Archeo n. 415, Settembre 2019

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DA MAUSOLO AI MAUSOLEI Il Mausoleo di Alicarnasso è forse l’unico esempio di tipologia di edificio che abbia preso nome da una persona. Il monumento funebre eretto in onore del re di Caria, Mausolo, nel IV secolo a.C. fu annoverato tra le sette meraviglie del mondo per le imponenti dimensioni (il recinto che lo circondava era di 242 x 105,50 m; sormontato da una quadriga al culmine di un tetto a sezione piramidale, l’edificio raggiungeva i 45 m circa d’altezza); per la quantità delle statue in marmo, che lo adornavano lungo i vari ripiani, piú di 300; ma anche per la qualità artistica: vi lavorarono scultori come Skopas e Leochares, e architetti come Pytheos e Satyros. Dell’intero edificio resta molto poco: dopo un violento terremoto del 1304, l’ingente materiale edilizio fu infatti utilizzato dai Cavalieri Gerosolimitani per erigere il Castello di San Pietro, iniziato nel 1402, a difesa

dell’avanzata ottomana. Chi voglia farsi un’idea del suo aspetto e della sua eleganza, può però recarsi a Milas, per ammirare il mausoleo detto Gümüskesen, ben conservato e risalente all’età romana: in dimensioni minori, ripete piú o meno la struttura del grande modello alicarnasseo.

misteriosa della regione: Ecate tricorpore. Sono rarissimi i santuari dedicati nel mondo antico a questa divinità. Quello di Lagina era strettamente legato alla vicina Stratonicea anche attraverso una via sacra di cui non resta che il tratto iniziale. Lungo quella strada, ogni anno, muoveva la processione in onore della dea. Multiforme, ambigua, potente, ancor piú antica degli dèi omerici poiché figlia di due Titani (Perse e Asteria), Ecate aveva tre corpi o tre teste che volgevano in direzioni diverse. Erano infatti di sua competenza le tre sfere del cielo, del mare e degli inferi. Tuttavia, col passare dei secoli, il suo ruolo si concentrò in quello di guida delle anime, uno «psicopompo» al femminile, tanto che viene celebrata al principio dei cosiddetti Inni orfici, legati al culto dell’eroe Orfeo, capace di scendere e poi risalire dall’Ade.

In alto, a sinistra: particolare del soffitto a cassettoni del Gümüskesen di Mylasa. In alto, a destra: modellino del Mausoleo di Alicarnasso.

Anche a Lagina arrivo di buon ora, al mattino,. Il cielo, in questa primavera incipiente, è rannuvolato, e solo a tratti lascia spazio a un pallido sole, quasi per intonarsi allo spirito mesto del luogo, di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei defunti. Dal verde intenso dell’erba alta, inframmezzata per ogni dove da candidi frammenti di edifici abbattuti, spuntano, come gocce di sangue, brillanti papaveri. I propilei sono forse la parte piú originale del santuario, poiché hanno un portico con un elegante colonnato ellittico. Ma anche quel che resta del monumentale altare ove salgo alla fine della mia visita è impressionante: oggi è un ammasso voluminoso di marmi purissimi che brillerebbero, se vi fosse il sole. Come a un centro di gravità pulsante a cui ogni volta ritorno, è sempre da Mugla che poi riparto, con destinazioni a raggiera, per le a r c h e o 95


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