dell’intensità energetica nel settore trasporti e del traffico passeggeri per il decennio 19992009 (p.69).
3 - Obiettivi regionali al 2020 di copertura e consumo energetico finale da fonti rinnovabili (p.91).
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e la gestione energetica nel settore dell’ambiente costruito e dell’architettura continua ad essere un tema di grande interesse sia nella ricerca che nella pratica urbanistica. Su tali aspetti si sviluppa il primo dei due contributi relativi alla componente energia del volume, che descrive le principali innovazioni per rendere un ambiente costruito auto sufficiente, a tre differenti livelli di intervento: dettaglio edilizio, intero edificio, quartiere. Gli interventi sullo stock edilizio possono svolgere un ruolo importante nella riduzione del consumo energetico, ma, non sono sufficienti se paragonati alla complessità sia della questione energetica che dei sistemi urbani (Papa, Gargiulo e Zucaro, 2014). In tale ottica, si pone il secondo contributo che studia le possibili integrazioni tra pianificazione urbana e tematica energetica, attraverso la descrizione di alcune best practices italiane. L’esigenza di elaborare strumenti urbanistici volti alla riduzione ed all’efficientamento energetico è ormai un elemento strategico nelle politiche nazionali, ma i metodi, le tecniche e le azioni «capable of integrating the different requirements connected with the energy settlements relationships» risultano ancora piuttosto indeterminati.
TRASPORTI & CULTURA N.40 Le norme di pianificazione urbana, dal punto di vista della vulnerabilità, rappresentano invece il punto di partenza per lo studio degli spazi di relazione come luoghi strategici in caso di calamità naturali, quali i terremoti. La resilienza urbana, definita come «the ability of a system to adapt itself to the external perturbation factors, namely by reorganising and innovating itself according to the transformed context», costituisce, in pratica, il filo conduttore dei lavori relativi alla componente sicurezza. Tali contributi comparano i differenti approcci presenti in letteratura per lo studio della resilienza urbana e le differenti strategie e azioni implementate a livello nazionale e locale, al fine di individuare le principali proprietà e capacità di adattamento che dovrebbero caratterizzare un sistema urbano resiliente. Sono, inoltre, presenti dei focus relativi all’interazione tra resilienza ed ecosistema urbano, con un caso studio di Istanbul, e al contributo che le strategie di mitigazione per le infrastrutture critiche possono fornire per aumentare la resilienza urbana. L’ultima componente della smart city presente nel volume è, infine, la sostenibilità, studiata in relazione al patrimonio culturale come bene comune, ai modelli di evoluzione urbana e ai possibili cambiamenti degli stili di vita. La capacità della città di promuovere il patrimonio culturale è, infatti, uno degli elementi che aiuta a costruire una città intelligente e una sperimentazione sviluppata nella Provincia di Vibo Valentia ha riguardato la messa a punto di applicazioni e servizi per permettere al cittadino/turista, agli enti locali e alle PMI di usufruire al meglio del patrimonio storico-culturale presente. Il paradigma della smart city, oltre a far riflettere sulle risorse esistenti, soprattutto in termini di valorizzazione, dovrebbe stimolare anche gli interrogativi sulle possibili traiettorie evolutive dei sistemi urbani. Da qui il contributo relativo all’uso della tecnica di analisi degli scenari, articolata in sette fasi, con particolare attenzione agli scenari di de-urbanizzazione e ri-organizzazione della struttura urbana. Per implementare un modello di sviluppo, in particolare urbano ed insediativo, che sia in grado di garantire tassi sostenibili di crescita economica e di disancorare l’attuale nesso fra crescita e aumento dei consumi energetici, l’ultimo contributo del volume, infine, invita a riflettere sul ruolo che può avere il capitale sociale per il raggiungimento di obiettivi che non potrebbero essere raggiunti altrimenti (Coleman, 2005), considerato che «as the fundamental growth process depends on the rate of innovation, the capital accumulation process characteristic of the industrial growth model is now broadened and includes three additional classes of capital: technological capital, human capital, and social capital» (EC, 2005). Dalla sintesi dei principali contenuti dei lavori di cui si compone il volume, si può affermare che il paradigma della smart city è caratterizzato da un approccio olistico che consente di affrontare le recenti sfide urbane, da un lato, e di saper sfruttare i progressi offerti dalle ICT, dall’altro. Se, quindi, le componenti e le opportunità di sviluppo possono risultare definite, lo sforzo da compiere dovrebbe essere quello di «create a real shift in the balance pof power betwen the use OICT by business, government, communities and ordinary people who live in cities» (Hollands, 2008).
