XtremeStuff 02 by Gian Luca Corona

XTREMESTUFF MAGAZINE Anno I numero 02 Maggio / Giugno 20 05

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Triathlon Paracadutismo Kitesurf Freeclimbing Enduro FMX Catamarano Motocross Viaggi Avventura

Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Cagliari

Lady Geco Jenny Lavarda ha fatto del freeclimbing la propria passione

Olav Zipse r i suoi Spa ce Games

Kitesurf adrenalina pura

M A GGI O / GIu G NO - a n no 2 005

Numero 02 xt r em e st u f f m a g azi n e

hlon Triat ti t er tu p t r po uno s

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Xtreme stuff

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Sommario ��

Xtremestuff Magazine Numero 02 Maggio - Giugno anno 2005

Olav Zipser: Vi presento i m iei Space Games !

L’inventore del freefly in esclusiva illustra ad Xtreme Stuff Maga l’evento 2005 del paracadu zine tismo

Xadrenal adrenali ine ne

Xadrenaline

italiano.

Kite, adrenalin a pura

Un aquilone al posto della tradizionale vela da wind tavola anco surf e una ra piu' picc snowboard: ola di uno e' il kitesurf, giovane e adrenalinico uno sport sempre un che regala tocco di spet tacolarita'

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�� Xolympic �� Ha fatto�� del "climbing" �� la�� prop �� ria�� pass �� ione, �� disp ��iegan �� una �� carri �� do �� era �� agon �� istica�� che,�� la vede sepp �� gia' ai �� ur agli �� , inizi vert �� e tra i prim �� ici�� itali �� ani i post�� i al �� mond �� o. �� Stiamo parla �� ndo di

Lady Geco

professione

Xwoman woman

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Xinterview

A Scuola di En duro con: Maurizio Sann a

Jenny Lava rda, Freeclimber

In questo numero siam o andati a di enduro scuo con Maurizio re ufficiale Sanna, istru la ttoscuo scoprire dove la KTM, per aiuta rvi a , quando e meglio la come usare vostra moto al . Durante la intervista nostra il discorso e' poi sciv sull’ultima olato tragica espe esaltante ed in cert i rienza vissu versi primi di genn ta izio, i aio, durante da Maur a della Parig i-Dakar, quan la 27 edizione stata fata do una caduta e' le all’amico e compagno di gara Fabrizio Meon i,

Il Diavolo Ross o

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Dalle gare di cross alle corse su strad dalle gare in pista alle a, esaltanti nel duath prestazion i vi presentiam lon e nel triathlon: o Alessandro Alessandri il campione , italiano di Duathlon e non solo...

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10 Triathlon, uno sport per tutti 16 Il diavolo rosso

Per Alessandro Alessandri, apprezzato campione italiano di Duathlon e non solo, il minimo comune denominatore è superare continuamente i propri limiti, non solo fisici.

20 Diventare un vero atleta 24 Olav Zipser: vi presento i miei Space Games!

Ha vinto praticamente tutto e soprattutto può essere considerato il padre del freefly. In esclusiva su XtremeStuff Magazine, Olav Zipser illustra l’evento 2005 del paracadutismo italiano.

32 Giocare con la testa tra le nuvole 38 Arrampicata a misura di bambino 40 Kite, adrenalina pura:

Quasi uno stile di vita, passione per il vento e lo sport estremo. Vi raccontiamo come è nato questo spettacolare sport.

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44 Sarà lei la regina della King of the air? 48 Lady Geco:

Ha fatto del freeclimbing la propria passione, raggiungendo nonostante la sua giovane età i primi posti nel mondo. Ecco a voi Jenny Lavarda.

56 A scuola di enduro con Maurizio Sanna:

L’istruttore ufficiale scuola KTM ci racconta la sua ultima esaltante e, in certi versi, tragica esperienza vissuta alla Parigi Dakar. Gara nella quale ha perso la vita l’amico Fabrizio Meoni.

62 Chi ha detto che la pasta fa ingrassare? 64 Incontri ravvicinati del "quarto" tipo

La straordinaria sfida tra un enduro e due downhill.

72 Maratona internazionale di Alghero

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stuff Xsummary Xtreme

Upsala, il gigan te di ghiaccio

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Xmission

La nuova missione glaciospeleolo di gia del team La Venta

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Xstory

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Groenlandia, senza tempo

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un luogo

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Xteam

Una pagina dal diario di Dario Ferr o, fotografo e alpinista

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Caravanserai

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Xman

Volare sulle on de

L’avventuro sa spedizion di Seba e e Barba dallo Xijan g cinese al Peak Lenin lungo la Via della Seta

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Abbiamo solca to le onde su un “Torna il veloce catamarano do”, considerato la “Ferrari” del mare

DA BOOT St ory

Un’amicizia

nata su una rampa da FMX

Il Vocabola rio ��

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Ande patagoniche: cime ghiacciate e guglie impressionanti, l’ultima esaltante missione di glaciospeleologia del team La Venta

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80 Upsala, il gigante di ghiaccio

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Dubai, perla mondiale del turismo di lusso

Dario Ferro, fotografo e alpinista, ha aperto il suo diario per raccontarci la vita degli abitanti di Aappilattoq, un piccolo paese circondato dai ghiacci dove la vita e la morte si scontrano quotidianamente.

94 Melloblocco

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96 La Da Boot Story

Un’amicizia nata su un kiker di ferro. I Da Boot si raccontano e ci mostrano alcune spericolate acrobazie di FMX.

102 1° Campionato di guida sicura 104 Marco Zaffaroni “Zaffa”, fuori del comune senso del pudore sportivo 108 Caravanserai

Seguiremo in diverse puntate la spedizione in mountain bike e sci alpinismo di Sebastiano Audisio e Cristiano Peirano nel nord ovest della Cina misteriosa, dallo Xijang al Peak Lenin lungo la Via della Seta.

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112 Volare sulle onde

Si può andare a vela in molti modi, ma non come su un catamarano “Tornado”, il doppio della classe olimpica.

116 La regina degli Emirati

A spasso per Dubai, la perla mondiale del turismo di lusso.

122 Vertical Adventures Center 126 Il tuo estremo 127 Porsche 911 Carrera 4 e 4S Coupè Maggio - Giugno

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Xtravel

La Regina degli Emirati

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88 Groenlandia, un luogo senza tempo

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Editoriale Anno I - Numero 2 - Bimestrale Maggio - Giugno 2005 Editore e Pubblicità Publiteam s.r.l. www.publiteam.com Uffici e sede amministrativa Via Cagliari, 124 - 09028 Sestu (Ca) Tel. 070 261055 - Fax 070 230819 e-mail: info@publiteam.com Sede Legale Via Togliatti 78 09028 Sestu (Ca) Direttore editoriale e responsabile Gian Luca Corona gianluca@publiteam.com Responsabile di Redazione Marianna Macis Redazione Patrizia Salaris Rosa Podda Emanuele Concas Paolo Gianfanti Marketing Massimo Pieranunzi Art Director Alessandro Cirina Hanno collaborato Carlo Brena, Barbara Cardinali Dario Ferro, Giorgio Sabbioni Roberto Rossetti Fotografie Archivio www.redbull.com Archivio www.terramia.it Roberto Mettifogo, Dario Ferro Antonio Baldisserotto Paolo Petrignani, Giovanni Mossina Distributore per l’Italia Società Europea di Edizioni SpA Via G. Negri, 4 - Milano Stampa Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche Bergamo Arvato Ringraziamo Antonio Baldisserotto, Tullio Bernabei Carlo Brena, Barbara Cardinali Vinicio Stefanello In copertina: Jenny Lavarda Non si restituiscono testi e materiali illustrativi non espressamente richiesti. Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comporta responsabilità alcuna per l’Editore. Xtremestuff Magazine è registrato presso il Tribunale di Cagliari al n° 14/05 Codice ISSN 1825-8158

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GRAZIE Questo grazie è da parte di tutto il team di “XtremeStuff”. Grazie perché ci avete premiato, perché ci avete dato i migliori consigli per realizzare un magazine migliore, criticandoci in modo costruttivo, segnalandoci gli eventi, le gare e le manifestazioni che si sono svolte in giro per l’Europa e che si svolgeranno a breve. Grazie perché ci avete inviato le vostre imprese più estreme, perché ci avete dedicato del tempo e delle attenzioni, perché ci avete segnalato l’impossibilità di reperire la rivista in edicola, aiutandoci a migliorare la distribuzione. Da questo numero sarà presente la rubrica interattiva, dove pubblicheremo le imprese e le esperienze vissute da chi ha iniziato a praticare sport non convenzionali o cosi detti estremi. A tutti coloro che ci hanno richiesto come sottoscrivere un abbonamento, troverete tutte le indicazioni nella rubrica Xnews all’interno del magazine e nella sezione abbonamenti del sito web all’indirizzo www.xtremestuff.it, un sito nuovo, dinamico, con delle sezioni dedicate a tutti i lettori, dove si potranno pubblicare le proprie esperienze, interagire con altri atleti, scambiarsi informazioni sugli eventi e sui materiali utilizzati, insomma un sito dinamico dove poter creare dei forum di discussione e non solo. Vi lasciamo alla lettura di questo fantastico numero ricco di eventi, imprese e curiosità; non dimenticateVi che aspettiamo sempre le Vostre considerazioni, impressioni e critiche. Scriveteci a: info@xtremestuff.it Buona Lettura Gian Luca Corona

Errata Corrige: Gli articoli "Arrampicare è un'arte" e "Ritratto di un uragano", pubblicati nel primo numero di Xtremestuff Magazine, sono stati realizzati da Barbara Brighetti

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Xtreme stuff

in collaborazione con:

Vantaggi della navigazione tramite Tiscali Easy card • • • • • •

nessun abbonamento a Internet nessuna cessione di dati personali semplicità ed immediatezza di utilizzo velocità connessione, Tiscali supporta lo standard di connessione V.92 (http://assistenza.tiscali.it/connessione/v92/) connessione a Internet tramite numero unico da tutta Italia nessun costo aggiuntivo rispetto alla normale connessione Tiscali dial up free

Guida all’utilizzo del servizio • • • • • • • • •

L’utilizzo del servizio è semplicissimo,è sufficiente aprire start di windows selezionare Tutti i programmi, quindi Accessori, Comuni cazioni e Creazione guidata nuova connessione. In questo modo si avvia automaticamente la procedura guidata Nella prima schermata cliccare su Avanti nella successiva selezionare la voce Connessione a Internet Confermiamo di nuovo Avanti, scegliendo poi Imposta connessione manualmente Nella nuova schermata selezionare Connessione tramite modem remoto inserire Tiscali Easy nel campo Nome ISP Cliccare su Avanti e scrivere il numero di telefono 7023456789, valido per tutta l’Italia Successivamente come Nome utente inseriamo Extreme e come Password tiscali ora Conferma password Procediamo nel completamento della creazione guidata Ora per accedere al Web è sufficiente selezionare Start, Tutti i programmi, Connetti a Tiscali Easy

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Xtremestuff Magazine OnLine www.xtremestuff.it Ricco e accattivante, carico di interattivita'. Accedi... Registrati e diventa anche tu parte attiva del sito! Nelle sezioni dedicate a Voi lettori potrete pubblicare le vostre esperienze, interagire tra di Voi con il nostro FORUM di discussione, lasciare i vostri messaggi nel Guestbook, scriverci le vostre news che pubblicheremo giornalmente e tanto altro... Sarete Voi il cuore del sito con le vostre avventure. venite a trovarci su www.xtremestuff.it

Tavole... sul Web www.freestyler.it Una vera e propria community per "riders" di tutte le eta'

Chi siamo? Trattiamo sport su tavola, nello specifico snowboard, surf, windsurf, wakeboard, kitesurf, skateboard, longboard e mountainboard. 6 anni fa, l’integrazione di questi sport era una cosa nuova per i siti italiani: tutti erano monotematici prima della nostra uscita. Oggi, i board web site offrono agli utenti servizi sulle varie discipline sportive trasversali e ne siamo orgoliosi, perché significa che la nostra idea si è rivelata valida. www.freestyler.it è un portale informativo senza alcun fine di lucro personale, dove si possono trovare ogni genere di nozioni e

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curiosità: webcam, recensioni, articoli, location, test e manutenzione materiali, safety, trick school, links e tanto altro ancora! Inoltre, dal 2003 abbiamo iniziato ad organizzare SnowCamp e WaterCamp, la cui partecipazione è stata sempre molto vasta, superando anche le 70 persone come al 1° FREE SNOW CAMP italiano svoltosi lo scorso dicembre, durante il quale abbiamo interamente finanziato il corso di snowboard a 20 principianti. Il nostro motore è la Passione più pura, il desidero di far conoscere i board sport a più persone possibili. E il nostro target non è limitato: difatti gli utenti di www.freestyler.it vanno dal principiante all’intermedio all’esperto, rendendo l’interazione assolutamente complementare. Questo è uno dei nostri punti di forza, oltre al non avere interessi economici che ci permette di espletare la nostra missione in totale armonia e serenità. Cos’aspettate? Venite a trovarci su www.freestyler.it

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Nel Prossimo Numero Alcune anticipazioni degli articoli che stiamo preparando per voi...

Apnea Agonistica Enzo Maiorca, Jacques Mayol e Umberto Pelizzari sono solo alcuni dei nomi che ci riportano alla memoria le grandi sfide negli abissi marini. Vi mostreremo la spettacolarità di questo sport e il fascino che comporta scendere a grandi profondità.

Moto d'Acqua Il Campionato italiano di moto d’acqua 2005 e le sue gare molto combattute e ricche di sorprese, che ad ogni tappa entusiasmano il grande pubblico.

Rally di Sardegna reportage della 19° edizione della gara motociclistica fuoristrada per eccellenza. Una sfida ad altissimo livello sia per la partecipazione dei più forti specialisti, sia per il percorso ancora una volta segreto.

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RALLY DI SARDEGNA La sfida fuoristrada su due ruote per eccellenza Ritorna l’attesissimo Rally di Sardegna. Giunta quest’anno alla 19° edizione, la gara motociclistica fuoristrada internazionale, organizzata dal Moto Club Sardegna, sarà anche la prova finale del Campionato Italiano Raid Tout Terrain. Da lunedì 13 a venerdì 17 giugno, si annuncia un’altra edizione ad altissimo livello sia per la partecipazione dei più forti specialisti (molti figurano nell’albo d’oro della competizione), sia per la location che si sposta in una rinomata località turistica sulla costa orientale, sia per il percorso ancora una volta inedito. Il percorso, segreto e ancora una volta a margherita, prevede tappe anche di 300 km, con due prove speciali al giorno; la route sarà più scorrevole degli anni passati, più rallistica che enduristica, e toccherà le più belle zone della costa orientale per arrivare al più selvaggio e intricato entroterra. I piloti riceveranno solo alla partenza il Road-book, attraverso il quale scopriranno, passo dopo passo, la strada da percorrere. Una novità: sarà possibile noleggiare le moto KTM 450 EXC e vivere il rally a fianco dei principali protagonisti. Per informazioni: www.rallydisardegna.org

La 12 Ore di Triathlon La grande estate degli eventi Friesian Team si concluderà nel weekend del 16 luglio con la seconda edizione del Triathlon Contest di Cesate. All’interno della manifestazione “Sport in Festa” in programma nel comune milanese dal 7 al 17 luglio, si terrà la “12 di triathlon” - unico evento al mondo del genere. Partenza ore 21 di sabato sera e conclusione alle 9 del mattino del giorno dopo. Partecipazione individuale o a squadre di tre atleti per team. Maggiori informazioni sulle modalità di iscrizione presso: la sede del Friesian Team in Corso della Vittoria, 1034 - 21042 Caronno Pertusella (VA) - Tel. 335.354.958 fax 02.9645.7364 info@friesianteam.com - www.friesianteam.com.

Italia Surf EXPO’ 2005 L’Italia Surf Expo 2005 è ormai alle porte. L’unico evento in Italia, giunto alla settima edizione, dedicato alla moda e all’equipaggiamento degli sport attivi più di tendenza, praticati in tutto il mondo e che, finalmente, si stanno sempre più diffondendo anche nella penisola. Surf, skateboard, bmx, motoquad, windsurf, moto-x, kitesurf sono solo alcune delle discipline che, dal 17 al 19 giugno, animeranno il porto di Civitavecchia, su una superficie di oltre 20 mila mq che ospiterà circa 40 mila visitatori. Con il “Braun Cruzer Tour 05”, il campionato internazionale di Bmx, “Freestyle Moto X” dove per la prima volta il freestyle motocross entra a far parte degli eventi Ise, l'“Ise Surf Contest”, gara di surf da onda dove, tempo permettendo, si sfideranno i migliori surfers, special guest l’australiano Beau Young, e non poteva sicuramente mancare il “Bikini Fashion Show”, la sfilata delle più belle ragazze in bikini con il meglio delle collezioni moda più hot del momento. Per info: info@italiasurfexpo.it. X3M02

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GP D'ITALIA Campionato del Mondo di Motocross Grande festa dello sport, l’11 e il 12 giugno, sulla pista di Gioiella, per il Gran Premio d’Italia, ottava prova del campionato mondiale di motocross classi MX1 e MX2. L’impianto di Castiglione del Lago (PG) è, infatti, tra i pochissimi in Italia pronto a sopportare l’impatto che una gara del genere comporta. Già nel 2001 e nel 2002 la pista umbra, lunga 1.750 metri, ha ospitato il “triplo mondiale” e dunque ha già affrontato e superato egregiamente l’impatto con il nuovo corso del motocross iridato. L’organizzazione, curata dalla Federazione Motociclistica Italiana in collaborazione con il Moto Club Trasimeno, ha lavorato a pieno ritmo per accogliere nel miglior modo possibile tutti gli spettatori che vorranno essere presenti ad uno spettacolo così coinvolgente e di altissimo livello tecnico. Per informazioni: www.federmoto.it/mondialecross.

UCI Mountain Bike & Trials World Championships Prosegue la marcia di avvicinamento verso i Campionati Mondiali di mountain bike, in programma a Livigno dal 28 agosto al 4 settembre. I sopralluoghi sui tracciati, che saranno teatro dei prossimi mondiali, hanno portato, infatti, i dirigenti della Federazione Internazionale (U.C.I.) ad esprimere un giudizio positivo sul lavoro fatto finora dal comitato di Livigno. In particolare, per quanto riguarda la definizione dei tracciati di gara, l’U. C.I. ha accettato le modifiche proposte dall’organizzazione per il percorso cross country. L’anello di gara, adottato in occasione delle finali di Coppa del Mondo del settembre 2004, verrà infatti allungato di una distanza indicativa di poco più di un chilometro e la parte di discesa che lo scorso anno conduceva i concorrenti dalla Val Federia al centro del paese, verrà percorsa in senso contrario. Con l’introduzione di questa variante, il percorso di gara prende la forma di un “8” con un passaggio incrociato all’altezza del ponte collocato a metà della pista ciclabile. Una soluzione che è piaciuta ai delegati tecnici U.C.I. e che permetterà ai concorrenti di transitare due volte in zona traguardo, offrendo in questo modo più spettacolo al numeroso pubblico atteso. Confermati, infine, i tracciati di gara di downhill e 4-cross.

100 miglia sul deserto del Namib Dal 2 al 9 luglio, sul più bello e antico dei deserti, una gara al limite dell’estremo. 150 km di corsa da percorrere in 5 tappe sull’esclusivo Sossusvlei Lodge nel Namib Naukluff Park, nel cuore dell’Africa australe. Un programma veramente unico, ricco di atmosfera e suggestione, per la seconda edizione di un evento che non ha eguali nel panorama delle gare di corse nel deserto.

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Triathlon uno Sport per Tutti Il Direttore Tecnico Nazionale delle due Olimpiadi del triathlon, Sidney e Atene, Roberto Tamburri illustra le principali peculiarita' del Triathlon, da quello identificato come sport per tutti, a quello â&#x20AC;&#x2DC;estremoâ&#x20AC;&#x2122; degli Ironman.

