utilizzava come intermediari anche i serpenti – suoi animali simbolici –, arrivarono a riportare in vita i morti (forse proprio perché lui stesso nato da una morta) e perciò venne fulminato da Zeus, affinché non ci fosse piú uomo capace di sovvertire l’ordine naturale delle cose stabilito dal padre degli dèi immortali. Ancora una volta, però, intervenne Apollo, cosicché Asclepio fu tramutato in una costellazione, Ophiuchus (colui che tiene i serpenti) e quindi introdotto nell’Olimpo con un’apoteosi, divenendo destinatario di un culto fortunatissimo. I discendenti di Asclepio e i suoi adepti erano detti Asclepiadi, depositari delle eccezionali conoscenze del dio, le cui competenze si tramandavano di generazione in generazione all’interno di questa casta, unendo in un legame strettissimo la medicina alla religione. Nel Giuramento di Ippocrate, il primo testo deontologico della medicina «moderna» e tradizionalmente fatto risalire alle parole dell’omonimo medico di Cos (460-377 a.C. circa), le prime parole sono: «Giuro per Apollo Medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dei e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni». La famiglia di Asclepio compare con buona probabilità su una splendida lastra in marmo proveniente da Philippopolis (l’odierna Plovdiv, in Bulgaria), databile al III secolo d.C. Fra i numerosi personaggi, sono senza dubbio riconoscibili Asclepio, Telesforo, i due figli guerrieri Podalirio e Macaone, menzionati da Omero come condottieri di popoli greci nella guerra di Troia: «E poi le genti di Tricca, quelli di Itome rocciosa, di Ecalia, la città di Eurito: li guidano i due figli di Asclepio
salutari il sogno guaritore, che nel rilievo indossa il tipico mantello con cappuccio che lo contraddistingue, il cocullus. Poi vi sono numerose figure femminili, una delle quali sicuramente è Igea, la piú celebre delle figlie del dio.
UNA SCENA COMPLESSA
Moneta in bronzo di Filippo I l’Arabo battuta a Bizya, in Tracia. 244-249 d.C. Al dritto, il profilo dell’imperatore; al rovescio, un simposio divino al quale partecipano Apollo, Asclepio, Igea, Telesforo, Zeus e Tyche. Nella pagina accanto: rilievo con Asclepio e la sua famiglia, da Philippopolis. III sec. d.C. Plovdiv, Museo Archeologico Regionale. Podalirio e Macaone, medici illustri» (Iliade, II, 730). Il primo eccelse nelle cure mediche, mentre il secondo venne ucciso in battaglia. Altro figlio (o assistente) di Asclepio, è il piccolo Telesforo, personaggio che sovrintende alla convalescenza aiutando i malati nell’incubazione, quando attendono nei templi
Su una moneta di Filippo l’Arabo (244-249 d.C.) battuta a Bizya (Tracia) campeggia una complessa scena, resa su piú piani che ben rappresenta lo spirito religioso sincretistico dell’epoca, dove la massima rilevanza è data alle divinità salutari. Al centro, Apollo nudo in piedi a gambe incrociate, tiene un ramo di alloro; accanto c’è il serpente attorcigliato attorno all’omphalos, la sacra pietra del santuario di Apollo a Delfi (o forse un uovo simbolo di eterna rinascita?). A sinistra Asclepio, maturo e ammantato, con il caduceo intorno al quale si avvolge il sacro serpente da un lato e dall’altro il piccolo Telesforo; a destra, Igea riccamente abbigliata, nutre il serpente dalla patera. Sullo sfondo, TycheFortuna, in trono, con timone e cornucopia e Zeus che scaglia i fulmine (Keraunos); le due divinità poggiano su una basetta, come a ricordare un’effettiva immagine statuaria presa a modello. L’iscrizione riporta il nome della popolazione responsabile dell’emissione: Bizyonon. Riunire in un’unica moneta un tale insieme di potenti divinità salutifere e apportatrici di fortuna e vittoria doveva mirare a garantire, senza possibilità di errore, tutto ciò che un popolo, e un imperatore, potevano desiderare dal Fato. E, oltre al normale valore come mezzo di scambio, tali esemplari potrebbero essere stati considerati, per l’immagine beneaugurante, efficaci talismani apotropaici.
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