Bibliografia Beguinot C. (1996) “L’osservatore napoletano” in La città ogni giorno: viaggio non immaginario nel malessere metronapoletano, Alfredo Guida Editore. Coleman J. S., (2005) Fondamenti di teoria sociale, Il Mulino, Bologna. Commissione Europea (2005) Toward a Sustainable Knowledge Society, EC-HLEG Key Technologies. Graham M. and Marvin S. (1996) Telecommunications and the City: Electronic Spaces, Urban Places, Routledge, London. Hollands R.G., (2008) “Will the real smart citiy please stand up?” in City Vol.12 n°3, 302–320. Kanter R.M.; Litow S.S. (2009), “Informed and Interconnected: A Manifesto for Smarter Cities”, Working Paper 09-141, Harvard Business School. Neirotti P., De Marco A., Cagliano A., Mangano G., Francesco Scorrano F. (2014) “Current trends in Smart City initiatives: Some stylised facts”, in Cities Vol.38. Papa R., Gargiulo C., Zucaro F., (2014) “Urban Systems and Energy Consumptions: a Critical Approach”, in TeMA Journal of Land Use, Mobility and Environment, 8th International Conference INPUT 2014 Smart City - Planning for Energy, Transportation and Sustainability of the Urban System, Naples.
4 - Strategie di adattamento al cambiamento climatico e relative capacità resilienti di sistemi urbani (p.170).
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Un convegno sull’Alta Velocità a Verona di Viviana Martini
Un convegno sul tema Alta Velocità, ingegneria e paesaggio, filo conduttore del n. 37 della rivista Trasporti & Cultura, si è svolto il 28 novembre a Verona nella sede dell’Ordine degli Ingegneri, organizzato dall’Ordine stesso con la rivista. Dopo la giornata di studi del marzo scorso alla Facoltà di Ingegneria di Padova, che aveva affrontato aspetti più generali, questo secondo appuntamento ha prestato attenzione alle nuove linee nel Nord-Est: Milano-Venezia e direttrice Brennero, che si incrociano a Verona. Nella mattinata sono stati trattati gli aspetti tecnico-progettuali, nel pomeriggio si è parlato di inserimento delle linee nel paesaggio. Giovanni Saccà, La rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) - Il processo di liberalizzazione ferroviaria europea è iniziato con la Direttiva CEE 91/440 e con la Decisione di realizzare i corridoi europei TEN-T (Trans-European Networks–Transport). Si lavora per l’interoperabilità. Il Libro bianco sui trasporti prevede entro il 2030 lo spostamento del 30% delle merci attualmente trasportate su strada entro distanze di 300 km su altri modi di trasporto più sostenibili e oltre il 50% entro il 2050, per ridurre le emissioni a effetto serra del settore trasporti. Per quanto riguarda i treni merci europei del futuro, le linee ferroviarie verranno adeguate per la circolazione di treni più lunghi, fino a 1500 metri. Antonio Ciaravolo, Completamento della linea Alta Velocità-Alta Capacità Milano-Venezia con il nodo di Verona - Dopo aver accennato alle fasi di realizzazione della Milano-Venezia, il relatore ha descritto gli interventi previsti nel nodo di Verona. Il progetto prevede la realizzazione della nuova linea AV/ AC, per un’estesa di circa 10 km. Le opere e gli impianti previsti si connettono ai tracciati delle due tratte Milano-Verona e Verona-Padova, consentendo il collegamento con le altre direttrici (Brennero e Bologna). La sistemazione della stazione di Porta Nuova sarà oggetto di uno specifico studio architettonico volto a valorizzare la zona dell’attuale scalo merci da dismettere. Konrad Bergmeister, Potenziamento dei trasporti fra Verona e Monaco con la nuova Galleria del Brennero - La Galleria di base del Brennero (tra Fortezza e