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Il Triathlon fa bene! E’ un’affermazione sempre più frequente ormai, sia tra gli ‘addetti’ ai lavori, sia per i più che lo conoscono ed iniziano a praticarlo “Il triathlon è uno sport di endurance che racchiude in sè il meglio di tre sport: la fluidità del nuoto, la velocità del ciclismo, la resistenza della corsa. Riuniti tutti in un’unica performance altamente spettacolare. I concorrenti devono infatti passare senza interruzioni da una frazione di gara all’altra, dimostrando ottime capacità condizionali quali forza e resistenza, ma anche buone capacità coordinative, dovendo esprimere durante il loro sforzo gestualità sportive completamente differenti tra loro, quali il nuotare, il pedalare ed il correre. Il triathlon non è quindi, come qualcuno potrebbe pensare, la somma di tre sport ma un vero e proprio sport a sè stante. Il fascino della sua immagine, tra l’altro, è legato agli ambienti in cui si svolge e al fatto che l’atleta li vive in sequenza unica, con unica mentalità e con un unico sforzo”.

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E proprio a proposito di sforzo, la domanda che sorge spontanea, pensando ai cosiddetti ‘uomini di ferro’ è: ma il triathlon è o può essere interpretato come sport ‘estremo’? Andiamo per gradi, se vogliamo proprio attribuire l’aggettivo ‘estremo’ al triathlon, dobbiamo riferirci solamente al triathlon degli Ironman, atleti che si impegnano su distanze che sembrano inaccessibili ai molti, ma la mia convinzione è diversa. Per partecipare ad un ironman, ad un triathlon lungo, ciò che conta è la preparazione e non c’è nulla di estremo in questo. Una buona e costante preparazione, seguita da un tecnico adeguato, da ‘scandirsi’ a seconda delle caratteristiche e situazioni di ogni singolo atleta. Se di estremo vogliamo parlare, invece, direi che ciò che rende questi uomini e donne, atleti professionisti e non, è l’approccio mentale, ossia l’ “estrema” determinazione e volontà che si ha per riuscire a portare a termine una gara del genere, in cui ad esempio nell’ironman, dopo aver nuotato per 3,800km ed aver pedalato per ben 180 chilometri, devono ancora effettuare una maratona. Ebbene è soprattutto ed innanzitutto una questione di testa, di concentrazione, una ‘volontà estrema’ di portare a termine una gara. Ecco quello che differenzia queste persone dalle altre”.

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E per il Triathlon alla portata di tutti, l’olimpico, lo sprint, ecc.? In linea di massima si può affermare che nel Triathlon, nato come la massima espressione di sport aerobico, per quanto riguarda la distanza olimpica, si stia passando ad uno sforzo di tipo aerobicoanaerobico misto, anche se con una netta prevalenza di lavoro sviluppato in presenza di ossigeno. Dagli ultimi studi compiuti su vari sport è emerso che il triathlon è uno degli sport più completi. Ciò si deve, a dire degli esperti, soprattutto alla sua peculiarità e alla regolarità degli sforzi che richiede. Con questa combinazione di attività si coinvolgono tutte le grandi masse muscolari, agendo beneficamente sia sul sistema cardiovascolare sia su quello respiratorio. Allo stesso tempo può essere praticato dall’atleta elite che gareggia sulle distanze olimpiche e dall’atleta amatore che sceglierà le distanze più consone al proprio livello tecnico e fisico.

Infatti, coloro che hanno la capacità di sviluppare una maggiore potenza muscolare, prediligeranno le distanze più brevi e tecniche, mentre chi preferisce misurarsi sulle lunghe distanze, potrà optare per gare di lungo (sia nel triathlon che nel duathlon) la cui specificità risiede nel minore sforzo imposto al fisico e, di conseguenza, minore stress che rende accessibili gare di lunga distanza a tutti. Anche specialisti nuotatori, o ciclisti o podisti, si avvicinano al triathlon trovandovi nuovi stimoli e motivazioni. E’ spesso un’occasione per uscire fuori dalla monotonia dell’allenamento o di esprimere nuovi contenuti competitivi esauriti magari nel singolo sport. Sia nel triathlon che nel duathlon poi esistono distanze diverse alle quali approcciare secondo le proprie opportunità, esigenze e qualità fisiche e tecniche.

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SKY SPORT 2 dedica a PUNTO TRIATHLON una collocazione in palinsesto molto importante, con tre passaggi settimanali: il giovedì alle ore 22.00, il martedì alle ore 00.15 ed il mercoledì alle ore 8.00, da maggio ad ottobre. La PUBBLITEAM TV SERVICE, società di produzioni televisive specializzata, in collaborazione con la F.I.TRIATHLON, conferma, infatti, il suo impegno televisivo nello sport. La seconda edizione di PUNTO TRIATHLON sarà un magazine dedicato agli amanti degli sport multidisciplina, un’ampia finestra sul triathlon e duathlon con all’interno eventi nazionali ed internazionali, schede tecniche e profili dei campioni di questi sport.

Qualche esempio sui diversi modi di affrontare un allenamento e sulle caratteristiche del triathlon rispetto alle altre specialità, caratteristiche che appartengono solo al triathlon? ” L’allenamento, in funzione dello sforzo fisico da affrontare, deve tenere conto non soltanto delle peculiarita’ dei singoli sport, ma del rapporto che intercorre tra essi, considerato nel complesso della competizione, e di conseguenza delle specificita’ che assumono i passaggi tra una singola disciplina e l’altra. Infatti uno degli aspetti ‘tipici’ che ha solo il triathlon è la transizione dal nuoto alle due ruote prima, e dal ciclismo alla corsa poi. In questo senso, da segnalare che è proprio questo uno dei ‘gesti’ , momenti più ‘originali’ e caratteristici del triathlon, quella parte di competizione ed ‘applicazione’ che è la transizione, ossia la zona cambio, dove gli atleti depositano il proprio abbigliamento e bici, nelle differenti fasi di gara, per poi proseguire cambiando gli indumenti necessari. Ad esempio, il cambio nuoto/ciclismo e’ uno dei momenti piu’ emozionanti e peculiari della gara, sia per l’ aspetto tecnico che per quello fisico. Passare dalla frazione acquatica a quella ciclistica significa dover eseguire la seguente serie di azioni in modo veloce e fluido, senza intoppi, nella ricerca della perfetta automazione nel: togliersi la muta, il cui utilizzo e’ obbligatorio in acque aperte dai 16 gradi in giu’, infilarsi abbigliamento e attrezzatura (es. caschetto) per la tratta che si sta per affrontare, saltare sulla bici e tutto ciò tenendo bene a mente tutto, senza sbagliarsi mai e con estrema concentrazione su ogni passo. Un risultato non facile da raggiungere, anche in questo caso il triathlon/duathlon ti insegnano a rispettare e sviluppare una serie di approcci mentali, strategie, tattiche, capacità fisica da amministrare sempre con molta attenzione e cognizione di causa. La dimostrazione ulteriore che oltre ad essere uno sport completo dal punto di vista prettamente fisico lo è altrettanto dal punto di vista mentale”.

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Vogliamo concludere queste prime considerazioni generali, richiamando l’attenzione sui dati del movimento di queste multidiscipline in Italia; dati che confermano quanto si siano velocemente diffuse e stiano ulteriormente crescendo: nell’ultimo decennio, oltre 400 gare nei week-end estivi in tutto il territorio nazionale, 12.000 tesserati, 250 società sportive, tanti giovanissimi nell’attività di base dei ‘TriKids’ e importanti risultati internazionali degli azzurri che senza dubbio avvicineranno nuovi sportivi. Non dimentichiamo che il triathlon è stato accolto a Sidney come lo sport del Terzo Millennio! Barbara Cardinali

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Il Diavolo Rosso Dalle gare di cross alle corse su strada, dalle gare in pista alle esaltanti prestazioni nel duathlon e nel triathlon: vi presentiamo Alessandro Alessandri, il campione italiano di Duathlon e non solo...

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Duathlon, Triathlon, Ironman, Maratone… per Alessandro Alessandri, ‘multispecialista’ per eccellenza, il senso dell’ ‘estremo’, nonostante alcune sue ardue e faticose imprese sportive, proprio non lo sente. Avverte piuttosto un’altra forte motivazione che lo spinge a praticare sempre più sport duri e difficili, ossia il forte stimolo agonistico, voglia di vincere e non solo di ‘esserci’. 35enne di Rimini, nato sportivamente a 5 anni (!), da ‘Pulcino’ nelle corse su strada, passando per l’atletica leggera a partire dagli 8 anni e da lì, la trafila fino al mezzofondo veloce, con la grande passione della corsa mantenuta fino al 1997, Alessandri è oggi un apprezzato e conosciuto campione soprattutto di duathlon, con successi europei e mondiali, individuali e a squadre. Ma Alessandri, ‘il Diavolo Rosso’, è anche un azzurro

della nazionale di Triathlon sulla Lunga distanza ed un atleta ‘elite’, che ha già partecipato a diversi Ironman, dall’esordio in Nuova Zelanda nel 2003, in cui si piazzò 10° (con un brillante tempo di 8 ore 55 minuti e 28 secondi) conquistando la partecipazione al leggendario Ironman delle Hawaii (97°), ai più recenti Ironman del Brasile (11°) e del Sud Africa (8°). Ed evidentemente, non contento di dedicarsi più e solamente alle multidiscipline più impegnative, è anche maratoneta in almeno 7, 8 occasioni, con tempi di assoluto livello tecnico, con il suo personale di 2 ore, 17” e 59. Tutte esperienze sportive, partite da un unico ‘minimo comune denominatore’, quello di progredire e superare continuamente i propri limiti, limiti fisici ma anche limiti mentali, superare il senso della fatica, in allenamento ed in gara, ed essere sempre competitivo per raggiungere successi e vittorie, non solo sportive ma anche personali.

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World Cup lulu Triathlon 2005 ITU Hono e ITU w.triathlon.org ww ht rig py Co

Questo, si può dire, è il vero senso ‘estremo’ di Alessandri, che ci spiega: “Per me fare sport senza gareggiare non esiste, non riesco ad allenarmi senza la motivazione della vittoria finale, devo provare ad andare sempre meglio e sempre più avanti. C’è chi nasce nello sport da amatore, da semplice appassionato che pone come obiettivo la partecipazione, ‘esserci’, e non il piazzamento, c’è chi, come me, deve vivere sempre la sfida agonistica, essere competitivo…”. Spesso però, la sola voglia di vincere, anche se così determinata, non basta anche per atleti di sicuro talento. Qual è allora il ‘quid’ in più? Ciò che fa di questo atleta nello specifico, un campione sia negli sport classici, sia nelle situazioni agonistiche identificate dagli altri ‘estreme’ come l’Ironam o il Triahtlon Lungo o le maratone? Il suo prepatore atletico, Costantino Bertuccelli, da sempre lo descrive così: X3M02

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“Le qualità atletiche di Alessandri, sono caratteristiche di un atleta che passa con disinvoltura tecnica da gare di cross, alle corse su strada, dalle gare in pista, alle esaltanti prestazioni nel duathlon e nel triathlon. Atleta dotato sì da “madre natura”, ma anche atleta & uomo con capacità di sacrificio e di impegno, in allenamento ed in gara, ammirevoli. Alessandri, e questo credo sia il segreto del suo successo, è atleta in maniera completa. Ha percorso un processo di maturazione che lo ha portato a rendersi cosciente del fatto che nello sport d’èlite moderno, non basta più fare affidamento alle proprie doti, ma queste vanno supportate ed esaltate dall’allenamento giornaliero metodico e puntuale”. Ulteriore significato di ‘estremo’ in Alessandri è quindi il non temere la fatica, anzi, non ascoltarla e superarla attraverso i differenti ‘gesti’ agonistici. “L’Ironman se è estremo? Non direi anche se per tutti ormai, quando si parla di Ironman, c’ è tanto mito, vera leggenda, migliaia di persone a cui basta essere finisher, ossia aver tagliato il traguardo anche se in 12, 15 ore, solo per la soddisfazione personale di poter dire, anche io ho fatto un ironman! Per me, invece, in tutti gli sport, non è l’impresa che conta, ma il risultato, essere arrivato tra i primi o aver vinto, questo è importante. Quindi per quanto mi riguarda, queste discipline sportive che erroneamente possono essere interpretate dal

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Rimini 2004 Campionato di Alessandri al

grosso pubblico o dallo sportivo amatore come un’impresa, diventano per un atleta come me, una gara a cui ‘approcciarsi’ con allenamenti sempre più impegnativi e costanti, ben programmati, senza lasciare nulla al caso. L’importanza del ‘sentirsi’, del sapersi ascoltare quindi, comprendere e superare il proprio potenziale per esprimerlo al meglio, lo spirito agonistico è la chiave di lettura della mia vita sportiva, la mia ‘passione estrema’.. Ma come sei arrivato al duathlon e triathlon? Perché la scelta di questa o quella disciplina? “Per me lo sport, iniziando dalla corsa all’atletica leggera, è sempre stato importante, direi fondamentale nelle scelte della vita e nelle opportunità: al duathlon e poi al triathlon, sono arrivato per caso, grazie alle ‘condizioni favorevoli’ offerte dalla mia città dove c’era la T.D.Rimini, una società sportiva che praticava le multidiscipline e, con conoscenti ed amici, ho colto l’occasione di fare qualcosa in più e di diverso oltre al semplice podismo. Ero stato ‘catturato’ dalla novità di uno sport giovane, nel quale era impossibile annoiarsi nella ripetizione dello stesso ‘gesto’ sportivo. Il duathlon è stata la prima delle scelte, nata per alcuni problemi fisici tendinei che avevo, quindi pedalare ed allenarmi in bici faceva bene ai miei ‘acciacchi’ temporanei, da lì una nuova passione anche per il ciclismo, la possibilità di non ‘scocciarsi’ troppo con l’allenamento in una solo specialità ma farne almeno due e sempre a contatto con

la natura. Poi i primi risultati, ottimi direi, che mi convinsero a proseguire e restare nel duathlon. E dalla corsa/bici/corsa, il passo al nuoto/ ciclismo/ corsa è breve; avevo bisogno di nuovi stimoli ed il triathlon ha il ‘fascino aggiunto’ del mare, anche se devo sinceramente dire che il contatto con l’acqua già mi fa sentire freddo…Le scelte tra l’uno o l’altro sport ,sono via via dipese dalle stagioni (inverno o estate) o alle mie ‘sensazioni’ di inizio anno agonistico; se negli ultimi due anni mi sono dedicato al triathlon, quest’anno in cui mi sento più competitivo per il duathlon ho deciso di allenarmi e gareggiare in questo contesto, forse e soprattutto per l’ulteriore stimolo di avere un mondiale in casa, in Friuli a Barcis, con il Mondiale di Duathlon sulla Lunga distanza (16,5km – 80km – 11km). Ma oltre al duathlon, quest’anno avrò un prioritario importantissimo appuntamento/obiettivo: l’arrivo della mia prima figlia, Alice, ed il matrimonio con la mia compagna Romina, anche lei una ‘scelta vincente’ e sempre grazie allo sport che mi ha permesso di incontrarla!” Barbara Cardinali

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Diventare un Vero Atleta

Sergio Contin, Responsabile Nazionale del Settore Triathlon Lungo, ci spiega qual e' il modo migliore per avvicinarsi al triathlon long distance con la maggior cautela possibile e senza traumi

Le distanze più ‘lunghe’ del Triathlon costituiscono proposte senza dubbio impegnative e anche un po’ pericolose se affrontate con superficialità e leggerezza. Chi si approccia alla ‘triplice’ con soluzioni di triathlon medio, lungo e ironman, non va definito “super atleta” ma “atleta vero”, qualunque sia la sua età . Negli ironman di tutto il mondo possiamo assistere a prestazioni anche da parte di atleti di età avanzata ma certamente molto preparati. Pur avendo capacità prestative adeguate alla loro età fisiologica, sono senza dubbio “atleti” capaci di reggere uno sforzo psico-fisico anche per 15/16 ore consecutive. Sono sicuramente persone un po’ speciali e dalla grande forza mentale! In questo caso il “gioco” non è visto come una competizione contro gli atri ma come una sfida e un avventura con se stessi, una gara a parte ma degna comunque di grande rispetto . Ma quali sono gli aspetti tecnici fondamentali per chi vuole affrontare in modo agonistico la distanza? In campo agonistico, non necessariamente d’elite ma anche amatoriale, è evidente invece una crescita costan-

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te del livello prestativo; il triathlon long distance è diventato negli anni sempre più “performante” e l’approccio di tutti gli atleti a qualsiasi livello è costruito sulla base di una preparazione fisica sempre più pianificata e razionale. Terminati i tempi del “pionierismo”, oggi si rende quanto mai necessario programmare la preparazione attraverso una metodologia di allenamento particolarmente mirata e soprattutto basata su parametri oggettivi. Proprio la raccolta di una serie di dati tecnico-fisiologici personali diventa indispensabile punto di partenza e, successivamente, importante verifica di una condizione fisica pre-agonistica corretta. In questo senso sono fondamentali le valutazioni funzionali, sia nella fase di preparazione sia successivamente durante la stagione agonistica. Diventano strumento di verifica di un corretto lavoro svolto oppure importante campanello d’allarme di una condizione fisica non ottimale. Le valutazioni funzionali applicate sono molteplici e diverse sia nei protocolli che negli obiettivi; la misurazione della massa-magra e massa-grassa, per ricavare in percentuale e in valore assoluto i grassi di deposito in eccesso, sia in senso generale che localizzato, è una di queste. E’ evidente la grande importanza che assume questa analisi sull’atleta di sport di endurance come il

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triathlon lungo, dove i grassi possono in alcuni casi diventare fondamentale fonte energetica ma nel contempo, se mal controllati, anche scomoda zavorra. Altra misura importante è il valore della frequenza cardiaca di soglia, ossia il limite oltre il quale il nostro organismo non è più in grado di smaltire le scorie prodotte dall’esercizio fisico. Mi riferisco all’acido lattico prodotto dal metabolismo anaerobico. La valutazione della soglia anaerobica tramite il test Conconi è oramai pratica consolidata tra gli addetti ai lavori. E’ un “test da campo“ che permette di ottenere, se ben eseguito, dei risultati più che affidabili. Determinati questi valori, si possono ricavare delle importanti indicazioni. Il confronto di più test, ripetuti nelle medesime condizioni e per diversi periodi, ci darà l’opportunità di stabilire gli eventuali miglioramenti dell’atleta e ci consentirà di identificare i ritmi di allenamento maggiormente utili per ottenere un determinato adattamento fisiologico. La concentrazione del lattato ematico, ossia la quantità di acido lattico presente nel sangue, durante e dopo l’esecuzione dell’esercizio fisico a diversi livelli di intensità, è un ulteriore e importante parametro di riferimento. Tale valutazione contribuisce alla determinazione “diretta“ della frequenza cardiaca di soglia offrendo così degli importanti riferimenti per ottenere una meto-

dologia di allenamento corretta e razionale. E’ utile per adattare al meglio l’intensità dell’allenamento alle condizioni del singolo atleta. Un’applicazione pratica dell’utilizzo dei dati oggettivi rilevati, risulta essere il monitoraggio cardiaco sul campo durante la prestazione. Monitorare la frequenza durante lo sforzo, dà la possibilità all’atleta di effettuare una sorta di autocontrollo durante la performance, al fine di mantenere una condotta di gara più consona alle proprie possibilità fisiologiche per raggiungere il miglior risultato possibile. Oltre a questo, il monitoraggio cardiaco consente al “metodologo” di elaborare una dettagliata analisi sull’accaduto, permettendogli di suggerire quei lavori specifici che serviranno al perfezionamento della condizione. Questo è il modo migliore per approcciarsi al triathlon long distance senza traumi e con la maggior cautela possibile. E’ chiaro che alla base di tutto ciò deve esistere la professionalità di chi opera, che si concretizza nella correttezza metodologica di esecuzione delle prove, nella ripetitività fedele dei protocolli e soprattutto nell’esperienza dell’interpretazione dei dati acquisiti. Si eviterà così di affidarsi ciecamente a dei numeri che possono essere non solo inutili ma anche deleteri per la prestazione agonistica futura dell’atleta e, peggio ancora, fortemente pericolosi per la sua salute.