Innsbruck) rappresenta il cuore della linea ferroviaria Monaco-Verona: tra pochi anni sarà una delle gallerie più lunghe del mondo. Dal 2005 il progetto viene curato dalla società Galleria di base del Brennero BBT SE. Il progetto prevede 4 lotti prioritari: Lotto 1: Fortezza-Ponte Gardena, attivazione nel 2025; Lotto 2: Circonvallazione di Bolzano attivazione nel 2025; Lotto 3: Circonvallazione di Trento, attivazione nel 2026; Lotto 4, Ingresso a Verona, attivazione 2026. Ezio Facchin, I nodi di Trento e Bolzano nell’ambito del quadruplicamento della linea Verona-Fortezza -
Le città di Trento e Bolzano sono caratterizzate da un attraversamento ferroviario vicinissimo al centro. Per migliorare l’ accessibilità ai centri urbani, si rende necessaria una puntuale razionalizzazione degli impianti di stazione con il recupero delle stazioni ferroviarie e la valorizzazione immobiliare delle aree. Lo spostamento dello scalo merci di Trento dal centrale Scalo Filzi a Roncafort, avvenuto nel 2006, è un esempio positivo in tal senso. A Bolzano, il progetto della stazione costituisce a livello europeo una delle iniziative più interessanti di rifunzionalizzazione e riqualificazione di un sito ferroviario. Carmelo Abbadessa, Alta Velocità-Alta Capacità nella politica dei trasporti ferroviari - In Italia, oggi, circola per ferrovia meno del 9% del traffico viaggiatori e merci; un altro 9% circa va per mare e più dell’80% su strada. Quando si parla di AV, occorre considerare che la cosa più importante è la linea: pensiamo che nella linea Milano-Venezia, ultimata nel 1846, i nostri avi hanno costruito la linea per treni a 36 km/h: oggi sulla medesima linea viaggiano i treni a 180 km/h. Su un doppio binario, la presenza di treni sia lenti che veloci non permette di superare i 230 treni al giorno. Se si vuole un’alta capacità di traffico sulle linee principali c’è un solo sistema: passare dal doppio al quadruplo binario per separare i treni lenti da quelli veloci. L’alta capacità è del sistema a quattro binari e non della nuova linea. Enzo Siviero e Michele Culatti, Il valore sociale delle infrastrutture: il ruolo di ponti e viadotti - In Italia, la storia delle ferrovie si è sempre intrecciata con l’alta qualità dei ponti e viadotti realizzati in un secolo e mezzo di esercizio. Questo atteggiamento mentale è sempre stato la regola delle ferrovie in tutto il mondo ma, senza dubbio, ancor più per l’Italia che, con una invidiabile tradizione e con l’orgoglio del “ferroviere”, avrebbe potuto cogliere l’occasione di “interpretare” in chiave moderna l’Alta Velocità, come vera e propria palestra di cultura tecnica intersecata con una forte sensibilità paesaggistica e sociale. Ma il risultato non ha corrisposto alle aspettative, cosicché la venustas della triade vitruviana è stata il più delle volte disattesa. È dunque necessario, anche in relazione alla progettazione delle linee ad Alta Velocità, definire la qualità esterna dell’opera, ovvero tutte le relazioni che l’opera potrà avere nel contesto in cui viene inserita. Laura Facchinelli, Alta Velocità e stazioni nella rivista Trasporti & Cultura - In chusura, la direttrice ha presentato la rivista Trasporti & Cultura, e in particolare il numero 37, dedicato all’Alta Velocità, e il n. 38, Stazioni e città, con una panoramica dei casi più interessanti sulla scena internazionale. Riproduzione riservata ©
Nella pagina a fianco: momenti del convegno di Verona. In alto, un intervento nel dibattito. Al centro, da sinistra a destra: Enzo Siviero, Carmelo Abbadessa, Ezio Facchin e Giovanni Saccà. In basso: il pubblico in sala.