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Olav Zipser: Vi presento i miei Space Games! Lâ&#x20AC;&#x2122;inventore del freefly illustra in esclusiva ad Xtreme Stuff Magazine lâ&#x20AC;&#x2122;evento 2005 del paracadutismo italiano.

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Olav, la tua fama è legata al free-fly, a questo nuovo modo di volare che ha rivoluzionato il paracadutismo. Come è nata questa idea? In realtà ho sviluppato questa idea subito, appena finito il corso di paracadutismo AFF nel 1986. Durante il corso, il lancio che mi è piaciuto di più è stato quello di deriva, la tecnica di volo che permette di muoversi sul piano orizzontale. Dedicai molti lanci alla sperimentazione ed allo sviluppo di questa tecnica, prendendo come punto di riferimento le nuvole. La mia vita prima del paracadutismo era segnata da un grande amore per l’elemento acqua: ho praticato nuoto, subacquea, immersioni in apnea e tuffi. Amavo la sensazione della libertà che il movimento nell’acqua sa dare. Sin da piccolo ero anche molto affascinato dall’idea del volo; quando ho raggiunto l’età per poter praticare il paracadutismo, è stato per me naturale pensare all’aria come uno spazio tridimensionale nel quale potersi muovere liberamente, in modo simile a come ci si può muovere nell’acqua.

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Così sviluppai una filosofia di volo che permetteva di volare in tutti i modi possibili. Inoltre non mi era mai piaciuta la parola caduta libera usata per descrivere la fase dall’uscita dall’aereo sino all’apertura del paracadute. La parola “caduta” suggerisce infatti l’idea di casualità, di non controllo della propria velocità o della direzione di volo, di scontro con il terreno e, non ultimo, una specifica attitudine mentale che non si collega in alcun modo all’idea del volo. Il nome di battesimo di questa avventura fu immediato: “free fly” ovvero volo libero. Queste due parole, peraltro di uso molto comune, descrivono compiutamente la bellezza del volo umano a corpo libero e la possibilità della scelta intenzionale di movimento e controllo sulle proprie velocità. Dal quel giorno nel mio vocabolario la parola free-fly ha sostituito free-fall!

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Chi e'... Nome: Olav Zipser Nato: a Simmern, Hunsrueck (Germania) il 12 marzo 1966 Specialità: Paracadutismo al quale si è avvicinato nel 1986 con il corso Aff; dopo soli 2 anni riceve già i primi riconoscimenti agonistici negli Usa e in Germania. Nel 1988 diventa istruttore tandem e Aff. Curiosità: Ha vinto praticamente tutto e soprattutto può essere considerato il padre del free-fly, specialità praticata da circa l’80% dei paracadutisti di tutto il mondo. Da molti anni divide la sua vita con l’italianissima campionessa del mondo Stefania Martinengo: insieme a Olav formano una coppia imbattibile. Al momento dell’intervista il suo logbook segnava quasi 18.000 lanci. Quanti ne avrà oggi?

Quale lancio ricordi con più piacere? I lanci da stunt-man sono di certo quelli più memorabili per l’intensità delle emozioni che offrono. Il salto più emozionante in assoluto che ricordo è stato quando ho filmato il record del mondo di alta quota realizzato da Patrick De Gayardon. Per questo lancio siamo saliti sino a 12.700 metri che è praticamente l’inizio della stratosfera! L’aria a quella quota è molto rarefatta (solo il 30%) e la temperatura sul termometro segnava –70 gradi celsium! Per questo lancio abbiamo scelto come aereo l’Illusion 76, un quadrimotore a reazione russo con una grande porta assiale. La decompressione dell’aereo a 11000 metri è stata la sensazione più brutta e difficile di tutta l’impresa, ma poi quando finalmente si è aperto il portellone dell’aereo ci siamo trovati a guardare la potente scia dei 4 jets e la visuale indimenticabile di una fetta di spazio. Questa è una sensazione che non dimenticherò mai e porterò sempre nel cuore questo lancio con Patrick. Ho anche altre storie da raccontare ma decisamente questo è stato il lancio più intenso della mia vita.

Hai un rimpianto per un lancio non fatto? Si, all’inizio del 1994 vivevo negli USA e per problemi di visto non ero in grado di uscire dal paese. Proprio in quei giorni mi è arrivato un invito per partecipare ad una spedizione al Polo Nord che includeva una completa sponsorizzazione per l’equipaggiamento, viaggio e così via. Ci tenevo particolarmente a prendervi parte: pensate lanciarsi ed atterrare al Polo Nord!!! Purtroppo dovetti rinunciare ... spero però di trovare un’altra occasione!!

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Hai mai avuto paura? Sì molto vivamente ricordo un momento in particolare. Stavo facendo un lancio stunt in Arizona dove ci lanciavamo con una macchina cabriolet. Il primo lancio che abbiamo fatto, dopo essere uscito dall’automobile, ho continuato a filmare la caduta incontrollata della cabrio. Ad un certo momento la macchina ha cambiato all’improvviso direzione e me la sono vista arrivarmi incontro come una scheggia impazzita ad una velocità incredibile. Mi è stato impossibile reagire e così, a 3000 metri di quota, mi sono scontrato drammaticamente con la carrozzeria dell’auto. Sono riuscito a spingermi via rotolando su di essa e continuando a filmare: per fortuna non mi sono fatto neanche un graffio e l’equipaggiamento video è rimasto intatto. Il filmato di questo lancio è stato fatto vedere su molti canali televisivi in tutto il mondo. Vi dico la verità: è stato il mio primo incidente con un automobile e ora mi diverte pensare che è successo in aria anziché su una comune strada!

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Gli Stati Uniti sono il gotha del paracadutismo mondiale. Cosa manca all’Italia per avvicinarsi a loro? Le statistiche della mia organizzazione, la “1st School of Modern Skyflying” basate sul numero di licenze di free-fly rilasciate, dicono chiaramente che l’Italia è la nazione che ha il maggior numero di free-flyers con licenza rispetto al numero globale di paracadutisti. Per questo motivo, quando mi hanno chiamato per aiutare lo sviluppo di un nuovo centro di paracadutismo in Italia che operasse secondo gli standard americani, ho accettato volentieri la sfida. La Skydive Sport Center Tortuga ad Arezzo, in Toscana, credo che sarà in grado di offrire molto, non solo al paracadutismo italiano ma anche europeo e, perché no, mondiale. Ci sono tutti i presupposti per creare una zona lancio aperta 7 giorni su 7, ma quel che più importa, con uno staff di insegnanti tra i più esperti al mondo! L’Italia è un paese bellissimo, con un clima favorevole e una grande cultura da offrire al mondo del paracadutismo mondiale!

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Space Games 2005: pronti all’imbarco? Sono molto emozionato per questo evento che è alla sua 15° edizione, ma che solo per la seconda volta atterra in Europa. Con gli Space Games ho trovato il modo di offrire delle gare dove un competitore è in grado di cimentarsi in tutti gli aspetti aerodinamici del volo umano ma anche un’occasione per il pubblico di appassionarsi a questo bellissimo sport. Gli Space Games comprendono 3 gare a torneo che si disputano ad eliminazione diretta : il Freefly Indy 500, l’ Atmosphere Dolphin Challenge e la gara di Deriva. Inoltre l’evento include altre 3 gare a squadre dove invece viene testata la creatività della squadra. Nel Freefly Indy 500, due competitori volano spalla a spalla attorno ad un circuito ideale segnato da altri paracadutisti (piloni) rincorrendosi e superandosi proprio come in una corsa di auto o moto; il tutto è filmato in diretta e trasmesso su un grande schermo al pubblico. Nell’Atmosphere Dolphin Challenge, invece, i due sfidanti devono volare vicino ad una space-ball, una normale pallina da tennis zavorrata con piombo così da cadere ad una velocità costante di 300 kmh.

Vengono estratte a sorte evoluzioni e rotazioni simili alle manovre di aerei acrobatici che i concorrenti devono svolgere uno a destra ed uno a sinistra della pallina. Un video operatore filma il tutto in modo che la pallina risulti sempre al centro dello schermo; vince il concorrente che effettua il maggior numero di transizioni vicino alla pallina nell’ordine corretto: questo è uno dei miei giochi preferiti! Nella gara di Deriva, invece, la sfida sta nel percorrere la maggior distanza orizzontale possibile, è il vero volo umano ed è molto entusiasmante. Poi, come vi dicevo, ci sono le gare a squadre. Nel free-style la squadra è composta da un performer ed un video-man che insieme devono presentare una coreografia simile ad una danza acrobatica e che verrà giudicata per il suo valore artistico da un pannello di giudici specializzati. Nel free-fly, invece, la squadra è composta da due performers ed un video-operatore; anche qui il team verrà giudicato tramite il video per la bellezza della coreografia presentata ed il valore tecnico del volo.

Il corso Aff: anche Olav Zipser ha cominciato cosi Vuoi imparare subito a volare per davvero? Da oggi si può anche in un solo week-end con un corso full immersion: l’ A.F.F. cioè il corso accelerato di caduta libera. Questa moderna metodologia d’insegnamento nasce negli Stati Uniti e prevede 7 lanci insieme a due istruttori che tengono l’allievo in caduta libera da 4.500 m. fino all’apertura. Nel corso sono previsti esercizi che porteranno l’allievo a raggiungere una totale padronanza della caduta libera, dell’uso e ripiegamento dei materiali e più in generale di un’autosufficienza che gli permetterà di saltare da solo dopo il 7° lancio. Tutti lanci saranno filmati da un videoperatore in caduta libera e saranno un importante strumento per correggere eventuali errori di posizione del corpo in caduta libera. Per trovare la scuola di paracadutismo più vicina: www.scuoladiparacadutismo.it

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Lo skysurf invece prevede un atleta che compie evoluzioni su una tavola simile a quella da snowboard e, come sempre, con un video operatore che filma in diretta. Quest’anno poi ci saranno delle novità e un nuovo gioco in dimostrazione che credo possa avere un buon sviluppo per il futuro; sarà sicuramente divertente da guardare per il pubblico a terra. La squadra è munita di fumogeni ed in aria dovrà disegnare delle evoluzioni sullo stile delle Frecce Tricolori. Un’altra competizione invece prevede la realizzazione di un video musicale: le squadre avranno la possibilità di preparare un videoclip della durata massima di 5 minuti; il volo e le coreografie acrobatiche si sposano molto bene con l’elemento musicale! Quali progetti hai per il tuo futuro? Ho diversi progetti in mente ma credo che sia un po’ presto per parlarne e preferisco tenerli ancora segreti per un poco. Ovviamente il progetto più immediato è quello di sviluppare lo Skydive Sport Center Tortuga! Paolo Gianfanti

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Ferri del Mestiere Per un paracadutista l’altimetro è uno strumento essenziale: senza di questo non è possibile aprire il paracadute all’altitudine giusta. Da diversi anni al tradizionale altimetro ottico da polso sì è affiancato quello acustico, da inserire nell’apposito vano del casco. La sua funzione è di allertare il paracadutista al raggiungimento della quota di apertura del paracadute con un allarme sonoro. La sua evoluzione lo ha portato ad essere un vero e proprio computer da caduta libera. Oggi è sul mercato la terza generazione dello Skytronic, prodotto dall’italianissima Parasport ed esportato in tutto il mondo, ora evoluto alla versione FX. Le operazioni di base sono molto semplici, seguendo il principio di “imposta e dimentica”, ma più lo si utilizza e più si impara ad utilizzare le sue funzionalità avanzate. E’ l’unico altimetro acustico in grado di fornire fino a 4 segnali acustici chiaramente riconoscibili, tutti programmabili secondo le proprie esigenze: ed ognuno di questi segnali viene attivato solo se necessario. Sempre pronto all’uso, il suo stato di riposo a bassissimo consumo di energia consente di ottenere mesi operatività prima di dover sostituire le batterie. Con precisione e l’affidabilità del suo sensore di pressione pilotato da un microprocessore, lo Skytronic FX registra informazioni lancio dopo lancio (altitudine di uscita dall’aereo, altitudine di apertura, tempo di caduta libera, velocità massima raggiunta, ecc.), pronte per essere scaricate con un interfaccia sulla porta USB del computer. www.parasport.it

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foto: Giorgio Sabbioni

Giocare con la testa tra le nuvole Un percorso a 360o su un fenomeno tecnico che prende sempre piu' piede tra i suoi praticanti L’uomo sente una irrefrenabile attrazione verso tutto ciò che lo distacca da quel naturale movimento, chiamato deambulazione, che dalla comparsa dei primati sulla faccia della terra caratterizza il loro modo di spostarsi. Ecco che allora l’uomo sognatore, una sottospecie del sapiens-sapiens, cerca di ingegnarsi in tutti i modi per dare una forma ai suoi sogni. Tra tutti, uno dei più puri è sicuramente il volo libero. Si tratta di una disciplina che nacque agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso con la pratica del deltaplano. Si trattava di veri e propri aquiloni, derivati dagli studi dell’ingegnere della NASA Francis Rogallo, che avevano la capacità di sostenere una persona e di farla planare dolcemente nell’aria. Detto così, è molto romantico, ma allora quegli aggeggi erano macchine infernali, nessuno, nemmeno i progettisti, ne conoscevano a

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fondo il comportamento in volo e gli incidenti in quei primi anni furono numerosi. Col tempo le cose migliorarono ed i deltaplani infine divennero sicuri e divertenti, ma l’evoluzione non era terminata: verso la metà degli ’80, in Francia, qualcuno cominciò ad utilizzare dei paracadute ad ala per scendere dalle montagne. Nasceva il parapente, in italiano: il parapendio. Rispetto al suo lontano cugino, il deltaplano, offriva degli indiscutibili vantaggi, era trasportabile in un piccolo zaino, era leggero, era facile da condurre e sembrava anche sicuro. Sembrava... ma con l’evoluzione dei modelli e la voglia di volare, quelle che erano sicure vele da discesa cambiarono forma e divennero vere e proprie ali tenute gonfie dall’aria che, come è ben noto, è tutto fuorché stabile, così i parapendio divennero anche loro aggeggi con una certa pericolosità intrinseca. Il bello della faccenda, poi, è che, nella seconda metà degli anni

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’80, parapendisti e deltaplanisti non è che si parlassero molto, anzi... erano abbastanza in antagonismo. I deltaplanisti erano la maggioranza e ormai volavano con attrezzi perfetti e sicuri, i parapendisti usavano lo stesso cielo ma erano molto più lenti e rappresentavano un fastidio per i molto più veloci delta. Questo antagonismo provocava una certa mancanza di comunicazione, perciò gli inesperti piloti di parapendio non riuscivano a cogliere l’esperienza sul comportamento dell’aria che avevano accumulato i deltaplanisti, col risultato di andarsi a cacciare nei guai quando avrebbero potuto farne anche a meno. Ma l’evoluzione del mezzo era continua: all’inizio degli anni ’90 i parapendio non planavano più ma volavano già abbastanza, nonostante le conoscenze dei progettisti fossero approssimative e molti dei mezzi di allora erano decisamente poco sicuri. Poi, man mano e con l’esperienza, migliorarono. Sono passati ormai vent’anni dalla nascita del para-

pendio e le cose sono cambiate radicalmente. Il mondo del volo libero, cioè quel volo fatto con attrezzi sportivi come i delta o i parapendio, è cresciuto e si è evoluto. Oggi, nel mondo, i piloti di parapendio sono la maggioranza, mentre quelli di delta sono circa un 5% del totale. I parapendio volano molto e bene, ma non solo, grazie a rigorosi criteri d’omologazione, che ne definiscono le regole per la loro sicurezza, sono anche diventati molto sicuri. Ora, il parapendio è realmente il mezzo più economico e semplice per dare le ali ai propri sogni. I due mezzi, delta e parapendio, sono radicalmente differenti, ma entrambi con pregi e difetti, la loro sicurezza passiva è elevata, diciamo che sono in grado di volare autonomamente anche senza controllo da parte del pilota, ma non esisterà mai la vela, (in gergo si chiamano così), a prova di scimmia. Sono mezzi che devono essere condotti con raziocinio e concentrazione (si è pur sempre per aria...).

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Salto effettuato da Mike Kung dallâ&#x20AC;&#x2122;Europa Bridge a Innsbruck (180 metri)

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Il parapendio è certamente più semplice da preparare e più rapido ad andare in volo, si apre lo zaino, si distende sul terreno e lo si controlla, si indossa l’imbrago, il casco, si verifica il paracadute di soccorso e correndo da un dolce pendio si decolla. Una volta in volo, si pilota stando comodamente seduti e per mezzo dei freni lo si potrà dirigere dove si vuole, risalendo e riguadagnando quota nelle correnti ascensionali al pari delle aquile. Anche l’atterraggio è molto semplice, ci si posa al suolo molto dolcemente. Il parapendio però è un po’ lento, viaggia circa 35 km/h con una velocità massima di 50 (60 in quelli da gara); in sostanza: vola un po’ come le farfalle, se c’è un po’ di vento è certamente penalizzato. Il deltaplano è certamente molto più ingombrante, si tratta di un involucro lungo oltre tre metri, impossibile

da portare a spalla per lunghi tratti, il montaggio è più laborioso, ci si prepara un po’ come per il parapendio e si decolla sempre da un pendio, ma il decollo è un po’ più tecnico, come anche l’atterraggio. In volo, però, la ‘macchina’ ripaga delle fatiche, il volo è come quello dei falchi, la velocità è elevata, 40-60 km/h con punte che nelle vele da gara arrivano a 100. La posizione di volo è sdraiata, con le braccia che trattengono la barra, e la direzione si controlla spostano il peso. Si vola veramente un po’ come uccelli e le sensazioni sono più forti. Questi mezzi volano, il che significa che un pilota preparato può spostarsi per il cielo e percorrere decine o centinaia di km alla stessa maniera degli alianti. La differenza è che se non si riesce più a volare, si può sempre cercare un prato per atterrare e poi fare l’autostop per ritornare. Ma non è il caso di farla così semplice.

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Volare è facile, molto facile, i mezzi sono molto sicuri, ma richiedono molto-molto cervello: un pilota non accorto è un ex pilota. Per volare bisogna frequentare un corso per il conseguimento dell’attestato di volo da diporto o sportivo rilasciato dall’Aeroclub d’Italia, le scuole certificate sono numerose, sul sito della Federazione Italiana Volo Libero troverete gli indirizzi (www. FIVL.it). Il corso dura almeno quattro mesi e porta gli allievi a volare in autonomia, ma per diventare buoni piloti non è sufficiente una vita e bisognerà procedere per passi molto lenti a cominciare dal mezzo utilizzato. Le vele, infatti, sono suddivise in categorie che possiamo definire: base, intermedie e avanzate; col crescere della categoria crescono le capacità di pilotaggio richieste al suo pilota, ma cresce anche la capacità di volare e la velocità del mezzo. Perciò un neobrevettato non volerà mai con una vela da gara, rischierebbe di rimanere neobrevettato a vita (breve). Possiamo affermare con certezza che con una vela base attuale si possono raggiungere gli stessi traguardi che con le vele da gara di cinque anni fa… insomma, basta

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un po’ (tanta) di capacità e si possono effettivamente percorrere voli di 200 km anche con vele che non siano estremamente performanti e difficili da condurre. Diciamo che la parte più difficile del volo è saper riconoscere i movimenti dell’aria ed adeguare il proprio pilotaggio. L’aria non è mai ferma e ci sono momenti nei quali decollare significa mettere seriamente a repentaglio la propria vita, un pilota preparato ed accorto li saprà facilmente evitare perchè il corso e l’esperienza acquisita gradualmente con gli anni di pratica, unita ad un mezzo adeguato alle capacità del suo pilota, metteranno al riparo da tutti questi rischi. In questo gioco, quello che conta maggiormente è la testa. Ne occorre molta, occorre capacità di concentrazione, attenzione, resistenza allo stress, calma e raziocinio. Volare a lungo è un gioco per persone con molto cervello. Ma non è indispensabile essere piloti per volare, è anche possibile provare facendo un volo in tandem assieme ad un pilota abilitato ai voli biposto. Giorgio Sabbioni

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Coppa del Mondo di Parapendio Dal 17 al 23 luglio 2005, al monte Cornizzolo, nel comune di Suello vicino a Lecco, (una delle più importanti aree mondiali di volo libero), si terrà la tappa italiana del tour di Coppa del Mondo di Parapendio (PWC). A Cornizzolo ci sarà anche il migliore pilota acro del mondo, l’austriaco Mike Kung. Il 24 luglio, Mike Kung sarà a Lecco insieme ad altri campioni di questa disciplina, tra i quali l’italiano Max Dall’Oglio. Sarà un puro show, per il divertimento dei piloti e del pubblico, ed interverrà anche la vera pattuglia acrobatica del parapendio: gli austriaci RENEGADES, le cui performance sfruttano leggi al limite della meccanica del volo e della gravità.

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Arrampicata a misura di Bambino In uno dei paradisi mondiali dell’arrampicata e dell’outdoor, i bambini protagonisti di una “due giorni” davvero unica dove il climbing si coniuga con la natura

Ritorna il Rock Junior. Il 18 e il 19 giugno ad Arco (Trentino, Lago di Garda) va in scena l’European Youth Climbing Days - quarta edizione del Rock Junior, l’appuntamento imperdibile per tutti i bambini e giovanissimi che, con i propri genitori, vogliono esplorare il mondo dell’arrampicata e la natura in una festa-gioco aperta a tutti. Si tratta del più grande festival mondiale dedicato ai bambini dai 5 ai 13 anni che vogliono avvicinarsi in piena sicurezza al gioco-arrampicata, ma anche conoscere la splendida natura della cittadina trentina del Lago di Garda. Teatro della manifestazione, voluta dall’Associazione Rock Master di Arco e patrocinata dalla FASI (Federazione Arrampicata Sportiva Italiana), sarà ancora una volta il Climbing Stadium di Arco, lo stesso in cui ogni

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anno si svolge il Rock Master, la più “antica” e importante gara d’arrampicata del mondo. Una full immersion di due giorni, tra giochi ed esperienze ludico-sportive, che consentirà a tutti, neofiti e non, di esplorare il fantastico mondo dell’arrampicata. Ma anche di sviluppare, con percorsi educativi mirati, la conoscenza e il rispetto dell’ambiente. Così, nello straordinario Climbing Stadium si potranno scalare le montagne gonfiabili e le torri, si potrà sperimentare l’equilibrio sui percorsi di corde e attraversare il fiume Sarca o correre in cima alla cuccagna-climbing. Il tutto naturalmente sotto la guida attenta e assolutamente competente di tecnici e professionisti dell’arrampicata e della montagna. Ricordando che al Rock Junior possono partecipare tutti, anche chi non ha mai arrampicato e chi non dispone dell’attrezzatura, perché sarà fornita dall’organizzazione e dagli sponsor, non vi resta che iscrivervi. E allora cosa state aspettando! Essere protagonisti del Rock Junior è facile: basta iscriversi sul sito www.rockjunior.info o presso l’Associazione Rock Master Tel. 0464 516830

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Kite, adrenalina pura Un aquilone al posto della tradizionale vela da windsurf e una tavola ancora piu' piccola di uno snowboard: e' il kitesurf, uno sport giovane e adrenalinico che regala sempre un tocco di spettacolarita'

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Un po' di Storia ... Nonostante abbia un’origine lontana nel tempo che si colloca nelle isole indonesiane, il kitesurf nasce solo qualche anno fa sulle spiagge di Maui, alle Hawaii: era, infatti, il 1996 quando Manu Bertin fu il primo ad utilizzare un aquilone al posto della vela da windsurf. Poco dopo, il kite esplose letteralmente in tutto il mondo. Inizialmente, gli atleti utilizzavano tavole da surf modificate e rinforzate, ma l’ampliamento e lo sviluppo tecnico della gamma di vele ha permesso la realizzazione di tavole specifiche per il kite, il cui utilizzo dipende dalle condizioni di acqua e vento nelle quali i kiters si vengono a trovare. Al posto della tradizionale vela da windsurf, infatti, si utilizza la potenza sviluppata da aquiloni manovrabili a due o quattro cavi dall’incredibile capacità di traino, paragonabile a quella di un potente motoscafo; a questa forza di trascinamento, l‘aquilone aggiunge, inoltre, la trazione verticale, permettendo così agli atleti salti fino ad ora inimmaginabili. Il successo è stato da subito enorme, grazie anche alla possibilità di praticare il kitesurf in luoghi non particolarmente ventosi: bastano,

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infatti, 7 nodi e ci si diverte davvero! E’ forse questa la ragione per cui numerosissimi windsurfisti l’hanno accolto a braccia aperte, come il mitico Robby Naish, grande campione di windsurf oggi dedito anima e corpo al kite, nonché patiti dello snowboard, del wakeboard, dello sci nautico e del volo a vela (parapendio, etc...). Qualche consiglio per i neofiti: Se anche voi siete caduti preda del fascino di questa disciplina, siete in buona salute e sapete nuotare, ma non avete alcuna esperienza in merito, la miglior cosa da fare è seguire un corso, meglio se tenuto da un istruttore federale (ce ne sono in tutte le regioni costiere italiane): eviterete di trovarvi in difficoltà alla prima occasione e di mettere in pericolo voi stessi e, soprattutto, gli altri.

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La prima fase si svolge a terra: imparerete ad assemblare la vela e a collegare i cavi, sembra banale ma gestire metri e metri di cavo, senza ritrovarsi con una matassa inestricabile ed inutilizzabile, è più facile a dirsi che a farsi; poi imparerete a metterla in volo, a controllarla (scoprendo così la mitica “power zone”) e a farla atterrare. Quando avrete il controllo della vela “in pugno”, vi renderete conto che in acqua è tutta un’altra cosa... Tranquilli, sarà uno sconforto momentaneo. E’ solo una questione di pratica. Imparerete presto a gestire la tavola e la vela, a partire e a risalire la direzione del vento, perché dovrete pur tornare da dove siete partiti. Il kitesurf è uno sport abbastanza pericoloso ed è quindi buona norma, soprattutto per i meno esperti, evitare spiagge frequentate dai bagnanti o troppo anguste. E ricordate anche di non sottovalutare la potenza del vento e il rischio di rientrare a nuoto. La Federazione Kitesurf Italiana, in collaborazione con altre associazioni e con varie scuole di kite, sta stilando un insieme di regole per praticare il kite in sicurezza. Intanto dal 2003 è obbligatoria la cima di sicurezza sull’ala (fune di vincolo), permanente sia in gara che in allenamento e durante la fase di apprendimento, e si sta lavorando su uno standard per l’uscita in mare e per il rientro in spiaggia con l’obbligatorietà di mantenere una distanza di almeno 100 metri dalla costa.

Giubbotto salvagente e casco sono fortemente raccomandati. Ma vediamo insieme qualche altra importante regola: l’uso delle tavole con aquilone è, innanzitutto, consentito a coloro i quali abbiano compiuto i 14 anni di età. Durante l’utilizzo del kitesurf è obbligatorio indossare permanentemente un ausiliario al galleggiamento (cintura di salvataggio, trapezio galleggiante e/o muta galleggiante) e munirsi di un attrezzo idoneo a recidere le cime in caso di emergenza. E’, infine, vietato lasciare il kitesurf incustodito senza avere scollegato almeno un lato dell’ala e riavvolto completamente i cavi sul boma. Marianna Macis

Le spiagge più belle per la pratica del kite sono quelle di Cabarete, Silver Sands e Oistins a Barbados, Tariffa, Mauritius e naturalmente la costa nord\est del Brasile. In Italia meritano una citazione gli spot di Telamone e Spiagge Bianche a Vada in Toscana, la paradisiaca Baia di Chia e Porto Pollo in Sardegna, Campione sul Lago di Garda e la Spiaggia d’Oro in Liguria

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Sarà lei la Regina della King of the Air ? La bionda e bellissima campionessa del mondo di Kite, Fabienne D’Ortolie, racconta ai lettori di Xtreme Stuff Magazine l’origine della sua passione e i suoi progetti futuri.

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“La mia passione per il kite surfing è nata cinque anni fa, quando Bruno Sroka mi disse di questo nuovo eccitante sport e cominciammo a scoprirlo assieme. A quell’epoca, i miei sport principali erano il surf, lo snowboard ed il nuoto, così il kitesurf era un’opportunità per conoscere il mondo del vento! Amo il kite per la sensazione di libertà che ti da quando vai. Vedi tutto, ti senti così leggera. Ma puoi anche andare sulle onde, in velocità, saltare sull’acqua piatta avere delle scariche di adrenalina: c’è uno spirito intenso d’amicizia fra i kiters perchè spesso abbiamo bisogno dell’aiuto reciproco. Il kite può risultare abbastanza semplice ed è un tale divertimento. E potenzialmente è una forza enorme. Generalmente usiamo il 30% di questa potenza, così se un giorno ne usassimo il 100% allora potremmo

trovarci in vero pericolo! La sicurezza sta nel saper controllare questa potenza quando è necessario, senza perdere il controllo dell’ala. Parteciperò alle competizioni del 2005. La competizione del King of the Air è particolarmente importante per me, e spero di piazzarmi bene anche quest’anno. Ma voglio fare anche foto e video per mostrare a tutti il kitesurf. Lavorerò anche sull’equipaggiamento con i miei sponsor, incluso Helly Hansen e vorrei anche intraprendere una sfida personale (forse una traversata.....?!). Qualsiasi cosa succederà, seguirò sempre il mio cuore. La vita è un grande presente, perciò è fondamentale riempirla nel modo che vuoi tu, e fare del tuo meglio per vivere il sogno”.

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Chi e'... Nome: Fabienne D’Ortolie Età: 28 anni Vive: a Brest, Brittany, Francia Titoli importanti: French Champion 2001, World Champion on the KPWT 2001 & 2002, 2° nella King of the air a Maui nel 2002. E’ diventata professionista nel 2003

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I Numeri del Kitesurf ...crescono di anno in anno. Sono, infatti, sempre di più le persone che si appassionano a questo spettacolare sport. In Italia, sono oltre cinquemila i praticanti che lo hanno già scelto come stile di vita, uniti dalla passione per il vento e lo sport estremo. Il principio di fondo è piuttosto semplice: farsi trascinare dalla forza del vento da un enorme ala che può raggiungere i 20 metri quadrati, collegata a dei cavi, che in gergo si chiamano linee, che il rider gestisce con un boma, ovvero una barra di circa 60cm di lunghezza. La tavola che si utilizza è di circa 130 cm, più piccola rispetto a quella del surf e del windsurf, grazie alla spinta verso l’alto generata dall’ala, che permette di utilizzare tavole di dimensioni ridotte, più piccole di uno snowboard per intenderci. La spinta generata dall’ala permette di navigare anche con venti leggeri, a partire da 10 nodi, ovvero poco piu’ che una brezza, condizioni che si ritrovano spessissimo sulle nostre coste. Le onde contribuiscono poi a rendere questa disciplina davvero entusiasmante, sia per chi la pratica che per chi la osserva dalla riva.

Il Prossimo evento Nazionale Il Kitesurfing World Sardinia, dal 22 settembre al 2 ottobre 2005, con la finale del campionato italiano FKI e prova PKRA 2005. Il programma dettagliato sarà pronto a breve sul sito web ufficiale, ma di sicuro saranno queste le discipline previste: freestyle e kitecross per la finale FKI, freestyle e waveriding per il PKRA. E’ in programma anche una long distance aperta a tutti. La location sarà su più campi gara scelti appositamente per ottenere il massimo delle condizioni meteo marine: Vignola, nel Comune di Aglientu, Isola Rossa, in quello di Trinità, e Badesi Marina, nel Comune di Badesi. Un appuntamento da non perdere!

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Lady Geco Ha fatto del "climbing" la propria passione, dispiegando una carriera agonistica che, seppur agli inizi, la vede gia' ai vertici italiani e tra i primi posti al mondo. Stiamo parlando di Jenny Lavarda, professione Freeclimber

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Chi e'... Nome: Jenny Lavarda Nata: a Marostica (VI) il 22 gennaio 1984 Soprannome: CiKa, Lady Geco Specialità: Freeclimbing Arrampica dall’età di 9 anni e gareggia dall’età di 10. Curiosità: Prima italiana nella storia (anche a livello maschile) ad aver vinto il Campionato Italiano difficoltà, boulder e velocità. Prima volta nella storia dell’arrampicata. Hobby: Kart, moto, lettura, soprattutto riviste di arrampicata. musica preferita: Rock e Rap, soprattutto Linkin Park, Limp Bizkit e Eminen

falesia preferita: Ceuse, Erto Massimo livello a vista -Encore 8a+ a Ceuse -Slip bouse 8a+ a Saint Leger du Ventoux Massimo lavorato -Jurassic...climb 8b+ a Erto (prima donna italiana ad aver raggiunto questo grado di difficoltà) X3M02

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Per alcuni è CiKa, per altri è Lady Geco. Per noi è la campionessa italiana di arrampicata sportiva che a fine gennaio ha conquistato il terzo posto mondiale all’Ice Stadium di Daone, cimentandosi in una disciplina che pratica da pochissimo tempo: l’Ice Climbing, dietro la campionessa del mondo Ines Papert e la russa Natalia Koulikova. Dopo le prime ascese sulle Placche Zebrate di Arco, ha cominciato ad arrampicare ad appena nove anni, quando i genitori, e soprattutto papà Moreno, appassionati di freeclimbing, l’hanno portata con loro.

Chi ti ha affibbiato il soprannome di Lady Geco? Il soprannome Lady Geco è stata una pura casualità, o meglio mi è stato dato non molto tempo fa da persone che stimo veramente molto...Ero da poco entrata a far parte del Team Red Bull e a fine anno ero stata invitata ad una festa: proprio lì, incontrando per la prima volta tutto il mitico Team, è nata l’idea di Lady Geco. E’ appunto grazie a Red Bull se ora ho questo bel soprannome di cui vado fiera. Perché non hai scelto uno sport “normale”? Chi te l’ha “fatto fare”? Ho scelto questo sport perchè quando l’ho provato per la prima volta mi è piaciuto subito...l’altezza, l’ebbrezza, la tranquillità nello scalare in falesia (quando si va in roccia), il clima di competizione che si viene a creare alle gare e la gioia di stare insieme a persone che condividono la tua stessa passione. Insomma, per me l’arrampicata è uno sport molto bello...e poi a dire la verità mi sono sempre piaciuti gli sport un po’ “strani”.

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Dal Free Climbing all’Ice Climbing. Cosa ti ha spinto a provare l’arrampicata su ghiaccio? L’ice climbing...è iniziato tutto per gioco e per provare un diversivo dall’arrampicata. Finita la stagione competitiva 2004, all’ultima gara dell’anno, un amico mi aveva consigliato di provare a fare un po’ di ghiaccio perchè era divertente, subito ci ho riso su pensando ad uno scherzo, ma intanto avevo cominciato a farci un pensierino... così qualche giorno prima di Natale sono andata a comperarmi tutto il necessario e sono andata a fare una cascata con mio papà e degli amici. Mi sono divertita subito molto anche se il freddo non è indifferente. Da quel giorno è iniziato tutto: un paio di X3M02

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uscite nel misto (roccia e ghiaccio ma sul sicuro) con Bubu Bole che mi ha spiegato un po’ come usare gli “attrezzi del mestiere” e già le gare. Infatti, il ricordo per me più bello di questa nuova disciplina è il 3°posto ottenuto al Campionato del Mondo Boulder in Valle di Daone: è stata veramente una sorpresa perchè era solo da un mese che praticavo l’ice climbing e salire già sul podio ad una gara così importante per me è stata una grande soddisfazione oltre che una sorpresa. Però sono anche contenta di aver risolto un M10+ nel misto solo dopo poche uscite e avendo provato questa via molto poco...anche se quel giorno che l’ho fatta faceva un gran freddo...-18°! Infatti colgo l’occasione di ringraziare mio papà per la pazienza che ha avuto nell’assicurarmi e restare lì con me a patire quel gran freddo!!!

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5 migliori risultati in gara 1° Campionato Mondiale Giovanile a Imst '01 1° Campionato Italiano Assoluto '98/'99/'00/'02/'03/'04 1° Campionato Italiano Assoluto Boulder '04 4° Campionato Mondiale Assoluto a Chamonix '03 1° Coppa Europa Giovanile '00 4° Campionato Europeo Assoluto a Lecco '04 3° Master Serre Chevalier '04 3° Coppa del Mondo difficoltà a Puurs (BEL) '04

Le discipline verticali su ghiaccio sono state finora escluse dai circuiti olimpici. Perché secondo te? Non solo la disciplina su ghiaccio non è sport olimpico ma anche l’arrampicata sportiva. Purtroppo l’arrampicata non è ancora stata considerata sport olimpico e questo secondo me è veramente un peccato, non perchè è il mio sport, ma perchè penso che sia uno sport molto completo: bisogna essere allenati non solo fisicamente ma anche mentalmente.

Cosa fai quando non sei attaccata alle pareti, nel tuo tempo libero? Beh, devo dire che di tempo libero a disposizione ce n’è ben poco. Infatti ho un allenamento abbastanza intenso...mattino e sera. Comunque quando ho un po’ di tempo a disposizione cerco di rilassarmi il più possibile, anche se per me è veramente difficile stare ferma, magari leggendo un libro. Adoro le lingue straniere, per cui mi piace imparare sempre di più per riuscire a comunicare sempre meglio con gli stranieri, e poi mi piace seguire anche gli altri sport!! Poi, quando ho un bel po’ di tempo libero a disposizione, mi piace andare a scalare in giro per il mondo con amici trascorrendo giornate tranquille ma intense di emozioni...e poi viaggiare, adoro visitare luoghi a me sconosciuti...e poi mi piace, non molto ma ancora di più, seguire tutto cio’ che riguarda i motori...kart, rally e moto: le mie più grandi passioni!

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Al momento stai preparando qualche gara? Ho iniziato più o meno a febbraio ad allenarmi seriamente per preparare una buona stagione agonistica, cercando di migliorami ogni anno che passa. Cerco sempre in me stessa il meglio, anche se a volte fallisco, ma non mi arrendo anzi la sconfitta mi porta ad una nuova motivazione pronta a far meglio al prossimo appuntamento, e ciò mi stimola ad allenarmi sempre più. Per quanto riguarda quest’anno, le più importanti competizioni sono verso luglio, dove avrò il Campionato del Mondo in entrambe le discipline (difficoltà e boulder) a Monaco di Baviera, due prove di Coppa del Mondo e il Master più prestigioso al mondo a Serre Chevalier in Francia, a cui tengo molto perchè è una delle gare più belle che ci siano. Poi si va verso fine stagione dove ci saranno ben 6 prove di Coppa del Mondo concentrate tutte in soli due mesi.

C’è stata un’arrampicata durante la quale hai avuto particolarmente paura? Per la verità non mi sono mai trovata in situazioni pericolose di cui aver paura anche perchè l’arrampicata, dal mio punto di vista, è uno degli sport più sicuri che ci siano. Un po’ di paura l’ho avuta quando ho dovuto tirare “da prima” per la prima volta sul misto. Era una sensazione strana dover scalare con piccozze e ramponi su roccia e ghiaccio Hai dei tatuaggi sul corpo? No, non ho tatuaggi sul corpo ma è da un po’ di tempo che ci sto pensando. Mi piacerebbe tatuarmi un geco dietro alla schiena...prima o poi quando avrò l’ispirazione lo farò... Gli uomini sono gelosi, o hanno paura, della tua forza? Sinceramente a ciò non avevo mai pensato. Scalo spesso con persone di sesso maschile, anche perchè è molto difficile trovare ragazze che scalano... ma sinceramente non lo saprei proprio.