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TRASPORTI & CULTURA N.40
Un convegno a Napoli. Il n. 40 della rivista. L’undicesima edizione del Premio Trasporti & Cultura
I temi affrontati in questo numero della rivista verranno ripresi il 16 gennaio 2015 a Napoli nel corso di un convegno-presentazione che è stato organizzato dal curatore, Giuseppe Mazzeo, presso l’Università Federico II. Gli onori di casa saranno tenuti da Piero Salatino, Presidente della Scuola Politecnica, e Bruno Montella, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale. Sarà presente anche Paola Avallore, direttore dell’ISSM-CNR. Dopo la presentazione a cura di Giuseppe Mazzeo e della direttrice dalla rivista Laura Facchinelli, interverranno gli autori di alcuni degli articoli pubblicati: Enzo Siviero dell’Università Iuav di Venezia, Antonello De Risi di Metronapoli, Rosa Anna La Rocca dell’Università Federico II. Francesco Domenico Moccia e Francesco Rispoli della Federico II approfondiranno l’argomento mentre Carmela Gargiulo, della stessa università, presenterà l’esperienza in corso del progetto PON Smart Energy Master. Seguirà la cerimonia conclusiva del Premio Trasporti & Cultura, che è giunto quest’anno all’11^ edizione. A Rocco Papa sono affidate le conclusioni dell’iniziativa. Il premio di saggistica promosso dalla nostra rivista ha preso avvio nel 2002. La rivista Trasporti & Cultura usciva da appena un anno e lo scopo di questa nuova iniziativa era quella di individuare le opere di saggistica che affrontavano il tema dei trasporti secondo l’orizzonte interdisciplinare – fra tecnica e cultura umanistica – che era il nostro primo motivo ispiratore. Nel n. 33-34 abbiamo pubblicato un ampio resoconto dei primi dieci anni del premio. Abbiamo anche comunicato vincitori della decima edizione: Il sud sui binari dello sviluppo, di autori vari, Cuzzolin editore; Un secolo di politiche stradali di Annalisa Giovani, Nerbini editore, con una segnalazione assegnata a I costi del non fare, di Andrea Gilardoni, Stefano Clerici e Alessandra Garzarella, Agici editore. La cerimonia di premiazione si è svolta al Politecnico di Torino. A quel punto abbiamo deciso di avviare un secondo premio, rivolto non più alla saggistica, ma alle opere di narrativa. Si tratta del Premio Letterario Paesaggi Futuri. L’iniziativa è partita dalla rivista Trasporti & Cultura e dal Gruppo di studio Paesaggi Futuri, che condivide e sviluppa gli ideali e l’impostazione interdisciplinare della rivista, con i partecipanti che rappresentano ambiti professionali differenti: dall’ingegneria alla psicologia, dal cinema all’architettura, dall’arte alla filosofia, dalla letteratura alle specializzazioni giuridiche. L’idea ispiratrice della nuova iniziativa era quella di individuare, nelle opere di narrativa, le opere attente
A conference in Naples. Issue number 40. The 11th edition of the Trasporti & Cultura Prize The themes addressed in this issue will be discussed on January 16th 2015 in Naples for a conference-presentation organized at the Università Federico II. The authors of some of the articles published here will be guest speakers. The conference will be followed by the awards ceremony for the Trasporti&Cultura Prize, now in its 11th edition. As the call reads, “the purpose of the Prize is to underscore the particular importance of transportation infrastructure from a variety of points of view; first and foremost the awareness of the influence that they exercise – now more than ever – on the landscape, and therefore in a more general sense on our lives: it is urgent that they be inspired by criteria of architectural quality and a proper integration into their context”. The winners of the two sections, selected by the Jury chaired by Franco Purini, will be announced in Naples. The following pages feature a presentation of the two winning books and of the two that won honourable mentions, as well as the motivations expressed by the Jury to determine the winners.
Nella pagina a fianco: la locandina del convegno di Napoli.