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A cosa pensi quando sei a centinaia di metri dal suolo? Quando affronto una via, ho un solo pensiero che mi passa per la testa: incatenarla cioè risolverla. E’ il mio unico pensiero. Però è bello trovarsi appesi ad una parete...tranquillità e pace, una sensazione di essere in un altro mondo, solo tu e la roccia...un’emozione grandiosa. Hai cominciato a nove anni grazie alla passione dei tuoi genitori per questo sport, non hai mai pensato che saresti voluta crescere come una bambina “convenzionale”? No, non ho mai pensato di voler crescere come una bambina “normale”. Sono sempre stata un “maschiaccio”, infatti fin da piccola mi sono piaciuti gli sport più pazzi. Mi piaceva e mi piace tuttora la moto, specie quella da cross. Da piccola assieme a mio papà volevo comperarne una, ma avevo avuto una frattura alla gamba così i miei hanno deciso di aspettare...ma intanto loro si erano

appassionati alla montagna e io sempre con loro ho iniziato a praticare questo sport. Adoro anche i kart... velocità e competitività mi fanno impazzire. Sarà perchè ho una famiglia super attiva e sportiva, con un papà ciclista e quasi nel mondo del professionismo e una mamma che adora la corsa: come si fa a crescere “normali”...soprattutto con un papà che ama tutte le cose strane che ci sono!!! Penso che senza di lui non sarei arrivata dove ora mi trovo, perchè è lui che mi allena e sostiene anche nei momenti più difficili, soprattutto quando le gare non vanno per il verso giusto è lui che mi da una “svegliata” e che mi trasmette una cattiveria e una carica per rialzarmi e andare avanti per dare sempre di più. Anche la mamma m’infonde un’enorme motivazione su altri aspetti della mia vita, sostenendomi sempre anche nei momenti un po’ critici nella mia vita. Insomma noi tre siamo molto uniti e ci tengo a dirlo, facciamo quasi sempre tutto insieme: adoro la mia famiglia!!! Marianna Macis

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A Scuola di Enduro con: Maurizio Sanna In questo numero siamo andati a scuola di enduro con Maurizio Sanna, istruttore ufficiale scuola KTM, per aiutarvi a scoprire dove, quando e come usare al meglio la vostra moto. Durante la nostra intervista il discorso e' poi scivolato sullâ&#x20AC;&#x2122;ultima esaltante ed in certi versi tragica esperienza vissuta da Maurizio, i primi di gennaio, durante la 27a edizione della Parigi-Dakar, quando una caduta e' stata fatale allâ&#x20AC;&#x2122;amico e compagno di gara Fabrizio Meoni,

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Quali sono i consigli che dai a chi si avvicina per la prima volta al mondo dell’enduro? Per iniziare, consiglio di comprare una moto da enduro “soft”, tranquilla, non troppo nervosa, perché la prima cosa da fare è imparare la tecnica. Non si possono imparare la tecnica e la guida nello stesso momento??? La regola universale delle scuole è, infatti, quella di seguire tutte le tappe, dalla prima all’ultima. Quindi prima imparare ad andare nei diversi fondi, capire come si comporta il mezzo nello sterrato, poi la sabbia molle, poi quella dura ed infine la pietra. Dopo che hai imparato a conoscere il comportamento del mezzo nei diversi tipi di terreno, puoi anche optare per una moto più potente e nervosa. Comunque sia, devi imparare sempre ad improvvisare.

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Hai parlato di sabbia, pochi mesi fa ne hai vista tanta? Non ricordarmelo. La Dakar è stata psicologicamente e fisicamente faticosissima. Pensa che ho trascorso una notte sotto lo zero perché avevo finito la benzina. Avrei dovuto raggiungere la tappa successiva ma la quantità di carburante messa a disposizione dall’organizzazione non è bastata e mi sono fermato sopra una duna. Ci hanno dato solo 40 litri per un percorso lungo più di 11 mila chilometri. Assurdo! Ho aspettato i soccorsi, ma c’era un freddo con la tuta da cross! Così mi sono ricordato le raccomandazioni dello staff medico: in casi del genere cercare sempre di restare svegli perché il cuore potrebbe non riprendere a battere. Soltanto la mattina dopo è venuto a prendermi un elicottero. E’ successo il giorno prima della morte di Fabrizio.

Parli di Fabrizio Meoni? Lo conoscevi? Eravamo amici da dieci anni. E’ stata una distrazione, una caduta assurda. Se poi pensi che doveva essere la sua ultima partecipazione alla gara... Ma Fabrizio non deve essere ricordato soltanto come un grande pilota, lui era un grandissimo uomo. Attraversando in sella alla sua moto i tanti villaggi e vedendo le condizioni in cui vivevano i bambini africani, decise di aiutarli e ogni premio che vinceva lo metteva a loro completa disposizione. Con la vittoria alla Dakar del 2002, contribuì alla costruzione di una scuola, che ha preso il suo nome, dove ora studiano 450 bambini. Ma a breve diventeranno mille.

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Chi e'... Nome: Maurizio Sanna Nato: a Caltanisetta 26-05-1959 Specialità: Rally Hobbies: Attento lettore di riviste del settore Progetti futuri: Aprire a Cagliari una scuola di Super Motard che parta dalle basi.

Cosa intendi? Fabrizio ci ha lasciato una grande eredità. Spetterà a noi, adesso, mandare avanti quello che lui ha cominciato e a cui teneva tanto. Parli di “noi”, a chi ti riferisci? Ai suoi compagni di squadra. Io, Paolo Paladini, Renato Ferrari e Lele Ravazzini porteremo avanti i suoi progetti umanitari. Con i soldi raccolti dopo la sua morte, costruiremo un edificio adiacente alla scuola dove i bambini potranno imparare dei mestieri per evitare che finiscano nella strada. A fine maggio andremo a Saint Joff, alla periferia di Dakar, per vedere come proseguono i lavori. X3M02

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Avevo sentito parlare di Fabrizio Meoni come di un grande campione di motociclismo, ma non era mai trapelato nulla della sua generosità d’animo. E’ proprio così, anche noi non ne sapevamo nulla. Fabrizio ha sempre fatto tutto da solo e in silenzio, non voleva farsi pubblicità. Ti racconto un aneddoto: quando andavamo ad allenarci a Riola Sardo, Fabrizio si alzava sempre all’alba per andare a fare colazione, o almeno noi così pensavamo. In realtà andava tutte le mattine in chiesa. Dopo la sua morte il parroco mi ha spiegato che aveva anche contribuito alla donazione di un’autoambulanza superaccessoriata per la comunità. Aveva proprio un gran cuore.

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nna. Ravazzini, Sa Meoni, Paolini, da sn. Ferrari,

Facciamo un piccolo passo indietro. Rifaresti l’esperienza del deserto, ricorreresti alla Dakar? Sinceramente no, o almeno fino a quando non cambiano le regole. E’ troppo pericoloso e veloce. 160, 170 Km/h sono troppi, soprattutto se ti volti e dietro di te non c’è nessuno. Vorrei godermi l’Africa in un altro modo. E la moto che hai usato per la competizione ora dove si trova? Da quando è finita la gara, è in esposizione, sai è una moto con delle caratteristiche molto particolari. Ma con la Ktm pensavamo di venderla e di utilizzare il ricavato per continuare l’opera di Fabrizio. Non sappiamo però ancora come fare.

Avete pensato ad un’asta pubblica? Perché no, mi sembra un’idea molto interessante. Come avete potuto constatare voi stessi, abbiamo, in un certo senso, tralasciato l’appuntamento con “A scuola di enduro” quando Maurizio ha iniziato a raccontarci della sua avventura sul deserto africano e soprattutto della sua amicizia con Fabrizio Meoni, un grande campione con un grande cuore. Vi faremo, poi, conoscere più avanti i dettagli della probabile vendita della moto del team Ktm, guidata da Maurizio Sanna durante la Dakar 2005, che permetterà di proseguire la grande opera di solidarietà cominciata dal pilota fiorentino. Gian Luca Corona

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Chi ha detto che la Pasta fa ingrassare ? La pasta fa bene allo sport! È a partire dal dopoguerra che le scienze dell’alimentazione hanno fatto passi da gigante. Da allora, infatti, si è scoperta l’importanza della pasta nell’alimentazione degli atleti, soprattutto di livello internazionale, sui quali, a partire dagli anni ’70, si sono sperimentate diete a base di carboidrati complessi. Si deve, infatti, a dei ricercatori nordeuropei (Christensen, Hansen e seguaci) la scoperta della sostanziale differenza di ruoli fra proteine e carboidrati nell’alimentazione umana e la relativa applicazione dei risultati all’alimentazione degli sportivi. Semplificando, la macchina umana funziona così: le proteine formano i tessuti muscolari, mentre i carboidrati complessi (trasformati in glicogeno già al momento della masticazione) li alimentano, e sono quindi paragonabili a un carburante ecologico, in quanto non lasciano scorie nel nostro organismo. Ecco perché, dopo molti esperimenti, il mondo dello sport ha ormai recepito all’unanimità che la disponibilità di glicogeno a livello muscolare ed epatico è in grado di influenzare la capacità di prestazione nel corso di esercizi prolungati e impegnativi.

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In particolare, è certo che, oltre i 60 minuti di attività fisica ed entro il 75% di Consumo Massimo di Ossigeno, l’apporto glucidico debba costituire il 60% (fino al 70% nei giorni immediatamente precedenti alla gara per gli sport di endurance). Quanto più l’atleta si sottopone a un duro regime di allenamento, tanto più necessita di una dieta perfettamente bilanciata che gli consenta non solo di affrontare al meglio stressanti competizioni, ma anche di svolgere con serenità il lungo e faticoso lavoro di preparazione agonistica. Nives Meroi, la grande alpinista italiana, e prima donna al mondo, impegnata a conquistare tutte le 14 vette da 8000 metri in solitario, senza ossigeno e senza sherpa, non si fa mancare, nemmeno a 4800 mt sull’Himalaia, la pasta Garofalo, da anni presente nei tornei di tennis ATP di Napoli e Milano e nelle maratone sia agonistiche che di beneficenza. A fine maggio sarà, inoltre, sponsor ufficiale al Festival del Fitness di Rimini. In questa avventura, Nives è accompagnata dall’amico e scrittore Erri De Luca, anche lui appassionato di alpinismo.

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Erri De Luca sull’Himalaya

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Verd么r Verde: tra le montagne del Friuli Venezia Giulia. Benvenuti in Friuli Venezia Giulia. Dove la magia delle Alpi 猫 rimasta intatta, la cura degli uomini ha conservato immense foreste e i sentieri non conoscono confini. Dove lingue e dialetti diversi vi parlano al cuore, e i popoli e le culture si incontrano. Dove siete ospiti di una terra vera, fra gente unica che vi conquista.

| www.turismo.fvg.it

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foto: Giovanni Mossina X3M02

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Incontri ravvicinati del "quarto" tipo Una sfida a sorpresa tra enduro e downhill

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Trasmette sempre un fascino particolare il paesaggio delle valli bergamasche, anche a me che ormai le frequento da parecchi anni e conosco ogni loro centimetro quadrato. Riesco a respirare a pieni polmoni, quando sono qui, a rilassarmi ed in un solo secondo a ripassare mentalmente la mia onorata carriera di pilota di moto fuoristrada. Sempre, immancabilmente, tutte le volte. Dai primi “traversi” su uno di questi mille tornanti, fino ad arrivare alle tanto agognate spiagge di Dakar. Proprio così, posso annoverare tra le mie imprese anche un paio di Dakar, tutte terminate più che onorevolmente: ciò nonostante non mi sento appagato, la mia passione brucia ancora, ed è quella che mi spinge a venire qui tutte le settimane, da solo o con gli amici di tante avventure. Da solo per modo di dire; quest’anno la mia nuova compagna è una giapponese, nella fattispecie una Suzuki RM-Z 450 da Enduro ovviamente. Il silenzio di questo angolo di vallata è rotto dal rumore dello scarico racing della mia Suzuki e inizia così il mio allenamento precedentemente programmato a tavolino. Per me ogni luogo ha un nome proprio, un qualcosa che mi ricorda un avvenimento particolare.

Ed è presso il “costone” denominato clavicola (facile intuire perché è stato chiamato cosi) che mi fermo per riposare un po’ dopo circa un’ora di cavalcata. Spengo il motore e ripiombo nel solito irreale silenzio del bosco ormai rinverdito a questo punto della stagione. E’ a questo punto che, appoggiato con i gomiti sul manubrio della mia moto, con la visiera del casco che quasi tocca il serbatoio ed il respiro che faticosamente sta cercando di tornare alla normalità, che accade qualcosa di insolito e sinceramente un po’ angosciante data la particolare scenografia in cui si svolge. Due oggetti volanti, non ben identificati, mi passano sopra la testa lanciando un grido che si spegne velocemente quanto la velocità con la quale questi due “ufo” si dileguano tra i tornanti e gli alberi della successiva discesa. Pur ancora annebbiato dalla fatica e dal sudore che mi gronda sugli occhi, cerco di rendermi conto di cosa fossero queste due meteoriti, sicuramente non di provenienza extraterrestre.

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Rimetto in moto (al primo colpo) e, senza pensarci due volte, giù anch’io a rotta di collo per la discesa, senza però riuscire a raggiungerle ne tanto meno a identificarle da una distanza accettabile. Il problema è che giunto a valle non vedo nessuna altra moto e non sento nessun rumore. Un forte senso di curiosità incomincia a disturbare la concentrazione del mio allenamento. Ora il motivo della mia presenza qui era scoprire cosa diavolo avevo incontrato, io che avevo sempre creduto di essere il re solitario di questa giungla lombarda. Nella mia mente si fa sempre più spazio la convinzione che fossero delle biciclette, sicuramente

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speciali, ma di che tipo e poi chi le conduceva? Chi osava apparentemente andare più forte di me, vecchio leone scampato a mille pericoli, nel terreno a me più familiare? La risposta dovevo trovarla da solo. Faccio perno sul piede destro, secco colpo di gas la moto si rimette in direzione contraria, pronta ad affrontare la salita per cercare di intercettare i due sconosciuti intrusi. Bastano poche centinaia di metri per raggiungere il mio obbiettivo che è la davanti a me. La scena che mi si presenta è quasi al limite del ridicolo se paragonata a quanto avvenuto poco più di un quarto d’ora prima. I due extraterrestri stanno spingendo con non poca difficoltà i loro mezzi, probabilmente con l’intento di arrivare sulla cresta della collina. Senza pensarci due volte, rendo pan per focaccia come si dice da queste parti.

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Svernicio le mie due prede ad una velocità pazzesca, considerando la larghezza del sentiero e su una ruota sola. “Questo è solo l’inizio ragazzi, qui il re sono io non dimenticatelo” e in una nuvola di polvere raggiungo la fine del sentiero che suppongo sia la meta dei “due”. Li aspetto con le braccia conserte a cavallo della mia Suzuki, ostentando una certa impazienza. Eccoli finalmente, Bruno e Federico, discesisti di “downhill”. Pochi minuti per le presentazioni e già organizziamo una sfida lungo il tracciato appena percorso. Qui tutto avviene velocemente, alla stessa velocità con la quale conduciamo i nostri mezzi. Pronti via! Bastano pochi metri per capire che questa volta non c’è niente da fare e che lo scettro di re dovrà cambiare

mano. Non ho mai visto niente del genere! La velocità con cui affrontano la pendenza, la rapidità di cambiare direzione, la capacità di dominare la bike in qualsiasi situazione: sia con un colpo di freno e successiva sbandata, sia con una velocissima sequenza di pedalate per ritornare nel giusto assetto. Salti in discesa alti due metri e lunghi sette/otto, con atterraggi fronte albero con successivo e rapidissimo cambio di direzione…hoy madre!!! che robe. Da parte mia, non potevo far altro che stare in piedi sulle pedane con i freni puntati ed, in punta di tassello, scendere a valle e subire l’onta della sconfitta. Nei passaggi rocciosi e principalmente tecnici la moto esce nettamente sconfitta, sarà una questione di dimensioni e di pesi… D’altronde la fisica non è un’opinione. Presunzione a parte nemmeno il grande Peterhansel avrebbe fatto meglio di me.

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La giornata sta per volgere al termine e dopo aver assistito ad un altro paio di esibizioni da far accapponare la pelle, finalmente ci si ritrova per mangiare una barretta e scambiare quattro parole. Bruno Zanchi, da poco passati i 30 anni, e Federico Gemme, under 23. Il maestro e l’allievo. Risultano subito simpatici i due, sarà anche per il gusto del rischio che ci accomuna. Poco alla volta mi rendo conto che Bruno non è uno qualunque. Pluricampione Italiano e Mondiale Juniores e campione Europeo Elite, vincitore di una gara di coppa del mondo ad Are in Svezia, sempre di downhill. Ora oltre a mantenere viva la sua passione gareggiando, fa il promoter per la AXO una azienda di abbigliamento tecnico per moto e

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bici. La sconfitta assume ora un sapore meno amaro e sicuramente più onorevole. Il mio sguardo si rivolge ora verso le due biciclette, rispettivamente una Commencal ed una Specialized, anche se chiamarle così è un termine improprio o quantomeno restrittivo. Praticamente sono moto da fuoristrada senza motore. Peso di circa 20 Kg, capisco ora la loro fatica nel percorrere la salita, sospensioni regolabili, freni a disco. Gioielli di tecnologia sconosciuta a molti di noi. Il buio sta calando nella valle ed incomincio a sentire l’umidità entrare nelle ossa, (ahimè anche l’età non è un’opinione). Decido di tornare a casa, pensando di ribattezzare con il nome di Bruno quel famigerato tratto di discesa. Roberto Rossetti

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SUZUKI RM-Z 450 Enduro

COMMENCAL Supreme

Motore: monocilindrico 4T - 51 cv a 9000 g/m - 4,7Kgm a 7250 g/m Avviamento: a pedale Cambio: 4 rapporti Telaio: perimetrale in alluminio Sosp.ant.: steli rovesciati 47mm regolabile Sosp.post.: monoammortizzatore regolabile Ruota ant. 90/100 -21 Ruota post. 120/90 -19 Freno ant. idraulico a disco Freno Post. Idraulico a disco Lunghezza: 2.184 mm Larghezza: 832 mm Altezza da terra: 350 mm Peso: 106 kg

Motore: Due quadricipiti cosĂŹ - 400 W di picco - 185 pulsazioni di soglia Avviamento: due pedali Cambio: 9 rapporti Telaio: alluminio Sosp.ant.: tradizionale regolabile steli da 32 mm Sosp.post.: monoammortizzatore regolabile Ruota ant. 26 x 2.50 Ruota post. 26 x 2.80 Freno ant. idraulico a disco Freno Post. Idraulico a disco Lunghezza: 1.830 mm Larghezza: 680 mm Altezza da terra: 290 mm Peso: 18,8 kg

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foto: Archivio Terramia

Maratona Internazionale di Alghero Oltre 650 atleti provenienti da tutto il mondo hanno dato il via alla Sardinia Marathon Alghero, come molti centri, non ha una data di nascita definita, ma si colloca fra le città sarde con una lunga storia e con quel fascino che aleggia intorno alle sue costruzioni architettoniche e alle bellezze naturalistiche. Affacciata sull’omonimo golfo, nella Sardegna Occidentale, dominata dal promontorio di Capocaccia, Alghero è una bellissima cittadina famosa per la sua storia e per la sua influenza catalana. Circondata da bastioni a mare, la città di Alghero è ricca di calette, di insenature deliziose, di spiagge, di nuraghi che testimoniano la presenza di una civiltà che risale all’età del bronzo. In questa cornice straordinaria e unica si è inserita la prima Maratona Internazionale “Sardinia Marathon”, organizzata dalla Sarteam e Terramia Club, con l’approvazione della Associaton of International Marathons

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and Road Races (AIMS), del Comitato Regionale Sardo della FIDAL e del Comitato Provinciale FIDAL di Sassari, della Federazione cronometristi di Sassari, del CONI e con il patrocinio del Comune di Alghero. La Manifestazione del 24 aprile 2005, assegnava oltre al titolo della Sardinia Marathon, gara internazionale di 42,195 km, anche quello regionale di maratona e di mezza maratona. Le gare, rese particolarmente interessanti dalla partecipazione di oltre 650 atleti provenienti da tutto il mondo, sono state precedute dalla suggestiva esibizione della Banda Musicale della Brigata Sassari, che ha eseguito l’Inno Nazionale, prima della partenza degli atleti, e vari brani del proprio repertorio. I percorsi, studiati da Orlando Pizzolato, vincitore di due edizioni della maratona di New York, sono stati tracciati seguen-

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do un’andatura piana e veloce. Le gare hanno preso avvio alle ore 9:00 dal lungomare di Piazza Sulis, all’ombra della Torre o Sperone edificato dagli spagnoli nel XIV secolo, per poi snodarsi sui magnifici bastioni e lungo le vie ombreggiate dagli eucalipti e far ritorno in Piazza Sulis, dove per l’occasione è stato allestito un maxischermo per consentire al pubblico di seguire le fasi salienti delle gare. La Sardinia Marathon è stata vinta, nel settore maschile, dal keniano Kipchumba Rop che ha preceduto il burundiano Nizigama Alois e il sardo Riccardo De Venuto, che nella stessa gara si è laureato campione sardo di maratona. Nel settore femminile si è imposta la primatista sarda Marinella Curreli, che si è aggiudicata anche il titolo di campionessa sarda, precedendo Simona Pili e Gabriela Videki.

Nella mezza maratona si è imposto l’ex campione italiano Massimiliani Ingrami, nel settore maschile, ed Elena Fratus in quello femminile. “La Prima Maratona Internazionale di Alghero”, come dice il Presidente della Sarteam di Sassari Salvatore Meridda, “ha dato degli ottimi risultati e una grande partecipazione di atleti e di pubblico. Certamente questo successo contribuisce a porre le basi per una maggiore collaborazione fra lo staff di Sarteam e di Terramia, affinché questo appuntamento diventi un punto di riferimento per tutti gli atleti e per quanto intendono unire sport e turismo”.

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Intervista:

Orlando Pizzolato

Vent’anni fa, precisamente il 28 ottobre 1984, come la maggior parte degli italiani, ero incollata alla tv per seguire la straordinaria impresa di un Orlando Pizzolato, uno dei più grandi maratoneti italiani. Insieme a lui abbiamo vissuto la fatica di quella giornata, caratterizzata dalle difficilissime condizioni ambientali, dove la capacità di resistenza fisica e mentale viene messa a dura prova. Oggi, a distanza di tempo, abbiamo voluto ripercorrere, insieme ad Orlando Pizzolato, le fasi salienti di quella giornata e della sua carriera sportiva per comprendere appieno che cosa significa essere un maratoneta. Non è facile riassumere in poche righe la carriera di un atleta, ma cercherò di tracciare le fasi più significative di un’attività sportiva che inizia a soli 14 anni. Era il 1972 quando Orlando Pizzolato incominciava a battere i primi passi di una carriera che lo porterà nel 1978 a vincere la mezza maratona Roma-Ostia, a partecipare ad importanti maratone per giungere ai grandi successi delle due edizioni di New York del biennio 1984/85. Certamente erano anni di sacrifico, di rinunce, di momenti di sconforto, ma anche di grandi soddisfazioni. Per questo mi piacerebbe sapere da Orlando Pizzolato

*Ha avuto dei momenti tanto difficili da pensare ad un ritiro dall’attività agonistica?. Si, indubbiamente ogni atleta attraversa dei momenti bui in cui sembra che tutto gli vada male. Ma guai a perdersi d’animo, tutto ciò fa parte del gioco e non bisogna scoraggiarsi, ognuno di noi ha un percorso da seguire e incontri importanti da fare. Nel mio percorso ho avuto la fortuna di fare incontri importanti che hanno cambiato il mio modo di vedere le cose e che hanno contribuito a migliorare e perfezionare il mio rendimento sportivo. La stagione primaverile del 1984 era stata una vera delusione.

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*Stento a crederci se poi in quello stesso anno vinse la maratona di New York. Che cosa scattò in lei nei mesi successivi? Fu la voglia di rifarmi nella maratona più importante del mondo, la determinazione e la consapevolezza delle mie capacità e delle sofferenze che avevo subito fino a quel momento. Improvvisamente mi svegliai da un lungo letargo. I ricordi amari, le delusioni, le fatiche, i momenti di sconforto, ma soprattutto la consapevolezza delle mie capacità mi spinsero alla decisione di prepararmi all’appuntamento più importante al mondo. Furono due mesi di intenso lavoro fisico e psichico, a volte in condizioni ambientali difficili, ma sapevo che quei chilometri di strada mi avrebbero condotto al grande successo nel 1984. *Che cosa cambiò nella sua vita? Quella vittoria cambiò radicalmente la mia esistenza, fui travolto da un mondo fatto di autografi, impegni mondani, cene, foto e spettacoli televisivi. Ero diventato un personaggio pubblico, osannato da tutti coloro che mi riconoscevano. Nonostante ciò rimanevo la persona di sempre, semplice e con una forte predisposizione verso gli altri. La vittoria dell’84 mi aveva finalmente dato tante soddisfazioni, era iniziata la mia vera carriera. Infatti, ripresi gli allenamenti e l’anno successivo partecipai nuovamente alla maratona di New York con l’obiettivo di dimostrare che la mia prima vittoria non era stata frutto del caso, ma di una minuziosa preparazione. *In che cosa consiste una buona preparazione atletica? All’inizio si pone l’attenzione sulle qualità come la forza, la velocità e la resistenza. Ma è difficile pianificare in maniera lineare la preparazione di un atleta, poiché le variabili che entrano in gioco sono tantissime e non si può prescindere da tutti

quegli elementi complementari che contribuiscono a migliorare il rendimento durante la gara. *Parla di quei valori aggiunti come l’intelligenza e l’allenamento mentale? Si! Mi riferisco alla capacità di gestire “razionalmente” l’allenamento, curando l’alimentazione, il riposo fisico e mentale, la concentrazione e il controllo dell’emotività che condiziona inevitabilmente il rendimento della gara. La posta in palio, ogni volta che si partecipa ad una competizione, è sempre molto alta e trascurare anche un solo aspetto della preparazione di un atleta significa svolgere un lavoro incompleto e non sufficiente per il raggiungimento del risultato finale. *Alla luce della sua esperienza, che cosa consiglia ad un maratoneta? Prima di tutto che si avvicini a questa disciplina sportiva con serenità, con il gusto genuino della corsa, con serietà e intelligenza, affinando le proprie capacità fisiche e mentali in funzione della gara. Solo se si riuscirà a trovare un perfetto equilibrio psico-fisico si potrà attenere il massimo risultato. D’altra parte sono convinto che la maratona, la gara più dura, possa essere disputata solo da atleti adeguatamente allenati. *Per questo ha deciso di mettersi al servizio degli altri ed organizzare degli stages? Si, attualmente tengo degli stages per gli atleti e do delle consulenze personalizzate a chi intraprende questo sport. Tutto ciò mi da grande soddisfazione e mi permette di continuare a vivere nel mio mondo, quello dello sport, che mi alimenta e accompagna quotidianamente.

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Riccardo De Venuto Riccardo De Venuto, classe 1970, ha cominciato la sua esperienza sportiva con la scuola e con i Giochi della Gioventù. Di origine pugliese, si è trasferito in Sardegna per motivi di lavoro. Attualmente gareggia per la Società “Delogu” di Nuoro e per la quale ha vinto, in occasione della Sardinia Marathon di Alghero, il titolo sardo di maratona. La sua carriera sportiva è stata un susseguirsi di corse campestri, di gare su strada per culminare con la maratona. Ha sempre avuto dei punti di riferimento fra gli atleti del passato, come Gelindo Bordin e Carlos Lopez, e del presente come Stefano Baldini. “La maratona”, come dice Riccardo De Venuto, “è un gara durissima che va preparata adeguatamente attraverso pratiche di potenziamento e rilassamento”.

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Anche la sua gara di Alghero è stata preceduta da tre mesi di preparazione psico-fisica. “Al momento della gara”, dice De Venuto, “mi sentivo tranquillo, ho cercato di controllare il secondo gruppo della gara, fino a quando all’ultimo chilometro mi sono reso conto che potevo allungare, staccare l’avversario e giungere primo al traguardo. Ho provato una grande emozione, frutto di tanta fatica e di una perfetta gestione della gara. Adesso mi preparo per il prossimo appuntamento, la “Sardegna a tappe” che si svolgerà sempre ad Alghero e mi godo il successo che ho appena conquistato”. Rosa Podda

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Upsala, il gigante di ghiaccio La nuova missione di glaciospeleologia del team La Venta

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Ande Patagoniche: cime ghiacciate sferzate dai venti. Guglie impressionanti che da sempre esercitano un fascino magnetico sull’uomo. Pareti verticali teatro di grandi imprese, e di molte tragedie. Tutto intorno, come fiumi immobili, grandi ghiacciai scendono lentamente dallo Hielo Continental: la più grande massa glaciale sulla Terra, oltre i poli. Centinaia di chilometri di ghiaccio che, giorno dopo giorno, si gettano nei grandi laghi del versante argentino, e verso l’Oceano Atlantico. A circa 50 gradi di latitudine sud migliaia di anni di nevicate hanno formato, sulle montagne, un’immensa distesa bianca: lo Hielo Continental Sud. Da essa provengono enormi quantità di ghiaccio, che lentamente smaltiscono quanto continua ad accumularsi X3M02

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sui lontani pianori. I fiumi azzurri arrivano a valle, si frantumano e si fondono. Il più noto tra questi è il Perito Moreno, visitato da centinaia di migliaia di turisti. Qui le lingue glaciali sono decine di volte più vaste di quelle presenti sulle Alpi. La fusione del ghiaccio vi crea mondi fluttuanti, intrichi di crepacci, laghi, fiumi, pianure. Ogni tanto un fiume sparisce in una grotta, un baratro che sembra insondabile. Nel 1995 il gruppo La Venta ha trovato sul Perito Moreno la più lunga grotta glaciale della Terra. Il più grande tra questi ghiacciai si chiama Upsala: lungo più di 60 chilometri e largo in media una decina, è l’obiettivo di una nuova missione di glaciospeleologia del team La Venta. Il nostro gruppo è specializzato nella ricerca di grotte in zone remote, ghiacciai compresi. L’ultima base prima di addentrarci nel paesaggio di ghiaccio e roccia è El Calafate, cittadina in rapida espansione che vive esclusivamente di turismo.

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Dopo le ultime operazioni di coordinamento con le autorità locali e l’ente parco che gestisce la zona, siamo pronti a proseguire verso il ghiacciaio Upsala. Il Lago Argentino è molto ampio e si allunga per oltre un centinaio di chilometri. Navigando verso nord ovest per circa 3 ore si arriva in una zona disseminata di ghiaccio galleggiante: segno inequivocabile che ci avviciniamo alla fronte del ghiacciaio. Sappiamo che da alcuni decenni gran parte dei ghiacciai sta retrocedendo per i cambiamenti climatici; la fronte dell’Upsala negli ultimi venti anni è retrocessa di sei chilometri.

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Finalmente, con un vento fortissimo, arriviamo nella baia dell’Estancia Cristina. Inizia la prima di una lunga serie di camminate verso la parte alta del ghiacciaio. Si trasportano carichi pesanti, ma si attraversano paesaggi eccezionali. Ad accompagnarci sono il vento, i colori e le forme disegnate da fiumi e laghi. Il ghiacciaio non può essere raggiunto frontalmente. Ci spostiamo quindi lungo il lato destro, risalendo a nord dalla zona della Estancia Cristina e alzandoci di quota. Disponiamo di quasi duecento chili di viveri: il fabbisogno giornaliero pro capite è di circa un chilo, siamo in 14 e rimarremo per 15 giorni. Dovunque rocce levigate ci raccontano di un passato recente in cui il ghiaccio ha lavorato la loro superficie. Le prime ricognizioni sul ghiacciaio ci confermano il timore che le cose non saranno facili: la superficie è ricca di crepacci e noi, che

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dobbiamo spingerci molto all’interno, non possiamo pensare di percorrere chilometri su zone cosi impervie. Gli ostacoli rischiano di essere insormontabili. Le dimensioni sono gigantesche e in un’intera giornata riusciamo ad avanzare solo per 2 chilometri verso il centro del ghiacciaio. Questa non è la via giusta. La scelta è obbligata: dobbiamo provare a cercare zone migliori entrando molto più in alto, e quindi risalendo ancora lungo il fianco orientale del ghiacciaio. Il bivacco Pascale è costituito da una casupola di lamiera: poca cosa in realtà, ma in questi luoghi sembra una reggia. Ma il Pascale è solo una tappa: bisogna spingersi molto più a nord, dove la superficie dell’Upsala sembra essere meno frammentata e più favorevole alle nostre ricerche.

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Un’altra giornata di cammino ed eccoci al Campo Rock. Non ci sono più tracce di sentiero, né bivacchi: due grandi pietre moreniche diventano il campo con le tende a ridosso allo scopo di ripararci dal vento. Il ghiacciaio qui sembra abbordabile, e finalmente raggiungiamo le zone pianeggianti che cercavamo. Il calore dell’estate australe fonde grandi quantità di ghiaccio e può creare laghi e corsi d’acqua, che a loro volta formano le grotte. Resta però la presenza di crepacci, seppure meno frequente. Questo non è un buon segno, perché se ci sono troppe fratture la formazione di grotte è difficile. Giungiamo comunque al centro del ghiacciaio, nelle zone dove l’ablazione superficiale produce i suoi massimi effetti. Qui lo spessore del ghiaccio è diminuito in modo impressionante rispetto a 20 anni fa. Calcoliamo oltre 100 metri. Qualcosa come 100 chilometri cubi, tre volte più ghiaccio di quanto ce ne sia in tutti i ghiacciai italiani, frigoriferi compresi. I dati ci confermano quello che sospettavamo: la fase di ablazione che questo ghiacciaio ha subito negli ultimi decenni ne ha sconvolto la superficie per una lunghezza di 14 chilometri. X3M02

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Team spedizione Ghiacciaio Upsala: Giovanni Badino, Tullio Bernabei, Alessandro Beltrame, Antonio De Vivo, Chiara Silvestro, Esteban Gonzalez, Leonardo Gonzalez, Stefano Scala, Maria Leonor Casiva, Michele Citterio, Paolo Petrignani, Giuseppe Soldano, Mauro Giuliano, Francesco Lo Mastro

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La zona dove, un tempo, sorgevano i fiumi e le grotte principali, ora è spezzata da innumerevoli crepacci trasversali, che assorbono in fretta qualunque acqua di fusione. Dal punto di vista speleologico, l’Upsala è morto, o almeno è agonizzante. L’acqua esce in gran parte sui lati, formando grandi ruscelli. Ma siamo qui per cercare grotte e lo facciamo sino in fondo: partendo dal campo, ci spingiamo fin quasi dall’altra parte del ghiacciaio, e poi anche a valle, nel tentativo di trovare qualche varco accessibile al mondo sotto la superficie. Sappiamo che gli unici punti dove si possono trovare cavità sono quelli più marginali, non toccati dallo scivolamento a valle del ghiacciaio. E infatti in quelle zone riusciamo a trovarle: un pozzo glaciale, chiamato tecnicamente mulino, scende una ventina di metri, ma purtroppo sul fondo diventa troppo stretto.

Alcune gallerie laterali consentono di esplorare altre piccole grotte, mentre un nuovo pozzo è completamente invaso dalla cascata. Qui è impossibile scendere. Alla fine una piccola grotta ci regala una sorpresa. Lo scorrimento d’acqua è poco, ma la cavità sembra diversa rispetto alle altre. E’ più ampia, e permette di scendere più in profondità. Entriamo in una zona di ghiaccio trasparente, traslucido, che ci consente di vedere in dettaglio i reticoli di drenaggio microscopici, come piccole arterie all’interno delle quali scorre l’acqua nel corpo del ghiacciaio. E’ il ghiaccio che vive, o meglio l’Upsala che torna a vivere. E’ un sistema di grotte in formazione: tra qualche decina d’anni, forse, qui si saranno formate le grandi grotte che cercavamo, e il corpo del ghiacciaio tornerà più compatto. Non è una certezza, ma una speranza. Tullio Bernabei e Giovanni Badino

Ringraziamento speciale: Prefectura Naval, Gendarmeria Nacional Argentina, Agenzia Upsala Explorer, Parque Nacional Los Glaciares, Napapijri, Ferrino, Duracell, Camp, G&D Cucine, CTE – Midland Sito internet: www.laventa.it

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Groenlandia, un luogo senza tempo Una pagina dal diario di Dario Ferro, fotografo e alpinista

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….dal mio diario Cat Steven nelle orecchie, i paesaggi lunari di Aappilattoq negli occhi, l’odore del sangue nelle narici, la salsedine ovunque. Un’altra storia, un altro film della mia vita, strana fin che si vuole, ma intensa e viva. Mi trovo in un luogo dove la mia immaginazione non arrivava, unico nel suo genere il paesaggio. Fiordi, iceberg, neve, ghiaccio. Le pareti delle montagne si fondono nell’azzurro del mare, non un albero, la vegetazione praticamente inesistente. Gli abitanti, pescatori e cacciatori, poveri ma felici. Faccio conoscenza con l’unica persona che parla un po’ d’inglese, si chiama Peter Larsen ed è contemporaneamente il professore e il sindaco di questa piccola comunità Inuit: circa duecento persone, trenta bambini ed il resto equamente diviso tra donne e uomini.

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Pescatori e cacciatori! Non sopporto chi uccide un animale per sport, ma in questo luogo capisco tutto. Se non cacci, non mangi, se non cacci, non sei un uomo e se non sei un uomo non puoi pretendere di avere una tua famiglia. Capisco tutto, grasso e scheletri di foca ovunque, l’odore nauseante e penetrante del sangue di una preda appena cacciata, non per sport ma per sopravvivenza come gli antichi cacciatori in epoche remote. Qui il tempo si è fermato, esiste l’orologio, naturalmente, ne ho visto uno anche nella piccola scuola, ma il calendario che scandisce i giorni è un’utopia. E’ vero i giorni passano, ma un anno è uguale all’altro, qui il tempo ha collezionato giorni simili e anni senza tempo.

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I bambini sono felici, si rincorrono sul ghiaccio del porto, non hanno problemi, il freddo ed il vento non li scalfisce minimamente. Che popolo fiero, già da piccoli sono cuccioli di razza. La piccola scuola ospita circa trenta bambini, disciplinati, ci guardano con curiosità, vogliono sapere perché siamo ad Aappilattoq, vogliono vedere sulla carta geografica dov’è l’Italia e dove si trova Santhìa. Increduli non capiscono perché siamo nel loro Paese, un film su due persone con gli sci? Qui in Groenlandia? Non riesco a fargli capire che questo film servirà a far sognare, sarà la documentazione di un’impresa storica e dal film verrà creato uno spot pubblicitario per una nota casa di orologi.

Non capiscono che cosa centri la Groenlandia con un orologio, ma così è la vita, qui il tempo non corre, nessuno ha fretta, qui l’orologio è un eufemismo. Verso le 17 di ogni giorno arriva la bassa marea, il livello dell’acqua si abbassa di circa due metri, in lontananza si ode il rumore dei motori delle piccole imbarcazioni: sono i signori della caccia che rientrano, uomini veri, escono con il mare grosso, con il vento che urla e rientrano con i visi rossi dal freddo. Portano sulle loro barche il piccolo carico di morte, ma per loro la vita. Le foche che noi occidentali vediamo giocare nei circhi, qui non giocano più.