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TRASPORTI & CULTURA N.40 al paesaggio, come percezione sensoriale dell’ambiente circostante e delle sue trasformazioni. Se ognuno di noi vede, ascolta, tocca con mano l’armonia e disarmonia dei luoghi della propria vita, ci sono però persone dotate di particolare sensibilità, capaci quindi di cogliere ed elaborare in modo più libero e approfondito la qualità dell’ambiente fisico e umano circostante: sono gli artisti, che si esprimono nelle arti visive e nel cinema, nella letteratura, nel teatro e così via. Ebbene il premio letterario ha inteso proprio esplorare le emozioni espresse attraverso la scrittura. La prima edizione – con giuria presieduta da Amerigo Restucci, Rettore dell’Università Iuav di Venezia - si è conclusa con l’assegnazione del premio a Giuseppe Furno, autore del romanzo Vetro edito da Longanesi: uno straordinario affresco sulla Venezia del ‘500. Il convegno-premiazione si è svolto a Venezia in una sede evocativa di storia e bellezza: il Palazzo delle Prigioni, che attraverso il celebre Ponte dei Sospiri è collegato a Palazzo Ducale, simbolo della venezianità (dove lo stesso romanzo vincitore è, in gran parte, ambientato). Questo convegno-premiazione ha posto un altro tassello del nostro percorso. Il titolo era infatti Paesaggio e Psiche e i partecipanti rappresentavano mondi differenti e complementari della tecnica e delle discipline umanistiche, che da sempre tentiamo di allacciare. Puntando l’attenzione proprio sulla nostra relazione, nel benessere o malessere, con l’ambiente che ci circonda.
1 - Veduta di Napoli dalla collina del Vomero.
Ed ecco che Paesaggio e Psiche è diventato un progetto sul quale lavorare, coinvolgendo di volta in volta voci nuove. Abbiamo organizzato altri due convegni con lo stesso titolo: uno a Padova, l’altro, recentissimo, a Rovereto. In sedi museali, perché fosse chiaro il nostro senso di appartenenza alla
grande storia del nostro paese nel campo delle arti. E per collegare, in un modo che fosse anche visibile, paesaggio, psicologia e arte. I resoconti di queste iniziative sono pubblicati nei vari numeri della nostra rivista. Abbiamo l’intenzione di organizzare il premio di saggistica e il premio di narrativa ad anni alterni. Nel 2014 era la volta della saggistica.
L’undicesima edizione del Premio Trasporti & Cultura Il Premio Trasporti & Cultura di saggistica sul tema delle infrastrutture di trasporto nel paesaggio è giunto, nel 2014, all’undicesima edizione. Il bando riprendeva le finalità già espresse nelle prime dieci edizioni… “La finalità del Premio è quella di sottolineare la grande importanza delle infrastrutture di trasporto secondo molteplici punti di vista; la consapevolezza dell’influenza che esercitano – oggi più che mai – in particolare sul paesaggio e dunque, in senso ampio, sulla nostra vita; l’urgenza che siano ispirate a criteri di qualità architettonica e di corretto inserimento nel contesto. Il Premio si propone di evidenziare, in tal senso, da un lato i diritti del singolo individuo e della collettività, dall’altro la responsabilità di quanti sono chiamati ad intervenire. Richiamando con forza l’urgenza di diffondere la cultura e di recuperare l’etica del pensare e dell’agire” Abbiamo ripreso la suddivisione in due sezioni: A. la prima sezione prende in considerazione le opere che siano frutto di ricerche specialistiche, anche in collegamento con le Università, B. la seconda sezione si propone di individuare le pubblicazioni che sappiano coniugare il rigore scientifico con l’orientamento alla divulgazione. La giuria era presieduta, quest’anno, da Franco Purini, Prof. Ordinario dell’Università di Roma La Sapienza. Gli altri membri della giuria erano: Laura Facchinelli, Direttrice della rivista, Oriana Giovinazzi, Assegnista di ricerca dell’Università Iuav di Venezia, Giuseppe Mazzeo, Ricercatore del CNR e Università di Napoli Federico II, Rocco Papa, Prof. Ordinario dello stesso ateneo, Enzo Siviero, Prof. Ordinario dell’Università Iuav di Venezia, Zeila Tesoriere, Prof. Associato della Scuola Politecnica, Università di Palermo. Hanno partecipato al premio 18 volumi. La giuria, riunitasi a Roma il 15 novembre, dopo aver espresso il compiacimento per l’alta qualità delle opere pervenute, ha scelto i seguenti vincitori: vincitore sezione A - Mariolina Besio, Ingegneria e paesaggio. Un progetto per valli e coste, Donzelli editore, 2014; vincitore sezione B - Paolo Costa, Maurizio Maresca, Il futuro europeo della portualità italiana, Marsilio editore, 2014. La giuria ha voluto assegnare anche due segnalazioni: Segnalazione sezione A - Ennio Cascetta, Benedetto Gravagnuolo (a cura di), Le metropolitane e il futuro delle città, Clean editore, 2014; Segnalazione sezione B – Aldo Bonomi, Roberto Masiero, Dalla smart city alla smart land, Marsilio editore, 2014. La premiazione si svolgerà, come già detto, a Napoli, nell’ambito del convegno di presentazione di questo n. 40 della rivista. Riproduzione riservata ©
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TRASPORTI & CULTURA N.40 VINCITORE SEZIONE A
VINCITORE SEZIONE B
OPERE CHE SIANO FRUTTO DI RICERCHE SPECIALISTICHE, ANCHE IN COLLEGAMENTO CON LE UNIVERSITÀ
PUBBLICAZIONI CHE SAPPIANO CONIUGARE IL RIGORE SCIENTIFICO CON L’ORIENTAMENTO ALLA DIVULGAZIONE
Mariolina Besio, Ingegneria e paesaggio. Un progetto per valli e coste, Donzelli editore, 2014
Paolo Costa, Maurizio Maresca, Il futuro europeo della portualità italiana, Marsilio editore, 2014
LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA Il volume mette in relazione ingegneria e paesaggio, che solitamente seguono percorsi separati. Grandi e piccole opere di ingegneria sono realizzate spesso in deroga agli strumenti urbanistici di governo del territorio e non tengono conto degli impatti su ambiente e paesaggio; gli strumenti urbanistici, che privilegiano l’edilizia, non sempre considerano i progetti di ingegneria del territorio con le conseguenti trasformazioni. Oggi l’urbanistica sta dilatando i suoi interessi ben oltre i confini della città tradizionale per affrontare il tema del progetto di territorio, con implicazioni ecologiche e ambientali, e attenzione agli esiti formali e paesaggistici delle strutture, infrastrutture e attrezzature dell’ingegneria. L’ingegneria progetta, da un lato, le grandi reti di collegamento fra gli Stati, funzionali alla competizione economica, dall’altro le reti minori, che penetrano fino nelle remote aree agricole limitandosi però a parametri di stabilità strutturale, innovazione tecnologica, costi. Nel XXI secolo è fondamentale mettere in relazione “ingegneria del territorio”, “urbanistica e pianificazione del territorio” e “architettura del paesaggio”, superando la settorialità degli approcci. In questa visione sta l’importanza di questo volume, che nella prima parte affronta il tema dell’integrazione disciplinare a livello teorico, mentre nella seconda parte documenta i risultati di una ricerca applicata alla Regione Liguria, dove sono state analizzate opere di consolidamento dei versanti e di sistemazione dei corsi d’acqua per valutare se prefigurino un disegno unitario e organico o siano interventi scollegati. Si sottolinea l’esigenza di percorsi formativi nelle facoltà di Architettura e Ingegneria e di ricerche interdisciplinari. Il libro si segnala anche per la sua struttura, intermedia tra una dimensione trattatistica non esibita ma esistente e operante e un’attenta ricognizione di casi specifici. Il tutto esposto con una notevole capacità narrativa che sottrae il contenuto del volume a un ambito discorsivo esclusivamente tecnico.
2 e 3 - Le copertine dei due libri premiati.
LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA Le nuove dinamiche politiche e geografiche del commercio mondiale portano necessariamente ad interrogarsi sul futuro della portualità italiana, e di conseguenza del sistema trasportistico e logistico del nostro Paese, all’interno del contesto europeo e rispetto alle nuove economie emergenti (Estremo Oriente, America del Sud, Africa), nonché a riflettere sulle conseguenze di scelte non adeguate o di mancate scelte in tema di traffici marittimo-portuali. La pubblicazione si pone al centro di un dibattito politico ed industriale importante, che non solo coinvolge un settore strategico per la competitività e lo sviluppo economico, ma stimola la sensibilità della collettività intera sulla scelta di una dimensione territoriale del Paese che, per necessità, dev’essere europea, o almeno mediterranea. Il futuro della portualità italiana “è europeo o non è”: questa è la tesi sostenuta dagli autori. Il libro costituisce un importante contributo intellettuale, ma anche di concreto indirizzo di politica dei trasporti, presentando studi e ricerche scientifiche con un linguaggio, non riservato agli esperti del settore, ma capace di rendere comprensibile il tema al pubblico vasto. Per superare le difficili condizioni dei porti italiani - scarsamente competitivi nella situazione attuale per quanto riguarda i traffici mondiali da e per l’Europa rispetto ai porti del Mare del Nord - occorre puntare, secondo gli autori, su un numero ridotto di porti organizzati in un sistema multiportuale (Alto Tirreno, Alto Adriatico, campano, pugliese e siciliano), dotato di interporti e retroporti, sfruttando proprio i corridoi TEN-T che offrono un vantaggio assoluto a quelli con uno sbocco sul Mediterraneo, disegnando la mappa dei trasporti della futura Europa. C’è da aggiungere infine che il libro si distingue anche per il modo con il quale difficili questioni tecniche sono state esposte. Un linguaggio di grande chiarezza riesce infatti a descrivere scenari complessi senza semplificarli, ma mettendo il lettore in grado di comprenderli con precisione nei loro elementi essenziali.
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TRASPORTI & CULTURA N.40 SEGNALAZIONE SEZIONE A
SEGNALAZIONE SEZIONE B
Ennio Cascetta, Benedetto Gravagnuolo (a cura di), Le metropolitane e il futuro delle città, Clean editore, 2014
Aldo Bonomi, Roberto Masiero, Dalle smart city alla smart land, Marsilio editore, 2014
4 - Nella pagina a fianco, in alto a sinistra: convegno conclusivo di una precedente edizione del Premio. 5 - Nella pagina a fianco, in alto al centro: galleria parasassi costruita a protezione della via Aurelia. La figura è tratta dal libro di Mariolina Besio, vincitore della sezione A del Premio . 6 - Nella pagina a fianco, a destra: l’alimentazione del Corridoio Scandinavo - Mediterraneo da parte di tutti i cinque sistemi multiportuali e logistici italiani. La figura è tratta dal libro di Paolo Costa e Maurizio Maresca, vincitore della sezione B del Premio. 7 - La sezione trasversale di valle di un ipotetico alveo fluviale, rappresentata in due diversi assetti. L’immagine è tratta dal libro di Mariolina Besio premiato. 8 e 9 - Le copertine dei due libri segnalati.
LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA La pubblicazione, che raccoglie gli Atti del Convegno dedicato a “Le metropolitane e il futuro delle città“ (Napoli, 19 febbraio 2013) descrive in modo analitico e dettagliato, con contributi scientifici e accademici, il progetto per lo sviluppo della rete metropolitana nella città di Napoli, lo stato di avanzamento delle opere e gli aspetti trasportistici e ingegneristici, le difficoltà costruttive e finanziarie di realizzazione, i cantieri aperti e gli interventi in previsione. Dall’altro lato il libro racconta, soprattutto attraverso una ricca documentazione fotografica, l’originalità di scelte urbanistiche e architettoniche che stanno progressivamente modificando la struttura territoriale urbana, sottolineando inoltre le ricadute economiche e sociali prodotte da quelle scelte e le potenzialità future. Riqualificazione del tessuto urbano e valorizzazione storica dei luoghi, mobilità sostenibile e funzionalità della rete, qualità architettonica e valenza estetica ed artistica degli spazi sono tra le finalità principali di un progetto che, a partire da una visione sistemica del trasporto urbano, si è tradotto in un’opera di eccellenza riconosciuta a livello internazionale. Una grande infrastruttura capace di diventare anche un luogo di socialità nel passaggio dalla dimensione sotterranea allo spazio pubblico esterno, mediato da stazioni dove materiali, colori e luci si fondono nelle diverse interpretazioni artistiche e in una pluralità di linguaggi. Il libro ha anche il merito di proporre indirettamente un metodo di concezione e di realizzazione di un’infrastruttura che assume il vero e proprio carattere di una nuova tipologia di monumento urbano, totale, dinamico e plurale.
LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA Da anni si parla di smart city, con riferimento prevalente alla tecnologia digitale, capace di rendere la città “intelligente”, ma spesso sfugge la portata della potente e rapida trasformazione in corso, che è anche economica e sociale e investe tutto il territorio. “Non c’è smart city senza smart land”: questa è la tesi portata avanti dagli autori dei due brevi saggi, che prendono avvio da un progetto della Fondazione Fabbri di Pieve di Soligo. Aldo Bonomi parte dalla “Resurrezione” di Piero della Francesca, metafora potente del Rinascimento, sostenendo l’idea che “smart land è l’adattamento al contesto italiano delle piattaforme territoriali del concetto di smart city nella prospettiva della sostenibilità e della green economy”. Idee forti, nella metamorfosi dei territori, sono i concetti di limite, di soft power, di resilienza. Guardando ai temi dell’Expo di Milano, l’autore sintetizza antropologia della terra e tecnica con la formula “better land, better city”. Dopo aver analizzato, con notazioni a volte sorprendenti, l’essere smart applicato alla città e al territorio, Roberto Masiero afferma la necessità di accompagnare i processi di cambiamento, nella direzione di “collaborare anziché competere, fare sistema anziché dominare, mettere continuamente in relazione”. E ascoltare, perché le logiche smart aprono a nuove forme di democrazia. Si sottolinea anche la capacità degli autori di sottrarre il concetto di smart alla dimensione performativa e propagandistica che esso assume in molti libri e articoli recenti, riportandola alla sua più propria sfera problematica.
Nella pagina seguente: due vedute di Napoli: piazza Museo con la stazione della metropolitana (in alto) e l’interno della stazione Toledo (in basso). Le foto sono di Laura Facchinelli.
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Autori Giuseppe Mazzeo - Ingegnere, Ricercatore, Istituto per gli Studi sulle Società del Mediterraneo, Napoli, Consiglio Nazionale delle Ricerche Rocco Papa - Professore ordinario di Tecnica Urbanistica, Università Federico II di Napoli Raffaella Niglio - Architetto, Borsista di ricerca progetto PON – SEM Smart Energy Master, Napoli Michael Boisvert - Université de Montréal, Canada, Institut d’urbanisme, Observatoire de la ville intérieure
Oriana Giovinazzi - Assegnista di ricerca, Dipartimento di Progettazione e Pianificazione in ambienti complessi, Università Iuav di Venezia Marion Girodo - Architetto. Studio SEURA, Parigi Laura Russo - Ingegnere, Dottoranda in Ingegneria dei Sistemi Civili, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale, Università Federico II di Napoli Alessandra De Cesaris - Dottore di ricerca in Composizione Architettonica, docente di Progettazione architettonica, Sapienza Università di Roma Rosaria Battarra - Architetto. Ricercatrice, Istituto per gli Studi sulle Società del Mediterraneo, Napoli, Consiglio Nazionale delle Ricerche Antonello De Risi - Ingegnere, Metropolitana di Napoli S.p.A. Rosa Anna La Rocca - Architetto, Ricercatrice presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale, Università Federico II di Napoli Enzo Siviero – Professore Ordinario di Tecnica delle costruzioni, Università Iuav, Venezia Michele Culatti – Architetto, dottore di ricerca all’Università di Trento e assegnista di ricerca Viviana Martini - Dottore di ricerca in Economia e tecnica della conservazione del patrimonio architettonico e ambientale Luigi Siviero - Architetto, Dottore di ricerca in Ingegneria Ambientale all’Università di Trento, assegnista di ricerca, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale, Università di Padova Alessandro Stocco - Architetto, dottorando presso l’Università di Nova Gorica Carmela Gargiulo - Professore Associato di Tecnica Urbanistica, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale, Università Federico II di Napoli Graziano Ferrari - Speleologo. Dottore in Scienze dell’informazione Raffaella Lamagna - Phd in Scienze Ambientali Carmela Fedele - Architetto Emanuele Saurwein - Architetto, titolare dello studio LANDS di Lugano, docente di progetto e teoria del progetto alla SUPSI di Lugano, Svizzera Floriana Zucaro - Ingegnere. Dottoranda in Ingegneria dei Sistemi Civili, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile ed Ambientale, Università Federico II di Napoli Questo numero della rivista è stato curato da Giuseppe Mazzeo, Ingegnere, Ricercatore, Istituto per gli Studi sulle Società del Mediterraneo, Napoli, Consiglio Nazionale delle Ricerche.
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