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Non so, ma credo che loro preferiscano vivere libere in mare e morire per mano di un cacciatore, che morire comunque dopo aver divertito ma senza divertirsi e senza libertà. Scendono dalla barca con la preda che, con gli occhi spenti, tocca per l’ultima volta l’acqua salata. In un attimo è distesa sul ghiaccio colpita con armi rudi, ma con una precisione assoluta, in quanto anche la pelle viene utilizzata e quindi non bisogna rovinarla. I bimbi, assolutamente indifferenti a tutto ciò, continuano a giocare, saltando da un blocco di ghiaccio all’altro, senza mai cadere in acqua. La vita e la morte, due concetti opposti, ma in questo caso uniti: la morte di un

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animale e la sopravvivenza dell’uomo. Capisco tutto in questo luogo, gli umani soffrono come gli animali, sono isolati da tutto e da tutti, patiscono il freddo ed il vento; non esiste una macchina, una bicicletta, non esiste quasi nulla di ciò che noi possediamo, sono felici e vogliono vivere tra i ghiacci, i più giovani vogliono assomigliare ai loro padri. Uomini che corrono nel vento, che sfidano il mare, sicuri che un giorno al porticciolo ci sarà una donna fiera del proprio uomo, e donne che aspetteranno i loro uomini, sicure che non rimarranno deluse perché avranno sulle loro barche il fabbisogno per l’intera famiglia. Dario Ferro

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Melloblocco A mani nude sopra il sasso

Erano più di mille i sassisti che lo scorso 7 e 8 maggio hanno preso parte alla seconda edizione del Melloblocco, il grande raduno internazionale di bouldering, organizzato in Val di Mello dalle Guide Alpine della Lombardia. Dopo il successo della scorsa edizione, la manifestazione ha, infatti, voluto proseguire il dialogo con le giovani generazioni valorizzando l’attività nel contesto naturale della montagna anche nelle sue forme più sportive. Con la convinzione che il passo che porta dal sasso alle grandi pareti e all’alpinismo può diventare, attraverso una buona formazione, accessibile a molti. I partecipanti, provenienti da diverse nazioni e con un’età che andava dai 18 ai 60 anni, si sono trovati davanti gli oltre duecento passaggi dal 4a all’8b sui tanti massi sparsi nei prati della splendida Val di Mello.

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I problemi, molti dei quali nuovi, erano segnati su una mappa consegnata a ciascun partecipante ed erano anche storici passaggi dei “Sassisti”. I boulder più difficili (4 per gli uomini e 2 riservati alle donne) avevano in palio un montepremi che è stato diviso tra chi è riuscito a risolverli, mentre per tutti gli altri sono stati sorteggiati dei premi in materiale da arrampicata. E’ stata una festa per tutti in un luogo che proprio negli anni ’70 vide la nascita del sassismo, oggi denominato anche bouldering.

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altimetro Cervino 4478m

bussola

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termometro www.tissot.ch

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DA BOOT Story

Unâ&#x20AC;&#x2122;amicizia nata su una rampa da FMX

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La Da Boot è nata inconsciamente nel maggio del 2002, quando per la prima volta ci siamo incontrati e, per una serie di fattori a noi non ancora noti, io, Bianco, Jader, Pippo, Fausto e Miki ci siamo imbattuti a provare la prima rampa di ferro da fmx, che Fausto aveva fatto costruire per l’ Air’ n ground che si sarebbe svolto a Roma. Io mi sono trovato di fronte a questi personaggi del cross e super cross tradizionale che avevano ben poco a che fare con me, nel senso che la loro mentalità e stile era ben diversa dalla mia che arrivavo dalla scena snow board. A quell’epoca eravamo tutti pionieri delle rampe e l’unica sensazione che provavo davanti a quel kiker di ferro era una grande paura. Un’altra cosa che mi ricordo di quella giornata è che Jader faceva il super uomo e si atteggiava con aria altezzosa nei miei confronti, ma un piccolo corto su un doppietto di terra gli è bastato per abbassargli la cresta.

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TEAM RIDERS: Alvaro Dal Farra Massimo Bianconcini Miki Monti Jader Toninello PARTY MANAGER Fausto Felcher ROOKI TEAM Vanni Oddera Luca Zironoi Paolo Grana Andre Cavina Ossani Domenico Raul Pozzati

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Dopo quel giorno abbiamo sempre “ridato” insieme e condiviso un sacco di cose, ma soprattutto tutti hanno dato qualcosa agli altri, così che è nata una grande amicizia e siamo cresciuti insieme. Poi, un anno fa circa, è nato il nome DA BOOT durante la trasferta a Pilzen in CZ (meta sempre ambita da tutti). Era da tanto tempo che si pensava ad un nome per rappresentarci, ma i problemi erano molti: Miki voleva a tutti i costi Fmx Italia (solito tradizionalista), Jader era gasato con 051 (classico paesano patriottico), Bianco non si esprimeva perché pensava solo alle sbronze, Fausto vive a Rimini e si salvi chi può, io mi limitavo a proporre idee e a bocciare quelle di Jader, ma nel bel mezzo di questo viaggio, il Toninello disse la parola magica: DA BOOT…come lo stivale da fmx e come la forma del nostro Paese…pochi istanti e… ok! Andata per DA BOOT, dopo tanti tentativi, il nome sembrava giusto per far si che la nostra crue rappresentasse in tutto il nostro Paese. E’ proprio così, il nostro gruppo non si limita ai “soci fondatori” ma è una crue che comprende

e vuole coinvolgere tutti coloro che si sentono DA BOOT e che credono nell’fmx, ma soprattutto nello stile italiano! Ora il nome è fatto, la crue c’è e rappresenta tutta l’Europa tra contest e feste, noi continuiamo a crescere e a spaccare, da cinque fondatori la famiglia si è ingrandita a dieci, e si espanderà sempre più. Se sei italiano, se fai bordello, se ti gasi, se ti sbronzi e non ti ricordi cosa hai fatto la sera, se entri in disco in moto e fai barn out da paura, se insomma fai quello che ti piace, vieni e fallo con noi! Da Boot rocks

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Tricks Back-Flip: la figura più difficile. Salto all’indietro con un loop (giro) di 360 gradi. Lazy Boy: il pilota è sdraiato sulla moto con il manubrio sotto le ginocchia. No hand: il pilota lascia il manubrio in volo e atterra con le braccia dietro la schiena o alzate. Nothing: il pilota si stacca completamente dalla moto e allarga braccia e gambe come a disegnare una X con il corpo Hellclicker: mani sul manubrio, gambe che entrano tra le braccia e i talloni che si toccano. Tsunami: Il pilota si distende in verticale verso l’alto, le mani sono sul manubrio e la moto viene spinta verso il basso, in linea verticale con il pilota. Whip: il pilota salta e cerca di portare la moto nella posizione più orizzontale possibile. Il più vecchio tra i Trick, è addirittura oggetto di una competizione: il Best Whip Contest Superman: pilota in aria in posizione orizzontale, parallela alla sella, e mani sul manubrio. Barhop: entrambe le mani sul manubrio, gambe tese che passano tra le braccia. Cliffhanger: il pilota si aggancia con entrambi i piedi sotto il manubrio della moto e alza le braccia Airwalk: mani sul manubrio, il pilota sposta le gambe a lato della moto e le muove come se ci stesse correndo di fianco. Fender kiss: il pilota porta la moto in posizione verticale e con il casco tocca (bacio) il parafango anteriore (fender) Hart attac: dal nome del suo esecutore Corey Hart. Il pilota esegue una verticale sulla moto, tenendo una mano sul manubrio e una attaccata alla sella.

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Le Origini... Nato negli Stati Uniti negli anni ’90 come semplice momento di intrattenimento per il pubblico durante le competizioni di motocross classico, il Freestyle Motocross è oggi una disciplina indipendente, uno tra gli sport più spettacolari ed avvincenti del mondo. Una combinazione unica di atmosfera frizzante, gare di moto ed azioni spettacolari con i più grandi esperti del motocross freestyle indoor. Tra i pionieri di questa disciplina c’è l’americano Mike Jones, soprannominato per i suoi numeri acrobatici “Mad”, il pazzo. Dopo le prime esibi-

zioni alla fine delle tradizionali gare di motocross, non occorse molto prima che cominciassero a circolare i primi video delle imprese di questi temerari motociclisti americani: i media e gli sponsor non tardarono ad interessarsi alla nuova disciplina, aiutandone e sostenendone la diffusione presso il grande pubblico americano. In Europa l’FMX si è sviluppato solo più tardi: il primo Freestyle Motocross europeo si è svolto infatti per la prima volta in Germania nel 2001, ma da allora attraversa con successo senza fine.

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1° Campionato Italiano di Guida Sicura Competizione per i piu' abili piloti modello. Quando la sicurezza stradale diventa determinante 180 giovani tra i 18 e i 25 anni, divisi in tre categorie, hanno dato il via, a Cagliari, al 1° Campionato Italiano di Guida Sicura, una campagna sociale a carattere nazionale con l’obiettivo di promuovere i valori della sicurezza stradale tra i giovani e i neopatentati. Seguiti dal campione di rally e pilota istruttore Giancarlo Vigna, i ragazzi che parteciperanno a questa seconda fase saranno 180 per ogni regione italiana, nelle categorie “maschile, femminile e juniores”. Verranno ammessi a questa fase coloro che, in ogni regione, avranno realizzato il miglior risultato durante la prima parte del Campionato, ossia la selezione nazionale virtuale che si è svolta su Internet (www.cgs2005.it) da gennaio a marzo 2005. Questa selezione,

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che ha interessato più di 16.000 giovani in tutta Italia, prevedeva prove di guida virtuale su un software in grado di mettere alla prova non solo l’abilità, ma anche l’accortezza del conducente e le conoscenze sul codice della strada. I classificati residenti in Sardegna, divisi nelle tre categorie, hanno ripetuto, gratuitamente, le stesse prove su un vero percorso, all’interno di un circuito appositamente attrezzato, sfidandosi per tre giorni sulla capacità di evitare un ostacolo, di affrontare correttamente una curva o di frenare, allenando così riflessi e capacità di concentrazione. Lo scopo finale é quello di creare opinion leaders: ragazzi che avranno l’opportunità di diventare testimonial della Guida Sicura nei confronti non solo dei giovani, ma anche del grande pubblico, promuovendo la diffusione e la cultura della sicurezza stradale.

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dal 15 luglio al cinema Maggio - Giugno

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Zaffa, Fuori del Comune senso del Pudore Sportivo Quarantanni passati su e giu' per le montagne, dâ&#x20AC;&#x2122;estate e dâ&#x20AC;&#x2122;inverno, o tra torrenti che scendono al mare, ma sempre alla ricerca di emozioni. Si presenta cosi' Marco Zaffaroni, milanese purosangue dalle mille qualita': imprenditore tessile, tosatore di vacche, organizzatore di eventi multidisciplinari, e nei ritagli di tempo, ironman e alpinista di alta quota. Insomma... uno con cui vale la pena di scambiare due chiacchiere X3M02

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Andando a cercare nel web, a volte ci si imbatte in una umanità che vale la pena di scoprire, approfondire, capire meglio. Ed è così che la madre di tutte le reti ci ha offerto il racconto di un appassionato di alpinismo che, direttamente dal campo base sul Cho Oyu, rendeva tutti partecipi delle sensazioni vissute durante un’impresa ai limiti delle possibilità umane. Un’impresa purtroppo fallita, ma la locuzione negativa l’abbiamo aggiunta noi, perché quando si è ai confini del possibile, bisogna avere la lucidità e la capacità di capire quando un passo potrebbe essere fatale. Quell’uomo è Marco Zaffaroni, fondatore del Friesian Team, squadra di triathlon tra le più affermate in Italia, ma soprattutto grande appassionato di sport estremi, ma non usate questa definizione in sua presenza “perché di estremo nella vita, c’è solo la povertà!”, come è solito rispondere. Nato 41 anni fa nella provincia a nord di Milano, Zaffaroni è sempre stato uno sportivo, salvo una parentesi adolescenziale, dovuta a problemi fisici: “Forse allora ho perso la possibilità di fare qualcosa d’importante a livello agonistico, ma non è poi così fondamentale”. Per Zaffa, così lo chiamano gli amici, l’agonismo è al tempo stesso cosa bella e brutta: “Non completa il significato dello sport” sostiene “perché per essere uno sportivo nell’accezione più profonda, bisogna praticare di tutto…”.

Mentre ci spiega il suo point of view si sistema le Birkenstock che porta rigorosamente senza calzini, anche nella stagione più fredda. “Nella realtà, uno come me cerca solo la produzione di endorfine, solo per ottenebrarsi mentalmente e in fondo ho capito che il risultato non conta nulla”. Intanto il suo cellulare suona continuamente e anche nella professione l’essere poliedrico di Zaffa: dalla gestione dell’azienda di famiglia alla passione e agli studi nel mondo bovino, passando per l’organizzazione di eventi sportivi. È sempre “competizione” ma quando si tratta di sport l’approccio filosofico è nettamente diverso, perché si basa su un principio interessante ma che potrebbe sembrare contrario a chi pratica e vive nel triathlon: “Il triathlon è uno sport che ha una fortissima connotazione agonistica, anzi non potrebbe avere senso senza di essa”. E anche in questo caso l’interpretazione è assolutamente originale, e proprio per questo vale la pena di approfondirla. “Mi piace, faccio gare di triathlon quando queste si svolgono in località che mi interessano o su percorsi che mi piacciono, ma non cerco i risultati”. D’altronde uno che è bastian contrario per natura non può che isolarsi nel suo pensiero. “Se mi trovassi ben messo in una classifica penserei che gli altri siano scarsi e non è quel che cerco.

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Chi e'... Nome: Marco “Zaffa” Zaffaroni Nato: a Milano il 15/7/62 Specialità: Triathlon (preferenza per le lunghe distanze) – 9 competizioni Ironman e un T-INFERNO Duathlon: (diverse partecipazioni al POWERMEN) Sci di fondo, Sci alpinismo, Podismo (100 Km del Passatore), Adventure (Maraton de Sable, Desert Cup,…) Da segnalare: Raid Adventure Dofi Dole 1998 e 1999; Raid Randone’ Sfr 1999 2000 e 2001; Raid Vert 1997 (Spagna); Corsica Raid Aventure (Francia); Raid Gauloises 2000 (Tibet-Nepal) 21°posizione; Raid Gauloises 2002 (Vietnam) 27°posizione; Adrenalin Rasch 2001 (Scazia) 12° posizione; Southern Traverce (N.Z.) 12° posizione; Raid Ukatak (Canada) 9° posizione Hobby: Alpinismo: svarite spedizioni extraeuropee, con all’attivo 12 vette oltre i 6000 metri, tra le quali: Elbrus (Russia); Aconcagua (Argentina); Kilimangiaro (Tanzania); Mt. Vinson (Antartide); Cotopaxi, Cimboraso, Mersedario ecc. Tentativo al CHO-OYU 8040m. nel 2002 - arrivo al campo II° 7440m.

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Io voglio provare sensazioni, il rapporto con l’ambiente che mi circonda e i compagni, il sentirmi uno che fa cose fuori del comune, per questo amo le gare che fanno fare traversate, arrivare in riva a un fiume o in cima a una montagna. Preferisco i raid adventure, dove con una tua squadra devi correre orientandoti cambiando sempre mezzo”. Le due partecipazioni al Raid Gauloises, sempre portate a termine, sono i suoi fiori all’occhiello. E il Friesian Team? “La passione per il triathlon è nata casualmente, 15 anni fa, quando era agli albori ed io facevo sci di fondo e alpinismo, quindi ero lontano da queste discipline sportive. Dopo un breve periodo in altre squadre abbiamo deciso di camminare con le nostre gambe, fatto un nostro team intitolandolo alle vacche Frisone, anche per contrastare l’enfasi da superuomini che andava per la maggiore e soprattutto per sdrammatizzare un poco…”. Oggi il Friesian Team di Cesate è una polisportiva con 360 tesserati, nelle discipline di triathlon, basket, volley, atletica e arrampicata sportiva. Un valore sociale di cui Marco va particolarmente orgoglioso. L’importante per lui è “fare”, meglio ancora se per gli altri, per la comunità ed è per questo che di lui abbiamo scritto poco. Ma c’è qualcosa che non passa inosservato. Zaffaroni è un piccolo impren-

ditore tessile, specializzato nella confezione di calze da donna, e gestisce con passione l’azienda fondata dal padre. Ma non è tutto, perché dopo il diploma in agraria, negli anni 80 si trasferì in Canada a imparare il mestiere del tosatore di vacche. Già proprio così, il coiffeur di mucche da esposizione: “Un mondo straordinario fatto di gente che ha ancora contatto con l’allevamento .. perché l’agricoltura sembra essere passata di moda” sorride con ironia. Ed ecco svelata la ragione della mucca nella simbologia del Friesian Team, una passione trasferita ad una altra passione. E poi l’organizzazione di eventi sportivi nel campo della multidisciplina: campionati europei di duathlon, tricolori di triathlon e tante altre competizioni, grazie ad un gruppo di ragazzi, e soprattutto amici, che trasformano sempre un evento in una festa. E non finisce qui, perché l’atleta Zaffaroni si allena tutti i giorni. Come fa? “Semplice: dormo tre ore per notte” ma è questa è un’altra storia. Carlo Brena e Gabriele Gentili

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Caravanserai Lâ&#x20AC;&#x2122;avventurosa spedizione di Seba e Barba dallo Xijang cinese al Peak Lenin lungo la Via della Seta

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Attraversare il Taclamacan Desert, svegliarsi in una yurta kyrghysa, fare colazione in un campo nomadi e giungere in cima al Pic Lenin, dove l’ossigeno comincia a scarseggiare. Non è immaginazione, è l’ennesima impresa di Sebastiano Audisio e Cristiano Peirano. Dopo la Patagonia, il Circolo Polare Artico, il deserto dei Gobi e la Via degli Inca, il sogno continua e si chiama Caravanserai. Un tragitto lungo 3000 km che toccherà i luoghi che hanno visto, nei secoli, il passaggio delle antiche carovane lungo la Via della Seta. La spedizione, in mountain bike e sci alpinismo, prenderà il via il 26 maggio da Turpan, nel nord-ovest della Cina misteriosa, oasi carovanie-

ra situata nella depressione del Tarim (-180 mt.) e considerata la parte più calda dell’intera Cina, e si concluderà, salvo imprevisti, il prossimo 18 luglio sulle più ambite e prestigiose vette del Tien Shan, le Montagne Celesti. Ma per la prima volta, rispetto alle precedenti spedizioni, Seba affronterà in solitaria la prima parte del viaggio in mountain bike e solo il 26 giugno

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Chi e'... Nome: Sebastiano "Seba" Audisio Nato: a Demonte (CN) 38 anni fa Specialità: Sci alpinismo e mountain bike Curiosità: E’ fondatore e presidente di Montagnard, un’associazione sportivoculturale per vivere la montagna senza confini

Chi e'... Nome: Cristiano "Barba" Peirano Nato: a Demonte (CN) 42 anni fa Specialità: arrampicata su ghiaccio e amante dei bei pendii Curiosità: Montanaro a tutti gli effetti e da sempre compagno di avventure di Seba X3M02

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incontrerà l’amico Barba per proseguire insieme questa avventurosa impresa. Esplicate le formalità burocratiche, infatti, Seba si avvicinerà a Yuning, cittadina di confine con il Kazakistan, e con la sua mtb attraverserà in parte il deserto di Teclamacan per giungere poi nelle steppe del Kazakistan. La spedizione in mountain bike scavalcherà i primi contrafforti delle Montagne Celesti, entrando in Kyrgzystan attraverso il Passo Kamchick e la Valle di Ferghana per arrivare, infine, alla mitica Osh.

Ai piedi del Peak Lenin (7134m), dopo aver incontrato Barba, Seba lascerà la sua mountain bike, dopo 2100 km di duro percorso, per mettere piede negli sci. Inizierà, così, la loro scalata verso le Montagne Celesti che durerà, tempo e Dei permettendo, circa tre settimane. Noi di XtremeStuff Magazine seguiremo per voi, passo dopo passo, questa spettacolare avventura e nel prossimo numero daremo ampio spazio alla spedizione di Seba e Barba.

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Volare sulle onde Abbiamo solcato le onde su un “Tornado”, il veloce catamarano considerato la “Ferrari” del mare

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Il Vocabolario Armare: preparare la barca, issare vele, mettere in acqua timoni e derive. Bolina: andatura per risalire il vento . Bordeggiare: nell’andatura di bolina procedimento a zig zag con una serie di virate di prua per risalire il vento. Deriva: "pinna" che serve a ridurre il movimento laterale impresso dal vento. Lasco: andatura portante con vento in spalle Prodiere: addetto alle manovre di prua Scotta: Cavo di manovra collegato alla vela e che serve per tenerla distesa al vento.

Si può andare a vela in molti modi. Noi di Xtreme Stuff Magazine abbiamo scelto il più affascinante: solcare le onde su un veloce catamarano! Abbiamo voluto provare in prima persona l’emozione di volare con questo multiscafo che è considerato, a giusta ragione, la “Ferrari” del mare. Non tutti sanno, infatti, che il catamarano può raggiungere velocità sino a tre volte superiori rispetto alle comuni barche a vela e in alcuni casi può addirittura essere più veloce del vento che lo spinge. Tutto merito dei principi costruttivi improntati non solo sull’idrodinamica, ma anche sull’aerodinamica visto che il potente motore di questa imbarcazione sarà il vento. Grande cura per le linee d’acqua, per i profili alari degli alberi, ma anche molto hi-tech nei materiali dove giganteggia sempre più la fibra di carbonio che assicura grande resistenza e peso ridotto.

Il catamarano si distingue dalle altre imbarcazioni per la presenza di due scafi (che diventano tre nel caso del trimarano) e che gli consentono di aver minor attrito in acqua; già in condizioni di brezza si solleva lo scafo sopravento e la navigazione prosegue in equilibrio sull’altra barchetta. Questa particolare imbarcazione, che oggi rappresenta lo stato dell’arte della nautica sportiva, affonda le proprie radici nella lontana Polinesia, dove un grosso tronco legato ad una rudimentale zattera aveva convinto gli abitanti dell’isola di Tonga di una maggiore stabilità delle loro imbarcazioni. Confidando nella saggezza dei pescatori polinesiani, anche noi di Xtreme Stuff Magazine abbiamo provato l’ebbrezza di uscire in catamarano e la nostra scelta è caduta sul mitico “Tornado”, un doppio della classe “olimpica” che rappresenta una delle barche scuola d’eccellenza del circolo velico “Punto Vela” di Rimini. La giornata non è molto soleggiata, ma la brezza tesa, ci dice l’istruttore federale Luciano Censoni, è la condizione migliore per sentire il vento.

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Il Tornado è un catamarano che incute rispetto, non solo per il nome che porta ma soprattutto per l’imponenza del suo albero alto ben 9,40 metri su cui si issano una randa di 17 metri quadrati ed un fiocco di 9. Da qualche anno l’associazione internazionale di classe ha adottato anche l’uso di un gennaker, una vela che raddoppia la superficie velica e che consente notevoli velocità nelle andature portanti. Armata la barca, con una piccola spinta siamo già in acqua e il ruolo che indegnamente ci spetta è quello del prodiere. Nella realtà, chi si siede sulla traversa anteriore si occupa della gestione del fiocco, del gennaker ed aiuta il timoniere (nel nostro caso Luciano) nella tattica di regata. Non appena passate le secche a pochi metri dalla riva, siamo pronti ad armare timoni e derive e a prendere il vento che viene dal promontorio di Gabicce.

Con la tecnica del bordeggio, arriviamo di bolina alla baia di Portoverde. Luciano ci mette subito in guardia poichè tra a poco andremo al lasco e isseremo il gennaker. Detto fatto: mi trovo una scotta in mano che all’altro capo ha una enorme vela bianca. Il catamarano accelera vistosamente e la prua sottovento si infila nelle onde provocando spruzzi d’acqua copiosi; la prua dell’ITA220, (questo il numero velico), punta di nuovo alla spiaggia di Rimini ed in men che non si dica atterriamo sulla battigia dalla quale eravamo partiti. Ringraziamo l’istruttore Luciano e gli amici del circolo che divertiti hanno assistito al nostro debutto sul Tornado. Buon vento! Paolo Gianfanti

Xtreme in edicola ...e tra le onde. Un bizzarro caso di omonimia ci porta a parlare di uno dei più nuovi e importanti multiscafi da regata prodotti in Italia: l’Xtreme Javelin della Bimare. L’XJ (questo il nome di battaglia) è un classe A, un singolo armato di sola randa costruito interamente in fibra di carbonio. Il cantiere romagnolo rappresenta un punto d’eccellenza nella produzione di queste imbarcazioni tanto da vantare, nel suo albo d’oro, innumerevoli vittorie in campo mondiale. Accanto al XJ spicca un doppio: il Formula18 Hi-Tech, unica barca italiana ad avere ricevuto il prestigioso titolo di barca dell’anno (2003) negli USA. Quest’anno, grazie all’impegno della Bimare, la “Piccola Coppa America” dei catamarani arriverà in Italia. L’edizione 2005 si svolgerà infatti dal 26 al 31 maggio a Rimini, con base nella struttura del Marina di Rimini e inserita nel consueto ricco cartellone della kermesse internazionale BLURimini. info:www.bimare.net

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Prova anche tu con Xtreme Stuff Magazine Vola con noi più veloce del vento su un catamarano da regata. La passione che ci lega da molti anni a questa particolare imbarcazione, ci ha permesso di dedicare la nostra scuola all’esclusivo uso di questo multiscafo per la didattica, rendendoci, forse, l’unica struttura in tutta la penisola con questa caratteristica. La nostra esperienza, le avanzate metodologie d’insegnamento e la sicurezza delle imbarcazioni in uso alla nostra scuola ci consentono di far avvicinare anche i neofiti al mondo dei catamarani. Le lezioni saranno tutto tranne che noiose perché la nostra filosofia è: impara navigando! La parte teorica, tenuta da un istruttore della Federazione Italiana Vela, sarà infatti sempre accompagnata da uscite in mare. In un week-end ti porteremo ad uscire da solo ed in totale sicurezza: Cosa aspetti ad iscriverti al nostro corso? Porta con te questa copia di Xtreme Stuff Magazine e avrai uno sconto del 10%. info: www.catamarani.org

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Photographs provided courtesy of the Government of Dubai, Department of Tourism and Commerce Marketing

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La Regina degli Emirati Dubai, perla mondiale del turismo di lusso

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ricco di fantasia e spregiudicatezza imprenditoriale. Come il Burj al Arab, la “Torre araba”, l’unico albergo a sette stelle al mondo, che ha la forma di una vela gonfia di vento e che è diventato l’orgoglio di Dubai, o le Palm Islands, le isole gemelle a forma di palma al largo della città. The Palm sarà completato alla fine del 2007. Costruito su due isole artificiali, The Palm, Jumeirah e The Palm, Jebel Ali, ciascuna formata da 100 milioni di metri cubi di roccia e sabbia di recupero, il complesso ricreativo e residenziale da 4 miliardi e mezzo di dollari è destinato a eclissare la maggior parte delle costruzioni più famose del mondo. Già ribattezzata l’ottava meraviglia del mondo, The Palm si potrà vedere a occhio nudo anche dalla Luna, come la Muraglia Cinese, e sarà il più grande complesso alberghiero mai realizzato sul mare.

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Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sognato di vivere in un posto paradisiaco, dove tutto è sinonimo di lusso. Bene, questo luogo è Dubai! Quando gli inglesi lasciarono questa terra di sassi e sabbia, nel 1971, erano davvero in pochi a credere che, prima o poi, questa zona si sarebbe sviluppata. Oggi, dopo poco più di trent’anni, Dubai è la nuova Hong Kong del Medio Oriente, la nuova Mecca del commercio, una metropoli modernissima e ricchissima dove circola ogni tipo di merce, purchè di lusso, e che ha saputo fare dell’incredibile esplosione turistica, commerciale, mondana e, naturalmente, nautica una vera e propria fortuna. Il miracolo si chiama “oro nero”, di cui gli Emirati Arabi ha le viscere gonfie e la stessa Dubai riserve petrolifere proprie, ma la ricchezza di questa metropoli affacciata sul Golfo Persico proviene anche dalla “riesportazione”:

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i commercianti comprano beni e poi, invece di tenerli nel paese, li esportano nuovamente nel subcontinente indiano e nel resto della penisola araba. Petrolio e progettualità, dunque, o “visioni” come le chiama Mohammed bin Rashid al Maktum, principe della corona di Dubai, general manager dell’emirato meno ricco di oro nero rispetto ad Abu Dhabi, ma più ricco di fantasia e spregiudicatezza imprenditoriale. Come il Burj al Arab, la “Torre araba”, l’unico albergo a sette stelle al mondo, che ha la forma di una vela gonfia di vento e che è diventato l’orgoglio di Dubai, o le Palm Islands, le isole gemelle a forma di palma al largo della città. The Palm sarà completato alla fine del 2007. Costruito su due isole artificiali, The Palm, Jumeirah e The Palm,

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Jebel Ali, ciascuna formata da 100 milioni di metri cubi di roccia e sabbia di recupero, il complesso ricreativo e residenziale da 4 miliardi e mezzo di dollari è destinato a eclissare la maggior parte delle costruzioni più famose del mondo. Già ribattezzata l’ottava meraviglia del mondo, The Palm si potrà vedere a occhio nudo anche dalla Luna, come la Muraglia Cinese, e sarà il più grande complesso alberghiero mai realizzato sul mare. Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sognato di vivere in un posto paradisiaco, dove tutto è sinonimo di lusso. Bene, questo luogo è Dubai! Quando gli inglesi lasciarono questa terra di sassi e sabbia, nel 1971, erano davvero in pochi a credere che, prima o poi, questa zona si sarebbe sviluppata.

Oggi, dopo poco più di trent’anni, Dubai è la nuova Hong Kong del Medio Oriente, la nuova Mecca del commercio, una metropoli modernissima e ricchissima dove circola ogni tipo di merce, purchè di lusso, e che ha saputo fare dell’incredibile esplosione turistica, commerciale, mondana e, naturalmente, nautica una vera e propria fortuna. Il miracolo si chiama “oro nero”, di cui gli Emirati Arabi ha le viscere gonfie e la stessa Dubai riserve petrolifere proprie, ma la ricchezza di questa metropoli affacciata sul Golfo Persico proviene anche dalla “riesportazione”: i commercianti comprano beni e poi, invece di tenerli nel paese, li esportano nuovamente nel subcontinente indiano e nel resto della penisola araba. Petrolio e progettualità, dunque, o “visioni” come le chiama Mohammed bin Rashid al Maktum, principe della corona di Dubai, general manager dell’emirato meno ricco di oro nero rispetto ad Abu Dhabi, ma più

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Vertical Adventures Center Un posto unico per sensazioni uniche

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Xtreme stuff

Creato in Valle d’Aosta nel giugno 2005 dalla passione sportiva di Dario Ferro (fotografo, alpinista, sciatore, arrampicatore, istruttore di canyoning A.I.C. e guida di hydrospeed ), il centro è diventato in breve tempo un punto d’incontro per gli amanti degli sport alternativi. Aperto tutto l’anno, il Vertical Adventures offre, infatti, l’opportunità di praticare, in estate: alpinismo, arrampicata trekking, canyoning, mtb, hydrospeed e rafting; in inverno: alpinismo, cascate di ghiaccio, trekking, racchette da neve, sci fuoripista ed eliski. Il tutto sotto la supervisione di istruttori seri e scrupolosi, che hanno conseguito una formazione specifica in ogni disciplina. Un luogo unico per sensazioni uniche, dove potrete tuffarvi nella magia dei torrenti di montagna, nuotare nell’acqua limpida delle marmitte glaciali, scivolare su fantastici toboga naturali. Se pensate che sia proprio il posto giusto per voi, non lasciatevi, dunque, sfuggire la settimana multisport, sei giorni in mezzo alla natura e all’avventura.

Armatevi di scarpe da trekking, meglio due paia, con suole Vibram, scarpe da ginnastica pesanti tipo alto, abbigliamento da trekking, un cappello, una crema solare, una macchina fotografica e, soprattutto, tanti rullini. La settimana multisport, che si svolge solitamente tra il sabato e il giovedì, vi vedrà, tra le altre cose, protagonisti nel canyoning, con la discesa del torrente Chalamy. Vi troverete davanti un vero e proprio acquafan naturale: cascate spettacolari, pareti strapiombanti, laghetti color smeraldo, ma anche pozze profonde dove tuffarsi e discese in corda doppia, tra scivoli e marmitte giganti. Spazio poi al trekking, con la visita ai bellissimi laghi alpini del Parco del Mont Avic, e all’arrampicata: raggiungendo la parete di Arnad, proverete seriamente l’emozione di sfidare la forza di gravità. E, infine, rafting e parapendio per assaporare l’ebbrezza del volo ed osservare da vicino le più belle cime dell’arco Alpino. E allora cosa state aspettando…. info@vertical-adventures.it Buon divertimento!!

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Helly Hansen Il windsurf, il kite, il surf e la vela hanno tutti una cosa in comune. No… non il vento, l’acqua o le onde ma l’attesa. Bisogna saper aspettare in acqua per poter prendere l’onda giusta, bisogna passare ore sulla riva aspettando che il vento arrivi, bisogna attendere pazientemente in barca prima che la giuria si decida a dare il via alla regata. Durante questo gioco d’attesa Helly Hansen protegge i propri uomini dal caldo, da sole e dal vento. Per la prima volta Helly Hansen fa il proprio ingresso nel mondo degli sport da tavola come il kite ed il windsurf ed in generale nel beach wear, ma come sempre lo fa a suo modo. D’altro canto 128 anni di esperienza nei mari più impegnativi del mondo costituiscono

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un knowhow ineguagliabile. Lo si vede nei particolari, quelli meno visibili. Non solo i capi tecnici ma quelli in cui non ci si aspetterebbe di vedere applicata tanta cura. I pantaloncini da bagno ad esempio hanno applicato all’interno della vita il tessuto in polipropilene, fino ad ora utilizzato solo per il famoso intimo tecnico LIFA Helly Hansen, al fine di mantenere una sensazione di asciutto nella parte di maggior contatto con la pelle. La collezione water sport ’05 oltre alla consueta gamma di capi dedicati alla nautica, presenta una vera e propria linea di prodotti adatti a soddisfare le più ampie esigenze di chi vive il mare non solo sopra ad una barca ma anche in spiaggia o tra i frangenti della costa.

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Xfashion

Kalyos e Wizzard Kalyos e Wizaard sono due nuove proposte della collezione 2005 di Rudy Project. Due modelli gemelli che, attraverso una piccola differenza costruttiva, rendono i rispettivi design molto personali. Kalyos adotta una montatura aperta (rimless) per favorire la ventilazione e privilegiare la leggerezza; Wizaard ha una montatura chiusa per offrire più protezione agli occhi. Entrambi i modelli hanno lenti intercambiabili (sono disponibili 8 gradazioni diverse), nasello regolabile micrometricamente e possono montare un clip-on (optional) per correggere eventuali problemi di vista. Info: Rudy Project - Tel. 0422 433001 www.rudyproject.com info@rudyproject.com

Cascadia e Glycerin Cascadia è il modello di punta della categoria di calzature specifiche per il Trail Running (corsa in montagna, fast trekking, trekking leggero, ecc.). Il modello Cascadia coniuga il confort di una calzatura running (leggerezza, flessibilità, versatilità) alla robustezza e all’ammortizzazione di una da trekking. Di rilievo il doppio pivot, posto ad entrambi i lati della scarpa, che fornisce un ottimale supporto alle naturali asperità del terreno. La suola offre un’ottima aderenza grazie al profilo sovradimensionato e al rinforzo della zona dell’avanpiede. Cascadia è offerta nelle versioni femminile e maschile, grazie alla calzata differenziata.

Glycerin è la scarpa running adatta ad un pubblico allargato grazie al miglior compromesso fra ammortizzamento e supporto. Esso è ottenuto dal sapiente utilizzo di diversi tipi di materiali a differente assorbimento d’impatto. Inoltre la calibrata superficie d’appoggio e la forma avvolgente trattengono il piede nel migliore equilibrio durante la tutta la rullata sul terreno. Questo modello è offerto anche nella versione femminile, con forma specifica per la diversa anatomia del piede femminile. Info: Brooks Italia - 050 662888 www.corrifast.com

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Il Tuo Xtremo In questo numero pubblichiamo una nuova rubrica dedicata alle imprese piu' estreme che voi lettori avete vissuto Vuoi diventare anche tu protagonista di Xtremestuff Magazine? Inviaci le storie con le fotografie migliori della tua esperienza sportiva "estrema". Ti daremo modo di raccontare a tutti i nostri lettori l'avventura che avete vissuto. Preparate le vostre foto e un breve racconto salvando in un CD-Rom da spedire direttamente alla redazione del giornale, oppure visitate il sito ufficiale. Per informazioni: email info@xtremestuff.it

La sensazione che si prova nel volare non è solo una questione fisica, ma un’esperienza che coinvolge la mente nella maniera più totale. Qualche tempo fa, ho provato l’ebbrezza di un lancio da 4500 metri. Non avevo mai trovato il coraggio di fare paracadutismo, da solo intendo, ma quando ho sentito parlare di lancio Tandem, ho voluto provare. Dopo appena venti muniti di preparazione a terra con un istruttore esperto, ero pronto per affrontare l’affascinante esperienza della caduta libera. Un bel volo panoramico di 15 minuti sopra Firenze, fino a raggiungere la quota di lancio di 4500 metri; a quel punto il mio istruttore, al quale ero attaccato con una speciale imbragatura, dopo un ultimo controllo dell’equipaggiamento, si è lanciato. O meglio ci siamo lanciati! Una caduta libera di circa 60 secondi con il cuore in gola, fino alla quota d’apertura a 1500 metri. Una volta che il paracadute si è aperto, ho volato per altri 6 minuti, fino ad atterrare dolcemente nel campo stabilito. Più semplice di quello che pensavo! Giulio M.

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Ho imparato che parlando delle proprie paure si impara a dominarle, ecco perché voglio raccontarvi del mio primo volo!!! Ho iniziato con il motocross, ma è con il parapendio che ho provato la vera paura, ma anche una gioia da togliere il fiato. Quando arrivai sul pendio insieme ad altri piloti già esperti, ero molto teso, non capivo come tutti potessero essere così spensierati, il timore mi scuoteva, il corpo era teso e le mani sudate; mi chiedevo: ‘Ma cosa sto facendo?’ Qualcuno si lamentava perché la giornata ‘non era buona’.Mentalmente risposi che ‘Ogni giorno è buono per morire’; mi diedi dello stupido e sgombrai a fatica la mente da quella battuta micidiale per il mio stato d’animo. Vidi gli altri iniziare decollare ed infine venne anche il mio turno. La bocca era asciutta, il cuore batteva forte. Staccai i piedi da terra e mi trovai in aria, ormai non potevo più tornare indietro. La mia paura irrazionale di cadere lasciò il posto ad una tranquillità mai provata. In fondo... non era stato difficile, bastava buttarsi come al solito! Fabrizio S.

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Porsche 911: CARRERA 4 / 4S COUPE’

Un sogno ora realta'.... Continua il successo della tradizione Porsche nel campo della trazione integrale: il 22 ottobre 2005 verranno, infatti, lanciate sul mercato le nuove 911 a quattro ruote motrici: Carrera 4 e Carrera 4S. Segno distintivo dei nuovi modelli 911 è la larghezza maggiorata di 44 millimetri nel paraurti posteriore. Grazie alla nuova forma del retrotreno, la Carrera 4 può montare sull’assale posteriore un pneumatico con la misura 295/35 ZR 18, ma anche il “fratello maggiore” da 305/30 ZR 19. La nuova Carrera 4 con motore 6 cilindri da 3.6 litri (239 KW (325 CV), accelera da 0 a 100 in 5,1 secondi e raggiunge una velocità massima di 280 km all’ora. Il modello 4S ha invece il motore da 3,8 litri che sviluppa 261 kW (355 CV), può raggiungere i 100 km/h in 4.8 secondi ed una velocità massima di 288 km/h. La trazione integrale ha una frizione viscosa a lamelle, che trasferisce fra il 5% e i 40 % della forza di trazione permanente alle ruote anteriori, dando alle due nuove coupè un comportamento in curva perfettamente bilanciato, anche nelle condizioni più difficili, nonché assoluta stabilità in rettilinei anche ad altissime velocità e una perfetta trazione nelle strade dal fondo scivoloso. I prezzi in Italia: 911 Carrera 4 coupè: 86.168,00 Euro Carrera 4S coupè: 96.728,00 Euro

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XTREMESTUFF MAGAZINE Anno I numero 02 Maggio / Giugno 20 05

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M A GGI O / GIu G NO - a n no 2 005

Numero 02 xt r em e st u f f m a g azi n e

hlon Triat ti t er tu p t r po uno s

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